SCANDALO AVASTIN LUCENTIS: LA PROCURA VALUTA NUOVE INDAGINI PER DISASTRO COLPOSO

LEGGI ANCHE: AVASTIN LUCENTIS: LO SCANDALO DELLA GRANDE TRUFFA CONTINUA

 

di Cinzia Marchegiani

Una querelle senza fine lo scandalo sanitario che ha visto al centro di indagini due colossi del big Pharma. Sarà ricordato come il danno erariale di proporzioni milionarie ma soprattutto a carico dei malati di malacupatia che non arriverebbero a pagarsi le cure perché viene ancora privilegiato nelle prescrizioni intravitreali quello più costoso, nonostante la sentenza del Tar del Lazio confermava di fatto la multa Antitrust di 180 milioni comminata alla Roche e Novartis per la gravissima vicenda del cartello con il quale avevano favorito la vendita del  farmaco Lucentis, più costoso rispetto all’Avastin, perpetrando danni anche alla libertà deontologica dei medici.

Ora la Società Oftalmologica Italiana vuole andare fino in fondo, consapevole del proprio ruolo di tutela dei pazienti e ha depositato un nuovo esposto presso la Procura di Roma a tutela del diritto di accesso alle cure per i pazienti affetti da maculopatia. A seguito dell’incontro, la Procura di Roma, tramite i magistrati Nello Rossi e Stefano Pesci, sta valutando l’avvio di nuove indagini per disastro colposo.

La Fondazione “Insieme per la Vista” Onlus sta valutando l’attivazione di una Class Action a favore dei pazienti danneggiati dalle illogiche direttive impartite dall’AIFA. 

SOI VUOLE SMANTELLARE LA TRUFFA – OMBRE SULL’AIFA
Insomma Big Pharma sarà sotto l’occhio della Procura di Roma, ma non solo. Questa è la punta di un iceberg che la Società Oftalmologica Italiana (SOI) sta cercando di smantellare a tutela della vista di milioni di cittadini italiani. Il Presidente SOI, Matteo Piovella, esprime la sua grande soddisfazione: “Abbiamo chiesto alla Procura di Roma di incontrarci di nuovo per aggiornare la situazione con nuove prove e dati ed abbiamo trovato grande disponibilità e professionalità a sostegno dell’attivazione di ulteriori indagini – spiega il Presidente della SOI – e per questo importante compito sono stato assistito dall’avvocato Riccardo Salomone del foro di Torino, consulente di SOI”. La Procura ha recepito l’importanza dell’azione perorata dalla SOI, rivolta alla salute e tutela della vista ed al rispetto dei diritto costituzionale di accesso alla cura, sulla base di dati raccolti da SOI collaborando con le divisioni di oculistica Ospedaliere e Universitarie, è emerso, infatti, che le regole imposte da AIFA hanno comportato che solo 57 strutture ospedaliere su 215 esistenti, oggi utilizzano Avastin.

Piovalla spiega: "Inoltre, ogni Regione fa a modo suo: ad esempio, in Veneto ed in Emilia Romagna si utilizza Avastin mentre questo farmaco non ha quasi cittadinanza in Lombardia. Questa drammatica realtà oggi consente solo a 100 medici oculisti di poter utilizzare Avastin – esterna Piovella – e tutto questo è incredibile!"

BEFFA E DANNO A CARICO DEL SSN E DEI MALATI
A differenza di quanto accade in tutto il resto del mondo, in Italia gli altri 6900 medici oculisti non hanno alcuna possibilità concreta di prescrivere e di utilizzare Avastin. Una situazione a dir poco vergognosa, che di fatto ha impedito di erogare il 70% delle cure intravitreali necessarie per sostenere le esigenze terapeutiche dei pazienti italiani rispetto a quanto viene fatto normalmente in Francia, Inghilterra e Germania. Il tutto certificato da IMS l’organizzazione mondiale che mette a disposizione delle Aziende affiliate i numeri di vendita dei farmaci nei differenti Paesi. La Fondazione “Insieme per la vista” (www.insiemeperlavista.com) ha valutato che il danno subito (una media di 20.000 euro a persona) dai 65 mila pazienti che non hanno avuto un adeguato accesso alle cure, ammonterebbe ad una somma risarcitoria superiore ad 1 miliardo di euro quale conseguenza delle inspiegabili direttive approvare da AIFA.

CLASS ACTION:  MINISTERO SALUTE E AIFA RIFORME OPPOSTE ALLE SENTENZE
La Fondazione sta valutando l’attivazione di una Class Action a tutela dei diritti dei pazienti. “Esprimiamo quindi la nostra gratitudine alla Procura di Roma – afferma Piovella – che ha deciso di far luce su tutta questa incredibile vicenda che ribadiamo ha come risultato che ad oggi l’utilizzo di Avastin in Italia è diminuito del 80% . In tutto questo, va evidenziato che Roche e Novartis – le aziende produttrici sia del farmaco più costoso che di quello meno caro – hanno già dovuto pagare una multa comminata dall’Antitrust di circa 180 milioni di euro, il cui ricavato purtroppo non è andato a vantaggio e a sostegno dei pazienti affetti da maculopatia.” Dopo che Antitrust, il TAR del Lazio e la stessa Corte Europea, hanno con le loro sentenze e pronunce sancito la necessità di diffondere l’utilizzo di Avastin, la SOI spiega come le riforme messe in campo da AIFA e dal Ministero della Salute hanno determinato il risultato opposto a quello richiesto e sperato: “il tutto con un danno diretto da parte dei pazienti italiani che per questi motivi sono stati esclusi dalle cure. Questa realtà ha portato nel 2014 ad erogare solo 220.000 iniezioni contro le oltre 650.000 somministrate in Francia, in Germania e in Inghilterra – conclude Piovella – eppure tutti sanno che utilizzando Avastin al posto di Lucentis si risparmierebbero oltre 400 milioni di euro all’anno”.

Si delinea disastro colposo? La ministra Lorenzin e il direttore generale dell’AIFA, Luca Pani dovranno scartabellare tutte le loro motivazioni documentabili e azioni messe in campo espresse nel tutelare le casse del paese… ma soprattutto quel diritto inalienabile che un paese civile dovrebbe sempre far rispettare, l’accesso alle cure, soprattutto per i pensionati e i meno fortunati.




EPATITE C: LA FONDAZIONE GIMBE SVELA TUTTI I FALSI MITI DEL FARMACO SOFOSBUVIR

Al fine di informare correttamente il mondo della sanità, professionisti e pazienti la Fondazione GIMBE ha pubblicato il Position Statement “Efficacia e costo-efficacia del Sofosbuvir nel trattamento dell’epatite C” da cui emergono alcune criticità metodologiche relative alla robustezza delle prove di efficacia, oltre che all’entità e alla precisione dei benefici del farmaco

di Cinzia Marchegiani

Dopo il botta e risposta tra AIFA e la Regione Toscana sul farmaco per l’epatite C, interviene la Fondazione GIMBE indispensabile riallineare aspettative dei pazienti e e mondo della sanità alle reali prove di efficacia del “super-farmaco” e definire le priorità di trattamento secondo criteri di costo-efficacia.ritenendo

L’impossibilità di garantire il trattamento con il Sofosbuvir a tutti i pazienti affetti dal virus dell’epatite C ha generato la mobilitazione della magistratura e della politica. Il 16 maggio il pm Guariniello ha aperto un fascicolo a carico di ignoti con ipotesi di reato per omissione di cure e lesioni colpose perché il Governo non avrebbe assicurato alle Regioni le somme necessarie a garantire a tutti i pazienti la costosissima terapia in grado di “cancellare la malattia”. Due giorni dopo il Governatore Enrico Rossi ha dichiarato che la Regione Toscana garantirà a tutti i cittadini toscani l'accesso gratuito alla terapia farmacologica per la cura dell'epatite C perché “bloccare la progressione del danno epatico in uno stadio precoce risolve definitivamente la malattia, riduce il rischio di diffusione ed evita tutte le spese derivanti dal trattamento della malattia”. Dal canto suo Luca Pani difende l’operato dell’AIFA che, grazie ai criteri prescrittivi identificati e ai fondi stanziati dallo Stato, garantisce oggi il trattamento a 7.000 pazienti, seppure con preoccupanti variabilità tra una regione e l'altra e rimprovera Enrico Rossi di diffondere a fini elettorali informazioni illusorie nei confronti di oltre un milione di cittadini italiani affetti da epatite C.

In un momento particolarmente critico per la sostenibilità della sanità pubblica, la Fondazione GIMBE invita tutti gli stakeholders (le parti interessate) a valutare con sano scetticismo e adeguato rigore metodologico tutte le innovazioni farmacologiche e tecnologiche evitando, sull’onda di un contagioso entusiasmo, di enfatizzare i benefici e minimizzare i rischi degli interventi sanitari.
Al fine di informare correttamente politiche sanitarie, professionisti e pazienti la Fondazione GIMBE ha pubblicato il Position Statement “Efficacia e costo-efficacia del Sofosbuvir nel trattamento dell’epatite C” da cui emergono alcune criticità metodologiche relative alla robustezza delle prove di efficacia, oltre che all’entità e alla precisione dei benefici del farmaco.

NON ESISTONO STUDI INDIPENDENTI
Quello che emerge fa riflettere molto su come un prodotto farmaceutico pubblicizzato miracoloso nasconda in realtà poca trasparenza sulla sua efficacia. Per questo GIMBE conferma come tutti gli studi che hanno valutato l’efficacia del Sofosbuvir sono stati finanziati, progettati e realizzati dall’azienda produttrice Gilead Science e, al momento, non esiste alcuno studio indipendente. Non solo ma dichiarano ci non conoscere il reale valore aggiunto del farmaco rispetto a un confronto appropriato, sia perché mancano trial di efficacia comparativa del Sofosbuvir con altri agenti antivirali ad azione diretta, sia perché tutti gli studi prevedono l’associazione del Sofosbuvir con ribavirina ± peginterferon-alfa, mentre alcuni studi presentano limiti metodologici rilevanti (controlli storici, assenza di blinding).

FRARMACO SOFOSBUVIR QUELLO CHE NON VIENE DETTO
Ed ecco che la Fondazione GIME elenca i vari punti critici su questo farmaco diventato miracoloso:
. Tutti gli studi hanno utilizzato come misura di esito un end-point surrogato, ovvero la risposta virologica sostenuta al di sotto della soglia minima identificabile a 24 o a 12 settimane dalla sospensione del farmaco.
. La risposta virologica sostenuta non garantisce l’eradicazione del virus dal sangue (che resta solo al di sotto della soglia minima identificabile), né permette di identificare la persistenza del virus nei tessuti.
. Per alcuni sottogruppi di pazienti la stima dell’effetto del trattamento è incerta a causa della loro limitata numerosità campionaria.
. Non esistono prove di efficacia dirette su outcome clinicamente rilevanti: evoluzione dell’epatite in cirrosi, scompenso della cirrosi, insorgenza di epatocarcinoma, mortalità.
. Non è nota la probabilità di re-infezione nei pazienti che hanno ottenuto una risposta virologica sostenuta.
. Non conosciamo gli effetti avversi, oltre che la compliance, nel mondo reale.

ASSENZA PROVE DI EFFICACIA NON GIUSTIFICANO IL TRATTAMENTO DI PREVENZIONE
A seguito di queste valutazioni la Fondazione GIMBE conclude che il Sofosbuvir costituisce una rilevante innovazione terapeutica, ma le evidenze disponibili documentano solo che il farmaco è efficace nel determinare una risposta virologica sostenuta in una percentuale che raggiunge il 90% in alcuni (ma non in tutti) sottogruppi di pazienti.
La storia naturale dell’epatite C e le prove di efficacia disponibili non giustificano in nessun contesto sanitario, indipendentemente dalla disponibilità di risorse, una policy che preveda il trattamento di tutti i pazienti con epatite C con l’obiettivo di prevenire l’evoluzione dell’epatite cronica in cirrosi, lo scompenso della cirrosi, lo sviluppo dell’epatocarcinoma, i trapianti di fegato e la mortalità.
Ma non solo, Gime sottolinea come in assenza di prove di efficacia dirette sulla capacità del Sofosbuvir di rallentare l’evoluzione dell’epatite C verso forme avanzate di malattia scommettere sui potenziali risparmi per l’assistenza sanitaria è puramente speculativo e non supportato da alcun dato scientifico.

SOFUSBIR NON PUO’ ESSERE ETICHETTATO FARMACO SALVAVITA
“Assimilare la risposta virologica sostenuta nel singolo paziente alla eradicazione del virus C dalla popolazione è una suggestiva, spiega GIME -ma inverosimile, strategia di sanità pubblica. Considerato che la mortalità nei pazienti con epatite C è molto bassa e che nessuno studio ha dimostrato che il Sofosbuvir riduce la mortalità , il termine ‘farmaco salvavita’ è improprio e non dovrebbe più essere utilizzato”.

Definire le priorità di trattamento in relazione alla costo-efficacia del Sofosbuvir nei vari sottogruppi di pazienti rappresenta, – la Fondazione GIME ricorda – oggi l’unica soluzione accettabile dal punto di vista clinico, etico ed economico, e i dati relativi a tutti i pazienti trattati dovrebbero essere raccolti in maniera sistematica al fine di documentare l’efficacia e la sicurezza del farmaco nel mondo reale.




URANIO IMPOVERITO: MINISTERO DIFESA CONDANNATO A RISARCIMENTO MILIONARIO

di Cinzia Marchegiani

Roma – E’ storica la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Roma martedì 26 maggio 2015 a carico del Ministero della Difesa, poiché viene decretata la «inequivocabile certezza» del nesso causale tra esposizione a uranio impoverito e insorgenza di malattie tumorali.

1 milione e 300 mila euro un risarcimento record che dovrà essere pagato ai familiari del militare morto per un tumore contratto nella missione italiana in Kosovo nel periodo tra il 2002 e il 2003.
Un braccio di ferro tra familiari e il Ministero della difesa durato anni, termina con una svolta storica foriera di risvolti inimmaginabili che restituisce dignità al dolore e le sofferenze di questa famiglia e ora anche di tutti i militari morti per cancro. La prima sessione civile della Corte di Appello di fatto ha respinto il ricorso effettuato dal Ministero della Difesa e mette una pietra ferma sulla correlazione tra le patologie tumorali e le munizioni che contenevano uranio impoverito utilizzati nelle scene di guerra non solo nell’Iraq, nei Balcani, ma anche nei poligoni di addestramento (Salto di Quirra in Sardegna).

La sentenza traccia un solco preciso che da un parte accerta finalmente il principio dell’inequivoca certezza, la causa della malattia contratta dal militare è legata all’esposizione dell’uranio, dall’altra la consapevolezza dei vertici delle Forze Armate che tipo di munizioni venivano utilizzate durante queste missioni e anche negli addestramenti.
Domenico Leggiero, Responsabile del Comparto Difesa dell’Osservatorio Militare commenta immediatamente la sentenza definendola un macigno giuridico che si abbatte sul Ministero della Difesa: “Un macigno che rischia di schiacciare definitivamente ogni tentativo di confondere, nascondere la determinazione di chi ha voluto far luce e dare giustizia ai 317 militari morti e gli oltre 3600 malati causati da una esposizione senza mezzi di protezione in zone bombardate da uranio impoverito. Inequivoca certezza sul nesso causale tra uranio impoverito e tumori.”

Con un comunicato emesso lo stesso giorno della sentenza infatti il Responsabile del Comparto Difesa, Leggiero spiega come un fiume in piena il valore della sentenza che si incentra sull’inequivoca certezza sul nesso causale tra uranio impoverito e tumori: “INEQUIVOCA CERTEZZA sulla consapevolezza dei vertici militari già prima dell’impiego dei militari. Un rischio quindi di cui vi era consapevolezza tra i vertici militari sin dal primo momento in cui il Governo decise d’inviare i nostri militari in zone dove era stato utilizzato armamento all’uranio impoverito anche questo si dice nella sentenza ottenuta dall’Avv. Angelo Fiore Tartaglia dell’Osservatorio Militare in Corte d’Appello a Roma e passata in giudicato. Sono oltre 30 le sentenze ed un discreto numero sono ormai definitive. Non vi è più alcun dubbio per la Magistratura nonostante i militari continuano a negare”.

D’altra parte – continua incalzante Leggiero – “ risulta imbarazzante l’ostruzionismo del Ministero della Difesa che, in presenza di sentenze esecutive tergiversa e crea altri disagi ai famigliari delle vittime costretti ad ulteriori azioni legali per costringere il Ministero al rispetto delle stesse”. Con questa sentenza si mette una parola fine anche alle numerose commissioni d’inchiesta, questo è quanto sostiene Domenico Leggiero Responsabile del Comparto Difesa dell’Osservatorio Militare che da anni segue questa battaglia legale e aggiunge:“una sentenza del genere potrebbe aprire il caso uranio ad aspetti penali di gravissima entità, d’altronde la sentenza è chiara: inequivocabile certezza anche sul fatto che i vertici già sapevano, ancor prima dell’invio del personale che un’esposizione in zone contaminate da proiettili all’uranio impoverito comportava il probabile rischio di ammalarsi e magari morire di cancro”.

Nei fatti, questa sentenza storica contribuisce a far luce su una vicenda tra le più oscure degli ultimi decenni. Per Leggiero il Ministero della Difesa, notoriamente scevro da ogni potere politico, continua a fare ostruzionismo non solo nella ricerca della verità ma anche nell’ottemperare alle sentenze che, seppur dirompenti nelle motivazioni e dure nelle condanne, vengono volutamente ignorate in segno di sfida alle vittime, agli italiani alla politica che, ancora una volta, si dimostra forte con i deboli e debole con il potere forte dei militari. Per ultimo, ma non per importanza, il Responsabile del Comparto Difesa Osservatorio Militare fa notare con una nota amara che per far rispettare le sentenze si deve spesso ricorrere a ricorsi per l’ottemperanza con tutte le conseguenti spese per la collettività: “Certo, anche questi affronti, sono il segno evidente di un sistema che ha urgente bisogno di essere rivisto”.




EBOLA: SCOPERTO IL TALLONE D’ACHILLE

di Cinzia Marchegiani

Bronx (NY) –
Una scoperta importante indubbiamente che sembra portare luce e speranza per questa pandemia che ha in poco tempo allarmato il mondo intero, l’Ebola. Se da un lato si stanno prodigando per testare vaccini in quelle zone dove la malattia si è sviluppata e trasmessa esclusivamente per mancanza di igiene, scienziati del USAMRIID presenti in Liberia hanno confermato come le mutazioni del virus in tempo reale portino anche problemi non indifferenti anche riguardo l’impatto sulla diagnostica e terapeutica. Ciò metterebbe anche in dubbio il valore preventivo di un eventuale vaccino sviluppato da somministrare come antidoto per questa malattia contagiosa ma solo in condizioni di estrema insicurezza d’igiene e controllo. Il virus Ebola è noto per aver ucciso fino al 90 per cento delle persone che infetta. Ebola febbre emorragica, la malattia grave, di solito fatale che virus Ebola provoca negli esseri umani e non umani in primati-prima emerse nel 1976 nei villaggi lungo il fiume Ebola in Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo, l'Africa. Il 2014 Ebola epidemia è stato il più grande nella storia, che colpisce più paesi dell'Africa occidentale. Ad oggi ci sono stati circa 27.000 i casi totali di malattia (compresi i sospetti, probabili e confermati) e più di 11.000 morti, secondo il Centers for Disease Control and Prevention. Ma per Ebola, per quanto ci siano in attivo moltissimi trials clinici, ad oggi non ci sono trattamenti approvati o vaccini.

LA CHIAVE DI VOLTA

Dalle malattie genetiche spesso vengono le soluzioni mediche e farmaceutiche più importanti, quelle chiavi di volta che la natura e l’evoluzione ha nascosto in persone malate che affrontano battaglie contro un destino incomprensibile e crudele che porta alla morte.

Ebola sembra aver trovato il suo killer proprio dallo studio di una malattie che deriva da una mutazione genetica che ha per nome la Niemann-Pick. Infatti le persone prive di una proteina detta NPC1, che sviluppano questa malattia neurodegenerativa fatale, in cui le cellule si intasano con colesterolo e alla fine muoiono, non si infettano con il virus Ebola.
La straordinarietà di questa scoperta ha portato ad affermare il Dott Chandran, che: “idealmente, la futura ricerca sugli esseri umani, sulla base di questi risultati, porterà allo sviluppo di farmaci antivirali che possono efficacemente indirizzare NPC1 e prevenire l'infezione non solo da Ebola, ma anche da altri filovirus altamente virulenti, che richiedono anche NPC1 come un recettore”.

STUDIO SU MBIO: "NIEMANN-PICK C1 È ESSENZIALE PER LA REPLICAZIONE DEL VIRUS EBOLA E LA PATOGENESI IN VIVO”
Un team internazionale tra cui scienziati di Albert Einstein College Of Medicine di Teshiva University e la US Army Medical Reasearch Institute of Infectious Diseases (USAMRIID) ha identificato il "lucchetto" molecolare che il virus Ebola mortale deve scegliere per ottenere l'ingresso nelle cellule. I risultati, realizzati nei topi, suggeriscono che i farmaci che bloccano l'ingresso di questo blocco potrebbero proteggere contro l'infezione Ebola.

SCOPERTA E MECCANISMO DEL BLOCCO INFEZIONE EBOLA
I ricercatori hanno scoperto che il virus Ebola non può infettare le cellule, a meno che prima si lega a una proteina chiamata Niemann-Pick C1 (NPC1).

Il leader del co-studio Kartik Chandran, Ph.D professore associato di microbiologia e immunologia e Harold e Muriel Block Facoltà Scholar in Virologia Einstein spiega: "Il nostro studio rivela come il NPC1 è il tallone d'Achille per infezione da virus Ebola. Topi privi di entrambe le copie del NPC1 gene, e quindi privo di proteina NPC1, erano completamente resistenti alle infezioni ".
Gli altri leader del co-studio sono Steven Walkley, DVM, PH.D, professore di Dominick P. Purpura Dipartimento di Neuroscienze, di patologia, e del Saul Korey R. Dipartimento di Neurologia a Einstein, e John M. Dye, Ph .D., Ramo Capo di Viral Immunologia presso l'US Army Medical Research Institute of Infectious Diseases.

Il virus Ebola si lega alla membrana esterna della cellula ospite, e una porzione di membrana della cellula ospite poi circonda il virus e lo intrappola, creando un endosoma (bolla di membrana all'interno della cellula). Gli endosomi portano i loro clandestini virali in profondità all'interno della cellula e poi maturano nei lisosomi (piccole strutture di enzimi che digeriscono pieno e riciclano componenti cellulari).
I virus in cattività nel lisosoma riescono a sfuggire alla distruzione sfruttando componenti della cella per entrare nel citoplasma, la sostanza tra la membrana cellulare e il nucleo in cui il virus può replicarsi. Ma le identità di molti di questi componenti sono rimasti sconosciuti.

RUOLO DELLA PROTEINA NPC1 E CONTROLLO INFEZIONE EBOLA
I ricercatori della Einstein e USAMRIID, in un precedente studio hanno, insieme con colleghi del Netherlands Cancer Institute e Harvard Medical School, hanno trovato le prove, in colture di tessuti, che Ebola sfrutta la NPC1 proteina per entrare citoplasma della cellula. La NPC1 è incorporato all'interno delle membrane cellulari, dove aiuta il colesterolo di trasporto all'interno della cellula. Le persone prive di NPC1 dovute a mutazioni genetiche di sviluppare una malattia neurodegenerativa fatale chiamata malattia di Niemann-Pick, in cui le cellule si intasano con colesterolo e alla fine muoiono.
Lo studio degli animali in corso mirava a confermare appunto se NPC1 era fondamentale pee infettività da Ebola. I ricercatori hanno sfidato sia i topi "wild type" (che hanno due copie intatte del NPC1 gene) e "topi knockout" (privi di entrambe le copie del gene) con il virus Ebola. Il dottor Walkley fa presente: "Mentre i topi wild-type ceduto alla infezione, i topi knockout erano del tutto privi di replicazione del virus e completamente protetto contro la malattia

TERAPIE POSSIBILI

Anche se un trattamento simile negli esseri umani potrebbe anche bloccare la via di trasporto del colesterolo, il professor Andrew S. Herbert, Ph.D., Senior ricercatore nel Viral Immunology Branch a USAMRIID, e co-primo autore dello studio chiarisce: "Pensiamo che i pazienti sarebbero in grado di tollerare il trattamento, che sarebbe necessaria solo per un breve periodo di tempo”.

Lo studio ha anche individuato come i "Carrier", topi con una sola copia del lavoro NPC1 (che possiedono la metà della normale dotazione di NPC1 recettori rivelati sostanzialmente) non sono totalmente resistenti alle infezioni Ebola. "Questo suggerisce che i farmaci che interferiscono con l'interazione di Ebola con NPC1, anche se alcuni virus Ebola sono in grado di entrare nelle cellule, potrebbero probabilmente ancora fornire qualche beneficio da infezione letale", ha detto il dottor Dye.
"Idealmente," il Dott Chandran, ha detto, "la futura ricerca sugli esseri umani, sulla base di questi risultati, porterà allo sviluppo di farmaci antivirali che possono efficacemente indirizzare NPC1 e prevenire l'infezione non solo da Ebola, ma anche da altri filovirus altamente virulenti, che richiedono anche NPC1 come recettore".

IL PATRIMOMIO INTRINSECO DELLE MALATTIE GENETICHE PER SCONFIGGERE QUELLE ENDEMICHE
Questo studio appena pubblicato sul giornale scientifico Mbio, spalanca scenari incredibili, e fa riflettere sulle malattie neurodegenerative che colpiscono molti bambini che hanno già un destino manifesto, quello di grandi sofferenze e morte certa. Questa scoperta di valore infinitamente grande fa comprendere come molte malattie gravi che esistono sono in realtà una fonte inesauribile di grandi tesori, che nella loro unicità e al contempo drammaticità, mettono a disposizione per gli scienziati e i ricercatori informazioni troppo importanti per la scienza medica e il progresso della stessa nel mondo. La storia della medicina mondiale ha insegnato che queste malattie genetiche , nascondono meccanismi biomolecolari che servono per sconfiggere altre malattie più endemiche… e pericolose per la popolazione. Ciò riporta la storia della malaria e della microcitemia. La malaria in Italia e in altre parti del mondo ha rappresentato un formidabile fattore di pressione selettiva sulle popolazioni umane. Tale ruolo è stato compreso solo a partire dalla fine degli anni Quaranta del Novecento, quando fu avanzata la cosiddetta “ipotesi malaria” o “ipotesi Haldane”, dal nome del genetista John B.S. Haldane che la propose nel 1949. L’ipotesi suggeriva appunto che le malattie avessero agito come fattore selettivo, contribuendo all’evoluzione del patrimonio genetico umano. Si potevano spiegare così numerosi fenomeni che fino ad allora erano rimasti misteriosi, e che vennero inquadrati negli anni successivi. In particolare, compresero i motivi della permanenza di alcune mutazioni genetiche umane che potevano risultare letali. In Italia, per esempio, la microcitemia (detta anche anemia mediterranea, un’anomalia genetica del sangue, che in condizione omozigote è letale nei primi anni di vita) era presente con frequenze anche del 20% nelle popolazioni di aree intensamente malariche come la Sardegna e il Delta del Po. Negli anni Quaranta, due medici romani, Ezio Silvestroni e Ida Bianco dimostrarono la correlazione tra talassemia e microcitemia, chiarendo che la prima è dovuta all’omozigosi del tratto genetico che in condizione eterozigote è causa della microcitemia. In precedenza, mancando le conoscenze di genetica necessarie alla diagnosi della microcitemia, ci si era solo interrogati sulla correlazione, evidente, tra talassemia e malaria. Per mezzo di un approccio genetico ed epidemiologico, con analisi statistiche su un ampio numero di individui, si riuscì a chiarire che la condizione eterozigote, rappresenta un vantaggio nelle aree ad alta endemia malarica. Per questo motivo, nel corso dei secoli la selezione naturale aveva mantenuto una frequenza piuttosto alta della mutazione microcitemica, nonostante la letalità in omozigosi.

RITA LOREFICE CASO ITALIANO DI NIEMANN-PICK

Ancora oggi la natura e l’evoluzione selettiva ha messo a disposizione materiale prezioso in bambini spesso gestiti dalle istituzioni sanitarie come casi in cui è caldamente consigliato l’eutanasia passiva, almeno in Italia. Si proprio ai bambini che hanno la Niemann-Pick, come la piccola Rita Lorefice, morta pur avendo fatto le infusioni con Stamina, che aveva dimostrato un quadro di netto miglioramento. Alla piccola Rita, morta con atroci dolori, lo Stato Italiano non gli ha concesso di continuare quelle terapie a lei dimostrate essenziali pur avendo una sentenza di un giudice che ne autorizzava il proseguimento delle stesse. Verrebbe da dire una scienza malata che  garantirebbe meno sofferenza con l’eutanasia ma non una chance per vivere con dignità.

Ebola e il suo spettro di morte ha insegnato che molte cose hanno una spiegazione, come la malaria e la talassemia. Ma le memorie storiche e mediche spesso vengono sopraffatte da posizioni scientistiche che si arrogano il diritto di decidere della vita del prossimo…Chapeau!




MINISTERO DELLA SALUTE: RIPRISTINATO IL TAVOLO SUI METODI ALTERNATIVI PER LA SPERIMENTAZIONE FARMACI

La querelle tra Ministero della Salute e il Partito Animalista Europeo ha trovato risoluzione solo all’avvenuta iscrizione nel registro degli indagati del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e del direttore generale sanità animale e farmaci veterinari, Silvio Borrello

LEGGI ANCHE:15/05/2015 BEATRICE LORENZIN INDAGATA: SI RIAPRE TAVOLO MINISTERIALE SULLA SPERIMENTAZIONE FARMACI

di Cinzia Marchegiani

Roma – Una querelle durata due anni finita con la vittoria del Partito Animalista che aveva diffidato il Ministro della Salute al riavvio dei Tavoli Ministeriali sui metodi alternativi che dovevano sostituire l’utilizzo degli animali nelle fasi della sperimentazione di farmaci, invece avviati dal suo predecessore l’ex. Ministro Renato Balduzzi nel migliore dei modi.


L’Osservatore d’Italia ha seguito sin dall’inizio questa battaglia portata avanti con determinazione dal Partito Animalista Europeo, testimoniando anche una con una video intervista le affermazioni del ministro Balduzzi, che ricordava, davanti alle nostre telecamere, quanto fosse importante il proseguimento di un confronto scientifico tra ricercatori e scienziati per un progresso non solo medico, ma anche teso alla tutela sia degli animali, ma anche dei consumatori dei farmaci stessi.

La storia ha dimostrato che la querelle ha trovato risoluzione solo dopo che il caso è finito sotto la lente della procura. Al PAE di fatto era pervenuto un documento ufficiale, afferente il tavolo tecnico-scientifico sui metodi alternativi alla sperimentazione animale.

CONFERMATA VOLONTA' RIPRISTINO TAVOLO MINISTERIALE 
Proprio quest’oggi, il 23 maggio 2014 il PAE ci tiene aggiornati indicandoci che il Ministero della Salute, con documento a firma del nuovo Direttore generale della sanità animale e farmaci veterinari, Dott. Silvio Borrello, indirizzato alla segreteria nazionale del Partito Animalista Europeo, il Ministero conferma la volontà di ripristinare il Tavolo tecnico-scientifico sui metodi alternativi alla sperimentazione animale attendendo nuove comunicazione dal Pae per calendarizzare il prossimo incontro tra gli esperti.

Il presidente del Pae, Stefano Fuccelli soddisfatto di questa importante missiva dichiara: "Apprendiamo con soddisfazione che non esiste una pregiudiziale da parte dell'Amministrazione a riconvocare il Tavolo, anche se avremmo gradito una risposta nei tempi legali e spontanea alla nostra diffida dello scorso novembre piuttosto che in seguito all'iscrizione sul registro degli indagati del Ministro Lorenzin e del Direttore generale Borrello, a causa della nostra denuncia. Adesso il tavolo, bloccato da due anni, verrà ripristinato ma con importanti cambiamenti, dal numero degli esperti sulle alternative che dovrà risultare equivalente alla controparte per sopperire l'inaccettabile sperequazione (3 su 17) alle strategie da adottare, avendo ottenuto adesso, sempre a seguito dell'indagine giudiziaria, il Resoconto della riunione del tavolo di concertazione sui metodi alternativi alla sperimentazione animale del 14 giugno 2013”.

Fuccelli fa presente che al Prof. Bruno Fedi, primario ospedaliero, è stato conferito l'incarico di formare una squadra di esperti altamente specializzata, ben amalgamata e sinergica, un team performante da contrapporre ai ricercatori pro-test. “Decisione presa con l’obiettivo – spiega Fuccelli – di rendere un gruppo coeso ma anche dialogante con il mandante politico che formalmente ha inaugurato il Tavolo al fine di evitare atteggiamenti di ingiustificato silenzio già causati da inaccettabili pressioni esercitate dal precedente Direttore generale Gaetana Ferri, rimossa perché indagata dalla magistratura a seguito di nostre denunce".

A molti di coloro che hanno vissuto tutte le tappe di questa battaglia di trasparenza e legalità scientifica rimane una grande amarezza, quella nel dover accettare come l’attenzione dei preposti ministeriali viene sollecitata in virtù di denunce e diffide, che possono essere messe in atto da grandi associazioni o partiti.

L’Osservatore d’Italia continuerà a seguire questo importante progresso scientifico, teso a tutelare il benessere degli animali, ma anche quello delle persone. I consumatori sono parte di una lunga catena nella sperimentazione dei farmaci, troppe volte inconsapevoli del ruolo della farmacovigilanza post-marketing con cui invece si ottengono informazioni vitali sull’efficacia e sicurezza dei prodotti in commercio, perchè rivolta ad un campione più vasto ed eterogeneo che non si avrà mai nei trials clinici. 




EXPO 2015: IL 73% DEGLI ITALIANI È CONTRARIO AGLI OGM IN AGRICOLTURA


di Cinzia Marchegiani

Milano (MI) – Emerge un’esigenza di trasparenza e una cultura non trasgenica da parte degli italiani, ma non solo. Il 18 maggio 2015 all’ EXPO Milano 2015, al Padiglione Coldiretti sono stati presentati, i dati del V Rapporto “Gli italiani e l’agricoltura” con un focus su “Commercio globale e agricoltura multifunzionale” durante il convegno che aveva il tema incentrato su “L'agricoltura che sconfigge la crisi. La sfida della multifunzionalità” organizzato dalla Fondazione UniVerde e da Coldiretti. All’incontro sono interventi Roberto Moncalvo, Presidente Nazionale Coldiretti ed Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente Fondazione UniVerde. Ad illustrare il rapporto è stato Antonio Noto, Direttore IPR Marketing, che ha segnalato come i dati indichino che per gli italiani c’è poca attenzione per l’agricoltura nel nostro Paese e che la condizione dei coltivatori negli ultimi anni sia peggiorata, soprattutto a livello economico. La percezione è che gli addetti al settore guadagnano molto poco per la loro attività. L’85% del campione di riferimento ritiene che gli agricoltori svolgono un ruolo importante nella protezione dell’ambiente perché mantengono in vita una tradizione che altrimenti si estinguerebbe, proteggendo il territorio contro il dissesto idrogeologico. Per l’86% dovrebbero ricevere un incentivo economico per la loro attività a servizio dell’intera collettività.

GLI ITALIANI E L’AGRICOLTURA
Il panel, costituito da mille cittadini, disaggregati per sesso, età, area di residenza, ha mostrato di conoscere e gradire l’agricoltura multifunzionale. Tra le attività realizzate dalle imprese agricole multifunzionali le più apprezzate sono: l’agriturismo; i farmer’s market; le fattorie didattiche; gli agri ospizi per anziani e l’82% degli italiani iscriverebbe il proprio figlio ad un agro asilo. Riguardo ai prodotti agricoli, il 43% degli italiani dichiara che, quando possibile, preferisce acquistarli direttamente in fattoria e rispetto a quelli provenienti da altri Paesi ne apprezza il gusto e il sapore. Il 60% non ha dubbi nel ritenere quelli freschi molto più sicuri rispetto a quelli trasformati o industriali. L’84% si fiderebbe di più della qualità acquistandoli direttamente dal produttore o coltivatore, il 69% in un negozio tradizionale e il 64% al mercato rionale. L’attenzione verso i prodotti agricoli freschi si conferma anche nella scelta del ristorante. Il 90% apprezza che nel menù siano indicati prodotti di stagione e a km 0.

GLI OGM E LE ETICHETTE PRODOTTI
Sull’uso degli OGM in agricoltura gli italiani non hanno dubbi: il 73% si dichiara contrario. Il 90% vorrebbe delle etichette che indicassero chiaramente prodotti OGM free in modo da poter scegliere consapevolmente. Anche per i cosmetici il 44% gradisce di più quelli naturali provenienti da agricoltura biologica. “L'agricoltura multifunzionale – dichiara Alfonso Pecoraro Scanio -, che è sempre più sociale e ambientale, dà molto all'Italia e merita di ricevere di più. I risultati del V Rapporto mostrano come gli Italiani amino la nuova agricoltura, cresciuta in questi anni che dà sempre più lavoro anche ai giovani, e chiedono alle istituzioni una maggiore considerazione per questo settore. La manutenzione del territorio, l'investimento sul biologico e sulla filiera libera da Ogm fanno dell'agricoltura Italiana una best practice a livello europeo. Expo non può ridursi ad una “Gardaland” del cibo ma deve essere l'occasione per rendere noti i risultati raggiunti in questi anni e indicare anche all'Europa una nuova visione”.
Il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo spiega: “Guardando ai bisogni dei consumatori abbiamo costruito in questi anni un modello di sviluppo agricolo vincente replicabile in ogni parte del pianeta che l'Italia deve sapere offrire all'Expo – e precisa Moncalvo sottolinea – i più pronti ad accorgersene sono stati i tanti giovani che vedono nell’agricoltura italiana e nell’alimentazione Made in Italy una importante traiettoria di futuro In Italia e vedono una prospettiva di lavoro futuro nel cibo quasi uno studente su quattro con ben il 24 per cento degli iscritti al primo anno delle scuole secondarie superiori tecniche e professionali che ha scelto, per l’anno scolastico 2014/2015, un indirizzo legato all’agricoltura, all’enogastronomia e al turismo”.

TIPP-ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO TRA UNIONE EUROPEA E STATI UNITI
Nel rapporto è stato realizzato anche un focus su “Commercio globale e agricoltura multifunzionale”. Sono ancora in pochi (il 14%), ad essere a conoscenza del TIPP (Accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti). Quando al panel viene spiegato di cosa si tratta, il 98% dichiara che non consumerebbe mai pollo trattato con bagni di antimicrobici a base di ipoclorito di sodio (varechina) o carne trattata con ormoni. Il 94% non mangerebbe l’imitazione del parmigiano reggiano prodotto negli Stati Uniti e il 91% carne o latte provenienti da animali clonati.




LOSANNA: SOMMINISTRATO A 79 PERSONE VACCINO ANTI AIDS CONTAMINATO

di Cinzia Marchegiani

Losanna – Brutta notizia per le persone reclutate nel lontano 2012 per uno studio sull’Aids nell’Ospedale universitario di Losanna (CHUV), uno dei 5 ospedali universitari svizzeri che attraverso la propria collaborazione con la Facoltà di Biologia e Medicina dell'Università di Losanna, ha un ruolo di livello europeo avanzate nei settori della cura medica, la ricerca medica e la formazione.
E’ stato infatti confermato lo scandalo del vaccino contaminato che è stato somministrato dal CHUV alle persone che hanno partecipato a questo studio. La notizia è stata pubblicata da Le Matin, arriva dai vertici dello stesso CHUV che ha inviato una lettera l'11 maggio ai 79 partecipanti a uno studio sull'Aids: “"Abbiamo saputo recentemente che il vaccino NYVAC, amministrato ad alcune persone dello studio HVTN 096, è stato contaminato da un batterio chiamato Mycoplasma hyorhinis".
Insomma la notizia fa il ping pong, il vaccino contaminato è stato è stato involontariamente somministrato. Il batterio provoca malattie nei porcellini, ma non nei maiali adulti. Gli scienziati non sanno se esso possa causare malattie negli umani, sottolinea la missiva del CHUV. "Ma dal punto di vista medico, si è molto tranquilli", afferma il professore Giuseppe Pantaleo del CHUV. In ogni caso la lettera invita i partecipanti a sottoporsi al più presto a un esame del sangue.

Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” commenta questa notizia: “E’ impossibile la 'contaminazione accidentale' di un vaccino stando ai protocolli dei laboratori che costituiscono una routine per i fabbricanti di vaccini, risulta praticamente impossibile miscelare a dei vaccini un virus vivo, biologicamente attivo e pericoloso. La risposta sconvolgente – continua D’Agata – è che questo non può essere stato un incidente per un insieme di protocolli di sicurezza per i laboratori che servono a prevenire le contaminazioni incrociate fra i diversi materiali. Anche se questa non è la prima volta che dei produttori di vaccini sono colti in fallo a distribuire vaccini contaminati da virus”.




SUPERFARMACO EPATITE C: CODACONS DIFFIDA IL MINISTERO DELLA SALUTE

 

LEGGI ANCHE: FARMACO SOFOSBUVIR PER EPATITE C, COSTA TROPPO? IL PM GUARINIELLO VUOLE VEDERCI CHIARO

 

Il Codacons vuole vederci chiaro, il trattamento completo con il Sovaldi costa, circa settantamila euro, mentre il costo al pubblico di un trattamento completo con Olysio (Simperevir) ammonta a circa quarantaduemila euro. Pur essendo farmaci inseriti in fascia A PHT molti pazienti hanno riferito che non riescono ad accedere alle cure, che invero sono totalmente rimborsabili dal Sistema Sanitario Nazionale

di Cinzia Marchegiani

Una diffida al Ministero della salute e alle Regioni affinché i farmaci contro l’epatite C siano forniti gratuitamente a tutti i soggetti bisognosi è stata presentata nei giorni scorsi dal Codacons, che ha avviato anche una azione per far ottenere il rimborso a chi ha dovuto acquistare i medicinali di tasca propria.

Ne dà notizia l’associazione dei consumatori, commentando l’indagine aperta dal procuratore Raffaele Guariniello.
"Questi farmaci rappresentano un grandissimo risultato per la medicina attuale, ma ad oggi – denuncia il Codacons – si pagano a caro prezzo. Il trattamento completo con il Sovaldi costa, ad esempio, circa settantamila euro, mentre il costo al pubblico di un trattamento completo con Olysio (simperevir), ammonta a circa quarantaduemila euro. Per tale motivo, e considerata la loro portata innovativa, questi farmaci sono stati inclusi nella fascia “A PHT”, ovvero tra i farmaci totalmente rimborsabili e a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Tuttavia ad oggi – segnala l’associazione – pervengono segnalazioni di pazienti che, pur avendone diritto, non riescono ad accedere a tali cure. Per tale motivo il Codacons ha inviato una diffida al Ministero della salute e alle Regioni, affinché i farmaci Sovaldi e Olysio vengano subito forniti gratuitamente a tutti i cittadini che ne hanno necessità. Non solo. Chi ha sostenuto spese per l’acquisto dei due medicinali ha diritto al rimborso di quanto pagato".

Sul sito www.codacons.it l’associazione ha pubblicato una pagina attraverso la quale i cittadini che necessitano dei farmaci per la cura dell’epatite C possono non solo diffidare la propria Regione a fornire gratuitamente i medicinali, ma anche chiedere il rimborso delle somme spese per l’acquisto dei due farmaci prima del 5 dicembre 2014.

RETTIFICA DELL’AIFA
L’Agenzia Italiana dei Farmaci, l’AIFA rilancia dal suo sito istituzionale una rettifica in merito alle notizie diffuse in queste ore sul prezzo del farmaco Sovaldi etichettandole largamente imprecise: “L'AIFA ha concluso un accordo negoziale a un prezzo medio di gran lunga più basso di tutta l'Europa. I pazienti attualmente registrati in trattamento con questo farmaco sono oltre 7.000 anche se permangano preoccupanti variabilità regionali.”
L’Ufficio Stampa Agenzia Italiana del Farmaco, la Dott.ssa Arianna Gasparini infatti spiega tra l’altro che non è vero che lo Stato non ha stanziato le risorse né che queste debbano arrivare ai singoli centri prima che il farmaco possa essere prescritto: “ La legge parla chiaramente di rimborsabilità e dato che il contratto con la azienda farmaceutica è fatto secondo un accordo per prezzo/volumi tanti più pazienti entrano in trattamento tanto meno lo paghiamo. Chi non sta prescrivendo o dispensando il farmaco nonostante i pazienti rientrino nei criteri identificati dall'AIFA dovrà assumersi le responsabilità di una simile scelta.”

INCHIESTA GIUDIZIARIA A TORINO
Il Pm Raffaele Guariniello insospettito dall’elevato costo di questo farmaco da poco approvato dall’AIFA vuole vederci chiaro soprattutto capire i costi sostenuti dalle Regioni, nello specifico la Regione Piemonte. Il Pm Guariniello ha aperto un fascicolo, oltre un mese fa trattandosi solo di accertamenti esplorativi. Il Sofosbuvir sembrerebbe alla base di un trattamento ad uso compassionevole che costa quasi dai 45 mila euro a 75 mila euro prezzo al pubblico, mentre se sostenuto dalle ASL il prezzo si dimezza notevolmente

Ricordiamo che la confezione da 400 mg 28 compresse sembrerebbe avere un prezzo ex factory (IVA esclusa) € 15.000,00, mentre il Prezzo al pubblico (IVA inclusa) € 24.756,00.
Si legge che lo stesso PM Guariniello, interessa capire come la sanità italiana stia affrontando il problema dell’impatto economico del trattamento terapeutico.
 




BEATRICE LORENZIN INDAGATA: SI RIAPRE TAVOLO MINISTERIALE SULLA SPERIMENTAZIONE FARMACI

 

LEGGI ANCHE:BEATRICE LORENZIN: LA MINISTRA E' INDAGATA DALLA PROCURA
 

di Cinzia Marchegiani
Si apprende dal Partito Animalista Europeo, che a seguito della notizia dell'iscrizione sul registro degli indagati del ministro della Salute, Beatrice Lorenzin e del direttore generale sanità animale e farmaci veterinari, è pervenuto un documento ufficiale al PAE, da parte del direttore generale Silvio Borrello presso la direzione per l'Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione del Ministero della Salute, afferente il tavolo tecnico-scientifico sui metodi alternativi alla sperimentazione animale.
Nel documento inviato al PAE viene precisato che "Non esiste una pregiudiziale dell' Amministrazione a riconvocare il tavolo, ma una delle decisioni assunte nell'ultimo incontro all'unanimità, inclusi i tre esperti nominati dal PAE, è stata quella che il tavolo tornerà a riunirsi allorquando qualcuno dei membri, di fronte a novità scientifiche di rilievo, ne chiederà la riapertura; nel documento inviato al PAE viene allegato un resoconto e comunicato che la procedura di visualizzazione tramite streaming degli incontri, non è prevista da questo Dicastero e non è condivisa da alcun membri del tavolo. "

FATTI
A spiegare le motivazioni è lo stesso Stefano Fuccelli, presidente del PAE. Il nodo della controversia si articolo sul Tavolo tecnico Scientifico che è stato bloccato dal precedente direttore generale, dott.ssa Gaetana Ferri, rimosso dopo l'iscrizione sul registro degli indagati dalla Procura di Roma a seguito della denuncia del Partito Animalista Europeo per omissione d'atti d'ufficio, già indagato dalla medesima Procura per il coinvolgimento nello scandalo dei trafficanti di virus, anche il suo successore continua ad ostacolare il regolare svolgimento appunto del Tavolo tecnico-scientifico sui metodi alternativi alla sperimentazione animale.
"Apprendo con soddisfazione l'iscrizione sul registro degli indagati sia del ministro che del direttore generale e spero che la magistratura punisca seriamente i responsabili. Il Tavolo, inaugurato dal precedente Ministro della Salute Renato Balduzzi, è tutt'ora ostacolato dall'attuale ministro Lorenzin per collusione con Farmindustria e con la lobby di pressione. Troppi interessi – denuncia Fuccelli -ruotano intorno alla sperimentazione animale, dal profitto, e non certo per un miglioramento della salute umana, alla protezione legale. Un metodo inefficace che solo negli Stati Uniti produce ogni anno 100 mila decessi per cause iatrogene (fonte FDA) dovute cioè agli effetti collaterali dei farmaci non riscontrati sugli animali e per questo commercializzati.”

La iatrogenesi rappresenta la terza causa di morte dopo l'infarto ed il cancro sottolinea Fuccelli: ”è' un metodo sbagliato di cui tutti ne sono ben consapevoli dai vertici del ministero, ricercatori, sperimentatori fino ai produttori del farmaco. Gli unici che non lo devono sapere sono i consumatori, che anzi, vanno rassicurati – continua il presidente del PAE – perché se fossero informati di come funziona effettivamente, non comprerebbero più.”
E proprio sulla sperimentazione animale ritorna il sostenitore dei metodi alternativi Fuccelli spiegando che permette alle aziende sia di commercializzare qualsiasi sostanza anche nociva e mortale per l'uomo, sia di non esserne poi responsabili in caso di danni o disastri farmacologici poiché la sua produzione e diffusione nell’ambiente sono avvenute a norma di legge.”Milioni di decessi in tutto il mondo ma nessuno è mai andato in galera grazie all'alibi della vivisezione, questo è l'unico motivo per cui non viene abolita. “


FUGA DI NOTIZIE E REATO DI PUBBLICAZIONE ARBITRARIA, IL PAE DENUNCERA’
Il presidente del Partito Animalista Europeo, Stefano Fuccelli interviene anche in merito alla questione della fuga di notizie su alcune testate giornalistiche che hanno riportato la richiesta di archiviazione per il ministro Lorenzin ed il direttore generale Borrello da parte della Procura di Roma poiché, si leggeva, i due soggetti non avevano obbligo di risposta alla diffida ministro: "L'agenzia stampa AGI lancia la notizia, riportata dalle testate giornalistiche nazionali, ma ad oggi al Partito Animalista Europeo non è stato notificato né comunicato alcunché a riguardo, evidentemente si tratta di fuga di notizie pertanto provvederemo a denunciare i responsabili per il reato di pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale ex art. 684”.

VITTORIA DEL PAE E RIPRISTINO DEL TAVOLO MINISTERIALE
Lo stesso Fuccelli, commenta con grande soddisfazione questa vittoria che è avvenuta solo in merito alla denuncia del PAE: “la risposta dai vertici ministeriali ci è pervenuta grazie all'iscrizione sul registro degli indagati a seguito della nostra denuncia, visto che le numerose richieste formali e diffide sono state completamente disattese. Adesso il tavolo verrà ripristinato ma con importanti cambiamenti, dal numero degli esperti sulle alternative che dovrà risultare equivalente alla controparte per sopperire l'inaccettabile sperequazione (3 su 17) alle strategie da adottare, avendo ottenuto adesso, sempre a seguito dell'indagine giudiziaria, il ‘Resoconto della riunione del tavolo di concertazione sui metodi alternativi alla sperimentazione animale del 14 giugno 2013’”.

Infine Fuccelli, ricollegandosi al terzo punto inviatogli dal dicastero per quanto concerne la procedura di visualizzazione tramite streaming degli incontri, fa sapere che chiederà di conoscere i nomi dei membri del tavolo che hanno espresso puntuale diniego con le relative motivazioni, avvalendosi della trasparenza, poiché tutti i cittadini hanno il diritto di essere informati.

QUANTO TEMPO PERSO
Ora rimane il video della ministra Lorenzin al convegno tenutosi a Roma sui “Falsi Miti e Vere Eccellenze” diventerà virale. Proprio in quella sede la stessa ministra girava le spalle liquidando il presidente del PAE, Stefano Fuccelli, che intervenendo dalla platea chiedeva la verità sui tavoli ministeriali con i metodi alternativi. Rimbombano le parole della Lorenzin, decise e secche che testimoniano la completa censura in merito alle richieste del PAE, e senza alcun tentennamento chiudeva la discussione: “abbiamo un comitato tecnico scientifico, tavoli con i maggiori ricercatori italiani e del mondo, grazie, possiamo andare avanti”. Video MINISTRO LORENZIN CONTESTATO DAL PAE https://www.youtube.com/watch?v=Oyrdv8kAaGg

Sanità, parola che diventa un diritto esclusivamente in virtù di una denuncia alla procura romana. Il video è la testimonianza che fino ad allora quel tavolo ministeriale sui metodi alternativi la Lorenzin aveva deciso di ostacolare e censurare.
Giustizia, beato chi se la può permettere, verrebbe da dire. Rimarrà di questa storia un video virale, una battaglia durata tanti anni, e un monito di come questo mondo si è proprio capovolto.

Ritornano in mente come lampi di bellezza e luce le riflessioni del Professor Bruno Fedi che in una lettera pubblica rispondeva alla stessa ministra Lorenzin proprio su quel convegno dei “Falsi miti e vere eccellenze” che evidentemente non deve avergli portato proprio fortuna: “Ritenere le proprie idee delle verità assolute, da non discutere con chi pensa in modo diverso ed ha molti fatti a sostegno delle proprie idee, arresta il progresso scientifico. Il contributo dato dalla Ministra Lorenzin a cristallizzare la situazione com’è adesso è importante e caratteristico di un modo di ragionare che non facilita il progresso. E’ un atto di furbizia italiota: la comunicazione trionfalistica rassicura e suscita approvazione.”

Dei “Falsi miti” abbiamo imparato che si sconfiggono con le denunce in procura, con i documenti e il coraggio di difendere le proprie idee, ma soprattutto i propri diritti.
 




DANNI DA VACCINO HPV: PROBLEMI DI EFFICACIA E SICUREZZA, COSA ANCORA NON VIENE DETTO?

Continua l’inchiesta sui danni da vaccino, un viaggio di testimonianze reali di ragazze adolescenti che richiamate dalla Asl per una profilassi vaccinale facoltativa contro il Papilloma virus, hanno subito irreversibilmente dei gravi problemi di salute. Su Radio Colosseum, David Gramiccioli, intervista l’avvocato Mastalia esperto in cause di malasanità e danni da vaccino e alcune mamme che raccontano il calvario delle proprie figlie dopo la vaccinazione HPV

di Cinzia Marchegiani

Storie taciute, racconti di tragedie che emergono solo quando le famiglie escono dal proprio guscio e cercano risposte e conferme dal mondo esterno, fatto anch’esso di tante altre tregedie che difficilmente si mettono in pubblica piazza, per pudore,  ma poi  la stessa rabbia riesce a far superare quei muri eretti con una dignità incredibile.
Davide Gramiccioli ieri sera è tornato con la sua trasmissione “Ouverture” su Radio Colosseum a parlare di vaccini e questa volta del controverso vaccino HPV, quello che viene consigliato alle ragazze tramite una lettera della Asl che arriva direttamente a casa, una campagna vaccinale caldamente consigliata affinché le stesse ragazze possano essere protette da un “eventuale” cancro dell’utero. Ma cosa sappiamo in realtà di questo temutissimo vaccino? Su di lui esistono fiumi di tabella, petizioni esclusivamente firmate da medici, infermieri e addetti nel settore sanitario e moratorie affinché si valuti la sua efficacia e sicurezza, ma allora perché si fa campagna vaccinale proponendo questo vaccino facoltativo come se fosse una panacea miracolosa, senza alcun pericolo?

STORIA CONTROVERSA DEL VACCINO HPV
Dalle cronache e politica francese si viene a conoscenza che in 7 anni, 2 milioni di giovani donne sono stati vaccinati tra i 13 ei 26 anni. Eppure, secondo l'eurodeputato Michèle Rivasi, il vaccino potrebbe non avere l'efficacia attesa ed potrebbe essere la causa di gravi malattie. La protesta era partita proprio da Michèle Rivasi MEP, che chiedeva una moratoria e l'introduzione di studi trasparenti e indipendenti in materia, poiché a febbraio 2014 Hollande annunciava l'intenzione di raddoppiare la vaccinazione contro il cancro della cervice dell'utero entro il 2021. Si legge: " Con il vaccino Gardasil dal 2006 commercializzato dalla Sanofi Pasteur MSD, che dovrebbe impedire lo sviluppo del cancro del collo utero abbiamo problemi efficacia, rischi con giovani donne che sviluppano malattie invalidanti, i conflitti di interesse legato alla sua immissione sul mercato e una forte ed efficace. Cerchiamo di smettere di dare questo vaccino! "

La petizione si basa sui risultati di Christopher Shaw, neurologo presso l'Università della British Columbia di Vancouver, in Canada, che ha trovato che alcune malattie come la sclerosi a placche, la malattia di Guillain-Barre, macrofagi o miofascite anche epilessia potrebbe verificarsi come risultato della vaccinazione. " Per me, Gardasil può influire sul sistema nervoso negativamente. alluminio, una potente neurotossina presente nel vaccino supera la barriera cervello " – affermava lo stesso neurologo.

Inoltre, secondo Christopher Shaw e il dottor Lucija Tomljenovic, Gardasil non ha dimostrato la sua efficacia contro il cancro cervicale: “20 anni sarebbero necessari per ottenere tali prove, o la protezione del vaccino è limitata nel tempo”. Proprio in Francia molte giovani donne di età compresa tra i 18 ei 24, sono vittime di malattie debilitanti dopo la vaccinazione. Secondo Jean-Christophe Coubris, avocato Oceane Bourguignon, la prima donna a presentare una denuncia dopo aver ricevuto scompensi correlati alla sua malattia che si verificarono un paio di giorni dopo la vaccinazione con Gardasil. Trenta le denunce sono state depositate al polo sanitario di Parigi contro il laboratorio di Sanofi Pasteur MSD, che commercializza Gardasil e l'Agenzia National Drug (MSNA) per "lesioni involontarie". La prima denuncia penale per questo vaccino è stata depositata 22 Novembre 2013 da Marie-Océane Bourguignon, soffre di una encefalomielite acuta attribuita ad una iniezione di Gardasil.
"Il gran numero di testimonianze ricevute, vittime di malattie autoimmuni dopo l'iniezione di Gardasil, conferma come prodotto pericoloso, ha detto Jean-Christophe Coubris che promuove le 32 giovani donne. Alcuni scienziati (e sempre più molti) condividono questa sensazione, senza che vi sia alcun problema di mettere in discussione il principio della vaccinazione. Si scopre che la lettura delle conclusioni di questi scienziati Gardasil non è solo inutile, ma pericoloso. "

ANCHE UNA TRASMISSIONE DANESE AFFRONTA IL CASO DI QUESTO VACCINO
La TV2 una delle stazioni televisive nazionali di Danimarca ha trasmesso lo scorso 26 March 2015 un documentario sui vaccini HPV dal titolo “I vaccinati Girls – Sick e tradito” . Si è concentrata sulla condizione di 3 ragazze che soffrono di gravi nuove condizioni mediche dopo essere stati vaccinati contro l'HPV con Gardasil. L'unica cosa che hanno in comune con migliaia di altre ragazze in tutto il mondo è che erano in buona salute prima di arrivare il vaccino – ora, sono gravemente malati.
Tutte e tre le ragazze sono state esaminati dalla testa ai piedi, senza diagnosi conclusiva e nessun aiuto con i loro sintomi, proprio come le ragazze in altri paesi in cui vengono utilizzati vaccini HPV.
Durante il documentario, due medici danesi di Frederiksberg Hospital hanno detto di non aver mai visto nulla di simile a questo durante tutta la loro carriera. Entrambi i medici hanno detto che avevano inviato corrispondenza con il servizio sanitario e medicinali danese per un totale di quattro volte nel corso dell'ultimo anno per avvertirli di possibili eventi avversi dopo iniezioni di HPV.
Il dr. Louise Brinth di Frederiksberg Hospital ha personalmente esaminato circa 80 ragazze di cui sospetta possa esserci effetti avversi delle vaccinazioni HPV. Ella afferma: “sono tutti vertigini, la stragrande maggioranza  accusano forte mal di testa – mal di testa spesso cronici. Hanno dolori addominali e nausea. Hanno movimenti muscolari strani che non si possono controllare.”
Il Direttore danese della Salute, Henrik G. Jenson concorda ma ha dichiarato: Sì, vi è un modello, ma non è lo stesso come dire che esiste una connessione. Quando vediamo un modello nel modo in cui alcuni rapporti, vi è una base per fare alcune ulteriori spiegazioni, e approfondire questi casi. Ora, il vaccino è stato approvato dalla European Medicines Agency EMA, e sono loro che fanno la valutazione della sicurezza."

RADIO COLOSSEUM UN VIAGGIO D’INCHIESTA CON STORIE VERE
David Gramiccioli nella puntata di ieri sera ha intervistato l’Avvocato Roberto Mastalia che segue il caso di una giovane ragazza che ha subito dei gravissimi problemi dopo aver fatto la profilassi con il vaccino HPV, il suo nome è Giulia e non è di fantasia purtroppo. Alla diretta telefonica ha voluto testimoniare questa dolorosa storia anche la mamma di Giulia, Anna Pezzotti, lasciamo la lettore di ascoltare come le istituzioni sanitarie non si sono messe in azione per comprendere che malessere avesse colpito sua figlia. Un vero calvario. Un mondo sanitario strano quello che osserviamo, con slogan propagandistici esorta alla segnalazione delle reazioni avverse dei vaccini facendo la così detta “farmacovigilanza”, in netta contrapposizione invece alla storia di questa ragazza che invece dimostra con quanta reticenza e difficoltà le presunte vittime di un vaccino non hanno gli strumenti per poter esercitare i propri diritti, cioè quello di comunicare all’AIFA la reazione avversa dopo aver ricevuto una profilassi vaccinale che un ospedale è obbligato a fare. Anche Grazia Scarcelli, la prima ad essere stata intervistata, e Antonella Cresciotti racconteranno anche loro la travagliata storia delle proprie figlie, colpite da gravi patologie invalidanti, che disarmano gli stessi medici che creano muri di gomma, che negano l’esistenza dei danni e si rifiutano di fare la farmacovigilanza, isolando completamente queste famiglie. Racconti che parlano di muri di omertà che gli genitori devono scalare a piedi nudi, perché queste storie tracciano una crepa mostruosa, quella che con il silenzio si vorrebbe nascondere. Ma se siamo sicuri che il vaccino è super sicuro, perché si è reticenti a fare la farmacovigilanza, violando anche una legge? Aumenterebbero i numeri delle casistiche? Ricordiamo ai nostri lettori come sia stato da poco scoperto lo scandalo delle mancate segnalazione alla rete di farmacovigilanza, arrivate solo dopo tantissimi anni. L’AIFA in merito ha attivato un’indagine interna? Quali farmaci erano stati segnalati? Quali sono le ditte farmaceutiche coinvolte? Ma soprattutto è stata richiesta una verifica di sicurezza?

Grazie a Radio Colosseum potrete ascoltare e conoscere la storia di queste ragazze. Storie di famiglie non sufficientemente seguite a dovere dalle istituzioni sanitarie, e che sulla loro strada hanno incontrato medici che si sono rifiutati di fare la farmacovigilanza, un ossimoro evidente rispetto alla campagna della farmacovigilanza ora ripartita a firma della ministra Lorenzin. Queste famiglie hanno toccato con mano purtroppo l’esatto contrario, ma soprattutto dimostrano come sia stato leso un loro sacrosanto diritto.

Radio Colosseum con David Gramiccioli, senza veli ha ingranato la marcia per un viaggio nel mondo dei danni da vaccino. L’avvocato Mastalia, legale della famiglia Pezzotti ricorda come lo stesso burgiandino (foglietto delle informazioni) del vaccino quasi mai viene letto dagli stessi medici, dove invero si possono trovare informazioni importanti sia sulla sicurezza che sull’efficacia del presidio medico. Spesso si pensa che queste ragazze diventino immuni dal cancro da papilloma virus, in realtà è un’affermazione grave, perché solo un test potrà scongiurare l’assenza di tale infezione, visto che i vaccini non sempre immunizzano. L’Osservatore d’Italia mette a disposizione il link della trasmissione andata in onda il 12 maggio 2105 https://soundcloud.com/webradiocolosseum/ouverture-12-05-2015




BANDIERE BLU SU 280 SPIAGGE. AL TOP LA LIGURIA

Redazione

Per questo anno si può anche cambiare spiaggia: ci sono tantissime bandiere blu ad allettare i visitatori. Saranno 147 le località rivierasche e 66 gli approdi turistici che potranno fregiarsi, la prossima estate, del riconoscimento Bandiera Blu 2015. I 147 Comuni italiani, per complessive 280 spiagge, corrispondono a circa al 15% delle spiagge premiate a livello internazionale. La XXIX edizione della Manifestazione ha voluto premiare quelle localita' le cui acque di balneazione sono risultate eccellenti, come stabilito dai risultati delle analisi che, nel corso degli ultimi quattro anni, le ARPA hanno effettuato. "Anche per il 2015 possiamo annunciare con soddisfazione un aumento di Bandiere Blu, ben 147, un incremento costante che dimostra, nonostante le ridotte risorse economiche, la volonta' di tanti comuni di non mettere al secondo posto l'attenzione per l'ambiente" afferma Claudio Mazza, Presidente della FEE Italia. "Oramai e' un dato certo che l'aspetto ambientale di una localita' ha una forte incidenza sulla scelta di una destinazione turistica".

Il Comando Generale delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera, oltre all'importante contributo in fase di valutazione, ha dato anche quest'anno il supporto per verificare la rispondenza ai criteri di spiaggia nelle localita' premiate l'invio tempestivo degli esiti delle visite di controllo, permetteranno di intervenire e di contribuire al mantenimento degli standard di eccellenza previsti dal programma Bandiere Blu. "Bandiera Blu e' simbolo di quell'impegno profuso dalle amministrazioni comunali a favore di una conduzione sostenibile del territorio, attraverso la cura e l'attenzione per l'ambiente". Dichiara l'Ammiraglio Felicio Angrisano, Comandante Generale delle Capitanerie di Porto. I 66 approdi premiati dimostrano che la portualita' turistica ha consolidato le scelte di sostenibilita' intraprese, rispondendo ai requisiti previsti per l'assegnazione internazionale, garantendo la qualita' e la quantita' dei servizi erogati nella piena compatibilita' ambientale. Dai risultati ottenuti in questa edizione, si nota un trend di crescita delle localita' Bandiera Blu rispetto al precedente anno.

Sono 147 i Comuni che hanno ottenuto il riconoscimento, 7 in piu' contro i 140 dello scorso anno, 11 sono i nuovi ingressi, mentre 3 sono usciti. In particolare, la Liguria arriva a 23 localita' con 3 nuovi ingressi,e guida la classifica nazionale, con 18 localita' segue la Toscana e con 17 localita' le Marche. La Campania raggiunge 14 bandiere con un nuovo ingresso ed anche la Puglia arriva ad 11 bandiere con un nuovo ingresso. L'Abruzzo perde 2 bandiere andando a quota 8 mentre l'Emilia Romagna rimane a 9. Il Veneto raggiunge quest'anno le 8 bandiere con un nuovo ingresso, il Lazio ne conquista 1 raggiungendo quota 8, la Sardegna e' presente con 8 localita', avendone acquistate due e la Sicilia regredisce a 5 bandiere avendone perse due ma con una nuova entrata. La Calabria mantiene quest'anno le sue 4 bandiere, il Molise conferma le 3 bandiere dell'anno scorso, il Friuli Venezia Giulia conferma le 2 bandiere dell'anno scorso come la Basilicata con 1 bandiera. Quest'anno abbiamo un incremento per quanto riguarda i laghi: 1 bandiera per la Lombardia, 2 per il Piemonte che ne riconquista una e 5 per il Trentino Alto Adige come lo scorso anno. Secondo la ricerca interuniversitaria realizzata dagli atenei di Urbino e di Perugia sulle Bandiere Blu, pubblicata da Franco Angeli, per il 94% dei comuni ci sono vantaggi per il rafforzamento dell'immagine; l'88% dei comuni ha riscontrato un aumento di soddisfazione da parte dei turisti. Dalla ricerca emerge che la Bandiera Blu e' decisiva per raggiungere migliori performance, come la raccolta differenziata in spiaggia (91%), sensibilizzazione su tematiche ambientali (85%), depurazione delle acque (77%), raccolta differenziata su tutto il territorio (76%), creazione di aree verdi attrezzate (69%), creazione di zone pedonali (67%) e di piste ciclabili