Mega Man 11, l’eroe di Capcom non passa mai di moda

Chi è cresciuto negli anni 80’ ed era un fortunato possessore del NES (Nintendo Entertainment System) ha sicuramente giocato a uno dei capitoli di Mega Man. La serie a scorrimento laterale di Capcom ha avuto un successo talmente grande in quegli anni che il titolo ebbe ben cinque sequel per la stessa piattaforma, una cosa mai vista a quei tempi. Con il passare degli anni, però, la serie non è morta, ma anzi, attraverso nuove idee, lanciando una serie parallela chiamata Mega Man X su SNES, poi proseguita su console a 32-bit, e provando esperimenti con Battle Network e Legends, per finire con le immancabili collection per piattaforme moderne e dispositivi mobile, il Blue Bomber non ha mai smesso di essere presente nelle varie epoche del gaming. La serie principale in 2D in stile 8-bit è però rimasta sempre la più apprezzata dai fan e il ritorno alle origini con Mega Man 9 del 2008 prima, e Mega Man del 2010 poi, ne sono una prova inconfutabile. Per celebrare il trentesimo anniversario della serie, Capcom ha realizzato Mega Man 11, che arriva su PS4, Xbox One, Windows e Switch. Testando quest’ultima versione possiamo dire che nonostante l’età, dopo trent’anni di onorato servizio Mega Man ha ancora una grinta da vendere e si rende un titolo appetibile sia per il pubblico odierno, sia per gli amanti del retrogaming e delle console vintage. Ma facciamo un passo indietro, con il nono capitolo della serie Capcom ha segnato un ritorno alle origini, proponendo tale e quale lo stile grafico e di gameplay 8-bit dei capitoli 1-6 per NES, con tanto di colonna sonora in chip-tune. Tale idea ha letteralmente mandato i fan di vecchia data in visibilio poi, sulla scia di quell’entusiasmo, nel 2010 il publisher ha lanciato il decimo capitolo, che sostanzialmente non cambiava le carte in tavola proponendo un titolo esteticamente parlando identico.

Con Mega Man 11 però Capcom ha voluto segnare un punto di rottura con il passato. Viene abbandonato l’approccio degli ultimi capitoli e per la prima volta in tanti anni arriva qualcosa di concreto che tenta di svecchiare la formula classica del gioco a livello estetico. Lo stile grafico di questo undicesimo capitolo, infatti, è 2.5D, ovvero personaggi poligonali su uno schermo bidimensionale con sfondi e animazioni disegnati completamente a mano, una vera gioia per gli occhi, credeteci. Mega Man ora può anche eseguire scivolate, una mossa caratteristica della serie X, e c’è una grandissima novità che riguarda il gameplay: Mega Man ora monta un sistema chiamato Double Gear, idea progettata dal perfido Dr.Wily quando studiava all’università, ma bocciata dal suo collega “buono”, il Dr. Light, in quanto esso riteneva potesse essere una minaccia se fosse caduta in mani sbagliate. Questa feature in sostanza è un sistema che funziona a due vie e che permette alternativamente di aumentare la potenza di fuoco o di velocizzare i movimenti rallentando tutto quel che si muove attorno al protagonista. L’attivazione ha una durata limite e necessita di un cooldown, il sistema inoltre andrà in sovraccarico se utilizzato troppo a lungo, risultando indisponibile per un tempo abbastanza lungo, e in determinate situazioni tale situazione diventa spesso fatale. Una scelta fatta per impedirne l’abuso e facilitare troppo il gameplay. Il Double Gear apre quindi la strada a un modo completamente nuovo di giocare a Mega Man, che si avvicina sempre più a una fluidità d’azione e a feature presenti nei titoli più moderni. Per i puristi della saga sicuramente ci vorrà un po’ di tempo per abituarsi a questo nuovo meccanismo, ma una volta imparato ad usarlo è un vero e proprio spasso. Oltre a risultare decisamente divertente e appagante infatti, andando avanti nei livelli, specialmente in quelli più difficili, il Double Gear diventa indispensabile per non incorrere in morti certe e a ripetizione, alternando con saggezza potenza di fuoco e velocità nei movimenti il protagonista diventa una vera macchina inarrestabile in grado di compiere azioni estremamente difficili ed esaltanti. Uccidendo nemici e sparsi qua e là nella mappa possono essere trovate delle viti che hanno la funzione dei classici crediti, accumulando questi oggetti, prima di iniziare una missione il protagonista potrà acquistare vite, moduli potenziamento e oggetti utili per facilitare il cammino verso la sconfitta del perfido Dr. Wily.

Per quanto riguarda il resto, Mega Man 11 mantiene sempre lo stesso DNA: otto livelli, ognuno presieduto da un boss di fine livello dotato di un’arma particolare e possibilità di affrontarli nell’ordine in cui l’utente preferisce. Una volta sconfitto un boss (e credeteci non è affatto facile anche difficoltà normale) ci si impossessa della sua arma caratteristica, avendo la possibilità di utilizzarla a proprio piacimento negli stage seguenti. Come sempre ogni potere conquistato rappresenta un punto debole per uno dei boss, quindi sta al giocatore scoprire in che ordine conviene proseguire nella storia dopo aver compiuto il primo livello. Vista l’elevata difficoltà che contraddistingue la serie, gli sviluppatori hanno inserito quattro livelli di difficoltà: principiante, facile, normale e Supereroe. Normale è quello standard, da scegliere se si è veterani della serie, visto che è duro da affrontare, molto duro credeteci. Scegliendo questo livello di sfida è un numero limitato di vite per provare a superare un livello, dopo il quale appare uno spietato game over che riporta alla schermata di selezione del robot master da affrontare (senza perdere i progressi fatti). Ogni livello ha pochissimi checkpoint ed è costellato di passaggi che richiedono memoria e precisione tecnica. Insomma, come accadeva negli anni ‘80, i livelli vanno imparati ed eseguiti. Il DNA della serie, del resto prevede una sfida sempre uguale a se stessa, senza gli elementi aleatori e dinamici di Super Mario e soci. Anche in questo caso, Mega Man 11 è un seguito corretto, che dà ai fan esattamente quello che hanno amato nelle vecchie avventure del Blue Bomber. Il livello facile mantiene tutto ciò che rende speciale Mega Man, ma velocizza il processo di apprendimento con una lieve diminuzione dei danni e l’aggiunta di una manciata di checkpoint nei posti giusti. Non è una sfida annacquata, e anzi tutta la soddisfazione della vittoria rimane intatta. Semplicemente, invece che perdere un intero pomeriggio per superare un livello, se siete bravi, riuscirete agevolmente a farne due o tre, salvandovi dalla ripetizione e dalla frustrazione dell’era NES. C’è anche una modalità principianti, resa quasi banale dall’impossibilità di cadere nei fossi e dalle vite infinite, e una modalità difficile al di là di ogni possibile concetto di sfida, ma in ogni caso può essere utile per i giocatori più piccoli o per chi non ha mai avuto a che fare con il Blue Bomber. La modalità supereroe è consigliata solo ed esclusivamente per chi vuole una sfida crudele e che ha piena consapevolezza del fatto che ogni errore, anche il più piccolo, si può pagare con il fallimento. Insomma in Mega Man 11 c’è qualcosa per tutti, dai fan accaniti (che troveranno anche una ricca gamma di challenge separate dalla campagna principale e una modalità time attack dedicata a tutti gli speedrunner) ai retrogamer della domenica. Graficamente parlando il gioco è una vera gioia per gli occhi, coloratissimo, sempre fluidissimo e bello da vedere. E’ un po’ quello che i nati degli anni ’80 sognavano giocando ai vecchi capitoli, ma che non era possibile realizzare a causa della tecnologia di quei tempi. Gradevole anche la colonna sonora che con i suoi toni un po’ metal e un po’ techno si adattano al ringiovanimento della saga. Purtroppo non ci sono brani che sono destinati a restare impressi nella memoria, ma nel complesso, assieme ai suoni di gioco, il comparto audio si difende abbastanza bene. Tirando le somme, Mega Man 11 a nostro avviso è quello che serviva per svecchiare una serie icona del mondo del gaming. Questa trasposizione per Pc, Xbox One, Ps4 e Switch farà la gioia dei vecchi appassionati, ma siamo certi che avvicinerà anche tantissimi nuovi gamers al magico universo del personaggio inventato da Capcom.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 7,5
Gameplay: 8
Longevità: 8
VOTO FINALE: 8

 

Francesco Pellegrino Lise




LG brevetta un cellulare con 16 fotocamere

In questo ultimo anno, nell’ambito del settore fotografico su smartphone, sono state sperimentate molte soluzioni per migliorare gli scatti da cellulare. Abbiamo assistito auna vera e propria moltiplicazione dei sensori, con la tripla fotocamera posteriore del P20 Pro e poi del Mate 20 Pro di Huawei, cui ha fatto seguito il mese scorso la quadrupla fotocamera del Galaxy A9 di Samsung. Tutto questo fa pensare che nel 2019 si potrebbe assistere a una crescita esponenziale di questo fenomeno, infatti, c’è già chi parla di ben 16 sensori piazzati sul retro del telefono. L’idea, per ora solo sulla carta, ed è stata brevettata negli Stati Uniti dalla coreana LG, che sembrerebbe pronta a rilanciarsi in questo difficile settore. Il brevetto mostra i 16 sensori posteriori posti a mo di quadrato, in quattro file da quattro, con varie caratteristiche e lunghezze focali. Ciascun sensore, infatti, contribuirebbe alla resa delle diverse tipologie di scatto, dal panorama al ritratto, ma offrirebbe anche funzioni inedite, come la possibilità di scattare 16 foto contemporaneamente, scegliere l’angolazione preferita dello scatto o combinare più foto, usando gli elementi preferiti di ognuna. La grande quantità di dati catturata dai sensori del dispositivo LG si rileverebbe utile soprattutto nella post-produzione, per regolare la messa a fuoco, modificare e rielaborare le immagini. Lo smartphone con 16 fotocamere di LG potrebbe però non arrivare presto sul mercato, o non arrivarci affatto perché, come accade sempre, non tutte le tecnologie brevettate si traducono in un prodotto messo in commercio. Quindi se siete amanti delle foto e non vedete l’ora di mettere le mani su un dispositivo di questo calibro non vi resta altro che sperare che questo brevetto si trasformi presto in realtà. Se l’idea di LG dovesse andare in porto, comunque, il dispositivo rappresenterebbe una vera novità e siamo certi che gli appassionati degli scatti da smartphone non potrebbero fare a meno di tale tecnologia.

 

F.P.L.




Nasa, atterraggio su Marte: il primo selfie dal pianeta rosso

Il lander Insight della Nasa ha aperto i pannelli solari, coronando così il successo di una discesa perfetta sul suolo di Marte. Ha anche inviato il primo selfie, postandola sul profilo Twitter della missione e commentando “Qui c’è una bellezza tranquilla. Mi guardo attorno per esplorare la mia nuova casa”.

 

L’apertura dei pannelli solari permetterà al veicolo di avere l’energia sufficiente per cominciare una lunga attività di esplorazione del sottosuolo del pianeta rosso, con una sonda che ne misurerà la temperatura fino alla profondità di cinque metri e potrà rivelare in questo modo se all’interno di Marte esista una forma di calore: questo potrebbe significare che l’acqua scoperta nel luglio scorso sotto i ghiacci del Polo Sud marziano potrebbe essere più calda di quanto si pensi.

A bordo del lander sono attivi anche strumenti italiani, grazie alla partecipazione alla missione di da Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Istituto di Astrofisica (Inaf) e Leonardo.




3 trend che influenzeranno Internet nel 2019

Come cambierà Internet nel corso del 2019? Quali saranno le caratteristiche dominanti nella nuova stagione digitale?

Difficile prevederlo, ma ciò non significa che non possiamo comunque provare a immaginare il modo con cui si evolverà il contesto. In primo luogo, ad esempio, riteniamo che il 2019 sarà l’anno dell’ascesa degli altoparlanti intelligenti. Smart speaker come Amazon Alexa, Google Home e Apple Home hanno già irrotto nel mercato della tecnologia di consumo negli ultimi due anni, e i consumatori sembrano apprezzare: secondo una recente ricerca, infatti, il 65% dei possessori di smart speaker afferma che non vorrebbe tornare indietro rispetto alla loro decisione di acquisto.

Naturalmente, questo non potrà che collegarsi in maniera significativa al marketing digitale. Probabilmente, vedremo sempre più applicazioni online che andranno ad essere utilizzabili con la voce, e che pubblicano contenuti audio su questi dispositivi. Lo faranno, nella speranza di acquisire delle posizioni di concorrenza nel crescente numero di consumatori che stanno sperimentando con apprezzamento questo trend.

Inoltre, ci aspettiamo di vedere sempre più annunci su queste piattaforme – dopo tutto, tutti hanno bisogno di monetizzare i contenuti! Amazon, Google e Apple potrebbero dunque benissimo lanciare le proprie piattaforme pubblicitarie per questo scopo, rendendo più facile per le aziende acquistare e vendere spazi pubblicitari. Insomma, pensate a una sorta di AdWords, ma per la propria Google Home.

In secondo luogo, riteniamo che Internet raggiungerà la televisione nel 2019 in termini di ore di visione, come annunciato da un recente studio secondo cui le persone trascorreranno 2,6 ore al giorno online e 2,7 ore al giorno guardando la televisione nel 2019: inoltre, 45 minuti del tempo Internet di una persona media, saranno spesi a guardare i video sul cellulare.

Per questo motivo, prevediamo che le aziende spenderanno meno soldi per gli annunci televisivi e più soldi per video web, social media e annunci web nel 2019, sfruttando il successo di alcuni operatori come NetBet Italia.

Infine, come terzo trend predominante, riteniamo che i social media saranno più profondamente integrati in altri servizi. Le aziende che gestiscono piattaforme di social media continueranno a integrare i loro servizi in applicazioni di terze parti. Ad esempio, così come Facebook e LinkedIn già consentono agli utenti di iscriversi a servizi di terze parti con i loro account e condividere i dati con servizi di terze parti, la tendenza dovrebbe proseguire di buona lena anche negli altri concorrenti.

Ci aspettiamo dunque che questa tendenza continui e che le piattaforme sociali diventino ancora più integrate con altre piattaforme. Le applicazioni dei social media continueranno a condividere più dati degli utenti con il loro pubblico di riferimento, e creare un’esperienza più fluida tra le applicazioni di terze parti. Questo aiuterà sicuramente le aziende operanti nel comparto dei social media a mantenere la loro posizione dominante, ottenere più informazioni sugli utenti e fornire servizi migliori per i siti web e per le applicazioni più piccole. Certo, in questo ambito la privacy continuerà a preoccupare ma… non sarà certamente un ostacolo.

 




Hitman 2, l’agente 47 è tornato

Hitman 2, il sequel dell’acclamato videogioco dedicato al sicario più famoso dell’universo videoludico, è ora disponibile per PlayStation 4, Xbox One e PC. Sviluppato da IO Interactive, il titolo perfeziona l’esperienza da assassino in ambiente sandbox, dando ai giocatori una libertà senza paragoni per pianificare e completare le loro missioni, scegliendo in modo creativo strumenti, armi, travestimenti e tecniche furtive, sarà possibile scatenare sequenze di eventi sempre nuove e imprevedibili. Hitman 2 porta i giocatori in un’avventura a livello globale dentro sei intricate location sparse per il globo: Hawke’s Bay (Nuova Zelanda), Miami (Florida/U.S.), Santa Fortuna (Colombia), Mumbai (India), Whittleton Creek (Vermont/U.S.) e la misteriosa Isola di Sgàil (Atlantico del Nord). Tali luoghi si differenziano da quanto visto in passato in quanto sono dei veri e propri ambienti vivi, ricchi di angoli vibranti di vita, pieni di luoghi da esplorare e che offrono ai giocatori la libertà di pianificare l’assassinio perfetto. A due anni dal suo ultimo incarico, l’Agente 47 scende di nuovo in campo con un sequel che migliora quasi ogni aspetto del predecessore: Hitman 2 abbandona la formula episodica per proporre una soluzione più tradizionale, con un pacchetto completo di missioni da giocare tutte al lancio. L’Agente 47 e la sua fida “socia in affari” Diana Burnwood tornano in azione esattamente dopo gli eventi del primo capitolo: sono sulle tracce di una pericolosissima élite segreta che affonda le proprie radici nell’alta società e governa nell’ombra il destino del mondo. Ma in questo caso la vicenda globale si intreccia con quella privata del famoso Killer dallo sguardo di ghiaccio. Il passato di 47 emerge dalla nebbia, ed i suoi ricordi si fanno sempre più nitidi facendo così luce sul passato di uno dei protagonisti dei videogame più oscuri di sempre. Ovviamente la trama del gioco non brilla in maniera eccelsa in quanto gli sviluppatori hanno voluto dare una corsia preferenziale al gameplay. Il comparto narrativo infatti si riduce a un mero contorno di una produzione assolutamente sensazionale che è in grado di regalare ore e ore di forti emozioni. Il tentativo di voler mostrare il lato “umano” dell’agente 47 resta comunque uno spunto che meriterebbe un approfondimento superiore, affiancato da uno storytelling più dinamico ed avvincente. Ma veniamo al dunque, come già detto, IO Interactive ha scelto di focalizzarsi soprattutto sul gameplay. Hitman 2 è una prosecuzione del primo episodio, di cui recupera integralmente la formula ludica, ampliandola e affinandola.

https://www.youtube.com/watch?v=hSmZy9o_-ZE

Quel che vien fuori è uno stealth game rigoroso e solidissimo, un sandbox d’ampio respiro dove la creatività del giocatore viene non soltanto assecondata, ma anche fortemente incentivata dalla grandissima rosa di possibilità di azioni da svolgere e di soluzioni disponibili. Lo scopo principale del gioco non è tanto quello di eliminare il più in fretta possibile i bersagli, ma di farlo nel modo più intelligente, originale e silenzioso. La regola numero uno di qualsiasi assassino professionista è la discrezione, e in Hitman 2 le abilità di camuffamento e sfruttamento dell’ambiente circostante che il giocatore metterà in campo valgono più di qualsiasi pistola silenziata o di qualunque garrota. Ed ecco che, ancora una volta, ci si trova ad operare in luoghi dalle dimensioni molto vaste, intricate e stratificate, piene di vicoli ciechi, di stradine secondarie, ingressi nascosti e stanze segrete. Sarà quindi compito di chi sta dinanzi lo schermo, per mantenere alto il buon nome dell’Agente 47, conoscere a menadito non solo le routine delle prede, ma anche la conformazione dell’area di gioco, in modo da scovare il percorso più silenzioso, originale o spettacolare che conduce sulla strada dell’omicidio perfetto. Tutte le ottime idee saggiate nello scorso capitolo tornano in questo sequel con una marcia in più: così facendo IO Interactive ha dato alla luce un titolo davvero appagante sul fronte del gameplay, a patto di avere la giusta pazienza per spulciare a menadito ogni approccio a disposizione. Lo ricordiamo ancora una volta, Hitman 2 non è uno shooter frenetico, ma una raffinata e dettagliatissima avventura nel quale silenzio, discrezione nelle azioni e sangue freddo sono le uniche chiavi per vincere. Come detto in apertura, in Hitman 2 sono presenti ben sei location differenti, ciascuna caratterizzata da una planimetria piuttosto articolata, e non certo di immediata lettura: spetterà al giocatore, dopo diversi tentativi, memorizzare le scorciatoie, le vie di fuga, i nascondigli ideali e i movimenti delle guardie, così da muoversi nella maniera più “pulita”, senza destare sospetti. Le variabili, a tal proposito, sono innumerevoli, tanto da lasciare sbalorditi i giocatori più fedeli della saga e un po’ spaesate le persone più inesperte. Il peggiore errore che si può fare in Hitman 2 è lasciarsi scoraggiare dagli insuccessi. La perfezione deriva solo da un lungo e costante allenamento, quindi il titolo è assolutamente sconsigliato a chi non ha pazienza, a chi vuole esperienze che diano risultati immediati o a chi ha poco tempo per giocare e vuole rilassarsi. In ogni caso per favorire una giocabilità in grado di appagare sia i gamer più skillati che quelli che non conoscono bene il genere, il team ha messo in campo le cosiddette “Storie”: si tratta di soluzioni suggerite direttamente dal gioco, attraverso alcuni indizi ed icone, che guideranno chi sta dinanzi lo schermo verso il completamento dell’incarico, proponendo una serie di passaggi ben scanditi.

https://www.youtube.com/watch?v=7DF0ulFmwmQ

Ogni capitolo ne contiene diverse, alcune più creative ed altre più spettacolari: in entrambi i casi, ad una prima run, Hitman 2 induce a terminare gli obiettivi seguendo simili occasioni, permettendo quindi di familiarizzare con il contesto e scoprire anche ulteriori dettagli sul background narrativo. In ogni caso, se si è amanti delle sfide veramente dure il gioco dà la possibilità di affidarsi interamente alla fantasia in quanto è possibile scegliere di non seguire alcun aiuto. Ed è proprio sotto questo punto di vista che Hitman 2 mostra la sua grandezza in quanto lascia all’utente una libertà con pochi paragoni. Ci si può infatti travestire in qualunque modo, creare distrazioni di ogni genere, provocare cortocircuiti, incidenti automobilistici, avvelenare le vittime o attirarle in disparte per poi eliminarle in maniera silenziosa. Prima di agire, occorrerà sempre procedere con cautela, origliando le conversazioni, raccogliendo i documenti, aspettando il momento più propizio per colpire. Il tutto, chiaramente, dovrà avvenire senza destare il benché minimo sospetto in quanto generare il minimo sospetto può rivelarsi una scelta fatale. In quanto produzione di altissimo livello ogni mappa potrà richiedere anche diverse ore prima di essere completata con un punteggio dignitoso. Proprio a riguardo è bene sottolineare che maggiori XP si guadagnano alla fine della missione e più velocemente si salirà di livello, e questo a sua volta servirà a sbloccare inedite possibilità d’azione, come nuove armi e location da cui cominciare l’incarico. La rigiocabilità infatti è l’arma più potente nella produzione di IO Interactive, e stimola il giocatore a dare sempre il meglio sia per battere i propri record, sia per confrontarsi con gli altri assassini sparsi per il globo. Ovviamente, a fare la differenza è soprattutto la meticolosità, la precisione, l’inafferrabilità. Non uccidere innocenti, nascondere bene i corpi, esplorare fino in fondo ogni anfratto sono tutte attività che non vanno quindi assolutamente trascurate, pena un drastico calo delle performance a fine prova e un guadagno di punti XP ridotto. Nel menù di gioco è presente anche una modalità chiamata Sniper Assassin, in cui il protagonista verrà incaricato di eliminare tre bersagli all’interno di un’enorme villa, armato unicamente del suo fucile. Che si tratti di un’attività accessoria lo si intuisce sin da subito, considerata la limitatezza dell’offerta, ma comunque è un ottimo passatempo. In questa tipologia di gioco c’è una sola mappa da analizzare dalla distanza, e 15 minuti di tempo per mettere a segno gli omicidi, evitando che i bersagli fuggano e provando ad eliminare il maggior numero di guardie del corpo. Anche in questo caso, non mancano certo le uccisioni creative, sotto forma di sfide che il team ci invoglia a completare, ma nel complesso l’insieme ci è parso soltanto un fugace passatempo, da giocare in solitaria o in cooperativa, che si esaurisce in un lampo. A poco vale l’incentivo di sbloccare nuovi fucili e potenziamenti ad ogni passaggio di livello, perché la presenza di una singola mappa – almeno al momento – diminuisce notevolmente la rigiocabilità. In ogni caso Sniper Assassin è un ottimo modo per allenarsi nel mondo di gioco.

https://www.youtube.com/watch?v=mMIrTHOXRnY

Hitman 2 offre anche un’altra inedita modalità, ossia la Modalità Fantasma. Essa è una modalità multiplayer in cui due giocatori si confrontano sulla stessa mappa, chiamati ad uccidere il medesimo bersaglio. Il primo dei due assassini che raggiunge 5 omicidi, si porta a casa l’attestato di miglior killer. Ciascuna preda dovrà essere eliminata senza che il cadavere venga rinvenuto nell’arco di circa 20 secondi, pena l’annullamento del punto conquistato. Benché si muovano in contemporanea, i giocatori che si sfidano agiscono nel proprio mondo, che non viene influenzato in alcun modo dalle azioni del rivale: nel corso della missione, però, sarà visibile il “fantssma” dell’avversario molto simile per intenderci al ghost che si vede nei giochi di macchine. Una simile scelta è pensata per suscitare un pizzico di ansia durante i tentativi di assassinio, acuita da un messaggio vocale che informa il giocatore di ogni azione compiuta dal nemico, che sia un cambio di vestiti o un omicidio messo a segno. Quindi c’è da aspettarsi tanta adrenalina e forti emozioni. A livello tecnico il gioco è nel complesso davvero ben fatto. Il colpo d’occhio offerto dal motore di gioco è piacevole, soprattutto per quanto riguarda i riflessi sulle superfici, i modelli tridimensionali ben strutturati e le texture abbastanza definite, nonostante ci sia qualche lentezza durante i caricamenti delle stesse. Ci sono però dei grossi compromessi in altri campi, soprattutto per quanto riguarda la scarsa qualità delle ombre, che non sono proiettate dalle svariate fonti di luce presenti nell’ambiente, i volti delle persone, la cui pelle appare poco realistica, e le interazioni nulle con piante o certi oggetti, attraversati come fossero invisibili dall’Agente 47. Si tratta in ogni caso di piccolezze che non minano per nulla l’esperienza di gioco che ve lo ripetiamo ancora è veramente incredibile. Tirando le somme, Hitman 2 è uno dei migliori videogiochi stealth dell’intero panorama videoludico. Offre un ampio numero di attività, sfide, arsenale e travestimenti per poter portare a compimento i contratti dell’Agente 47, dando il meglio di sé se giocato senza aiuti e alla massima difficoltà. Se si è alla ricerca di un titolo che offra un buon livello di sfida e che sia in grado di garantire situazioni adrenaliniche in un mondo di gioco vasto e ben strutturato, questo gioco rappresenta un vero e proprio gioiello.

 

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9
Sonoro: 9
Gameplay: 8,5
Longevità: 9

VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise




Windows 10, Microsoft corregge i problemi dell’update di ottobre

L’aggiornamento di ottobre per Windows 10 non passerà di certo alla storia come il migliore tra quelli rilasciati dal colosso di Redmond, questo a causa dei tantissimi bug segnalati dagli utenti che hanno anche portato alla perdita di file. Proprio a causa di questo problema lo scorso mese la compagnia di Satya Nadella aveva ritirato l’update per evitare possibili azioni legali e causare ulteriori disservizi agli utenti. Da adesso però il pacchetto d’aggiornamento è nuovamente disponibile per tutti coloro che desiderano installarlo. L’annuncio è arrivato direttamente da John Cable, il direttore of Program Management del gruppo Windows Servicing and Delivery, il quale in una nota ha sottolineato come Microsoft abbia risolto tutti i problemi segnalati dagli utenti e legati all’ultimo aggiornamento di Windows 10. “Ci siamo presi tutto il tempo necessario per monitorare i feedback e le segnalazioni giunte da parte degli Insider e dai milioni di dispositivi, e non abbiamo riscontrato altre prove legate alla perdita di dati” si legge in un post ufficiale su cui Microsoft sottolinea che la distribuzione sarà graduale, il che vuol dire che potrebbe non essere disponibile già per tutti. “Abbiamo adottato un approccio più cauto con l’October Update, rallentandone la distribuzione per uno studio più attento dei dati dei dispositivi” prosegue il post. Alla luce di tutto questo quindi adesso potrete scaricare in tutta tranquillità l’aggiornamento e tutto filerà liscio.

 

F.P.L.




Okami HD, il classico senza tempo non smette mai di stupire

A più di un decennio dal suo lancio su PlayStation 2, Okami arriva su PC, PlayStation 4, Xbox One e Nintendo Switch con una riedizione in Full HD e 4K. Prima di passare alla recensione vera e propria del titolo è bene fare una breve premessa per tutti coloro che si stanno chiedendo perché questo titolo sia tutt’ora in grado di incantare nonostante non si possa paragonare alle produzioni tripla A che attualmente invadono il mercato videoludico? Bene, la risposta è molto semplice. Esattamente come tanti altri classici senza tempo, produzioni che in un modo o nell’altro sono riusciti a far breccia e hanno fatto la storia segnando in maniera indelebile tappe importanti nell’evoluzione dei videogiochi, Okami basa la sua fortuna su caratteristiche che non invecchiano, efficaci ed efficienti oggi come allora. Da titolo di nicchia, soprattutto in Europa, il capolavoro che narra dell’epopea della dea Amaterasu, nel corso degli anni ha beneficiato di numerosi porting e rimasterizzazioni, entrando a far parte della collezione di molte console a cavallo di più generazioni. Dopo aver goduto di una seconda giovinezza su Wii, Okami, nella sua edizione in alta definizione, torna a calcare il palco delle piattaforme di nuova generazione offrendo le stesse emozioni di un tempo ma in un contesto grafico e tecnico sicuramente migliore. La produzione nasce da un’idea di Hideki Kamiya, il genio dietro a titoli come Viewtiful Joe, God Hand, Resident Evil, Bayonetta e Devil May Cry. Racconta la storia di un Giappone antico, feudale e fiabesco, dove le forze del bene hanno riportato l’ordine in un mondo flagellato da demoni e oscurità. I vincitori di questo scontro, dapprima celebrati, vengono in seguito dimenticati, complice un periodo di pace secolare. Accade così che la storia si trasforma in mito e che la fede finisca per sbiadire poco alla volta: in questo modo, il sigillo di confinamento di ogni possibile nefandezza viene ingenuamente spezzato. Aprire il vaso di Pandora del Sol Levante getta nuovamente il mondo nel caos. I guardiani del Giappone invocano l’intervento divino di Amaterasu, dea del Sole e madre di tutte le cose. Incarnata nel lupo bianco Shiranui, dovrà riportare la pace nei quattro angoli dell’isola di Nippon riabilitando il suo potere divino e riaccendendo la fede nel cuore delle persone.

Giocando a Okami HD il colpo d’occhio è assolutamente mozzafiato, soprattutto se si nutre una certa ammirazione per l’arte classica nipponica. Il regno che bisognerà esplorare è reso attraverso campiture monocrome, separate da contorni spessi e vistosi. Personaggi e scenari vibrano di vita, costantemente scossi da un incessante vento, da animazioni fluide e da colori brillanti che non sono mai utilizzati in maniera superficiale. Si resta spesso e volentieri incanti di fronte ai panorami offerti dal regno di Nippon, soprattutto quando i giocatori li strapperanno dall’oscurità, ridonandogli uno splendore dovuto alla natura rigogliosa e brillante. Insomma, con Okami HD è davvero difficile non rimanere estasiati dal particolarissimo art design che, come già accennato in precedenza, non conosce l’incedere del tempo, ma resta sempre attuale perché frutto di uno sforzo creativo notevole. Il discorso è ugualmente valido anche dal punto di vista prettamente ludico. Il titolo è tutt’ora in grado di appassionare, forte di una formula che fa di tutto per premiare il videogiocatore ad ogni azione compiuta, per ogni piccolo compito svolto con successo. Il termine di paragone, per chi non conoscesse il gioco, è The Legend of Zelda. Similmente alla serie di Nintendo, nei panni della dea lupa bisognerà esplorare varie aree, addentrarsi in pericolosi dungeon, risolvere enigmi, e abbattere demoni pronti a mettere i bastoni tra le ruote per impedire il cammino del protagonista verso la vittoria. Tuttavia, a differenza di quanto accade controllando Link, il focus è incentrato quasi esclusivamente sull’esplorazione. I combattimenti, oltre ad essere relativamente rari, si fondano su un combat system non particolarmente profondo, né gli avversari sono dotati di tattiche e mosse così ricercate, tali da mettere in difficoltà chi si trova dinanzi lo schermo. Giocare a Okami HD il più delle volte significherà cercare la strada giusta da imboccare e spianare il sentiero sfruttando i poteri del Celestial Brush, feature che permette di disegnare sullo schermo oggetti o item utili alla causa. Si può, per esempio, riparare un ponte interrotto, creare una bomba con cui far saltare in aria un muro, spegnere un incendio con una brezza di vento, ma anche alternare gli attacchi fisici di Amaterasu a fendenti letteralmente dipinti sullo schermo. Per utilizzare questo portentoso strumento, che ovviamente amplierà le sue possibilità nel corso dell’avventura, rendendo progressivamente raggiungibili nuove zone del regno di Nippon, si può sia utilizzare lo stick analogico, come accadeva nella versione originale del titolo, sia, nel caso in cui lo stiate giocando su Switch, affidarsi agli accelerometri di uno dei due Joy-Con, sia nel caso si stia giocando sulla TV di casa o in modalità tablet.

Nonostante l’idea sia stuzzicante, alla prova dei fatti si tratta di un sistema piuttosto scomodo, poco preciso, anche se con la pratica si possono ottenere risultati accettabili. Al di là degli enigmi, piuttosto semplici da risolvere, e della progressione dell’avventura, classica e solo marginalmente vivacizzata da meccaniche prese in prestito dai giochi di ruolo, Okami HD tiene alto l’interesse del videogiocatore regalandogli continuamente piccole e grandi soddisfazioni. Sconfiggere un gruppo di demoni, utilizzare il Celestial Brush per benedire una porzione di mappa, ricostruire un oggetto distrutto, sono tutte azioni che ridoneranno splendore alle ambientazioni che si esplorano. Allo stesso tempo, ci si imbatterà con una certa frequenza in sentieri nascosti, tesori da dissotterrare, gruppi di animali che in cambio di cibo forniranno utilissimi punti esperienza. Insomma, a oltre un decennio dal suo debutto su PlayStation 2, grazie ad una trama che amalgama armoniosamente sacro e profano, momenti aulici ad altri assolutamente demenziali, un design assolutamente maestoso, un gameplay vario ed intrigante al punto giusto, Okami HD è ancora oggi un gioco in grado di stupire e divertire una fascia molto ampia di appassionati. Il titolo era ed è tutt’ora una pietra miliare della storia del gaming, un’avventura avvincente, visivamente strepitosa e ricca di elementi singolari e unici nel loro genere. Epici scontri, profezie e leggende ancora una volta potranno fare da contorno a una storia leggendaria in grado di catturare il cuore di chi si appresta a giocare. Okami HD è un’esperienza da provare, unica nel suo genere ed estremamente valida.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 8,5
Gameplay: 8,5
Longevità: 8,5
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Spotify arriva su Apple Watch, la musica è sempre più smart

Spotify, la famosissima app per l’ascolto di musica in streaming, si evolve ed è finalmente disponibile anche su Apple Watch. L’applicazione è infatti sbarcata nello Store del colosso di Cupertino dopo una lunga fase beta. Oltre al controllo dei classici comandi di riproduzione dei brani musicali, l’app consente adesso anche pieno accesso alle playlist, ai brani preferiti e alla funzione DJ. Inoltre, tramite Spotify Connect, è anche possibile collegare l’Apple Watch ad altri dispositivi esterni come notebook o smart speaker. Insomma, con il suo arrivo sullo smartwatch della Mela adesso sarà possibile controllare in maniera completa le principali funzioni di Spotify senza dover mai tirare fuori dalla tasca lo smartphone. Durante l’allenamento quotidiano in palestra o all’aperto sarà quindi possibile attivare velocemente il comando play o mettere in pausa, cercare un brano tra i preferiti o selezionare una delle playlist amate o ancora aggiungere all’elenco dei preferiti un brano nuovo solamente toccando l’iconcina del cuore. Durante una festa, invece, riprodurre la musica che si vuole sarà ancora più semplice in quanto non ci sarà più bisogno di usare l’iPhone o il computer portatile. Il roll-out è partito da poche ore, quindi è probabile che non tutti visualizzino la disponibilità di un aggiornamento, tant’è che Spotify consiglia di attendere qualche giorno prima di ricontrollare. In ogni caso prima di procedere è bene assicurarsi di avere installata l’ultima versione disponibile di watchOS e dell’app di Spotify sul dispositivo iOS associato all’Apple Watch. Grazie a quest’ultima novità la musica vi seguirà ovunque ancora più facilmente e in maniera pratica di prima.

 

F.P.L.




Call of Duty Black Ops 4, tre giochi in uno per gli amanti del multiplayer

Con Call of Duty Black Ops 4 Activision cambia le carte in tavola e imposta un titolo che punta a volersi imporre anche tra i videogiocatori più competitivi. Per raggiungere tale scopo la software house ha deciso di sacrificare la componente single player in favore dell’introduzione della modalità Battle Royale che affiancherà l’ormai noto multiplayer e la modalità zombi. Con questo nuovo titolo quindi si è cercato di creare un impianto di gioco capace non solo di accontentare gli annuali fan della saga, ma anche di portare quelle necessarie modifiche per avvicinarsi in pianta stabile al circuito del gaming competitivo. Ma veniamo al dunque, la modalità che ha il compito di rivisitare il concetto di Battle Royale in chiave CoD prende il nome di Blackout e ha la peculiarità di introdurre la fluidità tipica del franchise in una tipologia di gioco che ha ormai trovato la sua folta schiera di appassionati grazie a titoli come Pubg e Fortnite.

L’impostazione iniziale che Call of Duty Black Ops 4 dà a questa modalità Blackout è quella classica, con la possibilità di selezionare una partita in solitaria o a squadre da due o da quattro giocatori, che vengono scelti tramite matchmaking nel caso in cui non si sia già in team con degli amici. Una volta iniziata la ricerca di una partita, si verrà lanciati in una “simulazione” della mappa di gioco, con la possibilità di esplorare liberamente e con il dono dell’immortalità. Questo naturalmente fino a quando tutti i giocatori non saranno presenti nella lobby e il match sarà quindi pronto per iniziare. Durante questa fase, aprendo la mappa di gioco, è inoltre possibile iniziare a vedere il percorso che seguirà l’elicottero da cui ci bisognerà lanciarsi. Funzionalità, questa, introdotta soltanto recentemente nelle produzioni dei Bluehole e di Epic Games, ma che è di estrema utilità in termini organizzativi, soprattutto quando si gioca in squadra. A quanto punto si avranno sessanta secondi per decidere dove e quando buttarsi giù. Naturalmente prima si arriverà a terra e prima si potrà iniziare la ricerca di un’arma: essenziale per assicurarsi la sopravvivenza nelle caotiche fasi iniziali del gioco. Per chi non lo sapesse nei giochi Battle Royale si entra in gioco con solo i vestiti addosso e sarà necessario trovare armi, corazze ed equipaggiamenti sul campo. Nella modalità Backout proposta in questo nuovo Call of Duty Black Ops 4 la gestione dell’inventario è molto interessante e risulta in sostanza l’unica vera novità, che questa Battle Royale aggiunge rispetto alla concorrenza. Oltre alle due armi equipaggiabili, entrambe altamente personalizzabili con ottiche, calci e accessori vari, c’è anche la possibilità di portare con sé un gadget medico, tra i vari oggetti che curano 25, 50 o 100 punti ferita, utilizzabile con il dorsale sinistro, e uno strumento come il rampino o una granata da usare con il dorsale destro. In più sono presenti due slot passivi dedicati uno alla corazza, di tre livelli differenti, tra cui l’ultima in grado di proteggere dai colpi alla testa, e l’altro allo zaino, con la classica utilità di ampliare il proprio inventario da cinque a dieci slot. Nonostante questa pratica selezione rapida, in qualsiasi momento della partita si potrà aprire il menu rapido per utilizzare liberamente tutti gli equipaggiamenti, tra cui dei particolari bonus dalla durata a tempo, che si possono trovare in giro per la mappa e forniscono gli stessi benefici dei classici perk di Call of Duty. Quanto alle munizioni, è invece presente una sezione dell’inventario dedicata e queste non graveranno sul peso e non occuperanno alcuno spazio nello zaino. La mappa di gioco nel complesso è ben strutturata, dalle dimensioni più contenute rispetto alle ormai note Erangel e Miramar presenti su Pubg, ma con una buona alternanza di scenari: da centri urbani ad ampi spazi aperti. Non manca infine la possibilità di sfruttare i mezzi presenti, da camion lenti ma ben corazzati e quad rapidi ma vulnerabili, fino a poter guidare motoscafi lungo i canali ed elicotteri per solcare i cieli. Ovviamente anche nel Battle Royale di Call of Duty 4 Black Ops lo scopo del gioco è rimanere l’ultimo giocatore o l’ultima squadra in vita mentre l’area di gioco si restringe sempre di più. Se si rimane fuori dai bordi la vita del proprio personaggio si riduce progressivamente fino alla morte. Tirando le somme, la modalità Blackout è una tipologia di gioco che convince e diverte nonostante sia palesemente un’interpretazione in chiave Call of Duty di una formula già collaudata e con meccaniche ben precise che, pur non apportando alcuna vera innovazione al genere, riesce ad ampliare l’offerta del titolo.

Per quanto riguarda il resto del pacchetto, in Call of Duty Black Ops 4 è presente l’immancabile multiplayer, vero fiore all’occhiello della saga da ormai più di 10 anni, ma prima di descrivere in cosa consiste è necessario fare una piccola premessa. Come già detto all’inizio la campagna single player è stata rimossa, ma la casa di sviluppo statunitense ha pensato bene di far approcciare futuri e vecchi giocatori attraverso un sistema intelligente, quanto mai appropriato. Gli eroi indiscussi di Black Ops 4 sono senza dubbio gli Specialisti, quindi, quale occasione migliore di poterli mettere in campo guidando il videogiocatore nelle varie modalità proposte? Si entra di diritto nel Quartier Generale degli Specialisti, un luogo che rappresenta un HUB per coloro che vogliono conoscere il background degli eroi e capire il funzionamento di ciascuno di essi. In linea di massima si tratta di un enorme tutorial che getta le basi per introdurre al giocatore quello che lo aspetterà nei mesi seguenti. I fan più appassionati troveranno anche di gradito gusto i file relativi ai dossier di ciascun specialista, dove scene di intermezzo, si alterneranno agli obiettivi preposti dall’istruttore guida. Niente campagna quindi, ma un modo intelligente di far conoscere Black Ops 4 ad ogni tipologia di videogiocatore. Venendo al multiplayer, le differenze sostanziali rispetto a quanto già visto in passato risiedono in un Time To Kill più diluito e la mancanza di auto-rigenerazione dopo una sparatoria. Sarà invece presente un’abilità speciale che consentirà ad una siringa di far scorrere più adrenalina e recuperare, quindi, punti vita. Tale introduzione ha un costo in cooldown, cioè un tempo di ricarica che consentirà al giocatore di non abusare troppo del reintegro, anche se la gestione dei perks e del loadout del proprio Specialista consente la riduzione di tale tempistica. Anche per questo motivo, la salute è stata aumentata del 50% in virtù del fattore rigenerate assente. Sono state eliminate anche dinamiche correlate alla parte più tecnologica degli Specialisti, vale a dire la corsa sui muri ed il doppio salto. Nonostante quasi tutte le modalità siano state mantenute, alcune non sono presenti come ad esempio “Gioco delle armi”, ma ne sono state introdotte altre di egual spessore, se non addirittura di qualità superiore e più appaganti. Certamente i vari Deathmatch a squadre, Cerca e Distruggi o Uccisione Confermata risultano ancora oggi le playlist più apprezzate, così come Dominio e Controllo, ma la vera novità dal punto di vista del multiplayer risiede in Furto. In questa nuova modalità di gioco due squadre si alternano nel recupero di un’ingente somma di denaro per estrarlo in punto preciso attraverso un elicottero. Si parte con una gestione oculata del proprio equipaggiamento, con dei crediti (fittizi) spendibili per armi e oggetti, per poi fiondarsi insieme alla squadra in uno scontro che non tollererà l’entrata dopo la morte. Sarà disponibile una sola vita per scontro, quindi questo fa sì che le partite abbiano un approccio ragionato e che il team cooperi all’unisono per arrivare alla vittoria. Al netto delle modalità disponibili, vi è anche una modifica sostanziale alla playlist presente su Veterano, speciale attività che prevede l’utilizzo di un numero inferiore di modalità aventi delle modifiche sostanziali al gameplay. L’eliminazione del radar non consente ai giocatori di capire la posizione del nemico, così come un time to kill più ridotto induce alla cautela, nonché la presenza del fuoco amico potrà causare uccisioni da parte dei compagni di squadra. Per evitare l’abuso consistente dovuto alla morte per via del fuoco amico, Treyarch ha introdotto un sistema di espulsione dalla partita per uccisioni multiple errate. Tale sistema è sicuramente utile per eliminare giocatori che effettivamente disturbano il match, ma risulta anche controproducente nel caso di morti accidentali.

https://www.youtube.com/watch?v=ooyjaVdt-jA

A completare la massiccia offerta di Call of Duty Black Ops 4 c’è la tanto apprezzata modalità Zombi. Se si è amanti di questa tipologia di gioco, presente ormai da dieci anni nei titoli della saga, in quest’ultima produzione sarà possibile trovare quanto di meglio si possa desiderare. Treyarch ha infatti deciso di inserire ben tre diversi scenari, appartenenti a differenti epoche storiche, dove i giocatori saranno chiamati a respingere orde di non morti sempre più dense, tra perks e pozioni indispensabili per avere ragione di una quantità di avversari mai così agguerrita. Tra trovate sceniche d’eccezione, che ovviamente e qualche limatura alle regole classiche del genere, si può affermare senza alcun dubbio che Treyarch ha centrato perfettamente il bersaglio. A livello tecnico/grafico, Call of Duty Black Ops 4 non brilla certamente per innovazione, spesso e volentieri si possono notare texture non proprio eccelse, animazioni al di sotto del livello di altri prodotti AAA e modelli poligonali non rifiniti al meglio. Anche sotto l’aspetto grafico, il titolo risulta essere poco entusiasmante e non stupisce. Fortunatamente i cali di frame si presentano raramente, salvo in alcuni momenti concitati su Blackout, quindi l’esperienza di gioco sarà quasi sempre fluida e appagante. Il netcode nel complesso risulta essere ben solido, come già visto in altre produzioni targate Activision, e questo è un bene in quanto garantisce piacevoli e longeve sessioni di gaming esenti da problematiche poco gradevoli.

Tirando le somme, questo Call of Duty Black Ops 4 è un prodotto che diverte e che offre una varietà di gioco mai vista prima nel franchise. Activision e Treyarch hanno ascoltato con attenzione le richieste della community portando alla luce un prodotto solido e ben variegato nelle modalità che, purtroppo, pecca di una campagna single player maldestramente sostituita da tutorial, con protagonisti i vari Specialisti, che mancano di spessore e caratterizzazione. Il titolo potrebbe candidarsi realmente a essere quel punto di raccordo, mai trovato fino a questo momento, tra la vecchia e nuova fetta d’utenza utile a dar nuova linfa vitale a un brand che, nel corso degli ultimi anni, è rimasto bloccato in un limbo che non ha mai convinto o soddisfatto gli utenti. In ogni caso, se siete amanti degli shooter, del Battle Royale, della competizione o della saga, questo titolo non può assolutamente mancare nel vostro scaffale sia che siate possessori di Pc, Xbox One o PS4.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8
Longevità: 9
Gameplay: 8,5
Sonoro: 8,5
VOTO FINALE: 8,5

 

Francesco Pellegrino Lise




Apple, arrivano i nuovi iPad Pro, MacBook Air e Mac Mini

E’ il momento dei nuovi iPad Pro, MacBook Air e Mac Mini. Apple li ha presentati nel corso di un evento svoltosi a New York a fine ottobre e saranno disponibili a partire dal 7 novembre. Il nuovo tablet è caratterizzato da un design con bordi ultra sottili ed è disponibile con schermo da 11” e da 12,9” Liquid Retina. Integra la funzione Face Id, è dotato di processore A12X Bionic e, novità tra le connessioni, l’Usb-C prende il posto del Lightining. La memoria per archiviare i dati potrà arrivare fino a 1 terabyte, è dotato di connettività Lte oltre che Wi-Fi. Tra gli accessori, Apple ha inserito la nuova Apple Pencil, che si carica in modalità wireless una volta agganciata all’Ipad, e la Smart Keyborard Folio.

https://www.youtube.com/watch?v=LjaKHqDbzSA

Sul MacBook Air, invece, arrivano il display da 13” con tecnologia Retina, una scocca completamente rivisitata con il 50% in meno di bordi e l’integrazione del Touch Id. Al suo interno è presente un processore Intel Core i5 di ottava generazione, mentre il comparto grafico è affidato a una Intel Graphics UHD e 2133 MHz. L’archiviazione dei dati avviene invece su Ssd che può arrivare fino a 1,5 terabyte, mentre la Ram può raggiungere fino a 16 gigabyte. Il desktop compatto Mac Mini, invece, offre prestazioni fino a 5 volte maggiori rispetto al modello precedente. Avrà la possibilità di raggiungere fino a 64 gigabyte di Ram e 2 terabyte di Ssd, mentre i processori sono un quad-core ed esa-core di 8a generazione con Turbo Boost Speed fino a 4,6GHz, grafica Intel UHD il 60% più veloce della versione precedente. Completano la dotazione 4 porte Thunderbolt 3 per connettere anche display 4K e 5K, il Security Chip Apple T2 e l’opzione Ethernet fino a 10GB. Infine, Apple ha annunciato la scheda grafica Radeon Pro Vega anche per MacBook Pro, che permette prestazioni grafiche, video 3D e di editing fino al 60% più veloci delle altre schede proposte per il portatile. Insomma, anche quest’anno il colosso di Cupertino ha lanciato tutta una serie di novità assolutamente interessanti e che faranno gola a tutti gli appassionati della Mela morsicata.

 

F.P.L.




Hollow Knight, un’epica avventura a metà fra Castlevania e Dark Souls

A distanza di un anno dal lancio su PC, il Team Cherry porta Hollow Knight anche su Xbox One (versione da noi testata) e Nintendo Switch. Vi preannunciamo che ci troviamo dinanzi a un vero e proprio piccolo capolavoro in quanto il titolo è stato in grado di colpirci in maniera particolare già sin dai suoi primi filmati, ed è stato un meraviglioso e indimenticabile viaggio fino alla fine. Abbiamo testato Hollow Knight a fondo, esplorato l’articolata mappa in lungo e in largo, arrivando fino in fondo dopo tantissime ore di gioco e di incredibili avventure. A livello di trama, la produzione è ambientata a Pulveria, l’ultimo avamposto prima dell’ignoto, dei pericoli, dei tesori nascosti nel sottosuolo. È un luogo fantasma, nonostante sia l’unico in posto in cui gli avventurieri, incluso il protagonista, possono trovare ristoro tra un’impresa e l’altra, con porte chiuse, e solo qualche anima in pena rimasta lì per far desistere i temerari dallo scendere nelle profondità. Solo l’intervento del giocatore riporterà qualcuno in superficie e ripopolerà case e negozi, tra chi è rimasto intrappolato e chi non credeva di poter tornare in affari, ma questa è un’altra storia… Le leggende sull’ormai decaduto Nidosacro giunte alle orecchie del protagonista saranno vere oppure no? Ci sono davvero tesori lì sotto? La risposta è qualche metro sotto terra, ben nascosta tra cunicoli, condotti sotterranei e vaste aree labirintiche da esplorare con estrema difficoltà, affrontando creature e boss di ogni genere, e scovando criptici messaggi sparsi nei luoghi più impensabili, quasi a voler confondere chi sta dinanzi lo schermo ancora di più. La narrazione di Hollow Knight è tanto ermetica quanto suggestiva e aperta a molteplici interpretazioni. Ma veniamo al dunque, con questa produzione i ragazzi del Team Cherry sono riusciti a creare un prodotto unico, sicuramente ispirato ad altri titoli, ma con una propria identità ed una caratterizzazione ben definita. Nel complesso il videogame può essere definito un mix fra Castlevania Symphony of the Night e Dark Souls. Del primo ha ereditato una mappa enorme ed interconnessa, parecchio backtracking e nemici che respawnano ad ogni nuovo passaggio del protagonista in un determinato luogo. Del secondo titolo il team ha preso in prestito diversi aspetti: ad esempio al posto dei falò per recuperare le forze, in Hollow Knight ci sono le panchine e il fatto che quando si muore si perdono le anime raccolte. Ma cosa più importante è che ritorna il concetto della raccolta di queste ultime, qui guadagnate ad ogni nemico abbattuto, fondamentali per recuperare energia durante gli scontri o l’esplorazione, e per utilizzare i power-up disponibili. Parlando proprio dei potenziamenti presenti in game, possiamo dire che ce ne sono veramente molti, tanto semplici e funzionali nel concetto, ma altrettanto complessi nella loro gestione.

Durante il viaggio del protagonista infatti si possono trovare o acquistare diversi potenziamenti rappresentati dagli amuleti, che occuperanno un certo numero di incavi nell’inventario, quindi più incavi si riescono a ottenere, più amuleti attivi si potranno avere a disposizione. La cosa bella è però che ogni combinazione tra i vari power-up cambia drasticamente l’approccio ai nemici, specialmente i boss, e l’interazione con l’ambiente. E cosa ancora più interessante è il fatto che la gestione degli amuleti non potrà avvenire durante il gioco, ma solo ed esclusivamente nel tempo che si passerà seduti sulle varie panchine sparse per la mappa, che non sono poi così comuni o semplici da scovare. Quindi, già da questi aspetti potete capire che Hollow Knight, nonostante la sua grafica in stile cartoon non è affatto un gioco semplice, ma anzi è un vero e proprio rompicapo da risolvere poco alla volta gustandosi tutta la magia della sua atmosfera dark che sembra venir fuori da un fillm di Tim Burton. Quando ci si trova dinanzi a un titolo di questo genere, è fondamentale soffermarsi sull’effettiva bontà o meno del sistema di gioco, dato che rappresenta una delle componenti chiave di tutta la produzione. In questo caso, nella sua semplicità, riesce a essere tremendamente difficile da fare completamente proprio, visto l’elevata difficoltà in generale del titolo, tra nemici agguerriti, boss molto resistenti e con pattern di attacchi non scontati, oltre a una libertà di movimento e attacco limitata alle quattro direzioni, essendo vincolati alla bidimensionalità. Per questo motivo tutto gira attorno all’apprendimento, capire per filo e per segno tutte le componenti che si hanno davanti: dalla tipologia di attacchi che si possono effettuare, il miglior mix di abilità per il proprio stile e per “counterare” al meglio gli avversari, capire come questi ultimi si muovono e soprattutto come possono infliggere danno, oltre che tanti altri aspetti che si scoprono una volta addentrati in questo mondo. L’apprendimento però, proprio come accade nei Souls, passa attraverso la morte, solo venendo sconfitti più volte sarà possibile imparare dagli errori, vedere il come poter abbattere boss, esplorare pericolose aree e via discorrendo. Uno degli aspetti sicuramente meglio riusciti del gioco è sicuramente il level design. Questo riesce, come pochi altri, a ricreare un totale filo conduttore tra le varie aree che si sono scoperte, tra una serie incessante di connessioni e soprattutto scorciatoie sbloccabili. Sotto un certo punto di vista è fondamentale che questo sia effettivamente così, dato che, l’assenza quasi totale di spostamenti rapidi se non per alcune gallerie, grazie al supporto di un coleottero gigante, avrebbe distrutto tutta la natura del gioco in se. E in questo il titolo ricorda molto da vicino Castlevania Symphony of The Night. Fortunatamente gli sviluppatori sono riusciti a rendere intrigante l’esplorazione, facendo pesare il meno possibile i lunghi spostamenti “manuali”, grazie anche a una serie considerevole di checkpoint, le famose panchine di cui abbiamo già parlato, sparsi nella mappa e soprattutto posizionati in posti strategici, in modo tale da essere quasi alle porte di ogni settore importante.

Uno dei lati che rende meno adatto a tutti il titolo, dato che non tutti hanno la pazienza di esplorare tutte le aree “al buio”, è l’assenza di una mappa e indicatore rispetto al dove siamo. La prima, di ogni area, è ottenibile dal cartografo, un insettoide in costante viaggio per il mondo di gioco alla scoperta di ogni sua area. Sarà però compito del giocatore riuscire a rintracciarlo per non brancolare nel buio. Il suo ritrovamento è “facilitato” dal sonoro, vista la sua abitudine a fischiettare, permettendo a chi sta dinanzi lo schermo di trovarlo e finalmente avere una vaga idea, dopo aver raggiunto delle panchine, di dove si è. Riguardo invece alla posizione all’interno della mappa, è tutto strettamente collegato all’utilizzo o meno di un’abilità che si troverà facilmente nelle prime fasi di gioco, che occuperà uno slot amuleto, ma che servirà ad aiutare enormemente il protagonista nell’orientamento in questo mix labirintico di cunicoli e scorciatoie. Grazie al suo disegno pulito, all’ambientazione tetra e uno stile che richiama molto opere del passato lasciando quella calda sensazione di nostalgia mista a novità, Hollow Knight riesce a stupire veramente facendo centro. L’eroe del gioco, poi, è semplicemente bellissimo da vedere, ben dettagliato nella sua semplicità, così come i mostri e boss che si dovranno affrontare durante il lungo viaggio verso la fine del titolo. A completare tutta questa bellezza, si aggiunge un comparto sonoro semplicemente incantevole frutto del magistrale lavoro di Christopher Larkin che ha portato sugli schermi una colonna sonora capace di far venire la pelle d’oca e che si sposa perfettamente con l’atmosfera di gioco. Ma non è solo questo a sorprendere, quanto pure le voci dei personaggi, l’atmosfera che si respira, grazie agli effetti sonori che fanno da sottofondo alle sessioni di esplorazione e combattimento. Tirando le somme, con Hollow Knight il Team Cherry è riuscita a portare sugli schermi un’opera veramente impressionante. Profonda, bella da vivere, intelligente e che terrà incollati sullo schermo per molte e molte ore. Se siete alla ricerca di un titolo geniale, che riesca a dare un senso al tempo che passerete cercando di arrivare fino alla fine, questo software è un esempio concreto di cosa voglia dire essere un videogame davvero unico nel suo genere.

 

GIUDIZIO GLOBALE:
Grafica: 8,5
Sonoro: 9
Gameplay: 8,5
Longevità: 9,5
VOTO FINALE: 9

 

Francesco Pellegrino Lise