Pubblicità, app e bonus: il mobile gaming raggiunge quota 200 miliardi di euro

Per ascoltare la musica, per restare aggiornati, per trovare la strada più veloce, per andare a correre. Il nostro smartphone è ormai pieno di app di tutti i tipi, utili e utilissime in alcuni casi, scaricate per usarle solo una volta altre. Ma ormai tutte imprescindibili. 

Il mercato delle applicazioni è in costante espansione e ci si è fiondata sopra anche l’industria del gioco. Stando infatti ai numeri Data.ai, il mobile gaming è la tendenza del presente ma soprattutto del futuro, capace di raggiungere un giro d’affari complessivo di oltre 200 miliardi di euro nel corso di quest’anno. Un progresso che è reso possibile soprattutto grazie a nuove tecniche di marketing e di pubblicità. 

Non ultima quella che fa riferimento ai bonus senza deposito. Si tratta di una strategia basica e intuitiva quanto efficace e proficua, che rientra tra le forme più comuni di bonus benvenuto: i nuovi utenti, come spiega Gaming Report, vengono attirati sulla piattaforma di gioco grazie a delle agevolazioni, come giri gratis e fun bonus. Una volta sul sito, sarà la qualità del servizio offerto, il livello di giochi e titoli, a convincerle gli utenti a rimanere, fidelizzandoli. Una tecnica di marketing, questa, che è ha fatto crescere ancora di più un’industria, quella del gioco, già di per sé in grande espansione. E che deve la sua forza soprattutto alla diffusione di smartphone e tablet. 

Ma, le app in questione non sono solo lo strumento per giocare in qualsiasi momento e in qualsiasi contesto, sono anche dei canali di comunicazione di grande efficacia. La ricerca condotta da AdColony, infatti, mette in evidenza come i consumatori siano più propensi a effettuare acquisti di prodotti che hanno visto su Google, per il 34%, su Facebook, per il 30%, oppure sulle app di gaming, per il 29%. Merito anche delle app freemium, ovvero quelle applicazioni gratuite che mettono però al loro interno delle pubblicità. Il 94% degli utenti in Giappone, Regno Unito, Stati Uniti e Germania afferma infatti di preferire una app gratuita con pubblicità rispetto ad una senza pubblicità ma a pagamento. 

Meglio ovviamente se gli annunci sono poco invadenti o, addirittura, se offrono qualcosa in cambio: se guardi la pubblicità o clicchi sopra il link puoi accedere a premi, bonus o gadget. Si tratta dei rewarded video e dei playbale ads. Per una nuova frontiera della pubblicità, capace di sfruttare canali che non avremmo mai pensato.




Metal: Hellsinger, a caccia di demoni seguendo il ritmo

Metal: Hellsinger è un titolo assolutamente fuori le righe, qualcosa di completamente inusuale che però riesce nel suo intento: divertire. Ma andiamo a scoprire perché. Senza perdersi troppo in chiacchiere, Metal: Hellsinger mette subito i giocatori nei panni della temibile Ignota, un demone alato dalla pelle rossa alla quale è stata sottratta la voce: pertanto lo scopo di chi gioca è accompagnare la protagonista nella sua traversata degli inferi con l’obiettivo di stanare la Giudice Rossa, una pericolosa creatura che regna su tutti i demoni e che è intenzionata a spedire contro il suo esercito pur di fermare chi sta dinanzi lo schermo. Fin qui tutto normale, se non fosse per il fatto che il titolo integra il fattore musicale direttamente al cuore del proprio gameplay, attraverso l’integrazione di meccaniche derivate dai rhythm game musicali più classici, da Guitar Hero in avanti. L’intuizione pare del tutto azzeccata: entrare nel giusto ritmo, con la cadenza di colpi e movimenti che meglio si adatta alla situazione, è una condizione che da sempre si vive quando ci si trova immersi in un FPS, specie se giocato a livelli impegnativi: nelle situazioni in cui quasi letteralmente non c’è tempo per pensare, si entra in una condizione in cui la memoria muscolare e l’istinto prendono il sopravvento ed è il ritmo del gioco a dettare effettivamente il passo. Metal: Hellsinger riprende a piene mani il concetto fondamentale di “azione eseguita a tempo” e lo applica ai combattimenti contro le orde nemiche. Naturalmente si è liberi di scegliere l’azione che si vuole, ma che si tratti di uno sparo, di una ricarica o di una schivata il gioco premia se essa viene effettuata in sincrono con il ritmo dettato dalla canzone in sottofondo. In caso contrario l’azione sarà ugualmente eseguita, ma risulterà meno efficace. Soprattutto, eseguendo le azioni nei tempi corretti si incrementano due indicatori immancabili in giochi di questo genere: lo “streak”, cioè il contatore delle azioni corrette eseguite consecutivamente ed il moltiplicatore del punteggio attribuito alle nostre azioni. A quest’ultimo, rappresentato nel gioco come livello della furia e che spazia dal x1 di partenza fino ad un devastante valore x16, è anche direttamente legata l’esecuzione della specifica canzone che caratterizza ciascun livello. Non bisogna aspettarsi infatti un ascolto lineare del brano dall’inizio alla fine mentre si gioca: l’arrangiamento del pezzo è dinamico e varia di intensità appunto in funzione del valore del moltiplicatore. All’inizio di un livello l’arrangiamento si limita ad sottofondo essenziale che rimane tale fino ad un incremento della Furia. Al crescere di questo valore altri strumenti vengono aggiunti all’arrangiamento e la canzone stessa progredisce nella sua struttura: il culmine viene raggiunto quando si giunge al moltiplicatore x16 ed è contrassegnato dall’ingresso della parte vocale su quello che è di fatto il ritornello del brano. Continuando a compiere azioni con la giusta tempistica si contrasta l’automatismo che porta la Furia a calare col passare dei secondi: qualsiasi azione vale per mantenere il livello del moltiplicatore, ad esempio distruggere il vasellame appositamente distribuito in vari punti dei livelli, oppure effettuare una ricarica dell’arma col giusto tempismo e quando proprio nulla è a portata di tiro è possibile sparare colpi col il fidato teschio Paz per mantenere alto il livello della Furia. Insomma, il ritmo è tutto e trovare il modo per mantenerlo costante è la chiave per compiere azioni estremamente potenti e spettacolari.

Fortunatamente in Metal: Hellsinger il contatore dei colpi consecutivi messi a segno con una tempistica corretta non degrada nel corso del tempo, ma viene riportato a zero non solo in caso di colpo fuori tempo, ma anche ogni qualvolta si subisce danno dai colpi nemici. Al progredire del contatore è collegata l’attivazione di particolari bonus, presentati dal gioco come diverse tipologie di Manna che rendono più agevole l’avanzamento nel livello ed il raggiungimento di punteggi più elevati. Un altro elemento tipico ripreso da Metal: Hellsinger è l’utilizzo di indicatori visivi per aiutare chi gioca a regolare il timing delle proprie azioni. Esattamente come in un Rock Band qualunque, l’ascolto della canzone in sottofondo rappresenta il principale punto di riferimento mentre si gioca, ma all’atto pratico tornano molto comodi gli indicatori a centro schermo che ci consentono di visualizzare anche graficamente la cadenza da rispettare. Per far sì che queste informazioni essenziali siano il più precise possibili, in Metal: Hellsinger si possono effettuare una calibrazione del ritardo del segnale audio e video, in modo che il sistema possa tenere conto dei ritardi subiti dal segnale durante il suo passaggio attraverso i diversi sistemi e periferiche. La vicenda, sviluppata dalle cut-scene che aprono ogni livello, è una classica storia di discesa agli Inferi e di redenzione. Nulla di particolarmente degno di nota, eccezion fatta per un importante plot-twist riservato a chi arriva in fondo al gioco, ma va da sé che quando si avvia Metal: Hellsinger l’idea sia soprattutto quella di menare le mani a suon di chitarra basso e batteria ed è comprensibile che gli sforzi maggiori del team di sviluppo siano stati dedicati ad altri aspetti. Il gioco si sviluppa lungo otto diversi ambienti infernali al fine di portare la protagonista a sconfiggere la Giudice Rossa, rientrare in possesso della propria voce e raggiungere la libertà. A liberare l’Ignota dando inizio alla sua vendetta è Paz(elius), un demone ridotto a forma di teschio che accompagnerà la protagonista per tutta l’avventura facendo da spalla. Paz però non si riduce a una figura di compagnia, infatti, è anche in grado di sparare colpi leggeri, oppure di prodursi in un “colpo caricato” che cristallizza i bersagli. Oltre a Paz, l’arsenale a disposizione della protagonista comprende anche Terminus, una spada dotata di un colpo potenziato che si attiva al terzo fendente consecutivo portato col giusto tempismo. Queste due armi sono molto utili per innescare un meccanismo fondamentale del gioco, il Massacro: quando un demone viene ridotto ad un livello di salute molto basso, si ha la possibilità di compiere un’esecuzione finale sul malcapitato, premendo la levetta destra, cosa che deve avvenire ovviamente a tempo rispetto alla musica. Ogni demone massacrato garantisce parecchi punti, sia nell’immediato sia contribuendo al bonus di “spettacolarità” conteggiato a fine livello, ma soprattutto genera un piccolo ma prezioso numero di frammenti di vita, essenziali per rigenerare la salute perduta negli scontri. Infatti in Metal: Hellsinger la salute non si rigenera col tempo né uccidendo nemici: l’unico modo di recuperare salute è appunto massacrare nemici, oppure distruggere uno dei rari minerali verdi collocati nei livelli di gioco e che fungono da “serbatoi di vita”. Consumare integralmente la barra della vita obbliga ad usare uno dei tre possibili respawn concessi dal gioco: alla quarta morte in uno stesso livello, è game over e tocca ricominciare il livello dall’inizio. Metal: Hellsinger mette a disposizione dei giocatori altre quattro armi, di cui si entra in possesso durante i primi livelli di gioco e che vanno a coprire l’abituale arsenale di uno sparatutto in prima persona: Persefone è la prima arma che si incontra ed è una sorta di fucile a pompa, i Mastini sono una coppia di pistole usate in dual-wield e adatte al medio raggio, ci sono poi Vulcano (un arco capace di effetti di danno ad area) ed infine Corvo Infernale, particolarissimi coltelli da lancio. Mano a mano che le armi vengono rinvenute nei livelli, entrano a far parte dell’inventario e prima di iniziare un qualsiasi capitolo del gioco si ha la possibilità di selezionarne due, quali arma primaria e secondaria. Diventa così possibile sperimentare molte combinazioni diverse, per adattare al meglio il proprio arsenale allo stile di gioco che si preferisce e alle peculiarità del livello da affrontare. Ogni arma dispone peraltro di una sua peculiare abilità speciale, che viene caricata portando a segno correttamente i colpi: una volta che l’apposita barra gialla si è riempita, la pressione del grilletto sinistro attiva l’abilità speciale.

A non averci convinto per nulla sono state le boss fight, poiché ogni singola missione si conclude con uno scontro con lo stesso nemico: cambia il setting, cambia lievemente l’estetica, ma si tratta del medesimo opponente, che va sconfitto seguendo lo stesso iter. L’unica eccezione è rappresentata dallo scontro finale, molto più coreografico e spettacolare, tanto da farci chiedere come mai non vi sia stata la volontà di creare qualcosa di simile anche nel resto della storia. Purtroppo anche la struttura dei livelli non è delle più articolate e, sebbene l’Ignota possa compiere doppi balzi e schivate aeree, sono completamente assenti le fasi di platforming e tutto si riduce a lunghi corridoi che si alternano ad arene nelle quali massacrare orde di nemici fino a raggiungere il boss finale. A livello di longevità, il semplice completamento degli otto livelli che compongono il gioco non richiede più di tre ore e, a meno che non si sia intenzionati a scalare le classifiche online o affrontare i livelli di sfida più elevati, non c’è molto altro con cui intrattenersi. L’unica alternativa sono i Tormenti, semplici sfide che consentono di sbloccare qualche potenziamento per l’Ignota e che non aggiungono molto in termini di varietà. Passando al comparto tecnico, Metal Hellsinger fa il suo senza eccellere dal punto di vista grafico. Che si tratti dei fondali o dei modelli, tutto offre un livello di dettaglio nella media delle produzioni moderne e vanta un’ottimizzazione tale da non aver cali di framerate che, in un rhythm game, possono compromettere l’intera esperienza. Abbiamo invece apprezzato particolarmente la direzione artistica, a partire dal bellissimo design della protagonista, dei demoni che popolano l’inferno e delle ambientazioni che si devono attraversare. A livello sonoro non si può non menzionare la spettacolare serie di brani che accompagnerà i giocatori nel corso dell’avventura: tra i protagonisti dell’OST di Metal Hellsinger troviamo Serj Tankian (System of a Down), Matt Heafy (Trivium), Mikael Stanne (Dark Tranquillity), Randy Blythe (Lamb of God), Alissa White-Gluz (Arch Enemy) e Tatiana Shmailyuk (Jinjer). Come se non bastasse, le splendide musiche vengono alternate a momenti in cui a fare da narratore è Troy Baker, probabilmente uno dei doppiatori/attori più popolari nell’industria dei videogiochi. Tirando le somme, questo Metal: Hellsinger è uno shooter ritmico davvero esaltante, si tratta di un viaggio infernale imperdibile per gli appassionati di FPS e heavy metal. Ma purtroppo, vista la pochezza di contenuti end game, è difficile che si voglia prolungare la propria sosta in mezzo ai demoni dopo aver raggiunto i titoli di coda. In ogni caso, il gioco è incluso anche nel catalogo di Xbox Game Pass al lancio e si tratta di un prodotto perfetto per chi deciderà di vivere questa avventura a base di metallo pesante tramite il servizio Microsoft. Se cercate qualcosa diverso dal normale Metal: Hellsinger non tradirà le vostre aspettative.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 9,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 7

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




6G, al via i test per entrare nella “tera” economy

Nonostante la connessione 5G non sia ancora diffusa su tutto il pianeta, sono già iniziati i test per il 6G, lo standard delle connessioni mobile del futuro. Il 6G promette di fornire velocità maggiore e di facilitare la continuità tra mondo fisico e digitale per lo svolgimento di molte nostre attività, anche nel metaverso. L’Intelligenza artificiale poi avrà un ruolo nella raccolta ed elaborazione dei dati. Oggi, il 5G può arrivare al massimo a 2 giga al secondo. Per la connessione di sesta generazione si parla di 1000 giga al secondo, 1 terabyte. Per questo, l’avvento del 6G è anche definito passaggio dalla “giga” alla “tera” economy. Le discussioni sulla standardizzazione della rete 6G dovrebbero iniziare intorno al 2025, la commercializzazione della tecnologia è prevista per il 2029. Rispetto alle reti 5G, il protocollo non fornirà solo velocità di trasferimento dati migliori ma anche una latenza inferiore e una maggiore affidabilità. I test sul 6G sono stati già avviati da diverse realtà. Nei giorni scorsi Lg in collaborazione con il Fraunhofer Heinrich Hertz Institute e il Fraunhofer Institute for Applied Solid State Physics ha raggiunto un traguardo: ha dimostrato la possibilità di trasmettere dati nella banda compresa tra i 155 e 175 GHz fino ad una distanza di 320 metri all’aperto, battendo il suo precedente record di 100 metri. Si tratta di un passo importante verso test del 6G in ambienti reali, visto che l’obiettivo dichiarato dello standard è poter sfruttare celle in grado di coprire, ognuna, un raggio di 250 metri per offrire velocità di connessione in teoria di 1000 giga al secondo, 1 terabyte. Concetti che permettono di pensare all’avvento di applicazioni e servizi per i quali i tempi di risposta saranno azzerati. Se oggi, quando ci si muove in ambienti di realtà virtuale vi è ancora un minimo intervallo tra l’invio di un comando e la risposta, con il 6G tutto promette di diventare più naturale, con una maggiore integrazione tra fisico e digitale. Durante la World 5G Convention che si è tenuta ad agosto ad Harbin, in Cina, Zhang Yongtao, vicedirettore generale dell’Ericsson China Technology Department ha parlato proprio di progetti a cui il 6G potrà dar seguito, come gli ologrammi. La comunicazione olografica, su cui Ericsson sta già lavorando, utilizza sensori LiDAR, come quelli degli iPhone di nuova generazione, per mappare le persone in 3D e proiettarle in ambienti virtuali a cui accedere con visori e occhialini. Un’idea che verrà presto concretizzata dal metaverso di Meta-Facebook ma che vedrà, per Yongtao, pieno sviluppo solo con la rete 6G, capace di avvicinare le due dimensioni. Inoltre secondo Matti Latva-aho, direttore del 6G Flagship dell’Università di Oulu, l’AI giocherà un ruolo fondamentale poichè dovrà evitare la congestione della rete smistando in modo efficiente l’enorme quantità di dati prevista tra 10 anni. Anche Nokia, con i suoi Bell Labs, ha più volte puntato l’interesse sulle applicazioni commerciali del 6G, in modo particolare per la salute e la medicina. L’ubiquitous computing, la presenza di dispositivi connessi perfettamente integrati con la quotidianità, darà all’uomo modo di recepire informazioni in qualsiasi istante, tramite interfacce digitali a cui sarà facile accedere. L’Italia non è estranea alle sperimentazioni sul 6G. Tim, il Politecnico di Torino, l’Università di Pisa e altri atenei stanno testando il nuovo standard, agganciandosi al programma europeo Hexa-X che fa parte di Horizon 2020. La tera economy è dietro l’angolo e prima che ce ne possiamo accorgere le nostre connessioni saranno ancora più veloci e prestanti.

F.P.L.




XIII, il “re-remake” che cancella gli errori del passato

XIII, nuova versione migliorata dello sfortunato e dimenticabile rifacimento del gioco del 2020, pubblicato originariamente nel 2003 su PlayStation 2, è disponibile dal 13 settembre su Pc, Xbox, PlayStation e Switch. La nuova versione del titolo, curata dallo studio francese Tower Five, oltre a essere disponibile per l’acquisto è uscito sotto forma di aggiornamento gratuito per tutti i possessori del remake del 2020. Per chi non lo sapesse, XIII è spirato all’omonima serie a fumetti, scritta da Jean Van Hamme e disegnata da William Vance. Il titolo nel 2003 divenne in breve tempo un fenomeno di culto per svariati motivi: primi su tutti una narrazione spy-thriller perfetta e, ancor di più, una direzione artistica squisitamente fumettistica in cel-shading in grado si spingere l’allora prodigioso Unreal Engine 2 al limite. A tutto questo si sommava un gameplay ben realizzato, non certo innovativo anche per gli standard del 2003 ma comunque abile nel bilanciare sezioni stealth e shooting, ed ecco qui che XIII riuscì a far breccia nei cuori di moltissimi utenti. La nuova versione da noi testata è quella per PS5 che offre i solidi 60 frame al secondo e una fluidità quindi maggiore rispetto a quanto visto in precedenza. Pad alla mano, il risultato è sicuramente sopra la sufficienza. La campagna per giocatore singolo offre un framerate abbastanza stabile. La versione da noi scaricata, presumibilmente già corretta dall’immancabile patch Day1, corrobora quanto dichiarato da Microids con una fluidità ragionevole dell’azione di gioco, al netto di qualche drop di frame nelle parti dove lo shooting è più frenetico o in alcuni passaggi dove la location ha un respiro maggiore come, ad esempio, la parte ambientata sulle montagne innevate. La soluzione utilizzata da Tower Five, ossia l’eliminazione di un cap massimo per i fotogrammi al secondo, porta a casa il risultato come meglio può: le aree dove il calo è evidente, per nostra fortuna, non sono comunque frequenti, e riteniamo possano essere ulteriormente stabilizzate con patch dedicate nell’immediato futuro.

Per quello che concerne il comparto sonoro, non c’è così tanto da dire se non che questa nuova versione di XIII resta fedele al titolo originale, anche perché, come dichiarato da Microids stessa, lo sviluppatore ha usato il materiale audio del 2003. Il che è un bene in termini di fedeltà e di coinvolgimento generale dell’esperienza sonora soprattutto per i gamers più attempati. Tutto questo però va n po’ meno bene per chi ha un orecchio un po’ più fine, laddove 20 anni di anzianità del prodotto si fanno sentire e, tra volume che si alza e si abbassa e qualche sovrapposizione gracchiante diciamo che qualche aggiustatina generale male non avrebbe fatto. A livello di giocabilità, buona parte delle promesse di Microids è stata mantenuta. L’IA nemica è ancora a tratti troppo altalenante, ma non c’è dubbio che sia più reattiva di quanto visto due anni or sono: le meccaniche principali di gioco, come l’attacco stealth o l’utilizzo di scudi umani funzionano in modo decisamente più preciso, registrando correttamente l’input fornito in modo da apportare un valore concreto all’intera avventura. Oltre al radar di identificazione nemico sono state ripristinate le indicazioni onomatopeiche, seppur ridotte numericamente rispetto al passato, utili a valutare pattugliamento o distanza di una sentinella. Promosso anche il menu radiale, grazie a cui selezionare armi e ammennicoli vari. Alcune cose sono ancora un po’ vintage, come ad esempio il rinculo delle armi o nemici che non si accorgono dell’esecuzione di un alleato a pochi cm dal proprio naso, giusto per citarne un paio. Tirando le somme, il remake del remake di XIII rende finalmente onore al titolo originale grazie a una direzione artistica che sì, stavolta la si riconosce davvero, un comparto tecnologico non certo perfetto ed esente da bug, ma comunque più che accettabile e, non ultimo, un gameplay stagionato ma che ha ancora qualcosina da dire. Insomma, se avete amato il titolo originale, adesso finalmente si può rigiocare in versione dignitosa.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 7

Gameplay:7

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7

Francesco Pellegrino Lise




TikTok Now, foto e video in stile BeReal

TikTok Now è un nuovo strumento pensato per intrattenere e connettere gli utenti invitandoli a catturare con le fotocam, sia quelle posteriori che le frontali per i selfie, immagini e video di quello che sta succedendo proprio in quel momento. Si tratta di una funzionalità molto in voga ultimamente, visto il successo di BeReal, un’app che è basata proprio sulla condivisione immediata di scatti e video catturati all’arrivo di una notifica sul cellulare. Su TikTok Now, ogni giorno gli utenti riceveranno una notifica che chiederà loro di girare un video di 10 secondi, o scattare una foto, da condividere con la community. I test inizieranno nelle prossime settimane, anche in Italia, dove la funzione sarà disponibile sia dall’app principale di TikTok che da quella dedicata, Now, in arrivo sugli store. Inoltre, con l’obiettivo di continuare ad assicurare la massima sicurezza e privacy alla community, i creator potranno decidere chi può vedere i loro contenuti e interagirvi, potranno bloccare altri utenti e scegliere quali commenti tenere visibili sotto i loro contenuti. Gli iscritti a TikTok under 16 vedranno, per impostazioni predefinita, la condivisione privata su Now, quelli tra 13 e 15 anni potranno ricevere commenti solo dagli amici, mentre tutti gli under 18 non potranno condividere i contenuti su Esplora. I maggiori di 18 anni avranno invece a disposizione impostazioni di condivisione aggiuntive. “In TikTok siamo sempre impegnati a studiare funzionalità che aiutino la nostra community a creare connessioni autentiche e che arricchiscano l’esperienza d’intrattenimento in app. TikTok Now verrà progressivamente distribuita in tutto il mondo nelle prossime settimane e non vediamo l’ora di scoprire come la community ci aiuterà a migliorare, arricchire e ampliarne l’esperienza” ha spiegato l’azienda.

F.P.L.




JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R, combo e mosse dall’anime al videogame

JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R (disponibile su Pc, Xbox, Playstation e Switch) non si pone come una semplice “remastered” del titolo uscito nell’ormai lontano 2014, come potrebbe far pensare la lettera R, ma una vera e propria enciclopedia per permettere ai fan di rivivere le battaglie più iconiche di tutte le 8 saghe principali con i loro personaggi preferiti. La base era comunque solida, infatti l’omonimo videogame del decennio scorso si distingueva già per un comparto grafico notevole e un gameplay molto più profondo di quanto sembrasse, anche se alcuni problemi come un netcode instabile e il limite dei 30 fps non hanno permesso al gioco di esprimere completamente il suo pieno potenziale. CyberConnect2 è comunque un nome molto noto per gli appassionati di picchiaduro basati su anime e con JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R Bandai Namco vuole riportare in auge un titolo passato forse in sordina all’epoca ma che ora può vantare di un rinnovato interesse grazie soprattutto alla serie anime trasmessa proprio da poco tempo su Netflix. Stone Ocean è entrata ormai nel vivo dell’azione, ma il gioco comprende anche le due saghe successive del manga, ovvero Steel Ball Run e JoJolion. Per chi guarda unicamente l’anime sono presenti quindi dei piccoli “spoiler” di quello che verrà, anche se la storia non è esattamente il punto forte di questa nuova produzione. Nel gioco del 2014, nonostante non fosse realizzato in maniera chissà quanto approfondita, quantomeno un minimo di riassunto degli eventi principali era presente anche solo in forma testuale, mentre in JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R gli sviluppatori hanno deciso per un restyle totale della modalità Avventura. Ogni saga presenta infatti un determinato numero di “tasselli” che si dividono in Normale, What If e Boss: i primi ci permettono di rivivere alcuni degli scontri principali realmente avvenuti nel manga, mentre i secondi come suggerisce il nome sono delle battaglie tra personaggi appartenenti a diverse serie che magari condividono un legame, e una volta superato un certo numero di tasselli si sblocca quello del Boss, ovvero lo scontro principale di ogni saga. Ogni tassello ha un diverso livello di difficolta è vari modificatori che possono alterare le regole della battaglia, applicando ad esempio bonus e malus, impedendo di usare mosse speciali e altri ancora. Inoltre sono presenti varie “missioni segrete” che ci chiedono di effettuare determinate azioni durante il combattimento, e soddisfacendo i requisiti si sbloccano oggetti e monete utili per personalizzare l’outfit dei personaggi così da renderli ancora più bizzarri. Il sistema in sé funziona, tuttavia si è sacrificato ancora di più il comparto narrativo, e l’unico accenno sono dei brevissimi dialoghi prima della battaglia, ma se si pensa di fare un ripasso delle varie saghe (o proprio non le si conoscono) al massimo si potrà trovare qualche spunto utile solo a chi invece già conosce bene la storia. Peccato perché, a nostro avviso, un minimo di trama avrebbe sicuramente reso più facile l’avvicinarsi di una fetta di pubblico più ampia. Oltre che alla modalità avventura, in JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R ci si potrà cimentare anche nella modalità Arcade, ossia una classica modalità da 8 battaglie di difficoltà crescente. Presenti anche “Sopravvivenza” ovvero, come suggerisce il nome stesso: una serie infinita di battaglie per vedere fino a quanto si riesce a resistere e una modalità Torneo ad eliminazione diretta. Presenti ovviamente anche gli scontri 1 VS 1 o 3 VS 3 in compagnia di amici in locale, contro la CPU e online. Online che oltre alle battaglie casual e classificate offre una serie di sfide settimanali che se completate permettono di sbloccare costumi e accessori esclusivi da sfoggiare, e normalmente sono dedicate ad una specifica saga o personaggio a rotazione. Il roster di JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R è notevolmente ampliato rispetto all’originale che comprendeva 41 personaggi (32 di base e 9 tramite DLC), mentre in questa versione si raggiungono i 50 personaggi e altri in arrivo considerata la presenza di un Season Pass per il supporto post lancio. Oltre quindi a tutti i lottatori del gioco originale sono presenti altri 10 personaggi inediti, ognuno con un proprio stile di combattimento e mosse uniche.

Il combat system di Jojo’s Bizarre Adventure: All Star Battle R non è cambiato molto nella sua essenza rispetto al passato nonostante siano state ora introdotte delle meccaniche molto importanti. Quella più evidente è la presenza di un personaggio Assist, che potrà intervenire in battaglia sia per attaccare che per difendere. Ogni Assist avrà un diverso numero di utilizzi a round, divisi in attacco e difesa che una volta esauriti lo renderanno inutilizzabile. In attacco il personaggio entrerà per continuare la combo o per colpire a sorpresa l’avversario, in difesa invece interromperà la combo nemica salvando chi gioca da una brutta situazione. È dunque fondamentale utilizzarlo al momento giusto, soprattutto in difesa, per riuscire a vincere uno scontro. L’altra grossa novità è il fatto che ora il titolo giri a 60 FPS. Il vecchio All Star Battle è ricordato da tutti per essere un picchiaduro che reggeva a stento i 30 FPS, penalizzando di molto la fluidità dell’azione. Adesso da questo punto di vista non ci sono problemi, dato che il frame rate si mantiene stabile in ogni situazione o stage. Per il resto, ci si trova dinanzi a un picchiaduro a metà strada tra un tipico anime game e uno Street Fighter. Jojo’s Bizarre Adventure: All Star Battle R infatti ha un sistema di controllo basato su tre attacchi, leggero, medio e forte, con la possibilità di schivare lateralmente gli attacchi, così come succede in Tekken. I comandi sono piuttosto semplici e quasi tutte le mosse sono fattibili con quarti di luna e mezzi giri nello stile di Street Fighter; è anche presente una modalità per novizi del genere, chiamata Easybeat, che consente di fare delle semplici combo con la pressione continua di un tasto, un po’ l’auto-combo già vista su altri titoli. Le combo sono gestite con il metodo classico che permette di cancellare un attacco debole in uno più forte e in più sono presenti mosse speciali che vedono il consumo della barra Heart Heat. Queste sono divise in mosse che consumano una barra soltanto oppure due o tre e sono rappresentate da spettacolari filmati che mostrano la piena potenza dei personaggi. La barra Heart Heat servirà anche per altre azioni più avanzate, come la possibilità di cancellare degli attacchi per proseguire una combo normalmente impossibile o per azioni più specifiche legate al tipo di combattente. Ogni personaggio infatti è classificato secondo il suo stile di combattimento e nel gioco ne esistono svariati. Energia Concentrica si rifà ai personaggi delle prime due serie di Jojo, che utilizzano una sorta di energia generata dal respiro per attaccare e infliggere maggiori danni ai personaggi vampiri. I combattenti potranno caricare la barra Heart Heat con la pressione di un tasto, per poi utilizzare una sorta di mossa EX delle loro versioni normali consumando solo mezza barra. Stand è invece la tipologia a cui appartiene la maggioranza dei combattenti del gioco, nonché il marchio di fabbrica di Jojo. Gli Stand sono degli alter ego dei personaggi, composti di energia psichica e con i poteri più svariati. Con la pressione di un tasto, il combattente potrà richiamare al proprio fianco il suo Stand, avendo un set di mosse diverso a seconda che questo sia attivo o meno. I possessori di Stand potranno anche sacrificare una barra Heart Heat per agire mentre il loro stand sta eseguendo un’altra mossa. Ci sono poi A Cavallo: i personaggi della settima serie, Steel Ball Run, utilizzano un cavallo durante il combattimento e possono montare e smontare a piacimento cambiando di molto il loro set di mosse. Presenti anche altri stili, come il Mode, legato agli elementi per gli Uomini del Pilastro della seconda serie, il Vampirismo o altri stili unici dedicati magari a un singolo personaggio, come ad esempio Baoh.

Come abbiamo già accennato, Jojo’s Bizarre Adventure: All Star Battle R è un picchiaduro che nelle meccaniche si dimostra più complesso dei classici giochi tratti da anime, solitamente basati su comandi semplici e azioni spettacolari, e tenta di avvicinarsi ai titoli più competitivi e tecnici, ma senza mai raggiungere quel livello di complessità. Nonostante ci siano svariate meccaniche e diversi modi di concatenare gli attacchi tra loro, questi non offriranno mai una varietà e una libertà d’esecuzione così sconfinata come in uno Street Fighter o in altri picchiaduro simili. Il titolo presenta anche qualche problema di esecuzione e posizionamento del personaggio per quanto riguarda il concatenamento di alcuni attacchi normali in mosse speciali – anche dopo il cancel, limitando ancor di più i tool di attacco di ogni combattente. Ci troviamo comunque di fronte a un buon picchiaduro, che sa divertire grazie alla follia dei suoi personaggi e d’altronde non potrebbe essere altrimenti dato che è tratto da uno dei manga con i combattimenti più assurdi mai concepiti. I fan del manga di Araki troveranno infatti un titolo che saprà soddisfare il loro amore per gli incredibili personaggi dell’opera, grazie alla fedeltà e al fanservice inserito da CyberConnect. La rosa però presenta degli sbilanciamenti piuttosto evidenti – ma d’altronde, con oltre 50 personaggi presenti, era difficile riuscire a rendere il tutto perfettamente equilibrato, e alcuni combattenti dotati di Stand presenteranno dei notevoli vantaggi grazie ai loro poteri esagerati. Dal punto di vista tecnico la principale novità riguarda sicuramente i 60 fps, che come già ribadito vanno a risolvere uno dei principali problemi del gioco originale. Finalmente si possono ammirare le rapidissime scariche di pugni di Star Platinum in tutta la loro fluidità, mentre a livello grafico si notano miglioramenti nei modelli ma non così eclatanti rispetto al passato, anche perché la base era già solida con un ottimo cell-shading che rende alla perfezione lo stile del manga. Degna di nota inoltre la presenza dei doppiatori giapponesi originali dell’anime, soprattutto per quanto riguarda i personaggi di Diamond is Unbreakable, Vento Aureo e Stone Ocean che all’epoca del gioco originale non erano ancora usciti ed avevano quindi voci provvisorie. Insomma, tirando le somme, JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R è molto più di una semplice remastered, e la mole di contenuti inediti e migliorie lo rendono un acquisto interessante per gli appassionati che potranno sbizzarrirsi con ben 50 personaggi giocabili. Il gameplay è più tecnico e profondo rispetto alla media del genere, e i 60 fps rendono l’azione sempre fluida e piacevole. È un peccato che tutte queste migliorie vengano rovinate in primis dalla totale mancanza di una trama e in secondo luogo da una scelta fallimentare in partenza per quanto riguarda la componente online, con un sistema ormai superato che non riesce a rendere giustizia ad un picchiaduro nel 2022. Il netcode “delay based” infatti è una pratica che ormai è stata abbandonata da quasi tutti i principali titoli del genere in favore del “rollback” proprio per garantire la minore latenza nei comandi. Vedere nel 2022 un picchiaduro arrivare sul mercato con un sistema così vecchio è assurdo, e il risultato infatti sono partite online al limite dell’ingiocabile. Certo qualche match specialmente con giocatori europei si salva, ma nella maggior parte delle volte quando si trovano giocatori oltreoceano o con connessioni non ottimali l’esperienza diventa semplicemente frustrante e fa passare la voglia di giocare. Quindi, il nostro consiglio è: se volete acquistare JoJo’s Bizarre Adventure: All-Star Battle R perché siete fan accaniti della saga o non siete interessati all’online, fatelo a testa bassa. Se invece desiderate un picchiaduro per mettervi alla prova anche online, allora pensateci due volte.

GIUDIZIO GLOBALE;

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 7

Longevità: 7

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




iPhone 14, tutte le novità rispetto alla scorsa generazione

iPhone 14 è stato appena presentato al mondo, ma quali sono le differenze e che cosa cambia precisamente tra le due generazioni di smartphone Apple? Quest’anno i cambiamenti non sono mancati, soprattutto con le due coppie Pro e Pro Max, ma anche i modelli standard sono stati migliorati in modo sostanziale rispetto all’anno scorso. Ricordiamo che il 7 settembre, Apple ha presentato oltre ai quattro nuovi iPhone 14, tre orologi smart come Apple Watch SE versione 2022, Serie 8 e la grande novità Ultra e anche gli auricolari Airpods Pro 2. Ma torniamo al nocciolo della situazione: che cosa differenzia il nuovo modello di iPhone rispetto al vecchio? La nuova coppia dei modelli base è formata da iPhone 14 e iPhone 14 Plus con quest’ultimo che si differenzia solo per una batteria più capace (circa il 25%) e un display che da 6,1 pollici sale a 6.7: iPhone 13 Mini da 5,4 pollici rimane per ora sullo store (come iPhone 13) come proposta compatta pescata dalla scorsa generazione. A una prima occhiata a livello di design non cambia un granché: stesse linee, notch, angoli piatti e configurazione della doppia fotocamera posteriore, ma leggendo nelle specifiche si possono apprezzare diversi miglioramenti a livello hardware. Il chip Apple A15 Bionic è leggermente più prestante ed è accompagnato da 6 GB invece che 4GB come nel 2021, oltre che da nuovi sensori e componenti per le nuove funzionalità di richiesta d’emergenza via satellite o di rilevazione collisione. Se la memoria interna rimane sempre da 128 GB, 256 GB o 512 GB e il display da 6,1 pollici non cambi risoluzione né frequenza di aggiornamento, l’occhio principale della fotocamera è più prestante soprattutto in condizioni di luce scarsa, grazie a un diaframma più luminoso (f/1.5). E per quanto riguarda i prezzi? iPhone 13 costava 939 euro per la versione da 128 GB, 1059 euro in quella da 256 GB e 1289 euro in quella da 512 GB mentre i corrispettivi modelli di iPhone 14 costano 1029 euro (90 euro in più, quindi), 1159 euro e 1419 euro con gli iPhone 14 Plus che vengono prezzati a 1179 euro, 1309 euro e 1569 euro. Di gran lunga più importanti sono le differenze nel confronto fra iPhone 14 Pro e iPhone 13 Pro visto che anche il design è stato considerato con l’abbandono del notch in favore di quella che Apple ha chiamato dynamic island con l’abbondante foro che ospita la fotocamera frontale, i sensori per il riconoscimento del volto, led di stato e pixel per animazioni. Rimangono inalterati la certificazione ip68 per la resistenza ad acqua e polvere, materiali e il resto della costruzione. Il display non cambia dimensioni, risoluzione e frequenza di aggiornamento (dinamica che varia da 1 a 120 Hz) ma ora può offrire l’always-on che mostra notifiche e informazioni salvaguardando la batteria ed è più luminoso. Dal chip Apple A15 Bionic si passa alla versione successiva Apple A16 Bionic del 40% più rapida e da 4 a 6 GB di ram, ma soprattutto c’è un salto evolutivo della fotocamera posteriore con il sensore principale che ora è da 48 megapixel per più performance e dettagli in condizioni di luce scarsa, ma anche a livello di video con Cinematic Mode a 4k e 30 fps. Il flash è più brillante e si adatta a seconda della lunghezza focale della fotocamera scelta. Gli iPhone 13 Pro e Pro Max sono usciti dallo store ufficiale, ma si possono ancora trovare nei canali di vendita esterni. I prezzi dei nuovi modelli partono da 1339 euro per il Pro e da 1489 euro del Pro Max, mentre l’anno scorso si partiva da 1189 e 1289 euro. Insomma, le differenze ci sono, specialmente nel modello Pro e Pro Max e anche quest’anno, per chi fosse interessato, la Mela ha proposto dei veri e propri gioiellini della tecnologia.

F.P.L.




TMNT The Cowabunga Collection, un tuffo nei ricordi

Teenage Mutant Ninja Turtles: The Cowabunga Collection, come si può evincere dal nome, è una raccolta dei videogame del passato che raccoglie i titoli più famosi dedicati alle tartarughe ninja. Per l’esattezza nel gioco sono presenti: Teenage Mutant Ninja Turtles (Arcade), Teenage Mutant Ninja Turtles: Turtles in Time (Arcade), Teenage Mutant Ninja Turtles (NES), Teenage Mutant Ninja Turtles II: The Arcade Game (NES), Teenage Mutant Ninja Turtles III: The Manhattan Project (NES), Teenage Mutant Ninja Turtles: Tournament Fighters (NES), Teenage Mutant Ninja Turtles IV: Turtles In Time (SNES), Teenage Mutant Ninja Turtles: Tournament Fighters (SNES), Teenage Mutant Ninja Turtles: The Hyperstone Heist (Sega Mega Drive), Teenage Mutant Ninja Turtles: Tournament Fighters (Sega Mega Drive), Teenage Mutant Ninja Turtles: Fall of The Foot Clan (Game Boy), Teenage Mutant Ninja Turtles II: Back From The Sewers (Game Boy) e infine Teenage Mutant Ninja Turtles III: Radical Rescue (Game Boy). Peraltro, alcuni di questi capitoli sono pressoché sconosciuti al pubblico, come ad esempio The Hyperstone Heist che riceve solo ora dopo 30 anni il suo primo porting. Una mole impressionante di giochi: ma come sono invecchiati, e come sono stati trasportati sulle nostre console moderne? Andiamo a scoprirlo insieme. Ovviamente è necessario fare una premessa: la qualità intrinseca dei giochi in questione è davvero grandiosa, ma ad apprezzarla pienamente saranno sicuramente di più chi in quegli anni ha avuto la fortuna di giocarli. Si tratta di una selezione di titoli davvero impressionante, e ci sono indubbiamente dei classici beat ‘em up intramontabili come Turtles In Time e quelli della sala giochi, entrambi con sprite 2D fantastici, colonne sonore meravigliosamente retrò e un gameplay che non smetterà mai di divertire. Non mancano nemmeno i picchiaduro, con le versioni piuttosto differenti SNES e Mega Drive dell’egregio Tournament Fighters. Altresì vero che la completezza invoca capitoli più controversi, come il sadico primo capitolo per NES, nonché episodi che forse appaiono più sempliciotti al giorno d’oggi, come i labirintici e platform a scorrimento laterale usciti sul primo mitico Game Boy.

La volontà di Konami di proporci pressoché ogni gioco retrò delle tartarughe ninja è davvero ammirevole, ma naturalmente non tutti i giochi sono invecchiati allo stesso modo. Ciò di cui è impossibile lamentarsi è la qualità stessa dei titoli, che non presentano nessuna smagliatura. Emulazione impeccabile per quel che riguarda grafica e performance, con persino il classico “filtro TV catodico” attivabile per dare un feeling ancor più simile al look di un tempo, controlli precisi e reattivi, e naturalmente crediti illimitati per i titoli da sala giochi. Non mancano nemmeno alcune chicche ereditate da alcuni dei migliori port di titoli 8 e 16-bit degli ultimi anni, come la possibilità di salvare e caricare un “savestate” in qualunque istante, o la fantastica feature di guardare un playthrough ufficiale degli sviluppatori del titolo, potendo entrare a partita in corso in qualunque momento. Questo permette di guardare la soluzione di ogni singolo scenario, nonché di passare rapidamente a qualunque punto dei giochi “a partita in corso”, dunque non per forza dall’inizio di un livello e con zero punti. Ci sono però due funzioni che rendono questa raccolta una delle migliori del suo genere. Il primo dei quali, purtroppo, non possiamo valutarlo appieno: si tratta del multiplayer. Se i classici per Game Boy sono unicamente single player, quasi ogni gioco arcade, picchiaduro o beat ‘em up presenta, come a suo tempo, il gioco cooperativo o competitivo fino a 2 o 4 giocatori contemporaneamente. Nulla di meglio di quattro amici sul divano che si buttano nelle fantastiche battaglie attraverso le epoche di Turtles In Time. E per quanto al momento della nostra recensione pre-lancio i server online fossero inaccessibili, confermo che ogni titolo che presenta l’opzione multiplayer online può essere giocato anche online. Una feature davvero non di poco conto, considerando che nessuno di questi giochi presentava opzioni online al tempo. L’altra feature davvero impressionante del titolo è la quantità di materiale “storico”, consultabile in qualunque momento dal menu e completamente sbloccato nella sua interezza dall’inizio. Ogni copertina dei vari giochi, ogni manuale riprodotto fedelmente, una marea di foto promozionali, scansioni di riviste di videogiochi d’epoca, pubblicità… c’è persino un player per poter liberamente ascoltare ogni musica di ciascun gioco, nonché copertine dei fumetti delle tartarughe ninja e persino scatti dalla longeva serie animata. Molto del materiale incluso non è mai stato reso pubblico prima d’ora, tra cui artwork originali legati allo sviluppo dei titoli in questione. Non è solo una lettera d’amore per i numerosi giochi dell’epoca riproposti qui, ma anche per le tantissime avventure anche in altri ambiti delle tartarughe più amate di sempre. Il prezzo di lancio (34,99 Euro per la versione digitale e 39,99 per quella fisica) è sicuramente più alto della media per quel che riguarda raccolte di questo tipo, ma la troviamo una cifra onesta per quelli che sono 13 titoli in tutto, seppur alcuni siano solamente versioni differenti dello stesso gioco. Aggiungiamo poi la presenza completa del multiplayer locale e online, la qualità impeccabile dei port nonché la vera e propria enciclopedia in-game dell’universo delle tartarughe ninja, e Teenage Mutant Ninja Turtles: The Cowabunga Collection diventa indubbiamente un cimelio immancabile nella collezione di chi è cresciuto con questi giochi, ma anche un reperto storico ricco e completo per chi invece voglia scoprire un vasto mondo di beat ‘em up, picchiaduro e platform bidimensionali che ancora non conosceva. Sia che giochiate su Pc, Su Xbox, Su PlayStation o su Switch,la TMNT The Cowabunga Collection è un titolo che non potete lasciarvi scappare. Grsazie ad essa sarà possibile ritornare bambini o far vedere ai propri figli come ci si divertiva alla loro età. In parole povere è un’operazione nostalgia che funziona al cento per cento.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica. 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Motorola lancia 3 nuovi smartphone Edge 30 in Italia

Motorola annuncia il lancio di tre nuovi smartphone della linea Edge: Edge 30 ultra, Edge 30 fusion e Edge 30 neo. Sono stati presentati nel corso di un evento internazionale svoltosi a Milano, durante il quale è stata annunciata anche la partnership con Pantone, riferimento mondiale per brand e designer di tutto il mondo. Dei tre modelli, Ultra è il primo smartphone al mondo con fotocamera da 200 megapixel. “La scelta dell’Italia come teatro di questo lancio di rilevanza globale testimonia la centralità del nostro Paese nella strategia di crescita di Motorola – spiega l’azienda – che prevede di incrementare gli investimenti sul territorio per acquisire ancora maggiore visibilità e dare seguito al trend positivo degli ultimi anni”. Oltre alla fotografia, Motorola Edge 30 ultra ridisegna gli standard di ricarica rapida, visto che è possibile ottenere energia per tutta la giornata in soli 7 minuti5 grazie alla ricarica TurboPower da 125 W. Il telefono è inoltre dotato di luci sui bordi, che si illuminano in modi diversi per segnalare una notifica, una telefonata in arrivo o una sveglia programmata. Dal packaging sostenibile al design dei prodotti, fino alla riduzione delle emissioni di carbonio, Motorola si è impegnata a utilizzare il 60% di materiali riciclati e il 50% in meno di plastica monouso nell’imballaggio degli smartphone entro l’anno fiscale 2025/2026. In quest’ottica, i nuovi dispositivi Motorola Edge arrivano con una confezione priva di plastica che presenta una stampa con inchiostro di soia naturale e utilizza oltre il 60% di materiali riciclati post-consumo.

F.P.L.




SD Gundam Battle Alliance, il mashup definitivo

SD Gundam Battle Alliance è un mashup di quasi tutte le serie Gundam esistenti ed è disponibile su Pc, Xbox, PlayStation e Switch. L’avventura vedrà i giocatori vestire i panni del Comandante Alka Adonis – nome personalizzabile a piacimento – che, alla guida dello Squadrone Gatheroad, ha il compito di raccogliere dati utili alle migliorie delle unità GM durante la Guerra di Un Anno. Improvvisamente, però, prima ancora di poter festeggiare con lo squadrone la corretta riuscita di una missione, il protagonista viene strappato dalla sua linea temporale e portato in un luogo chiamato Universo-G, nel quale si intrecciano diverse linee temporali “storiche” del franchise. Qual è il motivo di questo apparente rapimento? Le linee temporali si sono danneggiate e si stanno verificando delle anomalie e toccherà al giocatore viaggiare tra la storia delle produzioni animate di Gundam e sistemarle. Questo significa mettere a ferro e fuoco migliaia di Mobile Suit diversi a colpi di Beam Saber. La storia in sè è per gran parte dimenticabile e piena di termini fantascientifici un pò traballanti che non significano nulla, ma funge da veicolo per far viaggiare il giocatore attraverso le varie missioni e, in un certo senso, fa il verso a tutto l’universo Gundam nel suo complesso. Come accennato qualche riga in alto, nelle Anomalie si rivivono alcuni momenti iconici nei diversi anime di Gundam, solo che ci sono Mobile Suit e personaggi fuori posto, che spesso dovrete combattere o difendere. La storia si sviluppa tra uno stage e l’altro e, durante gli stessi, attraverso una serie di ridondanti dialoghi tra i vari comprimari e le intelligenze artificiali. Qualche volta si potrà persino intervenire nella conversazione, scegliendo una risposta che, però, non ci è sembrato cambi in modo significativo la narrativa. Per ogni Anomalia, a un certo punto, si sblocca anche il corrispondente stage Reale. Queste missioni sono le vere chicche per i fan, dato che permettono di rivivere la storia originale senza interferenze, in compagnia dei protagonisti autentici che scambiano con alleati e avversari le stesse battute degli anime di riferimento. Quelle in game sono missioni mordi e fuggi, della durata di non più di 5-10 minuti ciascuna, che a tratti sembrano molto più adatte a un’esperienza mobile come quella che offrirebbe la versione Nintendo Switch, che però non abbiamo avuto occasione di testare. Noi abbiamo giocato su PlayStation 5, riscontrando caricamenti pressoché istantanei tra missioni e quartier generale, in realtà una modesta interfaccia che consente di accedere a diverse schermate e servizi di personalizzazione. È chiaro, però, che SD Gundam Battle Alliance è una produzione cross-gen, che infatti è disponibile anche in versione PlayStation 4, e perciò non sfoggia chissà quale comparto tecnico spaccamascella. Fortunatamente lo stile Super Deformed non ambisce al realismo e alla ricerca del dettaglio sfarzoso, nascondendo le eventuali imperfezioni grafiche dietro i modelli 3D tozzi ma particolareggiati e animati più che dignitosamente. Attingendo a oltre venti serie animate, SD Gundam Battle Alliance offre anche un’importante varietà di musiche originali, ambientazioni e Mobile Suit che tendono a soffocare la sensazione di ripetitività che si verifica inevitabilmente una volta affondati gli artigli nella sua ossatura vera e propria.

Il cuore di SD Gundam Battle Alliance è la semplicità, con un sistema di controllo intuitivo che permette di divertirsi immediatamente sfoggiando con naturalezza combinazioni di colpi, launcher, attacchi aerei, a distanza e ad area, senza tralasciare un buon numero di tecniche speciali. Il livello di difficoltà ottimamente levigato fa il resto, lasciando al giocatore il tempo per far pratica nelle prime missioni, solo per rivelare una certa cattiveria andando avanti. Al netto della dimenticabile narrazione, quello che farà gola ai fan è la possibilità di comandare circa quaranta (a cui se ne aggiungeranno altri tramite i già annunciati DLC) Mobile Suit, splendidamente caratterizzati con un irresistibile stile chibi e sufficientemente diversi l’uno dall’altro. Sostanzialmente si distinguono in tre categorie dedicate rispettivamente al corpo a corpo, alle armi da fuoco e a un approccio bilanciato, differenziate anche per particolari abilità attivabili attingendo a un indicatore secondario con cui iniziare a sbizzarrirvi una volta presa la mano, attivando super armor, interrompendo le le combo con rapide schivate o ricaricando istantaneamente tutti i sistemi d’attacco. SD Gundam Battle Alliance nasconde dunque una discreta profondità da assimilare con calma, giacché le sue rapide sortite servono anche a collaudare i tanto ambiti robot. Per conquistarli c’è però un po’ da sudare, dato che verranno assemblati solo una volta raccolto il quantitativo richiesto di progetti, solitamente custoditi dai boss di turno. Se i normali nemici rappresentano la proverbiale carne da cannone, questi formidabili avversari vantano ingenti quantità di punti ferita, colpiscono durissimo e hanno attacchi impossibili da interrompere, uno scenario in cui il lavoro di squadra diventa imperativo. Certo, i Mobile Suit possono essere potenziati investendo in quattro parametri (punti ferita, corpo a corpo, attacco a distanza e booster, valore indispensabile per ampliare le azioni prima di restare a secco) e installando componenti forieri di vantaggi vari, così com’è vero che il pilota può salire di livello imparando utili abilità, ma credeteci, da soli bisognerà sudare molto per avere la meglio. È possibile giocare online con un sistemi di filtri in tutto e per tutto simili a quelli di Monster Hunter, organizzando sortite focalizzate sulla storia o sul recupero di componenti e denaro, ma se siete lupi solitari potete sempre schierare due robot comandati dalla CPU che offriranno anche determinati bonus, attivi a seconda dell’affiatamento che intercorre tra di loro nelle rispettive serie animate. I compagni possono anche rimettere in sesto il mobile suit qualora aveste terminato i kit di riparazione che ci si porta dietro in ogni missione, quindi non c’è davvero nessuna scusa per avventurarsi in un assalto suicida.

I tantissimi Mobile Suit a disposizione si dividono fondamentalmente in tre ruoli – Universali, Cecchini e Lottatori – che determinano le loro competenze specifiche. Come si intuisce dai nomi, quelli Universali sono veri e propri jolly, i Cecchini se la cavano meglio con le armi a distanza mentre i Lottatori sono inarrestabili in mischia. Gli archetipi sono importanti per identificare lo stile di combattimento di un certo Mobile Suit, ma nulla vi impedisce di potenziare le armi a distanza di un Lottatore o, viceversa, gli attacchi in mischia di un Cecchino. Le abilità speciali chiamate Azioni ruolo, tuttavia, conferiscono bonus specifici, ed è qualcosa che bisogna tenere a mente quando si compone la squadra negli stage più avanzati. Nonostante sia possibile scegliere tra due livelli di difficoltà – Facile e Normale – alcuni stage possono rivelarsi più tosti del dovuto, soprattutto perché i nemici tendono ad accerchiare il giocatore o a bersagliarlo da posizioni sopraelevate non facilmente raggiungibili, proprio per questo consigliamo sempre di giocare scortati da amici o bot. Una volta nell’arena di gioco di base ci si muove nell’ambiente 3D ricorrendo ai propulsori per scattare o saltare, tenendo sempre a mente che si ricaricano nel tempo. Oltre a un’arma a distanza generica e predefinita, ogni Mobile Suit può attaccare con due colpi in mischia e concatenarli in semplici combo che però, eseguite con un certo tempismo e nell’ordine corretto, consentono di proiettare i nemici in aria e di prolungare la catena di attacchi. Una serie di manovre speciali, come l’attacco Spezzacatena, le parate e le schivate perfette danno al sistema di combattimento un sapore più tecnico, e ci sono scontri, soprattutto contro determinati boss, in cui bisogna sfruttare ogni possibilità per vincere. I boss solitamente sono protetti da meccaniche come la Barra equilibrio, che impedisce di lanciarli, o le Barriere anti-laser, che assorbono un certo numero di danni a distanza, che devono essere aggirate, pena il Game Over. Fortunatamente, oltre alle combo normali e alle armi da fuoco, ogni Mobile Suit dispone anche di due Armi secondarie che dipendono dal ruolo e che solitamente investono proprio sulle sue capacità principali. Ogni Arma secondaria dipende da una riserva che si ricarica nel tempo, e può essere concatenato in certe combo sfruttando le manovre più sofisticate, come le cosiddette interruzioni rapide, che nei picchiaduro chiameremmo più comunemente “cancel”. A chiudere il cerchio ci pensano infine le ASP, praticamente le super mosse che sono lentissime a caricarsi, ma che una volta attivate infliggono danni enormi ai bersagli con tanto di scenetta d’intermezzo. Come avrete intuito, insomma, il sistema di combattimento di SD Gundam Battle Alliance è tutt’altro che banale e può dare non poche soddisfazioni, ma i controlli non proprio reattivi e la telecamera disfunzionale, che tende spesso ad andarsene per i fatti suoi, costringendoci a riposizionarla manualmente ogni volta, rappresentano una vera e propria spina nel fianco. Tirando le somme, sebbene la maggior parte delle missioni si riduca a sconfiggere ondate di nemici, Battle Alliance fa un buon lavoro per movimentare le cose con battaglie contro i Boss e, nonostante la scarsa intelligenza dei compagni IA, il tutto è giocabile in cooperativa – cosa che consigliamo vivamente. Dopo anni di arena fighter e sequel poco brillanti, come New Gundam Breaker, questo SD Gundam Battle Alliance sembra la boccata d’aria fresca di cui il franchise aveva bisogno. Se amate l’universo di Gundam e siete disposti a passar sopra allo stile super deformed dei robot, allora siamo certi che avrete tantissime ore di divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 8

Gameplay: 8

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Huawei presenta tutte le novità all’Ifa di Berlino

Huawei presenta gli smartphone Nova 10 e 10 Pro, il portatile MateBook X Pro, il tablet MatePad Pro 11 e lo smartwatch WATCH D che misura la pressione all’Ifa di Berlino. “Ci siamo concentrati su un hardware dal design accattivante, su un software che offre un’esperienza senza soluzione di continuità su più dispositivi e su prestazioni fotografiche adatte alle esigenze degli utenti di oggi. Dalla salute e il fitness all’intrattenimento e alle soluzioni per lo smart office, continuamo a spingerci oltre i limiti e a portare innovazioni tecnologiche sorprendenti ai nostri milioni di fedeli fan in tutta Europa”, ha spiegato lliam Tian, Presidente di Huawei CBG per l’Europa occidentale.

Nova 10 e nova 10 Pro – I nuovi smartphone sono stati sviluppati con un occhio alle ultime tendenze della fotografia. Entrambi i dispositivi – spiega la società – vantano una fotocamera frontale Ultra-Wide Angle da 60MP in grado di catturare video in 4K; Nova 10 Pro è dotato di una fotocamera aggiuntiva da 8MP per ritratti e primi piani cristallini. Entrambi i dispositivi montano, inoltre, una serie di specifiche progettate per ispirare le nuove generazioni, tra cui una fotocamera posteriore da 50MP con elaborazione avanzata delle immagini, un’elevata frequenza di aggiornamento dello schermo e la possibilità di ricarica rapida. Nova 10 Pro misura solo 7,88 mm e il Nova 10 ancora più sottile da 6,88 mm.

MateBook X Pro – Racchiude una serie di funzionalità in una finitura metallica opaca. L’utilizzo di leghe di magnesio leggere e resistenti e il processo di rivestimento a Micro-arc Oxidation rendono il portatile estremamente leggero, 1.26kg. Ha un display FullView da 14,2 pollici 3,1K e vanta il touchpad avanzato. Free Touch supporta otto innovativi controlli gestuali, tra cui screenshot, luminosità, regolazione del volume. Dotato di un processore Intel Core di 12/ma generazione, il chipset presenta una nuova architettura ibrida, più efficiente del 60% rispetto al suo predecessore. Il nuovo sistema di raffreddamento Shark Fin Fan consente a MateBook X Pro di funzionare in modo efficiente per un periodo prolungato.

MatePad Pro 11 – Ha un telaio in lega di magnesio e uno schermo OLED FullView da 11 pollici con risoluzione di 2560×1600 pixel e refresh rate di 120 Hz. Grazie allo spessore ridotto delle cornici (4,2 millimetri), Huawei ha ottenuto uno screen-to-body ratio del 92%. La certificazione TÜV Rheinland Full Care Display 3.0 conferma la presenza di un filtro per la luce blu. A bordo il processore Snapdragon 888 o Snapdragon 870, 8/12 GB di RAM e 128/256 GB di storage. La connettività è garantita dai moduli Wi-Fi 6, Bluetooth 5.2, GPS, Galileo e NFC. Sono inoltre presenti due fotocamere posteriori da 13 e 8 megapixel, fotocamera frontale da 16 megapixel, sei altoparlanti, quattro microfoni, porta USB Type-C.

Watch D – Il dispositivo include un sistema innovativo per la misurazione della pressione sanguigna, un indicatore critico per la salute generale. Sarà lanciato sul mercato europeo come dispositivo medico certificato – spiega Huawei – in modo che gli utenti possano fidarsi dell’accuratezza delle informazioni che ricevono dal loro dispositivo indossabile. Sarà dotato di una funzione di elettrocardiogramma (ECG) certificata dal punto di vista medico, test per registrare il ritmo e l’attività elettrica del cuore. Parallelamente al lancio di WATCH D, Huawei renderà disponibile la funzione ECG con certificazione medica anche su WATCH GT3 Pro in alcuni Paesi europei.

F.P.L.