Destra e Sinistra: utopie negli anni della "volgarità"

di Paolino Canzoneri

Il passato è storia scritta. E' quel lento scorrere del tempo in cui si evidenziano le nostre azioni, le nostre scelte, il nostro istinto che condiziona la trama dell'episodio in corso della nostra vita e che ci colloca, nostro malgrado, come comparse obbligate in un contesto storico che diverrà analisi oggettiva e parola scritta a testimonianza del nostro presente e futura interpretazione ed analisi per studiosi e scrittori con l'arduo compito di tramandare e preservare nel bene e nel male l'essenzialtà e le caratteristiche più evidenti. Per ogni periodo storico si sente l'esigenza e si tende a identificarlo con un titolo o con una semplice e breve descrizione ed è cosi che il grande artista assoluto Giorgio Gaber durante uno dei suoi spettacoli teatrali provò a pensare ad un titolo, una definizione che racchiudesse il ciclo storico sociale e politico del nostro paese di questi ultimi 20 anni come è stato per esempio titolare "La rivoluzione francese" o "il romanticismo" etc; si arriverebbe forse a "la volgarità". Definizione che gli studiosi magari attribuirebbero in modo impietoso a quegli anni in cui governi di destra e sinistra hanno avuto modo di dimostrare quanto sia ad oggi "obsoleto" tenere conto delle ideologie di fondo causa essenziale di scontri violenti e di contrapposizione basata su idee e su congetture oramai fuori dal nostro tempo, dal nosto presente. Ma allora ci si chiede come mai esistano ancora dei partiti, delle fazioni e degli schieramenti politici che dietro un apparente base ideologica si distinguono rispetto agli altri facendo credere d'esser mossi da un credo, da una precisa "disciplina politica" di cui si sentono di farne parte ma alla condizione che convenga sempre e che, nello stesso tempo, ne assicuri "la poltrona". Ad oggi la storia ha confermato come l'estremismo abbia oggettivamente lacerato il paese, come il fervore giovanile delle rivolte studentesche del 68 abbiano dato prova di quella necessità di identitità, di riconoscimento e di partecipazione attiva che ha spinto gli studenti universitari e le fabbriche ad organizzarsi in assemblee e a programmare una lotta al sistema che poi è trascesa nella mancanza di lucidità trasformando uno sfogo, un confronto in una sanguinosa e violenta lotta eversiva; gioventù rossa e nera accecata da quella consapevolezza di quanto fosse necessario combattere il potere ad ogni costo per poi essi stessi diventarne fautori e violenti detentori a sprezzo delle regole civili e democratiche. La violenza non ha mai distinto destra o sinistra perchè impugnare armi per uccidere o posizionare bombe per lo stesso scopo non ha mai conferito nessun attributo di distinzione o abbia rappresentato un atto politico "accettabile" da considerare ma è sempre stato un gesto dettato da follia fuori da ogni schema politico plausibile basti comprendere come la strategia eversiva rossa mirata a colpire "il cuore dello Stato" e nello specifico personalità nell'ambito istituzionale sia stata una azione bellica concettualmente di tipo tradizionale perchè basta sull'abbattimento del diretto nemico responsabile come in guerra, mentre la strategia nera ha concentrato il proprio attacco per lo più basato su grandi attentanti dinamitardi con episodi di terrorismo cieco mirato a destabilizzare lo Stato attaccando inconsapevoli cittadini inermi e innocenti costretti a pagare con la vita. Le idelogie putroppo hanno presentato lati estremi che in tutti casi hanno creato una cancrena che non ha nulla a che vedere con la politica; una vera metastasi che ha rimosso ogni predisposizione civile e democratica dell'ascoltare e considerare le ragioni dell'altra parte quale possibile risorsa per arricchire il proprio bagaglio di idee. La cosiddetta utopia intesa come impossibilità oggettiva di realizzazione degli scenari ideologici delle contrapposte fazioni ad oggi ha fallito miseramente, ognuna per motivazioni diverse e legate da una unico errore di base: la sopravvalutazione dell'integrità dell'essere umano e la mancanza di consapevolezza di come persistano nell'uomo enormi limiti e debolezze che vanifichino anche i presupposti buoni. Credere che basti un unico condottiero, una figura monarchica che sappia interpretare le esigenze e lo sviluppo della popolazione e che riesca a mantenere attiva e proficua l'ottima organizzazione civile della popolazione ha da sempre fallito clamorosamente e la storia ci "scarrella", senza andare oltreoceano e per citarne proprio pochi, tutta una serie di uomini dalle belle speranze che divorati dal potere hanno perso letteralmente il contatto con la realtà e con la loro popolazione diventando dopo pochi anni al comando dei folli dittatori dal solito epilogo tragico e scontato come il rumeno serafico Ceausescu costretto a scappare come un ladro dal palazzo di governo e poi fucilato con la moglie da un tribunale improvvisato a poche miglia dalla capitale, come il sanguinario Saddam Hussein impiccato dopo un processo, il presuntuoso Gheddafi pestato orrendamente da una folla dopo essersi nascosto nel deserto nel corso della rivoluzione e aprendo la strada al caos assoluto in Libia e per fare i conti pure a casa nostra, il mascellone Mussolini fucilato e appeso come un pipistrello a piazzale Loreto e putroppo ce ne sarebbero tantissimi altri. Ma la situazione dall'altra parte non è da meno. L'illusione di un mondo comunista fatto di consociativismo e di eguaglianza con pari diritti e di assemblee comunitarie che rappresentino il potere legislativo ed esecutivo porta con se le contraddizioni in termini di impossibilità di perpetuare una perfettta eguaglianza e una reale intesa anche nel modo stesso di concepire lo sviluppo. Lunghe ed infinite discussioni che da sempre caratterizzano il modus vivendi della sinistra che in questa necessità di sfogarsi e parlare di crisi e di obiettivi ha sempre creduto di evidenziare il proprio spessore politico generando fiumi di parole che alla sostanza il più delle volte non trovano riscontro e non rappresentano mai una precisa linea condivisa da tutti. Il maestro assoluto Giorgio Gaber in uno dei suoi più riusciti spettacoli teatro-musicali precursore della crisi d'identità della sinistra cantava: "la sola certezza che resta è la tua confusione, il vantaggio di avere coscienza di quello che sei. Ma il fatto di avere la coscienza che sei nella merda più totale è l'unica sostanziale differenza da un borghese normale. E tutto saltava in aria e c'era  un senso di vittoria come se tenesse conto del coraggio la storia". "Qualcuno era comunista perchè si era felici solo se lo erano tutti". Questa forma di aggregazione e di voglia di considerare ogni cosa dicendo "noi" piuttosto che "io" la diceva lunga e in fin dei conti l'illusione della sinistra è da sempre stata più aggregante, più profonda e più legata a sentimenti di fratellanza e di bene comune. I "referenti" storici della sinistra sono sempre stati innumerevoli in ogni campo: musica, arte, letteratura etc. mentre nella destra pochi e sparuti rappresentanti si sono fatti strada con fatica. Ogni cosa non è mai fatta per caso, il nostro cervello è diviso in due emisferi: sinistro e destro; uno di questi due emisferi è razionale mentre l'altro invece istintivo e viscerale; quello razionale è il sinistro. Ma a voler ritornare a parlare sul serio oggi l'ideologia destra o sinistra non trova più le motivazioni di un tempo. Oggi in questo periodo che i storici magari chiameranno "gli anni della volgarità" le differenze di pensiero destra sinistra valgono solamente nell'ottica di una propria visione politica del futuro. Un proprio panorama dettato da determinate convinzioni basate sul fondamento ideologico da cui tutto è partito e anche questo concetto va scemando sempre più verso una sorta di abonorme ignoranza della politica, un preoccupante analfabetismo volto a mirare più al "gruppo" politico che garantisca longevità e perseveranza nella casta nell'assoluto disinteresse delle esigenze dei cittadini vunerabili, fragili e disperati sempre più considerati quali pedine da manovrare al momento del voto con promesse da marinaio.