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1 mese faon
“Ricordare per non commettere gli stessi errori“. Questo invito, che spesso riecheggia nella vita quotidiana, sembra aver perso ogni valore nella Diocesi di Roma, soprattutto all’interno del suo Vicariato. Un’altra massima, più inquietante, pare oggi prevalere: “Dimenticare per commettere nuovamente gli stessi errori“.
I fatti che emergono non lasciano indifferenti: dalla gestione del patrimonio immobiliare alle procedure amministrative, passando per decisioni controverse come quelle legate alla società Wellington Polo Fashion Srl.
Un caso che grida vendetta: 1,5 milioni di euro abbonati, un nuovo contratto di locazione ventennale e altre concessioni, senza che i canoni pattuiti siano stati rispettati né siano state fornite le fideiussioni previste. Tutto ciò sarebbe stato orchestrato dall’ufficio giuridico del Vicariato, con figure chiave come don Renato Tarantelli Baccari, l’addetta
Emanuela Santelli e altri “ritorni” influenti, come Mons. Andrea Celli e don Pier Luigi Stolfi.
Il lavoro di riforma avviato nel 2019 sotto la guida del Cardinale Angelo De Donatis, sostenuto dal bocconiano Prelato Segretario Mons. Pierangelo Pedretti, aveva segnato una svolta importante. Grazie a un approccio tecnico e professionale, era stata creata una sezione dedicata alla gestione del patrimonio immobiliare, sottratta al controllo esclusivo dell’ufficio giuridico. Il risultato fu un Bilancio di Missione e una relazione tecnica redatta dal professor Antonio Rizzi, consulente per le tematiche legali. Rizzi, nel suo rapporto, aveva messo in evidenza una condizione allarmante: assenza di documentazione, scarsa qualità contrattuale e mancanza di garanzie a tutela del Vicariato.
Una gestione disordinata e priva di trasparenza aveva creato una vulnerabilità tale da richiedere un intervento immediato. “Nessuno sembrava essersi posto il problema di gestire un apparato documentale adeguato”, sottolineava Rizzi, che descriveva una situazione in cui decisioni cruciali erano prese senza riscontri oggettivi o formalizzazioni adeguate.
Nonostante gli sforzi intrapresi e i risultati evidenti, in meno di due anni è stato smantellato tutto. Il nuovo Vicario Generale, Mons. Baldassarre Reina, e l’ufficio giuridico hanno riportato la gestione agli assetti pre-riforma. Figure chiave come Emanuela Santelli hanno riacquisito centralità, e procedure appena costruite sono state abbandonate. Il processo di trasparenza e accountability è stato di fatto interrotto, trasformando ciò che era stato presentato come un esempio di buona amministrazione in una propaganda vuota.
Il professor Antonio Rizzi consulente incaricato da De Donatis e Pedretti per le tematiche
giuridiche, confermò nel mese di novembre 2021 al termine dell’incarico ricevuto, la gestione
allarmante del patrimonio immobiliare da parte dell’ufficio giurdico. “I contratti erano redatti
con superficialità tecnica, senza garanzie a tutela degli interessi del Vicariato”, ha dichiarato.
Le sue osservazioni, basate su un’attenta analisi tecnica, avevano offerto una chiara roadmap per migliorare la gestione, ma tutto è stato ignorato.
Dopo mesi il notaio Vito Pace membro della commissione interna di vigilanza, commissione
voluta e i cui membri nominati direttamente dal Santo Padre e non da De Donatis-Pedretti,
scriveva le stesse cose e faceva la stessa allarmante fotografia della gestione immobiliare del
patrimonio della Diocesi di Roma e i due monsignori anticorruzione Reina-Tarantelli come
mai hanno lasciato cadere tutto nel dimenticatoio?
Le domande, ora, si moltiplicano:
Il Giubileo del 2025 sarà dedicato alla speranza, ma quale messaggio può trasmettere la Chiesa se non affronta con trasparenza le proprie problematiche interne? Come sottolineato dal Papa nella sua lettera, la priorità dovrebbe essere quella di garantire dignità attraverso tre diritti fondamentali: terra, casa e lavoro. Tuttavia, finché il patrimonio immobiliare continuerà a essere gestito senza trasparenza, ogni appello alla solidarietà rischia di suonare ipocrita.
Per la Diocesi di Roma, è il momento di scegliere: continuare a perpetuare un sistema opaco o
inaugurare un vero cammino di conversione e giustizia. Il Giubileo può essere un’occasione per ripristinare credibilità e trasparenza, liberando risorse per i bisognosi e restituendo fiducia ai fedeli e ai donatori. Solo così si potrà parlare davvero di speranza per tutti.
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