Xiaomi Mi 10, il nuovo smartphone di fascia alta arriva in tre versioni

Xiaomi ha svelato, via Facebook, un’ampia gamma di nuovi
prodotti, fra smartphone e altri dispositivi “intelligenti”, che saranno destinati
anche al mercato tricolore. Gli smartphone sono i modelli Mi 10, Mi 10 Pro e Mi
10 Lite 5G, posizionati tutti nella fascia alta o altissima del mercato; gli
altri dispositivi sono 2 router, un purificatore d’aria, un paio di cuffie
wireless e soprattutto la Mi Tv 4S 65”, uno dei televisori che Il Secolo XIX
aveva visto in anteprima a novembre 2019. Per quanto riguarda i telefonini: il
Mi 10 e il Mi 10 Pro sono caratterizzati da un design 3d curvo davanti e
dietro, con bordi lisci e sagomati, entrambi con Gorilla Glass 5 sulla parte
anteriore e posteriore. Per tutti e due, il display è un amoled curvo
“edge-to-edge” da 6.67 pollici a 90Hz e il processore è lo “Snapdragon 865 5G”
di Qualcomm, con velocità di clock sino a 2,84 Ghz; differisce leggermente la
capacità della batteria: 4500 mAh per il Mi 10 Pro e 4780 per il Mi 10. Quanto
al comparto fotografico, tutti e due gli smartphone hanno il sensore da 108
megapixel che aveva debuttato sul Mi Note 10, cui il Mi 10 Pro abbina due
teleobiettivi e una lente ultra-grandangolare e Mi 10 abbina una lente
ultra-grandangolare e altri due obiettivi, di cui uno “macro”. Viste le
caratteristiche da dispositivi di fascia alta, i prezzi non sono esattamente convenienti
e segnano l’avvicinamento del marchio Xiaomi alla fatidica “quota 1000” (euro):
a partire dal 7 aprile, il Mi 10 Pro è disponibile in Italia in bianco o grigio
al prezzo di 999,99 euro (versione 8-256); il Mi 10, in verde o grigio, si può
avere nelle versioni 8-128 oppure 8-256, rispettivamente al prezzo di 799,99
oppure 899,99 euro. L’azienda cinese ha fatto sapere che le vendite di entrambi
partiranno online su Xiaomi Italia e su Mi Store Italia, oltre che su Amazon e
sui siti delle principali catene di distribuzione; successivamente, saranno
presenti anche in tutti i negozi presenti sul territorio italiano. Chi deciderà
di pre-ordinare online i dispositivi (sino al 6 aprile) avrà in regalo le nuove
cuffie Mi True Wireless Earphones 2 con l’acquisto di un Mi 10 e il Mi Smart
Sensor Set (l’avevamo provato qui) con Mi 10 Pro. Fra gli altri prodotti
presentati dall’azienda asiatica, entro fine giugno sarà disponibile in Italia
la Mi Tv 4S 65”, un televisore smart con tecnologia 4k e Hdr10+, con già
installate app come Netflix, YouTube e Prime Video e altre scaricabili dal Play
Store di Google. L’apparecchio costerà 649,99 euro, ma nella prima settimana di
commercializzazione basterà aggiungerne altri 50 per portarsi a casa anche un
“pacco regalo” con dentro il nuovo Mi Air Purifier 3H, il router Mi AIoT AC2350
e il Mi Led Smart Bulb.

F.P.L.




Warlords of New York, The Division 2 si espande

Warlords of New York è la nuova espansione che amplia l’universo di The Division 2 (qui potete leggere la nostra recensione).  Quello che serviva alla produzione Ubisoft, dopo aver vagato nel nord-est americano, era un nuovo punto d’approdo e un po’ d’ordine nell’organizzazione delle attività. Soprattutto, serviva un motivo concreto per rispondere alla chiamata della Divisione ancora una volta e nuova linfa vitale a un end-game non proprio brillante. Warlords of New York prova a rispondere a tutti questi bisogni, e lo fa giocandosi una carta importante, quello del ritorno a casa, perché Manhattan, per tutti gli agenti, rappresenta l’inizio del viaggio in quanto, per chi non lo sapesse, la Grande Mela è stato il teatro degli scontri vissuti nel primissimo capitolo della serie The Division. In questa versione 2.0 di New York, la neve ha lasciato spazio all’erba incolta, a un’infinità di depositi di rifiuti abbandonati a margine delle strade che accompagnano ogni pattugliamento lungo le vie della metropoli. La città nella versione proposta da Warlords of New York è bella da vedere, bellissima da vivere, ma soprattutto mantiene un fascino innegabile forse figlio dei ricordi dei primi momenti di The Division, eppure dopo pochi minuti si capisce che le sensazioni non sono eredità del passato, ma emblema del presente. La conformazione topografica cittadina permette di giocare con l’illuminazione tra i palazzi, con i riflessi tra i resti delle macchine oppure con i rumori tra un vicolo e l’altro di qualche gruppo di nemici. Nella sua desolazione, New York è viva, piena di personalità più di quanta ne avesse Washington nella sua immensa storia e cultura tra musei e monumenti.  Tra un raggio di sole e l’altro però, New York mostra il suo lato tetro, putrido, marcio: i Rikers e i Purificatori presidiano le zone e le passeggiate innevate del primo capitolo hanno lasciato il passo a momenti concitati ricchi d’azione. New York è casa certo, ma una casa che è stata abbandonata da tempo e che non è più la stessa di prima.

Il pretesto di un nuovo inizio a Manhattan è dunque il modo
perfetto per introdurre indistintamente tra novizi e veterani il nuovo sistema
di endgame e di sviluppo narrativo che da qui al futuro condurrà gli anni di
supporto del titolo. L’ambientazione è però anche fulcro della narrativa di
Warlords of New York, la città è infatti divisa in quattro zone differenti,
ognuna dedicata a un agente rogue (i Warlords appunto) che bisognerà prima
scovare e poi affrontare in una caccia all’uomo che condurrà i giocatori nelle
braccia del caro e vecchio Aaron Keener. Il capitolo finale della trama legata
a Aaron Keener è gestito in maniera sapiente proprio grazie alle possibilità
offerte da New York e dai suoi quartieri così caratteristici. Ogni Warlords ha
poi una peculiarità ben definita che sfrutta appieno all’interno di uno
scenario ad hoc e riesce a creare diversi momenti memorabili. Purtroppo però,
questi frangenti risultano localizzati solo nella parte finale di ogni sezione
con gli agenti traditori, ovvero le missioni che conducono agli scontri. Ogni
fase preliminare, invece, soffre di una certa mancanza di pathos che purtroppo
in titoli di questo genere può sopraggiungere. Dopo aver provato e ultimato
Warlords of New York, quello che possiamo dire è che la storia gode di una
trama pensata in maniera sapiente nei suoi punti chiave, ma che sì perde ogni
tanto nella messa in pratica, a causa di un sistema, quello dei documenti
narrativi in-game, che ad oggi è forse troppo frastagliato e poco intuitivo.
Gli approfondimenti sulle figure dei Warlords ci sono, ma potranno risultare ai
giocatori meno attenti e più “frettolosi” più un’aggiunta opzionale e
completamente di contorno essendo legata alle registrazioni e agli ECHO. A
trarre vantaggio da questa situazione è proprio la figura di Keener che ad oggi
forse è una delle meglio riuscite di tutto il franchise di The Division. Per
quanto riguarda la giocabilità vera e propria, il Level Cap è stato
incrementato di dieci punti e dunque la campagna da circa otto ore permetterà
di passare dal livello 30 al livello 40 senza difficoltà, sia che si scelga di
portar dietro il proprio personaggio, sia che si decida di iniziare
direttamente la nuova campagna con un personaggio predefinito che partirà dal
livello 30. La trama ha poi l’obiettivo di far conquistare quattro nuove
abilità, ottenibili ovviamente dai quattro Warlords. Queste abilità, di cui non
parleremo per evitare spoiler, vanno a inserirsi pienamente nella rivalutazione
dell’ecosistema di loot e di progressione che adesso permette una maggiore
varietà in termini di specializzazioni. La progressione dal livello 30 al
livello 40 risulta invariata, si guadagna EXP, si cerca loot di rarità ed
efficacia sempre maggiore e si raggiunge il cap. Qui però tutto cambia e i
giocatori possono decidere di concentrarsi su diversi aspetti scegliendo dunque
tra build finalmente efficaci grazie ad armi e armature scelte al fine di
massimizzare le statistiche e abilità elevate a livelli di danno al nemico.

Chiaramente, in tutto questo resta presente la superiore
supremazia dell’equipaggiamento esotico, ma ovviamente si tratta di eccezioni
elitarie da inserire in un contesto che ora assume un contorno strategico
decisamente più marcato. Infine i livelli SHADE, introdotti in maniera
intelligente e contestualizzata, servono da ulteriore mezzo di specializzazione
visto che permetteranno di spendere ulteriori punti extra per potenziare le
abilità e dare una profondità maggiore alle specializzazioni. Un’altra novità lanciata
con Warlords of New York è l’introduzione di eventi stagionali con una
progressione free (che fornisce armi ed armature di alto livello) e una a
pagamento (principalmente skins e casse di materiali), modello questo assai
simile a quello implementato da Destiny 2 o Modern Warfare. Ogni evento
stagionale è legato ad una serie di nuovi bersagli da eliminare (nessuno
spoiler, non preoccupatevi). Questi obbiettivi non saranno tutti disponibili da
subito ma subiranno una rotazione settimanale, per tenere incollati i giocatori
su Division 2. Tirando le somme, Warlords of New York è un’espansione
incredibile, dal punto di vista concettuale, tecnico e narrativo. La completa
ristrutturazione delle meccaniche del gioco, le nuove aree e in generale il
senso di realismo che colpisce il giocatore come un raggio di sole a mezzo
giorno in pieno agosto, rendono questo titolo il miglior looter shooter in
circolazione. Se avete amato The Division 2, ma anche se vi ha lasciato
perplessi, quest’espansione merita di essere giocata in quanto eleva il titolo
verso nuovi standard, migliorandolo sotto diversi aspetti e arricchendo la
trama con personaggi interessanti e spunti intelligenti. Insomma, il dlc del
videogame targato Ubisoft è un vero e proprio spettacolo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 9

Gameplay: 9,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Huawei P40, la linea smartphone dell’era post Google

Huawei sbarca su YouTube per mostrare la sua linea di
smartphone P40, primo vero banco di prova dell’era post Google: senza app e
servizi della compagnia californiana, a causa del bando imposto
dall’amministrazione Trump, ma con la piattaforma alternativa Huawei Mobile
Services e un suo negozio di applicazioni, in rapida crescita. Durante l’evento
online sono stati svelati i nuovi top di gamma P40, P40 Pro e P40 Pro+, che
compongono la linea di nuovi smartphone insieme al più economico P40 Lite
lanciato due settimane fa. Ma i telefoni non sono l’unica novità: sotto i
riflettori finiscono anche lo smartwatch GT2e, uno smart speaker (ma solo per
la Cina), gli occhiali smart “Gentle Monster”. E, sul fronte
software, un assistente virtuale chiamato Celia, il servizio di musica in
streaming Huawei Music con 50 milioni di brani, analogo anche nel prezzo
dell’abbonamento a Spotify, Apple Music e gli altri, e Huawei Video che punta a
far concorrenza a Netflix & co. Tornando agli smartphone, i P40 come da
tradizione scommettono sul comparto fotografico e video. Il dispositivo è
infatti stato sviluppato con la tedesca Leica, e sulla forte integrazione di
hardware e software, entrambi “fatti in casa”. I telefoni sono tutti
5G, poggiano sul processore Kirin 990 e si basano sulla versione open source di
Android 10, con il negozio di applicazioni App Gallery. Il modello più
esclusivo è il P40 Pro+, con schermo Oled da 6,58 pollici, scocca in ceramica
bianca o nera e comparto fotografico incentrato sul sensore Ultra Vision da 50
megapixel, coadiuvato da un ultra grandangolare da 40 mp, un sensore Tof e due
teleobiettivi, con zoom ottico 3X e un 10X che porta lo zoom digitale fino a
100X.     Doppia fotocamera frontale da
32 e 2 mp. All’interno 8 GB di Ram e 512 GB di memoria interna. Prezzo e data
di lancio italiana verranno comunicati nelle prossime settimane. P40 e P40 Pro,
in vetro, saranno invece in preordine fino al 6 aprile. Il P40 Pro è da 6,58
pollici, ha la stessa fotocamera anteriore del fratello maggiore, e sul retro
lo stesso sensore da 50 mp e lo stesso grandangolare da 40 mp, cui si
aggiungono un teleobiettivo da 12 mp (5X) e un Tof. Con 8 GB di Ram e 256 GB di
memoria, ha un listino di 1.050 euro e porta in regalo il Watch GT2. Il P40 ha
schermo da 6,1 pollici e monta sul retro una tripla fotocamera: al sensore da
50 mp si affianca il grandangolo da 16 mp e un teleobiettivo da 8 mp (3X). Le
fotocamere anteriori sono analoghe al Pro, così come Ram e memoria. Il prezzo
scende a 800 euro.

F.P.L.




Call of Duty Modern Warfare, arriva Warzone, la battle royale free to play

Call of Duty Modern Warfare: Warzone è una nuova, rivoluzionaria esperienza gratuita per tutti. Per poter giocare, infatti, non sarà necessario acquistare una copia completa del titolo (qui la nostra recensione), ma basterà scaricare dallo store il grosso file (quasi 100 giga) e il gioco è fatto. L’update è disponibile in tutto il mondo su PlayStation 4, Xbox One e PC. Ma che cos’è Warzone? Semplice, è un’esperienza battle royale del tutto inedita in cui fino a 150 giocatori possono fare squadra con i propri amici e scendere nella città immaginaria di Verdansk, un’enorme arena di combattimento online ricca di azione e divertimento senza fine. Al lancio, i giocatori si uniranno e combatteranno in trio in due epiche modalità: una nuova versione della celebre Battle Royale survival con modalità di gioco nuove e innovative e una nuovissima modalità originale chiamata Malloppo, dove le squadre si sfidano per raccogliere più denaro nella partita.

Come appena accennato, nella modalità Battle Royale presente
nel pacchetto “Warzone”, ci si dovrà lanciare nell’enorme mondo di Verdansk con
150 giocatori divisi in squadre da tre e combatti per essere l’ultimo
sopravvissuto in un colossale scontro a fuoco. In questa modalità di gioco, i players
di tutti i livelli e con tutti gli stili di gioco troveranno nuovi modi di
giocare ed essere premiati nella modalità sopravvivenza. I players possono inoltre
raccogliere denaro durante il gioco per acquistare equipaggiamenti,
potenziamenti da campo, serie di uccisioni o gettoni per resuscitare i compagni
di squadra caduti, presso le stazioni di acquisto situate in tutta la mappa per
cambiare il corso della guerra. Le squadre possono accettare contratti,
intraprendere mini-missioni opzionali durante la partita situate in tutta la
mappa che offrono ricompense epiche al loro completamento, tra cui un bottino
raro, denaro nel gioco, PE e PE Armi per aiutare la squadra ad avere la meglio
sulla concorrenza. Se si cade in una partita, non significa che si è fuori dai
giochi. Nella Battle Royale di Warzone, ci sono diversi modi in cui i giocatori
possono tornare sul campo di battaglia: Il Gulag è un modo tutto nuovo di
guadagnare una seconda possibilità di sopravvivenza nella Battle Royale. Dopo
essere stati eliminati, i giocatori verranno portati nel Gulag per affrontare
un altro giocatore caduto in uno scontro a fuoco in cui il vincitore avrà una
possibilità di tornare nuovamente nella partita. Inoltre, i giocatori possono
guadagnare denaro sufficiente nel gioco per acquistare un kit per tornare in
vita guarendo sé stessi dopo essere stati abbattuti da un avversario. I
giocatori possono anche riportare in vita i compagni di squadra caduti
guadagnando abbastanza denaro durante la partita in modo da acquistare un
riscatto per un membro del team nelle stazioni di acquisto sparse sulla mappa.

Warzone presenta anche la nuovissima modalità di combattimento
su larga scala Malloppo, in cui la libertà e la varietà di gameplay della
Battle Royale incontra l’azione frenetica di Call of Duty. In Malloppo, le
squadre si lanciano in una gara ricca di azione per raccogliere quanto più
denaro possibile nel gioco, facendo razzia dele casse di rifornimento,
eliminando gli avversari, completando i contratti o controllando le posizioni
fondamentali dei depositi di contanti in tutta la mappa. Ogni giocatore riceve
respawn illimitati, i propri loadout personali, le serie di uccisioni e altro
ancora, mentre utilizzano strategie di squadra multiple per proteggere e
accrescere la propria raccolta di denaro nel gioco. Esistono diversi modi di
ottenere la vittoria, creando un’infinità di momenti epici e adottando approcci
creativi per vincere questa gara sul campo di battaglia. Call of Duty: Warzone
supporta il crossplay e presenta una progressione unificata in Call of Duty:
Modern Warfare. Per i giocatori che possiedono già la versione completa di
Modern Warfare, tutti i contenuti già guadagnati – inclusi gli oggetti del
Battle Pass, Operatori, armi e oggetti di personalizzazione – verranno
trasferiti su Warzone e tutti gli avanzamenti guadagnati in questa nuova
modalità di gioco verranno conteggiati nella progressione complessiva di Modern
Warfare. Per i giocatori che non possiedono la versione completa di Modern
Warfare, tutti i progressi e gli oggetti che guadagnati in Warzone saranno
ricompensati nel titolo, nel caso in cui decidessero di acquistarlo. La nuova
battle royale condivide lo stesso negozio di oggetti e il sistema Battle Pass
di Modern Warfare che include un nuovo operatore, armi, progetti armi, skin
operatore, gettoni XP e molto altro. Il sistema Battle Pass consente ai
giocatori di sbloccare due nuove armi funzionali gratuite, fino a 300 punti
COD, schede telefoniche e molto altro semplicemente giocando. Coloro che
vogliono portare il loro gioco a un livello completamente nuovo possono
acquistare il Battle Pass della seconda stagione per 1.000 punti Call of Duty
per avere accesso e sbloccare fino a 100 livelli di nuovi contenuti, con lo
sblocco immediato dell’iconico operatore delle forze speciali, il tenente Simon
“Ghost” Riley. Anche il Defender Pack di Call of Duty Endowment
(C.O.D.E.) è tornato nel Call of Duty Store per un periodo di tempo limitato e
comprende undici oggetti digitali nel gioco, tra cui la variante estetica della
pistola Defender, una mimetica per armi e un orologio. Il 100% dei proventi
netti di Activision ricevuti dal Pack va direttamente alla Call of Duty
Endowment, un’organizzazione no profit che aiuta i veterani negli Stati Uniti e
nel Regno Unito a trovare lavori civili di alta qualità.

Francesco Pellegrino Lise




Bayonetta e Vanquish su Xbox One e PS4 in 4K e 60 fps

Bayonetta e Vanquish rappresentano per la maggior parte degli appassionati di videogiochi due fra i titoli di maggior successo dello studio giapponese Platinum Games. La Strega di Umbra e il cyber-soldato della Darpa Sam Gideon, d’altronde, incarnano in sé la quintessenza dello stile del team di sviluppo nipponico, fatto di esagerazione, frenesia, virtuosismo e azione a tutto spiano. Quindi, proprio per festeggiare il decimo anniversario di queste due produzioni di culto, SEGA ha distribuito per PS4 e Xbox One un fantastico bundle che contiene al suo interno entrambe le opere in versione rimasterizzata a 60 fps, ad un prezzo ridotto di 39,99 euro: un’occasione praticamente imperdibile per scoprire o rigiocare al meglio due tra gli action game più iconici della passata generazione, rinvigoriti sul piano tecnico e pronti a risplendere sulle console di attuale generazione. Con un port dignitoso, che svolge adeguatamente il suo compito, Bayonetta e Vanquish 10th Anniversary Bundle resta una collezione che si rivolge prevalentemente ai neofiti, i quali si preparano per la prima volta a combattere schiere angeliche a suon di tacchi appuntiti o crivellare ammassi di ferraglia futuristica. Il titolo però è anche rivolto a tutto quel pubblico di nostalgici che sognavano di rivedere questi capolavori riadattati per le console di attuale generazione. Prima di passare alla descrizione dei titoli, ricordiamo che i titoli sono acquistabili in bundle sia in edizione fisica che in edizione digitale, ma sono acquistabili anche singolarmente sullo store Xbox e PlayStation.

Per quanto riguarda Bayonetta, la strega nata dalla geniale mente
di Hideki Kamiya e del suo team rappresenta ancora oggi un vero e proprio punto
di riferimento per lo stylish action. Il genere nato proprio dallo stesso
autore giapponese con Devil May Cry era stato in grado di raggiungere, con
Bayonetta, un definitivo stato di grazia. Purtroppo la versione PlayStation 3
soffriva di una quantità di problemi tecnici che ne avevano affossato la
percezione da parte dell’utenza, senza per questo rovinarne la reputazione
acquisita col tempo anche e soprattutto grazie alla versione Xbox 360, decisamente
migliore della controparte. Il primo capitolo della saga racconta il risveglio
e il ritorno alla ribalta della strega che dà il nome al gioco, capace com’è di
combattere in maniera spettacolare e di aggiungere alle proprie abilità corpo a
corpo anche quattro pistole, due in pugno e due montate sui tacchi degli
stivali. La campagna, divisa nelle solite iconiche missioni, si conclude in una
dozzina di ore senza troppi picchi narrativi, ma con quel gusto per il trash
che è sempre stato prerogativa del genere fin dagli albori. Nonostante la
facciata volutamente eccessiva e poco approfondita, l’immaginario di Bayonetta
risulta comunque più interessante e ricercato di quanto non ci si possa
attendere da un titolo del genere, grazie anche all’approfondimento
dell’universo avvenuto successivamente con il secondo capitolo, quest’ultimo
però esclusiva di Nintendo su Wii U e Switch. Dal punto di vista della
giocabilità, la ciliegina sulla torta di un sistema action già rodato negli
anni lo si riscontra nel cosiddetto Witch Time: una tecnica praticata dalle
streghe di Umbra e utile a rallentare il tempo intorno a loro. Nella fruizione
del gameplay questo elemento non fa che aggiungere un piano importantissimo
alla sequenza di combo: la schivata. Riuscire ad utilizzare questa tecnica al
momento giusto comporta appunto il rallentamento del tempo per i nemici e non
per la bela protagonista, dettaglio che permette di cambiare totalmente le
sorti della battaglia. Attivare il Witch Time significa ottenere il tempo di
assestare più colpi, di combattere agilmente più nemici insieme e anche di
attivare una serie di quick time event che diventano il fiore all’occhiello di
boss fight tra le più ispirate del decennio. La scelta di inserire questa
meccanica è ciò che ha reso Bayonetta il capolavoro che è ancora oggi, capace
di non soffrire minimamente del passaggio del tempo. Padroneggiare gli stili,
le diverse combinazioni di armi da fuoco e il Witch Time, significa arrivare
all’espressione massima del gameplay del gioco, spingendo i giocatori a voler completare
ogni incontro senza essere mai colpiti. A venire incontro al giocatore per
quanto concerne la soddisfazione personale ci pensano i soliti punteggi tanto
cari ai giochi di Platinum Games. Ogni sezione è infatti divisa in
“versetti” alla fine dei quali viene assegnato un punteggio che è una
media dei valori raggiunti nel corso del segmento stesso. Dal punto di vista
tecnico, su Xbox One X e su PS4 Pro il gioco si comporta egregiamente,
mantenendo granitici i 60fps già visto qualche anno fa su PC e facendo dimenticare
con piacere il passato a tutti gli utenti Sony. Difficile attendersi un titolo incredibilmente
perfetto dal punto di vista della conta poligonale, ma le forme della bella
Bayonetta sono ancora tutte al loro posto e a distanza di molti anni sono
ancora in grado di mandare in visibilio il pubblico maschile.

Parlando di Vanquish invece, anche in questo caso il
risultato è di ottima fattura. Originariamente pubblicato nel 2010 su
Playstation 3 e Xbox 360, questo bizzarro e adrenalinico sparatutto propose la
classica formula marchio distintivo di PlatinumGames, ma traslata in un
universo dove, a differenza delle altre produzioni, i proiettili si aggiungono
all’equazione. La possibilità di scivolare a velocità supersonica in qualsiasi
momento, sparando contemporaneamente centinaia di proiettili, è qualcosa che
ogni amante dei film d’azione non osava nemmeno sognare, e che rende adrenaliniche
praticamente tutte le sequenze d’azione del gioco, che, difatti, aumenta a
dismisura i ritmi e, come conseguenza, si spegne molto prima di tanti altri
titoli Platinum, assestandosi poco oltre le sei ore di durata complessiva.
Tuttavia, quelle sei ore sembreranno sei secoli, e non solo perché anche qui,
immancabile, c’è un sistema che piega il tempo ai bisogni del giocatore: Vanquish
è un mix di azione incessante, esagerato come pochi ma altrettanto tecnico,
capace di frustrare per l’alto livello di difficoltà di certe boss fight, ma
anche di regalare soddisfazioni senza pari a coloro che gli dedicheranno il
tempo dovuto per comprenderne a pieno i favolosi meccanismi. Oltre a questo gli
sviluppatori inserirono anche una serie di quick time events mai troppo
invasivi, la possibilità di ripararsi dietro protezioni improvvisate, un
intelligente sistema di upgrade delle armi, e la possibilità di distrarre certi
nemici utilizzando una sigaretta come arma impropria. Se pure la storia, come
quella di quasi tutti i prodotti targati PlatinumGames, sia un vero e proprio
turbine di cliché e di personaggi a metà tra il trash e lo stereotipo, e nonostante
la durata complessiva sia inferiore a molti congeneri, Vanquish rimane una
delle perle più fulgide della ludoteca della software house nipponica. Dal
punto di vista tecnico anche Vanquish torna in una versione per console che su Xbox
One X e PS4 Pro non cala mai di un singolo frame e che garantisce una
giocabilità assolutamente pazzesca. Anch’esso, Bayonetta, non spicca certo per
conta poligonale e dettagli, ma ancora oggi si lascia guardare e non disturba
troppo neanche un occhio abituato al fotorealismo dei giorni nostri.

Tirando le somme, possiamo dire che dal punto di vista
strettamente tecnico sia Vanquish che Bayonetta portano sulle proprie spalle il
peso di un decennio. E per quando ci provi con tutte le forze, una semplice
rimasterizzazione non è sufficiente a cancellare completamente lo scorrere del
tempo. Il 10th Anniversary Bundle propone i due giochi in versione remastered a
4K e 60fps: in entrambi i casi, la pulizia visiva è gradevole, con texture abbastanza
datate che sono state tirate a lucido per l’occasione, pur senza brillare
particolarmente per definizione. In generale, Bayonetta e Vanquish: 10th
Anniversary Bundle è una riedizione che propone un lavoro di remastered
sufficientemente valido, privo di grossi picchi qualitativi, in grado di
rispolverare in maniera efficiente due grandi classici e riproporli sulle
console attuali. La Strega di Umbra, sul piano del gameplay, si mantiene
giovanissima e bellissima, in un connubio inarrivabile di spettacolarità e
tecnicismo. La rinfrescata visiva fa il suo dovere, ammoderna senza strafare, e
regala un colpo d’occhio sufficientemente fluido e pulito. Dal canto suo,
Vanquish non conserva lo stesso fascino immortale di Bayonetta, ma resta uno
sparatutto in terza persona iperbolico ed elettrizzante, ringiovanito da una
rispolverata grafica che ne esalta l’anima più spettacolare. Alla domanda: “vale
la pena acquistare questo bundle o uno dei giochi singolarmente?”La nostra
risposta è assolutamente si. Questa raccolta riesce a divertire e a riproporre
sul mercato due dei videogames che hanno segnato la storia dello scorso
decennio, ma soprattutto lo fanno rendendogli il giusto merito e presentandoli
con una veste tecnica assolutamente gradevole.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 9

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Oppo Find X2, il nuovo smartphone 5G di fascia alta

Oppo svela Find X2 il suo nuovo smartphone top di gamma dal palco
virtuale di YouTube. Il nuovo dispositivo arriverà in Italia solo nella
versione 5G più performante e costosa (oltre i mille euro): la Pro. Il Find X2
Pro punta a conquistare già dallo schermo, Amoled curvo molto ampio, da 6,7
pollici, con frequenza di aggiornamento a 120Hz e campionamento tocco a 240Hz,
che si candida per la fruizione di videogiochi e contenuti multimediali grazie
anche alla calibrazione professionale dei colori. Nel display, un foro ospita
la fotocamera frontale da 32 megapixel. Sulla scocca – in ceramica nera o in
eco-pelle arancione – trova posto un comparto fotografico che si pone come uno
dei punti di forza del dispositivo. Il sensore principale è un 48 megapixel
targato Sony, cui si affiancano un ultra grandangolare da 48mp e un
teleobiettivo da 13mp che supporta lo zoom ibrido 10X. Il comparto punta anche
sulla qualità dei video, in modo simile all’Oppo Reno 2 del 2019, grazie alle
tecnologie di stabilizzazione. Nel cuore del dispositivo “batte” un processore
Snapdragon 865, il più recente e performante di Qualcomm, coadiuvato da 12 GB
di Ram e 512 GB di memoria interna. Si tratta della configurazione più potente
dello smartphone, che arriverà in Italia l’8 maggio a un prezzo di circa 1.200
euro. La batteria, da 4260 mAh con ricarica veloce da 65W, promette di
ricaricare completamente lo smartphone in 38 minuti. A svelare il Find X2 Pro è
Michael Tran, a capo del marketing di Oppo in Europa occidentale, che nel corso
della presentazione ha evidenziato la scommessa sui mercati europei, dove
l’azienda cinese è entrata nel 2018 e nel 2019 ha registrato un incremento del
200% nelle vendite di smartphone. Tran ha annunciato l’ingresso di Oppo in
cinque nuovi Paesi del Vecchio Continente: Germania, Belgio, Irlanda,
Portogallo e Romania.

F.P.L.




Mega Man Zero/ZX Legacy Collection arriva su console e Pc

Mega Man Zero/ZX Legacy Collection è arrivato finalmente su
console e PC, portando sui sistemi di nuova generazione diversi titoli della
leggendaria saga di Mega Man, in particolare quelli prodotti per il Nintendo
Game Boy Advance ed il Nintendo DS. Si tratta di due serie molto interessanti
per trama e contenuti, ovvero Mega Man Zero e Mega Man ZX. Una raccolta
imperdibile per i fan dell’epico cyborg blu e per gli amanti del retrogaming in
particolare, ma che non potrà che fare breccia anche nel cuore dei giocatori
più giovani. La raccolta firmata Capcom, è un ottimo compendio alle precedenti
uscite dedicate alla Serie Classica ed alla Serie X, e va a proporre sulle
nuove piattaforme i sei titoli delle due serie Mega Man Zero, visti su Game Boy
Advance, e Mega Man ZX, pubblicati sul portatile a due schermi Nintendo DS. La
serie Zero, in particolare, era già stata oggetto di una precedente collezione
proprio sul DS, ben realizzata e sviluppata dallo studio che ha creato la serie
stessa.

Il primo Mega Man Zero vede al timone Masahiro Mizukoshi,
nel ruolo di game designer, e con la supervisione del leggendario Keji Inafune,
uno dei creatori originali di Mega Man. Il gioco presenta per la prima volta le
avventure indipendenti di Zero, un coraggioso Maverick Hunter che appare per la
prima volta nell’opera del 1993 Mega Man X. Un titolo che fa dell’azione
classica il suo forte, con livelli sempre molto ispirati ed un disegno dei
personaggi di alta qualità. Il secondo titolo della serie, Mega Man Zero 2 vede
un cambio di game designer al timone, con l’arrivo di Yoshihisa Tsuda, che
curerà anche il terzo episodio presente nella raccolta, Mega Man Zero 3. Molto
interessante a livello di gameplay l’aggiunta di un nuovo Chip System, che si
va a sovrapporre al vecchio Cyber Elf System visto in precedenza. In occasione
dell’uscita del quarto capitolo troviamo un interessante lavoro a quattro mani,
con il ritorno di Masahiro Mizukoshi al timone, coadiuvato da un altro game
designer, Yoshiaki Iwanaga. L’ultimo gioco della serie, Mega Man Zero 4 vedrà i
giocatori impegnati a salvare il mondo contro il malvagio Dr. Weil e,
letteralmente, centinaia di nemici molto ostici.

https://www.youtube.com/watch?v=nmO-LQmMMkQ

 Dopo alcuni anni di
precaria pace tra umani e reploidi ecco che il conflitto si riaccende vorticoso
nel primo titolo per Nintendo DS, Mega Man ZX, che vede al timone Ryota Ito, e
ha come protagonisti anche due umani, Vent ed Aile, impiegati della compagnia
Giro Express. Il design dei personaggi, curato da Makoto Yabe, raggiunge vette
artistiche elevatissime. Conclude la raccolta l’ultimo gioco della serie,
ovvero Mega Man ZX Advent, la cui trama gira attorno al misterioso reploide
Grey, trovato in animazione sospesa. Una serie fantascientifica molto
interessante, che ben si inserisce nella saga principale, ormai ultra
trentennale, di Mega Man. L’aggiunta più importante della raccolta consiste però
nell’interessante Z Chaser, una speciale modalità competitiva in cui è
possibile sfidare un avversario, umano o virtuale, in una gara di corsa nel
completamento dei singoli titoli. In aggiunta a questo frenetico ed
appassionante inseguimento verso il taglio del traguardo è stata implementata
da Capcom anche la possibilità di partecipare alle classifiche ufficiali
online, cosa che, se da una parte aumenta in maniera esponenziale la longevità,
dall’altra permette anche di inseguire il sogno della notorietà eterna,
riportando romanticamente ai tempi delle competizioni ufficiali delle celebri
Arcade Championship Competition degli anni ottanta, seppur limitate al solo
mondo digitale. L’impostazione base degli episodi Zero, del resto, si distacca
già in origine dai Mega Man classici, e la sconfitta dei boss, anziché regalare
abilità nuove al giocatore, va a donare medaglie e premi speciali, con punteggi
e spinte a migliorare di continuo i propri record. Tra gli extra della raccolta
sono presenti poi una lunga serie di artwork ufficiali, si parla di oltre
seicentocinquanta contenuti artistici illustrati, ed uno splendido lettore
musicale che include ben duecento brani ufficiali tratti dalla colonna sonora
originale delle sei opere. Insomma, è presente un pacchetto di contenuti
davvero notevole.

La Mega Man Zero/ZX Legacy Collection porta benissimo gli
anni di ogni titolo, che sia il primo Mega Man Zero del 2002 o il 2007 di Mega
Man ZX Advent. La grafica 2D ricca di colori e particolari ricorda com’era
bella la pixel art sulle console che non muovevano miliardi di poligoni al
secondo, specialmente se si decide di giocare in modalità portatile: ovviamente
sullo schermo della TV il gioco sgrana non poco, ma è possibile scegliere il
formato della schermata tra varie opzioni per ogni titolo nella compilation e
applicare un filtro che ammorbidisca le immagini o emuli la riproduzione dei
vecchi televisori CRT. Si può scegliere anche l’illustrazione della cornice e
persino la versione di ogni Mega Man Zero tra inglese e giapponese, oppure tra
inglese, tedesco, francese, italiano e giapponese per i due Mega Man ZX. Nel
corso della nostra prova non abbiamo riscontrato incertezze nel sistema di
controllo, input lag o altri problemi che qualche volta minano queste
compilation di vecchie glorie. La Mega Man Zero/ZX Legacy Collection è un
pacchetto completo, insomma, ricordiamo che oltre a sei titoli eccellenti: Mega
Man Zero (Game Boy Advance 2002), Mega Man Zero 2 (Game Boy Advance 2003), Mega
Man Zero 3 (Game Boy Advance 2004), Mega Man Zero 4 (Game Boy Advance 2005),
Mega Man ZX (Nintendo DS 2006), Mega Man ZX Advent (Nintendo DS 2007), comprende
pure una galleria piena di illustrazioni, un lettore musicale per ascoltare o
riascoltare gli ottimi brani di Ippo Yamada, un campionamento audio
rimasterizzato per le voci, una specie di sistema di achievement e la favolosa
modalità Z-Chaser, già descritta, che metterà a dura prova gli amanti delle “speedrun”.
Insomma, tirando le somme, acquistare questa collezione garantisce sei vere e
proprie perle, ore e ore di divertimento e un favoloso tuffo nel passato. A
nostro avviso Capcom con un prodotto del genere ha dato maggior completezza all’universo
di Mega Man, universo che negli ultimi anni ha curato molto e che ha fatto la
gioia dei moltissimi fan sparsi in tutto il mondo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Jenga Fortnite, il gioco da tavolo ispirato al videogame

Più di 250 milioni di giocatori in tutto il mondo, con un
montepremi di ben 100 milioni di dollari per la passata stagione competitiva. È
Fortnite, il videogame dei record, il più giocato e discusso in assoluto, un
vero e proprio fenomeno globale. Chissà quanti giocatori di ogni età sognano di
giocare dal vivo una delle tantissime appassionanti partite disputate su pc,
console, tablet o smartphone. Adesso il loro sogno diventa sempre più vero e
tangibile: dopo il recente successo dell’edizione speciale Monopoly Fortnite,
Hasbro ed Epic Games annunciano l’arrivo dell’esilarante Jenga Fortnite, con
una modalità di gioco del tutto nuova che catapulterà i giocatori all’interno
del mitico battle royale. Già dai primi istanti di gioco, i player più attenti
riconosceranno immediatamente i personaggi iconici del videogame: Cuddle Team
Leader, Peely, Fishstick e Jonesy saranno infatti i protagonisti – con tanto di
pedine – del nuovo Jenga edizione Fortnite. L’obiettivo è prendere d’assalto la
torre con il proprio personaggio e arrivare in cima sani e salvi prima degli
altri. Ma attenzione: se la torre cade, il giocatore che ha causato il crollo è
fuori dai giochi, un po’ come accade già nelle combattutissime sfide con
l’alter-ego videoludico. La novità, rispetto al Jenga Classico, è rappresentata
dallo speciale spinner (in dotazione), che renderà più adrenalica e
imprevedibile l’ascesa verso la cima della torre: basterà infatti far ruotare
la freccia per scoprire quale sarà la mossa successiva, dai livelli da scalare
ai blocchi da impilare (in questa speciale edizione rappresentano tre materiali
diversi: legno, mattoni e metallo). E così, tra un’imprevisto e un altro,
bisognerà far salire il proprio personaggio più in alto possibile, prima che la
torre cada. Ci si può giocare da un minimo di 2 a un massimo di 4 persone,
basta avere più di 8 anni e la “mano ferma” come si suol dire. Chi riuscirà a
scalare la torre prima degli altri, sfidando la forza di gravità?

Come sempre, a fare da apripista anticipando i tempi è
l’intramontabile Monopoly. È stato infatti il primo gioco da tavolo in assoluto
a omaggiare il fenomeno di costume degli ultimi anni che ha rivoluzionato il
mondo dei videogame, Fortnite. L’edizione speciale Monopoly Fortnite, che
quest’anno si rinnova con un nuovo pack e nuove skin, non può che stravolgere
le carte in tavola: non si tratta più di arraffare proprietà e diventare il più
ricco del tabellone, ma di una vera e propria battaglia reale per cui vince chi
riesce a resistere più a lungo. In più, tutti gli elementi classici del gioco
cambiano veste, a cominciare dalle carte imprevisti che si trasformano in carte
tempesta e quelle probabilità che diventano carte forzieri. I giocatori non
devono far altro che conquistare nuove location, sconfiggere gli avversari ed
evitare la tempesta. Gli sfidanti possono scegliere tra una delle famosissime
27 skin tratte dal gioco e partire alla conquista di Boschetto Bisunto,
Condotti Confusi, Tomato Town e dei tanti altri luoghi tipici del notissimo
videogioco. Attenzione però, ogni volta che qualcuno passa dal Via! una nuova
tempesta inizia a muoversi mettendo alla prova i giocatori e i punti vita
accumulati. Come in ogni match di battle royale che si rispetti, anche con
Monopoly Fortnite vince l’ultimo giocatore rimasto in vita e non il più ricco
come di solito avviene nel gioco di contrattazione e compravendita immobiliare
più famoso di tutti i tempi.

F.P.L.




Darksiders Genesis, l’inizio della fine

Darksiders Genesis ha inizio svariati millenni prima
dell’Apocalisse, che è il punto d’inizio del primo capitolo della saga, quando
un’umanità ancora in fasce trova dimora sulla Terra in seguito alla guerra che
ha portato all’esilio dei Nephilim dall’Eden. Per aver tentato di conquistare
il paradiso destinato agli uomini, le progenie di angeli e demoni sono state
completamente devastate dai quattro Cavalieri inviati dall’Arso Consiglio per
ristabilire l’Equilibrio. Ed è proprio dall’Arso Consiglio che Conflitto e
Guerra, i protagonisti di questa nuova avventura per Pc, Xbox One, Ps4 e Switch,
vengono mandati nuovamente in missione, l’Equilibrio ancora una volta
minacciato, adesso nientepopodimeno che da un piano diabolico ordito da Satana,
il principe traditore in persona. Sotto l’ala protettrice di Vigil Games e di
THQ, il primo capitolo della serie, il cui debutto avvenne su PlayStation 3 e
Xbox 360 nel 2010, ha saputo ridare lustro a un genere sempre più in decadimento,
offrendo un prodotto solido non solo sul piano ludico ma anche su quello
narrativo. La storia di Guerra, uno dei quattro Cavalieri dell’Apocalisse, ha
appassionato e convinto tantissimi videogiocatori passati poi all’epopea di
Morte protagonista del seguito parallelo Darksiders II direttamente collegato a
esso. La storia del brand da quel momento ha vissuto momenti molto difficili
che hanno rischiato pesantemente di compromettere il futuro stesso della serie.
Le problematiche in questione hanno in qualche modo gravato sul travagliato
sviluppo di Darksiders III, passato nelle mani del neonato studio Gunfire
Games, fino a raggiungere il mercato con tanti dubbi da parte dei fan più
sfegatati e degli addetti ai lavori. Le vicende di Furia, terzo Cavaliere
introdotto, hanno convinto soltanto in parte lasciando nelle mani di Conflitto,
l’unico Cavaliere sinora mai utilizzato come personaggio giocante, il compito
di risollevare l’asticella di una saga caratterizzata da una parabola
fondamentalmente discendente.

 Certi amori però non
muoiono mai e lo sa bene lo stesso Madureira che, dopo aver fondato lo studio
Airship Syndacate, ha deciso di cimentarsi nuovamente in un progetto legato ai
Cavalieri dall’Apocalisse, dando vita così a Darksiders Genesis. Come si evince
dal nome questo titolo non è da considerarsi il quarto capitolo ma un vero e
proprio prequel, che permette al giocatore di approfondire tutto ciò che è
accaduto nel periodo precedente all’inizio della serie. Dopo questa breve ma
doveroso riassunto della storia della saga, possiamo parlare del gameplay di
questo quarto e ultimo capitolo. Prima di ogni altra cosa è necessario
sottolineare che la formula di gioco di Darksiders Genesis si allontana
parzialmente da quella classica degli altri esponenti della saga. La differenza
principale si manifesta prima di ogni altra cosa nella visuale isometrica dall’alto
che “manda in pensione” quella in terza persona che ha caratterizzato i primi
tre capitoli del brand. Altra grande differenza si manifesta nell’assenza di un
singolo mondo interconnesso da esplorare gradualmente in seguito
all’acquisizione di potenziamenti e gadget; invece, in questo caso ci si trova
ad affrontare sedici livelli distinti e separati di varia grandezza, ognuno
legato a una determinata missione e in cui sono presenti incarichi principali e
secondari da portare a compimento. La struttura di ognuno di questi scenari è
però tale che risulta inizialmente impossibile completarli al 100%, questo
perché molte strade sono bloccate da ostacoli che possono essere rimossi
soltanto dopo essere entrati in possesso di altri oggetti nelle missioni
successive. Questa formula spinge a rigiocare i livelli per andare alla ricerca
di segreti, risolvere enigmi e raccogliere tutti i collezionabili anche dopo
aver raggiunto i titoli di coda. Di fatto, la possibilità di modificare a
piacimento la difficoltà e la presenza di numerose arene in cui affrontare orde
di nemici aumenta a dismisura il fattore di rigiocabilità di un titolo già di
per sé piuttosto longevo.

Tuttavia il cambio di formula non riguarda soltanto la
struttura dei livelli di Darksiders Genesis, ma anche la progressione dei due
protagonisti. Abbattendo nemici e boss è possibile che questi lascino cadere
nuclei di potenziamento da inserire in un apposito albero delle abilità che richiama
alla mente Final Fantasy X, ovviamente riproposto in forma estremamente ridotta
e semplice. Ogni nucleo porta con sé degli incrementi passivi all’attacco,
salute o collera, oppure racchiude al suo interno dei potenziamenti per le
abilità attive dei due Cavalieri; questi concedono i loro bonus soltanto dopo
essere stati posizionati all’interno dello skill tree, tuttavia le sfere
possono garantire potenziamenti maggiori dopo essere salite di livello
eliminando un certo numero di nemici, oppure dopo aver acquistato il relativo
upgrade nel negozio di Vulgrim. A questa vecchia conoscenza della serie si
affianca poi Dis, una seconda commerciante demoniaca che offre nuove mosse a
Conflitto e Guerra nel suo negozio all’interno dell’hub centrale da cui far
partire le spedizioni. Ovviamente nulla è gratis nel mondo di Darksiders
Genesis, per questo durante l’avventura si accumulano anime e speciali monete
del Traghettatore da spendere in questi due negozi. Per quanto riguarda il
sistema di combattimento, gli scontri si presentano in maniera del tutto simile
a quelli della serie principale, tuttavia la visuale isometrica permette di
riempire lo schermo con più nemici e rendere l’esperienza molto più vicina a
quella di un “action RPG” di stampo hack & slash, stile Diablo per capirci.
I combattimenti diventano così confusionari, ma entrambi i personaggi sono
dotati di svariate mosse in grado di tenere a bada quantità elevate di mostri,
per questo il caos che viene a crearsi in ogni mischia risulta genuinamente
positivo nella misura in cui viene trasmesso un generale senso di superiorità
dei Cavalieri nei confronti dei loro avversari. Eppure tutto ciò non si
trasforma in una sensazione di onnipotenza, anzi, spesso basta accusare pochi
colpi per finire al tappeto. Bisogna quindi tenere sempre alta l’attenzione dal
momento che basta una disattenzione per dover ricominciare dal checkpoint, un
discorso valido soprattutto al cospetto dei classici boss di fine livello.
Guerra sferra poderosi colpi da vicino con la sua micidiale spada, mentre
Conflitto grazie alle sue pistole può colpire dalla distanza, e proprio l’unione
di questi due stili di combattimento rappresentano la forza del titolo. Mentre
il primo cavaliere ha un ruolo da tank, il secondo crea azioni di disturbo e fa
crollare l’energia degli antagonisti prima che guerra possa finirli. Un modo
molto intelligente di valorizzare la giocabilità e di rendere l’esperienza
appagante. Ovviamente Darksiders Genesis può essere completato in single
player, potendo switchare fra i due protagonisti, ma il titolo dà il meglio di
se quando viene giocato in compagnia di un amico. Creare strategie di lotta e
combattere fianco a fianco infatti è dannatamente divertente e appagante.

Darksiders Genesis lascia però il segno nella caratterizzazione
del cast per quanto riguarda sia i protagonisti, sia gli improbabili alleati,
sia i nemici, almeno quelli importanti. Conflitto è semplicemente fantastico, ironico,
sfacciato, ma nello stesso tempo freddo e letale. Guerra invece appare più
profondo e meno schematico rispetto al primo capitolo: col passare del tempo,
il Cavaliere cerca di scuotersi dal proprio torpore, iniziando a vedere con
occhi diversi ciò che gli accade intorno. La maturazione di Guerra si bilancia
con la rappresentazione delle forze del male, tutte molto ben caratterizzate
sul piano artistico e coerenti col background ideologico sui cui si basano. Sul
piano strettamente grafico, Darksiders Genesis non fa certamente gridare al
miracolo ma il risultato è comunque bello da vedere. La natura di progetto a
basso costo si avverte e non c’è telecamera isometrica che tenga. Sul fronte
poligonale, seppur pulito e stabile, non ci si trova mai dinanzi a uno
spettacolo da rimanere a bocca aperta. Apprezzabile invece il doppiaggio
italiano: il titolo di Airship Syndicate è infatti interamente localizzato, e
questo è un gran pregio, e la qualità dei dialoghi è tutto sommato di buon
livello. Interessanti anche gli effetti sonori e le melodie che sposano sempre
ciò che si vede sullo schermo e donano un senso generale di epicità al
prodotto. Tirando le somme, Darksiders Genesis, nonostante non sia un videogame
perfetto riesce nell’intento di essere un prequel convincente e divertente. Il
cambio di genere di gameplay non ha cambiato di un millimetro quello che è il
nucleo della serie, dimostrando quanto la saga sia estremamente versatile e non
indietreggi di un passo rispetto a quanto di buono fatto vedere nei precedenti
capitoli. Adattare le abilità di Conflitto a un action-adventure non era in
effetti semplice, mentre questa impostazione riesce rendergli giustizia e
lascia spazio ad ulteriori evoluzioni e sperimentazioni per ciò che verrà dopo.
Insomma, alla domanda: “vale la pena acquistare e giocare a Darksiders Genesis?”,
la nostra risposta è assolutamente sì.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 8,5

Longevità: 8

Gameplay: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




TikTok più sicuro, arrivano “filtro famiglia” e “gestione tempo”

TikTok, la popolarissima app di destinazione per i video brevi da dispositivi mobili, introduce due nuove importanti funzionalità: il Filtro Famiglia, che aiuta i genitori e in generale gli adulti responsabili di un minore, a garantire la sicurezza dei loro ragazzi quando usano TikTok, e la Gestione del Tempo nel Feed, un sistema unico di notifiche proattive nell’app per tenere sotto controllo il tempo passato online. Il Filtro Famiglia associa l’account TikTok di un adulto a quello del minore di cui è responsabile. Una volta attivata, l’associazione permetterà all’adulto di intervenire sulle funzionalità di Controllo Applicazione, tra le quali: Gestione del Tempo che permette di impostare un tempo massimo che il minore può trascorrere ogni giorno su TikTok; i messaggi diretti che permette di limitare chi può inviare messaggi all’account associato, o di disattivarli del tutto; la modalità limitata che esclude contenuti che potrebbero non essere appropriati per tutti gli spettatori. Per chi non lo sapesse, TikTok è stata l’app cinese più scaricata da iOS e Android nel 2018 con oltre 1 miliardo di download/utenti ed è la piattaforma social ad aver raggiunto con più velocità questo traguardo. Dietro c’è Beijing ByteDance Technology Co. Ltd, anche conosciuta come Bytedance. Un big cinese che solo nei primi sei mesi del 2019 avrebbe registrato un giro d’affari di oltre sette miliardi di dollari. TikTok è stato un vero boom, soprattutto fra i giovanissimi, per un App che, nata da musical.ly, serviva inizialmente per creare video brevi. Con il tempo è diventata a tutti gli effetti diventato un social network che permette di condividere video brevi della durata fra i 15 e i 60 secondi. Fra gli adolescenti spopola ormai la voglia di diventare un “TikToker” e ballare e cantare in lip-sync con lo smartphone in mano. Alla luce di questo, quindi, il filtro famiglia e la gestione del tempo, sono precauzioni più che necessarie per tutelare i minori e chi passa ore ed ore davanti l’app TikTok.

F.P.L.




Zombie Army 4: Dead War, a volte ritornano

Zombie Army 4: Dead War è il sequel della serie nata come
spin-off del celebre Sniper Elite. Il titolo, sviluppato da Rebellion
Developments e disponibile su Xbox One, Ps4 e Pc, per chi non lo sapesse, è un
gioco ambientato durante la seconda guerra mondiale. Più precisamente, il gioco
originale ha inizio proprio nel bunker di Hitler, al momento della disfatta,
quando gli alleati hanno circondato Berlino e il terzo Reich sta per giungere
al termine. Proprio in questo scenario Hitler dà il via al piano Z, ossia: far
rinascere l’intero esercito del Terzo Reich sottoforma di potentissimi zombie
grazie al potere di alcuni manufatti. Così, migliaia di soldati nazisti e
fascisti riprendono vita e nel mezzo si formano anche mini-boss dalla potenza
disumana. Lo stesso Hitler si trasforma in una creatura demoniaca, ma viene
sconfitto da Karl Fairburne e dai suoi compagni. Zombie Army 4: Dead War ha
inizio proprio qui, dopo le vicende dei primi 3 capitoli. Purtroppo nonostante
gli sforzi congiunti per eliminare il Fhurer, le porte dell’Inferno avevano
ormai vomitato ogni genere di mostruosità e la caduta di Hitler non è servita a
fermare la loro avanzata. Qualcosa di misterioso mantiene le orde di zombi in
questo stati di non-vita, una forza contro cui i sopravvissuti non pensavano di
dover combattere ancora e, proprio su queste premesse, Rebellion ha sviluppato
l’angosciante intreccio narrativo di Zombie Army 4: Dead War. Com’è facile
intuire, la premessa narrativa diventa però ben presto una scusa per lanciarsi
nei teatri di guerra, questa volta italiani e croati, e affrontare ondate di
zombi e mostruosità che è necessario eliminare una volta per tutte. La
caratterizzazione degli ambienti fa però emergere tutta la difficoltà degli
sviluppatori nel saper dipingere i tratti distintivi del Bel Paese, e tra Milano,
Venezia e Napoli non c’è davvero nulla che possa identificare in maniera chiara
degli scorci che sarebbero potuti appartenere a qualunque altra nazione. Ad
esclusione, ovviamente, dei soliti cliché che abbondano. Dal punto di vista del
gameplay, la struttura di Zombie Army 4: Dead War non si distacca molto dagli
altri episodi della serie e mantiene una progressione di gioco a compartimenti
stagni, con zone franche a inframmezzare una continua mattanza realizzabile con
armi da fuoco, trappole, esplosivi e qualche colpo corpo a corpo ben assestato.
Tra fucili da cecchino, fucili a pompa, mitragliatrici e pistole, il giocatore
avrà sempre un buon assortimento di bocche da fuoco, ma soprattutto avrà la
possibilità di migliorarle tramite un tavolo da lavoro multiuso. In Zombie Army
4: Dead War giocano un ruolo chiave anche le abilità, attraverso cui è
possibile sbilanciare il proprio stile verso le combo di uccisioni consecutive,
la difesa o l’attacco, con sperimentazioni strategiche che potranno tornare utili
nei momenti in cui ci si troverà davvero con le spalle al muro. Nella
produzione di Rebellion capiterà spesso, perché le ondate che sbucheranno
letteralmente da tutte le parti non mancheranno di certo, soprattutto se si
vorrà affrontare il gioco alla massima difficoltà e da soli, che com’è facile
intuire è un’impresa più complicata rispetto alla coop in cui ci si può dare
manforte e copertura reciproca. Va detto a tal proposito che Zombie Army 4:
Dead War riesce a gestire bene gli equilibri di gioco sia in una che nell’altra
modalità, offrendo una buona curva della difficoltà e un bilanciamento
ottimale.

Il titolo, come si può immaginare, è frenetico e per certi
versi ripetitivo, ma gli sviluppatori sono riusciti ad ovviare questo problema
con una serie di missioni che regalano una buona dose di adrenalina e di
azione, oltre che obiettivi di crescita del personaggio che nel passato non
erano presenti. Fin dalle prime missioni si nota una certa propensione alla varietà
che non si limita semplicemente a far seguire al giocatore un percorso lineare,
ma obbligano chi si trova col pad in mano a muoversi in giro per le macroaree
per ricercare punti strategici, risorse specifiche o collezionabili aumentando,
quindi, il livello di difficoltà a causa di un inevitabile aumento di zombie sullo
schermo. Questi, in non pochi casi, avranno respawn infinito a dimostrazione
del fatto che per avere la meglio sarà necessario cercare di risolvere in
fretta gli enigmi o le missioni che bloccano l’avanzata dei protagonisti. A
proposito degli eroi giocabili, in Zombie Army 4: Dead War, ognuno dei 4
personaggi selezionabili (6 se si considerano i due extra sbloccabili), oltre a
differenziare notevolmente nell’approccio al gameplay (c’è chi è più abile
nella mischia, chi nelle armi a lunga gittata e chi nella velocità) ha delle
abilità speciali riguardanti la salute, gli attacchi in mischia o gli attacchi
a lunga distanza. Questi si ricaricano durante le uccisioni o dopo un
determinato evento quale, ad esempio, la morte e risultano decisamente utili
nei momenti più complessi del gioco. Ovviamente anche in quest’ultimo capitolo
della serie, torna la “moviola” che in maniera del tutto randomica, ma a patto
che si colpisca da una certa distanza o più di una delle parti “vitali” degli
zombi, mostrerà in maniera spettacolare la distruzione di ossa e organi interni
causata da proiettili, bombe e molto altro. Insomma questo effetto è un vero e
proprio spettacolo che permette di godere dei momenti più epici a rallentatore.
Prima di passare al comparto tecnico, merita una menzione speciale la decantata
modalità multiplayer. Durante il nostro test, abbiamo avuto la possibilità di
apprezzare la rapidità e il gran quantitativo di giocatori che almeno al
momento sono presenti sui server. Nella modalità co-op di Zombie Army 4: Dead
War si prende parte a missioni con un numero massimo di 4 giocatori. Questa
modalità è la classica orda “a ondate” che vede l’avanzamento di numeri sempre
più crescenti e forti di nemici che, una volta sconfitti, permettono di
recuperare risorse e miglioramenti in quei pochi secondi prima che abbia inizio
il nuovo attacco dei nemici. La ripetitività è ovvia, ma viene attenuata dalla
presenza di aree sempre nuove che vanno sbloccate sconfiggendo un determinato
numero di non morti. La particolarità di questa modalità è che se un giocatore
dovesse morire si trasformerà anch’egli in uno zombie da sconfiggere, ma potrà
tornare in vita una volta che l’orda sarà sconfitta.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, Zombie Army 4: Dead
War, i passi in avanti compiuti dallo studio Rebellion sono notevoli
soprattutto nella realizzazione degli asset e delle texture ambientali oltre
che dei personaggi. Non mancano, però, alcuni nei come le esplosioni o la
fisica non sempre perfetta, in particolare nei movimenti dei personaggi che si
compenetreranno non poche volte all’interno di alcuni elementi di gioco quali
porte e mura. Sempre in questo frangente abbiamo notato il brutto e fastidioso
problema degli attacchi impossibili dal punto di vista fisico, ossia di quei
momenti in cui si è visibilmente distanti da un avversario, ma si perderà
comunque vita durante un suo attacco corpo a corpo. È un difetto riscontrato
non poche volte nel corso di tutto il gioco poiché si manifesta soprattutto nei
momenti in cui si è circondati da diversi non-morti. In ogni caso la resa
grafica è la migliore che si sia mai vista sulla serie. Da sottolineare la
possibilità su Xbox One X e PS4 Pro di poter scegliere se valorizzare la resa
grafica, giocando a 30 fps, oppure “promuovere” la fluidità a scapito della
grafica giocando a 60 frame al secondo. Parlando del suono, possiamo senza
dubbio dire che il comparto audio è corposo e realistico. La colonna sonora è
proprio come ce la si aspetta da un titolo di questo genere e quindi sono
presente musiche forti, batterie, chitarre e basso a più non posso. Detto ciò,
tirando le somme, Zombie Army 4: Dead War è senza ombra di dubbio un titolo che
riesce nella sua missione di far divertire. Buono se si è da soli, eccellenti
se si è in compagnia di tre amici, la campagna terrà incollati allo schermo per
diverse ore. Anche la componente multiplayer è molto divertente e riesce
sicuramente a essere interessante, anche se, il rischio di ripetitività è molto
alto. In ogni caso, l’ultima fatica di Rebellion Developments rende giustizia
all’epicità della serie ed è senza ombra di dubbio un prodotto da avere nella
propria collezione.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 9

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise