Galaxy A41, il nuovo smartphone Samsung

Samsung annuncia l’ampliamento della famiglia Galaxy A con l’approdo sul mercato italiano di Galaxy A41, disponibile in vendita su Samsung.com e presso i negozi, online e offline, delle principali insegne di elettronica di consumo e degli operatori telefonici. Galaxy A41 sfrutta al massimo il suo form factor compatto con un display Infinity-U Super AMOLED da 6,1 pollici, offrendo un’esperienza di visione coinvolgente che si adatta comodamente al palmo della mano. Dotato di una batteria a lunga durata da 3.500 mAh, il nuovo smartphone è progettato per garantire la massima autonomia. Quando è necessario caricare il dispositivo, la Ricarica Rapida a 15 W consente di mantenere il dispositivo collegato per meno tempo. Galaxy A41 offre un potente comparto fotografico. Sul retro, infatti, è disponibile un versatile tripla fotocamera: l’obiettivo principale da 48 MP offre la possibilità di catturare immagini dettagliate di giorno e luminose con scarse condizioni di luce, la fotocamera Ultra-grandangolare da 8 MP permette di scattare foto panoramiche di grande impatto e la fotocamera di profondità da 5 MP, grazie agli effetti di Fuoco Live, mette in risalto il soggetto principale della foto. Nella parte anteriore è presente una fotocamera da 25 MP, che consente di realizzare selfie perfetti, nitidi e luminosi e videochiamate di alta qualità. Galaxy A41 colpisce anche nel design: con soli 7,9 mm di spessore e una superficie posteriore ergonomicamente curva, sta comodamente nel palmo della mano per una presa confortevole, mentre la finitura lucida e la nuova vivace gamma di colori con un motivo ripetuto sul retro rendono il dispositivo davvero unico. Lo smartphone è disponibile nelle colorazioni Prism Crush Black, Prism Crush White e Prism Crush Blue al prezzo di 299,90 euro.

F.P.L.




World of Warcraft, da videogame a gioco da tavolo

Mostrato in anteprima alla BlizzCon 2019, Small World of Warcraft è il gioco da tavolo ambientato nel fantastico mondo di Azeroth, dove le razze di Orda e Alleanza, tra cui Orchi, Nani, Troll e Worgen, si affrontano in un conflitto che logora il mondo. In Small World of Warcraft, i giocatori scelgono combinazioni di poteri speciali e razze dell’universo di Warcraft, come Maghi del Portale Pandaren o Erbalisti Goblin, contendendosi il controllo di Azeroth. Per raggiungere il dominio, i giocatori occuperanno terreni leggendari e cercheranno di prendere il controllo di potenti manufatti. Tuttavia, prima o poi ogni impero deve cadere: i giocatori dovranno essere pronti a fare entrare in Declino una razza ormai sul viale del tramonto e a guidarne una nuova alla conquista di Azeroth. Days of Wonder ha lavorato a stretto contatto con Blizzard per creare un gioco che riunisce perfettamente entrambi gli universi. Small World of Warcraft presenta una varietà di illustrazioni nuove ed esclusive che catturano l’atmosfera del colorato e vibrante universo di Warcraft, con razze e poteri speciali progettati per essere familiari ai milioni di giocatori di WoW® in tutto il mondo che hanno esplorato i confini più remoti di Azeroth. Small World of Warcraft è un gioco standalone progettato per 2-5 giocatori, con partite della durata media di 40-80 minuti. Include 6 tabelloni a due facce, 16 vessilli Razza Warcraft, 182 segnalini Razza e 15 segnalini Murloc, 20 tessere Potere Speciale, 5 schede riassuntive dei giocatori, 12 segnalini Manufatti e Luogo Leggendario, 10 Montagne, 9 Mura di Fuochi Fatui, 4 segnalini Armonia, 12 Bombe, 1 Campione, 10 Guarnigione, 2 Obiettivi Militari, 5 Bestie, 6 Torri di Guardia, 110 Monete Vittoria, 1 Dado dei Rinforzi, 1 percorso Round di Gioco, 1 segnalino Round di Gioco, 1 regolamento e 1 Regolamento Variante a Squadre. La pubblicazione è prevista per l’estate 2020 in Nord America ed Europa, a un prezzo suggerito di 59,99 $/59,99 €, e sarà disponibile nelle seguenti lingue: inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano, polacco, portoghese brasiliano, ceco, slovacco, cinese semplificato e cinese tradizionale.

F.P.L.




SnowRunner, trasporti estremi su ghiaccio, fango e neve

SnowRunner è il nuovo capitolo della saga simulativa di trasporto estremo su gomma. I suoi predecessori, Spintires e Spintires: MudRunner hanno conquistato il favore del pubblico, tant’è che Focus Home e Saber Interactive hanno deciso di proporre un sequel su Pc, Xbox One e Ps4 ambientato sulla neve. Per chi non lo sapesse, Snowrunner è una versione più complessa e completa dei suoi predecessori, la prima differenza che i fan della saga possono notare è ovviamente il contesto di gioco che non si basa più su semplici missioni del tipo “porta il carico di legname dal punto A al punto B”, ma offre molto di più. Da questo punto di vista, il gioco sin dall’inizio propone uno scenario narrativo nettamente diverso e decisamente più interessante: una vasta area rurale del Michigan è stata colpita da una violenta alluvione che ha messo fuori uso numerose infrastrutture isolando intere zone abitate. Sta quindi al giocatore lavorare alacremente con mezzi pesanti di ogni tipo per ricreare strade, ponti, cavalcavia, ecc… e riconnettere le aree isolate. La mappa di gioco appare da subito molto estesa e ci si rende velocemente conto come, accanto alle missioni principali, vi siano diverse “quest” secondarie in grado di aumentare la longevità del gioco. Il compito principale in Snowrunner è quello di liberare le strade intasate dal fango e dai detriti, per poi procedere alla consegna dei materiali necessari per le squadre di ricostruzione e successivamente passare a recuperare i veicoli imprigionati nel fango, passando poi a compiti sempre più complessi e terreni sempre più impervi. In tutto questo notiamo un mondo di gioco vivo e molto dettagliato, con la presenza di villette, bar, alberghi, fabbriche di diversa tipologia ed edifici di culto. Un elemento che rende però il gioco ancora più interessante dei suoi predecessori è rappresentato da alcune caratteristiche RPG, infatti, la progressione del proprio alter-ego virtuale si basa sul completamento di missioni che ci consentiranno di avanzare di livello, sbloccare veicoli e potenziamenti degli stessi nonché guadagnare denaro da reinvestire nel proprio business. Nel corso del gioco, inoltre, si è liberi di muoversi tra le regioni presenti nel gioco: non c’è solo il fangoso Michigan, ma i servigi del proprio autista saranno ben presto richiesti anche nell’innevata Alaska e sulla pianura russa di Taymir, non meno ostica dei precedenti due scenari. Il gameplay di SnowRunner si basa su un concetto fondamentale: inutile avere fretta, l’importante è arrivare con il carico in salvo e senza danneggiare il proprio mezzo. Infatti bisogna tenere conto che è tremendamente faticoso gestire i bestioni di SnowRunner ma, in un certo senso, è anche rilassante in quanto non si è obbligati sfrecciare a 350 km/h guardando gli specchietti retrovisori, ma è necessario essere in grado di gestire colossi da oltre 100 tonnellate. Per gestire questi colossi su gomme sarà necessario essere molto bravi a ragionare in termini di metri e non di km, quindi viene da sé che la filosofia di gioco è ben lontana dal solito titolo automobilistico a cui solitamente si è abituati.

A livello di giocabilità, il controller svolge il suo dovere con le leve analogiche che sono deputate al movimento del mezzo, i tasti frontali ai movimenti di base, i grilletti dorsali per i movimenti più complessi quali, ad esempio, la gestione del verricello. Da quanto scritto finora, può sembrare che SnowRunner sia un simulatore dall’approccio impegnativo ma, in realtà, è possibile anche fare qualcosa di più immediato come, ad esempio, passare in un attimo da un veicolo all’altro o tuffarsi nel proprio garage e cambiare il proprio mezzo per arrivare a destinazione più facilmente. Diventa, quindi, importante dislocare camion e trasporti pesanti di diverse tipologie nei punti cardine della mappa di gioco, per poi ritrovarli al momento opportuno anche perché ogni regione di gioco prevede la presenza di più mappe e, talvolta, bisogna utilizzare più d’un veicolo per completare un compito particolarmente remunerativo. Dal punto di vista grafico, le mappe sono tutte create fin nei minimi dettagli e risultano davvero belle da vedere. Questo è possibile grazie a montagne e paesaggi forestali che sembrano incredibilmente realistici. Unica pecca è che tutti gli scenari, sia le cittadine che le zone boschive e montane risultano un po’ vuoti e desolati. L’aggiunta di persone e fauna selvatica, infatti, siamo certi avrebbe contribuito a rendere SnowRunner ancora più gradevole. Tuttavia, nella nostra prova su Xbox One X abbiamo adorato le texture e i design dei paesaggi e dei modelli dei vari camion. Ci sono tanti veicoli diversi da acquistare con i soldi che guadagni dal completamento dei tuoi lavori, un aspetto che aggiunge longevità ai collezionisti. Altra componente molto interessante è il comparto audio: il rombo del motore suona come se la TV si trovasse all’interno del mezzo pesante, creando un’atmosfera che ricrea alla perfezione quell’atmosfera dello stare alla guida di un camion in ambienti unici e in condizioni avverse. I controlli, sebbene abbastanza standard per un gioco di guida, sono reattivi e si connettono molto bene all’audio per creare un’immersione ancora maggiore. SnowRunner offre anche una modalità multiplayer in cui il giocatore potrà unirsi a tre amici per completare mappe e missioni insieme. Tirando le somme, l’ultima produzione di Focus Home e Saber Interactive, nonostante non sia un titolo in grado di appassionare proprio tutti a causa della sua natura particolare, risulta essere comunque un software interessante, profondo e concepito con grande attenzione. La sua essenza simulativa non lo rende un videogame intuitivo e semplice, ma impegnandosi un po’ e armandosi di santa pazienza, ben presto sarà facile diventare camionisti esperti in grado di affrontare tormente di neve, aggirare smottamenti, passare su tratti di strada inagibili e portare a termine il proprio compito.  Insomma, se siete stufi dei soliti giochi d’auto, SnowRunner è un’esperienza assolutamente da non perdere.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




MacBook Pro 13, Apple svela il suo ultimo gioiellino

MacBook Pro 13, così si chiama l’ultimo nato della famiglia di portatili Apple. Come per l’Air e il modello Pro da 16 pollici presentato a novembre, anche il MacBook Pro da 13 pollici ha la nuova tastiera Magic Keyboard che chiude definitivamente le critiche degli ultimi anni al precedente modello di tastiera ultrapiatta, e aggiunge il doppio spazio di archiviazione per tutte le configurazioni standard (partendo da 256 GB non aggiornabili). In particolare, i nuovi MacBook Pro sono rivolti a un pubblico non solo professionale e utilizzano i nuovi processori Intel di decima generazione con scheda grafica integrata. La Le prestazioni sono superiori dell’80%, secondo Apple, per quanto riguarda la parte grafica. Sono disponibili tre processori: un Intel quad-core a 1,4GHz (Turbo Boost fino a 3,9GHz) e un Intel quad-core a 2,0GHz (Turbo Boost fino a 3,8GHz) come opzioni di acquisto preconfigurate da listino, mentre si può richiedere con configurazione ad hoc una versione con processore Intel Core i7 quad‑core di decima generazione a 2,3GHz (Turbo Boost fino a 4,1GHz). I nuovi MacBook Pro hanno 8 oppure 16 Gigabyte di memoria Ram di serie (aggiornabili sino a 32 GB solo in fase di costruzione) del tipo LPDDR4X a 3733MHz, una memoria di archiviazione fino a 4 Terabyte SSD (anch’essa non aggiornabile), schermo da 13 pollici con regolazione True Tone 4 milioni di pixel e 500 nit di luminosità con gamma cromatica P3, Thunderbolt 3 su due o quattro porte e un prezzo di partenza da 1.429 euro (la versione configurata al massimo arriva a costare 4.479,00). Il MacBook Pro 13 pesa poco meno di 1,4 Kg, e come tutti i prodotti di Apple utilizza il chi T2 Security per la verifica del software, l’identità dell’utente con il sensore Touch ID, la crittografia in tempo reale di tutti i dati che girano nel computer.

F.P.L.




Moving Out, traslocare diventa un party-game

Moving Out è il nuovo party game in locale, disponibile 28 aprile su Nintendo Switch, PlayStation 4, Xbox One e PC, che si propone di offrire ore ed ore di divertimento a base di folli traslochi. I giochi co-op da avviare sul divano di casa sembravano essere spacciati e lentamente destinati all’oblio a causa della diffusione sempre più massiccia dei titoli multiplayer da giocare in rete, ma il successo di Overcooked ha dimostrato che la co-op locale è una caratteristica ancora oggi ricercata dai gamers e che se ben implementata, è in grado di regalare un’esperienza che nessuna connessione internet può replicare. Ma andiamo a scoprire più da vicino quello che questo particolarissimo titolo ha da offrire: in Moving Out, si vestono i panni di un traslocatore neo assunto che entra a far parte della terza ditta della città di Packmore. La compagnia per cui si lavora non discrimina molto chi o cosa assumere, dato che si potrà scegliere di giocare nei panni di un normale essere umano o come un personaggio immaginario, insomma, si potrà essere qualunque cosa si voglia in quanto il proprio alter ego virtuale avrà sempre uguali abilità. Lo sviluppatore offre anche opzioni di personalizzazione già pronte, come la possibilità di scegliere persino un traslocatore su una sedia a rotelle e scegliere il colore della skin di un personaggio. Insomma, in Moving Out, non ci sono differenze di classi o specie, i personaggi a disposizione sono solo un pretesto per giocare e ridere.

Una volta che il proprio personaggio è stato personalizzato sarà possibile capire le dinamiche di gioco tramite un rapido livello tutorial che garantirà la tanto ambita licenza ufficiale da traslocatore. A questo punto la città di Packmore è disponibile e si mostra agli occhi del giocatore in tutta la sua buffa bellezza. Da qui si potrà decidere se affrontare livelli già giocati per migliorare i propri temi o iniziare nuovi lavori. I livelli differiscono un po’ l’uno dall’altro, ma il gameplay principale rimane lo stesso: prendi gli oggetti indicati e caricali sul camion stando attenti a non rompere cose, e nel minore tempo possibile. Una volta entrato nello scenario di gioco la prima cosa da fare è cercare la posizione degli oggetti. Tenendo premuto un tasto dedicato sul controller si potrà vedere cosa deve essere spostato, quindi a quel punto sarà necessario raccogliere quegli oggetti e portali tutti sul camion il più velocemente possibile. Nella versione Xbox One da noi testata è possibile raccogliere ogni oggetto tenendo premuto il grilletto destro e trascinarselo dietro (se si è da solo o c’è un’opzione di sollevamento in tandem, se si sta giocando con un amico) attraverso corridoi avvolgenti o lanciandoli attraverso una finestra vicina. All’inizio Moving Out sembra non offrire una grande varietà, tuttavia, più si prosegue nella campagna, tanto più folli diventano i contratti. Affrontare un lavoro in una baita con piste da sci, in cui si scivola giù a metà trasloco, o in vari luoghi infestati in cui i fantasmi spaventano a morte il povero traslocatore sono solo alcuni degli scenari che renderanno il titolo una vera e propria sfida all’ultimo mobile.

Ogni stage, oltre ad avere ovviamente un layout e contenuti diversi rispetto a quello precedente, presenta anche sfide uniche che si possono scegliere di completare subito o in un secondo momento. Queste challenge sono varie e spesso impegnative e spaziano dal più semplice “carica lo gnomo da giardino” al più impegnativo “non rompere nessuna finestra” al più impegnativo “non usare le scale” e quindi bisogna cercare un percorso più lungo o difficile. Nessuna di queste sfide è necessaria per procedere avanti in Moving Out, ma sono più da intendere come contenuti extra per coloro che desiderano mettere le loro abilità di movimento alla prova in ogni livello. Questo senza dimenticare il fatto che già impilare tutti i mobili nel furgoncino e farli entrare tutti rappresenta una sfida di per sé. Inoltre, ogni livello ha un timer e l’obiettivo di chi gioca è naturalmente quello di completare il livello il più velocemente possibile, rendendo le sfide extra ancora più impegnative. Ci sono tre livelli per ogni timer, che garantiscono una medaglia di bronzo, argento o oro. Ovviamente, ottenere medaglie d’oro in tutti i livelli, completando allo stesso tempo tutte le sfide opzionali è incredibilmente impegnativo, quindi se si ha intenzione di mettersi alla prova, sia da soli che in compagnia, il titolo è assolutamente in grado di offrire un ottimo livello di sfida. In caso di difficoltà, Moving Out è anche eccezionalmente accessibile, offrendo molte opzioni sia per il gameplay che per gli elementi visivi, rendendo tutto più facile per chiunque voglia farlo. Ciò include le opzioni per rendere il gioco più semplice, ad esempio: aggiungendo un po’ di tempo extra su ogni mappa, saltando i livelli se non si riesce a vincere, rendendo più leggeri gli oggetti per due giocatori (cioè gli oggetti che devono essere trasportati da due giocatori) e quindi più facili da trasportare, e persino aggiungendo un elemento visivo che filtra o cambia l’interfaccia per quelli con dislessia. Insomma ce ne è per tutti i gusti, per tutte le età e per tutti i tipi di giocatori, dal casual all’hard core gamer. In termini di contenuti, Moving Out si compone di 30 livelli “storia” che a loro volta presentano 3 diverse valutazioni di tempo – oro, argento e bronzo – e 3 obiettivi secondari che è possibile completare per ottenere dei gettoni. A questi livelli di base si aggiungono inoltre dei curiosi mini-giochi da sbloccare ottenendo più valutazioni oro e gettoni, quindi nel complesso non mancano attività da fare se volete puntare al 100% di completamento.

https://www.youtube.com/watch?v=DwffKcGBUSM

Tra le modalità extra è possibile anche attivare la condivisione di un solo gamepad per controllare due personaggi. Se si gioca da soli e si è a caccia di una sfida impegnativa, o si è in due ma non si posseggono due controller, basterà dividerlo per controllare con una metà il personaggio 1 e con l’altra metà il personaggio 2. In totale, fino a quattro giocatori possono prendere parte alle scorribande per la città di Packmore. Detto ciò, se siete alla ricerca di un party game da fare in famiglia o con gli amici, questo Moving Out siamo certi che sarà in grado di regalarvi ore ed ore di sano divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 7

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Zoom è l’app più scaricata ad aprile

Nuovo record per Zoom, la videochat divenuta popolarissima in seguito all’epidemia di coronavirus. Secondo gli analisti di Sensor Tower, ad aprile è stata la app più scaricata – esclusi i videogiochi – a livello mondiale, superando il social TikTok. I download di Zoom dai negozi App Store per iPhone e iPad e Google Play per dispositivi Android hanno sfiorato i 131 milioni, 60 volte di più rispetto all’aprile 2019. Il 18,2% del download complessivi è avvenuto in India, il 14,3% in Usa. Questa prima posizione occupata è sicuramente il dato più eclatante, visto che l’app che permette conferenze multiple in videochiamata è letteralmente esplosa con il periodo della quarantena imposta dall’emergenza sanitaria attuale. La cinese TikTok si piazza così al secondo posto con 107 milioni di download (2,5 volte di più di un anno fa), di cui il 22% in India e il 9,4% in Usa. Il dato però è presumibilmente sottostimato perché non include i download effettuati da negozi per Android diversi dal Google Play, che in Cina non è disponibile. Facebook, WhatsApp, Instagram resistono tra le top app e, sempre per quanto riguarda il medesimo periodo di tempo preso in esame dalle statistiche, si attestano rispettivamente alla terza, quarta e quinta posizione globale. Messenger è sesto. Al settimo posto si trova Aarogya Setu, la app indiana per tracciare i contagi di Coronavirus che il governo di Nuova Delhi ha reso obbligatoria per buona parte della popolazione. Ottava e decima sono rispettivamente Google Meet e Microsoft Teams, cioè le app per videoconferenze dei due colossi hi-tech, mentre completa la top ten, al nono posto, Netflix. Insomma, al tempo del Covid 19, cambiano le tendenze e, vuoi per esigenze lavorative, vuoi per via del dover stare a casa, Zoom è salita di diritto sul podio.

F.P.L.




Bleeding Edge, un “Hero Arena” con stile da vendere in esclusiva per Pc e Xbox One

Con Bleeding Edge i ragazzi di Ninja Theory provano ad allontanarsi dal seminato, percorrendo la strada del brawler multiplayer online. Microsoft, essendo il gioco in esclusiva su Xbox One e Pc, ci ha gentilmente fornito un codice per testare il videogame e nelle prossime righe vi esporremo la nostra analisi. Ma che cos’è questo Bleeding Edge? Il titolo non è assolutamente un FPS. Non è un battle arena, ma nemmeno un MOBA in terza persona. La produzione può essere definita come un “hero arena” in cui il combattimento a muso duro diventa l’unico vero protagonista sul palcoscenico. Scontri quattro contro quattro, due modalità di gioco, tre classi e undici eroi: sono questi gli ingredienti alla base di Bleeding Edge, ingredienti che lo rendono un uragano di azione al cardiopalma fatto di rapide partite dalle quali diventa sempre più difficile staccarsi. Fra combo di fendenti rigorosamente in corpo a corpo, schivate, parry e contrattacchi fulminei, l’unico momento per riprender fiato è il breve intervallo di tempo che separa la morte dal respawn, mentre ciascuna sconfitta, per quanto amara, insegna nuove importanti lezioni. Ma cosa rende questo titolo così diverso dai generi sopra citati? Bleeding Edge è diverso da tutti grazie alla diversificazione delle meccaniche di gioco: come già accennato, gli eroi sono suddivisi in tre categorie, offensivi, tank e supporto, ognuno dei quali con quattro abilità utilizzabili (3 più la classica ultimate che si attiva a tempo), la schivata e la possibilità di sfruttare un hoverboard per muoversi più velocemente per la mappa. Altra novità è caratterizzata dallo stile del combattimento vero e proprio. Si gioca 4vs4, attualmente in due modalità, Dominio e Celle Energetiche. Nel primo caso bisogna conquistare delle zone di controllo a tempo e ottenere più punti degli avversari, ovviamente anche le uccisioni accumulano punti. Nella seconda modalità, invece, basterà raccogliere le celle energetiche sparse per la mappa e consegnarle in specifici luoghi, facendo attenzione a non venire uccisi per non perdere le stesse celle ottenute.

Ma come si gioca? Ogni eroe presente nell’Officina mette sul piatto una combo base che può essere una scarica di pugni, un turbine di lame o una sventagliata di pallottole, assieme a tre immancabili abilità con tempi di “cooldown”, attacchi da sfruttare con parsimonia per sterminare gli avversari più duri. Prendiamo per esempio il ninja Daemon: oltre a disporre della fidata nodachi con cui affettare le sue prede, può scattare rapidamente per chiudere il gap, lanciare manciate di shuriken dalla distanza e, addirittura, diventare completamente invisibile per svariati secondi. Giocando solamente in 4vs4 è chiaro che bisogna necessariamente ragionare su come suddividersi. Giocare di squadra è fondamentale e pretendere di vincere con tre o quattro personaggi offensivi senza un curatore equivale ad andare incontro a morte certa, così come sperare di giocarsela per conto proprio. Il team deve quindi collaborare, muoversi in sintonia e comunicare. In breve in Bleeding Edge non si vince se non si gioca insieme e se non si scelgono personaggi in grado di lavorare in maniera sinergica. Le pure meccaniche di combattimento sono molto divertimenti e soddisfacenti, anche se abbiamo constatato qualche piccolo problema di bilanciamento con alcuni eroi e abilità, dovute anche a una nuova caratteristica, le mod. Ogni personaggio può infatti disporre di tre slot mod da inserire, queste possono essere “fabbricate” con gli appositi punti e permettono di dare dei vantaggi sul danno, la vitalità o su alcune abilità. Anche se è molto probabile che uscirà una build meta per ognuno, è comunque positivo che ci sia la possibilità di cambiare lo stile di combattimento. In ogni caso, la sostanza non manca, e il potenziale per crescere e fare bene in prospettiva sembrerebbe esserci tutto. Il problema sta tuttavia nella forma con cui Bleeding Edge si è presentato sul mercato: con appena due modalità, undici eroi e soltanto cinque mappe disponibili, la quantità di contenuti al lancio appare oggettivamente risicata. Allo stato attuale, Bleeding Edge sembra essere una scommessa affascinante, ma forse anche un filo azzardata da parte di Ninja Theory. Ancora una volta agli sviluppatori inglesi non sono mancati né il coraggio né tantomeno l’apprezzabile voglia di uscire fuori dagli schemi, osando proporre qualcosa di sorprendentemente lontano dai loro canoni: il risultato è uno strano picchiaduro online a squadre con sfumature da MOBA, che se da un lato si distingue per il carattere piacevolmente sopra le righe e per un’appagante profondità di gameplay, dall’altro denota manifesti limiti di contenuti e una certa immaturità nello sviluppo.

 Ad ogni modo il potenziale a Bleeding Edge non sembra di certo mancare, e anzi si intravedono comunque le basi per qualcosa di incoraggiante: resta da vedere quale sarà il supporto al titolo nel medio/lungo periodo, l’unico fattore effettivamente in grado di trasformare quella che oggi è una promessa con tanta personalità in un’esclusiva davvero degna di nota. A livello stilistico Bleeding Edge è invece assolutamente insuperabile, potrebbe essere definito a tutti gli effetti un videogioco punk: sono punk i personaggi, come il musicista metal Nidhoggr, che si fa largo menando fendenti di chitarra elettrica, o l’assassino messicano El Bastardo, che si getta nella mischia accompagnato dal baffo a manubrio e da un paio di machete. È punk l’ambientazione, un mondo in cui innesti cibernetici e skateboard volanti hanno raggiunto il mass-market, dando vita allo spietato Fight Club di Bleeding Edge. È punk anche il gameplay, che rifugge gli schemi più affermati per tentare un percorso ancora inesplorato. Insomma Bleeding Edge è un gioco che trasuda Punk e “tamarraggine” da tutti i pixel. Tirando le somme, l’ultima fatica di Ninja Theory è un’opera stilisticamente inattaccabile, un concentrato di intrattenimento da cui diventa difficile staccarsi, ma purtroppo è un prodotto che se non verrà supportato a dovere, potrebbe rischiare di essere sopraffatto da altri titoli simili. In ogni caso, se si ha voglia di provare qualcosa di nuovo, decisamente folle e che possa essere giocato specialmente in gruppo, Bleeding Edge è un prodotto che non va assolutamente lasciato scappare.

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Facebook, Zuckerberg ferma gli eventi “fisici” fino a metà 2021

Facebook cancella fino a giugno 2021 tutti gli eventi “fisici” programmati che prevedono la presenza in uno stesso luogo di più di 50 persone. Lo ha scritto il Ceo del popolare social network Mark Zuckerberg in un post in cui ha spiegato anche che il social sta “rallentando” i piani di ritorno dei dipendenti negli uffici, “per dare priorità all’aiutare il resto della nostra comunità e l’economia locale”. Tra gli eventi sospesi, ha reso noto Facebook, ci sono anche gli appuntamenti locali che erano stati programmati in sostituzione della F8, la conferenza degli sviluppatori della compagnia, già annullata nelle scorse settimane. Altri eventi in calendario si svolgeranno online. La mossa segue quella di Microsoft, che ha reso online tutti i suoi eventi fino a luglio 2021. Sul telelavoro, partendo dal presupposto che la maggior parte dei dipendenti di Facebok può lavorare da casa molto più facilmente rispetto ad altre persone, Zuckerberg ha detto che i suoi impiegati useranno lo smart working “almeno fino alla fine di maggio”. Chi avrà necessità di farlo, ad esempio per accudire i figli, potrà lavorare da casa per tutta l’estate. A entrare prima in ufficio – ha aggiunto – potrebbero essere alcuni ingegneri e i dipendenti che si occupano di esaminare i contenuti pubblicati sul social per contrastare il terrorismo e prevenire suicidi o autolesionismo, per i quali il telelavoro è più complicato. Giugno 2021 è una data molto lontana ma la scelta forte di Facebook potrebbe fare da apripista a ulteriori aziende. Un incoraggiamento quindi a lavorare da casa e ad evitare assembramenti che possano mettere a rischio la salute di tutti. Probabilmente gli eventi tech dal vivo diminuiranno drasticamente anche nel periodo “post-coronavirus” favorendo l’e-Commerce, gli eventi in live streaming e le presentazioni virtuali.

F.P.L.




Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution è su Pc e console

Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution è senza ombra di dubbio il videogame della saga in assoluto più completo, con la possibilità, all’interno della sua compagna principale, di ripercorrere gli eventi di tutte e sei le serie (Yu-Gi-Oh!, GX, 5D’s, ZEXAL, ARC-V e VRAINS) contando su tutte le rispettive regole, carte da gioco e, dunque, su un database impressionante di circa diecimila card giocabili. Disponibile già su Switch (è stata un’esclusiva temporale ndr.) e finalmente adesso anche su PS4, Xbox One e PC, Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution mette a disposizione quindi un numero incredibile di ore di gioco per tutti gli appassionati del brand che si vogliono godere in maniera assolutamente completa le mille sfaccettature del famoso card game. A livello di gameplay, l’esperienza di gioco si rivela essere assolutamente profonda e immersiva, il titolo infatti offre una campagna che funge da fulcro della produzione. Questa si compone di un quantitativo notevole di duelli che non soltanto permettono di rivivere alcune delle sfide più significative dei vari archi narrativi, ma sono anche essenziali per sbloccare nuove carte e per accumulare moneta di gioco. Tale valuta è spendibile in un apposito negozio, tramite il quale potrete acquistare le buste di carte suddivise per ciascun eroe, ed iniziare a dare sfogo alla compulsione da collezionismo e fantasia nell’ideare vari tipi di deck. Come se il piatto non fosse già piuttosto ricco in termini quantitativi, esiste po la possibilità di rigiocare tutti gli scontri nella prospettiva inversa, impersonando il villain o il nemico di turno. Questo non soltanto impenna vertiginosamente la longevità della campagna, che richiederà decine di ore per ottenere il 100% di completamento, ma consente anche di sperimentare nuovi mazzi e sbloccare nuovi eroi da sfidare nuovamente in una modalità apposita.

Come accennavamo, ogni parte della campagna di Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution ha una funzione ben precisa, infatti ciascuna delle sei serie, servirà a sbloccare carte sempre diverse, seguendo anche l’introduzione delle nuove meccaniche come evocazioni Synchro e Pendulum che il gioco non mancherà mai di introdurre con tutorial esaustivi, qualora non si conoscano già. Le regole ovviamente sono quelle ufficiali del card game, che valgono anche nei tornei: 8000 punti vita ed una sola evocazione normale di creatura per turno, con anche tutte le limitazioni che investono gli utilizzi ed il numero di determinate. L’intelligenza artificiale nel complesso ci ha convinto, infatti la difficoltà degli scontri è sempre coerente con il tipo di avversario che bisogna affrontare. Alcune delle sfide, specie le ultime di ciascuna delle campagne, si riveleranno discretamente impegnative, con avversari dai mazzi estremamente sinergici e sempre pronti a fare la mossa giusta. La modalità multigiocatore presente in Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution consente di lanciarsi in sfide contro altri player, utilizzando i propri mazzi per partite classificate e non. Così come, a completare il menu delle modalità in aggiunta alle sfide che danno la possibilità di duellare nuovamente e liberamente con tutti i personaggi sbloccati, c’è il Battle Pack. Si tratta di incontri casuali che metteranno i giocatori in condizioni particolari di sfida. In Gioco Sigillato, ad esempio, il proprio mazzo sarà assemblato casualmente con 10 pacchetti contenenti 5 carte ciascuno, mentre in Gioco Draft si potranno pescare un massimo di 45 carte in 3 turni di gioco. Nella sezione Modifica Deck, per concludere il repertorio, si ha accesso a tutte le carte sbloccate, e si potranno cercare, filtrare ed organizzare le carte sbloccate in maniera snella per comporre e salvare quanti più mazzi si vuole. Insomma di carne a cuocere ce n’è davvero moltissima.

A livello di fluidità il gioco si difende egregiamente, con un framerate stabile privo di qualsivoglia incertezza: ma purtroppo ci si trova anche dinanzi a un’architettura tecnica piuttosto scarna che finisce per macchiare quella che nel complesso è una buona produzione. Inspiegabile ad esempio la totale assenza di modelli 3d delle carte mostro, presenti già 12 anni fa su titoli per Nintendo DS. I pochi e brevi filmati che vengono riprodotti in seguito all’evocazione di mostri iconici mettono a nudo l’arretratezza del comparto tecnico, inadeguato purtroppo ai tempi di oggi. In ogni caso, Yu-Gi-Oh! Legacy of the Duelist: Link Evolution, trattandosi fondamentalmente di un card game riesce comunque a divertire e a “simulare” quanto si vede nell’anime. Tirando le somme, possiamo dire che il videogame dedicato al card game di Yu-Gi-Oh! è una produzione dedicata ai fan più irriducibili della serie. Se da un lato l’ottima longevità, unita a una completissima antologia di tutti gli archi narrativi della serie e di tutte le carte realizzate in oltre ventitré anni, mostrano una cura ineccepibile verso il materiale originale, dall’altro lato una costante superficialità, ed evidente pigrizia nella realizzazione grafica mina quella che poteva essere l’esperienza definitiva a livello videoludico. In ogni caso, il titolo è un ottimo mezzo per avvicinarsi al gioco di carte, ma anche una fantastica opportunità di collezionare virtualmente tutte le carte e passare ore ed ore a sfidare amici ed altri appassionati online.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 8

Longevità: 8,5

Gameplay: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




AirPods X Generation, cuffie personalizzabili nel futuro di Apple

Apple vuole conquistare il mondo delle cuffie e non si accontenta del successo degli ormai popolarissimi auricolari AirPods. Il colosso di Cupertino, infatti, sarebbe pronto a espandere il proprio business portando sul mercato, entro l’anno, un paio di cuffie con il marchio della Mela. La nuova indiscrezione in questo senso arriva da Bloomberg. Apple vende già le cuffie a marchio Beats, azienda acquisita da Cupertino nel 2014. Ma il nuovo prodotto, che potrebbe chiamarsi AirPods X Generation, sarebbe diverso. La particolarità risiederebbe nella possibilità di personalizzare le cuffie cambiando alcune componenti: padiglioni auricolari e archetto si attaccherebbero magneticamente al telaio del prodotto. Sempre stando alle indiscrezioni, Apple sarebbe al lavoro su una versione più ricercata e confortevole in pelle e una più leggera e tecnica, pensata per l’attività fisica. La filosofia ricorda quella dell’Apple Watch, a cui collegare un cinturino sportivo in gomma o uno più elegante in pelle o in acciaio. Le cuffie di Apple, di cui si parla dal 2018, si collocano nella fascia alta del mercato, dove competeranno con prodotti di aziende come Bose e Sony. A bordo ci sarebbe la tecnologia già vista sugli AirPods: il chip H1 e l’assistente vocale Siri. Se le indiscrezioni di Bloomberg dovessero rivelarsi vere, il colosso di Cupertino potrebbe quindi lanciare sul mercato un prodotto di gran qualità, che farà tendenza e che potrebbe piazzarsi fra i dispositivi più affidabili di questo settore. Non resta altro che aspettare e tenere le dita incrociate.

F.P.L.




Doom Eternal, il re degli sparatutto è tornato

Doom Eternal arriva finalmente su Xbox One, Ps4 e Pc. Fan di
vecchia data e le nuove generazioni di gamers possono finalmente mettere le
mani sul nuovo capitolo del titolo che ha dato vita al genere sparatutto in
prima persona nel lontano 1993. Dopo il rilancio in pompa magna di Doom,
avvenuto quattro anni fa, Id Software è tornata sul glorioso franchise per dare
seguito al successo raccolto dal riuscito reboot, rendendo ancora più brutale
un sistema di gioco che appariva già estremo e aggressivo. Se Doom era una carica
senza freni nelle viscere dell’inferno, Doom Eternal è un treno in fiamme lanciato
a tutta velocità che sfreccia contro un pianetta fatto di esplosivi. Esagerato,
frenetico, brillantemente violento e galvanizzante, questo seguito dimostra
quanto il genere stesso si sia spinto verso nuove vette di eccellenza,
superando in ogni aspetto il validissimo prequel di quattro anni fa. Doom
Eternal è ambientato otto mesi dopo il capitolo precedente, con le forze
demoniache che hanno ormai conquistato oltre la metà del pianeta Terra e hanno
quasi del tutto soggiogato la specie umana. Per tentare di invertire la
tendenza, ripristinare gli equilibri e scacciare l’orda impazzita di demoni, il
Doom Slayer ritorna col compito di colpire il cuore dell’inferno, sgominando e
uccidendo i tre gran sacerdoti. Benché da Doom Eternal, come generalmente da
ogni Doom, non ci si aspettasse chissà quali qualità narrative, bisogna dire
che anche da questo punto di vista ci sono stati degli importanti passi in
avanti. La storia rimane però il punto più debole della produzione, soprattutto
considerando quanto la serie non riesca ancora a distaccarsi dai grandi cliché
che si porta dietro fin dagli albori. Doom Eternal, oltretutto, fa l’errore di
condensare tutte le informazioni più importanti nella fase finale, gettandovi
letteralmente addosso una discreta quantità di file di testo che pongono la
lente d’ingrandimento sugli elementi più rilevanti. Uno dei pregi della nuova
produzione Id Software è che fa evolvere il concept basico del reboot
estremizzandone la frenesia, la tecnica, la precisione dei comandi richiesta e
la qualità globale, inserendo meccaniche che spingono il giocatore alla pura
esaltazione dei sensi. In un tripudio di esplosioni, massacri spietati, tempeste
di frattaglie e sangue, e un continuo carnaio di demoni capace di far
impallidire i concetti stessi di morte e genocidio, Doom Eternal diventa il
nuovo termine di paragone per gli FPS con impostazione “vecchia scuola”. A tal
proposito, la maggiore velocità di movimento del Doom Slayer e dei nemici,
assieme alla possibilità di eseguire un doppio scatto, amplia notevolmente la
mobilità globale, finalizzata a manovre il più possibile rapide e con ristretti
margini di errore. Tutto questo esalta un gameplay già ben rodato che diventa
una vera e propria gioia per chi sta dinanzi lo schermo.

Approfondendo proprio il lato gameplay, molto interessante è
il sistema di progressione del personaggio. Scegliere opportunamente in cosa
specializzarsi progredendo nella storia farà la differenza in molteplici
occasioni, anche se una volta giunti alle fasi finali il personaggio avrà raggiunto
comunque il massimo delle sue potenzialità, a patto naturalmente che si giochi
con lo scopo di ricercare tutti i potenziamenti. Per quanto riguarda invece l’evoluzione
delle armi, nel corso delle missioni ci sono dei piccoli droni nascosti che
portano con sé delle mod di potenziamento. Una volta trovati, sta al giocatore
scegliere per quale arma e quale potenziamento sbloccare. Questi sono di
diversa natura, come un mirino di precisione per il fucile pesante, che lo
trasforma in un fucile da cecchino quando si mira, o una mod per il fucile a
pompa che gli permette di sparare delle piccole granate. Alcune di queste
modifiche consentono di abbattere rapidamente dei nemici specifici: con il
fucile a pompa si potrà ad esempio sparare delle granate in bocca ai “Cacodemoni”
ed eseguire subito un’uccisione epica, oppure utilizzare il fucile pesante e la
modifica di precisione per distruggere più semplicemente gli armamenti in
nemici come il Mancubus o il Revenant. Oltre a ciò, ogni mod si può
ulteriormente potenziare utilizzando i punti battaglia, ottenibili uccidendo
nemici e completando delle sfide particolari durante le missioni. Quando anche
tutti i potenziamenti di una data mod saranno sbloccati, si avrà accesso a una
sfida maestria, che richiederà di eseguire più volte una precisa azione e che
sbloccherà così un ultimo bonus per quella modifica. Immancabile la classica
motosega, compagna del Doom Slayer da sempre e perfetta per squarciare i
demoni. Per quanto riguarda l’armatura la gestione è più semplice. Sempre
durante le missioni si possono trovare dei gettoni armatura, che si possono
spendere nell’apposito menù per comprare dei potenziamenti, raggruppati in
cinque categorie: ambiente, fondamentali, lanciafiamme, granate a
frammentazione e bombe congelanti. Sebbene queste abilità siano meno impattanti
delle modifiche delle armi, riescono comunque a fornire un significativo
supporto negli scontri. Ci sono poi i cristalli delle sentinelle, anch’essi
nascosti, che servono a potenziare le statistiche quali la salute, la corazza o
il numero massimo di munizioni trasportabili. Sbloccando i potenzialmente in
coppie precise, si possono ottenere ulteriori bonus che potenziano il nostro
personaggio e che migliorano il Getto Infuocato e il Pugno di Sangue, un’altra
novità di Doom Eternal, che consiste in un pugno potenziato in grado di
danneggiare tutti i nemici nelle vicinanze o di spaccare rapidamente le corazze
di nemici pesanti come il Cybermancubus. Le rune infine, in tutto nove,
rappresentano un ulteriore sussidio al giocatore migliorandone alcune abilità o
aggiungendone di nuove. Consentono ad esempio di eseguire le uccisioni epiche
più rapidamente, generare salute dalle uccisioni con il Pugno di Sangue o
sopravvivere occasionalmente a un colpo mortale. Esse non avranno bisogno di
alcun potenziamento e se ne possono equipaggiare fino a un massimo di tre. Il
titolo, durante la nostra prova si è dimostrato un prodotto adatto anche a quei
giocatori che cercano una vera e propria sfida, infatti, aumentando la
difficoltà, Doom Eternal si rivela davvero proibitivo, toccando picchi di
estremizzazione in cui anche agendo pressoché alla perfezione si può finire per
essere sopraffatti in pochi istanti. Non bastassero già i demoni introdotti nel
reboot, nel titolo fanno il loro debutto avversari come il doom hunter, bestione
coriaceo e in grado di muoversi con grande rapidità su un carrello a ruote, e
il razziatore, un nemico che vi ossessionerà e vi farà urlare di rabbia poiché
vulnerabile solo durante brevi finestre in cui sta per attaccare.

Doom Eternal si fregia anche di una divertente modalità multigiocatore,
chiamata Battle Mode. Questa coinvolge gli utenti in intensi scontri uno contro
due, schierando il DOOM Slayer contro una coppia di abomini demoniaci. Uno
scontro solo apparentemente impari, dato che il Marine può contare su una
resilienza di base ben maggiore rispetto a quella dei suoi avversari, sostenuta
dalle nuove meccaniche di “caccia alle risorse” inserite da id
Software nella ricetta ludica di questo nuovo capitolo della saga. Meccaniche
di autosostentamento valorizzate da un arsenale al gran completo, comprensivo
di tutti i moduli secondari disponibili per ciascuna delle bocche da fuoco.
Dall’altra parte della barricata, ognuno dei cinque demoni inclusi nella
selezione iniziale è dotato di specifiche capacità di movimento, attacco e
difesa, in sostanza quelle viste all’opera sui campi di battaglia della
campagna principale. Ogni partita si svolge al meglio dei 5 round in arene di
dimensioni contenute, caratterizzate da un design intelligente che offre a
entrambi gli schieramenti una buona gamma di opportunità tattiche per il
raggiungimento di un unico obiettivo: annientare il nemico. Per ottenere la
vittoria è dunque necessario mantenersi in continuo movimento, cercando di
sfruttare al meglio le caratteristiche dello scenario (teletrasporti,
piattaforme di salto, barriere, ecc.) e utilizzando ogni pezzo d’armamentario
per infliggere danni ai avversari, senza dimenticare di trarre il massimo dalle
nuove routine “puzzle combat” di Doom Eternal per mantenere salute e
armatura a livelli ottimali. In giro per la mappa non mancheranno infatti
demoni minori da convertire brutalmente in risorse per la sopravvivenza dello
Slayer, che dovrà inoltre gestire saggiamente i suoi sforzi bellici per
soddisfare senza sforzo una condizione chiave per il suo trionfo: entrambi i
contendenti dovranno morire entro un massimo di 20 secondi l’uno dall’altro,
onde evitare che quello abbattuto ritorni in vita (con metà della salute). Il
modo migliore per raggiungere lo scopo è quindi dosare in maniera assennata il
danno inflitto a ognuno dei demoni, al fine di ridurre al minimo i tempi tra
un’uccisione e la successiva, e conquistare così la vittoria del round. Dinamiche
che, esattamente come avviene nella modalità principale, richiedono abilità,
sangue freddo e grande consapevolezza situazionale, da sfruttare per comporre
alla velocità della luce strategie con un buon equilibrio tra rischio ed
efficacia offensiva. Sul fronte opposto, la priorità numero uno è mantenere un
ottimo controllo del terreno di scontro, in modo da ostacolare la corsa del
nemico con ogni mezzo possibile, costringendolo a incassare più colpi di quanto
non sia in grado di sopportare. A questo scopo, oltre al proprio assortimento
di poteri unici, ogni demone può infatti scegliere tra due set di azioni
tattiche, con abilità che permettono di evocare sul campo di battaglia alleati,
creare pericoli ambientali aggiuntivi, o attivare vantaggi di vario genere. Tutte
queste build includono inoltre un comando che impedisce al Doomguy di
raccogliere risorse aggiuntive per 3 secondi, ottimo per limitare le facoltà
rigenerative del nemico in vista del colpo fatale. Va da sé che ciascuna di
queste capacità ha tempi di cooldown coerenti con la sua efficacia, comprese
quelle che compongono la dotazione principale dei cinque demoni. Insomma, una
modalità semplice, frenetica, ma nello stesso tempo densa di meccaniche
profonde e interessanti.

Per quanto riguarda la grafica, nonostante a livello
estetico la versione di riferimento sia senza alcun dubbio quella PC, nella sua
versione console Doom Eternal non se la cava affatto male. Abbiamo provato il
gioco su Xbox One X, dove con i suoi 60 fotogrammi al secondo, fissi, ha saputo
mantenere alto il ritmo dell’azione, senza nemmeno un calo riscontrato nelle
sedici ore circa richieste per completare la campagna. Durata che tra l’altro
aumenta leggermente se si vuole puntare a un completamento al 100%. In ogni
caso l’attuale generazione di console invece si difende particolarmente bene.
Su PS4 Pro e Xbox One X il gioco è riprodotto a 60 fps praticamente granitici e
in upscaling in 4K. PS4 Pro spinge fino a 1440p (per poi upscalare), mentre
Xbox One X addirittura a 1800p. Su PS4 classica il gioco gira a 1080p a 60 fps,
mentre Xbox One e One S a 900p (upscalato fino a 1080p) sempre a 60 fps. Tutte
le versioni, tranne quella per Xbox One classica, supportano anche l’HDR. Tutto
questo elenco per dire che anche stavolta Bethesda ha svolto un gran bel lavoro
per quanto riguarda il port per console. Sessanta fps per un gioco del genere
sono veramente il minimo sindacale, e non era poi così scontato visto
l’utilizzo di un nuovo motore grafico, l’id Tech 7, ancora più ricco di effetti.
All’ultimo posto, ma non per importanza, parliamo del comparto sonoro. Al di la
del sound design di armi, ambienti e nemici che funziona egregiamente, è la
colonna sonora a meritare il maggior elogio. Se si è amanti del metal sarà
difficile non apprezzare ciò che id Software ha portato in Doom Eternal, tracce
sonore davvero esaltanti che galvanizzano non di poco tutti i vari
combattimenti. Mick Gordon, compositore ufficiale, è riuscito nell’intento di
portare l’essenza del brand in versione musicale. Un vero e proprio piacere per
le orecchie di chi gioca. Tirando le somme Doom Eternal è un vero è proprio
capolavoro. Difficilmente era possibile far meglio. Il gioco id Software e
Bethesda convince e stupisce dall’inizio alla fine, offrendo al giocatore
decine di ore di massacri continui, evolvendo il precedente capitolo in un prodotto
praticamente quasi perfetto, dove gameplay, level design, colonna sonora si
uniscono in un connubio qualitativo sorprendente. Doom Eternal è un’autentica
esperienza d’intrattenimento che punta tutto sull’azione cruda, violenta,
frenetica e semplicemente esagerata che il gioco mette davanti, facendo
immergere i giocatori in uno stile anni 90 evoluto e mai veramente dimenticato.
Il re degli FPS è tornato, lunga vita al re.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9,5

Sonoro: 10

Gameplay: 9,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise