Destiny 2 L’Eclissi, l’MMO sci-fi di Bungie si evolve

Destiny 2 L’eclissi è l’ultima corposa nonché importantissima nuova espansione dedicata al popolarissimo MMO sci-fi targato Bungie per Pc, Xbox e PlayStation. Prima di parlare però dell’inizio della trama di questo nuovo capitolo della storia, è necessario fare una piccola ma importante premessa: Destiny 2 è un titolo che ha diversi anni sulle spalle, un titolo che ha fatto del mondo di gioco e della sua narrativa una parte importante della struttura stessa del titolo. L’Eclissi, come i fan più informati sanno, sarebbe dovuta essere l’espansione che avrebbe dovuto chiudere in bellezza una storia che viene raccontata da diversi anni e quello che tutti si aspettavano era un finale con cliffhanger totale che catapultasse i giocatori senza pietà nel terzo capitolo della saga. Bene, non è così, in quanto la “chiusura narrativa” del titolo non è questa, ma anzi il finale fa capire che ancora c’è dell’altro. Insomma, Destiny 2 L’Eclissi è da considerarsi come l’inizio della fine, il momento precedente all’epico finale dello scontro tra Luce e Oscurità narrato da ormai moltissimi anni nella lore di Destiny 2. Si parla di “precedente” perché Bungie ha già reso noto che ci sarà un’ultima espansione – probabilmente in arrivo a inizio 2024 – che metterà fine al conflitto tra il Viaggiatore e il Testimone, chiamata “The Final Shape”. Le premesse sembrano quindi far riferimento a un piano di pubblicazione che ricorda molto il rapporto di Infinity War ed Endgame perché, di fatto, L’Eclissi non è altro che la prima parte dell’atteso epilogo. La storia di questa nuova espansione ha inizio proprio da dove era finita l’ultima stagione: il Testimone è finalmente venuto allo scoperto, e con lui la sua flotta di piramidi nere. Di fronte al Viaggiatore, che si è trovato costretto a farsi avanti per combattere la sua nemesi universale, l’antagonista della storia appare decisamente più potente, quasi imbattibile. Comincia così lo scontro finale tra le forze della Luce e quelle dell’Oscurità, che porteranno il protagonista sulla superficie di Nettuno. Qui il Guardiano e Osiride scopriranno Neomuna, una spettacolare città formata da umani scappati al Crollo – un evento apocalittico che ha quasi sterminato l’umanità – che si ritrovano ora coinvolti nella guerra. Le fasi successive della storia ci porteranno a conoscere altri personaggi, dei Solcanuvole chiamati Rohan e Nimbus, che hanno il ruolo di proteggere la città e soprattutto la rete che connette tutti i suoi abitanti. Sin dai primi momenti su Neomuna si viene a conoscenza di due elementi fondamentali della trama: NuvolArk, una sorta di metaverso digitale dove risiedono tutti i cittadini e le loro menti; e il Velo, un’entità mistica che, secondo i protagonisti della storia, è di estrema importanza. Proprio quest’ultimo pare avere una valenza simile a quella del Viaggiatore, secondo quanto riferito dallo Spettro del Guardiano, motivo per cui è lecito pensare che sia una delle componenti più importanti della trama. Al contrario, purtroppo non viene mai specificato nulla di chiaro riguardo il Velo, che rimane ad oggi uno dei più grandi misteri irrisolti della storia de L’Eclissi ma che potrebbe avere un ruolo centrale nella prossima espansione.

A lasciare con il fiato sospeso c’è il fatto che, al completamento della campagna, si resta letteralmente appesi dato che dal momento che gli eventi che compongono il finale della storia sono troppo frettolosi si capisce davvero poco. In una manciata di minuti, tra scene pre-renderizzate e altre in-game, hanno luogo una serie di situazioni e disastri che hanno un impatto importantissimo sull’universo di Destiny 2 ma che, per colpa della rapidità degli eventi, non riescono ad avere il peso emotivo che avrebbero potuto trasmettere. A causa anche di una notevole brevità generale della campagna, non abbiamo potuto che notare come la storia risulti castrata, probabilmente per lasciare più spazio a The Final Shape per il 2024. A rendere il tutto meno emozionante, poi, c’è ancora una volta la presenza di Calus che, sebbene sia tra le figure che più ci si aspettava di poter combattere, purtroppo non regge il confronto con altri nemici affrontati in passato, come Eramis Kell o Savathun la Regina dei Sussurri. Calus si presenta sempre come un mero burattino del Testimone, sebbene continui a portare avanti la sua sfrenata voglia di ricchezze. L’ingordigia del personaggio viene così soddisfatta dai poteri dell’Oscurità, e così ottiene una forza a dir poco smisurata, impostandosi senza troppi problemi come uno dei nemici più temibili della storia di Destiny 2. È un peccato che resti un personaggio vuoto, stabile sui suoi ideali mostrandosi privo di una vera e propria caratterizzazione. Un discorso analogo potrebbe esser fatto per gli altri personaggi con rare eccezioni. Osiride si mostra inizialmente più pavido e scontroso del solito, e per tutta la durata della campagna tenterà di impostarsi come un mentore per il Guardiano, guidandolo nell’utilizzo della nuova sottoclasse, la telaoscura. Di Rohan non diciamo nulla, dato che purtroppo ha un ruolo estremamente marginale all’interno della storia e compare in rarissime situazioni. Nimbus è invece uno dei pochi casi dove notiamo sia un carattere scherzoso, quasi infantile, sia una vera e propria evoluzione: un evento lo porterà ad avviare un cambiamento interiore, dal momento che maggiori responsabilità cominceranno a gravare sulle sue spalle. Inoltre, sarà una figura importante per il protagonista sia perché è la figura chiave della destinazione di Neomuna, sia perché accompagnerà i giocatori in quasi ogni missione della nuova campagna. Uno dei più grandi pregi de L’Eclissi è che quasi ogni singola missione della storia trasuda unicità, con risultato una campagna variegata come poche altre. Certo, ci sono momenti di stallo in cui è necessario soltanto spostarsi per un’area e arrivare a combattere il boss, ma anche in quei casi il level design garantisce un’esperienza sempre inedita. Tra fasi in cui bisogna scappare tra centinaia di nemici con l’astore, vere e proprie guerre in cui si lotta con degli alleati cabal, addestramenti creati ad-hoc da Osiride per padroneggiare la sottoclasse, la campagna di Destiny 2 L’Eclissi si è rivelata essere divertente nel complesso e impegnativa (soprattutto nelle fasi finali delle ultime due missioni) se giocata al livello difficile in solitaria. Va detto anche che Bungie ha lavorato molto sul bilanciare il livello di sfida: adesso non si può più semplicemente correre verso il boss di fine missione bruciando tutte le tappe possibili. I livelli di potere richiesti per ogni singola fase della campagna sono sempre più elevati e bisogna impegnarsi per trovare armamento di punta nel caso in cui non si abbia giocato alle precedenti espansioni e non si abbiano armi chiave su cui infondere il potere per farle aumentare di livello. Combattere con armi di livello raro o leggendario “a caso” è sicuramente un bel problema rispetto a chi possiede già sul proprio personaggio armamento esotico o armi “rollate” con i perk giusti per massimizzare le performance sul campo.

Ma parliamo di novità: uno dei pregi di Destiny 2 L’Eclissi è quello di concentrarsi sullo snellire tutta una serie di meccaniche articolate che rendevano l’esperienza di gioco macchinosa e poco intuitiva. Il buildcrafting che si divide in due rami: creazione di preset e gestione delle mod è davvero ben fatto e velocizza di molto il flusso di gioco. Si possono, infatti, creare dei preset dedicati a varie attività che salvano ed equipaggiano con un clic i pezzi di equipaggiamento con le relative mod che avete dedicato a quella attività e/o build. Proprio la gestione delle mod ora è molto più intuitiva con diversi cambiamenti che si legano alla natura del danno (stasi, vuoto, telascura, arco e fuoco) e soprattutto all’artefatto stagionale che ora rende perennemente attive le mod sbloccate. Insomma profondità maggiore per chi vuole esplorare di più il lato ruolistico e più intuitività per chi si approccia in maniera più casuale. Discorso diverso vale invece per Neomuna e la Telascura. Dal punto di vista narrativo i due fattori sopracitati sembrano un corpo estraneo alla narrativa, non si capisce bene come e perché siano state buttate nel calderone senza un approfondimento. La città è vuota, spoglia, distrutta e poco offre a chi si aspettava finalmente una città viva con la disperazione degli abitanti invasi da una forza aliena misteriosa. A livello di art design, il carattere di Neomuna è molto piacevole sebbene stoni rispetto ai temi più cupi e misti al fantasy che Destiny e il suo sci-fi ha finora proposto. La Telascura invece è tanto divertente da utilizzare quanto poco contestualizzata. Per via dei suoi lunghi cooldown è sicuramente un passo indietro rispetto alla Stasi, ma resta il fatto che il coraggio di Bungie nel rivedere il sistema di movimento con l’introduzione del rampino va apprezzato. Le attività proposte in città purtroppo sono un grande calderone di cose già visto e di novità che alla fine dei conti risultano un mix piacevole di missioni. Assalti (che in alcuni casi hanno subito un restyle) e attività stagionali restano piacevoli da giocare e da affrontare, così come le missioni esotiche. Discorso identico per le nuove armi e le nuove armature. In generale L’Eclissi offre uno stile molto cyberpunk, vaporwave che tra qualche picco di creatività e qualche scivolone si attesta su un valore tutto sommato buono. Da elogiare i Tormentatori, guizzo davvero degno di nota tra le fila dei nemici che danno filo da torcere ai giocatori. Difficili da battere ricchi di novità in termini di movimenti e affascinanti.

Discorso simile per il Raid Radici dell’Incubo. L’attività principe dell’end-game è risultata bellissima a livello di ambientazione e stile artistico delle armi e delle armature, ma poco stimolante dal punto di vista della longevità e delle meccaniche. Il raid è risultato il più completato di sempre nelle prime 48ore da quanto esiste Destiny, con perfino attiva la modalità contesa. Peccato invece per quanto riguarda il design del boss finale che appare come un’evoluzione di un tormentatore. Sicuramente si poteva fare di più, ma nel complesso l’esperienza è positiva. Menzione d’onore va fatta alla colonna sonora, che ancora una volta dimostra l’incredibile bravura di Michael Salvatori, Skye Lewin. Tra il tema principale e altri importanti brani come “Battle Ready”, tutte le canzoni di Destiny 2 L’Eclissi trasudano la cura dell’impianto sonoro da parte dei compositori. La presenza di parti che si rifanno ad altre canzoni di espansioni passate all’interno dei brani de L’Eclissi non è altro che una frecciatina al passato del titolo, cosa che ci ha fatto davvero molto piacere e che siamo sicuri farà venire la pelle d’oca ai fan più affezionati del brand. Tirando le somme, Destiny 2 L’Eclissi è sicuramente una buona espansione, certo non è priva di difetti e alcune meccaniche nuove possono piacere come non piacere, ma è assolutamente innegabile che anche stavolta Bungie abbia proposto un universo ricco di attività da condividere con i propri membri del clan, ma anche con giocatori casuali. Purtroppo, vista la natura MMO della produzione resta ancora difficile divertirsi in solo, ma anche in quel caso, per quanto riguarda le attività affrontabili in single player la sfida resta di buon livello. Ovviamente chi ha giocato ogni espansione del gioco si troverà avvantaggiato rispetto a chi decide di partire da L’Eclissi, ma per fortuna la community generalmente è abbastanza ben disposta nell’aiutare i nuovi giocatori a trovare un clan attivo e a comprendere la storia e le dinamiche dell’universo di Destiny 2.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Gameplay: 9

Sonoro: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




ChatGpt-4, Microsoft pronta ad integrarla su Bing

Microsoft in tempi brevi dovrebbe integrare ChatGpt-4, l’ultima versione del software diventato trend tecnologico del momento, sul suo motore di ricerca Bing. A dare l’anticipazione della notizia è stato Andreas Braun, CTO Microsoft Germany, nel corso del suo intervento ad “AI in Focus – Digital Kickoff” che si è tenuto in Germania venerdì scorso.” Introdurremo Gpt-4 la prossima settimana. E in questo modo avremo modelli multimodali che offriranno possibilità completamente diverse, ad esempio la comprensione dei video”: avrebbe affermato Braun, come riporta il sito tedesco Heise Online. Il 16 marzo, Microsoft terrà l’evento “The Future of work with AI”. Uno dei protagonisti della conferenza potrebbe essere proprio la nuova versione di ChatGpt. Il manager tedesco ha sottolineato come il software sarà in grado di tradurre in maniera più appropriata e sempre più precisa, testi in lingue differenti: “La tecnologia è arrivata molto lontano e praticamente funziona in tutte le lingue. Puoi fare una domanda in tedesco e ottenere una risposta in italiano. Con la nuova versione, Microsoft renderà i modelli di intelligenza artificiale ancora più completi”. Le opportunità di interazioni ‘multimodali’ anticipate da Braun si riferiscono alla capacità dell’AI di interagire con gli utenti con diverse tipologie di contenuti come testi, immagini, video e suoni. La generazione attuale di ChatGpt, identificata dal numero 3 (ChatGpt-3) può rispondere alle domande solo sotto forma di linguaggio scritto. Grazie all’integrazione della piattaforma sviluppata da OpenAI, su cui Microsoft ha investito circa 10 miliardi di dollari solo quest’anno, Bing ha raggiunto i 100 milioni di utenti giornalieri. E General Motors, secondo Reuters online, starebbe valutando la possibilità di usare ChatGpt nelle auto, per aumentare gli usi dei computer di bordo, proprio grazie ad una collaborazione con Microsoft.

F.P.L.




Wo Long: Fallen Dynasty, il soulslike ambientato nella Cina medievale

Wo Long: Fallen Dynasty, la nuova avventura d’azione di Team Ninja, è un titolo veramente difficile da valutare. Gli sviluppatori dietro questo dramma fantasy cinese mescolano molti elementi interessanti che danno vita a un’avventura complessa, sicuramente non esente da difetti, ma che nel complesso riesce a nostro avviso nel suo intento, ossia garantire una sfida adeguata a tutti quei giocatori che vogliono mettersi alla prova con combattimenti complicati. Wo Long: Fallen Dynasty è ambientato nel 184 d.C., un periodo che vide la Cina impegnata con la rivolta dei Turbanti Gialli. Si tratta di un evento a livello storico molto importante, cruciale per la dinastia Han, che vide il proprio declino iniziare a terminare in quella rivolta che venne sì repressa, ma che permise all’epoca dei Tre Regni di iniziare e fiorire. A far scattare la scintilla fu la rivolta dei contadini che decisero di ribellarsi al potere: erano circa 300.000 di loro e pretendevano che venisse instaurato un regime egualitario, annullando quel mandato del cielo che aveva messo la famiglia Han al governo. La rivolta riuscì a estendersi in tutta la Cina, coinvolgendo l’intera nazione e cambiando per sempre la storia del popolo cinese negli anni a venire. L’evento vide come protagonisti numerosi soldati che fecero la storia della Cina e che Wo Long celebra riportandoli in vita, in una forma più epica e molto più videoludica, con l’intento di dare loro il giusto peso che meritano nella storia: parliamo di Cao Cao, nonché di Zhang Jiao, fino all’eremita Hong Jing, tutti pronti a fornire supporto in battaglia e fare in modo che l’intervento del protagonista possa essere finalizzato al debellare una piaga che Team Ninja ha deciso di proporre all’interno del costrutto narrativo: dei demoni nati dall’Elisir, una droga che è stata capace di dare dei poteri sovrumani a chi decide di assumerla. Va da sé che ci troviamo dinanzi a un pretesto narrativo che non fa dell’intreccio narrativo la parte più interessante: Wo Long infatti ha nel gameplay la propria forza, la propria prestanza, la propria unicità. Wo Long: Fallen Dynasty, come detto, basa la sua esperienza sul gameplay e sul combat system. Nelle circa venti ore impiegate per portare a termine la main quest, quindi senza prendere in considerazione tutte le missioni secondarie abbiamo imparato a padroneggiare le novità che Team Ninja ha inserito nel suo ultimo titolo. Partiamo col dire che la continuità con Nioh è visibile, sia in quelle che sono le armi proposte, tanto per il ritmo del combattimento, spesso aggressivo e quasi sempre non votato alla riflessività, se non all’inizio.

Il proprio alter ego virtuale, personalizzabile in tutto e per tutto grazie a un editor profondissimo e attento a ogni minimo dettaglio della corporatura, dopo ogni uccisione raccoglierà della Forza Vitale che gli permetterà di aumentare di livello: al posto dei consueti templi di Nioh e falò di Dark Souls, in Wo Long si hanno a disposizione delle bandiere presso le quali andare a gestire il proprio inventario, ricaricare le fiaschette della vita ma soprattutto sviluppare il proprio level-up. La build si costituisce di 5 elementi a seconda delle proprie esigenze e al modo in cui si vuole approcciare il combattimento: ognuno di essi è legato a uno specifico elemento naturale e richiameranno delle caratteristiche peculiari degli scontri. Il fuoco ad esempio incrementerà il danno, la roccia invece la difesa, l’acqua la capacità di essere furtivi, permettendovi di andare a personalizzare tutti gli aspetti e l’approccio alla sfida da parte vostra. Nella build che abbiamo creato, ci siamo resi conto di quanto l’acqua potesse essere messa in disparte. Le fasi stealth, infatti, ci sono sembrate davvero troppo approssimative, spogliate di qualsivoglia interazione con l’ambiente e banalizzate da un cono visivo degli avversari a dir poco incomprensibile. Ciò che abbiamo potuto apprezzare, invece, riguarda l’utilizzo delle magie, utile non solo per la varietà offerta, ma anche per essersi rivelate fondamentali negli scontri più ostici andando a ridurre la barra della crisi. Così come accadeva in Nioh ogni avversario oltre alla barra della vita possiede anche una seconda barra, lo Spirito, che una volta riempita lo porterà a concedere una breve finestra per un attacco letale, che infligge un ammontare di danni notevole: questo accade sia per i boss che per gli avversari standard. Per andare a ridurre l’ampiezza di questa seconda barra ci si può affidare alle magie elementali, così da andare a ridurre centimetri importanti al fine di infliggere, poi, il danno massimo possibile. Al di là di questo aspetto, sono molto utili molte magie non solo di attacco, ma anche pronte a garantirvi dei perk delle statistiche, oltre che delle evocazioni, per quanto queste siano molto confusionarie e non abbastanza godibili dal punto di vista estetico. Ciò Da sottolineare l’ottimo lavoro svolto per le armi da usare durante gli scontri. In Wo Long non ci sono bocche di fuoco a disposizione, ma soltanto lame o martelli da attacchi melee, oltre ovviamente a qualche soluzione dalla distanza come pugnali, archi e balestre. Con 13 tipi di armi a disposizione una volta che si è trovata quella più congeniale al proprio stile di gioco sarà difficile che separarsene, proprio come accadeva in Nioh, dove poi l’aumento delle statistiche presso un fabbro vi avrebbe portato ad affezionarvi troppo a quella scelta compiuta, non separandovene più. Sull’aspetto delle armi a disposizione, tra l’altro, Team Ninja ricade in quello che era un problema già affrontato con i precedenti loro titoli: ossia la quantità di loot generato veramente enorme, tutto pronto per essere cestinato a dovere nel momento più opportuno.

Altro aspetto chiave da tener presente in Wo Long è il poter deviare gli attacchi avversari. Davvero fondamentale nella prima boss battle, la cui difficoltà è stranamente più alta di tutto ciò che si potrà trovare subito dopo e nelle ore successive. In sostanza si tratta di indovinare il giusto timing per poter deflettere qualsiasi attacco avversario, anche quelli letali, e guadagnare una finestra di contrattacco tale da permettere al giocatore di infliggere una buona dose di danni, non solo agli HP ma anche allo Spirito. Questa appena descritta rappresenta la più affascinante delle feature da combattimento di Wo Long e quella che bisogna senz’ombra di dubbio imparare a padroneggiare così da diventare in poco tempo infallibili negli scontri e pronti a evitare qualsiasi attacco avversario. Inoltre, dal punto di vista registico sia il deviare che l’affondare con un colpo letale sono gradevoli da vedere e danno non poche soddisfazioni mentre si eseguono. Lungo il cammino del protagonista si avrà la possibilità di scontrarsi con ciò che rappresenta un altro elemento di focale importanza nelle produzioni di Team Ninja: i demoni. Se in Nioh era tutto stracolmo di entità sovrannaturali, in Wo Long nessuno ha deciso di trattenersi. Al di là dei soldati che si trovano all’inizio, poi si cede il passo a entità la cui creazione è talmente pittoresca da rendere difficile la descrizione: alcuni sembreranno dei troll provenienti dalla tradizione asiatica, altri invece delle viverne munite di zampe da ragno, pronti a scagliarsi contro il giocatore come se fosse carne da macello. La varietà stilistica è davvero alta, così come è di fino la costruzione dei vari ambienti, che offrono un level design sempre molto accorto e denso di strade secondarie da andare a sviscerare per il canonico farming, mai inutile in questi contesti.

La meccanica che sicuramente farà più piacere a chi incontra difficoltà nell’affrontare i nemici più ostici è quella legata ai Rinforzi. Tutti i guerrieri che si possono incontrare nel corso del viaggio riusciranno a dar man forte al protagonista, fino a un massimo di due unità, ogni volta se ne avrà bisogno. A loro si può impartire l’ordine di lanciarsi all’assalto, usandoli sia come arieti di sfondamento che come esche, o di seguire i movimenti del giocatore, fino a poterli resuscitare entro un determinato lasso di tempo, pena la loro sparizione dal campo di battaglia. A loro è legato anche un sistema di level-up, basato sul sistema del giuramento, in grado di aumentare a seconda del tempo trascorso insieme a combattere e ai danni inflitti agli avversari. Più sarà alto il livello di giuramento che intercorre tra giocatore e combattente controllato dall’ IA più saranno i benefici in battaglia ottenuti. Altra novità di Wo Long è quella legata al Morale, una unità di misura che viene azzerata all’inizio di ogni missione e che può raggiungere il valore di 25 come massimo. Più alto sarà il morale e più saranno possenti gli attacchi: per questo la chiave di ogni vittoria sarà quella di accumulare quanti più punti possibili evitando di perderne morendo. Cercare le bandiere dove riposare, nonché quelle secondarie che serviranno solo come checkpoint, permetterà di andare a rimpinguare questo valore che in battaglia riveste un ruolo chiave. Per quello che concerne l’aspetto tecnico, Wo Long permette di scegliere tra due diverse modalità di gioco: quella che favorisce la fluidità e quella che invece esalta la qualità visiva. Durante la nostra prova su Xbox Series X abbiamo preferito la prima, per poter godere dei 60fps in funzione di quel ritmo sempre molto forsennato che richiede Wo Long: ciò che possiamo dirvi è che per quanto l’estetica di gioco sia affascinante, tecnicamente il titolo non brilla, ma anzi, a tratti sembra un titolo di qualche anno fa. Nessun passo in avanti clamoroso, né nei dettagli, né dell’utilizzo del sistema di illuminazione, anzi abbiamo notato anche un pop-up degli asset sul lungo raggio che distrugge un po’ la magia dell’esplorazione. Tirando le somme, Se siete alla ricerca di un Soulslike dall’alto tasso di sfida, che possa offrirvi una sfida esaltante e che non possegga necessariamente uno stile grafico all’avanguardia allora Wo Long è senza ombra di dubbio quello che fa per voi. Disponibile su Pc, Xbox e PlayStation, il titolo offre una grande rigiocabilità e una sfida assolutamente alta per coloro i quali amano mettersi alla prova.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 9

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Reality Pro, Apple si prepara al lancio del visore per la realtà mista entro l’anno

Reality Pro diventerà presto realtà, almeno stando alle parole di Tim Cook. L’amministratore delegato di Apple, infatti, avrebbe spinto il lancio entro quest’anno del primo visore di realtà mista della Mela. La decisione sarebbe arrivata anche contro il parere dei tecnici del colosso di Cupertino, convinti invece che il prodotto debba essere ancora migliorato prima di uscire dai laboratori dell’azienda per raggiungere gli scaffali dei negozi. Come riporta il Financial Times, la genesi del visore capace di riprodurre contenuti sia in realtà virtuale che aumentata, ossia anche sovrapponendo le immagini nell’ambiente fisico circostante, sta durando più del previsto, ovvero da almeno sette anni, il doppio rispetto a quelli necessari per realizzare il primo iPhone. Il momento migliore per svelare il dispositivo potrebbe essere la World Wide Developer Congress 2023, la conferenza annuale per gli sviluppatori di Apple che si terrà a giugno. Per le date è attesa una conferma da parte dell’azienda. Tim Cook‌, che è stato a capo delle operazioni della società prima di diventarne amministratore delegato, secondo quanto riferito dalle fonti ascoltate dal Financial Times, avrebbe ignorato le indicazioni dei designer di Apple sullo spostare il lancio del dispositivo più avanti, lavorando maggiormente sull’aspetto oltre che sulla dotazione tecnologica in sé. I tecnici hanno parlato della “enorme pressione per la spedizione” del visore, che deve avvenire non più tardi del 2023. La società prevede di vendere circa un milione di unità di Reality Pro durante il suo primo anno di disponibilità, a un prezzo di oltre 3 mila dollari. Ad oggi, il principale produttore di visori di realtà mista è Meta, che ha lanciato da qualche mese Meta Quest Pro. A fine febbraio, Sony ha svelato PlayStation V2, dedicato ai videogame mentre Samsung collaborerà con Qualcomm per la realizzazione di un visore con il proprio marchio.

F.P.L.




Modern Warfare 2, con la seconda stagione arrivano una pioggia di novità

Modern Warfare 2 (qui la nostra recensione) si amplia ancora di più con l’inizio della seconda stagione. Daniel “Ronin” Shinoda suona sicuramente familiare agli appassionati della serie e più precisamente del titolo del 2019, dal momento che il soldato americano di origini giapponese aveva già fatto la sua comparsa nel reboot del titolo uscito poco prima della pandemia. L’esperto di armi non convenzionali ha timbrato il cartellino anche nell’attuale capitolo della serie, divenendo una delle ricompense immediate per tutti quelli che investiranno i canonici 1.100 punti Cod (10,99 euro) richiesti per acquistare il Battle Pass della seconda stagione del titolo di Activision. Ronin va quindi ad aggiungersi al corposo roster di personaggi giocabili per Modern Warfare II e Warzone 2.0, andando a contrapporsi all’operatore nipponico Hiro “Oni” Wantanabe, quest’ultimo disponibile in esclusiva per i giocatori PlayStation. Come al solito, il rinnovato pass stagionale si compone di oltre cento ricompense di vario genere, alcune delle quali ottenibili in maniera gratuita, questa volta caratterizzate da un tema orientale che ha ovviamente influenzato lo stile di skin, emblemi, calling card e quant‘altro. Vale comunque la pena ricordare che completando i venti settori si potranno ricevere oltre 1.000 Punti Cod, così da rientrare dell’investimento iniziale e guadagnare anche qualche credito extra per acquistare bundle cosmetici o da mettere da parte in vista del Battle Pass della Stagione 3.

Parlando del multiplayer competitivo, uno degli aspetti più importanti del nuovo capitolo della saga è sicuramente la validità di buona parte delle mappe disponibili. La situazione, purtroppo, non è cambiata con il primo aggiornamento stagionale che ha visto il ritorno di arene di piccole dimensioni (Shipment e Shoot House) già riproposte eoni di volte, mentre di novità vere e proprie nemmeno l’ombra. Con la Stagione 2 la situazione non subirà alcun mutamento perché Infinity Ward ha ben pensato di riesumare “Dome” dal vecchio Call of Duty: Modern Warfare 3 e di rendere finalmente disponibile Museo Valderas dopo la sua comparsa nella beta. A questa vanno anche aggiunte Al Malik International e Osservatorio Zaya per le modalità Invasione e Guerra Terrestre. In Dome le due squadre contrapposte si danno battaglia tra quel che resta di un osservatorio per metà distrutto, non particolarmente esteso ma piuttosto intrigato considerata la struttura della mappa in questione. Tre sono infatti le aree principali in cui si concentrano gli scontri a fuoco, a partire dall’edificio dell’osservatorio che presenta una passerella su cui arrampicarsi per far valere la potenza di fucili di precisione e da tiratore scelto, a differenza dell’ufficio situato dalla parte opposta all’interno della quale mitragliette e shotgun risultano quasi sempre efficaci negli scontri a fuoco; infine, dal versante laterale è possibile accedere a un sottopassaggio che collega idealmente i due punti di interesse sopracitati. La “nuova” arena è stata chiaramente tirata a lucido e ammodernata per gli standard di gameplay e tecnici di Modern Warfare 2, proponendo combattimenti intensi e senza un attimo di respiro. Museo Valderas ha invece fatto il suo (tardivo) debutto nelle modalità PvP dopo essere stata una delle mappe presenti nella beta, per poi essere rimossa a causa di un non meglio specificato motivo. Il ritorno dello scenario dal grande valore artistico non è stato accompagnato da grossi cambiamenti strutturali; parliamo infatti di un’arena di dimensioni abbastanza generose che si snoda attraverso i locali di un museo collegati tra essi da alcuni corridoi rialzati, mentre il perimetro laterale permette di compiere aggiramenti o di sfruttare le ampie linee di tiro con fucili di precisione e da tiratore scelto. La Stagione 2 sarà ricordata anche per il ritorno di alcune delle modalità più divertenti proposte della serie, come testimoniato dall’arrivo di variazioni sul tema come Infezione, Gioco delle armi e Accumulo, mentre prossimamente verrà reso disponibile l’altro terzetto formato da Zona di lancio, Tutto o niente e Un colpo in canna. Tutte quelle persone che alle gioie delle modalità incentrate sul divertimento sfrenato preferiscono la competizione ad alti livelli, troveranno pane per i loro denti nelle partite classificate. Un’aggiunta sicuramente gradita per pro player e aspiranti tali che, attraverso match da affrontare con le restrittive regole ufficiali della CDL (Call of Duty League), possono scalare le posizioni in sette diverse divisioni in base alle loro prestazioni e ai risultati ottenuti. Restando sempre in tema di partite multiplayer competitive pensate per lo zoccolo più esigente dalle community, la modalità Tier 1 cambierà nome in Veterano ma manterrà gli stessi elementi di gioco come l’HUD limitato e salute ridotta. Anche stavolta non poteva mancare il consueto rinnovamento dell’armamentario, con quattro nuove armi disponibili per lo sblocco e una quinta che troverà spazio nel corso della stagione. Letale e silenziosa, la balestra non è di certo una novità per la saga sparatutto e potrà essere vostra completando tutte le sfide dell’evento a tempo limitato “Via del Ronin”, oppure acquistando uno dei bundle a pagamento che la conterranno. Il fucile d’assalto ISO Hemlock e lo shotgun KV Broadside possono essere invece sbloccati gratuitamente all’interno del Battle Pass, stesso discorso per le doppie lame da mischia Kodachis, mentre gli affilati shuriken e il fucile da tiratore Tempus Torrent faranno la loro apparizione nell’aggiornamento di metà stagione.

Per quello che concerne il battle royale “Warzone”, esso subisce invece a nostro avviso una fra le più corpose aggiunte. A oggi lo scenario mediorientale di Al Mazrah non è riuscito a far voltare pagina agli affezionati di Verdansk, giustamente ancora legati alla mappa che ha contribuito al successo di Call of Duty: Warzone. Difficilmente la situazione cambierà a breve, ma perlomeno la riproposizione della modalità Ritorno e la pubblicazione di una nuova mappa hanno reso meno amara la nostalgia per l’ambientazione di stampo sovietico. I lidi orientali di Ashika Island sono stati scelti per ospitare una delle esperienze battle royale più frenetiche che ci sia, dove un massimo di 52 giocatori si contendono la vittoria finale su un terreno di gioco di ristrette dimensioni e usufruendo della possibilità di rientrare più volte in gioco, a patto che almeno un membro della propria squadra sia ancora in vita. Il caos benevolo della modalità Ritorno non lo scopriamo di certo oggi, la conformazione della nuova mappa invece è del tutto inedita per la community pur vantando qualche elemento in comune con Rebirth Island. Ebbene, nella sua risicata ampiezza Ashika Island offre più di una decina di punti di interesse che convergono verso il maestoso Tsuki Castle, una massiccia fortezza in pieno stile giapponese che riporta alla mente i duelli tra samurai in un luogo che permette di tenere d’occhio gran parte dell’area operativa. La mappa è poi caratterizzata da tanti corsi d’acqua, da solcare con la nuova moto d’acqua, che attraversano diverse zone e danno la possibilità di fare tappa verso una base sottomarina ricca di loot di alto livello. Certo, il ritmo forsennato che contraddistingue i match non danno modo di godersi al meglio il centro cittadino o il mercato rionale, ma la notevole quantità di luoghi in cui battagliare rende Ashika Island una location ricca di fascino e anche ben strutturata. La verticalità non esasperata della fittizia isola giapponese favorisce inoltre un gameplay tutt’altro che statico, reso ancora più frizzante dalla modalità Ritorno che non ammette nessun calo di concentrazione con il suo viavai di giocatori che instancabilmente rientrano in gioco dopo essere stati eliminati. Anche dal punto di vista estetico c’è da apprezzare il lavoro svolto dagli sviluppatori che hanno portato sugli schermi di Pc Xbox e PlyStation un’area di gioco davvero ben fatta. Per celebrare al meglio l’arrivo di Ashika Island, gli sviluppatori di Infinity Ward hanno dato inizio a un nuovo evento a tempo limitato “Via del Ronin” che metterà sul piatto ricompense di varie tipologie. Le sfide da completare per ricevere skin ed emblemi a tema possono essere portate a termine giocando a Warzone 2.0, oppure prendendo parte ai match multiplayer di Modern Warfare 2. Anche la modalità DMZ non è stata esente da piccoli e grandi cambiamenti apportati in base alla richieste dalla community, a partire dalla scelta di rendere meno letali i nemici controllati dall’intelligenza artificiale che spesso riusciva a creare e non pochi grattacapi ai giocatori, cosicché gli avversari gestiti dal computer sono ora più facili da sopraffare e presenti in quantità minore rispetto a quanto accaduto finora. Gli addetti ai lavori hanno inoltre lavorato duramente per ridurre il numero di crash e sistemare i tanti bug di una modalità lanciata in versione beta, senza dimenticare le altre correzioni incentrare su alcuni problemi di fondo come la gestione dei punti di infiltrazione che dovrebbe evitare che le squadre entrino in gioco in aree troppo isolate. In quanto a novità invece, in DMZ ha debuttato una quarta fazione (Crown) e con essa tutta una serie di missioni corredate di ricompense, con incarichi e nuovi oggetti da sbloccare messi unicamente a disposizione dei possessori di Call of Duty: Modern Warfare II. Ancora più interessante è la nuova zona di esclusione inserita nel gioco, ovvero Ashika Island, accessibile dopo aver portato a termine una lista di obiettivi così da condurre le squadre all’interno della mappa “presa in prestito” da Warzone 2.0. Una volta completata l’infiltrazione, oltre a sfidare la folta nebbia che potrà calare sull’isola, i giocatori possono dare la caccia al Dinamitardo per recuperare una serie di ricompense esclusive. Tirando le somme, con la seconda stagione gli appassionati del brand possono finalmente accedere a tutta una serie di novità e contenuti che siamo certi renderanno le loro sessioni di gioco sempre più varie e interessanti.

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Twitter dice basta ai post violenti. In arrivo nuove regole

Twitter dice basta ai post e ai linguaggi violenti. La piattaforma social rimette così in piedi, almeno in parte, alcune delle regole precedenti l’acquisizione da parte di Elon Musk, stringendo le maglie su quello che gli utenti possono pubblicare sulla piattaforma. Un tentativo di riabilitarsi dopo la riammissione di profili, come quello di Trump, che erano stati censurati online per comportamenti non idonei alle policy del gruppo. Tra gli aggiornamenti, Twitter ha introdotto nuovi divieti sui post che includono non solo minacce fisiche a persone ma anche a edifici e strutture, sia private che pubbliche. Il profilo ufficiale TwitterSafe scrive: “abbiamo apportato alcuni cambiamenti alla nostra policy sui contenuti e linguaggi violenti. Oggi vogliamo lanciare ufficialmente la nostra ‘Violent Speech Policy’, che proibisce le minacce e gli inviti alla violenza, la glorificazione di quest’ultima e l’incitazione alla forza bruta”. Nella sezione di domande e risposte del social network è apparso un nuovo box informativo che recita “non potrai minacciare di infliggere danni fisici ad altri, il che include (ma non si limita a) minacce di morte, tortura, molestie sessuali o altre forme di violenza su terzi. Ciò include anche la minaccia di danneggiare la casa o il rifugio di un civile o delle infrastrutture che sono vitali per le attività civili, economiche e quotidiane”. La mossa è un’inversione di tendenza rispetto a quello che l’attuale proprietario di Twitter, Elon Musk, aveva affermato in passato, ossia la volontà di rendere il social network un luogo per la libertà di espressione. Visti i licenziamenti, che hanno ridotto, dallo scorso ottobre, la forza lavoro di Twitter da 7.500 a meno di 2.000 dipendenti, non è chiaro come il team rimasto potrà far fronte alle nuove norme, seppur gran parte del sistema di monitoraggio del social sia informatizzato e basato su controlli automatici.

F.P.L.




Tales of Symphonia Remastered, un tuffo nel passato

Tales of Symphonia Remastered è arrivato su PC nel 2016 e, a distanza di sei anni, questa stessa versione è stata riproposta anche per Xbox, PlayStation e Switch. Abbiamo avuto modo di provare il titolo grazie ad un codice fornito da Bandai Namco e, dopo averlo letteralmente spolpato, possiamo dirvi la nostra. Ma prima è bene fare un po’ di storia: la serie di “Tales Of” ha origini lontane, il primo titolo “Tales of Phantasia” fu infatti pubblicato su SNES in Giappone nel lontano 1995. Se consideriamo che l’ultimo capitolo canonico della saga “Tales of Arise” (qui la nostra recensione) è uscito nel 2021 è facile fare rapidamente il conto di quanti anni sono passati (e quante piattaforme di gioco) dalle origini della serie a oggi. Fatta questa breve introduzione sulla serie possiamo iniziare la recensione dicendo che la trama del titolo è tra le più profonde e meglio riuscite di tutta la saga e che Tales of Symphonia Remastered è localizzato in italiano quindi anche se non si conosce bene l’inglese si può assolutamente comprendere quello che succede sul video dall’inizio alla fine senza dover mettere mano ad alcun vocabolario o app di traduzione. Per quanto riguarda la trama, il titolo vede il protagonista Lloyd Irving alle prese con un problema piuttosto importante: il pianeta Sylvarant sta esaurendo il suo mana e il rischio di un collasso dello stesso è imminente. Dopo anni di abusi e sfruttamento ad opera di una organizzazione senza scrupoli l’intero mondo è in pericolo. Spetta ovviamente al giocatore, e al suo gruppo composto da amici e conoscenti, cercare di rimettere le cose a posto e salvare il pianeta. Densa di critiche e riferimenti allo sfruttamento del nostro pianeta, la trama di Tales of Symphonia riesce a tenere alta l’attenzione del giocatore fino ai titoli di coda. Anche se l’incipit può sembrare scontato e banale la narrazione regge molto bene per tutta la durata dell’avventura con i colpi di scena nei punti giusti e con una scrittura di alto livello qualitativo.

Mentre l’impianto narrativo di Tales of Symphonia continua a risultare affascinante e a tratti toccante anche a distanza di vent’anni dall’esordio sulla scena ludica, lo stesso non si può dire per il gameplay e il comparto tecnico, che come prevedibile non sono invecchiati altrettanto bene. Dopo i complessi sistemi di combattimenti che il franchise ha proposto a partire da Tales of Graces fino all’adrenalinico Tales of Arise, il Multi-Line Linear Motion Battle System di Tales of Symphonia, che due decenni orsono diede il via a una vera e propria rivoluzione, appare oggi terribilmente ripetitivo e limitato. Benché gli scontri in tempo reale si consumino su una mappa tridimensionale, il personaggio controllato dal giocatore non gode del movimento libero, ma assieme al nemico preso di mira definisce un piano perpendicolare che ne restringe il campo di azione. Le soluzioni belliche adottabili dall’utente risultano quindi parecchio limitate: in attesa di poter unire le forze con un alleato e scatenare il potere degli Unison Attack, le strategie di lotta utilizzabili dal giocatore si riducono al mero button mashing e alla semplice alternanza di attacchi base e speciali, che ad ogni utilizzo consumano i TP. Un combat system, quello di Tales of Symphonia, che mostrava il fianco già un decennio fa, quando il titolo arrivò su PlayStation 3, e che oggi più che mai accusa il peso degli anni ormai sulle spalle, dimostrandosi tutt’altro che stimolante e articolato. Nei mesi passati Bandai Namco aveva promesso che il gameplay del prodotto avrebbe ricevuto una serie di miglioramenti, ma con nostro grande rammarico abbiamo scoperto che il team di sviluppo è intervenuto quasi esclusivamente sul sistema di controllo di un veicolo recuperabile nella seconda parte della storia, abilitando inoltre la possibilità di saltare alcune cutscene. Ritocchi di certo apprezzabili, ma che non spostano la bilancia più di tanto, risultando superflui.

Dal punto di vista strettamente artistico non abbiamo molto da dire sul lavoro svolto in Tales of Symphonia Remastered. Il titolo è fedele ai canoni della serie e forse, l’unico appunto, riguarda un po’ lo stile super-deformed che tanto andava di moda una decina d’anni fa e che ora fa un po’ storcere il naso. Detto questo il titolo offre qualche scorcio interessante e lo stile fantasy adottato è lodevole. Dal punto di vista tecnico non abbiamo molto da dire se non che forse, in questo settore, poteva essere fatto qualche sforzo in più. Il frame rate durante le nostre prove su Xbox series X si è attestato sui 30fps e non si è mai schiodato da li ma il problema è che questo è un limite tecnico del titolo. Ci saremmo aspettati una rifinitura maggiore in questo ambito e l’inserimento di un frame rate a 60 fps sarebbe stato assolutamente più consono per un gioco uscito dieci anni fa e riproposto ai giorni nostri. Per quanto concerne l’audio, invece non possiamo altro che definire ottima come sempre la colonna sonora che si compone di una selezione di pezzi memorabili e perfettamente adatti all’atmosfera del titolo. Tirando le somme, se da un lato comprendiamo e apprezziamo la decisione di Bandai Namco di portare Tales of Symphonia sul maggior numero possibile di piattaforme, al fine di consentire alle nuove generazioni di (ri)scoprire uno dei capitoli più importanti del franchise, dall’altra siamo fermamente convinti che una rimasterizzazione tanto pigra non sia il metodo più efficace per riproporre un grande classico del passato e festeggiarne il ventesimo anniversario. Fatta eccezione per la versione Switch, che dal canto suo può far leva sulla portabilità, qualora si sia in possesso di una PlayStation 3 o comunque di un PC da gaming non esiste un solo motivo per cui dover preferire la nuova remastered al pacchetto intitolato Tales of Symphonia Chronicles, che oltre al gioco base comprendeva pure il suo sequel diretto. Insomma, questa seconda remastered è insomma indicata soltanto a chiunque non abbia le suddette piattaforme e a coloro che veramente sono fan accaniti del brand. Insomma, un titolo interessante, ma che non è assolutamente al passo coi tempi e che potrebbe far storcere il naso se si paragona al più recente nonché bellissimo Tales of Arise.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 7,5

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Meta, occhiali per la realtà aumentata definitivi nel 2027

Attesi all’inizio per la fine del 2024, i primi “veri” e propri occhiali di realtà aumentata targati Meta dovrebbero vedere la luce solo nel 2027. A darne notizia è il sito The Verge, che avrebbe appreso la notizia da alcuni dipendenti del colosso americano. Stando alle indiscrezioni, il gruppo guidato da Mark Zuckerberg si sarebbe mosso per condividere internamente i piani di sviluppo in merito ai prodotti di realtà aumentata e virtuale, focalizzando la concentrazione sul 2027, quando ciò dovrebbe lanciare i suoi occhiali di realtà aumentata (AR) definitivi, ossia con tutte le tecnologie che l’azienda ha, almeno in parte, anticipato finora, declinate in dispositivi differenti, tra cui i Rayban Stories e i Meta Quest Pro. Proprio la seconda versione degli occhiali classici Rayban Stories, prodotti insieme a EssilorLuxottica, vedrebbero la luce già quest’autunno, mentre per la fine del 2023 arriverà il Quest 3, meno costoso del Quest Pro e, come quest’ultimo, dotato di fotocamere per visualizzare l’ambiente reale circostante, senza togliere il dispositivo dal volto. Stando a Mark Rabkin, vicepresidente dell’azienda per la realtà virtuale, Meta ha venduto quasi 20 milioni di visori Quest fino ad oggi. Anche questi dettagli sono stati condivisi con migliaia di dipendenti della divisione Reality Labs durante una presentazione della tabella di marcia e, per The Verge, dimostrano come il gruppo voglio continuare a investire nell’hardware di consumo, dopo una serie di battute d’arresto e una corposa riduzione di costi e del personale in tutte le sue principali aree di business. In ogni caso, se tali voci si dovessero rivelare vere, prima di vedere gli occhiali “delle meraviglie” in azione dovrà ancora passare un discreto numero di anni.

F.P.L.




Hogwarts Legacy, un’avventura magica nel mondo di Harry Potter

Hogwarts Legacy è il videogioco action Rpg ambientato nel mondo di Harry Potter. Sviluppato da Avalanche Software e pubblicato da Warner Bros. Interactive Entertainment, il titolo è stato distribuito per Pc, PlayStation 5 e Xbox Series X/S. Inoltre sarà disponibile per PlayStation 4 e Xbox One non prima del 4 aprile 2023 e per Nintendo Switch il 25 luglio 2023. Hogwarts Legacy è un viaggio che porta i giocatori a conoscere i luoghi iconici, le persone e le creature magiche che finora hanno potuto immaginare solo attraverso gli scritti di J.K. Rowling e alla saga cinematografica di Harry Potter. La storia si sviluppa verso la fine del 1800 in Inghilterra, non è ancora scoppiata la guerra tra maghi e babbani, ma un’altra minaccia sta scuotendo il mondo magico: i Goblin. Una rivolta infatti serpeggia fra questa razza, e Ranrok, il capo dei goblin ribelli, il quale sta complottando con alcuni maghi oscuri umani per conquistare un nuovo potere. Questa è la premessa con la quale hanno inizio gli eventi di Hogwarts Legacy. Il gioco molto probabilmente, è bene sottolineare, non farà parte del canone ufficiale del Wizarding World, questo perché l’autrice delle opere non è stata in alcun modo coinvolta nella scrittura e nello sviluppo del gioco. I riferimenti alla saga principale, infatti, sono pochi e più che altro suggeriti piuttosto che espliciti e chiari. E rispetto ai giochi passati, che sono sempre più o meno stati legati a un capitolo del franchise cinematografico (eccezion fatta per il gioco dedicato al Quidditch), Hogwarts Legacy espande finalmente l’esperienza a 360 gradi permettendo di far immergere i giocatori in profondità nel mondo magico. Oltre alla quest principale, della quale non racconteremo nient’altro per evitare ogni tipo di spoiler, sono presenti tutta una serie di attività sia secondarie che centrali allo sviluppo della stessa.

Ma andiamo con ordine: una volta avviato il gioco per la prima volta, sarà necessario creare il proprio alter ego virtuale. Sono presenti una buona varietà di modelli base e quindi si può partire da un personaggio predefinito creato con caratteristiche standard per poi modificare diverse caratteristiche come la forma del viso, il colore dei capelli, degli occhi e della pelle, eventuali cicatrici, lentiggini e nei. La personalizzazione però si ferma al volto del personaggio, mentre la corporatura resta la stessa. Ci sono anche due tipi di voce, maschile e femminile, ulteriormente personalizzabili in quattro tonalità per ciascuna tipologia. Al termine della creazione del proprio aspirante mago o strega e dopo un’introduzione che funge da tutorial molto cinematografica di un’oretta circa, si giunge finalmente al castello di Hogwarts. Si tratta di una riproduzione estremamente convincente e ricreata con dovizia di particolari, al limite della perfezione. Il mondo è vivo, pullulante di interazioni e di persone, inoltre il dettaglio grafico che permette di vivere questa esperienza è davvero a livelli altissimi, con ben tre modalità su Xbox Series X (Qualità, Qualità con Ray Tracing e Performance) e due su Xbox Series S (Qualità e Performance). A completare il quadro è presente un doppiaggio italiano completo di lip sync e una colonna sonora musicale degna dei lungometraggi cinematografici. Appena giunti al castello ci sarà il famoso rito del cappello parlante che, dopo qualche domanda di rito, permette la scelta della casata di riferimento: Grifondoro, Serpeverde, Corvonero e Tassorosso. La scelta viene fatta dal cappello dopo che si risponde ad alcune sue domande, ma può comunque essere modificata dal giocatore ed è comunque una scelta indifferente ai fini dello svolgimento della trama principale. Secondo elemento iconico della saga di Harry Potter e ovviamente presente anche in Hogwarts Legacy è la bacchetta magica, reperibile dopo qualche ulteriore ora di gioco da Olivander a Hogsmeade, il villaggio accanto a Hogwarts dove è possibile inoltre trovare tutti i negozi che riforniscono il proprio personaggio nel corso dell’avventura. Qui è possibile trovare negozi di pozioni, di erbe, di piante, di vestiti e via dicendo, oltre a tutta una serie di quest secondarie. E’ bene sottolineare che bisogna prestare attenzione al fatto che bacchetta e casata non saranno più modificabili nel corso di tutto il gioco una volta scelte, perciò prima di confermare entrambe le cose è bene essere sicuri al cento per cento della scelta fatta. In realtà la bacchetta sarà ancora personalizzabile, ma solo a livello cosmetico attraverso le varianti dell’impugnatura che è possibile trovare sparse nei vari bauli o completando alcune missioni secondarie. Essendo Hogwarts legacy un titolo ambientato nell’universo magico di Harry Potter, è ovviamente possibile prendere parte alle lezioni delle varie materie presenti nella saga. Astronomia, Erbologia, Pozioni, Difesa contro le Arti Oscure, Divinazione, Trasfigurazione, Incantesimi e Creature Magiche sono i corsi disponibili, tutti fruibili attraverso a una serie di missioni più o meno obbligatorie al fine di sviluppare il personaggio per permettergli di proseguire nella storia. Sono presenti tre livelli di difficoltà (Facile, Normale e Difficile) più un livello “Storia” che permette di scorrere senza problemi a chi è interessato solo a vivere un’esperienza senza grattacapi nel Mondo Magico. In Hogwarts Legacy è anche possibile apprendere tutti i principali incantesimi della saga di Harry Potter e sono utilizzabili anche le tre maledizioni senza perdono (Crucio, Imperio e la famosissima Avada Kedavra) che si sbloccheranno nel corso del gioco, seguendo le quest secondarie di un determinato personaggio di cui non riveleremo l’identità per non rovinare l’esperienza di gioco a chi ci legge.

La mappa di gioco offerta da Hogwarts Legacy è di dimensioni davvero enormi ed esplorarle a piedi è davvero un’avventura, proprio per questo sarà possibile utilizzare la ben nota scopa volante o cavalcare bestie mitiche. All’interno del castello e tutt’intorno ci sono un gran numero di attività da svolgere, che aiutano a rilassarsi tra una lezione e l’altra. Ci sono le prove di Merlino, che null’altro sono che piccoli puzzle da risolvere con in premio un po’ di esperienza, è possibile vagare alla ricerca dei Fulcri di Magia Antica, anch’essi che, alla stregua di collezionabili, offrono qualche puzzle e una manciata di punti esperienza. E’ possibile (e consigliato se si vuole superare al meglio il G.U.F.O.) raccogliere le pagine della Guida Pratica, oppure scovare e utilizzare i Tavoli di Astronomia, o ancora improvvisarsi cacciatori di taglie uccidendo i Nemici Famigerati. E questi sono solo esempi, ci sono poi altre attività secondarie che non elencheremo per non rovinare l’esperienza, ma è bene tener conto che di cose da fare ce ne sono davvero tantissime. L’attività principale extrascolastica è però la cattura degli animali. A un certo punto viene sbloccata la Stanza delle Necessità, all’interno della quale è possibile svolgere tutta una serie di compiti. E’ possibile infatti creare i tavoli di Pozioni e di Erbologia, con il primo che agevola la produzione di pozioni utilizzando le erbe e gli ingredienti raccolti in giro per il mondo, e il secondo che permette di coltivare le piante magiche attraverso i semi comprati nei negozi in giro per la mappa del mondo. Dopo qualche altra ora di gioco, all’interno della stanza delle necessità è possibile utilizzare la serra degli animali, un luogo in cui mettere a ricovero gli animali fantastici catturati durante l’esplorazione della mappa. Sono presenti infatti alcune aree contrassegnate da un’icona a forma di orma, in ognuna delle quali è possibile trovare una specie particolare di animale fantastico che può essere catturato con gli incantesimi e un’apposita borsa molto simile alla valigetta utilizzata da Newt Scamander nella saga di Animali Fantastici. Una volta catturati, gli animali possono essere portati all’interno della serra e liberati, oppure venduti in un negozio a Hogsmeade. Dopo essere stati accuditi a dovere, rilasceranno ognuno un ingrediente che può essere utilizzato per migliorare e potenziare il vestiario. Più avanti potranno anche essere fatti riprodurre fra loro, a patto di averne una coppia di sesso opposto. Trattandosi di un action Rpg ovviamente anche gli abiti che il proprio mago o strega indossa rappresenta una componente molto importante e funge da armatura e potenziamento per gli attacchi oltre che da orpello cosmetico per vantarsi con i propri amici e compagni di corso. Fortunatamente è possibile variare lo stile estetico dell’abbigliamento attraverso la pressione del tasto X, quindi anche se realmente si hanno indosso degli abiti esteticamente non in linea col proprio stile ma con caratteristiche utili è possibile utilizzare le “skin” di altri indumenti più belli da vedere ma a patto di averli già sbloccati. Ovviamente anche se si cancella un particolare indumento dalla propria lista la sua “skin” sarà disponibile per essere selezionata e utilizzata a livello visivo, ricordiamo però che non c’è alcun beneficio tangibile oltre a quello estetico. La stanza delle necessità è poi completamente personalizzabile negli stili e nei colori, basta rivolgersi a Tik, l’elfo domestico che funge da custode e da aiutante all’interno della stessa. Come accennavamo qualche riga più in alto, viste le dimensioni della mappa molto generose, circa 7.5 km quadrati, i modi per spostarsi in questo vasto mondo aperto sono diverso. A un certo punto si ha anche la possibilità di cavalcare un Ippogrifo o un Thestral per volare liberi nei cieli, oppure un enorme Graphorn per muoversi cavalcando a terra. E’ possibile anche cavalcare il classico manico di scopa, anch’esso personalizzabile con potenziamenti e skin cosmetiche, ma manca la possibilità di usarla per giocare a Quidditch. Sin dai primi minuti successivi all’arrivo al castello, infatti, il preside Black informa gli studenti che a causa di un non meglio precisato inconveniente il campionato di Quidditch per quest’anno è annullato. Voci di corridoio dicono che presto lo sport ufficiale dei maghi però potrebbe arrivare sotto forma di contenuto extra a pagamento, ma per adesso non c’è nulla di certo.

In Hogwarts Legacy più di una volta bisognerà impugnare la bacchetta magica e intraprendere combattimenti a colpi di incantesimi, quindi il combat system ha un ruolo fondamentale. In base al momento, infatti, potrebbero capitare nemici di diverso tipo e con altrettante magie, scudi o approcci, tutti desiderosi di uccidere il giocatore. Ovviamente parliamo di avversari che non aspetteranno il loro turno per attaccare, lo faranno appena possibile, perciò è necessario essere rapidi a lanciare un “Protego” oppure schivare qualora si tratti di magie impossibili da deviare. Oltre a quanto detto, durante i combattimenti, è possibile usare alcuni elementi sparsi in giro per degli attacchi ambientali che di norma infliggono più danno di qualunque altro incantesimo. Infine c’è l’antica magia, che si può definire come la mossa speciale: si può utilizzare solo una volta riempito il relativo indicatore e in genere uccide qualunque nemico sul colpo, ma tale risultato non vale per i boss, i troll o altri nemici molto resistenti. Ogni scontro si trasforma quindi in un tripudio di Protego, Accio, Incendio, Bombarda, Levioso, Arresto Momentum, Confringo eccetera eccetera, in base alla propria strategia o alle necessità dovute agli incantesimi di volta in volta disponibili. Tramite l’albero dei talenti si possono sbloccare ulteriori slot personalizzabili da quattro magie per creare dei set ad hoc ed essere sempre pronti a qualsiasi battaglia. Sono combattimenti dinamici, quelli di Hogwarts Legacy, dove tutto è concesso e tutto può succedere, ma sono anche stati programmati affinché non siano la soluzione unica al progresso del proprio alter ego virtuale, anzi per arrivare al cap sarà necessario affrontare molte delle attività proposte. Lottare non conferisce molti punti esperienza, che invece si ottengono in quantità maggiore completando sfide o missioni: gli sviluppatori hanno voluto assicurarsi di non incappare nella trappola del grinding e hanno demandato la progressione all’esplorazione. Tutto ciò non significa che non si può salire di livello a piacimento, bensì che richiede molto tempo. Dopo quaranta ore nel nostro caso non avevamo ancora raggiunto il cap e fino ad allora avevamo portato a termine quasi ogni sfida e missione secondaria a disposizione, accanto a quelle di storia. L’esperienza è ben dosata nella sua distribuzione ma, soprattutto, salire di livello non influenza direttamente alcuna statistica al di fuori della salute che viene incrementata di volta in volta. Nonostante il titolo abbia una grafica molto bella da vedere, Hogwarts Legacy non è un gioco che punta solo sul fattore visivo né pone l’accento solo ed esclusivamente sul lato tecnico, ma purtroppo per poter godere pienamente di una fluidità di gioco che rende l’esperienza davvero gradevole è necessario scegliere l’impostazione prestazioni e quindi giocare con un dettaglio estetico meno bello ma comunque decoroso. Si notano i compromessi ai quali si è dovuti scendere affinché il gioco giri anche su console old-gen tuttavia, ci teniamo a ribadirlo, il fulcro del gioco per una precisa scelta è il gameplay e non le finiture tecniche , fermo restando che l’impatto visivo è davvero notevole e solo un occhio molto attento potrebbe notare le sopracitate imperfezioni. Parlando dell’interfaccia, invece, possiamo dire che si sarebbe potuto fare un poco di più soprattutto lato equipaggiamento. In generale il menu è facilmente navigabile, la mappa di Hogwarts è disponibile solo in tre dimensioni e non ci sono planimetrie dei singoli piani. Data l’esiguità di spazi nella sezione equipaggiamento, e la facilità con cui si riempiono, non sarebbe stato male avere modo di raggruppare gli oggetti e scartarli tutti assieme. Tirando le somme, Hogwarts Legacy nonostante la sua natura single player e i difettucci sopracitati resta comunque un vero e proprio capolavoro. Un’opera mastodontica che è una vera e propria dichiarazione d’amore per i fan dell’universo di Harry Potter, ma anche un gioco incredibile per chi non ha mai visto un film o letto una riga del mondo inventato da J.K. Rowling. Avalanche Software ha creato, seppur con qualche imperfezione qua e là, il giusto equilibrio tra storia e gameplay, valorizzando l’interazione con il mondo di gioco. L’esplorazione premia molto più di quanto non faccia la forza bruta e questo è un bene perché l’enorme mappa di gioco ha moltissimo da offrire e ogni volta che si scopre un’area c’è sempre una sorpresa nascosta. Insomma, Hogwarts Legacy è un titolo da avere assolutamente, destinato a diventare un punto di riferimento per le produzione future.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Sonoro: 10

Gameplay: 9,5

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9,5

Francesco Pellegrino Lise




Auguri Spotify, da 10 anni la musica è cambiata anche in Italia

Tanti auguri Spotify, buon decimo anniversario tricolore. La popolarissima piattaforma streaming di origine svedese è stata lanciata nel 2008 ma in Italia è arrivata solo nel 2013. Grazie a Spotify in questi due lustri gli artisti italiani hanno registrato un incremento del numero di “stream” nel mondo, arrivato a 22 miliardi nel 2022 (+1200%). La piattaforma ha anche sperimentato i podcast, il format che ha arricchito il panorama dell’intrattenimento digitale e la creazione di contenuti. Nel 2021 è stato lanciato anche il primo podcast firmato Spotify “The Jackal: tutto Sanremo ma dura meno”. “Spotify ha donato nuova linfa all’industria audio italiana, permettendole di tornare ai massimi livelli grazie soprattutto alla spinta dello streaming – dice Federica Tremolada, Managing Director Spotify per il Sud e Est Europa – Le dimensioni del mercato della musica registrata nel 2012 rispetto al 2021 sono più che raddoppiate passando da 150,9 milioni di euro a 332 milioni di euro secondo gli ultimi dati Fimi. Nessun altro servizio di streaming è posizionato come Spotify per la capacità di identificare, amplificare e contribuire a plasmare la cultura locale in Italia e nel mondo”. Il numero totale di artisti italiani presenti sulla piattaforma è ora di 196 mila con un incremento del 650% registrato negli ultimi 10 anni. Quelli più ascoltati sono Sfera Ebbasta e Madame, la canzone più sentita Il cielo nella stanza (Salmo feat. Nstasia). I generi di podcast più ascoltati in Italia negli ultimi 10 anni sono news, società e cultura e commedia. I podcast più ascoltati quelli di Muschio Selvaggio, seguono The Essential e i podcast di Alessandro Barbero: Lezioni e Conferenze di Storia. I podcast in lingua italiana sulla piattaforma sono più di 50.000. Negli anni più recenti, Spotify ha lanciato in Italia anche due suoi programmi: Radar e Equal, la campagna dedicata a promuovere la parità di genere. Spotify rappresenta il nuovo modo di vivere la musica per averla sempre con se, sul telefonino, sul computer, sulla tv, sulla console, ma anche in macchina, insomma, Spotify ha rivoluzionato il modo di vivere la musica e ha cambiato un po’ il modo di ascoltarla. Chissà cosa accadrà nei prossimi 10 anni? Non resta altro che scoprirlo vivendoli insieme alle nostre canzoni preferite.

F.P.L.




Raiden IV x MIKADO Remix lo sparatutto “old style” si fa next-gen

Raiden IV x MIKADO Remix è un titolo pensato per tutti coloro i quali hanno nostalgia di un’epoca passata, nostalgia delle sale giochi, dei cabinati arcade e degli sparatutto a scorrimento verticale fatti di astronavi, colori sgargianti e proiettili nemici che invadono lo schermo. Uscito nel 2021 su Nintendo Switch, Raiden IV x MIKADO remix è recentemente approdato anche su PC, e sulle console della famiglia PlayStation e Xbox. Un titolo ormai datato 2007 torna alla ribalta cercando di celebrare non solo il franchise stesso, ma una formula di gioco costantemente presente sul mercato, che, nel tempo, è andata sempre più a toccare un pubblico di nicchia, quello stesso pubblico che a cavallo fra gli anni 80 e 90 si ritrovava nelle sale giochi a spendere monetine su monetine per portare a termine un videogame. Non a caso la serie Raiden nasce all’inizio degli anni ‘90, quando la software house giapponese Seibu Kaihatsu decise di cavalcare l’onda sempre crescente del genere bullet hell nelle sale giochi. Il titolo lanciato negli arcade fu il primo Raiden, uno shooter a scorrimento verticale il cui successo permise la realizzazione di un sequel, Raiden II, sempre in seno a Seibu Kaihatsu. Ciò non bastò però a tenere a galla la compagnia che chiuse i battenti nel 1998 per bancarotta. Dalle ceneri della software house nacque MOSS, che acquisì i diritti del titolo che ebbe maggior successo, ovvero Raiden, per continuare lo sviluppo della serie con Raiden III e Raiden IV, che abbandonano lo stile grafico pixel per abbracciare quello dei modelli poligonali. Oggi, ovviamente prendiamo in esame una delle svariate iterazioni di Raiden IV, la più recente e completa ovvero Raiden IV x MIKADO remix. La sua prima versione apparve nelle sale giochi nel 2007 e un anno dopo, durante il mistico periodo in cui Xbox cercava di accattivarsi il pubblico giapponese acquisendo esclusive shoot ‘em up, anche su Xbox 360. Gli utenti PlayStation dovettero attendere ben 7 anni per veder arrivare Raiden IV su PS3, nella sua versione OverKill. Raiden IV x MIKADO remix è un pacchetto completo che include non solo la versione arcade, ma anche la modalità OverKill, la modalità Additional con due nuovi livelli, la modalità Boss Rush (sbloccabile solo ed esclusivamente una volta portato a termine il gioco) e quella Score Attack. Insomma, tutto ciò che i fan di Raiden possono desiderare.

Ma andiamo a esaminare il titolo. La trama di Raiden IV x MIKADO remix è pressoché inesistente, ma per completezza ve la raccontiamo comunque: una razza di alieni chiamata Crystals ha attaccato per la quarta volta la Terra e un pilota con un aereo sperimentale e super innovativo è stato incaricato di fermarli. Il cuore pulsante di questo gioco è il suo gameplay a scorrimento verticale fatto di aerei, boss improbabili, bombe e soprattutto punteggi. Raiden IV MIKADO remix ha 7 livelli in totale, ognuno più difficile del precedente e al termine di ciascuno si otterrà un punteggio. Questo risultato può essere aggiunto alla propria classifica personale, per gareggiare contro se stessi, o pubblicato su di una graduatoria globale. Se vedere il proprio nickname comparire in un cabinato della sala giochi di quartiere era già una sensazione incredibile, riuscire ad arrivare sul tetto del mondo è un altro paio di maniche. La strada per la vetta, però, è meno ripida che in passato: Raiden IV x MIKADO remix, infatti, ha una miriade di opzioni per la personalizzazione della difficoltà, compresa una modalità “Pratica” in cui i nemici non sparano, pensata per memorizzare gli schemi e i movimenti degli avversari. Una delle meccaniche introdotte quando il gioco ha visto la sua prima evoluzione (nel 2014 su Playstation 3) è stata l’aggiunta della modalità Overkill, che permette di continuare a infliggere danni alle astronavi nemiche una volta sconfitte. Il tutto, ovviamente, per ricevere ulteriore punti. Anche eliminare gli avversari pochi istanti dopo la loro comparsa a schermo farà ottenere un punteggio più alto. Si tratta di meccaniche semplici, ma che per essere massimizzate richiedono tanta memoria e allenamento. Per gestire meglio morti, boss e vite extra, poi, si può scegliere se affrontare i livelli in versione light, dove tutto è leggermente più lento. A differenze del passato, gli sviluppatori hanno pensato quindi a diversi strumenti grazie ai quali imparare a giocare e migliorare progressivamente, per cui se la caccia alle prime posizione nella classifica mondiale è ciò che cercate, allora Raiden IV x MIKADO Remix non vi deluderà.

Originariamente pensate come DLC, le due navicelle aggiuntive disponibili in Raiden IV x MIKADO Remix sembrano simili a quella di partenza, ma in realtà si controllano in maniera molto diversa. La Fighting Thunder ME-02, la nave di base di Raiden IV, è molto bilanciata, perfetta per cominciare e capire le logiche del gioco. La potenza dell’arma primaria e la velocità di movimento sono nella media e il suo attacco speciale può eliminare istantaneamente tutti i proiettili e i nemici dallo schermo e infliggere anche molti danni. La Raiden MK-II, invece, è la nave dei Raiden più datati ed è consigliata ai giocatori più esperti. Il danno dell’arma è alto, ma la velocità di movimento è più lenta. La sua “final” ci mette qualche istante a detonare, ma è perfetta per finire i boss grazie ai suoi danni altissimi. Forse una delle “astronavi” più strane nella storia degli shoot ‘em up, la Fata è un personaggio piuttosto difficile da usare. La sua velocità di movimento elevatissima richiede un po’ di allenamento e buoni riflessi per essere padroneggiata, ma nei momenti più caotici è l’ideale per sopravvivere. La sua mossa finale chiama in aiuto delle fate amiche per attaccare tutti i nemici sullo schermo, ma non stupisce per efficacia o devastazione. Sicuramente va provata perché vedere una fatina che lancia missili e oblitera intere flotte di astronavi è sicuramente uno spettacolo indimenticabile. Dove l’esperienza non deluderà nessuno è nel comparto musicale. Questa riedizione, infatti, deve il suffisso MIKADO Remix alla sua colonna sonora, rinnovata in collaborazione con alcuni degli artisti più famosi della scena musicale arcade. Parliamo di artisti del calibro di Go Sato Band, Heavy Metal Raiden, Daisuke Matsumoto (Cave) e Hirokazu Koshio/COSIO che hanno composto nuove tracce che sono state affiancate a quelle originali (già iconiche) per creare un’esperienza davvero memorabile. In questo, Raiden IV x MIKADO remix riesce dove molti altri shoot ‘em up a scorrimento falliscono: il gioco coinvolge tutti i sensi in modo bilanciato creando una sorta di sinestesia fatta di esplosioni e musica techno da cui è difficilissimo emergere. Che si giochi in modalità molto facile per sentirsi gli idoli di un tempo o si stia provando a portare a casa un risultato degno della classifica mondiale, la capacità di questo gioco di riportare la mente e il cuore in una sala giochi è davvero incredibile. Al netto del prezzo un pochino eccessivo (40 euro) e di un gioco privo di vere e proprie novità, si tratta di un’operazione che punta tutto sulla nostalgia, come è giusto che sia. Il nostro consiglio? Acquistate questo titolo solo se siete dei veri appassionati del genere, o degli appassionati di retrogaming.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise