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di Silvio Rossi
Un vero braccio di ferro, quello instaurato tra i sindacati e il governo, sulla questione “assemblea sindacale” del Colosseo, che ha provocato la chiusura del monumento per alcune ore, lunghe file sul piazzale, e la reazione di Palazzo Chigi che ha inserito i Beni Culturali tra i servizi essenziali, soggetti al codice di regolamentazione degli scioperi, così come avviene per ospedali, trasporti e altri servizi pubblici.
Una vicenda dove tutti i protagonisti hanno sopravvalutato il proprio ruolo, eccesso i turisti rimasti in coda. Lo ha fatto il governo, forzando il concetto di servizio essenziale. In Italia il turismo rappresenta una delle voci più importanti del PIL, e a detta di tutti gli economisti, ha delle possibilità di sviluppo ancora inespresse. Questo ne riconosce un valore che può essere definito «strategico», ma non essenziale.
Un danno al turismo italiano è paragonabile a quello che in questi giorni sta subendo l’industria automobilistica tedesca, con lo scandalo delle emissioni taroccate, oppure simile a quello che potrebbe subire la Svizzera se si scoprisse che le loro banche rubassero soldi sui conti correnti o che i loro orologi andassero fuori tempo.
Una vicenda che va letta quindi sotto il punto di vista economico, la chiusura del Colosseo è stata un danno d’immagine del «prodotto Italia», di un brand da vendere, come l’automobile o gli orologi, ma non un «servizio essenziale», come quelli che prevedono, giustamente, che uno sciopero non ne determini l’interruzione.
Ma gli errori del governo sono minimi rispetto a quelli sindacali. In un paese normale le assemblee sindacali non dovrebbero influire sull’offerta al pubblico. Alle assemblee, in molte realtà, possono partecipare i dipendenti che non stanno effettuando servizi non sostituibili. E scimmiottare la questione delle cifre non ancora corrisposte, e liberate proprio in corrispondenza del putiferio, è una scusa puerile. Se non vengono corrisposte parti di stipendio, si crea un’agitazione, si sciopera, si ricorre al tribunale del lavoro. Ma utilizzare un’assemblea autorizzata per generare il maggior disagio possibile, è un’azione scorretta, che legittima reazioni anche più autoritarie di quelle adottate dal governo italiano.
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