WhatsApp, si potranno collegare 4 device allo stesso numero

WhatsApp si aggiorna ed è pronta ad offrire una nuova funzionalità che sarà certamente apprezzata da tutti i suoi utenti. Meta ha lanciato da qualche ora un nuovo aggiornamento per WhatsApp che consente di usare lo stesso numero su quattro smartphone, è possibile sia su Android sia su iOs. L’annuncio è arrivato con un post su Facebook di Mark Zuckerberg, la funzionalità era già attiva per sfruttare il ‘multi-dispositivo’ su computer e tablet ma si attendeva ancora il supporto agli smartphone. In questo modo, ogni utente può duplicare il suo account unico su altri telefonini, per visualizzare le stesse chat e contenuti multimediali. WhatsApp garantisce che ciascuno smartphone collegato all’account potrà vantare la crittografia end-to-end, ossia la stessa che già protegge i messaggi, foto e video, sul primo dispositivo. Per aggiungere un nuovo smartphone sarà sufficiente andare sulle impostazioni dell’app, poi alla voce “dispositivi collegati” e toccare “collega un dispositivo”, per poi inquadrare il codice visualizzato sul display del primo telefono con il cellulare aggiuntivo. In alternativa, si può inserire il proprio numero di telefono su WhatsApp Web per ricevere un codice monouso da usare per collegare l’altro dispositivo. Nonostante la duplicazione del numero, Meta spiega che i diversi dispositivi associati verranno sempre considerati come secondari. Questo implicherà che lo smartphone principale dovrà essere online almeno una volta ogni 30 giorni per mantenere operativi i dispositivi collegati, altrimenti l’account verrà temporaneamente bloccato per inattività.

F.P.L.




Ghostwire: Tokyo arriva anche su Xbox

Ghostwire: Tokyo, a un anno di distanza dal lancio su PlayStation 5, arriva anche su Xbox. Il titolo è un action adventure open world in prima persona a tema horror che mette il giocatore nei panni di uno dei tanti giapponesi che quotidianamente percorrono le strade della città di Tokyo. Akito, questo il nome del protagonista della IP sviluppata da Tango Gameworks, è stato coinvolto in un incidente mortale mentre andava a trovare la sorella in ospedale, alle cui conseguenze riesce a sfuggire solo perché uno spirito che risponde al nome di KK decide di impossessarsi del corpo quasi esanime del malcapitato giovane. Non che agli altri abitanti della città sia andata meglio in realtà. Pochi istanti dopo essersi risvegliato, Akito assiste impotente alla scomparsa dell’intera popolazione presente nella zona, la quale viene letteralmente “inglobata” da una fitta nebbia che, dal nulla, invade il famoso quartiere di Shibuya. Come se non bastasse, la foschia porta con sé anche delle misteriose creature, i Visitatori, le quali iniziano ad attaccare Akito sotto la guida di un inquietante individuo mascherato. Ancora frastornato da questo susseguirsi di situazioni incredibili, Akito apprende, proprio attraverso la voce dello spirito che lo possiede, di poter canalizzare la propria energia spirituale in una sorta di arte marziale magica, conosciuta come “Tessitura Spirituale”, e di poterla usare per respingere l’imminente minaccia. Dopo aver aiutato il protagonista a respingere i primi avversari e averlo convinto della necessità di collaborare per sopravvivere a quello che sta accadendo, lo spirito rivela ad Akito di essere un investigatore e di aver bisogno di lui per portare a termine il proprio incarico, che ruota attorno alla figura del misterioso uomo mascherato responsabile di tutto ciò che sta accadendo in città. Per Akito inizia così un lungo viaggio per le strade del quartiere di Shibuya che, nelle circa 20 ore necessarie per raggiungere i titoli di coda, vedrà i due protagonisti impegnati a liberare progressivamente la città dalla morsa della nebbia e a far luce sulla misteriosa sparizione di tutti i suoi abitanti. Un viaggio che, proprio in virtù della natura open world del titolo, si basa su alcune meccaniche consolidate del genere, declinate però da Tango Gameworks per adattarsi in modo adeguato alla componente spirituale su cui si basa l’intera produzione.

Il fulcro dell’esperienza videoludica offerta da Ghostwire: Tokio ruota attorno all’esplorazione delle strade della metropoli per completare le missioni principali che vengono affidate dallo “spirito guida”, generalmente legate al raggiugere una nuova zona o sconfiggere un nemico particolare, e al completamento di una lunga serie di incarichi secondari, tutti opzionali, nei quali è possibile imbattersi durante l’avventura. Questi ultimi includono la ricerca di oggetti speciali, indagini soprannaturali sugli Yokai e missioni che vengono affidate ad Akito da spiriti che, per le ragioni più disparate, hanno ancora qualche conto in sospeso con il mondo terreno e che non esitano ad affidarsi al giovane per tentare di risolvere i propri tormenti, la cui natura spazia da tradimenti a omicidi irrisolti, passando per situazioni estremamente differenti sia in termini di complessità sia per quanto riguarda la profondità delle tematiche trattate. A fare da filo conduttore tra tutti questi elementi ci sono la nebbia e i Torii, i tradizionali portali giapponesi che conducono a un santuario Shintoista o, più in generale, delimitano un’area sacra. Con il nuovo update, denominato “Tela del Ragno”, Tango Gameworks ha inoltre introdotto alcune missioni secondarie extra, nuovi nemici, una nuova area completamente inedita e alcune cut-scene estese, che rivelano alcuni dettagli aggiuntivi sul passato dei personaggi e sulle loro motivazioni. In Ghostwire: Tokio la nebbia, oltre a portare con sé creature estremamente aggressive che richiamano l’iconografia tipica del folklore giapponese, danneggia gravemente la salute di Akito ed è quindi necessario dissolverla prima di poter esplorare una zona. Per farlo, è però necessario purificare il Torii dell’area eliminando tutte le creature presenti nei paraggi e interagendo a livello spirituale con il portale. Questo gesto permette non solo di epurare una porzione di mappa dalla nebbia, ma anche di rivelare eventuali missioni secondarie o simpatici venditori felini con cui è possibile interagire per acquistare consumabili o potenziamenti spendendo una particolare valuta spirituale raccolta in gioco, conosciuta come Meika. Tra i prodotti che si possono comprare ci sono un’ampia varietà di pietanze giapponesi, che permettono di recuperare salute ed energia spirituale o di incrementare per un breve periodo di tempo le abilità del protagonista. La particolarità di Ghostwire: Tokyo è che molti dei consumabili, oltre a garantire i benefici appena elencati, provocano un incremento permanente della salute massima del protagonista. A questi prodotti si affiancano poi alcuni strumenti essenziali per sopravvivere nella Tokyo immaginata da Tango Gameworks, tra cui frecce, alimenti e, soprattutto, le katashiro, delle bamboline di carta con fattezze umane che permettono al protagonista di assorbire gli spiriti rimasti in bilico tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Una volta raccolti, questi spiriti possono poi essere trasferiti a un “collaboratore” di KK interagendo con una delle innumerevoli cabine telefoniche sparse per la mappa di gioco, così da ottenere in cambio Meika e Punti Esperienza. Guadagnare esperienza permette di far salire di livello il protagonista, incrementando progressivamente la sua salute massima e ottenendo a ogni passaggio dei Punti Abilità, che possono poi essere spesi per sbloccare nuove abilità o potenziare quelle già sbloccate attraverso tre skill-tree differenti dedicati rispettivamente alle capacità generali, alla Tessitura Eterea e all’equipaggiamento. Oltre a quelle presenti nella versione originale, il nuovo update Tela del Ragno introduce alcune abilità inedite, come la possibilità di effettuare delle brevi schivate o di “schiantarsi” a terra dopo un balzo causando ingenti danni nell’area circostante. Accumulare PA non è però sufficiente per sbloccare tutte le ramificazioni. In molti casi è infatti necessario spendere i Magatama, oggetti speciali ottenibili solo assorbendo gli spiriti degli Yokai, per sbloccare le opzioni più potenti, che spesso richiedono un maggior quantitativo di energia spirituale per essere utilizzate. Questo porta inevitabilmente a parlare del combat system alla base di Ghostwire: Tokyo. La Tessitura Spirituale, al netto della sua peculiare denominazione e del suo essere rappresentata a schermo attraverso i gesti compiuti con le mani dal protagonista, è a tutti gli effetti un’arma a distanza, con cui è possibile bersagliare i nemici consumando energia spirituale. Inizialmente Akito avrà a disposizione solo una tipologia di attacchi basati sull’elemento Vento, ai quali si aggiungeranno già dopo poche ore di gioco quelli basati su Fuoco e Acqua. Ogni “classe” di attacco prevede sia attacchi rapidi sia attacchi potenti, dai quali ovviamente dipende la quantità di “munizioni spirituali” consumate, e tutti possono essere potenziati consumando Punti Abilità. A rendere più complesso il combat system ci pensano poi le parate spirituali, che come da tradizione possono stordire il nemico per qualche secondo se eseguite con il giusto tempismo, la possibilità di indossare dei rosari, che garantiscono bonus di varia natura, e i talismani, che Akito può lanciare verso i suoi avversari così da immobilizzarli per qualche secondo.

L’aggiornamento Tela del Ragno porta con sé anche altre tipologie di talismani, utili per distrarre i visitatori, celare brevemente la presenza del protagonista agli spiriti maligni o evocare delle piccole correnti ascensionali che Akito può sfruttare per raggiungere punti elevati. A tutte queste meccaniche si aggiunge poi quella legata alla possibilità di estrarre il nucleo da praticamente tutte le creature che infestano il quartiere di Shibuya, ma solo dopo averle ridotte quasi in fin di vita. Questa azione speciale, che richiede un discreto lasso di tempo, massimizza infatti la quantità di ricompense ottenute e, spesso, garantisce anche bonus o effetti aggiuntivi. Ogni nemico sconfitto rilascia infatti una quantità variabile di Etere, che una volta assorbito permette al protagonista di recuperare parte delle energie spiritiche consumate. In aggiunta a questo, Akito può assorbire gli accumuli di etere cristallizzato generati dalla nebbia e che, proprio in virtù della loro particolare natura, rappresentano la fonte primaria di etere dopo uno scontro. Anche la quantità massima di energia spirituale, così come i punti salute, può essere incrementata nel corso dell’avventura, ma solo interagendo con una delle tante statue di Jizo presenti nella città. Per quello che concerne il comparto estetico, Ghostwire: Tokyo rappresenta un deciso passo in avanti per Tango Gameworks, che dopo tanti anni abbandona lo storico STEM engine basato su id Tech per abbracciare la quarta versione del motore grafico Unreal sviluppato da Epic, ottimizzato per sfruttare al meglio la potenza delle ultime console e che, in questa occasione, mette a disposizione una discreta quantità di opzioni per personalizzare l’esperienza dal punto di vista visivo. Su Xbox Series X il giocatore può selezionare diverse modalità grafiche e perfezionare ulteriormente la scelta agendo sulla qualità del motion blur applicato ad ognuna. In ogni momento si può passare dalla modalità Qualità, che attiva il ray-tracing con risoluzione upscalata a 4K con frame-rate bloccato a 30fps, a quella Performance, con RT disattivato e frame-rate a 60fps, o alla modalità ibrida HFR Qualità, che rinuncia a qualche effetto grafico per garantire un frame-rate superiore a quelli fissati per le rispettive modalità standard con la possibilità di attivare il V-Sync. Quest’ultima modalità non è invece presente su Series S, che può quindi contare solo sulle modalità Qualità (ma senza RT) e Performance. Il comparto sonoro offre invece una colonna sonora originale affiancato a una completa localizzazione in lingua italiana, testi e audio, con la consueta possibilità di godere del doppiaggio originale in lingua giapponese. Chi non ama particolarmente le atmosfere horror sarà infine felice di sapere che con il nuovo aggiornamento è stata introdotta la possibilità di ridurre gli effetti di questo tipo e di sostituirli con degli sticker che ritraggono la famosa statua di Hachiko che è possibile trovare nel quartiere di Shibuya. Tirando le somme, Ghostwire: Tokyo si presenta al pubblico Xbox nella sua veste definitiva grazie al corposo DLC Il filo del ragno, che arricchisce una già buona longevità e conferma un gameplay solido e divertente grazie al gunplay decisamente fuori dalle righe. Tessitura eterea, esorcismi, sigilli e quant’altro rendono l’atmosfera di Shibuya magica e tenebrosa, regalando agli amanti della tradizione e del folklore giapponese un titolo da avere assolutamente. Insomma, a nostro avviso la produzione di Tango Gameworks è decisamente promossa.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




iTunes auguri, il music-store Apple che ha cambiato il mondo compie 20 anni

Il 28 aprile del 2003, 20 anni fa, Apple lanciava l’iTunes Music Store, il grande negozio online di vendita di musica che ha dato un colpo definitivo alla pirateria, ha aiutato la discografia e ha fatto da apripista ai servizi in streaming. Uno dei fattori di traino è stato anche l’iPod, il lettore della Mela lanciato il 23 ottobre 2001. L’iTunes Music Store si è chiamato così fino al 12 settembre 2006, poi è diventato iTunes Store allargandosi alla vendita di video musicali, film, app e giochi. Steve Jobs ebbe il merito di aver trovato un accordo con le case discografiche – ci lavorò un anno intero – e di aver incanalato gli utenti verso prodotti digitali a pagamento. Per questo l’iTunes Music Store di Apple fu denominato dal Time del 2003 l’invenzione “più cool dell’anno”. Esso è parte della rivoluzione digitale di Apple sui contenuti insieme all’iPod e ad iTunes, lanciato tre anni prima ma solo per i computer. L’idea di metter in vendita le canzoni a 99 centesimi e di portarle in tasca con l’iPod (e dal 2007 con l’iPhone) si rivela vincente: in poco più di quattro mesi dal lancio del negozio digitale i brani venduti negli Stati Uniti raggiungono i 10 milioni e le case discografiche iniziano a dar credito alla piattaforma, in un momento in cui lo scambio illegale di musica su Internet sta intaccando notevolmente le vendite tradizionali. Le canzoni in formato digitale e la possibilità di creare una libreria musicale decretano la fine dei Cd, a sua volta iTunes inizia a diventare obsoleto con l’arrivo dei servizi di ascolto in streaming come Spotify e in seguito anche Apple Music.

F.P.L.




Call of Duty MW2, tutte le novità della terza stagione

Mw2 (qui la nostra recensione) si espande nuovamente nella terza stagione e porta il nuovo battlepass, una pioggia di contenuti e novità sia per quanto riguarda la componente multigiocatore classica che Warzone. Proprio per quello che concerne il battle royale al lancio della nuova stagione è stata messa a disposizione la modalità Ritorno in Al Mazrah, in due differenti versioni: una di grandi dimensioni con 150 giocatori sulla mappa e una più ridotta e concentrata in cui bisogna attaccare la fortezza di Al Bagra. Al Mazrah sarà inoltre caratterizzata da un nuovo Gulag, mentre corso della Stagione 3 tornerà anche Malloppo. Molte le nuove funzionalità e gli oggetti previsti: Rischiera Droni in Al Mazrah (al lancio), Torri UAV (al lancio), Trasporti di corazze temperati (durante la stagione), Stazione di decontaminazione (durante la stagione), Oggetti dei pacchetti di specialità (durante la stagione), Stazione d’acquisto schierabile (durante la stagione), Kit d’ingresso al gulag (durante la stagione) e Trasporto di corazze ad alta capacità (durante la stagione). A metà stagione arriverà la Modalità Classificata di Call of Duty Warzone 2.0, nella quale i terzetti dovranno scalare la Top 250. Previste anche nuove funzionalità per DMZ, come il Sistema di scambi, il Banco da lavoro e lo Slot Operatori in servizio, oltre a fazioni, missioni e boss inediti. Per quanto riguarda il multigiocatore classico invece arriva per la prima volta la modalità Scontro, che prevede partite 2v2 nella gabbia su più round. Al momento del lancio, Scontro supporterà quattro mappe, fra cui le nuove Alley (ambientata da qualche parte in Al Mazrah) e Blacksite (il nuovo gulag della modalità Battle Royale). Il parco modalità si espanderà anche con Frenesia (disponibile al lancio), in cui ogni volta che si elimina un nemico parte un timer di una bomba che può essere interrotto solo sconfiggendo un altro avversario, e Guerra terrestre Infezione (disponibile nel corso della stagione), in cui bisogna affrontare degli infetti in un livello molto grande. Non mancheranno neppure nuove ricompense per la Modalità Classificata Multigiocatore e il Raid Atomgrad Episodio 3 per Operazioni Speciali. Le altre mappe in arrivo con la Stagione 3 sono Pelayo’s Lighthouse (mappa Core, disponibile al lancio) e Black Gold (mappa Core, disponibile al lancio), Rohan Oilfields (mappa Battle, disponibile al lancio) e Sattiq Cave Complex (mappa Battle, disponibile al lancio).

Nel corso della stagione 3 sono inoltre previsti due nuovi personaggi, Alejandro e Valeria. Entrambi sono presenti nella modalità storia di MW2, ma vederli in azione e sotto il proprio controllo è sicuramente una cosa gradita per tutti i giocatori della serie. Alejandro è nato e cresciuto a Las Almas, per oltre un decennio ha fatto parte dei ranghi più elevati de Los Fuerzeas Especiales, l’unità antiterrorismo principale per le missioni speciali dell’esercito messicano. La sua squadra, Los Vaqueros, è solo una fra quelle autorizzate dalla nazione a collaborare con le forze operative speciali internazionali (fra cui quelle che fanno capo alla CIA, agli ordini della comandante Kate Laswell). Valeria invece è un’ex commando dell’esercito messicano e combatteva al fianco di Alejandro, ma ha disertato nel 2014 per unirsi ai Cartel. La sua carriera all’interno dell’organizzazione criminale è stata brillante ed è diventata il capo del Cartel di Las Almas. Ora si fa chiamare El Sin Nombre: la senza nome. Oltre a questi nuovi combattenti la season 3 è caratterizzata anche dall’arrivo di quattro bocche da fuoco, due saranno gratis con il Battle Pass, ovvero il fucile di precisione FJX Imperium: arma antiuomo a otturatore scorrevole con colpi potenti calibro .408 e il fucile da combattimento Cronen Squall un’arma semiautomatica bullpup camerato in 6.8 Wrath, progettato per il tiro a distanza e per infliggere una quantità eccezionale di danni. Altre due armi potranno essere ottenute durante la Stagione 3 comprandole in bundle nel negozio o completando una sfida di sblocco. Segnaliamo, infine, un nuovo evento stagionale Trophy Hunt, l’evento Sfide Mimetiche, e il Combat Pack per PlayStation Plus: a partire dal 19 aprile, gli abbonati al servizio di Sony potranno scaricarlo ottenendo una nuova Skin Operatore per Oni, il fucile d’assalto Striking Distance, il progetto arma per SMG Show Stopper, l’adesivo Prepared to Fight, l’emblema Tusk to Horn, il ciondolo per arma Oni Ready e il biglietto da visita Crumbling. Insomma, anche con la terza stagione MW2 ha moltissimi contenuti da offrire ai giocatori.

Francesco Pellegrino Lise




Dall’Ue un Cyber-scudo per la sicurezza informatica

Un Cyber-scudo per rafforzare la risposta Ue agli attacchi informatici e alle interferenze straniere sulle infrastrutture critiche.

E’ la proposta cardine del nuovo Cyber Solidarity Act adottato oggi dalla Commissione europea per rafforzare la sicurezza informatica, la cooperazione tra i Paesi membri e l’assistenza reciproca in caso di crisi. Il meccanismo prevede il dislocamento, a partire dal 2024, di centri operativi di sicurezza nazionali e transfrontalieri su tutto il territorio Ue.

I finanziamenti dedicati all’intero disegno di legge ammontano a 1,1 miliardi di euro, di cui circa i due terzi dal programma Europa digitale.

Nei piani dell’esecutivo comunitario, i centri operativi di sicurezza nazionali e transfrontalieri saranno incaricati di rilevare e agire sulle minacce informatiche attraverso tecnologie all’avanguardia come l’intelligenza artificiale e l’analisi avanzata dei dati, condividendo tra loro “in modo tempestivo” le allerte sugli incidenti oltre frontiera.

“Traendo spunto dalla guerra anche cibernetica in Ucraina, ora stiamo rafforzando la nostra resilienza e capacità di risposta”, ha evidenziato il vicepresidente Ue, Margaritis Schinas, spiegando che il nuovo Cyber Solidarity Act rappresenta “un cambiamento radicale nella capacità operativa di rilevare, proteggere e rispondere alle minacce informatiche, sia a livello nazionale che dell’Ue”.

F.P.L.




Road 96 Mile 0, alla ricerca della libertà

Road 96 Mile 0, è il prequel dell’omonimo Road 96 sviluppato dallo studio francese Digixart. Questa nuova avventura grafica è ambientata poco prima dell’inizio del viaggio di Zoe, uno dei personaggi principali del titolo originale, in compagnia però di Kaito, protagonista di un’altra opera targata Digixart, Lost In Harmony. Il titolo è disponibile per Pc, PlayStation, Xbox e Nintendo Switch ed offre a tutti gli amanti del genere un viaggio incredibile alla ricerca di se stessi dove si entra in contatto con un mondo di mezzo fatto di menzogne, paure e tanta, troppa propaganda, in una realtà dominata da un potere che non ammette repliche né alcun genere di contestazione. Potrebbe essere equiparato ad alcuni paesi poco democratici, sorretti a loro volta da ideali consumistici e conformisti, non intenzionati a curare i giovani e la loro libertà. Ma andiamo con ordine, il titolo ha inizio nel 1996 e ci si trova a pochi giorni dalla “probabile” rielezione del governante Tyrak, il dittatore raffigurato nelle tante e grottesche statue sparse per la città, mentre il ricordo dell’attentato che le Brigate Nere hanno compiuto dieci anni prima si ripresenta come uno spettro del passato. Kaito e Zoe, due adolescenti legati da una forte ma poco convenzionale amicizia, passano le giornate ad ammazzare il tempo nel cantiere di un palazzo che funge da perfetto rifugio segreto, fino a quando non facciamo irruzione nei pensieri del ragazzo per essere catapultati nel tumultuoso incipit di Road 96: Mile 0. In quanto prequel, Mile 0 si trattiene dal fornire una gran quantità di informazioni sul mondo di gioco. Lo fa, forse, dando un po’ per scontato che il giocatore abbia già percorso la novantaseiesima strada nell’esperienza del 2021, ma questo non rende le cose più difficili a chi dovesse arrivare soltanto ora nel controverso mondo di Petria. Già dalle battute iniziali è facile capire il contesto politico in cui ci si muove. È quello di un paese diventato ricco grazie all’estrazione di petrolio e allo sfruttamento del lavoro: una dittatura che porta il nome di Tyrak. La ricchezza, neanche a dirlo, è distribuita tutt’altro che equamente, e il divario tra classe operaia – le cosiddette “tute blu” – e l’élite del paese è più accentuato che mai, messo in evidenza dal contrasto che c’è tra i due protagonisti. Al fianco di Kaito, che è figlio di umili lavoratori e vive in uno degli appartamenti più fatiscenti della città, troviamo infatti Zoe, volto noto a chi ha giocato Road 96, che qui palesa le sue origini altolocate. Spirito ribelle per natura, come sembra suggerire il caos della sua cameretta, Zoe è figlia del ministro del petrolio, uno degli uomini più influenti e vicini a Tyrak. Detesta la propaganda politica, anche se non crede, tutto sommato, che suo padre e il governante siano persone senza scrupoli. Kaito, dal canto suo, pare avere le idee più chiare sullo stato di profonda iniquità in cui si trovano gli abitanti di White Sands. Questa divergenza di punti di vista si presta bene alla costruzione di un rapporto basato sul sistema di scelte morali messo a punto da DigixArt. Nel corso dell’avventura – la cui durata effettiva non supera le 6 ore di gioco – bisogna stabilire in che modo i due protagonisti si relazioneranno l’uno con l’altra, imparando quindi a esplorare le loro idee, mettendo alla prova le convinzioni più radicate di entrambi. Le scelte che si fanno hanno un impatto sullo sviluppo del plot e porteranno quindi a finali diversi in base a come si è deciso di comportarci, in base a cosa abbiamo deciso di credere. L’impressione, pur avendo visto soltanto due dei diversi finali possibili, è che non si arrivi mai ad un epilogo netto, senza sfumature e pertanto banale. Questo perché le scelte hanno sempre delle conseguenze concrete quanto inaspettate, cosa che costituisce peraltro un buon incentivo alla rigiocabilità. D’altra parte, quest’anima poliedrica di Mile 0 si ritrova anche nel registro narrativo adottato dallo studio francese, che mischia una buona dose di humor a momenti toccanti e satira politica. Scene surreali e scambi di battute quasi nonsense si intrecciano a plot twist ricchi di pathos, mentre sullo sfondo campeggia una severa – ma forse un po’ troppo esplicita e per questo meno pungente – critica all’ingiustizia sociale e all’inquinamento, in un ordito coinvolgente per scrittura e contenuto. L’equilibrio tra le molteplici prerogative del racconto tiene banco per tutta l’esperienza, anche se alle volte capita che gli eventi si susseguano in modo troppo repentino, colpa di una sceneggiatura dal ritmo frenetico e a tratti dispersivo.

Dal punto di vista prettamente ludico il titolo abbandona le meccaniche già viste in passato con Road 96. Mile 0 infatti abbraccia uno stile totalmente diverso, adattandosi in modo esemplare a una struttura di gioco che colpisce e intrattiene. A metà fra un’avventura narrativa con una forte presenza di dialoghi e a metà fra un’avventura dinamica. Road 96: Mile 0 è una produzione che arriva all’obiettivo senza strafare, aggiungendo un’esplorazione più libera del mondo di gioco e in generale di White Sands, al netto dell’assenza di missioni secondarie e di attività simili. Lo scopo di Road 96: Mile 0 è essere un collante con la narrazione del capitolo antecedente, proponendo quindi una struttura di gioco inedita e lineare. Nonostante siano presenti delle scelte che possono determinare la trama, con delle inevitabili conseguenze che possono cambiare il destino dei personaggi e in generale il mondo di gioco, Road 96: Mile 0 risulta un’opera ricca di sfumature soprattutto sul piano ludico. Forte e coraggioso, in grado di intrattenere e impressionare, l’opera ha la capacità di esaltare in modo particolare l’ossatura del game design. Sebbene non proponga nulla di troppo diverso dal passato, Road 96: Mile 0 è un’avventura in prima persona che spinge il giocatore a prendere tutto il tempo necessario per esplorare in modo appassionato e sfaccettato un mondo di gioco piccolo ma comunque strutturato in modo preciso. Non c’è da aspettarsi ovviamente un open world enorme e travolgente, perché non è questo il piano dell’opera né è il principale obiettivo di Yoan Fanise. Il game designer francese è celebre per unire diversi approcci nei suoi videogiochi, e in questo caso ha aggiunto una linea morale ben diversa dal passato. Durante l’esperienza, infatti, sarà possibile impersonare sia Zoe che Kaito, vivendo attimi delle loro esistenze. Cambieranno punti di vista, si emozioneranno e dovranno pure capire chi essere. Se Zoe è indecisa e in dubbio sul regime di Tyrak, è soprattutto grazie a Kaito, che non sembra mai pensare totalmente con la sua testa. L’obiettivo dell’opera, infatti, è proprio rendersi consapevoli delle proprie scelte. Questo avviene attraverso la scoperta delle proprie sensibilità e in generale in momenti a bordo di uno skateboard o sui rollerblade, in cui delle composizioni autoriali provenienti dalla musica pop, rock e metal accompagnano i protagonisti per l’intero arco narrativo della produzione. Coinvolgente, efficace e preciso, rappresenta una struttura di gioco adattata per indirizzare al giocatore un valevole messaggio di speranza. Scoprire è il lato più umano e confortevole che esista, capire sé stessi è il migliore in assoluto, assorbire le proprie esperienze e capire dove si vuole andare sono il segreto per essere felici. A livello estetico, la direzione artistica di questo prequel seguita sulle orme di Road 96, con un tratto molto espressivo e l’utilizzo di una palette cromatica dai colori piuttosto saturi. Purtroppo ci sono parse meno autentiche le espressioni facciali, che appiattiscono la resa complessiva. A questo si aggiunge anche un troppo frequente effetto pop-in quando si volge lo sguardo al paesaggio intorno. Tirando le somme, Road 96: Mile 0 è un videogioco coinvolgente e di grande pregio dal punto di vista della scrittura. Un videogioco politico che ne sa parlare in modo diretto e per nulla scontato, prendendo solo il meglio da un tema così importante. La narrazione, inoltre, racconta quanto la libertà sia fondamentale per essere veramente felici. Sotto questo aspetto, infatti, c’è da dire che la storia ha dimostrato tanto coraggio e passione. Sorretto da un game design ben orchestrato e semplice, Road 96: Mile 0 è il prequel degno del suo predecessore in tutto per tutto. Un’esperienza travolgente e toccante. Consigliamo a chiunque di giocarlo in quanto questo titolo è davvero qualcosa che vi resterà nel cuore.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Linkedin, arrivano le spunte blu gratuite per i profili “verificati”

Linkedin si adegua al panorama social e vara le spunte blu sulla piattaforma professionale. A differenza di Facebook, Instagram e Twitter però, la rete professionale di proprietà Microsoft non chiederà alcun pagamento per ottenere il badge. Questo verrà associato, per gli utenti che lo chiederanno, al proprio datore di lavoro. Una sorta di riconoscimento per appurare che il professionista è realmente chi afferma di essere sul network. Sono tre le modalità con cui verificare il profilo. La prima si basa sull’utilizzo di Clear, piattaforma di autenticazione statunitense, che usa il numero di carta di identità e un numero di cellulare registrato negli Usa. La seconda è tramite un indirizzo e-mail aziendale mentre la terza poggia sul servizio Entra di Microsoft, un sistema di accesso simile alla versione Outlook per le aziende. LinkedIn evidenzierà le verifiche con un segno di spunta sui profili. La verifica tramite e-mail aziendale è già disponibile per tutti gli utenti di LinkedIn, a condizione che lavorino presso una delle oltre 4.000 aziende supportate. La verifica di Microsoft Entra verrà invece lanciata alla fine di aprile per 2 milioni di membri e poi estesa a tutti gli altri. La piattaforma Entra è basata su standard aperti, quindi può funzionare su una varietà di sistemi di identità. “L’autenticità online non è mai stata così importante” ha affermato Alex Weinert, vicepresidente della sicurezza delle identità di Microsoft, in un’intervista a The Verge. “Abbiamo assistito a un costante aumento delle presentazioni fraudolente negli ultimi anni, con persone che fingono di essere qualcun altro. Abbiamo bisogno di un sistema che ci dia la validità del professionista con cui si sta parlando, anche per certificare la presenza di un’azienda online”. Insomma, nell’immediato futuro provare di essere ciò che si dichiara online diventa assolutamente necessario per risultare credibili agli occhi del mondo.

F.P.L.




Anno 1800, la Rivoluzione industriale sbarca anche su console

Anno 1800 è un videogame del genere city builder, ossia un gioco dove bisogna costruire e far progredire un agglomerato urbano tenendo conto di tutti i parametri socioeconomici. Oggi, il titolo targato Ubisoft finalmente vede la luce anche su Xbox e PlayStation a distanza di alcuni anni dal lancio per Pc (avvenuto nel 2019). Il software è la settima incarnazione della leggendaria saga ed è un esponente del suo genere denso di contenuti, eterogeneo, complesso e soprattutto molto divertente. Anno 1800 quindi è un videogame contraddistinto da una grandissima qualità di fondo, qualità che lo ha reso amatissimo tra gli appassionati, e da una complessità non da poco grazie soprattutto a una miriade di funzioni. Insomma, è veramente un’opera magistrale che sa esprimersi al massimo su computer, ma che mostra tutta la sua potenza anche su console dove il pad riesce a sostituire mouse e tastiera rivelandosi un alleato formidabile nella costruzione del proprio impero nel bel mezzo della rivoluzione industriale. Ma partiamo dal principio, lo scopo dei giocatori una volta avviato Anno 1800 è costruire una colonia florida sia dal punto di vista sociale, sia da quello economico. Partendo da un piccolo porto e una nave, bisognerà essere in grado di espandere il proprio centro abitato in modo tale da trovare un equilibrio tra industrie e agricoltura, scuole ed elementi di svago, così da avere una popolazione attiva, ma nel complesso soddisfatta. Nel caso in cui non si riuscisse a creare una società tale da soddisfare le aspettative degli abitanti il rischio di una rivolta è sempre dietro l’angolo, quindi amministrare con saggezza e prudenza è sempre il segreto alla base di un buon governo.

In Anno 1800 la progressione della propria città avviene per gradi. Blue Byte ha pensato ad un sistema che consente di sbloccare progressivamente tutte le sue funzioni man mano che si raggiungono determinati obiettivi. Si parte con un’economia basata sull’agricoltura e una manifattura di base per poi sbloccare edifici sempre più avanzati ed esteticamente moderni (per l’epoca in cui è ambientato il titolo ovviamente), come le acciaierie o i pozzi petroliferi, che richiedono una filiera produttiva alle loro spalle per generare introiti. Ognuna di queste industrie attinge ad un pool specifico di lavoratori, che corrisponde ad un tipo particolare di abitazione. Quelle rustiche servono per creare dei braccianti. Migliorando l’edificio i suoi abitanti da contadini si trasformeranno in lavoratori, poi in artigiani e così via. Questo sistema è per esigenze di gameplay un po’ semplificato e forzato, le fattorie di grano possono essere sbloccate nell’era dei lavoratori e le distillerie o i falegnami utilizzano al loro interno gli agricoltori, ma gli sviluppatori hanno creato un bilanciamento piuttosto interessante, che spinge costantemente a dover rivedere il proprio insediamento. Facendo evolvere le case si va quindi a sostituire la vecchia tipologia di lavoratori con la nuova, costringendo in questo modo a rimpolpare a cascata anche tutti gli anelli della catena ogni volta che si desidera avviare un’attività avanzata. Per aprire una fonderia, infatti, non basta semplicemente gettarne le fondamenta, ma va creata un’infrastruttura di sostegno, fatta di magazzini, miniere e, abitazioni sufficienti a poter ospitare i lavoratori di un’attività così pesante. Non facendo ciò si creeranno degli squilibri che rallenteranno gli altri aspetti dell’economia o renderanno scontenti i lavoratori. Quindi non si tratterà semplicemente di accatastare le risorse necessarie per costruire un edificio, ma di gestire il substrato lavorativo dello stesso. Insomma, Anno 1800 è un’esperienza davvero complessa e che per essere goduta pienamente non va mai gestita con fretta. La mappa di gioco si compone di un numero di isole imprecisato, alcune popolate e altre pronte ad essere colonizzate. C’è da dire però che non tutte le isole sono autosufficienti. Alcune, per esempio, sono poco adatte ad un tipo di coltura, altre non hanno una determinata materia prima. In questo modo si renderà necessario il dover utilizzare le navi costruite nei cantieri per creare rotte commerciali e acquistare ciò che manca nei magazzini. Le navi saranno anche l’unico modo che si ha per combattere gli altri governatori, o per scoprire nuovi continenti verso i quali inviare delle spedizioni. Una volta che si ha a disposizione una flotta si potrà organizzare un equipaggio e racimolare delle scorte per avviare una vera e propria colonizzazione dei territori ancora vergini. In base ad un divertente sistema di scelte multiple si può provare ad indirizzare il modo in cui queste spedizioni si svilupperanno e le conseguenze che avranno. Le navi, infatti, potrebbero non tornare del tutto, perdendo il prezioso carico, o potrebbero trovare qualcosa di particolarmente esotico da esporre nella propria città, così da renderla una gettonata meta di turisti.

Così facendo Blue Byte ha aggiunto un sistema di imprevedibilità all’interno della serie, che porta un’interessante ventata di aria fresca all’interno della canonica struttura da city builder offerta da Anno 1800. Oltre alla modalità libera, gli sviluppatori hanno inserito anche una modalità “storia” che funge da lungo tutorial che consente, una volta completato, di aver ben chiare le meccaniche di base. Forse mancano alcuni strumenti per avere una lettura completa al cento per cento della propria comunità, come un’enciclopedia nella quale è spiegato il funzionamento puntale di ogni edificio o un sistema di analisi del proprio territorio e della propria economia, così da comprendere nel dettaglio cosa fare per non andare in bancarotta, ma tutto funziona bene ed è stato incastrato con cura con gli altri elementi. Per quanto riguarda l’utilizzo del controller, i miglioramenti non si fermano ai soli utilissimi menu radiali, ma vanno più nel profondo. L’intera user interface in generale è infatti stata adattata per la versione Xbox e PlayStation, inoltre altri piccoli accorgimenti, come la connessione automatica del manto stradale durante la costruzione di blocchi di case o alcune comode shortcut per selezionare beni e oggetti, rendono il tutto più fluido. Se proprio dobbiamo trovare qualche lato negativo in questa conversione di 1800, possiamo dire che l’assenza della possibilità di utilizzare mouse e tastiera potrebbe far storcere il naso a qualcuno. Inoltre, le differenze con la versione madre di Anno 1800 non si fermano però qui. Alcuni scenari e DLC, come ad esempio The Passage, New World Rising e Land of Lions, ossia i più sostanziosi rilasciati per il titolo, non sono attualmente previsti su PlayStation e Xbox e resteranno quindi con ogni probabilità esclusive PC. Dal punto di vista strettamente tecnico, Anno 1800 Console Edition si difende davvero bene. Abbiamo provato la versione Xbox Series X del gioco e non abbiamo trovato nulla di cui poterci effettivamente lamentare. Certo, alcune texture non sono esattamente il massimo, ma nel complesso il titolo di Ubisoft ci ha convinto sia dal lato estetico che da quello meramente ludico. La possibilità di vedere il proprio villaggio espandersi e diventare città nell’ardore della rivoluzione industriale su un televisore 55 pollici OLED è del resto un vero e proprio spettacolo. Quindi, proprio per tali ragioni, il nostro consiglio è quello di non lasciarsi sfuggire la versione console di Anno 1800.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 9

Gameplay: 8,5

Sonoro: 9

Longevità: 9,5

VOTO FINALE: 9

Francesco Pellegrino Lise




Meta non rinnova l’accordo con la Siae, via la musica italiana da Facebook e Instagram

Meta, la holding proprietaria di Facebook e Instagram, ha reso noto di non aver raggiunto un accordo con la Siae per il rinnovo della licenza sul diritto di autore. Di conseguenza sui social vengono bloccati o silenziati i brani che rientrano nel repertorio Siae, gli altri continuano ad essere disponibili. ”Una decisione unilaterale che lascia sconcertati”, dichiara la Società degli autori ed editori italiani. “Abbiamo accordi di licenza in oltre 150 paesi nel mondo, continueremo a impegnarci per raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti”, ribatte la società di Mark Zuckerberg. “No al far west, i colossi rispettino le opere d’ingegno e la sovranità legislativa degli Stati”, sottolinea il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano che aggiunge: “La indiscutibile libertà di mercato va esercitata all’interno di regole condivise e rispettate da tutti: è il fondamento di una convivenza pacifica e produttiva”. “La scelta di Meta è un danno enorme che preoccupa” dice il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’informazione a all’editoria, Alberto Barachini. Meta per consentire l’uso della musica sui social, che rende più accattivanti i post di creator e influencer, stringe accordi sul copyright con i titolari dei diritti musicali in tutto il mondo. Nel territorio europeo ha partner in Spagna, Francia, Germania, Svezia, Regno Unito e Turchia. La rottura con la Siae rappresenta un precedente mondiale per il colosso di Menlo Park. Ha un impatto sui Reels (i video brevi su Facebook e Instagram), sul flusso delle notizie di Instagram, e sulle Storie di Facebook e Instagram. Su Facebook i contenuti impattati vengono bloccati, su Instagram silenziati. “Purtroppo non siamo riusciti a rinnovare il nostro accordo di licenza con Siae – rende noto Meta – da oggi avvieremo la procedura per rimuovere i brani del loro repertorio nella nostra libreria musicale. Continueremo a impegnarci per raggiungere un’intesa che soddisfi tutte le parti, crediamo sia un valore per l’intera industria musicale permettere alle persone di condividere e connettersi sulle nostre piattaforme utilizzando la musica che amano”. ”A Siae viene richiesto di accettare una proposta unilaterale di Meta prescindendo da qualsiasi valutazione trasparente e condivisa dell’effettivo valore del repertorio – ribatte la Società degli autori ed editori italiani – Tale posizione, unitamente al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, è evidentemente in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright per la quale gli autori e gli editori di tutta Europa si sono fortemente battuti. Siae ha continuato a cercare un accordo con Meta in buona fede, nonostante la piattaforma sia priva di una licenza a partire dal 1 gennaio 2023″. Per Mogol, presidente onorario di Siae e celebre autore e compositore, la battaglia in difesa degli autori “è sacra, queste piattaforme guadagnano miliardi e sono restie a pagare qualcosa”. L’industria musicale, attraverso il suo presidente Enzo Mazza, auspica che “Siae e Meta trovino presto un accordo nell’interesse del crescente mercato musicale in Italia e degli aventi diritto”. “Chiediamo che Meta riapra immediatamente in buona fede un tavolo negoziale con Siae”, gli fa eco il presidente della Federazioni Editori Musicali, Paolo Franchini. L’associazione influencer, in una nota, auspica “che il dialogo tra le due realtà abbia un epilogo costruttivo”, nella convinzione che, “specialmente per quanto concerne le professioni creative, sia importante ripristinare il precedente stato dell’arte”. Infine, rilievi anche da parte di Soundreef, gestore indipendente dei diritti d’autore. “Sappiamo che il take down dei brani da parte di Meta sta riguardando anche il repertorio integralmente amministrato da Soundreef e i repertori esteri – sottolinea il gruppo – È evidente che l’esito della trattativa tra Meta e Siae sta danneggiando tutte le società di collecting operanti, in Italia e non. Stiamo contattando entrambe le parti per capire come l’intera negoziazione sia stata condotta e stiamo lavorando per ripristinare sulle piattaforme Meta tutti i brani di cui amministra totalmente i diritti”.

F.P.L.




Mato Anomalies, il “Jrpg” cyberpunk dall’atmosfera unica

Mato Anomalies è un “Jrpg” sviluppato dallo studio cinese Arrowiz e fortemente ispirato alle ambientazioni cyberpunk. Il titolo, come i più attenti potranno notare dopo poche ore di gioco, si ispira chiaramente a produzioni quali Shin Megami Tensei e soprattutto al suo spin-off Persona, soprattutto sul piano dell’impostazione narrativa e tematica. La città fittizia di Mato colorata, ricca di “vita” e densa di persone, che si susseguono con fare scanzonato e assolutamente ignaro sui freddi cocci di una strada apparentemente ricca di vita, nasconde più di un misterioso e tetro segreto. Nascosti nei meandri dell’oscurità si annidano infatti tantissimi punti oscuri, che proprio come in Persona, e in particolare Persona 5, la fanno da padrona nell’economia generale della trama. I desideri, l’odio, la sede di potere, la voglia di sovrastare a ogni costo il prossimo: questi sono tutti i temi che ruotano intorno alla giostra narrativa di Mato Anomalies, di cui il mondo di gioco ne è lo scenario perfetto. In questo complesso universo si va a incastonare il protagonista della storia, ossia il Detective Doe, trovatosi, suo malgrado, imbrigliato in un susseguirsi di eventi che vanno ben al di là della sua comprensione. Proprio come accade nei lavori di Atlus, la città di Mato è soltanto la parte visibile di un mondo oscuro che si cela in profondità, dominato dalle più terribili delle emozioni umane, che prendono forma in molteplici modi, sotto lo sguardo ignaro della gente comune. Insomma: la città di Mato ha un disperato bisogni di aiuto, così come lo stesso protagonista, che appare sin dalle prime battute un personaggio fragile ma che cerca in tutti i modi di fare la cosa giusta. Proprio il poter contare sul prossimo rappresenta infatti un altro passo in termini di caratterizzazione del mondo in cui si svolge la storia, e tal proposito diventa fondamentale il discorso dei comprimari, Genma su tutti, che entrano via via in contatto con il protagonista e lo aiutano, anche per motivi strettamente personali, a tentare di far luce sull’oscurità che sembra destinata a prendere il sopravvento su una città sempre più in balia della perdizione, ma soprattutto su chi trama dietro tutto questo. Complice un cast ben caratterizzato e discreto esercizio di worldbuilding, il canovaccio narrativo di Mato Anomalies è complessivamente interessante, soprattutto nel caso in cui il giocatore apprezzi il paranormale e le tematiche mature, angoscianti e attuali quali la lotta alla corruzione e al potere esercitato dalle grandi aziende e dai gruppi malavitosi, la tendenza del governo a insabbiare gli incidenti, e via discorrendo. A non funzionare, però, è l’esposizione del racconto, che a causa degli odiati dialoghi prolissi in stile visual novel e di un’abbondante dose di backtracking, rallenta enormemente lo sviluppo degli eventi. Se i primi 15 minuti della campagna inondano l’utente con una valanga di informazioni confuse e che cominciano ad avere un minimo di senso solo col passare del tempo, le successive 30 ore necessarie per giungere ai titoli di coda ci sono sembrate molto più lente del dovuto.

Se l’impianto narrativo non è esattamente il punto di forza di di Mato Anomalies, bisogna riconoscere che il titolo si comporta molto meglio sul piano ludico, anche perché gli sviluppatori – pescando nuovamente da Persona 5 – hanno suddiviso il gameplay in due fasi ben distinte, realizzando un vero e proprio mix di generi. Ambientate nel mondo umano, le sequenze che vedono per protagonista Doe chiedono al giocatore di perlustrare le strade di Mato per raccogliere indizi sugli incidenti avvenuti in città e parlare con gli NPC per estorcere loro qualche segreto, mentre quelle incentrate su Grim si consumano nei labirinti dell’altro mondo, dove l’esorcista e gli altri combattenti reclutabili nel corso della campagna sono chiamati ad affrontare in battaglia la Marea Funesta. Benché inizialmente ci stessero convincendo più delle seconde, le prime sono le sequenze che alla lunga abbiamo apprezzato di meno, poiché la raccolta di prove e informazioni costringe il giovane detective a spostarsi continuamente da un luogo all’altro della città e a tornare anche moltissime volte in posti già visitati fino allo sfinimento, nella speranza che gli abitanti abbiano qualche nuovo indizio utile alla causa. Tenendo presente che la città di Mato non è poi tanto vasta e che nella prima parte dell’avventura le location accessibili sono molto poche, le fasi dedicate al cammino di Doe risultano assai ripetitive e monotone. Per ravvivare ciò, pero, gli sviluppatori di Arrowiz hanno dotato l’investigatore di un potere sovrannaturale attraverso il quale può letteralmente entrare nella mente del proprio interlocutore e persuaderlo a collaborare. Instaurata una connessione mentale, il detective gioca fondamentalmente una partita a carte con l’interrogato di turno, dove lo scopo è quello di azzerare i suoi punti salute. Per riuscire in tale impresa, il giocatore è chiamato a scegliere uno dei vari mazzi posseduti da Doe, ognuno dei quali favorisce un diverso tipo di approccio: se per esempio il primo è indicato agli scontri uno contro uno, il secondo favorisce l’eliminazione di più bersagli, anche perché nella maggior parte delle persuasioni bisogna vedersela non solo con l’interrogato, ma anche con qualche demone intenzionato a far fallire l’operazione. Seppur simpatica, la trovata di Arrowiz convince solo a metà, in quanto il segreto per vincere le sfide neurali non risiede tanto nella strategia o nella personalizzazione dei mazzi, quanto nella casualità: se con alcuni deck è praticamente impossibile ottenere la vittoria in determinati duelli, ve ne sono altri in cui sembra quasi di avere il pilota automatico. Selezionare il giusto mazzo all’inizio dello scontro è insomma l’unico vero requisito per completare l’intrusione mentale con successo. Per la gioia di coloro a cui non piacciono i card game, lo studio Arrowiz ha comunque abilitato la possibilità di saltare gli scontri neurali dopo tre fallimenti, senza incappare in alcuna penalità o malus. Per quanto riguarda il combattimento vero e proprio di Mato Anomalies, esso sarà disponibile una volta individuate nuove fenditure dimensionali. Infatti a questo punto le fasi investigative cedono il passo all’esplorazione dei dungeon, che fondamentalmente consistono in lunghi corridoi abbastanza lineari e stracolmi di nemici visibili a schermo da abbattere per potersi spianare la strada verso l’uscita e l’immancabile boss del Covo. La fight avviene rigorosamente a turni e il sistema di combattimento consente di schierare in campo un massimo di quattro lottatori, i cui punti salute sono però condivisi. Anziché avere tre barre HP distinte, la squadra ne ha una soltanto, e dal momento che l’utilizzo delle tecniche speciali non richiede alcun punto magia, ma è soggetto a tempi di cooldown talvolta anche lunghi, è molto importante pianificare le proprie mosse e scegliere il momento adatto per ricorrere alle abilità di guarigione. Dovendo prestare attenzione a debolezze e resistenze di ciascun nemico, Mato Anomalies offre insomma una apprezzabile quanto impegnativa componente strategica, che se sfruttata a dovere semplifica persino gli scontri sulla carta più impegnativi. A questo proposito segnaliamo che lo studio cinese ha preferito implementare un selettore di difficoltà, che permette di modificare in qualsiasi momento il livello di sfida e adattarlo alle necessità del giocatore. Fra le tre opzioni disponibili (Facile, Normale e Difficile), durante la nostra lunga prova su Xbox Series X abbiamo scelto il livello intermedio, che solo in poche occasioni è incappato in qualche picco di difficoltà neanche troppo elevato. Peccato soltanto che la rosa degli antagonisti sia abbastanza carente dal punto di vista della varietà, ragion per cui purtroppo ci si ritroverà a dover affrontare legioni di nemici comuni quasi sempre uguali.

Sul piano artistico e tecnico, Mato Anomalies vive di un dualismo costruttivo difficile da non individuare praticamente subito. Il lavoro svolto dai ragazzi di Arrowiz è molto interessante sul piano dell’ispirazione e delle concezione artistica. Da vedere, infatti, Mato Anomalies è un prodotto che funziona, pur senza alcun tipo di magia creativa, che fa del “dualismo” cromatico la sua arma migliore, un dualismo generato dalla continua mescolanza tra l’oscurità di una città che sembra bloccata in una notte continua, illuminata però dalle luci dei negozi e delle case che hanno un peso specifico diametralmente opposto all’oscurità di cui parlavo poco sopra. Questa scelta di art design viene appoggiata anche dalla scelta di avvalersi di un cel-shading che funziona molto bene e che, anzi, riesce ad amplificare ancora di più il contrasto tra i colori forti dei personaggi e delle strutture in generale rispetto agli sfondi più oscuri e meno “violenti” sul piano cromatico. Anche il design dei cast è molto interessante. Arrowiz ha svolto un ottimo lavoro in tal senso, creando un insieme di personaggi, sia tra quelli principali sia tra i comprimari e tra gli antagonisti, che non hanno nulla da invidiare alle migliori produzioni animate. Da questo punto di vista, per quanto le mappe siano comunque molto piccole e poco “aperte” il lavoro svolto dal team di sviluppo è decisamente vincente, soprattutto se si considera la parte più “umana” del mondo e non quella cognitiva. Nel mondo “nascosto”, infatti, si ha la sensazione che i covi e in generale le mappe siano troppo ripetitive e poco ispirate, così come il design dei mostri che vivono al loro interno, tutti complessivamente abbastanza anonimi e poveri di particolari. La complessiva buona riuscita del comparto artistico, però, si scontra con quella tecnica, che non ci ha entusiasmato particolarmente. Per quanto complessivamente “stabile” nella sua fruizione, Mato Anomalies è un prodotto tecnicamente superato e poco performante. Tempi di caricamento lunghi e molto frequenti, anche per effettuare piccoli spostamenti, e in generale una povertà complessiva in termini di pixel danneggiano Mato Anomalies mettendo a nudo il suo sviluppo “limitato”. Purtroppo è un peccato, anche perché la scelta di affidarsi a una sorta di stile “manga” in alcune cutscene e nelle fasi di dialogo è sicuramente una trovata molto originale e che si sposa alla grande con lo stile anime dell’opera, ma che viene in qualche modo messo in cattiva luce proprio dalla veste eccessivamente minimal ed essenziale del resto del pacchetto. Discorso molto simile anche per il comparto sonoro, che risulta essere troppo anonimo. Le tracce che accompagnano il viaggio di Doe si contano sulla punta delle sita e sono sempre poco ispirate. Sufficiente il doppiaggio inglese, che non si eleva verso nessuna vetta clamorosa e che si limita a svolgere in maniera discreta il proprio compito, senza alcun tipo di picco o colpi di genio vari. Buoni i sottotitoli in italiano che faranno la gioia di chi non mastica la lingua d’oltre Manica. In conclusione, Mato Anomalies nonostante i difetti sopra elencati e un comparto tecnico decisamente vecchio, riesce a difendersi grazie a una buona giocabilità e a una narrativa tanto criptica quanto capace di incuriosire. La doppia anima un po’ gioco di carte, un po’ Jrpg con tantissimi dialoghi e le innumerevoli tematiche mature, sono gli ingredienti che riescono a mantenere Mato Anomalies su buoni livelli nonostante una grafica nata vecchia e un sonoro fin troppo anonimo. Insomma, ci troviamo dinanzi a un titolo in grado sicuramente d’intrigare ma che non riesce a stupire del tutto.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7,5

Sonoro: 7,5

Gameplay: 8

Longevità: 7,5

VOTO FINALE: 7,5

Francesco Pellegrino Lise




Apple Music Classical, l’app definitiva per gli amanti dei grandi compositori

Apple Music Classical è, come suggerisce il nome, un’app tutta dedicata alla musica classica, con un catalogo composto da oltre 5 milioni di brani a cui si affiancano le biografie dei principali compositori e approfondimenti sulle opere. Per l’offerta di musica classica, il colosso di Cupertino ha badato soprattutto alla qualità: alcuni brani potranno infatti essere ascoltati con risoluzione Hi-Res Lossless, ossia la migliore possibile oggi su dispositivi della Mela, con migliaia di registrazioni composte con audio spaziale, più avvolgente. Apple Music Classical offrirà inoltre una serie di ritratti digitali ad alta risoluzione completamente restaurati di molti dei più grandi compositori della storia. Si tratta di lavori, spiega la società, “appositamente commissionati a un gruppo eterogeneo di artisti e artiste. Le immagini fondono la ricerca storica con i colori e i riferimenti artistici del relativo periodo classico. I risultati mostrano un’attenzione ai dettagli, portando il pubblico faccia a faccia con i volti più importanti della musica classica”. L’app offre la possibilità di effettuare ricerche per compositore, opera, direttore d’orchestra o anche per numero di catalogo, per trovare immediatamente registrazioni specifiche. Al momento, non è prevista una versione per iPad o Mac ma solo su iPhone con sistema operativo iOS 15.4 o successivo. Nel corso dei prossimi mesi, Music Classical arriverà anche su Android. Il download è gratuito ma sarà richiesto un abbonamento Apple Music per la fruizione. In un breve video introduttivo l’azienda di Tim Cook definisce l’app “a new dawn in classical music”. Sicuramente questa operazione fa bene a tutto il “mondo classica”. Le persone che utilizzano prodotti Apple sono prevalentemente giovani, grandi consumatori di musica e pieni di curiosità, per i quali la piattaforma propone una serie di playlist capaci di intercettare i loro gusti. Anche il mondo discografico, ancora troppo legato al disco fisico e ai tanti costi, può trarne benefici. Non solo. C’è la possibilità che aumentino gli spazi per nuovi e promettenti progetti. Apple pare stia già facendo accordi con artisti di musica classica e istituzioni musicali per offrire contenuti e registrazioni esclusive. Bisogna capire se l’azienda vuole lanciarsi stabilmente anche nel mondo della produzione approcciandosi con la stessa strategia usata per Apple TV: produrre poco a livello quantitativo ma di altissimo livello qualitativo.

F.P.L.