Donald Trump: "Tra le tante cose, costruiremo il muro!” al confine con il Messico

di Angelo Barraco
 
Washington – L’ascesa di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America ha suscitato sin da subito accese polemiche e dibattiti ad ampio raggio, ma si tratta realmente di quell’America propensa al cambiamento di cui tanto si è parlato e che gli americani volevano?  L’ultima novità che ha scosso gli States  riguarda il post che il tycoon ha scritto su twitter: “Grande giorno domani per la sicurezza nazionale. Tra le tante cose, costruiremo il muro!”, parole che confermano quanto anticipato in precedenza dal New York Times in merito alla firme di un decreto riguardante l’immigrazione e alla costruzione di una barriera al confine con il Messico. Si tratta di una delle principali promesse che Trump aveva enunciato in pompa magna ai suoi elettori nella clamorosa campagna elettorale in cui si è scontrato  con la biondissima Hillary Clinton, che ha portato a casa una sconfitta inaspettata ai più. Il decreto firmato da Trump sblocca i fondi per la costruzione del muro al confine con il Messico , è prevista inoltre una visita del neopresidente al dipartimento della sicurezza interna. La nomina di Nikki Haley come ambasciatore americano Onu è stata confermata. Il Tycoon ha inoltre annunciato su Twitter “Chiederò indagini su brogli elettorali” in riferimento ai presunti brogli elettorali che sarebbero avvenuti nel corso delle elezioni di novembre e promette di rafforzare le procedure di voto. Pochi giorni fa invece, Trump ha firmato il suo primo atto presidenziale nel prestigioso Studio Ovale della White House. Ha firmato un decreto esecutivo al fine di ridurre il peso dell’Obamacare. Non sono stati forniti molti dettagli in merito a ciò, si apprende comunque che si tratta di consuetudinaria prassi che viene attuata nel momento in cui subentra una nuova amministrazione e consente di rivedere quelle che sono le regole. Nel decreto si legge “'La mia amministrazione intende abolire l’Obamacare. E’ essenziale assicurare che la legge sia attuata in modo efficiente, prendendo tutte le azioni per minimizzare il peso economico e regolatorio, preparandosi a consentire agli Stati maggiore flessibilità”. Che cos’è l’Obamacare? Si tratta del Sistema Sanitario degli Stati Uniti d’America in mano ai privati finalizzato alla cura della popolazione americana che risale alle riforme di Lyndon B. Johnson. Il programma denominato Medicare mira all’assistenza degli anziani, Medicaid è rivolto invece alle fasce di popolazione a basso reddito ove si trovano donne gravide, famiglie con bambini, disabili e anziani. Le riforme sono state ampliate da Obama nel marzo del 2010 con l’aumento del numero di persone tutelate dal sistema sanitario (32 milioni in più), diminuzione della spesa governativa per la sanità (15%), inoltre Obama ha introdotto dei punti salienti che hanno dato notevoli benefici agli americani, come il divieto per le compagnie assicurative nel negare la stipula di assicurazioni e l’assistenza per patologie o sulla base di precipue condizioni di salute; importanti incentivi di natura fiscale per la stipula di polizze sanitarie; sanzioni per i cittadini che non stipulano polizze assicurative; tutela per i dipendenti e i datori di lavoro con una riforma che obbligava i datori di lavoro di imprese con più di 50 dipendenti nel contribuire alle spese per acquistare le polizze; l’ampliamento dei cittadini aventi Medicaid; possibilità per i giovani a carico della famiglia di usufruire dell’assicurazione sanitaria dei genitori. Trump intende abolire tutto ciò e l’America adesso si ribella e scende in strada, marciano uomini e marciano soprattutto le donne che da ogni parte del mondo gridano a gran voce i propri diritti a seguito dell’ascesa del Taycoon. Tanti i cittadini che hanno affollato le strade della capitale statunitense e tanti i personaggi dello spettacolo che hanno messo il loro volto e la loro voce per gridare il proprio “no” a Trump. Il regista Machael Moore come gesto simbolico di protesta ha strappato un giornale che riportava la notizia dell’insediamento del nuovo presidente, il musicista Moby ha pubblicato un singolo in cui viene espresso un totale diniego nei riguardi del nuovo governatore degli USA, il Segretario generale di Amnesty International Salil Shettly ha dichiarato: “Durante la sua campagna elettorale, il presidente eletto Trump ha più volte procurato grave costernazione e ha fatto maturare seri dubbi sulla forza dell’impegno verso i diritti umani che potremo aspettarci dagli Usa nel futuro. Ora deve lasciare tutto questo alle spalle e riaffermare e rispettare gli obblighi degli Usa sui diritti umani, sia all’interno del paese che all’estero”. Margaret Huang, direttrice generale di Amnesty ha aggiunto “Nella corsa alla Casa Bianca, gli Usa hanno ascoltato una preoccupante e a volte velenosa retorica da parte del presidente Trump e di altri: una retorica che non può e non deve diventare politica di governo. Le parole xenofobe, sessiste e di odio di Trump non devono trovare posto nel governo. Il presidente Trump deve impegnarsi pubblicamente a rispettare i diritti umani di tutti, senza alcuna discriminazione. Dai campi d’internamento all’uso della tortura, abbiamo visto i risultati disastrosi ottenuti da coloro che abbiamo eletto quando hanno tradito gli impegni degli Usa sui diritti umani. Tutti coloro che sono stati eletti oggi, dall’esecutivo ai consigli comunali, devono tenere in mente quella lezione”. Molti i personaggi dello spettacolo come Madonna, Lady Gaga,  Katy Perry e Miley Cyrus si sono unite alla “marcia rosa” contro Trump e contro ogni genere di discriminazione per ribadire i diritti delle donne. Ma proprio le pop star sopracitate hanno sempre fatto mercimonio del proprio corpo nel corso della loro carriera, facendo trasparire una certa assenza di pudore nonché una quasi totale assenza nell’interesse di voler difendere i diritti delle donne: Secondo quali criteri oggi si battono a favore di tali diritti? Certamente ne giova l’industria discografica che grazie alla loro sovraesposizione mediatica riuscirà certamente a far fruttare le vendite dei dischi. La domanda che ci si pone è la seguente: i soggetti sopracitati hanno reale interesse per i diritti delle donne o sono semplicemente il frutto di un abile strategia di marketing? Ai posteri l’ardua sentenza.