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Editoriali

Conte, l’emulo sbiadito di Tarquinio il Superbo

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Se qui ci fosse Antonio Di Pietro, il noto avvocato di Bisaccia, ex magistrato di “mani pulite”, senza alcun dubbio, esclamerebbe, con il suo tono stentoreo: che ci azzecca Conte con Tarquinio il Superbo?
Non ci dovrebbero essere punti di contatto fra i due personaggi. Le epoche sono molto distanti: Tarquinio visse nel 500 a.C mentre Conte è saltato alla ribalta in questi ultimi giorni, soprattutto grazie alle numerosissime apparizioni in Tv.

Il primo regnò per 25 anni, il secondo è stato imposto da pochi mesi e i pronostici danno la sua sostituzione piuttosto imminente. I fatti che accumunano i due personaggi sono diversi e non esiste alcun paragone da fare tra le notorietà storiche degli eventi che interessarono l’uno e la sbiadita e smorta politica odierna dell’altro.

Tarquinio il Superbo fu il settimo ed ultimo re di Roma

La tradizione storica repubblicana descrive il suo regno caratterizzato da omicidi, violenze e terrore.
Escludendo gli omicidi, difficile non trovare similitudini anche qui tra l’agire dell’uno e la mala amministrazione dell’altro.

C’è scritto: ne uccide più la lingua che la spada. La lingua si esprime in parole e di parole è piena la legge. Se poi vogliamo parlare dei decreti di Conte, di parole lusinghiere se ne trovano a iosa.
E’ un tema che occupa il dibattito odierno. I decreti di Conte, gravidi di promesse, sono incostituzionali perché comprimono e a volte sospendono alcuni diritti costituzionalmente garantiti. Questo non lo afferma solamente qualche politico come Renzi ma lo fa lo stesso Presidente della Corte Costituzionale, Maria Cartabia. Conte violenta e calpesta la Costituzione, in un certo modo come Tarquinio violentava e massacrava i suoi sudditi.

Tante sono le analogie tra Tarquinio e Conte. Per il suo modo di fare e a causa dei suoi costumi, oggi si dice che Conte sia un megalomane. Racconta Tito Livio che un giorno, Lucio Tarquinio, detto il Superbo, presentandosi in Senato si sedette sul trono del suocero, rivendicandolo per se. Nulla dice il fatto che Conte, presentatosi inizialmente come timido e sottomesso ai pentastellati di Montecitorio, oggi stia girando le spalle, snobbando e reclamando “urbi et orbi” il suo ruolo come unico salvatore della Patria? Conte non è Superbo, no, solo che nelle sue svariate apparizioni sulla rete, non nasconde la sua supponenza. Altro che Tarquinio!

Racconta la storia che Tarquinio poteva vantare il pregio d’avere completato il Tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio però la si deve a lui la cancellazione di molte riforme costituzionali fatte dai suoi predecessori. La si deve anche a lui la distruzione di diversi santuari ed altari sabini.

C’è voluta l’emergenza Covid per fare scoprire il pensiero recondito di uno “scalatore di poteri”

I Dpcm firmati dal presidente Conte dal febbraio 2020 a oggi occupano tanti scaffali dell’archivio dello Stato. Sono tanti, confusi, illeggibili e ossessivi. L’Italia di Conte sta traversando un periodo di autocertificazioni, interviste, multe e restrizioni e tanta burocrazia. Se Tarquinio il Superbo aveva distrutto diversi santuari e altari sabini, Conte il Supponente, avvalendosi dello staff tecnico di chissà cosa e carpendo la compiacenza della stessa Cei, ha sferrato un durissimo colpo al cuore della Sacra liturgia della Chiesa Cattolica, e sempre con la stessa compiacenza, si è arrogato il diritto di ingerire in ambiti che non gli competevano, osando persino ignorare il concordato fra due Stati.

L’analogia con l’etrusco Tarquinio il Superbo del 500 a.C risalta maggiormente nel fatto che quest’ultimo regnò per 25 anni, senza mai avere ricevuto ordine né dal Senato, né dal popolo romano e guarda caso il Conte spocchioso, anche se occupa il potere da pochi mesi, lo sta facendo senza avere ricevuto alcun mandato dal popolo italiano. E ti pare poco?
La caduta dei Re sotto Tarquinio il Superbo ha dato il via ad un periodo molto travagliato che poi portò finalmente alla Res Pubblica. Quello che gli italiani si augurano è che i loro diritti sanciti dalla Costituzione, finora sospesi dall’Alto con atto imperio vengano ripristinati. Sono state imposte legislazioni surrogate a partire da quella di Mario Monti del 28 dicembre 2012 per finire con quella odierna dell’avvocato “del popolo” Giuseppe Conte.

La gente chiede, senza alcun altro indugio che sia restituito agli italiani il diritto sacrosanto costituzionalmente garantito di votare secondo una loro libera scelta. E’ chiedere troppo?

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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