Facebook parte alla conquista del business musicale

L’inarrestabile avanzata di Facebook prosegue senza sosta, e stavolta il colosso di Mark Zuckerberg muove il primo vero passo nel business musicale diventando un serio rivale per YouTube. Il social da due miliardi di utenti ha infatti stretto un accordo di licenza globale pluriennale con l’etichetta Universal Music Group, controllata dalla francese Vivendi. Grazie all’intesa il social network più usato al mondo permetterà ai suoi iscritti di caricare legittimamente filmati con le musiche di brani della Universal. Non solo sul social ma anche su Instagram e sulle altre piattaforme controllate. Tra gli artisti di Universal figurano nomi di spessore come ad esempio Jay-Z, Rihanna, Bruce Springsteen e Justin Bieber. Tutto ciò rappresenta un colpo veramente duro che la compagnia di Menlo Park assesta a YouTube, controllata da Google, che proprio pochi giorni fa ha stretto un’intesa con la stessa Universal e con Sony Music Entertainment. Nemmeno Spotify o Apple Music possono dormire sonni tranquilli. Per ora Facebook non ha intenzione di lanciare un servizio di musica in streaming, ma questo accordo potrebbe fungere da apripista per novità future. Il social conferma la sua strategia di voler valorizzare i video online, con l’obiettivo di spingere gli utenti a guardare e condividere sempre più filmati e di attrarre investitori pubblicitari. Qualche giorno fa ha annunciato che dal prossimo anno gli spot verranno introdotti a inizio clip e saranno di sei secondi. Una novità che riguarderà, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, i video presenti nella piattaforma dedicata che si chiama Watch. Insomma, il colosso di Zuckerberg ancora una volta amplia i suoi orizzonti ponendo le basi per tantissimi progetti e feature che sono destinate a entrare nelle nostre vite.

F.P.L.




MotoGP 2017, tutti in sella con il videogame ufficiale del Motomondiale

Amanti del motociclismo e del gaming è finalmente giunto il vostro momento. Anche quest’anno infatti l’italianissima Milestone porta su Pc, Ps4 e Xbox One il videogioco ufficiale dedicato al motomondiale ossia: Moto GP 2017. Con questo nuovo titolo la software house tricolore non si discosta dai precedenti episodi per quanto riguarda le classiche modalità di gioco, che ovviamente sono incentrate sulla stagione 2017. Con a disposizione tutti i piloti, le moto, le piste e anche 70 campioni storici appartenenti alle diverse classi 4 tempi e 2 tempi, ci si può lanciare nella modalità Carriera cominciando dalla novità di quest’anno, ossia la Red Bull Rookies Cup. Qui si possono acquisire la giusta esperienza per poter salire sino alla categoria più ambita, che è ovviamente la MotoGP. Modalità Carriera a parte, si potrà comunque spezzare il ritmo affrontando i Gran Premi con vecchie moto a due e quattro tempi che rappresenteranno un divertente espediente per ricordare le gare di altri tempi. Ma attenzione, per poter vivere tali ricordi sarà necessario sudarseli per cui, mentre il più recente Valentino Rossi è da subito disponibile, il primissimo “Dottore” dell’Aprilia RS125 va sbloccato a suon di vittorie.

Nel gioco non è presente un tutorial, ma una corposa sezione di modalità per gare veloci permette ai giocatori di mettersi alla prova selezionando tra Gran Premio, Campionato, Prova Cronometrata e Schermo Condiviso. Detto questo, una volta avviato MotoGP 2017 il menu principale presenta diverse opzioni fra cui spicca: una campagna single-player molto corposa che offre come novità assoluta la modalità Carriera Manageriale, dove si potrà creare e gestire un team MotoGP con tutte le variabili e le problematiche tecnico-commerciali che ne conseguono. L’obiettivo come Team Manager è arrivare alla classe MotoGP partendo dalla Moto3, e ovviamente non sarà una passeggiata. Per raggiungere questo risultato, infatti, servirà selezionare correttamente non solo i piloti ma anche tutto lo staff che dovrà supportarli. Quindi serviranno ingegneri, tecnici, massaggiatori, cuochi, esperti di marketing e soprattutto i risultati. Solo con vittorie e crediti guadagnati sarà possibile migliorare il team e attirare gli sponsor che aiuteranno finanziariamente la scuderia scelta a raggiungere l’obbiettivo principale. Questa modalità è molto articolata, perché non si basa solo e soltanto sulle corse ma sul gestire la vita dei propri piloti in gara e fuori, il che significa curare la loro salute fisica e la loro immagine anche con campagne marketing e di social PR, inserendo così nel titolo una componente RPG del tutto nuova ed interessante. Qualsiasi modalità di gioco si scelga, MotoGP 2017 risulta subito familiare a chi ha già avuto a che fare con gli ultimi giochi Milestone dedicati alla categoria.

Purtroppo il titolo è ancora basato sul vecchio motore grafico della software house, quindi, mentre sicuramente le motociclette hanno un livello di dettaglio migliorato, ci sono problemi con i tracciati che presentano colori troppo piatti e omogenei. I fondali, le aree che costeggiano le piste ed il pubblico sono uniformi, mancano di dettagli e sono poco credibili. Insomma, tutti quegli effetti realistici e grafici che servono a disegnare tracciati e scenari moderni e credibili sono assenti. La gara non ha quindi lo stesso impatto che ci si aspetterebbe e lo spettacolo non è completo se paragonato ai videogiochi, soprattutto di auto, attualmente in circolazione. Nonostante, dal punto di vista grafico, sembri di giocare a un titolo non molto recente, dove Milestone ha fatto centro con il suo nuovo MotoGP 2017 è sicuramente con il frame rate che resta sempre inchiodato sui 60 fps rendendo l’azione sullo schermo fluida ed estremamente godibile. La fisica, poi, è di buon livello quando si parla di impostazione delle traiettorie e reazione del mezzo a sollecitazioni o piccole collisioni, quello che si vede sullo schermo è assolutamente realistico. Una volta tolti gli aiuti, la differenza tra una dura Ducati e le più agili scuderie nipponiche è decisamente percettibile nella governabilità del mezzo. L’intelligenza artificiale, poi, risulta decisamente migliorata in linea generale rispetto a quanto visto in passato e questo fa sì che il gameplay possa offrire un livello di sfida buono. In MotoGP 2017 per quanto riguarda le personalizzazioni di pilota e mezzi è stato fatto veramente un lavoro eccezionale. I dettagli sono molto soddisfacenti, sia per quanto riguarda le silhouette dei piloti famosi, che per ciò che concerne le personalizzazioni degli accessori e delle livree delle moto. Sicuramente l’accordo di licenza siglato con Dorna Sports, titolare di molti diritti della MotoGP, ha portato all’interno del gioco la possibilità di utilizzare un’infinità di sponsor ufficiali. Ma il lavoro di Milestone sul nuovo MotoGP 2017 non finisce qui, infatti, nuove ed originali campionature dei motori delle moto rappresentano un passo importante nel creare la giusta atmosfera di gara, facendo leva sulle emozioni che possono creare i differenti ruggiti che si possono ben distinguere quando si cambia moto. Per quanto riguarda il multigiocatore, MotoGP 2017 offre la Stagione Co-Op, dove bisognerà gareggiare privatamente solo con gli amici, oppure le classiche modalità Gran Premio e Campionato in cui si potrà creare una partita privata o lanciarsi nel matchmaking e affrontare giocatori da ogni parte del globo. Tirando le somme, con questo MotoGP 2017 Milestone ha fatto centro a metà, infatti nonostante l’aspetto grafico piuttosto deludente rispetto ad altri titoli racing attualmente in commercio, il gioco riesce a divertire parecchio grazie ai 60 fps a un’intelligenza artificiale nel complesso buona e alle tante possibilità di gioco offerte. Se a quanto detto si aggiungono una grandissima varietà di personalizzazioni e la profondità della nuova modalità carriera, si può sinceramente dire che, a patto di essere veramente appassionati di motociclismo, MotoGP 2017 è un acquisto davvero obbligatorio.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 6,5
Sonoro: 7,5
Gameplay: 7,5
Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

 

Francesco Pellegrino Lise




MXGP 3: fango, salti e corse realistiche nel nuovo titolo di motocross per Pc e console

Se quello che volete sono fango, copertoni, salti incredibili e corse fuoristrada mozzafiato, Milestone ha quello che fa per voi. L’italianissima software house ha infatti lanciato su Pc, PS4 e Xbox One l’incredibile MXGP 3, videogame tutto dedicato all’intrigante quanto spericolato mondo del motocross. L’aspetto più interessante di questo titolo è senza dubbio il bellissimo comparto grafico che merita di essere descritto subito. Tale passo avanti rispetto al suo predecessore è stato possibile grazie all’impiego dell’Unreal Engine 4, favoloso motore grafico che da oltre un anno faceva sospirare i giocatori dei titoli Milestone per il mancato impiego nelle precedenti produzioni, e che finalmente esordisce con un gioco che sembra fatto apposta per mostrarne la potenza e porre delle solide basi per tutto quello che potrebbe significare nei prossimi anni con i capitoli futuri. Lo sforzo congiunto di Milestone ed Epic ha infatti portato alla realizzazione di un comparto grafico da urlo che offre una modellazione di moto, piloti e ambientazioni che lascia letteralmente a bocca aperta, soprattutto sfruttando la visuale dal casco, a nostro avviso la più riuscita e immersiva tra quelle disponibili in MGXP 3. A rendere ancor più convincente l’effetto globale è la deformazione del terreno man mano che le moto vi passano sopra, che si differenzia notevolmente in funzione delle condizioni meteo, così come gli effetti particellari e luminosi, che si rivelano sempre assolutamente convincenti. Il tutto avviene con una fluidità più che accettabile, anche se il frame rate è ancorato sui 30 fps, scelta probabilmente dettata dalla prudenza dell’esordio con il nuovo motore grafico. L’attenzione alla componente fisica Physx, fondamenta dall’utilizzo dell’Unreal Engine 4, è stata in grado di restituire una resa molto più coerente dell’azione della moto rispetto al passato. Aprire completamente l’acceleratore subito dopo l’uscita da una curva lenta non è una soluzione possibile, perché porterebbe a cadere a terra dopo poco tempo. Dosare, aprire il gas in curva per raddrizzare la posizione, spostare il peso del corpo per aderire meglio al tracciato, sono azioni che si incastrano nel modello di guida facendole diventare necessarie ed efficaci se si vuole arrivare al primo posto.

Anche il sonoro è stato rivoluzionato traendo vantaggio dalle novità del comparto tecnico: i ruggiti delle moto, che siano a 2 o 4 tempi, sono stati riprodotti con il metodo procedurale sulla base di campionamenti, e va detto che l’effetto si rivela davvero convincente. Tra le modalità per il singolo giocatore, quella che spicca per quantità di contenuti in MXGP 3 è senza ombra di dubbio la carriera. Il focus è incentrato sulla figura del pilota, tanto che la prima attività da fare sarà proprio creare l’alter ego virtuale con nome e abbigliamento dedicato, scegliendo tra le molteplici opzioni a disposizione. A cavallo delle due categorie principe, MXGP e MX2, partendo come aspiranti campioni dalla seconda, sarà possibile interpretare il ruolo di piloti di una propria squadra personalizzata oppure di una ufficiale. Nel caso in cui ci si trovasse nella prima situazione, sarà premura di chi gioca scegliere la moto, potenziarla con i crediti guadagnati partita dopo partita e affidarsi a degli sponsor. Avendo invece a che fare con la seconda situazione bisognerà semplicemente dare il massimo in pista. Sarà possibile cambiare qualora una squadra dovesse raggiungere un determinato livello d’interesse in seguito alle performance in gara, allora si potrà scegliere se continuare con il team originale, o passare a uno ufficiale, oppure cambiare sponsor. Tutto scorrerà via liscio, senza intoppi vari, con una progressione di questa parte “manageriale” molto semplificata: forse troppo poco coinvolgente da una parte, ma che dall’altra parte avrà il pregio di far dedicare anima e corpo alle corse. Continuando a battere la strada dei contenuti presenti in MXGP 3, sono presenti anche la modalità campionato, gran premio, time attack e infine la Monster Energy Fim MXON. Se le prime sono immediatamente comprensibili, l’ultima consiste in una sfida a nazioni, con l’unico obiettivo di mettere a confronto i migliori piloti della scena internazionale. Nessuna di queste è in grado di eguagliare le potenzialità della sopra descritta carriera, ma permette comunque di affondare le ruote dell’asfalto in men che non si dica, mettendo i giocatori continuamente alla prova secondo le modalità che sceglieranno di volta in volta. Per impratichirsi con le varie tecniche, è anche possibile sfruttare la modalità solitaria Compound, dove ci sarà a disposizione un intero circuito e si potrà percorrerlo come si vuole, senza alcun tipo di limitazione. In MXGP 3 è presente anche la possibilità di sfidare altri giocatori in gare multiplayer online, anche se attualmente la poca presenza di persone sui server fa affrontare partite poco popolate e spesso interrotte per disconnessione dall’host. Tirando le somme, nonostante il titolo appartenga a una categoria poco seguita rispetto a tante altre, MXGP 3 rappresenta veramente un bel titolo, capace di emozionare e di far apprezzare anche ai neofiti la bellezza di uno degli sport più spericolati al mondo.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5
Sonoro: 8
Gameplay: 8
Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




La Sicilia prende le distanze dalla Calabria: scoperta una “finestra” sotto lo Ionio

Un sistema di spaccature profonde, una vera e propria ‘finestra’ sotto il mar Ionio e’ stata scoperta dai ricercatori italiani. Una scoperta importante che contribuisce a spiegare il lento ma progressivo allontanamento della Sicilia dalla Calabria e l’alto rischio di terremoti nella zona. ”Le numerose campagne oceanografiche effettuate nella zona – spiega la ricercatrice del Cnr, Alina Polonia – hanno permesso di scoprire un sistema di faglie diffuso non lontano dalle coste che ora puo’ essere sorvegliato.

”Aver scoperto questo sistema di faglie in mare – spiega ancora Alina Polonio – e’ positivo. Faglie a terra, infatti, farebbero senz’altro piu’ danni. ”Si tratta – prosegue la ricercatrice – di processi lenti e non catastrofici – che confermano i rischi geologici che la zona conosce”. Lo studio e’ stato condotto da ricercatori dell’Istituto di scienze marine Ismar-Cnr di Bologna, dell’università di Parma, dell’Ingv e del Geomar (Germania) e pubblicato su Nature Communications e aiuterà anche a capire la formazione le catene montuose e i forti terremoti storici. Lungo queste strutture, infatti, risale materiale del mantello che formava il basamento dell’oceano mesozoico da una profondità di circa 15-20 km.

Lo studio, che si intititola Lower plate serpentinite diapirism in the Calabrian Arc subduction complex, è stato condotto da un team di ricercatori delle diverse strutture e consente di osservare da vicino blocchi dell’antico oceano, svelando i processi che hanno portato alla sua formazione. “Le faglie lungo le quali risale il mantello della Tetide – spiega ancora Alina Polonia, ricercatrice Ismar-Cnr e coordinatrice della ricerca – controllano anche la formazione del Monte Etna, dimostrando che si tratta di strutture in grado di innescare processi vulcanici e causare terremoti. Queste faglie, infatti, sono profonde e lunghe decine di chilometri, e separano blocchi di crosta terrestre in movimento reciproco”. Attraverso uno studio multi-disciplinare, che integra immagini acustiche del sottosuolo, dati geofisici e campioni di sedimento, acquisiti nel corso di spedizioni scientifiche con la nave oceanografica del Cnr Urania, è stato possibile identificare le faglie, ricostruire la loro geometria e scoprire anomalie geochimiche nei sedimenti legate alla presenza di fluidi profondi.

L’analisi di tutti i dati raccolti ha permesso di proporre un modello geologico che conferma l’origine profonda del materiale in risalita lungo le faglie. “Grazie a questa scoperta – prosegue Alina Polonia – l’Arco Calabro, il sistema di subduzione tra Africa ed Europa nel Mar Ionio, ha un importante primato: è l’unica regione al mondo in cui sia stato descritto materiale del mantello in risalita dalla placca in subduzione.

Questa scoperta avrà importanti implicazioni per capire meglio come si formano le catene montuose e come questi processi siano legati ai forti terremoti storici registrati in Sicilia e Calabria”.




L’iMac Pro arriva anche in Italia a partire da 5.599 euro

Apple lancia giusto in tempo per Natale l’iMac Pro, il nuovo computer desktop svelato alla conferenza degli sviluppatori del giugno scorso e in vendita da oggi, anche in Italia. Pensato per gli utenti professionali, cui offre caratteristiche top di gamma, il pc non è però un regalo alla portata di tutti, il prezzo infatti, parte dai 4.999 dollari negli Stati Uniti – che diventano 5.599 euro in Italia – e arriva fino a oltre 13mila dollari. L’iMac Pro è “il Mac più potente mai creato da Apple, progettato per supportare i flussi di lavoro più complessi degli utenti professionali”, per “editing grafico evoluto, realtà virtuale immersiva e rendering 3D in tempo reale”, spiega Apple. Il computer “all in one” ha un display Retina 5K da 27 pollici che supporta un miliardo di colori, processori Xeon da 8 a 18 core ed elaborazione grafica fino a 22 teraflops, racchiusi in un guscio nel colore grigio siderale. Monta una scheda grafica Radeon Pro Vega, Ram fino a 128 GB e memoria Ssd fino a 4 TB. Insomma, se avete esigenze lavorative particolari con iMac Pro sarà possibile fare qualunque cosa e il costo è sicuramente giustificato, ma se avete intenzione di utilizzarlo per diletto è preferibile navigare verso altri lidi.

Caratteristiche nello specifico

Gli iMac Pro sono disponibili rigorosamente con processori Intel Xeon, fino a 18 core (Turbo Boost fino a 4,5 GHz), con capacità grafiche fino a 22 Teraflops e display 27 pollici Retina con risoluzione 5K (500 nits di luminosità). A queste “macchine” spetta per il momento lo scettro di soluzioni più potenti in assoluto nel catalogo Mac. Gli all-in-one iMac Pro saranno destinabili senza patemi quindi a tutti i carichi di lavoro immaginabili con la grafica 3D, rendering, applicazioni immersive di AR e VR, ma anche flussi di lavoro e testing intensiv per gli sviluppatori, l’elaborazione fotografica di alto livello con file anche di diverse centinaia di Mbyte e ovviamente l’elaborazione video 4K e 8K. Il comparto grafico è alimentato con Gpu Radeon Pro Vega (8 e 16 Gbyte di memoria ad ampia banda – HBM2), sono supportati i dischi fino a 4 TB SSD e fino a 128 Gbyte di memoria Ram ECC. iMac Pro dispone inoltre di 4 porte Thunderbolt, e quattro porte USB 3 oltre allo slot SDXC mentre per la rete è disponibile la connettività 10 Gbit Ethernet e WiFi 802.11 ac, oltre a Bluetooth 4.2. Tanta potenza è erogabile ora anche senza porsi preoccupazioni sulla corretta dissipazione perché Apple ha completamente ridisegnato l’architettura “termica”, così da consentire ad iMac Pro di offrire capacità di raffreddamento fino all’80 percento superiori con un design esterno per nulla rivoluzionato. I nuovi iMac Pro hanno uno spessore di appena mezzo centimetro sul bordo, arrivano completi di Magic Keyboard, Magic Mouse e Magic Trackpad. Gli iMac Pro sono corredati di quattro microfoni e di una Webcam 1080p Face Time HD.

 

F.P.L.




Destiny 2 si espande con il primo dlc: La maledizione di Osiride

A distanza di tre mesi dal lancio, Destiny 2 (qui la nostra recensione) si espande su Pc, Xbox One e Ps4 con il dlc La Maledizione di Osiride. Gli eventi narrati in questa nuova parentesi del titolo di Activisione e Bungie sono collocati temporalmente un paio di mesi dopo la Guerra Rossa e gli eventi narrati nel gioco base, quindi in seguito al risveglio del Viaggiatore e sarà proprio questo l’evento scatenante che darà il via a tutta la trama principale. All’inizio gli eventi narrati saranno introdotti da una sequenza cinematica di qualche minuto (che potete guardare qualche riga più in basso) che introdurrà la figura di Osiride, stregone e guardiano tra i più potenti in assoluto, alle prese con una battaglia Vex, che in seguito si scoprirà essere una simulazione di questi ultimi. All’interno di questa location, che ai giocatori più fedeli alla saga ricorderà subito la Volta di Vetro, Osiride si imbatterà in un’infelice scoperta: il futuro. Lo stregone scoprirà infatti che i Vex hanno capito come trionfare su bene e male, come spazzare via tutte le forme di vita dal sistema solare e che, soprattutto, sono a conoscenza della sua intrusione. Visivamente scosso, Osiride capisce che se vuole avere una possibilità per impedire che il futuro osservato diventi realtà, deve avvisare i Guardiani, separandosi dal suo fidato spettro Sagira per lanciarlo in un portale. Prima di riuscire a superare tale accesso, Sagira viene però colpita, disattivandosi e non potendo giungere a destinazione. A questo punto ha inizio l’avventura. Un ruolo particolarmente importante in questo dlc lo ricoprirà Fratello Vance, il fanatico numero uno di Osiride che, grazie alle sue conoscenze, consentirà di risvegliare Sagira. È a questo punto che si scoprirà l’esistenza della Foresta Infinita: un’infinita simulazione Vex grazie alla quale queste macchine senzienti possono testare tutti i possibili futuri. Ben presto si verrà anche a conoscenza della vera minaccia che bisognerà affrontare: Panoptes, un’entità Vex diversa da tutte quelle affrontate in precedenza, non soltanto per l’estetica differente dai soliti Vex, ma anche per il suo potere. A costituire una minaccia, oltre ai nemici meccanici, andranno ad aggiungersi anche le loro versioni passate e future, viste in precedenza soltanto nella Volta di Vetro. Il compito dei guardiani in questa espansione di Destiny 2, quindi, non sarà soltanto quello di fermare la mente Vex e impedire che il futuro visto da Osiride si concretizzi, ma trovare anche quest’ultimo per soccorrerlo e per riunirlo con Sagira, che nel corso dell’avventura si impossesserà dello spettro del protagonista.

La durata della main quest si attesta tra le 2 e le 3 ore, a seconda del tempo speso dal giocatore nell’esplorazione, un risultato quindi non paragonabile all’arco narrativo della legione rossa, ma sicuramente un bel passo in avanti rispetto alle appena tre o quattro missioni proposte ai tempi con L’Oscurità dal Profondo e Il Casato dei Lupi. Inoltre, in termini di ambientazioni, fatta eccezione per qualche breve passaggio su pianeti già conosciuti, tutte le missioni si svolgeranno su Mercurio, tra la Foresta infinita e il pianeta nelle sue versioni del presente, passato e futuro, in quelle che sono tra le destinazioni più ispirate e meglio strutturate mai viste in Destiny. L’area di gioco di Mercurio si divide in due aree: una esterna che costituisce la superficie del pianeta e la Foresta Infinita, dall’impronta molto più Vex, che collegherà i giocatori con le versioni passata e futura del pianeta. Qui grazie al pretesto della simulazione, sarà possibile fronteggiare anche i Caduti e l’Alveare. Sul pianeta saranno poi disponibili tutte le attività classiche delle destinazioni, dalle casse regionali dorate nascoste negli angoli più bui ai settori Perduti da scoprire e saccheggiare. E’inoltre presente una nuova tipologia di evento pubblico, creato appositamente per questa destinazione. Per quanto riguarda agli assalti, ne sono stati introdotti due inediti che riprendono molto da vicino alcune missioni della campagna. Entrambi faranno partire i giocatori da Mercurio attraverso la Foresta Infinita, con differenti destinazioni finali da raggiungere e nemici da fronteggiare. Un assalto porterà i gamers nella versione passata di Mercurio e la minaccia da affrontare sarà costituita dai Vex, mentre il secondo farà rimanere nel presente e il nemico finale sarà un leader Cabal. Ovviamente, anche il Crogiolo è stato arricchito con dei nuovi terreni di gioco in cui sfidarsi, per la precisione con tre nuove mappe.

E’ presente anche un nuovo Raid ambientato nella “pancia” del Leviatano. Articolato soltanto in tre step, di cui il primo molto introduttivo e principalmente platforming e gli altri due da completare nella stessa arena e con meccaniche condivise. A colpire innanzitutto è stata la presenza dei Vex; tolta infatti la parte introduttiva saranno loro la minaccia da affrontare. A rendere l’espansione di Destiny 2 ancora più intrigante ci pensano anche le ambientazioni spettacolari: ci si troverà infatti a combattere su una serie di rocce sospese che circondano il Boss, in netto contrasto con le sfarzose stanze del castello di Calus. Anche le meccaniche risultano abbastanza interessanti, l’unica vera pecca sta nella scarsa longevità. Non mancano infine tutta una serie di nuovi equipaggiamenti da ricercare e collezionare. Mentre tra quelli leggendari si trovano molti modelli simili ad alcuni già presenti, tra le armi e armature esotiche invece se ne trovano sia di inedite che di rifacimenti di alcune del primo Destiny 1 . Anche se ciò potrebbe non convincere, viene mantenuto un buon equilibrio tra equipaggiamenti nuovi e vecchi. Introdotte anche le armi prodigiose, ossia bocche di fuoco con contatore di uccisioni e che posseggono un perk aggiuntivo molto utile. Un’interessante novità in questo Destiny 2 è invece la forgia Vex, che di settimana in settimana metterà a disposizione degli incarichi secondari votati al puro grinding e che una volta completati ricompenseranno il giocatore con delle armi leggendarie a tema Vex e sottoquest legate alla lore di Destiny. Tirando le somme, quello che la Maledizione di Osiride offre è senza dubbio diverse ore di divertimento. La campagna è interessante ma a tratti sbrigativa e gli assalti sono curati, ma includerli entrambi nella campagna lascia un certo retrogusto amaro. Infine, il raid è senza dubbio la parte meglio riuscita, ma comunque troppo breve e troppo poco redditizia in termini di ricompense. In ogni caso aumentare il level cap al livello 25 e il livello di luce al 330 + 5 terrà i giocatori sempre molto impegnati e spingerà a fare più cose possibili nell’intero arco della settimana prima del reset attività fissato alle ore 18 di ogni martedì. Destiny 2 rimane sempre un titolo vivo e in continua espansione.

 

VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




AstroPaolo è tornato sulla terra: atterrata la navetta russa Soyuz

E’ atterrata la navetta russa Soyuz. L’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) Paolo Nespoli è rientrato a Terra insieme ai suoi compagni di equipaggio, l’americano Randy Bresnik e il russo Sergei Ryazansky, con i quali il 28 luglio aveva fatto il viaggio di andata.. Dopo 139 giorni si conclude così la missione Vita, dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi). L’atterraggio, nella steppa del Kazakhstan, è avvenuto puntualmente alle 9,38 italiane. 

Paolo Nespoli è stato il secondo a uscire dalla navetta, dopo il russo Sergei Ryazansky, quindi è stata la volta dell’americano Randy Bresnik. Ad accoglierli il freddodella steppa, con meno 16 gradi, ma anche tanto entusiasmo.

L’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) ha un aspetto stanco ma è soddisfatto e sorride. E’ avvolto in una coperta, come i suoi compagni di equipaggio, e sta bene.

Dopo i saluti di rito, tutti e tre gli astronauti dovranno adesso affrontare i test clinicinecessari per raccogliere dati importanti sul modo in cui l’organismo umano reagisce in condizioni di microgravità. Per Nespoli e Bresnik è prevista a breve la partenza per Houston dove, subito dopo gli esami sulle loro condizioni di salute e i test, affronteranno un periodo di riabilitazione 

Prima di entrare nella Soyuz. AstroPaolo aveva lasciato il suo saluto dallo spazio, un semplice “Arrivederci”, nell’ultimo dei numerosi tweet che ha inviato durante la missione Vita.

AstroPaolo era entrato prima delle 3,00 del mattino con i suoi colleghi nella navetta russa Soyuz MS-05, che alle 6:15 italiane si è sganciiata dalla Stazione Spaziale. Per Paolo Nespoli la navetta  è semplicemente ‘Scotty’, come l’ha chiamata in un tweet riferendosi a uno dei personaggi della saga di Star Trek. Forse perché l’associazione con il teletrasporto viene spontanea pensando al viaggio di ritorno, che in tre ore portea i tre astronauti a sfrecciare nel cielo alla velocità di 28.000 chilometri l’ora e poi a frenare bruscamente per attutire un impatto con il suolo che non è mai ‘soffice’. Spesso Paolo Nespoli ha descritto la sensazione che si prova come quella di una 500 in uno scontro frontale con un Tir. L’accensione dei motori e poi l’apertura dei due paracadutefrenano la navetta, ma non riesconoad attutire più di tanto l’impatto con il suolo nella steppa del Kazakhstan.




L.A. Noire, il poliziesco di Rockstar games torna su Xbox One, Ps4 e Nintendo Switch

Nel maggio del 2011 con L.A. Noire, Rockstar Games lanciò sul mercato un prodotto originale, un titolo d’investigazione dalle tinte free roaming e con qualche pennellata action, ambientato nella Los Angeles del 1947. Il videogame, nonostante la sua natura originale, vendette poco per gli standard di Rockstar, azienda che ricordiamo con prodotti come GTA e Red Dead Redemption ha conquistato milioni di giocatori in tutto il mondo, ma fortunatamente ha poi ottenuto una “gloria postuma” sufficiente a garantirgli una riedizione sull’attuale generazione di console. In questa riedizione di L.A. Noire.

I giocatori si troveranno a vestire nuovamente i panni di un uomo di nome Cole Phelps. Egli è uno dei tanti militari che ha combattuto contro i giapponesi sul fronte del Pacifico durante la seconda guerra mondiale. Al congedo, Phelps ha cercato di lasciarsi alle spalle quel terribile trauma intraprendendo una carriera in polizia e soprattutto cercando di compiere sempre il proprio dovere in maniera zelante. Dalla fase di semplice agente di pattuglia, che funge da tutorial, fino ad approdare alla sezione investigativa, il talento del protagonista emerge con prepotenza e le promozioni arrivano senza grossi intoppi. Tutto bene fino a quando l’ingerenza del dipartimento e il suo passato bellico non torneranno a rovinargli una serenità costruita con fatica e sacrificio. Con questi presupposti L.A. Noire propone una trama sensazionale, profonda, ben scritta e assolutamente coinvolgente che non vogliamo assolutamente svelare per evitare di rovinare l’esperienza di gioco a chi non ha mai provato la versione 2011. Durante la storia Phelps occupa il presente nel portare a galla il marcio della Los Angeles anni ‘40, mentre si scopriranno i suoi trascorsi come militare attraverso alcuni flashback dalla fotografia verdognola che appariranno fra un evento e l’altro della storia.

Attraverso questi ricordi si scoprirà ben presto il tormento del protagonista, nascosto in perfetto stile noir sotto il suo inflessibile senso della giustizia. In sostanza, la trama del gioco non cerca la linea netta tra bene e male, piuttosto invita le persone a riflettere su come il vizio e la depravazione possano tristemente colpire chiunque segnandolo per sempre. Lo stile proposto è quello tipico dei giochi targati Rockstar: graffiante ma non moralista, in ogni momento cerca di fare ironia tanto nei dialoghi quanto visivamente. La sceneggiatura inserisce nel suo 1947 gli echi dei nostri tempi, con dialoghi caustici su politica, guerra, vizio, corruzione, ipocrisia e chi vuole usare la giustizia per i propri scopi. Oltre ai casi che compongono la storia principale, ossia ventuno, questa edizione rimasterizzata per Xbox One, PlayStation 4 e Nintendo Switch ovviamente propone tutti i contenuti pubblicati in digitale, dagli abiti extra ai cinque casi aggiuntivi, che hanno la funzione di far capire meglio alcuni retroscena della storia del detective Phelps. Volendo classificare L.A. Noire, si può posizionare a metà fra un action poliziesco e un’avventura grafica. Phelps infatti non è una sorta di super-poliziotto tutto sparatorie e lampi di genio, ma è una persona comune, razionale, ma dallo spiccato intuito che indaga, esamina, interroga e deduce. E proprio questo è quello che si dovrà fare per buona parte del gameplay. Ogni caso che viene assegnato al protagonista di L.A. Noire si svolgerà secondo i canoni classici dell’investigazione, quindi bisognerà recarsi sulla scena del crimine per esaminare gli indizi, raccogliere prove e sentire le testimonianze. Fulcro dell’attività di Phelps è il suo taccuino: lì saranno immagazzinate tutte le informazioni necessarie al caso, oltre che ai luoghi scoperti e le persone coinvolte. Sempre attraverso di esso passerà il sistema di interrogazione e raccolta delle testimonianze. Questi dialoghi erano e rimangono probabilmente la parte più riuscita della produzione.

Phelps porrà delle domande ai testimoni dei crimini o alle persone coinvolte, e starà al giocatore capire se la risposta è sincera o meno. L’unico modo per farlo sarà osservarli mentre parlano e aspettano, cercando di cogliere nelle loro espressioni e soprattutto nei loro sguardi qualcosa di sospetto. Alla deposizione si può reagire in tre modi: assecondare la risposta, forzare la persona a dire tutto oppure smentirla, accusandola. Va da sé che quest’ultima possibilità richiede che si abbiano prove schiaccianti, pena il rifiuto a collaborare. In sé comunque il gioco non incentiva una condotta aggressiva, spingendo più al dialogo puro. In aiuto del giocatore ci saranno inoltre i cosiddetti Punti Intuito, questi, guadagnati salendo di livello, permetteranno di evidenziare gli indizi o facilitare gli interrogatori rimuovendo una risposta sbagliata.

Nonostante la grande libertà concessa e le diverse strade possibili per concludere ogni caso, il gioco è comunque disegnato in modo tale da non far rimanere mai bloccati o rendersi irrisolvibile. A distanza di ben 6 anni dalla prima pubblicazione, L.A. Noire torna sulle attuali console con una versione potenziata, in grado di sfruttare al massimo le capacità dei moderni hardware per dare nuovo lustro a questa fantastica, ma incompresa opera di Rockstar. Questo su Xbox One e PS4 si traduce in un aumento di risoluzione rispetto al passato: 1080p per le versioni standard, 4K per Ps4 Pro e Xbox One X, un frame rate assolutamente più stabile, tempo atmosferico e una migliore gestione di luci, riflessi e effetti volumetrici. Su console Microsoft e Sony Rockstar ha provato a rendere L.A. Noire non una semplice versione in alta definizione del gioco originale. Oltre ai miglioramenti grafici appena descritti, nel gioco si possono notare alcuni elementi pensati per migliorare e ottimizzare l’esperienza. Per esempio sono state introdotte due nuove visuali che semplificare l’analisi delle scene del crimine, alcuni collezionabili legati a dei nuovi trofei, sono state inserite quattro tipi di palme differenti per migliorare l’aspetto di Los Angeles ed è stato cambiato il nome delle risposte per essere più in tema poliziesco. La riedizione di L.A. Noire ovviamente approfitta delle nuove console per stabilizzarsi tecnicamente. La città di Los Angeles appare ben costruita e assolutamente verosimile. I volti realizzati con il motion-capture non sono stati ovviamente toccati, e la loro estrema cura ancora oggi stupisce. Stesso vale per gli ambienti e le abitazioni, tratteggiati con estremo realismo. Ma nonostante sia sensibile l’aumento di dettaglio e stabilità, è palese che ci si trovi dinanzi a un software del 2011. La linea di grattacieli e macchine appare troppo squadrata, così come il poco dettaglio su vegetazione e terreno erboso possono far storcere il naso ai giocatori più attenti. Ugualmente si nota il diverso dettaglio tra i volti che hanno ricevuto il motion-capture e quelli per cui non era necessario. Fortunatamente, però, la prova attoriale per ogni personaggio è assolutamente impeccabile, e ancora adesso è quel fattore “in più” che dimostra quanto il titolo Rockstar fosse avanti per i suoi anni.

La colonna sonora non è stata ovviamente toccata, nel suo combinare pezzi jazz d’epoca con i giusti archi nelle situazioni più tese. Ancora adesso rimane bellissima e familiare la coppia di note di pianoforte che il gioco riproduce quando ci si avvicina a un oggetto che Cole può raccogliere o esaminare ed è sicuramente destinata a restare nelle menti dei giocatori più giovani. Ottimo anche il doppiaggio che rende l’esperienza di gioco completa e assolutamente credibile. Il primo e ultimo lavoro del Team Bondi è a distanza di sei anni un’opera ancora singolare, affascinante, ma purtroppo non adatta a tutti. L.A. Noire è un gioco serio, che usa la struttura open world come pretesto per un gioco più lineare e guidato, diretto però con una maestria veramente rara per essere un semplice videogioco. Alcuni limiti tecnologici sono stati accentuati con il passare del tempo, ma il restyling grafico che è stato effettuato riesce comunque a rendere il gioco piacevole da osservare anche sui moderni televisori in 4K, nonostante qualche saltuario calo nelle prestazoni. Tirando le somme, come sei anni fa, chi si aspetta da L.A. Noire un GTA ambientato negli anni ‘40, oggi come allora, rimarrà deluso, ma chi vuole un poliziesco scritto e diretto veramente bene o un’esperienza originale e ben confezionata non avrà di che pentirsene. L.A. Noire era ed è tutt’ora un capolavoro, un capolavoro incompreso che ci auguriamo possa essere capito grazie a questa edizione rimasterizzata.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8
Sonoro: 9,5
Gameplay: 10
Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




iPad, nel 2018 Apple lancerà un modello low-cost

Novità importante per tutti coloro che desiderano un tablet Apple, il colosso di Cupertino starebbe infatti considerando il lancio nel 2018 di un nuovo iPad con display da 9,7 pollici a un prezzo contenuto. Il costo di questo modello dovrebbe aggirarsi intorno ai 259 dollari e sarebbe orientato al settore entry-level.

Una mossa del genere potrebbe attirare verso Apple all’incirca 10 milioni di acquirenti per ogni quarto fiscale, un numero davvero considerevole se si pensa che il mercato dei tablet è attualmente in una fase di stasi. Lo stile di progettazione di questo nuovo dispositivo a basso costo, secondo i rumors del web, potrebbe ricalcare la precedente edizione, quindi con il recupero della scocca di un modello passato e l’inclusione delle penultime generazioni di processori Apple, forse un rappresentante della famiglia A10 Fusion.

Tale mossa da parte del colosso di Cupertino sarebbe mirata a spingere ancora di più le vendite dei suoi tablet e far entrare nella sua “famiglia” molti più utenti, persone, che se soddisfatte del prodotto, potrebbero pensare in futuro di acquistarne degli altri. Alla luce di quanto detto quindi, una novità di questo livello potrebbe innescare una nuova ondata di competizione con gli altri principali produttori, tra cui Samsung, Huawei, Amazon e Lenovo, facendo iniziare di conseguenza una vera e propria “guerra dei prezzi” con le aziende che sarebbero costrette a rispondere colpo su colpo per primeggiare. Sempre secondo quanto trapelato in rete, Apple dovrebbe lanciare il nuovo iPad nel secondo trimestre del nuovo anno e puntare a ritagliarsi una fetta importante di acquirenti anche nel comparto industriale e dei servizi. Il nuovo modello “low cost” di iPad arriverebbe dopo l’ultimo iPad da 9,7 pollici lanciato a marzo di quest’anno, che in Italia è venduto a un prezzo di 409 euro. Non è chiaro ancora se lo sostituirà o lo affiancherà, fatto sta che se le cose dovessero realmente essere così, acquistare un tablet targato Apple sarebbe possibile anche per quella categoria di utenti che non vogliono spendere cifre esorbitanti e cercano sempre un buon compromesso fra qualità e prezzo. Attualmente le specifiche tecniche della generazione low cost di iPad sono ancora sconosciute e si possono solo fare ipotesi, ma il fattore determinante che decreterà o meno il successo di questo device sarà senza dubbio il prezzo. In attesa di ulteriori notizie non resta che aspettare ancora qualche mese e sperare che il nuovo iPad a basso costo sia un prodotto veramente alla portata di tutti e funzionale.

 

Francesco Pellegrino Lise




Earth from Space, immagine della settimana: Rio della Amazzoni

BRASILE – Il satellite Sentinel-2A del programma europeo Copernicus ci porta nel Brasile del nord con una acquisizione del 22 agosto 2017, nel punto in cui il Rio delle Amazzoni incontra l’Oceano Atlantico.

L’acqua carica di sedimenti, appare di colore marrone mentre scorre da sinistra in basso verso l’oceano aperto in alto a destra. Nuvole “popcorn” sono visibili in alcune parti dell’immagine – un fenomeno comune durante la stagione secca del Rio delle Amazzoni, dovuto al vapore acqueo condensato rilasciato da piante ed alberi durante le giornate di sole.

Il territorio varia di colore, dal verde intenso della densa vegetazione fino al marrone chiaro. Osservando più da vicino la sezione in alto a sinistra dell’immagine, possiamo vedere vaste zone di colore marrone laddove la vegetazione è già stata eliminata. Le forme geometriche indicano campi agricoli, mentre strade ad andamento lineare tagliano attraverso la restante densa vegetazione.

Le foreste pluviali di tutto il mondo vengono distrutte ad un ritmo allarmante. Questo fatto è di grande rilevanza in quanto esse ricoprono un ruolo importante per il clima globale, ed ospitano una grande varietà di piante, animali ed insetti. Più di un terzo di tutte le specie del mondo vive nella foresta pluviale amazzonica.

A differenza di altre foreste, le foreste pluviali presentano difficoltà a rigenerarsi dopo essere state distrutte e, per via della loro composizione, i loro terreni non sono adatti per un uso agricolo a lungo termine.

Con la loro visione unica dallo spazio, i satelliti di osservazione della Terra sono stati fondamentali nell’evidenziare la vulnerabilità delle foreste pluviali, documentando la scala di deforestazione.




Galileo: pronto il lancio per arrivare a quota 22 satelliti

È previsto per il 12 dicembre alle 19:36 ora italiana (15:36 ora locale) dalla base europea di Kourou, nella Guyana francese, il lancio dei prossimi quattro satelliti Galileo a bordo di un lanciatore Ariane 5.

Questo lancio porterà ad un totale di 22 i satelliti della costellazione Galileo, aumentando la capacità globale dei segnali di navigazione. Galileo ha cominciato a fornire i primi servizi il 15 dicembre 2016, il primo passo verso la piena operatività.

A comunicare l’inizio dell’entrata in servizio di Galileo è stata la Commissione Europea, organo esecutivo dell’Unione Europea e responsabile per il programma del Sistema di Posizionamento Globale Europeo, la cui gestione tecnica e operativa è sotto il controllo dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).

Galileo è stato sviluppato interamente in Europa per usi civili e si affianca ai sistemi GPS e Glonass, sistemi di posizionamento globale sviluppati rispettivamente negli Stati Uniti d’America e in Russia, fornendo un segnale di posizionamento con un errore inferiore al metro di raggio.

La costellazione di satelliti di Galileo a regime sarà composta da 30 satelliti in orbita, 24 operativi e 6 di riserva, posizionati in Media Orbita Terrestre (Medium Earth Orbit – MEO) con una traiettoria circolare a 23.222 km di altitudine dalla superficie terrestre.

Le orbite dei satelliti giacciono su tre piani differenti inclinati di 56° rispetto al piano dell’equatore terrestre, in modo da potere garantire una buona copertura del segnale di posizionamento fino alla latitudine di 75° Nord, che corrisponde con Capo Nord in Norvegia, territorio Europeo più vicino al Polo Nord, e anche a latitudini maggiori.

Con il lancio effettuato lo scorso 17 novembre 2016, il numero dei satelliti della costellazione Galileo attualmente in orbita è salito a 18 e l’ESA prevede di completare la messa in orbita dell’intero sistema di 30 satelliti entro il 2020.

Ciascun satellite della costellazione di Galileo ha una massa di circa 700 kg, è alimentato da pannelli solari ed è dotato di una robusta schermatura dalle radiazioni a cui sono esposti in MEO, che ne dovrebbe garantire una vita operativa, per fornire i servizi di navigazione e di sincronizzazione, di circa 12 anni.

L’elevato numero di satelliti di Galileo, insieme alla robusta progettazione e alla presenza di più satelliti di riserva su ciascun piano orbitale, faranno sì che l’avaria di un singolo satellite in orbita non comporterà alcuna perdita di servizio per gli utenti finali.

Due Centri di Controllo per il Sistema Galileo (Ground Control Centers – GCCs) sono stati creati sul territorio Europeo, nel Fucino in provincia dell’Aquila in Italia e a Oberpfaffenhofen nelle vicinanze di Monaco in Germania, per effettuare le operazioni di controllo dei satelliti e di gestione del sistema di navigazione.

I dati forniti dalla rete di Stazioni di Rilevamento del Segnale di Galileo (Galileo Sensor Stations – GSSs) vengono inviati ai Centri di Controllo di Galileo attraverso una rete di comunicazione ridondante per verificare l’integrità delle informazioni fornite dai satelliti e sincronizzare il segnale degli orologi di tutti i satelliti con gli orologi delle stazioni di terra.

Galileo fornisce inoltre una funzionalità globale di Ricerca e Soccorso (Search and Rescue – SAR), basata sul sistema COSPAS-SARSAT, in quanto ciascun satellite è dotato di un trasponder in grado di captare un segnale di emergenza inviato da un veicolo (terrestre, aereo o navale) dotato di questo sistema e di ritrasmetterlo alle più vicine stazioni di soccorso per avviare le operazioni di salvataggio.

I satelliti Galileo sono inoltre in grado, unici rispetto a tutti gli altri sistemi di geolocalizzazione e di sicurezza, di ritrasmettere al veicolo che ha inviato la richiesta di emergenza l’informazione che il segnale è stato captato e che i soccorsi sono in arrivo.

La dichiarazione di entrata in servizio del Sistema di Posizionamento Globale Europeo significa che i satelliti Galileo e le infrastrutture a terra sono ora operativamente pronti, ma, per quanto il segnale fornito sia estremamente preciso, non è attualmente disponibile per tutto il tempo dato il non completo dispiegamento dei satelliti della costellazione.

Pertanto durante la fase iniziale e fino a quando non verranno inviati in orbita anche i rimanenti satelliti, i segnali di Galileo saranno utilizzati in combinazione con altri sistemi di navigazione satellitare, come il GPS.

Per quanto riguarda gli utenti comuni, molti smartphone e tablet già in commercio sono dotati di chip di localizzazione in grado di ricevere il segnale di Galileo, per quanto sarà probabilmente necessario un aggiornamento del firmware perché ne possano effettivamente utilizzare la maggiore precisione rispetto al sistema GPS.