Immagini satellitari: la Pianura Padana è tra le zone più inquinate d’europa

Quando non avremo più cibo da mangiare e aria da respirare, sarà troppo tardi per trovare una soluzione. Spesso l’inquinamento di ogni genere viene sottovalutato con eccessiva superficialità. Dal cibo tossico all’aria inrrespirabile insieme ad altri fattori sono le cause di numerose forme di tumore.

Proprio ieri, sono arrivati a Terra i primi dati di Sentinel 5P, la sesta sentinella del pianeta del programma Copernicus, nato dalla collaborazione fra Agenzia Spaziale Europea (Esa) e Commissione Europea. E’ il primo satellite progettato per ottenere la mappa di inquinanti dell’atmosfera, fornendo i dati relativi ai livelli  come ozono, formaldeide, monossido di carbonio, metano e anidride solforosa.

 

Li ‘fotografa’ con il suo unico strumento scientifico, chiamato Tropomi (Tropospheric Monitoring Instrument), progettato per studiare la regione dell’atmosfera che si estende fino a circa 15 chilometri dal suolo.Da quando il satellite è stato lanciato, il 13 ottobre 2017, lo strumento è stato sottoposto a un processo di decontaminazione pianificato. Adesso la porta che sigillava Tropomi è stata aperta, permettendo alla luce di entrare. Il satellite ha potuto così acquisire le prime immagini, che l’Esa definisce “superiori alle aspettative”.

 

Pianura Padana, Paesi Bassi, regione tedesca della Ruhr e alcune zone della Spagna: sono le aree più inquinante d’Europa, secondo le mappe in Hd dell’inquinamento atmosferico inviate dal satellite Sentinel 5P. Considerando solo gli effetti acuti dell’inquinamento, a Milano muoiono ogni anno 230 persone per via delle sostanze inquinanti presenti nell’aria, 300 in tutta la Lombardia.

 

La salute degli abitanti della Pianura Padana è messa a rischio anche dalla presenza di polveri ultrafini. Si tratta di migliaia di nanoparticelle come solfato e nitrato di ammonio e tracce di metalli che si trovano nella massa delle polveri e per via della loro ridotta dimensione (di cento volte inferiore a una particella di Pm10) nuociono al nostro organismo. Una delle prime mappe riguarda le concentrazioni di biossido di azoto emesso dal traffico automobilistico e dalle attività industriali. Per Josef Aschbacher, direttore dei programmi di osservazione della Terra dell’Esa, queste immagini ”sono una pietra miliare per l’Europa”.

 

Spetta alla Pianura Padana e in particolare a Milano la maglia nera per le concentrazioni elevate di monossido di carbonio. Dal satellite sono arrivate anche le prime immagini dell’Amazzonia ‘soffocata’ dal monossido di carbonio prodotto dagli incendi. Alte concentrazioni di questo gas, prodotto anche da attività industriali e scarichi delle automobili, sono state rilevate anche Africa centrale e India e Cina. La nube di gas generata dall’eruzione del vulcano Agung, in Indonesia, è stata fra i primi dati inviati dal satellite Sentinel 5P. Sono state misurate le concentrazioni dell’anidride solforosa emessa dal vulcano, dal quale si è sollevata una colonna di ceneri e gas che ha raggiunto 7.600 metri di altezza.

Marco Staffiero




Super Lucky’s Tale, il platform in esclusiva per Xbox One e Pc

Amanti del genere platform è il momento di rimboccarsi le maniche, infatti se siete possessori di una console della famiglia Xbox One potrete giocare al nuovissimo Super Lucky’s Tale. Il gioco, amplia la saga dedicata alla simpatica volpe Lucky, già protagonista di “Lucky’s Tale”, titolo che sfruttava la realtà virtuale. Microsoft si fa quindi carico di un nuovo titolo platform che, a differenza di Cuphead, punta sul 3D e sul 2.5D. Grazie al supporto di “Xbox Play Anywhere” si potrà scaricare la versione digitale del titolo in questione su un PC dotato di Windows 10 o su una delle tre varianti di Xbox One presenti sul mercato, certi di avere le medesime performance su tutte le console. Su PC le opzioni permettono di personalizzare una serie di parametri come texture, qualità degli effetti e delle ombre e l’attivazione o meno del Vsync, oltre all’ovvia scelta della risoluzione. Sul fronte dei comandi, invece, quando si gioca a Super Lucky’s Tale bisogna considerare l’uso di un pad come priorità anche su Pc, ma la tastiera è comunque supportata e relativamente comoda anche a seguito di un numero esiguo di azioni da poter compiere. Parlando dell’esperienza di gioco, la trama ripercorre un po’ i classici del genere, infatti tutto ha inizio quando dopo un atterraggio di emergenza, Lyra, sorella maggiore di Lucky, può finalmente mettersi a studiare il magico “libro delle ere”. A creare scompiglio però ci pensa “la cucciolata”, ossia una temibile banda di gatti interessata proprio al libro. Nella zuffa fra Lyra e i felini il libro si apre e il povero Lucky insieme alla banda vengono risucchiati al suo interno. Il tomo catapulta così in un universo parallelo i protagonisti e gli antagonisti di questa rocambolesca avventura, dove il simpatico volpino dovrà affrontare ben quattro mondi per poter sistemare le pagine del libro e ritornare alla sua realtà. L’obiettivo del giocatore, che ovviamente vestirà i panni del giovane Lucky sarà quello di raccogliere più quadrifogli possibili, risolvendo minigame, semplici puzzle o compiendo azioni particolari, al fine di rendere fluida la progressione, aprire le porte delle zone bloccate e tentare di soddisfare tutti i requisiti richiesti per non avere improvvise battute d’arresto. In Super Lucky’s Tale funziona un po’ come nella maggior parte dei platform, ma in questo caso saranno visibili solo i quadrifogli totali, che sono novantanove per mondo, e non quelli utili per superare l’area. Per ottenerli tutti bisognerà dunque andare a zonzo e cercarli, consapevoli che taluni sono ben nascosti e complicati da raggiungere, mentre altri sono reperibili all’interno dei sottolivelli che compongono ogni singolo mondo, precisamente quattro per ciascuna di queste mini aree. Il primo lo si otterrà superando semplicemente la zona, il secondo trovando un’area distaccata, solitamente posizionata sottoterra, il terzo accumulando trecento monete e il quarto, infine, collezionando le cinque lettere dislocate in aree difficili da scovare che compongono il nome del protagonista.

Questa struttura, assieme ad alcune sezione in 2.5D, ricordano molto serie storiche come Donkey Kong, e in effetti sono queste le parti più riuscite di Super Lucky’s Tale. Purtroppo però quando sarà necessario muoversi liberamente all’interno di ambienti tridimensionali, emerge qualche problema che farà storcere il naso ai puristi del genere. Nel gioco purtroppo non si potrà muovere la telecamera a trecentosessanta gradi come ormai è consuetudine in quasi tutti i titoli contemporanei; al contrario, si potra solo spostarla verso le tre direzioni previste dagli sviluppatori complicando di molto la vita ai giocatori che spesso e volentieri si troveranno a fallire salti decisivi che gli faranno perdere preziose vite. Questa è anche la causa di molti “reload” e, se non fosse che la difficoltà di Super Lucky’s Tale non si attesta mai a livelli elevatissimi, per quanto sia tale da risultare comunque impegnativa, risulta comunque frustrante l’idea di perdere per una colpa non del tutto da addebitare a chi gioca. A livello di tempo, ogni sottolivello ha una durata media di circa cinque minuti, salvo ovviamente che non si muoia e si debba ricominciare. Fin dai primi momenti di gioco si avverte anche un senso di estrema ripetitività delle piattaforme, che non sono particolarmente caratterizzate, per quanto svolgano la loro funzione. Graficamente parlando Super Lucky’s Tale è davvero molto gradevole da vedere, coloratissimo e in grado di presentare personaggi sempre aggraziati e carini, ma nonostante questo i personaggi mancano totalmente di profondità perché a conti fatti sembrano solo delle macchiette che recitano frasi scontate e mancano di personalità. A conti fatti, dopo averlo provato a lungo possiamo dire che questo gioco lascia un retrogusto amaro, di quelli che fanno dire che con un po’ più di accortezze il gioco sarebbe potuto venir fuori decisamente meglio. Tuttavia ,se si è amanti del genere vale comunque la pena dargli una chance. Infatti se si riuscirà a chiudere un occhio con i difetti sopra descritti, tra le mani potrebbe piombarvi un prodotto valido che nasconde indubbie qualità, ma che deve ancora mostrare il suo reale valore mafari con l’ausilio di qualche patch correttiva. Alla luce di quanto detto, tirando le somme, Questo Super Lucky’s Tale nonostante non impressioni per giocabilità e profondità si difende bene dal punto di vista grafico e della sfida. Riuscire a completare il titolo al cento per cento infatti non sarà affatto semplice e i giocatori più incalliti sicuramente apprezzeranno tale peculiarità.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5
Sonoro: 6,5
Gameplay: 6
Longevità: 6,5

VOTO FINALE: 6,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Stasera tutti con il naso all’insù, arriva la Superluna

Appassionati di astronomia, poeti, innamorati e sognatori, questa sera non dimenticate di guardare il cielo perché l’appuntamento più affascinante dell’anno è fra le stelle.

Quella del 3 dicembre 2017 è infatti la notte della “Superluna”, ossia una Luna piena, l’unica di quest’anno, che appare nel cielo circa il 7% più grande e il 16% più brillante perché si trova nel punto della sua orbita ellittica più vicino alla nostra terra (perigeo).

Questo fenomeno è avvenuto altre quattro volte nel corso del 2017, ma trattandosi di “Lune nuove” è stato impossibile vederle. Nuvole e pioggia permettendo, lo spettacolo è assicurato ovunque: basta alzare gli occhi al cielo.

Purtroppo le luci delle città potrebbero rendere più difficile apprezzare la maggiore brillantezza, ma si può comunque distinguere chiaramente la dimensione anomala del satellite naturale del nostro pianeta.

Parlando di numeri, stasera la distanza dalla Terra è infatti pari a 357.495 chilometri, contro la distanza media di poco più di 384mila chilometri.

Al confronto, la più piccola Luna piena nonché la meno brillante del 2017, quella del 9 giugno, era distante dalla Terra 406.268 chilometri, vale a dire la Superluna piena del 3 dicembre è circa 50mila chilometri più vicina.

Il prossimo appuntamento con la Superluna sarà nel 2018, precisamente la notte del 2 gennaio.

Il 31, sempre di gennaio, invece, sarà la volta della così detta “Luna Blu”, ossia la seconda luna piena dell’anno.

 

Come fotografarla? L’intensa luminosità di questa Luna dalle dimensioni extra, potrebbe non rendere abbastanza reale e nitide le fotografie.

Per questo motivo è consigliato usare al minimo la sensibilità ISO se si possiede un obiettivo zoom. Se si vuole fotografare non solo la Superluna ma anche uno spazio di cielo più ampio, è preferibile usare un obiettivo quadrangolare.

Non usando la giusta attrezzatura e nel modo più idoneo, si rischia di scattare foto dove l’immagine della Luna non è definita nei contorni, una raccomandazione, lo scatto deve essere fermo e rapido.

Il posto giusto dove osservare l’evento, è all’altezza di una collina o comunque nella parte più alta degli edifici, insomma, più in alto si è, meglio sarà la visione e più sarà reale la grandezza eccezionale della Luna.

Il fenomeno si potrà fotografare anche con lo smartphone, ma non uno con sensore e funzioni base, altrimenti il risultato sarebbe molto deludente. Per fare uno scatto degno di nota con il proprio cellulare è quindi necessario avere una fotocamera con un ottimo zoom ottico e con una messa a fuoco pressoché perfetta, ci vorrà anche una particolare abilità nel centrare l’attimo giusto del click per evitare un’immagine sfocata.

 

GUARDA LA DIRETTA STREAMING

 

Francesco Pellegrino Lise




Videogames: quando bug e comportamenti di gioco sfidano la programmazione

Il mondo è bello perché è vario: una frase spesso abusata, che però nel nostro caso rende perfettamente l’idea. L’errore umano, infatti, può diventare quella variante necessaria per creare una rottura degli schemi imprevedibile: un fattore che può anche colpire macchinari, calcolatori e videogiochi. Il che appare quanto meno curioso, considerando che si parla di hardware o software progettati per svolgere esattamente un compito. Nello specifico, per svolgerlo senza andare mai fuori dagli schemi. Eppure glitch e bug, a loro modo, rendono più umana anche la perfezione: perfezione che naturalmente non ci appartiene, anche se siamo diventati uomini della tecnologia.

 

Slot machine: un gioco casuale “abitudinario”

Uno dei grandi classici dei giochi online sono le slot machine: giochi o software come questo sono pensati per ragionare secondo una logica casuale o semi-casuale. Nonostante questo, esistono comunque dei modelli comportamentali che è possibile sfruttare a proprio vantaggio per vincere. Per fare un esempio, adesso online si possono trovare tantissimi trucchi per le slot machine, giochi teoricamente legati al caso, ma in realtà comunque soggetti a tecniche e modalità per ottimizzare le chance di vittoria. Conoscendo questi “segreti”, è possibile provare ad indirizzare la fortuna verso le proprie tasche: anche se ovviamente rimane forte la componente dell’imprevedibilità.

Glitch: dall’elettrotecnica al videogaming

Diverso (anzi, opposto) è il caso dei glitch: un termine che oggi appartiene ai videogiochi, ma che in realtà è stato ereditato dall’elettrotecnica. Per glitch, infatti, s’intende una variazione in forma d’onda impossibile da prevedere. Nel videogaming, il glitch cambia leggermente connotati per diventare un comportamento anomalo del codice: tale comportamento, a differenza del caso precedente, è frutto dell’errore di programmazione umano. Un glitch, di fatto, consente ad un utente esperto di manipolare l’esperienza di gioco ai fini di trarne un vantaggio. Però, il glitch è anche una ventata di aria fresca che può generare eventi imprevedibili: ne guadagna anche il divertimento, se usato nel modo giusto.

 

Bug: il difetto che può mandare in crisi l’umanità

Il bug, a differenza del glitch, ha spesso una portata molto più ampia: se il secondo è circoscritto ad un certo errore isolato, il primo è invece diffuso su larga scala. Basti pensare al famigerato Millennium Bug, che nel 2000 prometteva di mandare in crisi i computer di tutto il mondo: salvo poi rivelarsi una clamorosa cortina di fumo. Vista la penetrazione della tecnologia al giorno d’oggi, i bug possono davvero modificare la nostra percezione del futuro: in tal caso, però, l’imprevedibilità non è di certo fonte di piacere o divertimento.

 

Fra bug e glitch: storia di due eventi imprevedibili

Quale modo migliore per chiudere questo nostro approfondimento, se non analizzando i primi bug e glitch della storia? A partire dal bug: il primo venne registrato nel lontano 1947. Ne fu vittima il calcolatore Harvard Mark II: la fonte di questo errore? Una povera falena che ebbe la sfortuna di incastrarsi dentro al computer. Quale fu, invece, il primo glitch legato ad un videogioco? Il famigerato livello 256 del cabinato Pacman (1980). Niente falene, stavolta: il problema era semplicemente un errore di programmazione.




Castel Gandolfo e l’invenzione della radio: cittadinanza onoraria alla figlia di Guglielmo Marconi

Il Consiglio comunale di Castel Gandolfo approverà oggi la richiesta di conferimento di cittadinanza onoraria a Elettra Marconi

CASTEL GANDOLFO (RM) – Sarà ufficialmente cittadina di Castel Gandolfo Elettra Marconi Giovannelli, figlia di Guglielmo Marconi. Partito l’iter, infatti, per concedere la cittadinanza onoraria di Castel Gandolfo alla figlia dell’illustre scienziato al vaglio della seduta straordinaria del Consiglio comunale della Città Vaticano II prevista per oggi 21 novembre alle ore 17.

 

Nella giornata odierna verrà dunque approvato formalmente, dalla massima assise gandolfina, il conferimento del riconoscimento. Poi, senz’altro, verrà organizzata una grande cerimonia per l’ufficializzazione. La giunta di Milvia Monachesi, infatti, ha proposto questo importante riconoscimento per Elettra Marconi con una delibera di indirizzo politico, la 98 dello scorso 9 novembre 2017.

Il nobel Guglielmo Marconi, di cui quest’anno ricorre l’80mo della scomparsa, condusse molte delle sperimentazioni, relative le onde corte e cortissime per le trasmissioni telefoniche, presso le Ville Pontificie di Castel Gandolfo. E la figlia Elettra Marconi, che nel corso della sua vita si è dedicata all’illustrazione e alla divulgazione dell’opera del padre, ha sempre evidenziato la Città di Castel Gandolfo illustrandone il nome nel mondo.

 

Per questi motivi, dunque, l’amministrazione comunale di Castel Gandolfo a guida di Milvia Monachesi ha inteso proporre al Consiglio Comunale il conferimento del titolo di “Cittadina Onoraria” alla signora Elettra Marconi Giovannelli, nata a Civitavecchia il 20 luglio 1930, quale attestato di stima e riconoscenza della Civica Amministrazione, con la seguente motivazione:
“Figlia dell’eminente studioso e scienziato Guglielmo Marconi, insignito del premio Nobel per la Fisica, Ella contribuisce alla affermazione dei valori umani, culturali e religiosi di Castel Gandolfo con la Sua preziosa attività di illustrazione e divulgazione dell’opera del suo illustre padre e fa conoscere nel mondo la nostra eredità marconiana di ricerche e studi avveniristici sulle microonde nel campo della Radio e della Radiotelefonia Mobile, condotte nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo.”

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Call of Duty WWII, il re degli sparatutto torna sul trono

Con Call of Duty WWII Activision ha fatto centro. Dopo diversi capitoli futuristici, ambientati in realtà dove i militari erano in grado di correre sui muri, spiccare doppi salti in volo e avere il supporto di apparecchiature e armi altamente tecnologiche, finalmente si torna con gli stivali per terra e soprattutto si torna ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Questo particolare periodo storico è stato proprio il punto di partenza del brand che negli anni, nel corso della sua evoluzione, ha poi abbracciato la guerra contemporanea con la splendida saga “Modern Warfare” e poi successivamente si è spinta, forse troppo più in la, verso un futuro hitech che non ha mai convinto pienamente la community. Dopo aver esplorato negli ultimi 5 anni un possibile lontano futuro, è toccato a Sledgehammer Games sviluppare Call of Duty WWII su Pc, Xbox One e PS4, ma soprattutto provare a guardarsi indietro per andare avanti introducendo qualche piccola ma funzionale novità durante tutto il corso della campagna più una zona social e una modalità a obiettivi per il multiplayer. Ma andiamo ad analizzare il tutto da principio. A livello di narrativa, la trama è ben realizzata e senza mai troppo eccedere nel patriottismo targato Usa, i personaggi si muovono in situazioni e scenari assolutamente credibili e mai esagerati. La Seconda Guerra Mondiale è una di quelle pagine della storia di cui parlare risulta sempre difficile. Gli atroci eventi che hanno portato alla morte milioni e milioni di persone sono stati trattati in un numero altissimo di prodotti tra pellicole, libri e videogiochi. Un argomento sviscerato ormai in tutte le salse e sotto diverse chiavi di lettura, argomento che porta con sé il rischio di apparire come qualcosa di già visto. Ma fortunatamente il team di Sledgehammer, come già aveva fatto in Advanced Warfare, batte molto sui concetti di “fratellanza” ed “eroismo” costruendo per Call of Duty WWII una storia di guerra appassionante, in puro stile hollywoodiano, che diventa sempre più interessante man mano che si procede nel gioco. Nel titolo sono presenti momenti dal forte impatto che non hanno paura di mostrare la brutalità della guerra, ma anche momenti in cui il cameratismo prende il sopravvento e il lato umano dei soldati viene fuori.

Call of Duty WWII offre una campagna che può durare anche una quindicina di ore se giocata al livello di difficoltà massimo e l’intera storia si svolge attraverso 11 avvincenti missioni. Il protagonista dell’ultima fatica di Sledgehammer è il soldato scelto Ronald “Red” Daniels, della Prima Divisione Fanteria, che insieme alla sua squadra sbarca in Normandia il 6 giugno del 1944 per aprire un secondo fronte in Europa e riuscire a proseguire la marcia degli Alleati verso il cuore della Germania nazista. Il team è formato da diverse personalità, ognuna caratterizzata dalle proprie peculiarità e attraverso alcuni stereotipi. C’è Robert Zussman, uno trai i protagonisti principali divenuto ben presto il migliore amico di Daniels; Drew Stiles, soldato-fotografo col sogno di finire sulle pagine di LIFE una volta uscito dall’inferno della guerra; Frank Aiello, un po’ bigotto, razzista ma tra i sopravvissuti della campagna di Tunisia; William Pierson, sergente tecnico scontroso e duro e il “paterno” primo tenente Joseph Turner. Gli eventi di gioco si svolgono con molta frenesia, passando quasi senza sosta da una missione all’altra dove però si alternano tipologie differenti di approccio come la guida di mezzi terrestri, veicoli aerei, missioni stealth, di copertura col cecchino e una missione di infiltrazione dove il ritmo cala e si smette di imbracciare il fucile e si deve agire pensando. Durante la campagna la costruzione dell’empatia con i propri commilitoni passa attraverso due momenti. Il principale è ovviamente quello delle scene di intermezzo, dove si approfondisce la conoscenza dei protagonisti, il loro passato e dove verranno messi a nudo le loro paure e i loro sentimenti. Il secondario invece avviene grazie alla possibilità di chiedere munizioni, granate, fumogeni per l’artiglieria, medikit o l’uso del binocolo per segnalare i bersagli sul campo di battaglia ai compagni. Questo escamotage è stato sfruttato sia per spingere il giocatore a stare vicino ai propri commilitoni, solo in questo modo, infatti, si sarà nel raggio d’azione utile per ricevere l’approvvigionamento, sia per garantire la fluidità del gioco, nonostante una certa verosimiglianza dei combattimenti. Come accennato qualche riga sopra, per quanto riguarda la campagna, tornano a gran richiesta i medikit, quindi, una volta colpiti non basterà mettersi al riparo e aspettare che la vita si rigeneri, sarà quindi necessario centellinare i kit medici e farsi colpire il meno possibile, specialmente al livello di difficoltà più alto, dove la sfida diventa davvero dura. Non mancano poi momenti ad hoc creati per dare la sensazione di essere nel bel mezzo di una battaglia reale. Durante alcuni momenti, infatti, sarà chiesto di compiere delle Gesta Eroiche, ovvero di abbandonare per qualche secondo la battaglia per salvare un compagno, non importa che questo sia sotto attacco nemico o ferito ed esposto al fuoco nemico. In altri frangenti, invece, alcuni tedeschi potranno arrendersi e toccherà a noi decidere se farli prigionieri o freddarli sul posto. Insomma, la campagna di questo Call of Duty WWII, nonostante le solite limitazioni dovute al percorso obbligatorio per arrivare a fine livello e nonostante l’intelligenza artificiale dei nemici che non brilla molto, è un’esperienza assolutamente da provare perché è in grado di emozionare e soprattutto perché, grazie alla grafica straordinaria, dà proprio l’impressione di vivere il secondo conflitto mondiale in prima persona.

Ovviamente l’anima di CoD è sempre rappresentata dalla componente multiplayer, componente che quest’anno torna, è proprio il caso di dire, con i piedi per terra. Dimenticatevi quindi wallrun e jetpack d’ogni genere. Call of Duty WWII recupera il feeling dei migliori capitoli del brand. Time to kill in pieno stile CoD ma comunque bilanciato, reso ancor più tollerabile da armi interessanti, capaci di offrire sempre una valida alternativa, eccezion fatta per un paio di bocche da fuoco leggermente più sbilanciate di altre. Ci sono poi le Divisioni, ossia il nuovo sistema di classificazione dei soldati che instaura anche una progressione ben più stratificata, scindendo le Divisioni dal livello del giocatore e proponendo classi differenti, con caratteristiche e ricompense uniche legate alla tipologia d’arma utilizzata. Entrare in confidenza con queste nuove features non sarà da subito immediato, ma si verrà aiutati dalla possibilità di recarsi nel Quartier Generale, la nuova zona social raggiungibile in qualsiasi momento e senza tempo di caricamento, con la sola pressione di un tasto (options/start). Qui si possono incontrare altri giocatori, visitare alcuni NPC che daranno accesso agli Ordini e ai Contratti (taglie/obiettivi da portare a termine entro un certo periodo di tempo) e fare pratica con le nuove serie d’uccisioni, piuttosto che sfidare qualche altro soldato in un virtuoso 1vs1. Quest’area social funziona principalmente da hub centrale, proprio come accade con la Torre in Destiny, durante le sessioni di gameplay, dando la possibilità di capire al meglio le nuove funzioni e azzerare in qualche modo i tempi morti. Il comparto multiplayer di Call of Duty WWII è estremamente solido e, cosa più importante, completo: il gameplay viene esaltato da un ecosistema di attività ricco di opzioni, sempre stimolanti. Specializzarsi in una Divisione, “prestigiare” (ossia raggiungere il livello massimo e riazzerare tutte le abilità e le armi sbloccate in cambio di un emblema che lo dimostra), portare a termine gli Ordini, ottenere tutte le armi speciali, insomma nell’ultimo lavoro di Sledgehammer ci sono davvero molte cose da fare e annoiarsi è davvero difficile. Fiore all’occhiello della produzione è sicuramente la modalità Guerra, che al contrario del classico PvP, caratterizzato da una forte anima competitiva suggerisce un approccio più scanzonato e cooperativo. Prendendo spunto da “Rush” della serie Battlefield, Guerra divide i team in attaccanti e difensori, con i primi che non dovranno solo conquistare il punto A, B o C, bensì saranno chiamati a svolgere obbiettivi dinamici che variano sempre, di mappa in mappa. Al day one ne saranno disponibili tre diverse, ma altre arriveranno sicuramente con i DLC futuri. Guerra è una modalità incredibilmente divertente, che gode di dinamiche e di uno stile davvero unico. Oltre a quest’innovativa modalità di gioco, in Call of Duty WWII sono disponibili anche altre modalità come deathmatch, team deathmatch, postazione, dominio, uccisione confermata, cerca e distruggi, cattura la bandiera e Football. Quest’ultima modalità vedrà due team affrontarsi sul campo di battaglia con lo scopo di segnare con il pallone nella porta nemica, unica differenza con il rugby è che al posto dei placcaggi sono ammessi fucili, bombe e armi di ogni genere.

Se ancora non foste soddisfatti dell’offerta del titolo di Activision e Sledgehammer, sappiate che torna anche la famosissima modalità Zombie Nazisti. Nazi Zombies in Call of Duty WWII ha un concept horror e, anch’esso, molto cinematografico, visto che fra le fila del cast può vantare attori come Elodie Young e David Tennant. In questa tipologia di gioco si verrà catapultati in un villaggio della Germania dove, immersi in un contesto da brividi, bisognerà affrontare mostri d’ogni genere. La principale novità, oltre al concept, riguarda l’impossibilità di riparare finestre e accessi vari, obbligando i giocatori a prestare davvero molta attenzione a quello che li circonda. Al solito lo scopo sarà quello di avanzare nelle varie fasi della quest superando e uccidendo i vari zombi che compongono le diverse ondate, sempre più potenti. L’estrema collaborazione richiesta sarà al contempo uno sbarramento e un grande divertimento, in grado di dare vita a sessioni di gioco davvero impegnative e appaganti. Giocando Nazi Zombies il feeling è assolutamente positivo: setting riuscito e dinamiche di gameplay interessanti e ricorrenti, come la possibilità di potenziare alcune caratteristiche del personaggio acquistando power up di vario genere, oppure migliorare il proprio equipaggiamento acquistando le armi disponibili. Presente anche un sistema di consumabili molto utili nelle situazioni più intricate, unito alla progressione canonica del personaggio. Insomma Nazi Zombies appare rifinita e ben concepita, migliorata nell’aspetto e potenziata nell’esperienza; farà certamente felici i fan accaniti e siamo certi saprà avvicinarne di nuovi. Per quanto riguarda il comparto audio le musiche e il doppiaggio in lingua italiana sono resi in maniera davvero straordinaria, inoltre il rumore delle armi e di sottofondo in generale trasportano il giocatore nel bel mezzo della seconda guerra mondiale donando ancora di più credibilità al titolo. Dal punto di vista grafico e tecnico Sledghammer non ha rivoluzionato il motore di gioco, ma ha continuato a limare e perfezionare gli strumenti già a sua disposizione, rendendo sempre più impercettibile la differenza tra le parti giocate e quelle filmate. In generale l’effetto globale è d’impatto, grazie all’ottima regia con la quale ogni scena è stata confezionata e alla spettacolarità degli scenari scelti per ambientare le diverse battaglie. Quasi sempre sembrerà di trovarsi in una scena di Salvate il Soldato Ryan o Band of Brothers, quindi qualità massima e grandi emozioni. Inoltre il frame rate non si abbassa mai sotto i 60fps, di conseguenza possiamo dire che il titolo è in grado di offrire un’esperienza davvero curata. Tirando le somme, il tanto atteso ritorno alla seconda guerra mondiale ha fatto sicuramente bene a Call of Duty. Con WWII Activision e Sledgehammer Games non reinventano la ruota e tantomeno rivoluzionano una serie che, per più di un motivo, continua a rimanere assolutamente fedele a se stessa, ma riescono a migliorare le varie modalità e le tante risorse sotto praticamente ogni aspetto. La campagna è spettacolare, suggestiva e a tratti emozionante, il multiplayer è stato rinfrescato dalla modalità Guerra e dallo spazio sociale del Quartier Generale, gli zombi, a loro volta, tornano più cattivi che mai e danno quel senso di completezza che rendono grande una produzione. Insomma, quest’anno Call of Duty ha fatto centro in tutti i sensi e siamo assolutamente certi che questo capitolo resterà impresso nei cuori e nelle menti di tutti i gamers. Non avere Call of Duty WWII nella propria libreria di giochi sarebbe un vero peccato.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

 

Grafica: 9,5
Sonoro: 9,5
Gameplay: 9,5
Longevità: 9,5

 

VOTO FINALE: 9,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Need for Speed Payback, la saga racing di EA torna a brillare

Need for Speed Payback arriva su Pc, Xbox One e PlayStation 4 con l’obbiettivo preciso di riportare in auge lo spirito che ha reso grande la serie grazie alle corse clandestine, al tuning estremo, ma anche gettandosi alle spalle tutte le criticità venute fuori nel precedente capitolo della saga. Il nuovo titolo, sviluppato da Ghost Games, abbandona l’oscura Ventura Bay trasferendosi nella soleggiata Fortune Valley. Quest’ambientazione è resa dinamica dai molti eventi messi a disposizione sull’enorme mappa ed è resa ancora più accattivante grazie al ciclo giorno/notte che cambia faccia a canyon, superstrade e alle intricate vie cittadine che fanno da sfondo all’esperienza di gioco.

 

Per chi non lo sapesse, Need for Speed è una delle serie di corse d’auto più longeve di sempre. Nata nel 1994 su Panasonic 3DO con “The Need for Speed”, il titolo ha dettato le regole dei racing games simul-arcade con i suoi innumerevoli capitoli e spin-off che venivano rilasciati quasi a cadenza annuale. NfS è una serie che ha visto i suoi fasti durante la sesta generazione di console con i capitoli della serie Underground, tra i più apprezzati in assoluto, ma anche con Hot Pursuit II e Most Wanted, ma che negli ultimi anni s’è un po’ persa per strada con capitoli abbastanza sottotono come ProStreet del 2007 ed il più recente reboot del 2015. Con l’arrivo di concorrenti sempre più validi e agguerriti nel settore, come Forza Horizon, The Crew e Test Drive Unlimited, la serie targata EA aveva bisogno di qualcosa di più per primeggiare, e c’è da dire che con Need for Speed Payback, le novità sono davvero moltissime. La trama attorno cui ruota tutto il gameplay è semplice quanto coinvolgente e sembra proprio essere scritta per una produzione cinematografica in stile “Fast and Furious”.

 

Una banda composta da tre talentuosi piloti (Tyler “Ty” Morgan, Sean “Mac” McAlister e Jessica “Jess” Miller) che si danno alla macchia, mettendo a segno qualche colpo qua e là. La loro ultima impresa, rubare la fuoriserie di uno degli uomini più ricchi di Fortune Valley, viene però compromessa dal tradimento di una collaboratrice, Lina Navarro, che si scopre essere al soldo della Loggia, una potente organizzazione che fa soldi anche e soprattutto truccando le corse clandestine che si svolgono nella zona. Inseguito dalla polizia, Tyler non ha alternative: stringe un patto con l’uomo che voleva derubare ed entrambi si impegnano a vendicarsi nei confronti della Loggia. Per riuscire nell’impresa, però, bisognerà riunire la vecchia banda. Sei mesi dopo il tradimento di Lina Navarro, Tyler, spinto dal bisogno di denaro e dalla voglia di correre, decide finalmente di agire: si mette in mostra durante una gara per ottenere un ingaggio con la Loggia, quindi partecipa a una delle corse truccate dall’organizzazione solo per mandarla a rotoli, tagliando il traguardo per primo e facendo perdere un bel po’ di soldi ai propri nemici giurati. Scoperte le carte, la faccenda si fa seria e vengono dunque richiamati in azione Mac e Jess, la cui funzione nel gioco non è unicamente narrativa ma anche e soprattutto pratica, infatti, laddove Ty è specializzato nelle gare tradizionali e di accelerazione, Mac può guidare offroad e nelle sfide di derapata, mentre invece Jess è una maestra delle fughe, specie dalla polizia.

 

Tipologie diverse di eventi che nell’ampio open world di Need for Speed Payback richiedono l’uso di vetture specifiche, divise in cinque categorie: corsa, accelerazione, derapata, fuoristrada e fuga. Quando la squadra si riunisce e la storia ingrana, la mappa di Fortune Valley si riempie progressivamente di un gran numero di attività: alle missioni principali, che ruotano attorno a dieci gang da sconfiggere per arrivare infine a sfidare la Loggia, si aggiungono svariate quest secondarie, nella forma di semplici gare di velocità, autovelox da superare a tutta birra, collezionabili di vario genere e infine i “catorci”. Questi ultimi sono auto gloriose, dallo straordinario potenziale ma ridotte in condizioni pessime, che bisogna rimettere in sesto dopo averne trovato i componenti all’interno dello scenario, in una sorta di caccia al tesoro che spesso e volentieri implica salti spettacolari e un’approfondita esplorazione dell’area. Need for Speed Payback offre una storia principale che si completa nel giro di venti ore, ma se a queste si aggiungono tutte le attività collaterali di cui abbiamo parlato qualche riga più in alto e il multiplayer competitivo per otto giocatori, allora il tempo da passare in compagnia con la creazione di Ghost Games aumenta in maniera esponenziale. A livello di giocabilità, l’impostazione del titolo EA è open-world, e si tratta del mondo di gioco più vasto di sempre della serie Need for Speed. Fortune Valley offre chilometri e chilometri di autostrade, strade statali, strade di montagna e di campagna tutti da percorrere ad altissima velocita, ma non finisce qui, infatti oltre a queste zone si aggiunge anche la grande città di Silver Rock, metropoli viva e pulsante che ricorda alla lontana Las Vegas. La vastità di questo mondo si avvicina quasi ai livelli di quello proposto da GTA V, ma stavolta differentemente da ciò che accadeva in passato, c’è la possibilità di andare praticamente ovunque con la propria auto. Scalare montagne, correre attraverso una pianura sterrata o seguire vie secondarie nascoste fra immense sequoie sarà infatti sempre molto utile per scovare tutti i segreti celati nell’enorme area di gioco.

La modalità carriera di Need For Speed Payback ha inizio con un prologo lungo quasi un’ora in cui i giocatori potranno provare le varie tipologie di auto in eventi story-driven, per poi finalmente mettersi alla guida di una vettura di basso profilo. Da questo momento ci si potrà dedicare alle gare della missione principale oppure prender parte ad eventi e gare secondarie. Queste ultime sono fondamentali se si vuole progredire bene nella trama principale non solo perché utili a guadagnare punti Reputazione e denaro per comprare altre auto e potenziamenti, ma anche perché hanno integrato un sistema di scommesse che invogliano il giocatore a ripetere la gara con l’obiettivo di turno (che cambia ogni volta). Inoltre grazie all’ormai collaudato Autolog, battendo il miglior tempo registrato dalla community per quell’evento si potrà ottenere un ulteriore bonus. Vincendo le gare oltre a guadagnare punti reputazione e denaro sonante in proporzione al piazzamento al traguardo, si potranno ottenere come premio anche le così dette speed card, ossia delle carte a cui è affidato il sistema di upgrade delle prestazioni dell’auto. Ce ne sono di diversi tipi: Turbo, Testata, Freni, Nitro, Scarico e via dicendo. Ognuna di esse ha impatto su due o tre caratteristiche di rendimento della vettura, e ogni categoria è disponibile di diversi livelli che ne accrescono l’efficacia. Inoltre, ci sono diversi marchi di Speed Card, ed associandone tre o sei della stessa etichetta si possono ottenere importanti bonus sulle prestazioni della vettura. Le Speed Card possono essere montate immediatamente appena si ricevono come premio, oppure vendute, spedite al garage per applicarle ad altre auto, o ancora scambiate per tentare la fortuna e riceverne una migliore. Poiché le Speed Card possono anche essere comprate in officina con crediti di gioco a un prezzo non proprio economico, questo sistema invoglierà i giocatori a gareggiare tanto al fine di ottenerle gratuitamente. Le carte di potenziamento possano essere anche comprate con denaro reale tramite le famose micro-transazioni, ma a nostro avviso il modo più divertente per godersi il gioco è vincere le corse con quello che si ottiene col sudore della propria fronte e delle mani in pista. Sempre a livello di giocabilità, è importante sottolineare che in Need for Speed Payback esistono cinque categorie differenti di vetture, e di conseguenza di gare. Ogni tipologia di auto può infatti prendere parte esclusivamente agli eventi relativi alla sua classe, ma ognuna di esse può essere utilizzata liberamente per l’esplorazione del mondo di gioco. Le tipologie sono: Sprint (per le gare su asfalto), Derapata (per le gare in cui lo scopo è guadagnare più punti derapando), Off-road (per le gare su sterrato), Accelerazione (per le classiche gare drag in cui è obbligatorio usare il cambio manuale) e Fuga (spettacolari inseguimenti con la polizia in cui si vestiranno i panni della bella Jess). Suddividendo in questo modo le corse, a nostro avviso, EA e Ghost Games hanno fatto la scelta giusta perché così facendo ce n’è davvero per tutti i gusti e chiunque saprà sempre a che cosa va incontro e come affrontarlo. Lo stile di guida dichiaratamente arcade offerto da Need for Speed Payback risulta essere semplice e soddisfacente al tempo stesso. Il sistema di derapate è molto divertente e il comportamento delle vetture che varia a seconda della categoria è decisamente appagante, indipendentemente dal tipo di terreno su cui si corre. Va ricordato però che Need for Speed è anche sinonimo di grande personalizzazione, di tuning e del pimping più estremo e sregolato. In questo capitolo Ghost Games ha curato molto questo aspetto, dando la possibilità agli utenti di potersi sbizzarrire come preferiscono e di modificare pressoché tutte le parti del veicolo, rendendolo unico, esagerato e arrogante.

Need for Speed Payback non è un simulatore di corse e non fa assolutamente niente per nasconderlo. La fisica del gioco è a tratti improbabile, gli incidenti spettacolari si risolvono quasi sempre con ben pochi danni e ci sono vetture modificate che tengono testa a costosissime fuoriserie. Ma il gioco è bello proprio perché è così! Se si vuole vincere si deve lasciare a casa l’indole da guidatore corretto: ogni gara, che sia su strada o su sterrato, richiede un gran numero di sportellate e gesti scorretti, coadiuvati da una discreta conoscenza del terreno di scontro visto che è possibile sfruttare rampe e scorciatoie di vario genere magari per accorciare le distanze tra un checkpoint e l’altro. Il gioco funziona e diverte perché incoraggia chi sta con il pad in mano a comportarsi proprio come non farebbe nella vita reale: spinge ad andare contromano, a sfiorare le vetture che intralciano la strada durante le corse e non e a derapare selvaggiamente per affrontare curve anche tagliando la strada ai nostri avversari, anche a costo di danneggiare la carrozzeria del proprio bolide. A proposito dei danni, ovviamente questi sono presenti, ma si tratta di una caratteristica di natura solo estetica che non fa altro che enfatizzare la vena arcade del gioco. La vettura infatti si distruggerà mano a mano che si colpiscono ostacoli o avversari, senza però mai influire sulle performance della vostra vettura. Gli impatti comunque risultano sempre molto spettacolari, specialmente durante le gare o le missioni della tipologia Fuga che, un po’ sulla falsa riga della serie Burnout, permettono di effettuare degli spettacolari “takedown” su vetture della polizia o della Loggia. Graficamente parlando il Frostbite Engine, fiore all’occhiello delle produzioni targate EA, offre una solidità generale e le prestazioni in termini di frame rate non hanno mai cali improvvisi. Buona anche la resa artistica della città, con macro aree ben diversificate e la possibilità di percorrere le strade di montagna di Mount Providence, zone semidesertiche o ammirare il tramonto da Silver Canyon. I modelli delle vetture fanno egregiamente il loro lavoro mettendo in mostra la bellezza dei bolidi presenti in game, tutto questo è possibile in quanto le carrozzerie sono sempre ben popolate di poligoni e riflessi. Le ambientazioni sono anch’esse ben realizzate ma purtroppo i paesaggi si rivelano quasi anonimi, con textures troppo ripetute, anche se la mappa è correttamente suddivisa in macro aree molto diverse fra loro. Generalmente buono è anche il comparto sonoro. A rendere l’azione adrenalinica c’è una lunga selezione di brani rock, indie rock, elettronica e rap perfetti per gareggiare e percorrere i chilometri da una location all’altra. Il doppiaggio italiano, realizzato da professionisti del settore, è nel complesso buono e credibile. Ottimi invece i suoni emessi dai bolidi e gli altri effetti che caratterizzano l’azione al volante. Tirando le somme, questo Need for Speed Payback, nonostante non sia il miglior gioco di guida attualmente in commercio, a nostro avviso è un titolo che merita di essere giocato perché diverte. Tutto questo grazie alla sua natura arcade che non si perde in lunghe sessioni di regolazioni di assetto e preparazioni pre corsa, ma lancia il giocatore direttamente nell’azione rendendolo protagonista assoluto delle corse. Nonostante la modalità multigiocatore presente sia totalmente di contorno, le tante cose da fare e la possibilità randomica di ottenere le carte corsa rendono l’intera esperienza di gioco assolutamente godibile da ogni tipologia di giocatore. Quindi se amate le corse d’auto, lo stile alla Fast and Furious e una guida tipicamente arcade, Need for Speed Payback è tutto ciò di cui avete bisogno.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

 

Grafica: 8
Sonoro: 9
Gameplay: 8,5
Longevità: 8,5

 

VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Firefox Quantum, il nuovo browser di Mozilla sfida Chrome ed Edge

Firefox Quantum, ossia la cinquantasettesima versione del popolare browser di Mozilla Foundation è finalmente arrivato e sembra proprio avere tutte le carte in regola per far concorrenza a Google Chrome e Microsoft Edge. Quello rilasciato il 14 novembre è il più importante aggiornamento da diversi anni, ma soprattutto è disponibile per tutti: ai possessori di un pc Windows, a chi usa il Mac, Linux, Android e iOS. Aspetto minimal, velocità raddoppiata rispetto alla versione 52, e dunque la necessità di segnare questo passaggio anche a livello comunicativo: non Firefox 57 ma, appunto, meglio Quantum. Un vero e proprio salto generazionale, per il browser. La nuova interfaccia utente, chiamata Photon, si adegua meglio ai monitor e ai display ad alta risoluzione ed è contraddistinta da una serie di modifiche estetiche che riguardano un po’ tutto, dalle schede ai menu più leggibili fino ai diversi tool presenti di default come quello per realizzare gli screenshot. Il browser di Mozilla presenta una parte alta molto ben definita ed elegante. La barra degli indirizzi è infatti affiancata da tre iconcine che consentono di accedere alle opzioni Internet: dai preferiti, alla personalizzazione, fino al menu. I tab, invece, sono quadrati. Una sottile linea azzurrina indica quella principale per differenziarla dalle altre. Particolare interesse destano gli strumenti a disposizione di chi naviga, ad esempio: nella tendina “azioni per questa pagina”, è possibile salvare la pagina in corso in “Pocket” per poi rileggerla più in là, e anche su altri dispositivi. Esiste poi l’opzione “invia al dispositivo” (fruibile esclusivamente se si è attivato il servizio Sync) per poi passare da un device all’altro in fase di lettura. In Firefox Quantum c’è poi anche un’opzione cattura screenshot di serie molto interessante, così che non sarà più necessario ricorrere ad estensioni esterne, inoltre è previsto un supporto di base per tecnologie che sfruttano la realtà virtuale e la realtà aumentata. Molto curata anche l’area dedicata agli sviluppatori, con un “inspector” che sembra essere decisamente interessante. Infine, per tutto quello che concerne la privacy: è ovviamente presente una modalità di navigazione in anonimo, così da lasciare i tracciatori seriali di dati a bocca asciutta: menù a tendina sulla destra e “nuova finestra anonima”. Inoltre nelle preferenze si trova tutta una serie di controlli dedicati alla personalizzazione delle impostazioni relative ai permessi accordati ai siti web durante la navigazione. Si può accedere anche all’elenco dei siti che hanno richiesto le informazioni sulla posizione dell’utente, l’uso della webcam, del microfono o la visualizzazione di notifiche in tempo reale. Firefox Quantum, se paragonato al rivale Chrome, è più conveniente soprattutto per quanto riguarda il consumo di RAM. In seguito a una breve prova con dieci schede aperte contemporaneamente, Chrome esegue 14 processi, mentre Quantum appena sei, meno della metà quindi con un minor impiego di memoria. A conti fatti il software di Mozilla sembra essere stato concepito davvero bene. Difficile dire però quanto tutto questo potrà influire sulle abitudini degli utenti, solitamente infatti le persone hanno difficoltà nel cambiare browser e nell’imparare a utilizzare le nuove funzioni a disposizione. Ora, a pochi giorni dalla sua uscita, non resta altro che aspettare e vedere come sarà la risposta degli internauti.

 

Francesco Pellegrino Lise




Tutto pronto per il Black Friday, ma occhio alle truffe

Anche quest’anno il Black Friday sta arrivando puntuale come un orologio svizzero e già molti negozi, soprattutto online, hanno iniziato a proporre sconti sui loro articoli per attirare a sé il maggior numero di clienti. Ricorrenza americana, il “venerdì nero” è stato accolto gradualmente da molti Paesi, Italia inclusa, con l’intento di organizzare giornate con sconti speciali ed ampliare il proprio giro d’affari. Inizialmente, il Black Friday è stato “importato” dagli eShop americani che operano in più Paesi, come Amazon, ma con il tempo e l’interesse crescente della gente, è stato abbracciato sempre da più realtà commerciali.

 

Precisamente il Black Friday 2017 cade in data venerdì 24 novembre. In quella data scattano gli sconti che si protrarranno presumibilmente per l’intera giornata, spesso scaglionati a lotti successivi per trattenere quanti più clienti per il maggior tempo possibile sui siti degli store interessati. Stessa procedura, ma con appetibilità minore, è prevista per lunedì 27 novembre quando si celebrerà invece il Cyber Monday. Tutto questo interesse verso il Black Friday degli ultimi anni ha scatenato una vera e propria corsa agli sconti con tantissimi negozi online che in questo periodo fanno a gara per proporre l’offerta speciale più creativa in grado di conquistare il maggior numero di acquirenti.

 

Ovviamente tutta questa smania per l’acquisto online a prezzi ridotti non è passata inosservata agli occhi dei truffatori che cercano sempre una nuova via per raggirare gli utenti che durante questo periodo sperano di trovare l’oggetto tanto desiderato a un costo inferiore. In mezzo alle migliaia di promozioni speciali serie ed affidabili che circolano in rete durante il periodo del Black Friday, trovano facilmente posto anche proposte truffaldine che si confondono nel mare magnum delle offerte. Per evitare di cadere nelle trappole dei truffatori in questo particolare periodo dell’anno, è bene osservare alcune regole base che permettono di salvare il proprio portafoglio e di trovarsi in situazioni spiacevoli.

 

La prima regola per effettuare acquisti sicuri durante il Black Friday è ovviamente la più ovvia, ossia: utilizzare sempre il buon senso evitando di farsi trascinare dall’emotività. Ad esempio, quando si trovano sconti “particolarmente incredibili”, soprattutto su prodotti di importanti brand, è bene fermarsi e dubitare della loro regolarità. Trovare uno smartphone di fascia alta con uno sconto del 40% o del 50% è sicuramente una truffa, questo perché, anche nella migliore delle offerte possibili non sarà mai possibile trovare articoli recentemente immessi sul mercato con il prezzo dimezzato. Dunque, il suggerimento è di tenersi bene alla larga da promozioni eclatanti che potrebbero nascondere ben altro.

 

Altra regola fondamentale è quella di scegliere negozi online affidabili con una storia lunga alle loro spalle o grandi catene. Attività nate da poco tempo, con pochi feedback e con offerte sospette, devono essere sempre evitati come la peste. Laddove ce ne sia la possibilità è poi buona norma pagare i propri acquisti attraverso PayPal, questo perché in caso di truffa è possibile aprire rapidamente una contestazione e farsi rimborsare il denaro speso. PayPal, inoltre rappresenta una piccola garanzia sulla qualità di un eShop. I negozi online che mirano a truffare la propria clientela permettono, nella maggior parte dei casi, solo il pagamento attraverso carta di credito ed evitano PayPal. Questo perché puntano direttamente a “rubare” i numeri delle carte di credito. Ovviamente nel Black Friday è buona norma controllare attentamente la URL del sito su cui si ha intenzione di fare acquisti.

 

Se l’indirizzo web è BustBoy,com o qualcosa di simile invece di BestBuy.com, non fate assolutamente nulla su questa pagina e soprattutto non inserite i vostri dati finanziari nei moduli da compilare. Naturalmente, ultima ma non per questo meno importante delle regole è disporre di un buon antivirus, un software ben aggiornato, magari con supporto anti-phishing in grado di riconoscere preventivamente i siti dalla natura dubbia per evitare d’incappare in brutte sorprese. Alla luce di quanto detto, l’importante quando si parla di Black Friday, Cyber Monday, sconti di Natale, ma anche per gli acquisti di tutti i giorni è sempre bene scegliere di affrontare le spese con un minimo di sospetto, l’eccesso di zelo in questi casi potrebbe salvarvi il portafoglio ed evitarvi tutti quei problemi legati al furto dei dati della carta di credito, bancomat o prepagata che sia.

 

Francesco Pellegrino Lise




Meetic, per la Community italiana 6 single su 10 credono alla sfortuna

Per gli inglesi è venerdì 13, per gli italiani il 17. E quest’anno il calendario lo ha segnato per ben tre volte. Dopo quelli di febbraio e marzo, è arrivato il momento della giornata mondiale contro la superstizione, il cosiddetto “gatto nero day”, che cade proprio di venerdì 17 novembre. Ma davvero nel terzo millennio c’è ancora chi crede nella sfortuna ed è scaramantico? Secondo quanto emerge da un’indagine condotta da Meetic, il leader europeo nel dating, la community italiana di single coinvolti conferma con il 59% di essere superstiziosa. Eppure solo il 20% ammette di possedere un amuleto capace di proteggere dalle iettature sfortuna e aiutare nelle difficoltà. La maggioranza si accontenta di una toccata di ferro e passa la paura. In ogni caso, credere nella fortuna/sfortuna pare non sia un limite nelle relazioni: il 75% dei single, infatti, sostiene che frequenterebbe senza pregiudizi una persona superstiziosa, anzi c’è di più. Secondo i dati del LoveGeist, lo studio annuale sui single di tutta Europa, il 7% degli italiani crede che l’essere superstizioso è un’imperfezione a tutti gli effetti che, strano ma vero, nel 15% dei casi non viene vista come un difetto, ma bensì rende l’ipotetico partner ancora più interessante. Tra le credenze più comuni, come afferma il 23% dei single, è lo specchio rotto quello che fa più paura, seguito dalla bottiglia di olio in frantumi con il 18% delle preferenze e il gatto nero che attraversa la strada con il 13%. Percentuali nettamente inferiori per il sale rovesciato, l’eptacaidecafobia (cioè la paura del numero 17), il carro funebre, il passare sotto una scala, l’ombrello aperto in posti chiusi, la scopa sui piedi e il cappello sul letto. Insomma, una serie di stranezze che trovano ancora un’audience notevole nel belpaese e nel mondo. Dato che “solo” superstizioni, ben l’85% dei single italiani coinvolti ha deciso che sfiderà coraggiosamente l’imminente venerdì 17 evitando di prendere particolari provvedimenti per farsi scudo dalla sfortuna. Anche se c’è sempre un buon 34% che ammette di utilizzare diversi portafortuna per affrontare situazioni simili. Quelli che vanno per la maggiore sono quelli legati alla tradizione, gli amuleti per antonomasia: dalla tenera coccinella (24%) alla classica toccata di ferro (21%) e l’intramontabile quadrifoglio (20%). Perdono smalto e diventano quasi desueti il mitico cornetto rosso (8%), le tradizionali corna (2%) e l’aglio (1%). E se persino nella smorfia napoletana il numero 17 indica “a Disgrazzia”, nel linguaggio dell’amore è un plus che rende chi è scaramantico e superstizioso un pizzico più intrigante agli occhi dell’altro. Sarà perché l’amore è cieco? A cupido l’ardua sentenza!

 

F.P.L.




Assassin’s Creed Origins, la saga rinasce nell’antico Egitto

Dopo uno sviluppo lungo ben quattro anni e un anno di “pausa” dagli schermi, la lotta senza tempo fra Assassini e Templari torna su Pc, Xbox One e PlayStation 4. Assassin’s Creed Origins è un titolo ricco di sfaccettature: si tratta di un ritorno come suggerisce il titolo stesso alle origini, di un vero prequel, di una finestra sulla genesi del brand e di un importante punto di ripartenza per la serie che negli ultimi episodi era rimasta arenata in degli schemi troppo ripetitivi. Ashraf Ismail, che fu Game Director di Assassin’s Creed IV: Black Flag, con questo nuovo titolo ha così dato nuova vita al franchise esaltandone i punti di forza e distruggendo al tempo stesso alcuni schemi che lo avevano accompagnato fin dalla prima istanza. Grazie a un certosino lavoro di ristrutturazione Assassin’s Creed: Origins riesce a spogliare il brand da quell’abito troppo vecchio fatto di regole diventate ormai scomode: il livello di profondità nella scrittura delle missioni secondarie è il più alto registrato nella serie fino a oggi, l’esplorazione diventa parte integrante dell’esperienza narrativa e la “lore” storica è minuziosamente incastonata in ogni angolo del mondo di gioco dando così a chi gioca il giusto senso di profondità che da tempo mancava. Intendiamoci, Assassin’s Creed resta sempre fedele a se stesso, alla sua essenza, al suo “credo”. Origins, per quanto riguarda il concept di base, è senza dubbio il capitolo più importante della serie sin dal trionfo del secondo episodio: un’opera, è proprio il caso di dire, faraonica, capace di bilanciare rinnovamento e classicismo, tenendo i piedi saldamente piantati nel passato del marchio, ma orientando lo sguardo in direzione del suo futuro. Per raccontare le origini del Credo, Ubisoft ha deciso di ambientare Assassin’s Creed Origins nell’antico Egitto, durante il periodo tolemaico, finestra temporale ricca di spunti interessanti e in grado di intrecciarsi, come al solito, con la vera storia dell’umanità. In un periodo difficile per il popolo egiziano, Bayek, il nuovo protagonista, si ritroverà all’interno di un intreccio socio-politico che lo porterà a scoprire realtà sconcertanti, spronandolo così a prendere decisioni importanti. La trama di questo ultimo spettacolare capitolo della serie è veramente appassionante, un’autentica discesa agli inferi per il Medjay, che sarà affiancato dalla carismatica e riuscitissima Aya, moglie del protagonista e personaggio in grado di rubare la scena più e più volte. Aya è certamente meglio caratterizzata di Bayek, che nonostante uno spunto interessante sul finale rimane piuttosto piatto e motivato da un solo, singolo sentimento: la vendetta. La narrativa ripercorrerà la lotta del popolo contro i poteri forti, rappresentati da una cabala che precede la formazione dei veri Templari. La struttura narrativa si divide in quattro atti più un epilogo, che in totale dureranno non meno di 30 ore di gioco. La storia di Origins è costruita in modo tale da arrivare a un climax finale d’impatto e assolutamente emozionante. La quest principale invoglia qualsiasi giocatore ad arrivare fino in fondo e, nonostante qualche sezione intermedia leggermente piatta, il climax non si ferma per l’intera durata della trama. In più di un’occasione ci saranno presentati vari bersagli e saremo liberi di eliminarli nell’ordine che riterremo più adatto. Attenzione, però: affrontare nemici di livello eccessivamente superiore al nostro può rivelarsi un’esperienza scoraggiante, e in ogni caso l’universo narrativo è studiato per essere vissuto a tutto tondo, alternando i contenuti delle missioni secondarie alla fiamma che ci spingerà verso il proseguo dell’avventura.

L’open world di Origins è veramente incredibile, soprattutto nel colpo d’occhio: Alessandria, Menfi e tutte le città d’Egitto presenti nel gioco sono realizzate con una cura estremamente raffinata. Proprio a riguardo è bene sottolineare come dal punto di vista tecnico Origins eccelle: dalle case più piccole alle costruzioni più grandi e sfarzose, tutto è realizzato con un’attenzione e un rispetto particolare verso un territorio che in età antica offriva davvero uno spettacolo impressionante, qui riproposto in un’incarnazione digitale assolutamente credibile e immortalabile grazie a un photomode sorprendentemente malleabile. La gente che popola l’Egitto poi è viva: lavorano, discutono, interagiscono fra di loro e riconosceranno Bayek, accogliendolo come un salvatore. Uscendo dagli agglomerati urbani si attraverserà e ci si perderà nella bellezza del deserto, bellezza che lascia veramente senza fiato per la sua immensità: chilometri e chilometri di dune, intervallati da misteriose strutture o dalle imponenti piramidi di Giza. L’esplorazione del territorio sarà fondamentale, per scoprire tutti i segreti della Prima Civilizzazione: tombe, piramidi, grotte e altre piccole chicche che contribuiscono a creare un mondo di gioco quasi perfetto, per estetica e capacità di immergere il giocatore al suo interno. Ma attenzione, viaggiando per troppo tempo sotto il caldo opprimente del sole: Bayek potrebbe avere anche delle allucinazioni… Detto questo, i puristi della saga si staranno chiedendo: e l’Animus che fine ha fatto? Come riprendere in mano una narrativa oramai spersonalizzata e da troppo tempo orfana di un reale punto di riferimento? La risposta è celata in una ragazza decisa a ritagliarsi uno spazio importante all’interno della multinazionale Abstergo, una giovane che dimostra un carattere forte come non lo si era mai visto in un operatore nostro contemporaneo, men che meno in Desmond Miles. Layla rappresenta uno strumento che mancava da troppo tempo all’interno della saga, una finestra sul presente con un volto e una caratterizzazione ben definiti.

Venendo alle novità più succose, il combat system riveste un ruolo da protagonista. Lasciandosi alle spalle la vecchia versione dinamica, il nuovo progetto include un sistema di combattimento molto più tattico e basato su attacchi leggeri, pesanti, parate, schivate e utilizzo dell’arco. La struttura ricorda alla lontana quella dei Souls e di sicuro aggiunge un valore importantissimo alla produzione. Grande varietà nelle lotte viene data dalle armi che si utilizzeranno che a seconda dell’archetipo (spada, lancia, mazza, bastone e via discorrendo) cambieranno completamente il set di mosse e soprattutto la rapidità degli attacchi. Questo aspetto è molto positivo e offre finalmente un certo grado di qualità e varietà, oltre che la necessità di assimilare al meglio tutte le mosse per padroneggiare perfettamente tutte le armi per venir via da ogni situazione. Nonostante sia possibile giocare e svolgere molte missioni utilizzando tecniche evasive, alla fine il gioco spinge il giocatore sempre a combattere. Qui emergono alcuni problemi, da ambedue i lati: nelle fasi stealth si potrà uccidere non badando alla distanza fra una guardia e l’altra, ma facendo attenzione solo al campo visivo e programmando efficaci strategie tramite l’utilizzo di Senu, la fidata aquila di Bayek; nelle fasi action invece i nemici eviteranno di attaccare in massa, o comunque gestiranno la situazione. Questo crea scontri contro massimo quattro/cinque avversarsi con il resto della truppa che resta a guardare prima di intervenire. In Assassin’s Creed Origins ci sarà a disposizione anche una “super abilità” che si ottiene caricando al massimo la barra dell’adrenalina: a seconda delle armi si entrerà in una fase di super potenza/agilità, oppure si potrà eseguire una mossa quasi letale, molto utile contro i nemici di alto rango. Insomma, grazie a questo nuovo sistema di combattimento, gli scontri saranno più belli da vivere rispetto al perché richiederanno sempre un pizzico di abilità valorizzando decisamente il gmeplay. Per quanto riguarda le novità introdotte da Assassin’s Creed Origins, a fare da spalla al nuovo sistema di combattimento c’è il sistema di progressione di Bayek. Questo è stato concepito sulla falsa riga di un gioco di ruolo ma è stato sviluppato per essere integrato ad un action open world come l’ultima opera di Ubisoft. Oltre alle armi, sarà necessario prestare molta attenzione all’equipaggiamento e alle abilità. Per quanto riguarda il primo, non sarà possibile ottenerne di nuovo, ma solo potenziare quello esistente, aumentando quindi danno corpo a corpo, danno da distanza, salute, capienza delle frecce, efficacia della lama celata e via discorrendo. Per fare ciò è però necessario recuperare diversi materiali sparsi in lungo e in largo per il mondo di gioco, cacciando animali, depredando i trasporti merci e talvolta comprandoli dai venditori. Lo sviluppo di Bayek basta e avanza per completare il gioco; potenziare l’equipaggiamento sarà una cosa in più che certamente rende l’esperienza più intrigante e longeva, ma non è fondamentale ai fini dell’end game.

L’albero delle abilità invece si divide in tre rami che s’intersecano l’un l’altro, ossia: Guerriero, Cacciatore e Veggente. Ogni ramo ovviamente si riferisce alle capacità d’utilizzo di armi, arco e dinamiche stealth. Come al solito bisognerà decidere quale parte sviluppare maggiormente, scelta che sarà bene far ricadere sullo stile di gioco che si preferisce. Le statistiche principali di Bayek sono solo tre: salute, danno corpo a corpo e danno da distanza. Per accrescerle sarà necessario aumentare di livello ottenendo punti esperienza. Ed è proprio qui che entra in funzione il cuore dell’open world di Origins, costituito da quest e sotto quest. La grande mappa di gioco è divisa in aree con livello consigliato e per poterle esplorare sarà imprescindibile essere di livello pari oppure inferiore di massimo due unità. Nonostante la libertà d’esplorazione e azione, Origins mette in pratica un sistema di gestione delle attività e del livellamento efficace, ma con qualche difetto, che emerge soprattutto nell’atto due dove chi non ha l’abitudine ad affrontare le missioni secondarie dovrà passare alcune ore a “farmare” materiali. Dal menù principale si potranno gestire tutte le missioni attive, vedendo anche il livello consigliato per ciascuna di esse. Solitamente lo svolgimento tipo per progredire bene nell’avventura è questo: si fanno due/tre missioni principali, per poi arrivare a uno sbarramento creato proprio dal gioco, che proporrà quest primarie di livello molto superiore a quello del protagonista. Proprio qui i giocatori dovranno dedicarsi alle sotto missioni e a tutte quelle attività che garantiscono la crescita del personaggio. Un ultimo plauso va sicuramente fatto al comparto audio che offre un doppiaggio in lingua italiana veramente ben fatto e una serie di effetti sonori e musiche assolutamente ben realizzate e in grado di rendere l’intera esperienza di gioco ancora più immersiva. Tirando le somme: Assassin’s Creed Origins è un titolo che passa l’esame a pieni voti. L’ambientazione dell’antico Egitto è stata sfruttata egregiamente, sia a livello di texturizzazione che nell’ambito del level design. Nonostante l’inserimento di numerose attività collaterali, la trama riesce a mantenere un ruolo preponderante e, soprattutto, stupisce sempre lo spettatore mostrando al tempo stesso un elevato grado di rispetto verso la linea del tempo originale della saga. Assassin’s Creed Origins è l’esempio a cui molti producers dovrebbero ispirarsi quando si punta a un rinnovamento delle dinamiche di gioco senza danneggiare tutto ciò che di bello e di buono è stato in passato. Il lavoro svolto da Ubisoft è a tutti gli effetti un gran successo, un’opera che ha donato valore all’intera saga rispettandone i canoni ma rinnovandola laddove ce n’era realmente bisogno. Insomma, sia che siate neofiti della saga, sia che siate veri appassionati, perdersi un gioco del calibro di Assassin’s Creed Origins sarebbe un vero errore.

 

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 9,5
Sonoro: 9,5
Gameplay: 9
Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise