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Editoriali

Cold Case: il giornalismo e lo Spirito di Servizio di Giovanni Falcone

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di Angelo Barraco
 
Il dubbio ha sempre fomentato l’amore per la conoscenza e la scoperta in merito a quelli che sono gli innumerevoli interrogativi che attorniano l’essere umano nel suo viver quotidiano. Per un giornalista il dubbio rappresenta il monito per intraprendere un percorso di ricerca e di esplorazione all’interno di quelli che sono gli elementi che fanno da contorno a quei casi insoluti e senza un colpevole ma che riservano all’interno di quei fascicoli sporchi di polvere e deposti sopra degli scaffali che si trovano all’interno di umidi e desolati  corridoi bui e silenti, un barlume di risposta o una possibile speranza che può essere letta tra le righe di una mole insormontabile di carte processuali precedentemente lette da Giudici e Avvocati e segnate indelebilmente con un evidenziatore, quasi come per voler rimarcare concretamente un punto all’interno di uno spazio infinito e abnorme, un concetto che il sommo poeta Ungaretti ha espresso molto tempo prima nella sua splendida e breve poesia “Mattina”, in cui viene ottimizzato il concetto di dispersione di un punto all’interno di uno spazio infinitesimale attraverso le parole “M’illumino d’immenso”. Il giornalista s’illumina di curiosità, parsimonia e perizia nel momento in cui si addentra nella storia e nell’ignoto della cronaca, con l’obiettivo unico di creare un corpo solido a una notizia, ricostruirla attraverso uno studio analitico e imparziale, sviscerando ogni dettaglio precedentemente omesso per ragioni di ogni genere con il fine ultimo di rendere giustizia a chi non l’ha avuta e inducendo gli uomini di legge a rivalutare il caso e rispolverare quella matassa imbrogliata che per anni rimane deposta sugli scaffali a fare la muffa. La storia ci insegna che la ricerca della verità conduce spesso alla risoluzione, grazie anche ad una sana dose di parsimonia e determinazione che fanno del giornalista un monito per le indagini. “La criminologia è la scienza che studia i reati, le tipologie di condotta criminale, le forme possibili di prevenzione e controllo, oltre che, ovviamente, gli autori e le vittime di reato. Riguardo le vittime, può accadere che un delitto, nel caso degli omicidi, possa rimanere insoluto ed allora si usa, oggi, parlare di Cold Case, ossia“casi a pista fredda”, cioè reati che rimangono insoluti e, purtroppo, alcuni, per molti anni. Un Cold Case può essere rianalizzato in base a nuovi elementi emersi, nuove testimonianze, nuovi indizi e grazie al continuo avanzamento delle tecniche delle scienze forensi, i reperti possono essere riesaminati alla luce delle nuove tecnologie” come definisce la Dott.ssa Mary Petrillo. A tal proposito un caso-scuola è la vicenda di Elisa Claps, vicenda su cui aleggiava una fitta cortina di mistero e dopo circa 20 anni si è giunti ad una parziale risoluzione del caso a seguito del rinvenimento del cadavere nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità e l’arresto di Danilo Restivo, ma ancora oggi tanti i dubbi. Quella che molti considerano verità di comodo, per il giornalista invece è un elemento ulteriore di verifica ai fini di rendere giustizia alle numerose famiglie che ancora oggi attendono i loro figli scomparsi nel nulla, madri e padri che la sera osservano un letto vuoto, una stanza cristallizzata nel tempo dove l’atarassia pervade sugli elementi che un tempo rappresentavano il polmone vitale di quella famiglia. Un grido d’aiuto che il giornalista ascolta, silente, ma che accoglie senza esitare e supportando la famiglia passo dopo passo con il fine ultimo di poter condividere la gioia di un abbraccio tra congiunti. La memoria storica però ci insegna che oltre alle scomparse inspiegabili, oltre al dolore che prevale negli animi di coloro che vivono costantemente nel dubbio amletico se un congiunto sia vivo o morto e che ogni giorno attanaglia la mente di chi brancola per le strade e cerca disperatamente il proprio caro, vige in alcuni un dolore ancora più grande: come è stata uccisa? Da chi? perché? Il dubbio della morte lascia spazio alla speranza della vita e questa forza Pietro Orlandi ce la insegna ogni qualvolta parla di Emanuela e di come è scomparsa. Ma certamente non è una speranza che permane nell’animo dei familiari di Simonetta Cesaroni, uccisa brutalmente in Via Poma o di tutte quelle povere vittime massacrate dal Mostro di Firenze. Casi in cui l’elemento inoppugnabile della morte rappresenta l’elemento che induce le famiglie a gridare a gran voce “giustizia e verità” per quelle bocche che sono state messe a tacere per sempre da mano ignota. Laddove però il corpo da prova di brutalità e la tomba diventa lo specchio del dolore, ci sono casi in cui molte famiglie non hanno la possibilità di piangere un congiunto poiché il corpo non viene ritrovato e allora prima viene cercato, poi si avviano procedimenti senza che il corpo sia stato trovato come il caso di Roberta Ragusa e l’angoscia e il dolore che sicuramente proveranno i figli diventano l’emblema di un’Italia che cambia drasticamente i colori della sua bandiera. Un’Italia che aiuta gli scomparsi e i familiari attraverso un giornalismo corretto e programmi appositi esiste, ma esiste anche un paese che fa mercimonio di tali sciagure e si preclude l’obiettivo di puntare il faro in viso al presunto assassino, con tanto di esperti da salotto che hanno la verità in mano e che potrebbero emettere sentenze in loco.  Noi giornalisti non puntiamo il dito contro nessuno ma siamo qui per cercare la verità laddove alcuni limiti e alcune soglie hanno posto un freno, siamo qui per raccontare e ascoltare la voce di chi ha paura di qualcuno o qualcosa e siamo un mezzo di ricerca della verità che coopera perfettamente con le istituzioni poiché riusciamo a scandagliare e analizzare ogni vicenda che ci passa sotto le mani con lo spirito di servizio che Giovanni Falcone enunciò a testa alta e che noi portiamo con orgoglio nel cuore e nello spirito.   

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