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Death Stranding: Director’s Cut, il controverso titolo targato Ideo Kojima arriva su Xbox

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Tempo di lettura 7 minuti

Death Stranding: Director’s Cut, il videogame targato Hideo Kojima è da poco arrivato a sorpresa su Xbox dopo essere stato un’esclusiva PlayStation fin dal suo lancio nel 2019. Questo, ricordiamo, è il primo titolo originale del creatore giapponese dopo dopo la separazione da Konami. Death Stranding, quindi, nella sua versione Director’s Cut, può finalmente essere giocato anche dai possessori delle console di casa Microsoft, ma vi ricordiamo che il software non è un videogame come tanti altri. Proprio per questo nelle prossime righe però cercheremo di spiegarvi di cosa si tratta in quanto il software di Kojima è un prodotto completamente fuori dagli schemi che può essere solo amato od odiato. Non ci sono vie di mezzo. Riassumere in poche righe la storia di Death Stranding: Director’s Cut non è un lavoro facile, così come non è semplice capirla; Kojima ha infatti riempito la storia di personaggi dai nomi autoreferenziali, di allegorie, di terminologie inusuali e soprattutto di una lore così complessa che basta poco per perdersi nel mare di informazioni e riferimenti presenti in game. Il gioco è ambientato in un’America post-apocalittica nella quale un evento chiamato appunto Death Stranding ha connesso il mondo dei vivi con quello dei morti, lasciando la superficie completamente devastata ed isolando tra loro le poche città ed accampamenti superstiti per via di un fenomeno atmosferico chiamato cronopioggia, che oltre a far invecchiare velocemente tutto ciò su cui si posa, causa anche la comparsa di letali entità spiritiche chiamate CA; come se tutto questo non fosse già abbastanza, ora i morti non si decompongono più in maniera naturale ma si trasformano in devastanti bombe atomiche, a meno che non vengano inceneriti subito dopo il decesso. È per questo che nasce il corpo dei Porter, dei corrieri che fanno la spola tra le varie città per consegnare strumenti e beni di consumo ed anche per portare i morti presso gli inceneritori posti in zone isolate, prima che esplodano lasciando un cratere al loro posto. Ebbene sì, già da quanto detto si capisce quanto il genio di Kojima sia presente in quest’opera e quanto complesso possa essere il mondo di gioco. Death Stranding: Director’s Cut vede i giocatori impersonare uno di questi specialissimi corrieri del futuro, Sam Porter Bridges (interpretato da Norman Reedus, il Daryl Dixon di The Walking Dead per chi non lo conoscesse col suo vero nome), considerato una leggenda per la sua capacità di raggiungere incolume qualunque destinazione e soprattutto senza danneggiare i suoi “pacchi”. Ma non solo: Sam è anche un “rimpatriato”, ovvero un individuo capace di riportare la propria anima nel suo corpo dopo la morte invece di trasformarsi egli stesso in una bomba atomica. È per questo che viene convocato dal governo della UCA, le Città Unite d’America, il quale gli assegna una missione importantissima: attraversare tutto il continente dalla costa est a quella ovest dell’America, connettendo una alla volta le città che incontrerà alla “Rete Chirale” e metterle in comunicazione tra loro, cosa che permetterà agli abitanti anche di usare le “Stampanti Chirali” per creare gli strumenti di cui hanno bisogno invece di farseli consegnare dai corrieri. La destinazione ultima di questo viaggio è la città più a ovest del paese, Edge Knot City, dove è tenuta in ostaggio la figlia della presidente, e ovviamente starà a Sam liberarla. Come accennato, la storia di Death Stranding: Director’s Cut non è tra le più semplici e lineari, ma a rendere ancora più genialmente folle quanto detto fino ad ora c’è la figura del Bridge Baby, conosciuto come BB-28. Esso all’apparenza si palesa come un feto all’interno di un contenitore trasparente trasportato sull’addome da Sam, ma in realtà si tratta di un dispositivo ingegnerizzato per captare la presenza delle entità CA e tenere così i corrieri alla larga da esse. Non si può certo dire che a Kojima manchino idee assurde, ma grazie a tutto questo possiamo assicurarvi che la trama che condisce l’universo di gioco è davvero appassionante.

Ma perché allora nel titolo abbiamo scritto controverso videogioco e qualche riga fa vi abbiamo detto che Death Stranding Director’s Cut o si amo o si odia? Ebbene è nel gameplay assolutamente spiazzante che il grande pubblico si divide. Volendo semplificare all’osso quello che il titolo rappresenta pad alla mano, possiamo dire che l’ultima fatica di Kojima è una sorta di simulatore di consegne che vede il protagonista accettare degli ordini in una città per consegnare i carichi nell’insediamento umano successivo, iterando questo processo man mano che si attraversa e si connette l’intero paese. Ma se vista così può sembrare banale, quello che rende l’esperienza molto più interessante è l’intero processo di attraversamento delle aree che separano le aree abitate, fatto di sfide continue e sempre più impegnative affiancate dalla costante crescita degli strumenti a disposizione, che vengono sbloccati man mano che si procede nell’avventura e che permettono di superare in maniera sempre più agevole i molti ostacoli che si parano davanti al protagonista. Death Stranding Director’s Cut inizia con semplici consegne attraverso quello che è un terreno principalmente pianeggiante, ricco di asperità ma senza grossi ostacoli; alle prime difficoltà incontrate, come pareti troppo alte da scalare o fiumi dalle acque troppo profonde (identificabili grazie ad uno scanner che capta e mostra tutti i dettagli del mondo circostante), arrivano i primi aiuti: delle scale estensibili che possono essere utilizzate sulle pareti o posizionate sui corsi d’acqua per poter attraversare queste zone sono solo uno dei tanti esempi della strumentazione presente in game. Queste, come tutti gli altri gadget che si possono utilizzare nel corso dell’avventura, occupano però dello spazio nel carico, contribuendo ad aumentare il peso complessivo e mettendo sotto sforzo Sam quando questo raggiunge i suoi limiti fisici, sbilanciandolo e facendogli esaurire la resistenza fisica. Man mano che si ottengono nuovi strumenti e che il mondo di gioco diventa sempre più impervio e complesso da attraversare, quindi, sarà necessario imparare a gestire in ogni missione il giusto equilibrio tra peso trasportato e i vantaggi che quello che si porta, oltre al carico, può realmente offrire. Tra questi strumenti sono presenti delle stampanti portatili in grado di costruire ponti stradali, esoscheletri per aumentare la capacità di carico o aumentare la velocità di movimento, stazioni di ricarica per le batterie degli esoscheletri o dei mezzi elettrici, teleferiche capaci di proiettare il protagonista attraverso lunghe distanze e anche armi utili per affrontare i diversi tipi di nemici che si possono incontrare durante i viaggi fra una città e l’altra.

In Death Stranding Director’s Cut, oltre alle temibili CA, a rendere arduo il compito del protagonista ci sono anche gruppi di banditi e dei corrieri rinnegati che non esitano ad attaccare chiunque attraversi il loro territorio. Entrambe le tipologie di nemici sono affrontabili sia in maniera silenziosa, evitando e fuggendo dal pericolo, oppure bloccandole con apposite armi non letali che, col procedere della storia, verranno affiancate da altre mortali. Uccidere qualcuno però non è mai una buona idea in quanto, ad esempio, nel caso dei banditi bisognerà poi fare i conti con il fatto che i loro corpi privi di vita vanno portati all’inceneritore (portandoli sulla schiena e facendo talvolta molta strada). Se vi state chiedendo il perché, beh la risposta è semplice, abbandonare un cadavere vuol dire causare diverso tempo dopo un’esplosione che porterà il protagonista alla morte costringendo i giocatori a ricaricare dal salvataggio più recente, ma con il corpo esploso non più presente. Una componente importantissima del titolo è inoltre l’interazione con gli altri giocatori: ogni area che bisogna connettere alla Rete Chirale è inizialmente deserta, ma una volta connessa è come se si fosse anche collegata ai server del gioco, riempiendosi delle strutture e degli aiuti piazzati su terreno dagli altri giocatori, anche se in maniera limitata e casuale per evitare che il mondo si popoli di migliaia di strutture create dai milioni di giocatori che hanno calcato le lande americane dal primo lancio avvenuto cinque anni fa. Una volta connessa un’area sarà possibile vedere spuntare ponti, autostrade, scale, corde da arrampicata ed una miriade di cartelli posizionati dai giocatori per incoraggiare gli altri avventurieri o per avvertirli di un pericolo imminente. Intendiamoci, in Death Stranding Director’s Cut non si incontrerà mai fisicamente un altro giocatore, ma la loro presenza è sempre costante e aiuta i giocatori a progredire, ricordando che la connessione e l’aiuto tra gli esseri umani è un fattore fondamentale. L’aiuto che gli altri danno e che i giocatori stessi daranno loro è peraltro reso più tangibile con un sistema di “like” che garantisce dei like ogni volta che qualcuno utilizza una struttura piazzata da chi gioca, e viceversa anche chi gioca può lasciare segni d’apprezzamento per gli aiuti degli altri giocatori che vengono utilizzati. Andando avanti nel gioco e sbloccando nuove aree, la storia si dipana facendo incontrare al protagonista nuovi personaggi, come la splendida Fragile, in grado di teletrasportare il giocatore tra le città già connesse alla rete passando per le spiagge, una sorta di luoghi extradimensionali che connettono la realtà umana a quella dei morti. Qualora si sia già giocato al titolo originale su PS4 e ci si stia chiedendo cosa cambia in questa Director’s Cut, realizzata originalmente per PS5, possiamo dire che si tratta di un’edizione più completa, che offre in gran parte vari contenuti aggiuntivi, dai veicoli agli strumenti, ma questa versione introduce anche una nuova area esplorabile, alcune missioni aggiuntive, la modalità fotografica ed ovviamente il supporto alle alte risoluzioni, con la possibilità di scegliere tra prestazioni e qualità grafica. Tra lunghe fasi di esplorazione, incontri con personaggi sopra le righe, combattimenti, atipiche boss battle e costruzione di oggetti nel mondo di gioco o utilizzo di quelli degli altri giocatori, raggiungere i titoli di coda richiederà un minimo di 30 ore se si pensa solo ed esclusivamente alla storia principale. Ma se si vuole completare ogni consegna e fare tutto quello che è possibile allora si raggiungono oltre le 60 ore di gioco. Fortunatamente non è necessario fare tutto prima della conclusione della missione principale, infatti una volta terminata la storia, rimane comunque possibile continuare ad esplorare il mondo e portare a compimento le missioni rimaste. Ultima ma non per questo meno importante cosa riguarda il doppiaggio, il gioco è infatti completamente in italiano. Tirando le somme, Death Stranding Director’s Cut è a nostro avviso un titolo bellissimo che però ci mette davvero molto tempo per entrare nel vivo e che ci mette davvero parecchio prima di svelare tutta la sua maestosità. Se si è disposti a superare le prime 4 lentissime ore di gioco e ad accettare che non ci si trova davanti a un’avventura action, ma dinanzi a un titolo dove è necessario esplorare, esplorare ed ancora esplorare facendo scelte che possono anche portare al dover ripetere alcune fasi, allora siamo certi che questo videogioco sarà in grado di regalare momenti incredibili, pregni di quell’essenza magica che solo Hideo Kojima riesce a infondere nelle sue opere.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9
Sonoro: 8,5
Gameplay: 7,5
Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise