Castelli Romani
Cotral, Manziana: la beffa della chiusura del deposito
Tempo di lettura 5 minuti Il sindaco di Manziana Bruno Bruni da almeno un anno mandava lettere tracciabili all’amministrazione Cotral senza risposta il cui oggetto era molto chiaro
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MANZIANA (RM) – Dopo l’ormai noto dossier Cotral realizzato da L’Osservatore d’Italia, il quotidiano torna sull’argomento con un vero e proprio reportage fotografico sullo stato in cui versano alcuni depositi da cui partono i mezzi tutti giorni per arrivare a fine servizio.
IL DOSSIER SU COTRAL PUBBLICATO DA L’OSSERVATORE D’ITALIA (2014)
Ebbene, i depositi di Civitavecchia, Tolfa e Blera si presentano in pessimo stato.
Civitavecchia sembra essere quello più critico perché ci sono rifiuti ingombranti nel piazzale vetture, il bagno del personale sporco e vecchio, l’asfalto con il percolato e dulcis in fundo ci sono ponteggi e transenne senza precauzioni di sicurezza per la caduta dei cornicioni.
A Blera l’uscila sulla Statale è senza visuale e c’è un muretto etrusco sottoposto a vincolo archeologico. Il fatto che ci sia un reperto è interessante al fine di certe considerazioni che verranno in seguito. La sala del personale è davvero poco appropriata per circa 40 persone ed ha a disposizione un solo bagno utilizzato sia per le dinne che per gli uomini. Il pavimento del parco vetture ha evidenti percolamenti che permeano nel terreno dove insistono delle falde. C’è assenza totale di segnaletica orizzontale. L’illuminazione è totalmente insufficiente e le vetture vengono disposte senza una via di fuga individuale prevista per legge.
Anche a Tolfa la sala del personale per 40 persone poggia su una pavimentazione ormai inesistente proprio a ridosso di un boschetto. A Cerveteri l’autobus andato bruciato quest’estate non risulta coperto con i teli contenitivi come per legge. C’è un bagno alla turca per il personale che viene utilizzato sia per gli uomini che per le donne e anche qui l’asfalto è notevolmente dissestato.
In questo contesto s’inquadra l’assurda sorte che ha fatto il deposito di Manziana perché oltre al danno che ha provocato la sua chiusura il 25 di giugno 2017 c’è pure la beffa perché sarebbe stato chiuso perché versava, più o meno, nelle stesse condizioni in cui si trovano i depositi di Civitavecchia, Tolfa e Blera.
Il risultato della chiusura del deposito Cotral? Ci sono almeno mille chilometri di fuori servizio al giorno per una spesa di 2,50 euro al Km, disagi per gli utenti perché le corse sono affidate a diversi depositi e i passeggeri aspettano talvolta anche un’ora esposti a intemperie o caldo afoso e ultimo ma non per importanza ci sono circa 30 autisti che per andare a lavorare sono costretti a percorrere dai 30 ai 50 km sia andata che ritorno.
Dunque, le fotografie sulle condizioni dei depositi Cotral realizzate dalla redazione de L’Osservatore d’Italia parlano chiaro
E questa sorta di tentativo di razionalizzare le spese chiudendo Manziana sembra più un boomerang sia per l’immagine dell’azienda che per le casse nonché per utenti e dipendenti. Ma analizziamo bene la situazione. Sembrerebbe che tra le motivazioni principali della chiusura dell’impianto di Manziana addotte dall’azienda di trasporto su gomma del Lazio ci siano delle presunte ingiunzioni da parte della ASL riguardo inquinamento ambientale, sonoro e vicinanza con delle scuole medie.
Di fatto l’unico documento Asl che risale allo scorso maggio non parla di cause tanto gravi da portare alla chiusura. Al contrario, a seguito dell’ultima ispezione dell’azienda sanitaria a Manziana sono state emesse soltanto alcune prescrizioni facilmente risolvibili quali il fatto di dover tracciare la segnaletica orizzontale nel piazzale vetture e fornire la documentazione dei vigili del fuoco per la pompa carburanti all’esterno del deposito.
Ecco che arriva il paradosso: il giorno successivo, alla soglia dell’estate appena trascorsa, dall’azienda hanno provveduto a ottemperare alle prescrizioni Asl e realizzata la segnaletica e qualche giorno dopo hanno chiuso e smantellato la pompa per cui le uniche due prescrizioni sono state assolte.
Ma c’è di più, perché se la chiusura del deposito di Manziana da parte dell’azienda fosse stata soltanto operata per risparmiare i costi di affitto della sede e manutenzioni varie, a quest’ora ci sarebbe ancora un deposito.
Questo perché il sindaco di Manziana Bruno Bruni da almeno un anno mandava lettere tracciabili all’amministrazione Cotral senza risposta il cui oggetto era molto chiaro: il Comune avrebbe messo a disposizione un terreno a titolo gratuito già urbanizzato per cui a costo bassissimo. C’era soltanto da fare lo sterro e la pavimentazione e, come se non bastasse, il Comune aveva messo anche a disposizione un ufficio attiguo. Dopo tanto sollecitare, l’azienda ha sostanzialmente giustificato la mancata accettazione dell’offerta del Comune in quanto il terreno messo a disposizione non era adatto per ospitare 12 vetture in quanto nel sito c’era un’antenna telefonica e un manufatto archeologico che ne impedivano la sistemazione. A quel punto il sindaco ha chiesto che fossero ricalcolati gli spazi alla luce dell’antenna e del manufatto archeologico sistemassero 10 vetture, poi otto vetture ma niente. La proposta non è stata accolta.
Ora, a fronte di qualche migliaia di euro al mese d’affitto spese per il vecchio deposito di Manziana, Cotral si accolla, come già scritto prima, un migliaio di chilometri fuori servizio al giorno per un costo al km di minimo di euro 2,50 fai tu i conti.
E i disagi all’utenza? Quando era attivo il deposito di Manziana, i cambi in linea avvenivano sostituendo solo l’autista mentre ora le corse sono affidate a depositi diversi e i passeggeri sono costretti a trasbordi indecorosi anche sotto condizioni metereologiche avverse senza contare che se si verifica un guasto dell’autobus di cambio, il mezzo non verrà più sostituito immediatamente a Manziana ma i passeggeri dovranno attendere che ne arrivi uno dai depositi limitrofi. Questo significa che gli utenti dovranno aspettare minimo un’ora o più facilmente attendere il soccorso della ditta meccanica esterna dato l’ormai evidente taglio del personale di riserva nei depositi. Il tutto avviene in un zone immerse nel verde dove l’impatto ambientale non è certo trascurabile.
In ultimo ma non meno importante il disagio di trenta autisti e relative famiglie che da anni avevano modellato la loro vita intorno all’impianto di Manziana come ad esempio comprare casa, mandare i bambini a scuola e utilizzare, per spostarsi, una sola macchina. Alcuni si sono trovati a dover comprare una macchina in 10 giorni quando è stato chiuso il deposito di Manziana.
Alla luce di tutto quello che L’Osservatore d’Italia ha potuto riscontrare ci si chiede quali siano davvero le motivazioni per cui è stato chiuso il deposito Cotral di Manziana. E se la politica, come spesso succede, ci avesse messo lo zampino?
Certo è che il sindaco Bruni, già membro della Segreteria del Consiglio Unitario dell’Azienda Co. Tra. L per la FIT-CIS, non ha fatto una bella figura con la sua cittadinanza. Che non siano state ripicche politiche a far levare le tende da Manziana? Come diceva Andreotti “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina”.
Certamente lo stato degli altri depositi immortalati da L’Osservatore d’Italia non versa in buone condizioni. Intanto si scaldano i motori per l’avvio dei lavori per l’edificazione del nuovo deposito di Blera per una gara di appalto di circa un milione di euro, neanche fosse l’Empire State Building. Perlomeno sarà un deposito di “sinistra”?
Chiara Rai
Cotral, depositi di Tolfa, Cerveteri, Civitavecchia e Blera: il reportage
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Monte Compatri, parco Calahorra: il degrado senza fine
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10 Luglio 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/07/11.jpg)
“Anni fa con un gruppo di amiche ed amici la tenevamo pulita e funzionale.
Vederla ridotta così piange davvero il cuore”.
Sono queste le parole che fanno da sottofondo alle immagini che ci hanno inviato alcuni ragazzi di Monte Compatri basiti nel rientrare, dopo qualche anno, dentro parco Calahorra, per tutti la Villetta.
Una storia potremmo dire “sfortunata” per quello che potrebbe essere uno dei fiori all’occhiello della cittadina dei Castelli Romani.
Dai miliardi spesi durante l’amministrazione di Emilio Patriarca (1985/1990) per la realizzazioni dell’imponente portale d’ingresso e per l’anfiteatro, demolito poi dall’amministrazione di Marco de Carolis e trasformato in parcheggio per passare alle tante iniziative di pulizia collettiva con sindaci, assessori, consiglieri comunali e cittadini (ultima nel giugno del 2022, ove il delegato al verde, Elio Masi, dichiarava “… da oggi inizia una nuova stagione per Parco Calahorra che vedrà coinvolte associazioni e cittadini per una piena fruizione già a partire da questa estate …” ) ma senza poi trovare una continuità degna del rispetto che il luogo merita. (Monte Compatri, grandi pulizie per Parco Calahorra (osservatoreitalia.eu))
“Noi – ci dicono – ci provammo anni fa con l’associazione Brother Park. Installammo giochi per bambini oggi scomparsi”.
“So io – risponde un altro – in quale giardino privato sono finiti!“
“Avevamo realizzato sentieri, costruito passaggi, realizzata una fontanella, realizzato tutto l’impianto elettrico di illuminazione. Poi è finito tutto.
Addirittura – aggiungono – spendemmo circa 3000 euro di legname per realizzare un chiosco del quale non rimane più traccia”.
“Vedi – ci indica un luogo – dove sta quel mucchio di rovi avevamo realizzato un campetto da calcetto compreso di porte e di una rete per evitare che il pallone venisse perso. Che tristezza!
Nel vedere negli occhi di questi ragazzi la rassegnazione di chi spende il proprio tempo per la collettività e poi ritrova le proprie fatiche ed il proprio impegno ridotto a desolazione fa davvero male.
Basterebbe un impegno minimo, aggiungono, noi ci siamo cresciuti. Ci abbiamo giocato da bambini come crediamo ogni generazione di monticiano.
Noi oltre ad avervi inviato i video e le foto non siamo rimasti con le mano in mano.
In questi giorni abbiamo risollevato il secchio per la spazzatura, tolto un po’ di erbacce, pulito dove era possibile.
Ci investiamo volentieri il nostro tempo perché la Villetta torni ad essere il giardino di tutti”.
C’è qualcosa che vorreste dire all’amministrazione comunale?
Guardi noi siamo disposti a dare una mano, abbiamo provato a chiedere per avere la possibilità di poter almeno fare una manutenzione regolare di questi spazi, ovviamente autorizzati.
Lo faremmo per il paese, lo faremmo per le tante famiglie che, qui dentro, potrebbero davvero trovare un’oasi di pace.
E mentre andiamo via loro continuano silenziosi ma sereni a provare a regalare alla Villetta qualche giorno di pulizia ed ordine
Come sempre chiederemo all’amministrazione comunale il loro punto di vista inviando all’ufficio stampa una richiesta di colloquio con il sindaco e con il consigliere delegato
Anche in questo caso vi terremo aggiornati.
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Monte Compatri, giovani fuori controllo: sputi e insulti a un pensionato
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5 Luglio 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/07/20240704_145454.jpg)
Mastrofrancesco: “Ormai siamo fuori controllo”
È di mercoledì la notizia dell’aggressione con sputi, insulti e strattonamenti a Monte Compatri, da parte di alcuni minorenni, ai danni di un pensionato già dipendente comunale e molto conosciuto in paese.
Un motivo banale all’origine del tragico fatto: il “NO” alla richiesta di una sigaretta.
Anche stavolta, a leggere i commenti su Facebook, è stato “l’effetto branco” a far scaturire la violenza “sedata” per il pronto intervento di alcuni cittadini accortisi del fatto.
Ma la “brutta storia” sui social ci è finita perché è duro l’attacco del consigliere comunale di Monte Compatri, Agnese Mastrofrancesco, che, senza mezze misure ha “tuonato” contro un’assenza di sicurezza che tra troppo tempo la fa da padrone nella cittadina dei Castelli Romani.
Dopo l’omicidio di Ivan Alexander nel capolinea della Metro di Pantano, le baby gang che impazzano spesso nello stesso piazzale, passando per la tentata rapina al bancomat della centralissima Banca di Novara e i tentativi maldestri nella stessa notte ai parcometri ed a un negozio centralissimo ed in ultimo, ma solo a livello temporale, agli aumenti di furti nelle abitazioni, Monte Compatri sembra più avvolta da una spirale di violenza che dalla tranquillità.
Abbiamo contattato la consigliere Agnese Mastrofrancesco alla quale abbiamo rivolto le nostre domande.
Consigliere Mastrofrancesco ma che succede a Monte Compatri?
Ormai siamo fuori controllo, non c’è vigilanza del territorio, mi dispiace dirlo, ma stiamo diventando terra di nessuno. Polizia locale che passa solo con la macchina di servizio, per richiamare l’attenzione dei ragazzini che giocano a pallone sotto la passeggiata, fischiano dal finestrino della macchina, senza scendere, li ho visti io personalmente – aggiunge con tono deciso.
Si limitano a passare solo in macchina oppure viene la comandante e senza modi, toglie il pallone ai bimbi di 6 anni.
Le dico che la settimana scorsa in molti hanno assistito ad una scena “pietosa” tra il comandante ed una mamma che quasi veniva alle mani.
Il comandante della Polizia Locale che strilla in piazza: ma dove siamo arrivati? Il Il fatto che indossi una divisa dovrebbe far capire che il primo che deve rispettarla è chi la indossa.
Strilli, inveisci sei aggressiva e poi pretendi rispetto. Pensi, mi hanno detto, che quando e andata via i ragazzi dal muretto le hanno gridato ” scema scema”.
Si può andare avanti così?
Lei è mamma di due splendidi ragazzi. Faccio più la domanda a “mamma Agnese” che al politico: cosa è mancato a questi ragazzi che hanno aggredito il suo concittadino?
Bella domanda, credo che la colpa sia di tutti noi. Famiglia, scuola ed istituzioni. Non mi sento di escludere nessuno.
La famiglia è importante, indispensabile, essenziale, ma pensiamo a chi non è fortunato ed ha problemi seri in famiglia, problemi di violenza o economici, che facciamo li abbandoniamo?
La scuola dovrebbe controllare, contenere ed educare e a volte anche “punire” ragazzi con atteggiamenti violenti.
Stesso vale per le istituzioni che dovrebbero affrontare il problema e non girare la testa dall’ altra parte.
Non servono i soldi del PNRR se poi hai un paese allo sbaraglio: bancomat rotti, furti, violenze , alcolismo … e mi fermo qui
Un quadro triste per Monte Compatri; anche stavolta abbiamo inviato all’ufficio stampa del Comune la richiesta di avere, perlomeno, due parole da parte dell’amministrazione comunale.
Lo facciamo non solo di prassi ma per avere un ulteriore punto di vista sulla situazione.
Ci auguriamo, almeno stavolta, che vi sia una risposta.
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Castelli Romani
Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”
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28 Giugno 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/06/presentazione-polimeno-bottai.jpg)
“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.
C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.
Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.
Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.
Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.
Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.
Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.