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DIGA DI CHIAUCI: IL SINDACO DI PESCOLANCIANO MINACCIA LE DIMISSIONI

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Tempo di lettura 3 minutiUna delle tante opere sparse nel Bel Paese, iniziata da oltre trent’anni, ancora incompiuta, della quale non si conosce l’interesse al completamento.

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di Simonetta D'Onofrio

Chiauci – Una delle tante opere sparse nel Bel Paese, iniziata da oltre trent’anni, ancora incompiuta, della quale non si conosce l’interesse al completamento. Stiamo parlando della “Diga di Chiauci”. Avrebbe potuto rappresentare una possibilità di sviluppo per l’intero territorio, un polo di attrazione turistica cui avrebbero potuto beneficiare diversi paesi dell’alto Molise. Un bacino imbrifero nato per risolvere il problema di approvvigionamento idrico per le colture della piana di Vasto, circa cinquanta chilometri a nord est della gola naturale, dove negli anni ottanta iniziò la costruzione della diga.


Un cantiere che ha generato notevoli polemiche nella popolazione residente. Per la struttura è stata “sacrificata” una cascata con un laghetto (località “La Foce”), che erano considerati un gioiello naturalistico tra i più importanti di tutta la regione. Una volta riempito l’invaso, però, gli abitanti di Chiauci e Pescolanciano, avrebbero potuto beneficiare di un lago artificiale, che oltre a risolvere il problema ai contadini della valle del Trigno, sarebbe potuto divenire un’attrattiva unica, per le attività ludico ricreative che sarebbero state realizzate nei pressi.
Infatti, contestualmente alla realizzazione della diga, la Provincia di Isernia stava dotando l’area di un Baby Park, attrezzato con strutture sportive, ricreative e un centro congressi, altra opera non completata, perché finché l’acqua non riempie il bacino, il luogo non invoglia un business agli investitori che dovrebbero prenderlo in gestione.


Ci si interroga come sia possibile abbandonare un territorio dalle potenzialità notevoli, come ha riconosciuto anche l’Unesco, che ha conferito al comprensorio di sette comuni limitrofi il riconoscimento della riserva MAB (Man and Biosphere), di “Collemeluccio e Montedimezzo”.
Il lago di Chiauci e Pescolanciano avrebbe potuto e dovuto essere la “porta di ingresso” dell’area tutelata, creando un discreto numero di posti di lavoro, in una regione dove la disoccupazione giovanile è ai più alti indici nazionali, dove le imprese industriali negli ultimi anni stanno subendo una regressione preoccupante.
A richiamare l’attenzione in questi giorni è stato il sindaco di Pescolanciano, Domenico Padula, che proprio sul completamento del bacino idrografico ha centrato il suo programma politico. Evidenzia la necessità di dire basta all’immobilismo progettuale e ci ribadisce come sia fondamentale che la politica, regionale e nazionale, si concentri sull’ infrastruttura più importante dell’Alto Molise. Quando nell’aprile 2011, l’allora governatore Michele Iorio tagliò il nastro per inaugurare l’opera, promettendo che in tre anni l’invaso sarebbe stato riempito, per molti si era sperato che, dopo tanti anni di attesa, finalmente il territorio avrebbe potuto beneficiare del frutto di tanti sacrifici. Ben presto però, come denuncia il primo cittadino, ci si accorse che alle promesse effettuate troppo facilmente, davanti ai flash dei fotografi, non sarebbero seguite le azioni.


A leggere i dati delle previsioni, pubblicati dal Consorzio di Bonifica Sud, di Vasto, cui era stata affidata la gestione del bacino, già nel giugno dello stesso anno, nell’invaso avrebbero dovuto essere raccolti circa 4,5 milioni di metri cubi d’acqua, l’anno successivo si sarebbe passati a oltre nove milioni, per raggiungere il livello standard di quattordici milioni nel 2013. Siamo oggi ben due anni oltre la data prevista per il completamento e, se gettiamo l’occhio nel bacino, possiamo notare facilmente che difficilmente si raggiunge il livello promesso per il primo anno di riempimento.


A sottolineare il declino della valle, è ancora una volta Padula, che afferma come il procrastinare il completamento dei lavori, che dopo oltre trent’anni, (la diga fu progettata nel 1977, e l’inizio dei lavori avvenne nel 1985), con una parte consistente di territorio espropriato, ma lasciato all’incuria, ha messo in ginocchio l’economia locale. Non volendo accettare passivamente questa situazione, il sindaco ha inviato a tutti gli organi istituzionali, una lettera, dove minaccia le dimissioni, se entro un anno non vengano ripresi i lavori con una chiara pianificazione operativa per giungere alla conclusione degli stessi in un tempo accettabile.
Il coraggioso atto, da parte di un amministratore di una piccola realtà, è rivolto contro tutti quanti, negli anni passati come oggi, non hanno perseguito, in questo caso, il bene comune, ma hanno lasciato l’opera arenarsi perché più occupati a curare i propri orticelli personali. Il sindaco Padula, auspica che fra le priorità su cui concentrare gli investimenti da parte del governo Renzi ci sia la leva sull’acceleratore pronta ad intervenire sulla nuova programmazione di finanziamenti per questa opera primaria nel Molise.

Solo se si punterà sulle attività in grado di favorire il rilancio dell'economia si potrà assistere alla rinascita del territorio. I localismi, il protagonismo di alcuni, il menefreghismo di altri, hanno contribuito, in questi trent’anni, tutti insieme a far naufragare un sogno che i cittadini di questi borghi stupendi avrebbero meritato di veder portato a termine.
Girando per le piazze dei due paesi affacciati sul lago, o meglio, sulla vallata che avrebbe dovuto ospitarlo, la domanda ricorrente è una: “Quanti altri anni dobbiamo ancora attendere?”.

 

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