Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
Un incontro urgente con il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, al fine di approntare un piano straordinario per l’Appennino senza neve.
A richiederlo sono le Regioni Emilia-Romagna, Toscana e Abruzzo, alle prese con una stagione invernale segnata da temperature più alte della media del periodo, complici gli effetti del cambiamento climatico, con assenza di manto nevoso per sciare e difficoltà anche a innevare artificialmente perché non si scende sotto lo zero termico nemmeno di notte.
In particolare, in Emilia-Romagna, quasi tutte le piste sono rimaste chiuse (al comprensorio del Cimone, nell’Appennino modenese, oggi soltanto quella del campo scuola dei bambini è aperta), con albergatori, gestori di impianti e maestri di sci costretti a far fronte alle disdette da parte dei turisti. La neve è stata presa a un’altitudine superiore e trasportata con un carro, dal momento che le temperature sono troppo alte anche per spararla.
“Le Regioni non possono essere lasciate da sole – affermano il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e l’assessore al Turismo Andrea Corsini – Occorre un piano straordinario. I nostri operatori dell’Appennino bianco dopo le stagioni cancellate dal Covid, oggi sono alle prese con un altro momento nero che sta cancellando gran parte degli incassi dell’inverno con effetti che rischiano di essere irreversibili”.
La richiesta di incontro al ministro è stata concordata anche con gli assessori Leonardo Marras (Toscana) e Daniele Damario (Abruzzo). Le Regioni coinvolte puntano su alcune leve: “Bisogna che il Governo intervenga in primo luogo con risorse fresche per compensare, almeno in parte, i danni prodotti da questa anomalia climatica – sottolineano – poi con provvedimenti per posticipare i mutui e con aiuti per la sostituzione dei vecchi impianti di innevamento con quelli di ultima generazione che permettono di mantenere la neve artificiale anche a temperature più elevate”.
L’obiettivo deve essere quello di “cercare di mettere gli operatori nelle condizioni di resistere – concludono – e di non essere costretti ad abbandonare le nostre montagne di cui sono un presidio importante”.
Correlati