Costume e Società
Dipendenti dalla fotografia: “Siamo l’esercito del selfie”
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7 anni fail
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“Siamo l’esercito dei selfie…”come dice il titolo della canzone di Arisa, Takagi e Ketra diventato tormentone della scorsa estate!
Di sicuro le queen storiche dei selfie sono Geena Davis e Susan Sarandon, l’auto scatto in questione delle due attrici storico oramai divenne famoso quando venne girato nel 1991 il film Thelma&Louise, divenuto simbolo di quegli anni perché affrontava il tema della ribellione femminile.
Ma che posto ha la macchina fotografica o qualsiasi dispositivo capace di catturare e di immortalare l’attimo nella nostra vita?
La fotografia oramai fa parte della nostra vita in maniera inscindibile tanto che non riusciamo ad immaginare di vivere senza un dispositivo che immortala i nostri avvenimenti del nostro uotidiano, se non fotografiamo un avvenimento abbiamo la percezione di non averla vissuta, addirittura non viviamo appieno l’emozione della foto se non riusciamo a modificarla al touch screen con il semplice gesto delle dita.
Riusciamo ad essere soddisfatti nel fruire una foto solo se riusciamo a vedere dentro la stessa immagine un’altra scena, questa doppia chiave di lettura prende il nome di PLIPOPIA che significa leggere una doppia storia all’interno dell’immagine, siamo invogliati ancor di più se le immagini sono a carattere politico.
Con l’avvento della macchina fotografica digitale sono nate anche le fake news, oramai tutti sanno che sono notizie false che girano in rete, ad esempio ultimamente girava in rete un fotomontaggio divenuto subito virale nel giro di poche ore, l’immagine ritraeva Il ministro Elena Boschi e il Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini che partecipavano al funerale di Totò Riina, notizia subito smentito dai protagonisti.
I primi professionisti ad usare la macchina fotografica elettronica sono stati i fotoreporter, questo dispositivo ha dato loro la possibilità di poter spedire il loro lavoro in maniera celere, cosa che prima non era possibile perchè dovevano aspettare tempi lunghi. La macchina fotografica digitale ha dato la possibilità di poter registrare su un supporto magnetico le foto in tempo reale, di poter vedere l’immagine su un monitor prima di vederla cartacea, di poter stampare le foto da un’apposita stampante o di spedire le immagini a qualsiasi distanza. Questo tipo di dispositivo veniva utilizzato soprattutto da professionisti che non avevano l’esigenza di avere immagini ad alta definizione come il risultato che poteva dare la macchina tradizionale detta anche macchina fotochimica, infatti la resa della macchina digitale non è ottimale ed è l’unico inconveniente.
Con l’avvento dei dispositivi capaci di poter catturare immagini sono andati di moda anche i famosi SELFIE, molti la definiscono una vera ossessione collettiva, accusando chi scatta foto di catturare l’attimo e di non viverlo appieno, l’unica intenzione è l’emozione di condividere sui social
l’avvenimento. Ma non è un’abitudine solo dell’uomo contemporaneo “immortalare esperienze vissute”, l’uomo sapiens è detto anche uomo pittorico come concordano gli studiosi, infatti fin dalla preistoria l’uomo ha avuto l’esigenza di “catturare” episodi vissuti come testimoniano i ritrovamenti.
L’uomo ha avuto sempre la necessità di lasciare “un segno”, a volte sotto forma di icona del suo vissuto, oppure ha cercato a tutti i costi di emulare la realtà utilizzando qualsiasi mezzo a sua disposizione come testimoniano i dipinti del passato. I dispositivi fotografici sono da considerare il MEDIUM dell’essere umano, la macchina è la sua ESTENSIONE, ha dato all’essere umano la possibilità di potersi improntare nel mondo, e di poter lasciare un segno della sua vita.
Con l’invenzione della macchina fotografica si hanno avute tante altre invenzioni, tra questi il cinema, infatti se il Panorama prelude al Cinema, la fotografia ne costituisce un legame ancora più forte, un rapporto filiale ancor di più diretto. Fin dalla sua invenzione la fotografia è stata sempre oggetto di discussione sulla sua paternità e a chi andrebbe il primato se a Talbot a Niépce o a Daguerre’.
François Arago sponsor di Daguerre a Parigi il 7 gennaio del 1839 brevettò l’invenzione con il nome di DAGHERROTIPO, l’annuncio ufficiale della sua nascita venne dato a Napoli da Macedonio Melloni (fisico originario di Parma) nel novembre del ’39 annunciò con una relazione l’invenzione della nuova macchina all’accademia delle scienze di Napoli il dagherrotipo.
Sono famose anche le accuse di Walter Benjamin rivolte alla fotografia e sui rapporti con l’arte, infatti accusò la macchina fotografica di aver tolto l’aura alle opere d’arte nei musei togliendone la sacralità, il fruitore che si recava nei musei non riceveva la stessa emozione che doveva avere quando vedeva l’opera d’arte per la prima volta, avendo già visto l’opera in foto e non più solo la descrizione nei libri di storia dell’arte prima della sua invenzione, ad esempio l’immagine di Monnalisa o Gioconda di Leonardo da Vinci risulta al fruitore nel momento in cui si reca al Museo Louvre di Parigi un’immagine “già vista” perché è stata utilizzata tantissimo per spot pubblicitari.
Walter Benjamin sostiene che l’introduzione all’inizio del XX secolo di nuove tecniche per produrre, per riprodurre e diffondere a livello di massa opere d’arte, ha radicalmente cambiato l’atteggiamento verso l’arte sia degli artisti sia del pubblico.
Da quando la fotografia cominciò ad acquistare autonomia nel XX secolo da allora ha acceso sempre dibattiti, sempre attuale, ma tenendo presente che ha dato un contributo elevatissimo in tutti i settori.
Dobbiamo fare una distinzione tra l’uso della fotografia come strumento tenendo presente perché è molto usata nel campo scientifico, infatti è usata per studiare immagini in micron o per studiare immagini satellitari, oppure la fotografia è usata come linguaggio artistico e documentaristico.
Nel primo caso quando parliamo di foto come strumento si sfruttano le possibilità di riproduzione meccanica delle immagini, nel secondo caso quando parliamo di immagini o di documentari o di foto d’autore, queste stesse potenzialità vengono usati ai fini espressivi. La fotografia ha contribuito in passato e ancor oggi per produrre opere, fin dalla sua nascita è stata usata anche dagli artisti, ad esempio anche gli impressionisti usavano immagini per poter produrre opere, i temi principali di entrambi i medium erano gli stessi come i ritratti, le vedute e le città, si nota che le opere assomigliano moltissimo alle foto, questo succedeva perché all’inizio la macchina fotografica non permetteva di catturare corpi in movimento e quindi erano sfocate e con contorni non definiti, il risultato finale risultava uguale al linguaggio pittorico impressionista. Le foto d’epoca hanno raggiunto quotazioni altissime, qualche settimana fa una foto comprata in un mercatino a
dieci dollari è stata valutata a ben dieci milioni di dollari, il soggetto è una scena del West, l’immagine ritrae il bandito Billy the Kid e lo sceriffo Pat Garrett confermando la leggendaria amicizia tra i due. La loro storia ispirò il regista Sam Peckinpah facendo diventare ancor di più la loro storia una leggenda creando attorno ad essa un’aura.
Giuseppina Ercole
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Il magico Maestro della Pizza a Fregene: un tributo di Francesco Tagliente a un pizzaiolo straordinario
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15 Luglio 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/07/IMG_5243.jpeg)
Il Prefetto Francesco Tagliente ha recentemente condiviso sulla sua pagina Facebook una commovente testimonianza, raccontando l’incredibile esperienza culinaria vissuta al ristorante Back Flip Da Moisè di Fregene. Questo racconto non è solo un omaggio a una pizza straordinaria, ma anche un tributo a Michelangelo, il pizzaiolo settantaquattrenne la cui dedizione e passione hanno trasformato un semplice piatto in un’opera d’arte.
Seduto al ristorante con sua moglie Maria Teresa, Tagliente ha descritto la pizza come “la migliore che abbia mangiato negli ultimi cinquant’anni”. Tuttavia, ciò che ha reso questa esperienza davvero speciale è stata la scoperta della storia dell’uomo dietro la pizza. Michelangelo, un ex contadino che si sveglia ogni mattina all’alba per curare il suo orto, dedica le prime ore del giorno alla coltivazione delle piante e alla cura della famiglia. Solo dopo queste attività, si prepara per andare al ristorante e mettere tutto se stesso nella preparazione della pizza.
L’Arte di Michelangelo: Tradizione e Passione
Michelangelo non è solo un pizzaiolo, ma un vero e proprio maestro dell’arte culinaria. La sua vita semplice e laboriosa, fatta di dedizione e umiltà, è un esempio di come l’amore per il proprio lavoro possa trasformare un piatto comune in un’esperienza indimenticabile. La sua capacità di fondere la tradizione contadina con la sapienza artigianale nella preparazione della pizza è un’arte rara e preziosa.
Tagliente ha scritto: “La dedizione e l’umiltà di quest’uomo, che dalla vita contadina riesce a creare una delle migliori pizze che abbia mai assaggiato, mi hanno colpito profondamente. Il suo nome rimane anonimo, ma la sua storia di passione e impegno è qualcosa che merita di essere raccontata.”
L’Umanità di Francesco Tagliente
Il racconto del Prefetto Tagliente non solo mette in luce le straordinarie qualità culinarie di Michelangelo, ma riflette anche le qualità umane dello stesso Tagliente. Conosciuto per la sua sensibilità e il suo impegno sociale, Tagliente ha sempre dimostrato un profondo rispetto per le storie di vita quotidiana e per le persone che con il loro lavoro contribuiscono a rendere speciale ogni momento.
La sua capacità di cogliere e apprezzare la bellezza nascosta nei gesti quotidiani e nelle storie semplici rivela un’anima attenta e sensibile, sempre pronta a riconoscere il valore degli altri. Il tributo a Michelangelo è un’ulteriore testimonianza della sua umanità e del suo desiderio di dare voce a chi, con passione e dedizione, arricchisce la vita di chi lo circonda.
Un Esempio di Vita
La storia di Michelangelo, come raccontata da Tagliente, è un potente promemoria di come la passione e l’impegno possano elevare il lavoro quotidiano a forme d’arte. “La sua pizza è un capolavoro che continuerà a risuonare nei miei ricordi, così come la sua storia di dedizione e umiltà,” ha scritto Tagliente, riconoscendo il valore di un uomo che, nonostante l’età e la fatica, continua a regalare momenti di gioia e piacere attraverso la sua cucina.
Questo tributo non è solo un omaggio a un pizzaiolo straordinario, ma anche un invito a riflettere sull’importanza del lavoro fatto con passione e amore. Grazie, Michelangelo, per averci mostrato che dietro ogni grande piatto c’è una grande storia, fatta di lavoro, passione e amore per la semplicità. E grazie, Francesco Tagliente, per aver condiviso con noi questa storia ispiratrice, ricordandoci di apprezzare le piccole grandi cose della vita.
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