DANIELE LEODORI AMMETTE I RAPPORTI CON SALVATORE BUZZI

di Cinzia Marchegiani

Roma – Se mafia Capitale seconda edizione sta facendo pressing sui rapporti tra i politici e amministratori con Buzzi, Carminati e Monge il re del CUP e degli abiti usati, rimane evidente come le inchieste giornalistiche e tabella di giornali rappresentino uno strumento per comprendere gli atteggiamenti di taluni politici messi sotto i riflettori di un’indagine giudiziaria.

E il caso del Presidente del Consiglio della Regione Lazio Daniele Leodori emerge con tutte le sue singolari sfaccettature impresse negli tabella di giornale che come atti documentali consegnano alla comunità, ma volendo anche alla Magistratura vigile, repentini cambi di versione in merito a conoscenze e rapporti con i registi de “il Mondo di mezzo”.

Nell'ambito dell'inchiesta de l’Osservatore d’Italia su Mafia Capitale veniva pubblicato il 10 giugno 2015 l'articolo ZAGAROLO E MAFIA CAPITALE 2: QUEL FILO "ROBUSTO" TRA SALVATORE BUZZI, MARIO MONGE E DANIELE LEODORI  dove si evidenziava lo strano caso del Presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori.

Daniele Leodori era finito nell’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari, dott.ssa Flavia Costantini del Tribunale di Roma dove veniva trascritto il suo nome assieme a quello del senatore Pd Bruno Astorre nelle intercettazioni telefoniche che indicavano i presunti legami tra l'attuale Daniele Leodori e Salvatore Buzzi ma soprattutto con Mario Monge, quest'ultimo presidente della Sol.Co definito il re del business dei migranti e dei cassonetti gialli, arrestato pochi giorni fa, che, nella trascrizione sembra invece conoscere molto bene il presidente del Consiglio Regionale del Lazio. Monge tra l’altro era arrivato fino a Zagarolo per allargare il proprio business con il riciclo degli abiti usati.

L'articolo a firma di Alessandro Rosa, fotografava quindi situazioni e atteggiamenti meritevoli di chiarimenti da parte del presidente Daniele Leodori che sui vari giornali, raccontava di sporgere querela nei confronti di Salvatore Buzzi e Massimo Carminati perché lui non li conosceva, mentre quando era vice sindaco di Zagarolo, arrivava Salvatore Buzzi con la sua cooperativa 29 giugno per gestire la raccolta dei rifiuti del centro storico del Comune.

Ma sono proprio gli tabella di giornale a scattare un’istantanea interessante nei confronti delle affermazioni e azioni di Daniele Leodori:

1) Il 7 Dicembre 2014 sul Corriere della Sera “Mafia Capitale, Buzzi si vantava: abbiamo 11 consiglieri comunali”: Daniele Leodori (Pd) sporge querela nei confronti di Buzzi e Carminati, si legge: Non c’è solo il Campidoglio, naturalmente. Anzi, nel commentare le regionali, Carminati fa cenno al fatto che 'oltre al Gramazio il sodalizio avrebbe vantato anche la conoscenza del “più votato” dello schieramento di sinistra'. Sarebbe Daniele Leodori (Pd), presidente del consiglio regionale che smentisce: "Non conosco né Carminati, né Buzzi. Ho già sporto querela".
2) Il 10 Giugno 2015 l’inchiesta de l’Osservatore d’Italia: “ZAGAROLO E MAFIA CAPITALE 2: QUEL FILO "ROBUSTO" TRA SALVATORE BUZZI, MARIO MONGE E DANIELE LEODORI” fa emergere come era alquanto improbabile che Daniele Leodori non conoscesse Salvatore Buzzi, infatti nel 1996 Daniele Leodori era vicesindaco di Zagarolo e proprio in quell’anno Salvatore Buzzi gestiva la raccolta rifiuti del centro storico della cittadina, trascinando tra l’altro una chiacchierata gestione tra la Coop 29 Giugno e la Italo Australiana, quest’ultima, si legge nei giornali, era stata estromessa dalla gestione rifiuti nel centro storico.
3) L’11 Giugno 2015, il Messaggero, dopo appena un giorno dall'articolo de L'Osservatore d'Italia:
“MAFIA CAPITALE, IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE DANIELE LEODORI: "MAI OCCUPATO DI APPALTI CUP” Qui Daniele Leodori intervistato risponde: “Quelle tre persone che parlano di me, nell'intercettazione su Mafia Capitale, non le conosco. Ripeto: non le conosco".
D: Daniele Leodori, presidente del consiglio regionale e uomo forte del Pd in provincia, è indicato da alcuni collaboratori di Buzzi – Guarany e Cardarelli – come una sponda per l'appalto del Cup. Un'accusa molto grave.
R: "Gravissima. Non ho idea perché facciano il mio nome. Io non mi sono occupato mai di quella gara, di questo sono certo".
D:Però conosceva Buzzi. Ci sono state alcune telefonate tra lei e il grande capo della 29 giugno.
R:"Ho conosciuto Buzzi nel 1996, quando a Zagarolo la sua coop si occupava per il Comune della raccolta porta a porta. Divenni vicesindaco dopo che era già stato dato l'incarico, nel 2000 venni eletto sindaco e dopo un anno non rinnovai l'appalto, affidai il servizio a Gaia, un consorzio pubblico. La 29 Giugno uscì da Zagarolo".
D:Dal 2001 non vi siete più sentiti?
"No, mai, fino a settembre 2014 quando abbiamo avuto un contatto telefonico. Mi chiede un incontro, io gli dico che se capita in Consiglio posso riceverlo ma non in una determinata fascia oraria, quando non ci sono. Lui viene alla Pisana proprio in quella fascia oraria e non mi trova. Segue un'altra telefonata: lui riceve una chiamata dalla Pisana, mi telefona e mi chiede se è un mio collaboratore, io dico che è una persona che lavora in Consiglio e la cosa finisce lì".

IL CASO DANIELE LEODORI NON FACILITA IL LAVORO DELLA MAGISTRATURA

E ora il caso del presidente del Consiglio regionale del Lazio Daniele Leodori emerge con tutti gli ossimori che la Magistratura terrà con tutta probabilità in considerazione:
Il 7 dicembre 2014 Daniele Leodori dichiara ad un giornale – per difendersi dagli attacchi ndr. –  che ha sporto querela perché non conosce né Salvatore Buzzi né Massimo Carminati. Messo sotto pressione anche dalle varie inchieste giornalistiche ritratta il tutto e smentisce se stesso, dichiarando addirittura che nel settembre 2014, quindi tre mesi prima della sua querela annunciata a mezzo stampa a Buzzi e Carminati, afferma di aver sentito telefonicamente Salvatore Buzzi e di avergli dato appuntamento alla Pisana, che a sempre a detta di Daniele Leodori non si consumerà mai.

Spiace che con Mafia Capitale, le smentite arrivino solo quando i politici vengono messi con le spalle al muro, poiché quando c’è un’indagine della Magistratura, dovrebbe essere un obbligo e un dovere etico degli stessi politici, indagati o meno, di raccontare le proprie vicende, affinché i Pm possano avere un quadro ben preciso delle dinamiche avvenute nelle stanze del potere amministrativo, invece gli stessi inquirenti sembrano dover lavorare "contro corrente".

Per ora il lettore osserva chiedendosi, quante cosa Mafia Capitale ancora nasconde? Possibile che non ci sia collaborazione tra politica e Magistratura?