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di Silvio Rossi
E' stato fatto un'altro passo avanti. Il processo di riavvicinamento tra Usa e Cuba, avversarie dal 1961, quando fummo all’orlo del baratro di una terza guerra mondiale, prosegue, lentamente ma inesorabilmente, con passi concreti come quello odierno.
Da quando, nel mese di aprile, i due presidenti Barack Obama e Raul Castro hanno sugellato, con una stretta di mano, un’amicizia non solo personale, ma anche di due popoli nati per essere vicini e non separati da un embargo che, nell’anno 2015, appare anacronistico, le diplomazie dei due paesi stanno concretizzando quanto auspicato da tutto il mondo (leggi il nostro articolo sull’incontro tra Obama e Castro).
Proprio il presidente statunitense ha dato l’annuncio della riapertura della sede diplomatica a L’Avana, chiusa da Eisenower. Tra pochi giorni, se non ci saranno sorprese dell’ultimo minuto, la richiesta formale alla diplomazia cubana, giungerà entro pochi giorni, prima che il congresso ratifichi la richiesta di apertura della sede diplomatica, e la conseguente nomina di un ambasciatore.
La scelta di Obama ha, oltre al formale riconoscimento diplomatico del paese fino a poco tempo fa avversario, tanto da essere nella lista degli stati sostenitori del terrorismo fino allo scorso aprile, quando sempre il presidente americano spinse per la rimozione.
L’obiettivo è far cessare l’embargo, che resiste dal 1962. Per superare il blocco commerciale c’è bisogno di un voto del congresso, fino a pochi mesi fa sarebbe stato difficile immaginare un placet dei parlamentari americani a una simile eventualità. Oggi però, alla luce degli incontri tra i presidenti, all’interessamento del Papa, che ha ricevuto il leader cubano il 10 maggio in Vaticano (leggi il nostro articolo), un voto a favore dell’apertura delle frontiere appare meno lontano.
Ci vorranno ancora diversi anni perché le diffidenze tra americani e cubani terminino. Sono state gettate oggi però le basi affinché non ci siano più alibi a rendere i rapporti tra i due paesi “normali”.
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