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Roma

CIVITAVECCHIA, DETENUTO TOSSICODIPENDENTE SI STROZZA MANGIANDO LA CARNE E MUORE.

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Tempo di lettura 2 minutiIl Giudice nega la funzione funebre nella parrocchia del paesino dove l’uomo e’ nato e vissuto

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Redazione

Dichiarazione di Rita Bernardini: "Ve la racconto così come l’ho raccolta al telefono pochi minuti fa da fonte attendibile. L.D. aveva 49 anni, era stato incarcerato per reati legati al suo stato di tossicodipendenza, una vita passata tra istituti penitenziari e comunità. L.D. si trovava da un mese e mezzo nel carcere di Civitavecchia proveniente da quello di Santa Maria Capua Vetere. Da quando era stato trasferito si erano interrotti i colloqui con la sorella che, morti i genitori, si era fatta carico di seguire il ragazzo;  la donna, non aveva mezzi sufficienti ad affrontare il viaggio per raggiungere Civitavecchia da un paesino della provincia di Caserta.
Giovedì 2 agosto L.D. stava mangiando nella sua cella quando un pezzo di carne gli è andato di traverso e si stava strozzando, cosa che capita con una certa frequenza a chi è sottoposto ad una generosa terapia di psicofarmaci. Subito soccorso dal medico del carcere richiamato dalle urla del suo compagno di cella, L.D. veniva condotto in autombulanza all’ospedale San Paolo di Civitavecchia. Durante il tragitto l’uomo ha diversi arresti cardiaci e, appena arrivato al pronto soccorso, viene immediatamente intubato. Venerdì 3 agosto il suo fisico non regge all’ennesimo arresto cardiaco e muore.
Ma questa triste storia non finisce qui. L.D. sembra sia stato “scarcerato” per l’incompatibilità del suo stato di salute con la detenzione il venerdì stesso della sua morte, ma la notifica non è mai arrivata. Lunedì scorso viene negata ai familiari la possibilità di vedere per l’ultima volta il loro congiunto mentre, ieri, martedì 7 agosto viene eseguita l’autopsia e il giudice dispone un percorso per il rientro della salma nel paesino d’origine che nega la sosta nella parrocchia per la celebrazione della messa funebre: L.D. deve andare direttamente al cimitero. Potete immaginare il dolore della famiglia, della sorella e del fratello.
Come mai L.D. era stato trasferito, peraltro senza avvertire i familiari, così lontano dai suoi affetti? Perché l’Amministrazione penitenziaria non ha rispettato quanto previsto dall’art.28 dell’Ordinamento penitenziario laddove stabilisce che “particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie?”. Come mai l’incompatibilità della salute di L.D. con lo stato di detenzione in carcere è stata decisa così tardi? Perché negare alla famiglia la possibilità di vedere il loro congiunto e di fargli celebrare la messa in suo ricordo?
Di fronte alla sordità delle nostre istituzioni – tutte, anche le più alte – occorre passare, con Marco Pannella e i radicali, alla controffensiva nonviolenta per conquistare legalità e stato di diritto oggi negati. Ecco perché stiamo mettendo a punto un’azione di massa di attivazione e animazione del diritto e delle procedure affinché i responsabili istituzionali ad ogni livello rispettino la loro propria moralità, i loro propri doveri, i loro propri obblighi."