Connect with us

Editoriali

Diversità sessuale: un difficile cammino verso una maggiore consapevolezza

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Negli ultimi decenni il tema della diversità sessuale e del transessualismo è stato molto discusso, soprattutto nell’ambito sociale, politico, legislativo e religioso. Sono stati decenni ricchi di controversie sia nell’ambito psicoanalitico che nell’opinione pubblica.

La psicoanalisi ha dovuto affrontare concetti che sono entrati in un processo di frammentazione: la nascita di nuove forme sessuali, variazioni di genere e nuovi assetti
famigliari.

Dopo aver seguito un corso di formazione intitolato “Educare alle diversità sessuali”
mi sono ritrovata, insieme ad altre colleghe, a comprendere maggiormente il complesso
rapporto che esiste tra sesso biologico e identificazione di genere.

Come affermò Bachtin già nel 1963, tali aspetti ci mostrano la necessità di avere un
dialogo aperto, basato sul principio della “comprensione dialogica attiva”, e di pensieri
critici da attivare per evitare qualsiasi pregiudizio.

Un altro aspetto, non indifferente, è che negli ultimi anni è cambiato il modo di pensare
al proprio corpo. Come sostenne Lemma nel 2005, il corpo fa parte di una cultura
tecnologicamente avanzata, di un mondo soggettivo, di un progetto personale, che ha
il diritto ad essere modificato e costruito sulla base di ciò che desideriamo essere.

Oggi giorno urge costruire uno spazio in cui elaborare i cambiamenti del proprio corpo,
con la consapevolezza e il rispetto per il valore altrui. Ciascuna persona dovrebbe
pensare in modo più avanzato all’unità e alla diversità, evitando le rigidità che da
sempre hanno accompagnato questo argomento. Tuttavia, non è richiesta la sola
capacità di inclusione, ma, come dichiara Marion nel 2017, si deve costruire un
pensiero orizzontale e paritetico.

I cambiamenti messi in atto, negli ultimi anni, hanno riguardato la caduta di un pensiero
verticale e gerarchico in cui predominavano il concetto di maschile e femminile come
categorie rigide e contrapposte.

La caduta di questa posizione culturale e sociale ha portato ad una decostruzione dei termini maschio e femmina. Sovente, di fronte ad un’identità di genere satura, direzionale e stabile, né è stata proposta un’altra che rimane aperta, insatura e in divenire. Per i teorici del genere la sfera sociale sostituisce quella biologica e il genere è il risultato di relazioni di potere piuttosto che di differenze sessuali. Quindi, ribaltando le credenze sessuali tradizionali, sono state accettate (in parte si e in parte no) le richieste di cambiamento di genere in nome della libertà di affermazione di sé stessi.

Gli omosessuali hanno da sempre combattuto per ottenere pari diritti e dignità di fronte
agli eterosessuali; le battaglie fatte nei confronti delle politiche, della religione e dell’opinione pubblica sono servite nel corso degli ultimi anni per ottenere alcuni diritti (es. matrimonio tra coppie omossessuali) ed eliminare il più possibile l’omofobia, ma siamo ancora un passo indietro.

In termini psicologici, si è trattato di accettare la distinzione tra la rappresentazione
psichica del corpo e quella del corpo anatomico oggettivo e specializzato.
Sostanzialmente è il nostro modo di intendere il soggetto a mettersi in gioco, tutti noi
dovremo accettare la possibile riformulazione del nostro corpo in termini di movimento
e cambiamento.

Tuttavia, bisognerebbe essere consapevoli che il corpo si trasforma e che può cambiare
genere sessuale; in virtù di ciò non dovremo pensare il corpo come univoco bensì
sarebbe opportuno riconoscere l’esistenza di un’alterità sessuale.

Per acquisire maggior consapevolezza su questi concetti dovremo essere disposti a
pensare che una polarità maschile-femminile non è all’altezza della complessità
sessuale e dei cambiamenti di genere. La sessualità contiene tante sfumature, perciò
ognuno di noi dovrebbe essere maggiormente empatico di fronte alle diversità sessuali,
evitando di creare etichette.

Oggi tante discordie su questo argomento potrebbero essere colmate se comprese, ma
il compito degli specialisti e non sembra essere ancora arduo, poiché l’argomento
appare ancora ostico e denso di incognite.

Ad esempio, il Comune di Bologna, in termini di inclusione e consapevolezza delle
diversità sessuali di genere ha proposto ai cittadini diversi seminari e incontri (non
obbligatori) per sensibilizzare gli individui a questi tipi di argomenti ancora nevralgici.
Inoltre, il Centro di Documentazione del Comune di Bologna, per incentivare la
comprensione delle diversità sessuali ha proposto ai cittadini un opuscolo dal titolo “Le
parole che fanno la differenza”, proprio per dichiarare che il maschile non è universale,
ma è solo un discorso di potere.

Il linguaggio è in grado di descrivere la realtà e di saperla modificare, parole di Mariagrazia Bonzagni (Direttrice Area Programmazione e Statistica presso il Comune d Bologna).
Tutti insieme possiamo fare la differenza se tutti lottiamo per i nostri diritti.

Continua a leggere
Commenta l'articolo

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

Continua a leggere

Editoriali

La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print


La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

Continua a leggere

Editoriali

Un anno senza Silvio Berlusconi

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura < 1 minuto
image_pdfimage_print

Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti