Conti quotidiani… bambole non c’e’ una lira

L’ef-ficienza è quel fattore astratto che denota, in chi lo possiede e lo mette in pratica, la capacità di ben operare e risolvere problemi.

Al contrario, la de-ficienza contraddistingue persone inette e incapaci, buone soltanto a creare problemi invece che a risolverli.

Senza voler dare del de-ficiente al nostro governo, abbiamo visto, in questi ultimi tempi, in cui abbiamo potuto confrontare le sue capacità con quelle di altri paesi, che la nostra nazionale ef-ficienza è assolutamente de-ficitaria.

Siamo partiti in tromba, circa tre mesi fa, con i proclami di un Presidente del Consiglio ben scritti – ogni volta pareva la comparsa di un processo penale, ma tant’è, il nostro dichiarasi avvocato da se stesso, in più di tutti gli Italiani  – e letti con quel sussiego e quella pacatezza che dietro il vuoto delle enunciazioni facevano intendere chissà quale organizzazione antivirus: il salvataggio dei patri lidi – o del suolo patrio, fate un po’ voi. Girandole di miliardi stanziati, o in animo di stanziare ci hanno ubriacati – noi poveri pensionati, impiegati, commercianti, parrucchieri, baristi, salumieri, fruttivendoli, tabaccai, casalinghe, meccanici, gommisti, elettrauto, carrozzieri, operai, contadini, che di miliardi avevamo solo sentito parlare a proposito di Soros, Rockfeller, Rotschild, Bill Gates, Mark Zuckerberg, Agnelli, e via così.

Quei miliardi – quaranta, cinquanta, cento, cinquecento, millecinquecento, addirittura duemilacinquecento – pareva dovessero calare sugli Italiani e sulla nazione dall’Unione Europea come un lenzuolo che avrebbe messo fine alle nostre sofferenze economiche e di salute. Che già si paventavano con le prime chiusure ermetiche: tutti a casa, tutti con (inesistenti) mascherine, guanti, gel igienizzante. Ma soprattutto – per carità! – tutti a casa!

Specialmente gli anziani. I quali non sono una razza a parte, come appare quando si parla di loro, ma cittadini che, finchè camminano e respirano, sono vivi, e sono come gli altri. Hanno solo qualcosa in più degli altri, conoscono gli uomini – anche se talvolta si fanno fregare – e hanno un prezioso bagaglio di esperienze.

Bisogna però intendersi – facendo un passetto indietro – sul significato di ‘stanziati’. Stanziare una cifra significa che io voglio comprare un’auto nuova, magari una Bentley Azure, che costa qualche centinaio di migliaia di euro. Perché la voglio comprare? È irrilevante: è un’auto perfetta, uno status-symbol, anche se costa più di bollo che di carburante, è soggetta ai furti, e in più non la puoi lasciare per strada, devi avere un garage di cui pagare l’affitto. Ma se la mia pensione di autonomo non raggiunge i mille euro, e già ho un prestito con la mia banca che ho dovuto accendere perché dovevo pagare il dentista (senza denti non si mangia), come farò a ‘comprare’ una Bentley full-optional? Semplice, non la compro. Però nessuno mi può impedire di ‘stanziare’ la somma necessaria. Quindi fra ‘stanziare’ e ‘mettere a disposizione’ ce ne corre! Bene, molto semplicemente è ciò che ha fatto il nostro governo, nella persona del presidente del Consiglio Giuseppi Conte. Grandi proclami e niente ciccia, solo fuffa. Una volta spentasi nell’aria l’eco proclamatorio, s’è presentato il problema di reperire fisicamente i miliardi ‘stanziati’, solo virtuali.

Ma i nostri governanti hanno alle spalle una lunga tradizione: quella di rendere inafferrabili denari che loro proclamano (perdonate la ripetizione, ma è l’unico verbo adatto) di voler elargire con grande munificenza ai cittadini. E come si fa? Semplice, ancora più semplice del solo virtuale stanziamento: con la BUROCRAZIA! Quella parola che solo a sentirla fa indietreggiare anche i più benintenzionati. Quell’apparato che è più impenetrabile di Fort Knox. Quel muro di gomma (dura) che ti scoraggia appena senti quanti adempimenti devi soddisfare per poter: avere il denaro? Certo che no! Solo per presentare una domanda che, foglio, o fogli di carta, andrà in un cestino di pratiche in arrivo, in mezzo ad altri fogli di carta, o cartelline (che ti sono costate di commercialista, di tempo, di fatica e di notti insonni), con poca o nessuna speranza: di ottenere il denaro? Nooo! Che qualcuno legga quei fogli! Magari un impiegato annoiato dal troppo ozio, che decide, fra un caffè e un cappuccino con brioche (la pausa a metà mattinata è contemplata sindacalmente, quindi guai a negarla) di aprire a caso – tipo Superenalotto, con le stesse probabilità di vincita – una cartellina, che tu, nelle tue preghiere serali, prima di addormentarti, preghi che sia la tua.

L’efficienza di un Burosauro (impiegato addetto alla burocrazia, e a renderla sempre più ef-ficiente, cioè che respinga il maggior numero di pratiche nel tempo più lungo possibile) si misura appunto in quello, che a fine del mese, del semestre o dell’anno, avrà un premio di produzione, o uno scatto di avanzamento. Il Burosauro (animale preistorico che ancora sopravvive dal pleistocene) che avrà respinto un maggior numero di pratiche, appunto, nel tempo più lungo possibile.

Così da scoraggiare quanti altri volessero tentare la temeraria impresa di presentare una pratica di finanziamento a fondo perduto – quella tanto strombazzata in televisione da chi-sappiamo-noi – che annunciava lo stanziamento di somme iperboliche e fantastiche – rimaste infatti nella fantasia di chi le ha progettate. La realtà, scherzi a parte – ma non tanto – è che lo Stato non è riuscito (!) a far giungere a chi di dovere il denaro promesso, mettendo molti nella condizione che avevo prospettato qualche editoriale fa, cioè con un dotto francesismo: “Sono cazzi nostri”.

Chi ha voluto riaprire, chi ha voluto adeguarsi alle nuove anche capotiche disposizioni, chi ha voluto non chiudere la propria attività, unica fonte di guadagno per sé e la sua famiglia, ha dovuto pensarci da solo. (Non è una novità: questo si è già visto alcuni lustri or sono, in occasione di vari terremoti, segnatamente quello del Friuli e via discorrendo; mentre i terremotati di Gibellina del 1945 vivono ancora nelle baracche). Allora, che dire? In Gran Bretagna – ricordate la Brexit? – i commercianti hanno ricevuto 10.000 sterline in quattro giorni, a fondo perduto, più la possibilità di un finanziamento bancario – lì le banche funzionano, perché dare i soldi è il loro mestiere; in Italia vanno a rovescio – soltanto presentando i documenti di identità e forse quello che potrebbe essere un certificato di esistenza in vita (scherzo), senza domande e senza burocrazia. In Polonia, ha detto oggi la Gelmini in Parlamento, i soldi sono arrivati subito, ma soprattutto sono arrivati a fondo perduto. Da noi si parla di prestiti, e Deo gratias perché quei pochi fortunati (!) che riusciranno ad arrivare al traguardo potranno usufruire di un periodo più lungo per la restituzione. Naturalmente di fondo perduto non si parla.

Le vittime di questa pandemia non saranno solo quelle ospedalizzate (soprattutto perché la terapia pare sia stata sbagliata in esordio, non trattandosi di un’affezione polmonare ma cardiaca, e quindi i ventilatori polmonari sarebbero stati soldi spesi a vuoto), ma a quelle vanno aggiunti tutti coloro che non potranno riaprire le loro attività depauperando la nostra nazione di un tessuto imprenditoriale prezioso, e non solo in termini culturali. Oggi Giuseppi continuava a dire che dopo questa pandemia l’Italia avrà una fase di rinnovamento: speriamo che non sia quella di ‘via uno, sotto l’altro’, cioè ‘via gli anziani (al cimitero) e sotto gli immigrati’. I quali, rincuorati dal provvedimento della Bellanova, e incoraggiati istituzionalmente, sono scesi in manipolo per strada per chiedere diritti. Ma doveri quando?

Insomma, delle sedute trasmesse oggi in Senato e alla Camera il Tiggì della Rai ha dato scarne e orientate – nonché monche – notizie e interpretazioni. È stato, infatti, enfatizzato il vuoto intervento dell’on Fiano, che ha ripetuto alcune ovvietà a proposito del Coronavirus, degli infermieri e dei medici. Evidentemente non aveva altro da dire. Anche perché non c’era da dir nulla, dalla sua parte. Chi invece ha detto qualcosa, e più di qualcosa, è stato il capogruppo della Lega Molinari, che punto per punto ha attaccato Conte e la politica de-ficitaria di questo governo, mentre il premier, trincerato dietro la sua mascherina, (che non si sa perché l’avesse, visto che la persona più vicina a lui era a più d’un metro) faceva (absit iniuria) il pesce in barile. Molto incisivi anche gli interventi della on. Gelmini e di Giorgia Meloni – come non condividerli, specialmente dopo quello di un Cinquestelle di cui non cito il nome per carità cristiana? Così stanno le cose.

Bonafede si è salvato, e con lui il governo, perché Conte ha praticamente ‘messo la fiducia’ sul fatto che le mozioni di sfiducia venissero bocciate. Che cioè, se Bonafede fosse stato sfiduciato, il governo sarebbe caduto. Cosa che non conviene certo a tutti coloro che lo compongono, per motivi vari: non ultimo quello di conseguire una legislatura completa ai fini pensionistici. Il che la dice lunga su questi personaggi. Se è vero che ognuno ha il governo che si merita, devo dire che siamo stati molto cattivi. Una compagine, tranne qualcuno, che ricorda il bel film con Vittorio Gassman “Brancaleone alla crociate”.

Due parole a proposito della burocrazia e dei suoi mostri preistorici. Se le chicanes burocratiche sono state inventate, all’inizio, per evitare che il denaro pubblico venisse insidiato da appartenenti alla malavita organizzata, devo dire che oggi la malavita organizzata è molto più brava del privato cittadino ad evitarne i rigori. Mentre l’uomo onesto rimane impigliato nelle panie di leggi e leggine, adempimenti e clausole che gli impediscono, antidemocraticamente, di ottenere ciò che gli spetta per diritto. Si dice che è meglio un colpevole libero, che un innocente in galera. Allora, meglio che un po’ di sovvenzioni vadano a chi non le merita, piuttosto che chi ne ha diritto ne sia privato. Abbiamo anche la possibilità, in appresso, di sanzionare chi si è comportato in modo scorretto, con le nostre Forze dell’Ordine. Allora, piuttosto che ‘riformare’ la burocrazia, come dice di voler fare Conte, meglio abolirla del tutto; almeno in questo periodo eccezionale. I conti con Conte– scusate il bisticcio di parole-, li faremo dopo. Ma non si può sommare ai morti ospedalieri quelli del commercio e della libera iniziativa, quelli chi si sono suicidati perché non ce la facevano ad andare avanti: quelli, oltretutto, che hanno dovuto rinunciare anche alla loro dignità pur di procurarsi un piatto di minestra. E sono tanti!