Connect with us

Economia e Finanza

Covid-19 e PMI: trasformiamo i problemi in opportunità

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

di Alessandro Maria D’Amati*

Il 95% delle imprese italiane è identificato come “PMI”, ovvero le piccole e medie imprese. La maggior parte degli analisti afferma che le PMI sono il potere dell’economia reale italiana, mentre una certa parte degli analisti sostiene che esse fanno parte della resistenza italiana al cambiamento della strategia di sviluppo.

In termini di flessibilità e velocità nei processi decisionali, le PMI possono rispondere in modo efficiente alla domanda del mercato, anche in grandi cambiamenti ambientali come quelli causati dalla pandemia di COVID-19. Nella PMI italiana c’è una costante ricerca del “bene dell’azienda”, una condivisione di un sistema di valori tra collaboratori. L’imprenditore di una PMI ha un facile controllo del business e del team, promuovendo una sorta di “imprenditoria diffusa” attraverso il coinvolgimento di qualsiasi dipendente a qualsiasi livello lavorativo.

Le PMI italiane registrano anche alcuni punti di debolezza. In generale, le PMI italiane sono povere di manager e povere di una corretta gestione in termini di piani strategici e questioni finanziarie. Una PMI può essere affetta da un deficit di informazioni scientifiche e multidisciplinari, dal momento che sta abbastanza da sola: essere al di fuori di qualsiasi rete limita il potere contrattuale delle PMI. Le PMI tendono a concentrarsi su un numero limitato di combinazioni prodotto-mercato, rifiutando di riesaminare o reinventare la società, se necessario.

Una delle questioni specifiche delle PMI italiane è la transizione imprenditoriale. I vecchi imprenditori (insieme a un certo numero di vecchi collaboratori in pensione ancora all’interno dell’azienda) sono riluttanti a costruire il futuro senza di loro. Di conseguenza, la PMI italiana può consolidare caratteristiche stagnanti, più familiari con il passato e meno orientate verso il futuro.

L’esperienza COVID-19 può essere un incentivo per le PMI italiane nel rilanciarsi e ringiovanirsi, ove necessario. La quarantena ha costretto le aziende ad abbracciare lo smart working, se non ancora fatto, a massimizzare il digitale e organizzare i meeting virtuali. Potrebbe essere il momento di uno spillover, nel tempo di COVID-19!

La via della possibile innovazione è diventata aperta per quelle PMI che ne hanno bisogno. Cogliamo l’occasione, trasformando i problemi in opportunità.

COVID-19 : A POSSIBLE “SPILLOVER” FOR SMALL/MEDIUM ITALIAN ENTERPRICES

The 95% of Italian enterprises is identified as “PMI”, that is Small to Medium-sized Enterprises “SME”. The most of analysts state that SMEs are the power of Italian real economy, while a certain part of analysts argues that SMEs are part of the Italian resistance to change development strategy.

In terms of flexibility and velocity in decision making processes, SME can respond efficiently to market demand, even in big environmental changes like those caused by COVID-19 pandemic. In the Italian SME, there is a constant pursuit of the “good of company”, a sharing of a value system between collaborators. The entrepreneur of a SME has a easy control of the business and of the team, promoting a sort of “widespread entrepreneurship” by means of involving any employee at any job level.

The Italian SMEs do record also some points of weakness. Generally, Italian SME are poor of managers and poor of a right management in terms of strategic plans and financial issues. A SME may be affected by a deficit in scientific and multidisciplinary information, since standing pretty alone: being outside any network limits the contractual power of SME. The SMEs tend to concentrate onto a limited number of product-market combinations, refusing to re-asses or re-invent the company whether necessary.

One of the specific issues of Italian SME is the entrepreneurship transition. The old entrepreneurs (together with a certain amount of old retired collaborators still into the company) are reluctant to construct the future without them. As consequence, the Italian SME may consolidate stagnant characteristics, more familiar with the past and less oriented to the future.

COVID-19 experience can be a booster for Italian SMEs to relaunch and to rejuvenate themselves, where needed. The quarantine has forced companies to embrace the smart working, if not yet did, to maximize the digital, and to arrange the virtual meetings. It could be time for a spillover, in COVID-19 time!

The route of possible innovation became open for those SMEs that need it. Let’s take the chance, transforming troubles into opportunities.

*Resp. Comunicazione Europa Verde Albano Laziale

Economia e Finanza

L’Italia è il paese più ricco di strutture ricettive in Europa

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo

Tempo di lettura 3 minuti

image_pdfimage_print

Il fenomeno dell’eccesso turistico costituisce attualmente tema importante del dibattito pubblico, anche grazie a tutta una serie di proteste che si sono verificate in alcune delle mete turistiche più frequentate del continente europeo, con le più accese a Barcellona e Maiorca. Con questa espressione si intende una situazione in cui l’impatto del turismo supera le capacità fisiche, ambientali, sociali, economiche, psicologiche o politiche dei luoghi in cui accade vedi Venezia o Firenze. Si tratta di dinamiche che hanno delle ripercussioni sia sui residenti delle comunità locali che sui turisti stessi, oltre che sul paesaggio, sui beni culturali e sui servizi presenti all’interno di questi contesti. La misurazione di queste dinamiche è ancora complessa da fare. Si tratta di materia relativamente nuova per le quali ancora non ci sono delle reali linee guida su quali siano gli indicatori da utilizzare. Inoltre, alcune caratteristiche del fenomeno (come la sua stagionalità) rendono ancora più complesse le analisi. Per poter iniziare ad inquadrare il fenomeno è utile valutare lo stato dell’industria turistica nei paesi comunitari, partendo dal numero di strutture ricettive di accoglienza e il numero di posti letto.
 
Nel suo complesso, l’Unione Europea conta oltre 636mila strutture ricettive con più di 29 milioni di posti letto. In questo dato si comprendono non soltanto gli alberghi ma anche altre strutture di alloggio simili come i B&B oltre a campeggi e aree camperistiche attrezzate.
 
Negli anni delle restrizioni dovute alla pandemia si registra un calo ma i valori attuali (riferiti al 2023) sono in crescita rispetto al periodo pre-Covid. Per quel che riguarda il numero di strutture ricettive, si registra un incremento del 3% rispetto al 2019 mentre per i posti letto l’aumento è dell’1,5%. Il 21,1% delle strutture turistiche europee si trova in aree urbane centrali, che comprendono il 22,6% dei posti letto. Seguono poi le zone periferiche (32,5% strutture, 33,6% posti letto) e le zone rurali (46,4% e 43,8%). Circa la metà delle infrastrutture turistiche europee si trova in aree costiere (51,1%) e copre il 41,6% dei posti conteggiati.
 
Come informa Openpolis, su elaborazione dati da Eurostat, in termini assoluti l’Italia è il paese europeo dotato del maggior numero di strutture ricettive (229.513) e di posti-letto (5,2 milioni). Rispettivamente, coprono il 36,1% e il 17,8% dell’offerta nel continente; per quel che riguarda le infrastrutture turistiche, seguono Croazia (117.476, il 18,5%), Germania (48.275, 7,6%) e Francia (29.375, 4,6%). In coda,  tre piccoli paesi dell’unione: Cipro (771, 0,1%), Lussemburgo (357, 0,1%) e Malta (335, 0,1%).
 
Per quel che riguarda invece i posti-letto, al nostro paese seguono Francia (5.094.909, 17,5%), Germania (3.665.302, 12,6%) e Paesi Bassi (1.400.003, 4,8%). Gli stati caratterizzati da una minore quantità di posti letto sono invece Lussemburgo (57.830, 0,2%), Lettonia (52.263, 0,2%) e Malta (51.041, 0,2%). Occorre evidenziare che risultano mancanti i dati dell’Irlanda mentre quelli della Spagna sono invece parziali, motivo per cui non sono stati considerati nell’analisi.
 
Questi dati sono disponibili a livello regionale per quasi tutte le aree dell’UE. Per poter permettere di confrontare il dato tra regioni con popolazione differente, è stata calcolata l’incidenza ogni 10mila abitanti. La regione europea con l’incidenza maggiore di strutture ricettive è Jadranska Hrvatska (857,64 ogni 10mila abitanti), che comprende tutta l’area della Croazia. Seguono Ionia Nisia (Grecia, 223,90) e la provincia autonoma di Bolzano (221,55). Tra le prime dieci europee, quattro sono italiane: oltre al territorio già citato, sono presenti anche il Veneto (123,84), la Valle d’Aosta (103,39) e il Friuli-Venezia Giulia (83,07). Sui posti letto invece i valori maggiori si registrano nella regione di Notio Aigaio (Grecia, 9.084,56), Jadranska Hrvatska (Croazia, 8.357,92), Ionia Nisia (Grecia, 7.714,12) e Corsica (Francia, 4.728,77).
 
È importante notare che valutare l’incidenza delle strutture ricettive turistiche sul territorio è solo uno degli elementi utili per considerare lo stato del turismo in una regione. Di fondamentale importanza è considerare anche la quantità di notti passate dai turisti in un paese, così come l’incidenza del settore nel calcolo del Pil.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Privo di virus.www.avast.com



Continua a leggere

Economia e Finanza

Sicilia, discariche sature: 90mila tonnellate di rifiuti in partenza per la Finlandia

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 3 minuti
image_pdfimage_print

Di Paola (M5s): “Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche”

È da tempo risaputo come anche i rifiuti siano una risorsa ma una risorsa non facile da gestire e trasformare in prodotti utili. Si apprende dunque sa organi d’informazione siciliani che è stata recentemente definitiva una disposizione o decreto regionale, del 1° agosto scorso, che consente di spedire i rifiuti della Sicilia all’estero fino al prossimo 30 giugno e questa volta con destinazione Finlandia.

L’assessorato regionale competente pei rifiuti ha deciso che dall’isola Sicilia saranno effettuate almeno 3 mila spedizioni di rifiuti indifferenziati, trattati negli impianti Tmb, che non possono essere più smaltiti in loco, per complessive circa 90 mila tonnellate di rifiuti, decisione provocata dalla saturazione delle discariche locali, come quella di Lentini, gestita dalla Sicula Trasporti.

Questi trasferimenti, però, non sono indolori per i Comuni siciliani, che vedranno sobbarcarsi un costo extra

Lo smaltimento in Sicilia costava tra i 200 e i 250 euro a tonnellata, mentre in Danimarca, nel termovalorizzatore di Copenaghen, la cifra è salita a 400 euro a tonnellata. Adesso, l’immondizia di circa 150 Comuni siciliani, soprattutto della Sicilia orientale ma anche del Trapanese, Agrigentino e Palermitano, finirà in Finlandia trasportata dalla ditta lombarda Vibeco, nel termovalorizzatore della società Loviisan Satama Oy, sita a Valko, ove verranno trattati nell’ottica del recupero energetico.

Ed è prevedibile che i costi lieviteranno ulteriormente. Il porto di Loviisa è un porto marittimo baltico nella città di Loviisa, situato sulla costa meridionale della Finlandia e sulla sponda settentrionale del Golfo di Finlandia. a poco meno di una novantina di km. da Helsinki.
Il decreto non indica alcun prezzo né fornisce un ristoro economico ai sindaci, che già dall’anno scorso avevano chiesto uno stanziamento extra per fronteggiare i costi.

La situazione è ora più complessa e pesante

Secondo l’attuale governo regionale, i rifiuti potranno in futuro essere trattati in Sicilia utilizzando un paio di inceneritori che dovrebbero essere realizzati a Palermo e Catania, ma il cui iter autorizzativo non sembra breve, ragion per cui la soluzione dell’esportazione non appare di breve durata.


Il M5S, con il vicepresidente dell’ARS, Nuccio Di Paola, fiuta il pericolo di una manovra inevitabile per la Regione dichiarando che “se spedire i rifiuti in Finlandia è la soluzione di cui tanto parlava Schifani pochi giorni fa, allora c’è davvero da preoccuparsi.

Parliamo di cifre da capogiro che alla fine graveranno sulle casse pubbliche. Con queste cifre, una amministrazione coscienziosa avrebbe dovuto stringere i tempi per accompagnare le due grandi città siciliane, Catania e Palermo, a ridurre il quantitativo di raccolta non differenziata. Invece a quanto apprendiamo, la musica non cambia. Lo avevamo visto già con Musumeci, continuiamo a vederlo con Schifani”.

Alla destinazione finnica si aggiunge anche una destinazione turca: infatti altri 5 decreti hanno autorizzato l’invio a Aliaga-Izmir, nell’impianto Ege Celik Sanay Ticaret, di 5.733 tonnellate. Anche in questo caso l’autorizzazione all’invio, concordata con i ministeri dell’Ambiente italiano e turco, durerà un anno.

Continua a leggere

Costume e Società

Croazia: boom di turisti e prezzi alle stelle

Pubblicato

il

Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
image_pdfimage_print

La Croazia ad oggi è parte dell’Unione Europea e come tale ha acquisito i diritti e i doveri degli altri Paesi che ne fanno parte. Diverse testimonianze di turisti confermano che quest’anno si è osservato un boom turistico proveniente da zone limitrofe e oltre: Italia, Bulgaria, Romania, Moldavia, Grecia e Francia.

Tuttavia, è credibile che l’entrata della Croazia tra le “stelle” dell’Unione Europea abbia incentivato la costruzione di alberghi e di ristoranti per ospitarne il turismo da un lato, ma dall’altro ha sicuramente rialzato le spese dell’economia croata.

Questo aspetto finanziario dettato dalla moneta unica, rispetto a quello che era il valore della moneta croata, ha “meravigliato” sia la popolazione croata che il turismo, subendo alcuni contraccolpi sia nelle spese che nei ricavi economici.

L’euro, in un certo senso, ha equiparato la Croazia con gli altri Stati Europei da un punto di vista dei tre settori economici: agricoltura, industria e turismo.

Questo requisito ha però modificato la vita quotidiana di ciascun croato che si è ritrovato a dar di conto ad un’economia più ampia e complessa rispetto al passato.

Non c’è alcun dubbio sul fatto che la Croazia si stia notevolmente sviluppando nel turismo con la costruzione di alberghi, di strutture marittime etc…, ma questi nuovi investimenti hanno richiesto all’economia croata di creare adeguate risorse non solo per il turismo, ma anche per gli abitanti stessi.

La Croazia ad ora ha prezzi elevati e poco concorrenziali soprattutto negli alimenti, nelle postazioni turistiche (es. ombrelloni, sdrai), nei vestiti e nell’oggettistica (es. souvenirs), rischiando un saldo economico di ritorno più basso del previsto.

Un tempo il turista che arrivava in Croazia pagava meno rispetto ai servizi di cui necessitava, oggi è inevitabile che l’aumento dei prezzi possa portare con sé il rischio di abbassare il flusso turistico.

La Croazia ha però una particolarità intrinseca rispetto al passato: nelle città costiere i prezzi si sono elevati rispetto alle isole. Questo dato è tratto da alcune ricerche svolte sul campo nei periodi di luglio e agosto; è come se la vita da isolano costasse meno rispetto a quella di città. Il dato potrebbe essere scontato, ma non lo è, poiché prima dell’ingresso nell’Unione Europea, l’intera Croazia aveva costi poco concorrenziali e soprattutto similari nel triangolo costa, città e isola.

Nel frattempo che la Croazia continui il suo “viaggio” di inserimento in Europa, ogni turista sicuramente “farà due conti in tasca prima di avventurarsi in zone della Croazia dove i costi sono saliti alle stelle”.

Continua a leggere

SEGUI SU Facebook

I più letti