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5 anni faon
CREMONA – A conclusione dell’attività che tra il mese di giungo e i primi di luglio, ha consentito di arrestare 7 ragazzi destinatari di misure cautelari (4 in carcere e tre ai domiciliari), nonché ulteriori 18 denunce in stato di libertà per altri reati in concorso di atti persecutori, spaccio di sostanze stupefacenti, danneggiamento e risse.
I Carabinieri della Compagnia di Cremona, hanno arrestato, in ottemperanza di una nuova ordinanza di esecuzione della misura cautelare della permanenza domiciliare, emessa in data 15.07.2019 dal GIP della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Brescia, in relazione ai reati di cui agli art. 110 e 628 comma 1 (rapina in concorso) – art. 110, 582 e 585 (lesioni aggravate in concorso); – art. 610 (violenza privata), uno studente 15enne, nato a Cremona e ivi residente,poiché l’A.G. ha condiviso pienamente gli elementi d’indagine raccolti a suo carico, quale autore in concorso di altri 4 soggetti già tratti in arresto, della rapina avvenuta in data 19.04.2019 all’interno del locale denominato “Centrale del latte” di questo centro nei confronti di uno studente 18enne. Contestualmente, nel proseguo degli accertamenti scaturiti nell’ambito della operazione convenzionalmente denominata “Cremona Dissing”, venivano deferite in stato di libertà per i reati di cui agli artt. 110, 582 e 585 (lesioni aggravate in concorso) e art. 610 (violenza privata), gli ulteriori minori:
poiché, individuati quali responsabili di ulteriori e ripetute aggressioni nei confronti di studenti minori avvenute in questo centro dal mese di gennaio 2019 a luglio corrente.
Le indagini e soprattutto la chiamata in correità di uno degli studenti, già arrestati in precedenza, ha permesso di individuare il 15enne in argomento come ulteriore componente del branco autore dell’aggressione ai fini di rapina di un cellulare e capi di abbigliamento avvenuta il 19.04.2019, all’interno del locale denominato “Centrale del latte” di questo centro, nei confronti di uno studente 18. Chiamata in correità che ha trovato decisivo riscontro nella disponibilità dello stesso, del telefono oggetto della rapina a seguito perquisizione domiciliare.
Quest’ultima è stata caratterizzata dall’aggressione violenta e gratuita del gruppo, che con un’azione coordinata e avvalendosi della particolare capacità intimidatoria del numero delle persone, che consentiva di impossessarsi dei beni. Gravi sono state anche le lesioni cagionate alla vittima, alla quale è stata causata la frattura delle ossa nasali e una successiva insufficienza renale.
Nel dettaglio il GIP per quanto concerne l’episodio della rapina del 19 aprile scorso, aveva già sottolineato come i cinque indagati in concorso tra di loro e con altri soggetti al momento non identificati, minacciavano la vittima accerchiandola, facendosi forza del fatto di essere in numero superiore rispetto a quello della sua comitiva, quindi ponevano in essere una serie di gesti provocatori (come salire a bordo del pick-up, aprire le portiere e il bagagliaio del mezzo) e conseguentemente, a fronte delle rimostranze del gruppo della vittima, aggredivano quest’ultima, spintonandola e colpendola con un violento pugno al volto, così riuscendo ad impossessarsi del cellulare del querelante e di un maglione di proprietà di un altro ragazzo. Tale reato è aggravato per essere stato commesso il fatto da più persone riunite nonché per aver commesso il fatto insieme ad un soggetto minorenne, trattandosi di delitto per cui è previsto l’arresto in flagranza. Sussiste altresì l’aggravante di aver agito per futili motivi, aggravante che secondo la giurisprudenza, si ravvisa anche nel caso delle bande giovanili: secondo Cassazione Pen., Sez. 1, n.25535 del 10.04.2018 (dep. 06.06.2018) Rv.273289 – 01, “In tema di riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art.61, n.1, cod. pen., la futilità del motivo non è esclusa dall’appartenenza o dalla vicinanza dell’autore del reato a gruppi o comunità, quali le bande giovanili sudamericane, che riconoscono come valori positivi la violenza e l’uso della forza quale forma di affermazione della personalità individuale e di manifestazione dell’appartenenza al gruppo da esercitare per il solo fatto che la vittima sia o appaia militare in formazione contrapposta, dal momento che tali concezioni e modelli comportamentali offrono occasione per dare libero coro ad impulsi brutali e prevaricatori e si pongono in contrasto con i valori fondamentali riconosciuto dall’ordinamento giuridico, che tutela in primo luogo la vita, la sicurezza e la libertà personale”.
L’articolata dinamica dell’azione del gruppo di aggressori fa ritenere come la sottrazione dei beni (cellulare e giubbotto) non sia stata determinata da una “occasione”, ma fosse ben prevista sin dall’inizio, e “voluta” dall’insieme degli aggressori. Il “branco” accerchia la vettura dei ragazzi, inizia una serie di provocazioni, impedisce loro di allontanarsi, apre il baule, le portiere cercando di fatto la “merce” da sottrarre. E quando uno dei ragazzi scende dal veicolo, per allontanare chi impediva più da vicino una manovra in sicurezza del mezzo, lo aggrediscono in gruppo violentemente, e operano la predazione del bene a loro più “prezioso”, il cellulare di ultima generazione, oltre che mettere a segno la rituale “jumpata”. Non vi sono soluzione di continuità nel disegno criminoso dei giovani predatori: Il branco agisce in gruppo (i “soci”) e le sopraffazioni, le violenze, le – anche gravi – lesioni personali sono tutt’uno con i voluti – accettati sin dall’inizio – gli atti predatori.