PEPERONCINI: POSSONO INIBIRE I TUMORI INTESTINALI

Redazione

 

I ricercatori di San Diego, negli Stati Uniti, presso la school of Medicine della University of California, hanno scoperto che capsaicina, un principio attivo presente nei peperoncini piccanti come quegli del Cile, producono l'attivazione permanente di un recettore per le cellule che rivestono l'intestino dei topi, generando una reazione che riduce il rischio di tumori del colon-retto.Il ricevitore o il canale ionico, chiamato TRPV1, fu scoperto originariamente in neuroni sensoriali, dove agisce come una sentinella per calore, acidità e sostanze chimiche del piccanteLo studio è stato pubblicato questo venerdì in 'Giornale di ricerca clinica'. Pertanto, TRPV1 è stato descritto come un recettore molecolare di dolore. I canali ionici TRPV1 e TRPV2 sono attivati da diversi stimoli come acidi, protoni extracellulari, alte temperature, tossine di piante e agonisti vanilloidi, così definiti per la presenza nella loro struttura di un nucleo vanillinico, come nella capsaicina ossia il principio attivo del peperoncino. Oltre alla capsaicina, molti altri composti naturali irritanti sono in grado di attivare i recettori vanilloidi. I ricercatori hanno notato che il meccanismo di transduzione attivato dalla capsaicina è identico a quello indotto dalle alte temperature: i canali TRPV1 si aprono e permettono a una corrente che depolarizza il neurone di penetrare e generare un segnale elettrico che si propaga fino al cervello. Quindi i recettori TRPV1 funzionano come ‘termometri molecolari’ in quanto si attivano quando lo stimolo termico oltrepassa i 43°C. Recenti studi hanno inoltre osservato che il ligando endocannabinoide anandamide agisce come agonista endogeno nei confronti del recettore vanilloide. Generalmente i vanilloidi esercitano un’azione bifasica sui nervi sensoriali, cioè dapprima vi è una eccitazione seguita da un durevole periodo refrattario. L’esposizione alla capsaicina porta prima una sensazione di bruciore e in seguito un periodo di analgesia, in cui il neurone non riesce a rispondere a stimoli nocicettivi di diversa natura. Il ruolo del recettore vanilloide nella sensazione dolorifica e l’osservazione che durante condizioni infiammatorie l’espressione di TRPV1 è aumentata hanno indotto la ricerca di nuovi antagonisti TRPV1 che potrebbero avere potenziale terapeutico negli stati di dolore cronico.Ma Raz e i suoi colleghi hanno trovato che TPRV1 è inoltre stimolato dalle cellule epiteliali intestinali, ove attivato dalla crescita del recettore del fattore epidermico (EGFR). EGFR è il recettore nella guida della proliferazione dell'intestino di cellule principali, il cui rivestimento epiteliale è sostituito circa ogni quattro-sei giorni. Petrus De Jong, uno degli autori principali dello studio ha dichiarato "Un livello base di attività EGFR è necessaria per mantenere la normale rotazione delle cellule nell'intestino" . "Tuttavia, se la segnalazione di EGFR è consentita senza restrizioni, aumenta il rischio di sviluppo di tumori sporadici".Gli scienziati hanno scoperto che TRPV1, una volta attivato da EGFR, avvia un feedback negativo diretto sulla EGFR, riducendo quest'ultima per ridurre il rischio di una indesiderata crescita e sviluppo del tumore intestinale. "Questi risultati hanno mostrato che l'epitelio TRPV1 normalmente funziona come un soppressore dei tumori nell'intestino," "L'associazione diretta tra la funzione di TRPV1 e cancro colorettale umano deve essere affrontata in studi futuri,", afferma l'esperto. Questo studio suggerisce che un potenziale rimedio potrebbe essere la capsaicina piccante, che agisce come un irritante nei mammiferi, generando una sensazione di bruciore a contatto con il tessuto.La capsaicina è già ampiamente usata come analgesico e grazie alle sue proprietà di intorpidimento dei nervi è utilizzata come irritante nei gas lacrimogeni meno pericolosi. È inoltre l'ingrediente attivo degli spray al pepe.I ricercatori hanno alimentato con la capsaicina topi geneticamente inclini a sviluppare tumori multipli nel tratto gastrointestinale. Il trattamento ha comportato una riduzione dell'onere di tumore ed allungando la vita dei topi più del 30 per cento, un trattamento che è risultato ancora più efficace se combinato con celecoxib, un farmaco antinfiammatorio non steroideo COX-2 già approvato per l'uso in alcune forme di artrite e dolori. Per Giovanni D'Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti”, una scoperta importante, che apre la strada a nuovi studi e, si spera, a nuove terapie.




VIRUS EBOLA, PANICO DA ZEBOV: LA VARIANTE KILLER DEL VIRUS

Redazione

L'epidemia di Ebola in corso in Africa comincia a preoccupare anche chi si trova dall'altra parte del mondo, tanto che i Centers for Diseases Control (Cdc) hanno deciso di alzare il livello di allerta, preparandosi all'eventualità, tutt'ora considerata remota, di un arrivo del virus su suolo statunitense. Il presidente americano Barack Obama si tiene "costantemente informato" sull'espansione dell'epidemia in Africa.

A non far dormire sonni tranquilli sono le notizie provenienti dall'Africa, dove l'epidemia non sembra dare segni di rallentamento.Era il 1976, quando si cominciò a sentir parlare di Ebola. Un virus fino ad allora poco conosciuto, che colpiva i villaggi africani dello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo) con una violenza inaudita: il tasso di mortalità superiore al 90 per cento e un’incubazione talmente breve da rendere difficile l’intervento tempestivo in quei centri sperduti nel cuore dell’Africa. Più di tutto, quello che colpì l’immaginario collettivo furono gli effetti sul corpo: bubboni, febbre, emorragie interne ed esterne. Il virus scomparve per poi riapparire nel 1995: i morti furono 298. Ora il virus che sta mettendo  in ginocchio alcuni Paesi africani  è tornato a colpire. Ha un tasso  di mortalità del 90 per cento e non esistono cure efficaci. Nella sua storia ha ucciso poco più  di 2mila persone. Il primo caso  venne scoperto in Congo nel 1976.Oggi, che è tornato a colpire in Liberia, Sierra Leone e Guinea (e purtroppo ha sconfinato anche in Nigeria, dove il Governo ha  ordinato che tutti i valichi di frontiera siano messi in allerta), le vittime sono già 670 e gli infettati oltre 1200: la più grande epidemia di Ebola mai conosciuta. La Liberia, uno dei paesi più colpiti, dopo la chiusura quasi totale delle frontiere ha addirittura vietato le partite di calcio, possibile fonte di contagio. Sono 1201 i casi di Ebola confermati fono a questo momento in Africa, con 672 morti, secondo il conteggio dell'ultimo bollettino dell'Oms, pubblicato il 27 luglio.

Ma che cos’è Ebola? Perché è così terribile? E soprattutto, perché se ne parla più che della malaria, che è molto più letale e ogni anno uccide almeno 670mila persone (dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità)?

Andiamo con ordine. Nel 1995 nell’ospedale di Yambuku (ex Zaire), gestito da alcune suore, scoppiò un’epidemia violentissima dall’origine sconosciuta. All’inizio nessuno capiva di cosa si trattasse: i pazienti arrivavano con febbri altissime, poi sopravvenivano lacerazioni del tessuto cutaneo, danni agli organi (fegato, milza e reni soprattutto) come risultato di una necrosi, vomito ed emorragie e infine la morte. Molti medici però scambiarono all’inizio Ebola per malaria, e la curarono (senza successo) con il chinino. Bastarono pochi giorni per capire che invece il virus – comparso per la prima volta in quelle zone nel 1976 – era tornato. Non lo si credeva possibile – era rimasto nascosto per tanto tempo da pensarlo debellato. E invece no. I giornali e le tv cominciarono a parlarne e a diffondere le immagini dei pazienti colpiti.

La variante del virus venne chiamata Ebola Zaire (ZEBOV) per distinguerla da quella che aveva causato pochi mesi prima un’epidemia in Sudan. ZEBOV è attualmente la variante più pericolosa di Ebola, e purtroppo secondo l’OMS, l’epidemia attualmente in corso in Africa occidentale è causata proprio da ZEBOV. Il virus fa parte dei filoviridae, una famiglia di virus vecchia di milioni di anni: il virus uccide piuttosto in fretta, rendendo difficile che una persona contagiata riesca a contagiarne molte altre. Tuttavia le prime grandi epidemie cominciarono in villaggi africani dove c’era l’usanza di baciare i corpi dei morti. Un solo morto di Ebola poteva quindi infettare un intero villaggio, complice la totale mancanza di norme igieniche, di prevenzione e le difficoltà dei fragili Governi di quei Paesi di fare una corretta informazione sul fenomeno.Armand Sprecher, medico di Medici senza Frontiere di stanza in Congo, specializzato in febbri emorragiche come l’Ebola e il Marburg,  ha spiegato in un’intervista: «Probabilmente all’origine il virus era nei pipistrelli, da lì si è spostato nelle grandi scimmie e poi negli uomini. Si trasmette tra gli uomini attraverso il contatto coi fluidi corporei (sangue, vomito, diarrea…), che, punto importante, può avvenire durante la cura dei malati. Questo significa che durante un’epidemia di Ebola il virus tende a diffondersi anche al personale sanitario e ai familiari dei pazienti».

Dal punto di vista medico, il dramma è che non esistono vaccini o terapie efficaci per curarla. L’alta mortalità e la scarsità di cure adeguate, classificano Ebola come un agente bioterroristico: come arma terroristica, è stato utilizzato dai membri della setta giapponese Aum Shinrikyo, il cui leader, Shoko Asahara, inviò circa 40 membri in Zaire nel 1992 i per fingersi di supporto medico alle vittime nel tentativo di acquisire un campione virale. Anche per questo a Ebola sono stati dedicati diversi libri e anche dei film (ben quattro, di cui due prodotti da Hollywood). Mentre nella realtà il virus rimane un’entità sconosciuta, un mistero che nessuno scienziato è riuscito ancora a circoscrivere. E che per questo suscita al contempo curiosità e paura.

L'ECDC evidenzia Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ha comunicato di continuare a monitorare attentamente la situazione dello scoppio di epidemia di Ebola nella regione dell'Africa occidentale. La probabilità che la malattia si propaghi al di fuori dell'Africa occidentale è molto bassa. Anche se a far crescere la preoccupazione è stata anche la vicenda di Kent Brantly, giovane medico statunitense che ha contratto il virus in Liberia. Secondo gli ultimi aggiornamenti il dottore missionario sta peggiorando e la sua prognosi è grave. A renderlo noto il suo amico e collega David Mcray, del Jps Health Network di Fort Worth.Il medico colpito dalla febbre emorragica soffre di febbri alte, mal di testa, dolori addominali ed è in isolamento vicino a Monrovia, a 12 miglia dall'ospedale dove lui stesso ha trattato i pazienti colpiti già dall'ottobre 2013. Mcray, che è in contatto sia via e-mail che per telefono con il collega malato, ha riferito ai media Usa che lo stesso Brantly sia è detto "terrorizzato" dalla progressione della malattia.
 




VACANZE ALL'ESTERO: ATTENZIONE ALLE MALATTIE INFETTIVE

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La malaria nell’Africa sub-Sahariana trasmessa dalle zanzare, l’Ebola in Sierra Leone, il coronavirus in Medio Oriente e gli animali selvatici del sub-continente indiano: queste le infezioni più preoccupan

 

Con l’avvicinarsi del periodo di vacanze estive è opportuno ricordare a tutti coloro che intendono recarsi all’estero la necessità di programmare per tempo le necessarie misure profilattiche per prevenire i rischi sanitari, spesso di natura infettiva ma non solo, che possono verificarsi soprattutto nei Paesi del sud del mondo. Gli specialisti della Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, consigliano di prestare maggiore attenzione a zanzare, acque, animali selvatici e rapporti sessuali, i principali canali di trasmissione per malattie infettive durante le prossime settimane.
Tra questi, in gran parte dell’Africa sub-Sahariana, la malaria trasmessa di sera e di notte dalle zanzare Anopheles rimane il pericolo principale da prevenire adeguatamente, anche mediante la assunzione di opportuni farmaci profilattici, per le conseguenze potenzialmente mortali che comporta. Sempre le zanzare, questa volta del tipo Aedes a puntura diurna, sono invece responsabili della trasmissione del virus Chikungunya e del virus dengue. La prevenzione di queste infezioni, in assenza di farmaci o vaccini efficaci, rimane affidata alla prevenzione della puntura della zanzara.
“Oltre alle zanzare – spiega il Prof. Massimo Andreoni, Presidente Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – sono da ricordare i rischi, anche gravi, connessi alla ingestione di acqua o alimenti contaminati che possono causare anche patologie gravi quali la amebiasi e la epatite virale A e che richiedono il rigoroso rispetto di norme alimentari che evitino il rischio di contaminazione. Analogamente importante è usare tutte le precauzioni possibili soprattutto per i rapporti sessuali occasionali, nei paesi più frequentati, e potenziali fonti di infezioni anche gravissime quali la infezione da HIV e la epatite virale B, oltre alle classiche malattie veneree”.
“Tra le epidemie attualmente in atto – aggiunge il Prof. Francesco Castelli, Presidente Simet, Società Italiana di Medicina Tropicale – è da ricordare quella di virus Ebola, che ancora colpisce la Sierra Leone, Liberia e la Guinea Conakry, aree tuttavia normalmente non interessate dai flussi turistici, e quella di virus Chikungunya che da ottobre 2013 colpisce alcune isole caraibiche. Un richiamo particolare anche alle precauzioni da contatto respiratorio per chi si reca in Medio Oriente, dove serpeggi la infezione dovuta al nuovo coronavirus MERS-CoV”.
Una particolare attenzione al contatto con gli animali selvatici soprattutto nel sub-continente indiano dove è stato segnalato un incremento dei casi di rabbia anche mortali conseguente a morsi di cani. Oltre alle patologie infettive, occorre qui ricordare come il maggior numero di morti tra i turisti sia causato da imprudenze accidentali sulla strada o in ambito sportivo, richiedendo una particolare cautela nell’uso dei bevande alcoliche.
“Se il viaggio è occasione di spensieratezza e di piacere – conclude il Prof. Andreoni  dal suo osservatorio privilegiato al Policlinico universitario di Tor Vergata a Roma – è quanto mai opportuno pianificarlo con accuratezza anche sotto il profilo sanitario rivolgendosi per tempo  a chi potrà fornire i più opportuni consigli vaccinali, chemio profilattici e comportamentali oltre che provvedere a stipulare una adeguata copertura assicurativa per le eventuali necessità sanitarie che dovessero rendersi necessarie nel Paese di destinazione. La nostra struttura è a disposizione anche attraverso i social media e i siti web”.

La malaria nell’Africa sub-Sahariana trasmessa dalle zanzare, l’Ebola in Sierra Leone, il coronavirus in Medio Oriente e gli animali selvatici del sub-continente indiano: queste le infezioni più preoccupanti

“Il caldo favorisce la presenza di zanzare e zecche, potenziali vettori di infezioni. L’innalzamento delle temperature, inoltre, favorisce l’inquinamento delle risorse idriche a causa della proliferazione di organismi infestanti. Con l’avvicinarsi del periodo di vacanze estive aumentano non soltanto le probabilità di incorrere in rischi sanitari durante vacanze fuori dall’Italia, ma anche quelle causate dal turismo in entrata. Gli specialisti della Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali, consigliano di prestare maggiore attenzione a zanzare, acque, animali selvatici e rapporti sessuali, i principali canali di trasmissione per malattie infettive durante le prossime settimane.

Nell’anno corrente sembrano accertati in Italia casi di influenza aviaria proveniente dalla Cina. Gli spostamenti aerei della durata di poche ore possono rappresentare un rischio di importazione di malattie respiratorie responsabili di crisi acute e caratterizzate da diffusione a breve termine, quali SARS e nuova SARS (MERS). Inoltre, bisogna aggiungere il rischio di incremento dei casi di infezione da HIV, a causa di rapporti promiscui e non  protetti con persone provenienti da aree endemiche, in particolare nella stagione estiva che facilita incontri, e spostamenti, nonché di altre malattie infettive sessualmente trasmissibili quali la sifilide e la gonorrea. “Sono da sottolineare – spiega il Prof. Massimo Andreoni, Presidente Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali – i rischi, anche gravi, connessi alla ingestione di acqua o alimenti contaminati che possono causare anche patologie gravi quali la amebiasi e la epatite virale A e che richiedono il rigoroso rispetto di norme alimentari che evitino il rischio di contaminazione””.

EBOLA:

L’Italia, a differenza di altri paesi europei, non ha collegamenti aerei diretti con i paesi africani colpiti dall’epidemia. Nonostante il rischio di importazione della malattia sia remoto, il Ministero della Salute ha rafforzato le misure di sorveglianza presso porti ed aeroporti. Inoltre gli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) sono tenuti al controllo delle navi che nei 21 giorni precedenti  all’arrivo in Italia hanno toccato i paesi africani nei quali il virus Ebola si sta diffondendo.
Eventuali casi sospetti a bordo degli aeromobili, su indicazione del Ministero della Salute, devono essere segnalati, affinché  l’aereo venga dirottato su aeroporti italiani provvisti di laboratori e di attrezzature deputate al controllo. “Il rischio di infezione per i turisti, i viaggiatori in genere ed i residenti nelle zone colpite, è considerato molto basso – spiega il Prof. Antonio Chirianni – se si seguono alcune precauzioni elementari, quali: evitare il contatto con malati  e/o i loro fluidi corporei e con i corpi e/o fluidi corporei di pazienti deceduti oltre alle altre semplici e generiche  precauzioni sempre consigliate in caso di viaggi in Africa Sub-sahariana quali  ad esempio, evitare contatti stretti con animali selvatici vivi o morti, evitare di consumare carne di animali selvatici, lavare e sbucciare frutta e verdura prima del consumo, lavarsi frequentemente le mani”.
L’epidemia  si trasmette attraverso contatto diretto con fluidi corporei e la diffusione è, in genere, facilitata da usi e abitudini culturali locali, legate ad esempio alla sepoltura dei cadaveri, o a paure diffuse all’interno di alcune comunità, che spesso non informano le autorità sanitarie dei nuovi casi per timore degli ospedali, percepiti a volte come luoghi di morte anziché di guarigione. L’esistenza di guerre tribali tra i diversi Paesi  rende, inoltre, difficile per motivi logistici controllare la diffusione dell’epidemia tra due o tre frontiere differenti. 
 “I migranti clandestini che giungono sulle coste siciliane – aggiunge Chirianni – non rappresentano un rischio di importazione della malattia da virus Ebola: il viaggio che tali individui affrontano per raggiungere il nostro paese è lungo mesi, via terra e via mare e la malattia, che presenta un periodo di incubazione di circa 10 giorni e che da subito è altamente debilitante, impedirebbe loro di arrivare in Italia. E’ improbabile che un soggetto malato e che presenta febbre elevata, diarrea, vomito e manifestazioni emorragiche, possa andare in giro a diffondere l’infezione.
 

RISCHIO SARS DALLA CINA:

Il turismo 2014 in Italia è caratterizzato, al momento, prevalentemente dal boom turistico proveniente dalla Cina. Se da un punto di vista economico ci conforta, da un punto di vista sanitario non deve lasciarci indifferenti. “La Cina ha negli ultimi anni promosso una campagna vaccinale per il contenimento di malattie gravi – spiega Chirianni – quali l’encefalite giapponese, la malaria resta confinata in alcune aree rurali del sud: tali patologie non sembrano essere ad elevato rischio di importazione da parte dei paesi europei che accolgono individui provenienti dalla Cina. Di maggior rilevanza è il rischio di diffusione della SARS e della nuova SARS (MERS), che hanno colpito e colpiscono Asia e Medio Oriente, con l’arrivo di individui che si spostano per turismo o per lavoro”. L’ OMS già da tempo ha comunque rafforzato il filtro aeroportuale che prevede controlli clinici dei passeggeri in arrivo da aree infette e sorveglianza sanitaria dei soggetti che hanno viaggiato o avuto contatti con individui malati o sospetti.
 

CON L’ESTATE AUMENTA LA PROBABILITA’ DI DIFFUSIONE: I microrganismi patogeni, anche grazie alla loro velocità di riproduzione, presentano un elevato potenziale evolutivo. Molti fattori possono favorire l’insorgenza di malattie infettive e la loro diffusione: uno di questi fattori è rappresentato dalle modificazioni ecologiche ed in particolare dai cambiamenti climatici. “Il caldo allertano gli specialisti SIMIT – favorisce la presenza di zanzare e zecche, potenziali vettori di infezioni. L’innalzamento delle temperature, inoltre, favorisce l’inquinamento delle risorse idriche a causa della proliferazione di organismi infestanti. In molti paesi, dove ancora le difficoltà relative allo smaltimento dei rifiuti rappresentano una triste realtà, c’è un  rischio di diffusione di infezioni derivanti dalla proliferazione di germi conseguente la fermentazione dei rifiuti esposti. Il caldo modifica anche la suscettibilità individuale alle infezioni, provocando disidratazione ed alterazioni della flora batterica intestinale. non bisogna dimenticare, però, che molte patologie infettive, possono essere  favorite dai climi freddi, quali la tubercolosi e le meningiti”.

TUBERCOLOSI:

Nei primi 6 mesi del 2014 sono stati registrati 60mila arrivi di clandestini in Italia. Se è vero che i movimenti di popolazione, per motivi di turismo, per lavoro o per necessità di sopravvivenza come nel caso dei migranti da paesi poveri, è pur vero che gli individui che lasciano la loro terra d’origine ed affrontano viaggi lunghi settimane o mesi sono per lo più giovani sani. “Oggi non è possibile arrestare – afferma il Prof. Chirianni – la circolazione di uomini e di conseguenza di germi, ma non bisogna creare inutili allarmismi. Le malattie che prevalentemente vengono importate dai paesi riceventi i clandestini, che provengono principalmente dall’Asia e dall’Africa sono rappresentate da Malaria, Tubercolosi, HIV e patologie respiratorie infettive quali la SARS. Se è vero che la SARS è una patologia responsabile di crisi acute, è pur vero che l’immigrato che affronta un lungo viaggio non ne manifesta i sintomi al suo arrivo, essendo una affezione altamente debilitante. Altre malattie, quali la TBC, la Malaria e l’HIV, endemiche in molti paesi asiatici ed africani, hanno una diffusione più lenta.  Il solo modo di contenere le patologie infettive da importazione non è “preoccuparsi” e scatenare “panico” attraverso la diffusione di false informazioni, ma offrire assistenza medica, favorire l’accesso di chi arriva presso le strutture di diagnosi e cura, al fine di consentire una diagnosi precoce ed un eventuale trattamento, garantire le coperture vaccinali nella popolazione ospite. L’OMS già da tempo collabora con le istituzioni italiane per gestire lo stato sanitario dei migranti e tutelare le comunità che li accolgono”.

 




CACCIA ALLA CAPE RAY CHE STA TRATTANDO CON L'IDROLISI I VELENI DI ASSAD IN LOCALITA' SEGRETA DEL MEDITERRANEO

 

Sulle tracce della nave fantasma son partiti 32 attivisti di cui giornalisti e politici della Grecia, sulle navi Thomas 2 e Thomas 3 dal vecchio porto di San Nicola di Paleochora (Creta), con loro anche due rappresentanti di SOS Mediterraneo Italia, a renderlo noto il comunicato del Coordinamento open di Chiana. La Commissione Pancreatese all'appello rivolto agli ambasciatori russi e americani denuncia  la violazione degli tabella V e VI del regolamento dell’OPCW che oppone il trasferimento di armi chimiche da un paese ad un altro paese, valido solo per motivi di ricerca medica medici o scientifici: ”E ‘ovvio che non vi è alcun trasferimento di armi chimiche dal paese in acque internazionali e la loro idrolisi è a bordo. Sono stati violati anche altri tabella del regolamento OPCW che prevedono come durante il trasporto si debba tener conto della tutela della salute pubblica e dell’ambiente”

 

di Cinzia Marchegiani

Sembra la trama di un film di guerra e fantascienza, ma la realtà, come spesso avviene, è ancor più articolata e densa di intrecci politici, militari ed economici internazionali, che ne conferiscono un’originalità da premio oscar. L’Osservatore d’Italia già aveva informato del trasferimento dell’arsenale delle armi chimiche della Siria sulla Nave Ark Futura che in direzione porto di Gioia Tauro era diretta per poi conferire i micidiali e potenti veleni sulla Cape Ray, nave battente bandiera statunitense.

L’Unione Europea ha finanziato, con 12 milioni di euro, la neutralizzazione di questo arsenale chimico smantellato al regime di Assad. L’accordo firmato, il 17 febbraio 2013 con il direttore Generale dell’OPCW Ahmet Üzümcü e il Commissario Piebalgs, è un concordato straordinario se si pensa che l’alternativa sarebbe stata una risoluzione armata in Siria mentre grazie alla risoluzione è stato imposto al governo siriano di garantire al personale OPCW un accesso al territorio immediato e senza restrizioni per svolgere ispezioni illimitate sui siti designati. Un’operazione colossale con un costo altrettanto oneroso ma dovuto, che viaggia intorno ai 30 milioni di euro, dove l’UE oltre ai 12 milioni di euro, si è impegnata mettendo a disposizione i mezzi di supporto tecnico e logistico, un ulteriore impresa quotata 4,5 milioni di euro (quest’ultima dovrebbe essere sostenuta dai fondi siriani congelati per finanziare parte di questo programma).

Il mistero sta avvolgendo come una nebbia persistente queste manovre internazionali militari che riguardano la neutralizzazione delle armi chimiche trasbordate sulla Cape Ray. La nave è stata scortata al largo del Mar Mediterraneo, in una località segreta tra l’Italia, Grecia e Malta, e attualmente sta trattando tonnellate di gas e veleni micidiali con il processo di idrolisi, in via esclusivamente sperimentale poiché questo procedimento non è stato mai effettuato in mare aperto, dove l’altezza delle onde e le raffiche di vento possono mettere a serio rischio l’intera procedura oltre quello concreto di essere bersaglio appetitoso di attentati terroristici. Scenari inquietanti, dove il vero assente primario è la trasparenza e il motivo di tale operazione che ad oggi è inspiegabile. Era il 16 gennaio 2014 quando l’ambasciatore Ahmet Üzümcü, Direttore Generale dell’OPCW confermava che il governo italiano aveva accettato di consentire al porto di Gioia Tauro al trasbordo delle sostanze chimiche prioritarie siriane dall’Ark Futura alla Capo Ray dotata di due unità di idrolisi capaci di neutralizzare circa 560 tonnellate di sostanze chimiche prioritarie mentre è in navigazione in acque internazionali. Il direttore generale aveva fatto l'annuncio a Roma a seguito di una udienza speciale al Parlamento italiano e durante un briefing rivolgendosi ai giornalisti sottolineava:"A nome della OPCW desidero ringraziare l'Italia per il suo generoso contributo nel rendere un porto italiano disponibile per il trans-carico di sostanze chimiche siriane. Questo avviene sulla cima di un contributo € 3.000.000 per l'Italia alla Siria Trust Fund della OPCW, e la fornitura di un aereo militare per trasportare la prima squadra di ispettori dell'OPCW in Siria. Questi contributi esemplificano lo spirito di collaborazione alla base della vitale importanza sforzo internazionale per eliminare la Siria di armi chimiche ". Il resto ormai è storia.La nave Cape Ray, dopo il trasbordo tra l’altro molto contestato per l’assenza di una vera strategia di sicurezza in caso di pericolo imminente in un porto italiano ormai utilizzato per scopi militari, ha preso il largo in un località segreta, scortata da diverse navi della marina militare americane in missione nel mediterraneo. Tutte le operazioni che coinvolgono la Cape Ray sono sotto il controllo del Military Sealift Command del dipartimento della Difesa americana, ma l’equipaggio sembra composto da civili. Le armi di istruzione di massa in questo preciso momento sono neutralizzate al largo del mare con la tecnica di recentissimo sviluppo (giugno 2013) del Field Deployable Hydrolysis System FDHS, studiato dalla Defence Threat Reduction Agency (braccio di supporto del Pentagono nel contrasto alle armi di distruzione di massa, in partnership con l'Edgewood Chemical Biological Center Ecbc dell'esercito statunitense) che ha lasciato troppi interrogativi. La tecnica FDSH capace di distruggere dalle 5 alle 25 tonnellate di composti chimici al giorno non è stata mai utilizzata in fase operativa diretta, difatti il sistema è stato studiato per operare in terra ferma e non all’interno di una nave. Il FDSH neutralizza le sostanze altamente micidiali tramite l’idrolisi all’interno di un reattore chimico di titanio, il processo permette la scissione delle molecole di un determinato composto in due o più parti utilizzando l'acqua. Nel caso specifico, per ottenere la scissione verranno utilizzati dei composti catalizzatori: si tratta una base forte come l'idrossido di sodio (NaOH), oppure del sale di sodio dell'acido ipoclorso, l'ipoclorito di sodio (NaClO), da tutti conosciuto come "candeggina". La catalizzazione della reazione d'idrolisi avverrà anche attraverso l'innalzamento della temperatura della soluzione. La ventilazione viene gestita da appositi filtri, che forniscono ricambio d'aria – e ossigeno – e bloccano eventuali emissioni pericolose. Nella struttura opereranno 15 elementi, che procederanno al riconoscimento in laboratorio delle sostanze, prima dell'inizio dell'idrolisi, connesso al FDSH e dotato di apparecchiature per la cromatografia-spettrometria di massa. Le sostanze chimiche da armamenti si dividono in due categorie: il gruppo G-type, che comprende gli agenti nervini, Sarin, Soman, Tabun e VX, e le tipologie degli agenti vescicanti e gas mostarda. Il preventivo riconoscimento è una parte fondamentale per definire le reazioni da applicare, ad esempio, i gas mostarda richiedono acqua a 90° per la neutralizzazione mentre gli agenti nervini no. Nel sistema è compresa anche una camera di detonazione T-30, che può essere utilizzata in combinazione con Fdhs, ed è prevista una stazione di decontaminazione del personale.
Tutta la procedura della neutralizzazione della armi siriane è dominata da troppe lacune e assenza di procedure di sicurezza. La popolazione greca ha immediatamente attivato forme di protesta e sensibilizzazione in merito a ciò che è stato calato dall’alto, anche l’Italia, soprattutto i cittadini che direttamente sono stati investiti da queste scelte nelle loro terre hanno cominciato a approfondire le tematiche degli eventuali scenari disastrosi che non sono esclusivamente a carico dell’ecosistema marino, ma dell’intera popolazione. In Calabria, il 10 e il 12 giugno 2014 l’arrivo del professore Vaggelis Pissias e del consigliere delle Isole Ioniche Theodoros Boukas ha permesso realizzare incontri con cittadini, comitati, giornalisti per informare sui reali pericoli dell’operazione di trasbordo delle armi chimiche nel porto di Gioia Tauro e della successiva idrolisi delle stesse nel mare al largo di Creta. Pissias e Theodoros si sono incontrati con attivisti del territorio davanti all’entrata del Porto di Gioia Tauro. All’incontro era presente anche il deputato Sebastiano Barbanti, col quale i due ospiti greci hanno avuto un momento di confronto. Alla conferenza stampa, presso la sala consiliare del comune di San Ferdinando, moderata dal Coordinamento SOS Mediterraneo, il professor Pissias ha illustrato gli enormi pericoli connessi al procedimento di idrolisi in mare aperto e sull’importanza di una mobilitazione anche nel territorio italiano, in modo da potere condurre un’attività sinergica con le mobilitazioni greche volte a ostacolare l’operazione di idrolisi mediante l’occupazione dello spazio marittimo designato, che sembrerebbe a largo di Creta. A Reggio Calabria, nella serata dell’11 giugno 2014 il flah mob ha ulteriormente impreziosito il dibattito pubblico, dove il mutismo e la poca trasparenza di queste manovre militari pongono quesiti senza risposte esaustive, come dimostra la risposta scritta alla seguente interrogazione di Andrea Zanoni alla Commissione Europea, che in merito esponeva i profondi dubbi sul trasbordo delle armi chimiche:” Tali sostanze, transiteranno per il porto di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, nella regione Calabria. Si parla di circa 500 tonnellate di aggressivi chimici catalogati, secondo la Convenzione sulle armi chimiche, come agenti di classi 1 e 2 trasferimento dei container (una sessantina) nel porto avverrà senza stoccaggio a terra, nell'arco di 36-48 ore e nella massima sicurezza. Secondo il Sindacato unitario dei lavoratori portuali, invece, l'operazione potrebbe comportare notevoli rischi legati al fatto che il porto di Gioia Tauro non sarebbe preparato a gestire eventuali imprevisti. Sempre dalla stampa, inoltre, si apprende che le armi chimiche saranno poi inertizzate nel Mar Mediterraneo, in un'area compresa tra Italia, Grecia e Malta mediante idrolisi, una reazione chimica di scissione prodotta dall'acqua. Si tratterebbe della prima operazione di tal genere nella storia dell'ONU e dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, ma che le autorità non ritengono comportare rischio alcuno. Tanto il coinvolgimento di un porto italiano, quanto il trattamento in mare di tali sostanze destano grande preoccupazione nell'opinione pubblica italiana, che ricorda quanto accaduto nel corso della Seconda Guerra mondiale nel porto di Bari, quando un attacco militare ha comportato l'affondamento di pericolosi quantitativi di iprite, con contagio di civili e militari per i decenni successivi”. Zanoni formalmente chiedeva alla Commissione due punti precisi: 1. Non ritiene l'operazione incompatibile con gli obiettivi comuni per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino di qui al 2020, sanciti con la direttiva 2008/56/CE?2. Può riferire quali siano i rischi dell'idrolisi di tali sostanze per il Mar Mediterraneo? La risposta dell’Alta Rappresentante/Vicepresidente Catherine Ashton a nome della Commissione con poche righe non spiegava nulla che non si poteva apprendere anche dalla stampa che ne avevano già approfondito le tematiche.
Le risposte senza trasparenza, dove non si conoscono i particolari e le responsabilità delle operazioni, hanno messo in seria agitazione il popolo di Creta e dell’intera Grecia, difatti il 12 luglio 2014, la commissione pancreatese, ha inviato un appello oltre all’OPCW e a tutti gli ambasciatori del mondo, rivolgendosi in particolare agli ambasciatori americani e russi:”I vostri Paesi – secondo i dati ufficiali dell’OPAC – sono ancora in possesso di grandi quantità di armi chimiche non ancora distrutte, in particolare gli Stati Uniti 10% (circa 2.600 tonnellate) e Russia il 26% (circa 10.000 tonnellate) dell’arsenale originale. I vostri Paesi, hanno concordato con l’OPAC nel settembre 2013 di fermare il disastro della fornitura di armi chimiche alla Syria. Siamo sostenitori di tale accordo, poiché sosteniamo pienamente il divieto di produzione di armi chimiche, la necessità di distruggere i luoghi in cui sono situate le loro scorte e la criminalizzazione di tali gravi violazioni. L’assegnazione all’OPAC (OPCW) della fase di neutralizzazione dei gas Sarin, VX, Iprite (gas mostarda) e altre sostanze attive con il metodo dell’idrolisi (FDHS) è stata recentemente conferita alla nave da guerra americana Cape Ray, utilizzando il suo pericoloso scafo sul Mar Mediterraneo, in un esperimento estremamente pericoloso per un volume di acqua piccolo, limitato, quasi chiuso; un mare rinnovabile molto lentamente. Un eventuale incidente durante le operazioni di idrolisi coinvolgerà la fuoriuscita di sostanze altamente tossiche in forma gassosa o liquida portando ad impatti irreversibili sull’ecosistema marino del Mediterraneo. Causerà gravi rischi, immediati ed a lungo termine per la salute delle popolazioni costiere e la stessa sopravvivenza economica e sociale." L’appello inoltre specifica che sono stati violati: gli tabella V e VI del regolamento dell’OPAC che oppone il trasferimento di armi chimiche da un paese ad un altro paese, valido solo per motivi di ricerca medica medici o scientifici:"E ‘ovvio che non vi è alcun trasferimento di armi chimiche dal paese in acque internazionali e la loro idrolisi a bordo. Sono stati violati anche altri tabella del regolamento OPAC che prevedono come durante il trasporto si debba tener conto della tutela della salute pubblica e dell’ambiente; la lunga esperienza della stessa Organizzazione (OPAC) da cui consegue che, “qualora non venisse offerta la distruzione delle armi chimiche in loco, come è ora nel caso della Siria, con la trasformazione con idrolisi in unità mobili (Cape Ray), la scelta di un ambiente marino, è la scelta più controversa che va a sfidare incidenti e scarichi incontrollati con processi attivi irreversibili e tossici”e ricorda che la Corte Federale Suprema degli Stati Uniti può ritirare l’esercito americano se constata che l’azione viola le regole del diritto internazionale o espone il suo paese alle sue azioni. Altre leggi statali e federali vietano il traffico in America e la neutralizzazione armi chimiche di categoria di rischio 1 in unità mobili per evitare un disastro e vietano il trasferimento da Stato a Stato su strade o altri mezzi di trasporto. Lo stesso vale per la Russia. Il 2 marzo 2014 è stata inviata una lettera aperta ai ministri degli Esteri e della Difesa signori John Kerry e Chuk Hagel da parte di personale diplomatico, politici, esponenti ambientali e culturali in diversi paesi del mondo che indicano chiaramente la necessità di trasparenza e di allarme per i residenti del Mediterraneo, che purtroppo non ebbe mai luogo. Tuttavia, ciò di cui non ci rendiamo conto è la ragione per cui i Paesi coinvolti non calcolano i rischi connessi con l’eventuale fallimento di questo progetto pericoloso e distruttivo e non capiscono il valore che noi diamo al nostro mare, ricco di storia e cultura, lo splendido mare Mediterraneo.”
Sulle tracce della nave fantasma son partiti 32 attivisti di cui giornalisti e politici della Grecia, sulle navi Thomas 2 e Thomas 3 dal vecchio porto di San Nicola di Paleochora (Creta), con loro anche due rappresentanti di SOS Mediterraneo Italia. La protesta contro l’idrolisi delle armi chimiche siriane è stata decisa lo scorso martedì 22 Luglio 2014 presso la sede della Camera del Lavoro di Chania dove si sono riuniti il “Coordinamento aperto di Chania contro l'operazione di l’idrolisi delle armi chimiche Siriane”, il Coordinamento “ Una nave per Gaza”, giornalisti, istituzionali , attivisti, concittadini e diversi residenti di Chania. Dalle news greche si apprende che il viaggio è avvenuto in condizioni davvero critiche e pericolose dovute dal maltempo e dopo 36 ore sono ritornate al Porto. Le due barche a vela sono state seguite da una nave costiera il primo giorno e poi da un drone e un elicottero..ma della Cape Ray nessuna traccia…E il dubbio amletico rimane: perché è stato scelto il Mar mediterraneo per questo esperimento mai avvenuto al largo, le popolazioni che si affacciano sono stati realmente informati sulle procedure di sicurezza in merito ad un eventuale disastro? Non c’erano altre soluzioni?
Il mistero di una nave battente bandiera statunitense che non si trova, come le risposte rimaste appese alle responsabilità di nessuno.




REGIONE SARDEGNA: LO SCANDALO E LA BEFFA DELL’EPIDEMIA “BLUE TONGUE”

 

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ipotizza il commissariamento mentre la Regione Sardegna e Coldiretti Sardegna annunciano di costituirsi parte civile nell’eventuale processo sullo scandalo emerso dalle inchieste romane sulle frodi dei vaccini animali, che coinvolge i dirigenti del dicastero della salute stesso. L’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi rispedisce al mittente il commissariamento della propria Regione Sardegna:”Non abbiamo bisogno di alcun commissariamento esterno, con le inchieste romane sulla "Lingua blu" abbiamo annunciato che ci costituiremo parte civile in un eventuale processo e stiamo valutando altre iniziative. La Sardegna non va commissariata, siamo la parte lesa.

 

di Cinzia Marchegiani

Regione Sardegna – L’inchiesta partita da Roma sullo scandalo dei vaccini animali dove sono stati rinviati a giudizio i vertici del Ministero della Salute, per via della presunta diffusione della “Lingua Blu“e Aviaria per lucrare sul commercio dei vaccini, vede per ora il segretario generale del Ministero della Salute, Romano Marabelli, (nominato appena due mesi fa dalla Lorenzin) autosospendersi dopo essere stato travolto dalla suddetta inchiesta assieme ad altri 41 indagati con diverse posizioni che vanno dall'associazione per delinquere alla corruzione, dall'epidemia alla diffusione di una malattia degli animali, dalla falsità ideologica alla rivelazione di segreti d'ufficio.

Ma per i pastori sardi e l’intera economia dell’isola verrebbe da dire “oltre il danno la beffa”. Sul sito della Regione Autonoma della Sardegna si apprende che il Ministro Beatrice Lorenzin in visita il 25 luglio 2014 sull’isola abbia proposto un commissariamento della stessa Regione Sardegna per la peste suina africana che ha colpito gli allevamenti.

L'assessore regionale della Sanità, Luigi Arru rimasto sorpreso da questa notizia dichiara che invece è stato tempestivamente avviato dopo un lungo periodo di stallo, con una delibera di Giunta del 2 luglio 2014, una nuova governance politica e operativa per il contrasto e l’eradicazione di questa malattia. Anche l’esponente della giunta Pigliaru ha tuonato che non hanno bisogno di alcun commissariamento esterno:”siamo certi di aver intrapreso un percorso che ci porterà finalmente a sconfiggere una malattia che da decenni colpisce gli allevamenti suini della Sardegna e provoca gravissimi danni economici all’intera regione. Ci aspettiamo perciò un comportamento leale da parte del ministero per affrontare efficacemente e definitivamente questa emergenza sanitaria, senza fughe in avanti o peggio, voglia di protagonismo, che possono solo portare a incomprensioni e mancate soluzioni”. Anche l’assessore dell’Agricoltura, Elisabetta Falchi, rispondendo alle dichiarazioni rilasciate ieri alla stampa dal ministro della Salute, Beatrice Lorenzin in visita a Cagliari, controbatte che il problema della peste suina africana va gestito in Sardegna e non commissariato da Roma e continua: "Non abbiamo bisogno di alcun commissariamento esterno e siamo certi di aver intrapreso un percorso che ci porterà finalmente a sconfiggere una malattia che da decenni colpisce gli allevamenti suini della Sardegna. Da anni la nostra regione non riesce ad affrontare le epidemie che colpiscono gli allevamenti ovicaprini e suini isolani e proprio in queste settimane, con le inchieste romane sulla Lingua blu, abbiamo avuto conferma di cosa non si deve continuare a fare, lasciare in mano la gestione delle emergenze sanitarie a chi non ha lavorato bene e che è stato condizionato da logiche estranee al bene della nostra terra. Abbiamo già chiesto un passo indietro al dottor Marabelli, coinvolto nelle indagini, abbiamo annunciato che ci costituiremo parte civile in un eventuale processo e stiamo valutando altre iniziative. La Sardegna non va commissariata, siamo la parte lesa. Ecco perché, se di incapacità si deve parlare, nel contrasto delle infezioni, non va certo cercata solo in Sardegna. Troppi allevatori hanno pagato e stanno pagando per la mala gestione delle epidemie".

Anche Coldiretti Sardegna chiede alla Magistratura Romana che sta seguendo l’inchiesta, il massimo della trasparenza e mette nero su bianco i danni che i pastori della Sardegna dal 2000 hanno subito:” centinaia di migliaia di perdite di capi, centinaia di milioni di euro di perdita di reddito e hanno dovuto sottostare all’obbligo di vaccinazioni che in alcuni casi si sono rivelate letali” Battista Cualbu, Presidente Coldiretti Sardegna, in merito alla notizia dell’inchiesta romana dichiara: “Questa ultima notizia risulta come una beffa per tutto il sistema agropastorale sardo. Non vogliamo che vadano in galera innocenti, ma chiediamo allo stesso tempo ai Magistrati che stanno indagando che si faccia immediata chiarezza sul caso andando a condannare con pene severe quelli che potrebbero risultare eventuali responsabili di questo massacro sia produttivo che economico per la Sardegna. Valuteremo nei prossimi giorni la possibilità di poterci costituire parte civile e chiediamo che anche la Regione Sardegna faccia lo stesso “.

Coldiretti Sardegna, prendendo atto dello sblocco del patto di stabilità, considerato che a dieci giorni dall’ultimatum lanciato alla Regione Sardegna sulla risoluzione dei problemi relativi ai cavilli per gli indennizzi per "Blu Tongue" nulla è stato risolto, ed allarmati dalla grave situazione finanziaria del settore agricolo e dalle pressanti richieste di intervento sui danni creati dalla fauna selvatica, lo scorso 24 luglio 2014 incontrava in un’assemblea i propri dirigenti ed associati presso i locali della federazione regionale della Sardegna per denunciare la situazione e decidere le forme di mobilitazione, dove è stato presentato anche l’avvocato a cui la Coldiretti ha affidato l’incarico per costituirsi parte civile nel processo sulla blu tongue del 2004.

E proprio in merito ai danni da vaccino Blu Tongue relativi al periodo 2003 2004, la Coldiretti Sardegna ricorda come i danni del vaccino trivalente fossero stati ampiamente denunciati al momento della somministrazione e nonostante siano stati disposti e pagati indennizzi per oltre 10 milioni di euro per i danni causati dal vaccino da parte del Ministero della Salute, ritiene importante che l’iniziativa portata avanti dalla procura di Roma abbia la necessità anche della costituzione come parte Civile degli allevatori: 103 mila pecore, 6.000 aziende coinvolte e oltre 300 mila capi su 1, 5 milioni che hanno subito la malattia, una perdita di latte stimata in circa 50 milioni di litri, minori ricavi dal latte di oltre 40 milioni di euro. A rappresentare i pastori danneggiati della Coldiretti sarà l’avvocato Marco Pilia dello studio Pilia.

Per il mancato reddito da capi ammalati per il Blu Toungue, del periodo 2012-20113 era stato disposto con la legge n.10 del 20 maggio 2014 lo stanziamento di 28 milioni di euro (cui si erano aggiunti 18 milioni di euro stanziati e pagati per i capi morti), dopo che a dicembre Coldiretti aveva denunciato analiticamente la conta dei danni causati dal mancato reddito derivante dai capi ammalati e rimasti in vita, che però hanno diminuito sensibilmente la produzione di latte, con fatture e documenti. La stessa associazione Coldiretti, assieme alla Regione Sardegna, ne chiede l’immediato sblocco, poiché l’erogazione per via del patto di stabilità ed è stata impugnata dalla ragioneria dello Stato per un cavillo giuridico.

Il commissariamento ipotizzato dalla Lorenzin, dopo gli ingenti danni stimati per l’epidemia del Blu Tongue subita, sembra aggiungere il danno alla beffa, visto che l’intera Regione si sente parte lesa.




AIDS: LA CIRCONCISIONE PREVIENE IL RISCHIO DI CONTAGIO

Redazione

La circoncisione riduce il rischio di contaminazione dal virus dell’HIV, anche per le donne. È quanto dimostra uno studio presentato alla Conferenza internazionale sull’AIDS che termina oggi a Melbourne. La ricerca, realizzata presso una comunità sudafricana con forte presenza di uomini circoncisi, dimostra come le donne che hanno avuto relazioni sessuali con questi uomini abbiano il 15% in meno di possibilità di venir contagiate dal virus. Il tasso diminuisce del 50-60% presso i maschi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità è arrivata a raccomandare quindi questa pratica a 14 paesi dell’africa sub sahariana che presentano un alto tasso di infezioni. I ricercatori si sono poi interrogati sulla possibilità, alla luce di questi nuovi dati, di un abbandono dell’utilizzo del preservativo. Un pericolo scongiurato però da un altro test presentato a Melbourne secondo il quale gli uomini circoncisi continuano a utilizzare il profilattico. Un dato sorprendente, per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” anche se risulta evidente che questa pratica non può sostituire in alcun modo la necessità di rapporti protetti e quindi con l'utilizzo del preservativo che rimane il miglior modo per ridurre al minimo le possibilità di contagio.




MAL DI SCHIENA: IL PARACETAMOLO E' INUTILE SECONDO UNO STUDIO AUSTRALIANO

Redazione

Un importante studio australiano è arrivato alla conclusione che gli antidolorifici a base di paracetamolo non sono più efficace del placebo nel ridurre il dolore associato alla lombalgia.Il 10% della popolazione mondiale si lamenta per il mal di schiena. Ed il paracetamolo è il farmaco più consumato in assoluto per alleviare questo tipo di sofferenza. Tutti i medici lo raccomandano come prima scelta per attenuare il dolore e lo preferiscono all'aspirina (perché fluidifica il sangue e aumenta il rischio di sanguinamento). Ma è giusto continuarlo a prescrivere a persone che soffrono di mal di schiena, e di dolore nella parte bassa della schiena? Dopo aver letto l'articolo pubblicato giovedì sulla rivista "The Lancet", è più che dubbio, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”.  Questo è il primo trial clinico di valutazione del paracetamolo "in doppio cieco" (ossia che né i medici né i pazienti sanno cosa viene assunto) contro il placebo. In questo studio multicentrico, finanziato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche Health Medical dell'Australia e la controllata australiana dell'azienda farmaceutica GlaxoSmithKline (che commercializza il paracetamolo), 1.652 persone sono state divise in tre gruppi con caratteristiche simili con paracetamolo ad intervalli regolari ( tre volte al giorno, l'equivalente di 3990 mg), preso su rischiesta (fino a 4000 mg) e placebo. Dopo essere stato rassicurati circa la prognosi del loro dolore, tutti i pazienti hanno ricevuto i consueti consigli offerti in tali casi, ed essenzialmente hanno continuato ad essere attivi ed evitato di rimanere a letto.Durante i tre mesi di follow-up, Christopher William docente presso l'Università di Sydney a Camperdown ed i suoi colleghi hanno esaminato il tempo medio per l'intensità del dolore che è sceso da 0 o 1 (su una scala fino a 10) ed è rimasto su questo livello per una settimana. Questo periodo è stato di 17 giorni nei pazienti che hanno assunto paracetamolo, regolarmente o su richiesta, e 16 giorni per quelli cui è stato dato il placebo, una differenza statisticamente insignificante.Dopo tre mesi di questo studio, l'intensità del dolore ed il punteggio della disabilità è diminuito in tutti e tre i gruppi, ma ancora una volta senza nessuna differenza significativa.  Allo stesso modo, lo stato funzionale e la qualità del sonno sono migliorati in maniera simile tra i tre gruppi. "Questi dati suggeriscono che le raccomandazioni per il paracetamolo in prima istanza di LBP devono essere riconsiderati. Sembra che l'assistenza medica è più importante rispetto all'approccio farmacologico", hanno commentato i ricercatori, che vorrebbero capire  le ragioni dell'inefficacia del paracetamolo per la lombalgia. Ma Bart Koes e Wendy Enthoven del Erasmus Medical Center di Rotterdam sono meno categorici.  In un editoriale che accompagna l'articolo, sostengono che, anche se lo studio è di buona qualità, è necessario che questi risultati vengano replicati prima di considerare la revisione delle raccomandazioni. In particolare, sottolineano che i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) non sembrano avere una maggiore efficacia rispetto al paracetamolo nel trattamento della lombalgia e hanno un profilo di sicurezza meno favorevole. Questa informazione è rivolta ad un'ampia platea, dal momento che il 10% della popolazione mondiale si lamenta del mal di schiena ed il mal di schiena è la causa di un terzo della disabilità causata dal lavoro, secondo recenti studi pubblicati su riviste di Reumatologia. Ma non è da dimenticare che i medici hanno a disposizione rimedi molto più efficaci di questi farmaci analgesici di classe I e altre terapie per alleviare coloro che soffrono di più.   su riviste di Reumatologia. Ma non è da dimenticare che i medici hanno a disposizione rimedi molto più efficaci di questi farmaci analgesici di classe I e altre terapie per alleviare coloro che soffrono di più.  




STAMINA: 365 LANTERNE VOLANO DAL PRESIDIO DEI FRATELLI BIVIANO

23 Luglio 2013 – 23 luglio 2014 365 sono i giorni che Sandro e Marco Biviano hanno vissuto in questa piazza dentro una umile tenda, per combattere per un diritto depredato, quello di potersi curare. Ieri sera sono state fatte volare all’unisono lanterne coloratissime, e tantissime altre in tutt’Italia, ognuna di loro aveva scritto un pensiero, tanti di solidarietà e stima. Quelle luci ormai lontane nel cielo nero rappresentano i gridi di dolore, ma non di rassegnazione dei malati che mettono la muro l’indifferenza non solo della politica.

di Cinzia Marchegiani

Piazza Montecitorio Roma – I fratelli Biviano, l'Osservatore d'Italia ha cominciato a conoscervi giusto un anno fa, quando nella notte dormivate al freddo davanti al parlamento italiano. Tanti, pensavano che sarebbe stata una bolla di sapone, che presto vi saresti stancati, che la vostra malattia in fondo non vi avrebbe permesso di portare avanti questa epocale battaglia….ma così non è stato. Sono trascorsi ben 365 giorni, le fatue promesse degli stessi politici di dare ascolto e risposte ai gravi problemi prodotti dal mondo della sanità e dell’assistenza medica, etichettando il tutto come vergogna nazionale, sono rimaste tali… tanto fumo e niente arrosto.

Per questo la vostra battaglia incessantemente non si è mai interrotta, in un paese civile non sarebbe mai accaduto, anche gli stranieri passando in quel luogo hanno dato giudizi severi sui nostri politici. Oggi Marco e Sandro Biviano vivono ancora in una semplice tenda blu, battezzato Civico 117 A, in piazza Montecitorio, giorno dopo giorno hanno scritto la storia di questo strano paese, pieno di evidenti contraddizioni, e luoghi comuni, lontano dalla forza e il coraggio che dovrebbe profondere nel tutelare i diritti inalienabili dell'essere umano. Hanno insegnato con umiltà e fierezza che la vita è un dono unico e straordinario, che nessuno…nessuno può depredare in nome di qualcosa che non può competere con l'etica e la giustizia, il diritto di vivere e di curarsi. Non si può morire nell'indifferenza, un male che sembra ancor più incurabile delle patologie che questi malati hanno….In Piazza Montecitorio, ombelico di Roma che rappresenta i diritti sanciti dalla nostra costituzione, i fratelli Biviano venuti da Lipari, lasciando a casa altre due sorelle malate (anche loro con distrofia muscolare) e una mamma straordinaria, con la loro tenacia e forza granitica hanno inchiodato alle responsabilità chi nei ruoli, prima istituzionali e poi umani doveva dare delle risposte concrete mai arrivate. Le loro vite, le loro sofferenze ma soprattutto il loro incredibile coraggio ora pesano non solo sulle istituzioni, ma su ognuno di noi….loro sono lo specchio della nostra civiltà. Ieri sera, un una splendida serata romana, avvolti dalla stima e dall’amore di tante persone, hanno scritto con le candele sul selciato nero il numero 365, davanti a quel palazzo del governo sempre trincerato con il mutismo e un muro invisibile. Poi le 365 lanterne hanno preso il volo davanti al parlamento. Elena, la loro sorella che sta molto male, le invia questo messaggio da Lipari: “Cari fratelli oggi è un anno che siete a Roma, per un diritto che non viene rispettato e per una speranza che ci vogliono togliere,ma voi state avendo una forza da Leoni vivendo in una tenda affrontando tutti i disagi. Grazie alla forza d’animo che avete, e le vostre compagne che vi sostengono e tutte le persone che vi vogliono bene. Ci mancate tantissimo Io la mamma e Palmina siamo orgogliosi di voi, vi vogliamo un mondo di bene, vi aspettiamo a Lipari abbraccia aperte..”
Tantissime le lanterne volate in tante parti d’Italia, ognuna con un messaggio di speranza e di immensa stima, ne prendo una tra le tante, così scrive Daniela Gentile: ”Grazie..io oggi da semplice cittadina italiana alzo le braccia al cielo vi osservo e applaudo a voi. Applaudo alla vostra costanza, il vostro senso di giustizia, la vostra determinazione,la vostra ideea di liberta' e rispetto io. Applaudo a voi che oggi fate 365 giorni che vivete in una tenda di fronte il parlamento italiano. Io applaudo a voi che avete mosso un mondo,le citta', la cultura. Applaudo a voi che avete unito la gente! Chi puo' fare questo? Solo grandi uomini liberi e giusti. Non ce ne sono molti come voi, se vi dovessi paragonare a qualcuno apparte i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non mi viene in mente nessuno. Siete per me l'orgoglio dell'italia!!! Nonostante la vostra sofferenza, i vostri dolori conseguiti dalle vostre patologie, i disagi siete li' e ci siete da un anno e non mollate neanche mezzo centimentro dal alto delle vostre sedie a rotelle.
Io vi applaudo, vi stimo, vi ammiro!!! Io…vi applaudo fratelli Biviano col vostro vivere state dando un grande insegnamento agli italiani, state insegnando che per cambiare non serve aver paura e nemmeno le lamentele, non serve scaricare il barile o cercare scuse…serve solo prendere atto, presa di coscienza e questo lo state facendo voi. Nel mio piccolo, per cio' che mi e' possibile io sono e starò con voi! Ci state restituendo una parte d'Italia ….quella bella, dalle faccie buone e pulite quella unita! Grazie a voi questa italia ancora oggi esiste!”

L’Osservatore d’Italia un anno fa aveva cominciato a scrivere di questa protesta, che chiedeva il diritto di potersi curare, di non voler morire nell’indifferenza, le vostre prime parole sono ormai scolpite in ognuno di noi:”se non ci ascolteranno, da qui non ci muoveremo…” Avete scritto un pezzo di storia, quella di una grande inciviltà, in un paese che non perde occasione di fare tante promesse. Tante associazione dei malati vi hanno lasciato soli, ma il contributo di persone speciali e la loro straordinarietà vi hanno avvolto con un amore incredibile, questa è la parte migliore di questa Italia, che dimostra nella difficoltà che non c’è nulla che non si possa affrontare, grande occasione persa per questo governo che poteva dare un bel segnale di cambiamento.

La protezione e il coraggio di questi due fratelli venuti da Lipari che lottano non solo per se stessi, ma per tutti, oggi sono un monito che riciamano le nostre coscienze assopite dalla banalità, dalla superficialità e incapacità di donare se stessi agli altri…

Il muro di omertà è stato scardinato incredibilmente dalla caparbietà e coraggio che solo persone sofferenti nell’animo e nella carne possono profondere…e sono ancora lì che attendono, e non conosce ferie, vacanze, freddo, caldo, ma chiedono solo rispetto, per la vita e la dignità per ogni essere umano.
Ieri sera sono state fatte volare all’unisono lanterne coloratissime, e tantissime altre in tutt’Italia, ognuna di loro aveva scritto un pensiero, tanti di solidarietà e stima. Quelle luci ormai lontane nel cielo nero rappresentano i gridi di dolore, ma non di rassegnazione dei malati che mettono al muro l’indifferenza non solo della politica.

Immanuel Kant lo aveva già indicato come valore supremo:
“Il diritto non deve mai adeguarsi alla politica, ma è la politica che in ogni tempo deve adeguarsi al diritto"




REDBULL & VODKA: UNO STUDIO PARLA DI AUMENTO DI VOGLIA DI UBRIACARSI

Redazione

Come “Sportello dei Diritti”  abbiamo più volte criticato l'incentivazione pubblicitaria a quei miscugli tra bevande energetiche e alcol, una moda sempre più diffusa tra i ragazzi. Solo per fare un esempio, chi non conosce, infatti, tra le fasce più giovani della popolazione l'ormai mitico e immancabile "vodka & Redbull"?

Secondo Rebecca McKetin, del Centre National University australiano per la ricerca sull'invecchiamento, la Salute e il Benessere, i cocktail preparati con le bevande ad alto contenuto di caffeina e vodka "sono peggio di bere, per esempio vodka e soda".

I ricercatori australiani hanno, infatti, scoperto che quando la gente beve alcol mischiato a bevande energetiche avverte un forte desiderio di continuare "a bere più di quanto se hanno bevuto alcool da solo".

Lo psicologo Peter Miller, della Deakin University di Melbourne, ha aggiunto: "Una maggiore voglia di bere ha implicazioni notevoli. "Per chi si ubriaca è più probabile che possa essere vittima di aggressione".

Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la ricerca che è pubblicata sulla rivista online "Alcoholism: Clinical & Experimental Research" è un'ulteriore conferma dei danni che può causare la diffusione di messaggi diseducativi come quello che mischiare vodka o altri alcolici e bevande energetiche può farti sentire meglio o che comunque non fa nulla di male.




VIRUS LETALI DALLE STRATEGIE BELLICHE AL BUSINESS PRIVATO

di Cinzia Marchegiani

Se fosse vero, la fiducia riposta nelle istituzioni crollerebbe inevitabilmente. Le notizie inquietanti sul traffico illecito in Italia dei virus altamente letali pone un parallelismo obbligato con la confessione “criminale” pubblicata da pochi giorni nell’archivio di Stato del Giappone di un ufficiale giappones della seconda guerra mondiale, Giichi Sumioka. Secondo il documento, nel febbraio 1942, l'esercito giapponese utilizzava tifo e il colera sui civili, con un plotone si scortò una decina di chirurghi militari dalla sede Dispensario del Battaglione e volutamente diffusero il tifo e il colera, spalmando i batteri su ciotole, bacchette, coltelli etc nelle case degli abitanti di cinque o sei villaggi nel nord della Cina nella provincia dello Shanxi. Un parallelismo che desta orrore, sgomento e in fondo si spera non sia vero. Il fine, sicuramente diverso, mette sullo stesso piano un uso illecito di agenti patogeni, strategie belliche o business privato poco conta, poiché Il traffico illecito dei virus altamente patogeni utilizzati per il presunto arricchimento e la carriera di funzionari pubblici emerso dalla chiusura dell’istruttoria portata avanti dalla Procura di Roma, confermando l’inchiesta esclusiva de L’Espresso, è stata definita la cupola dei vaccini. Purtroppo i magistrati ritengono che l’organizzazione a delinquere utilizzava virus dell’influenza aviaria del tipi H9 e H7N3 altamente patogeni per produrre clandestinamente specialità medicinali ad uso veterinario. Romano Marabelli, direttore Generale del Dipartimento Alimenti e Sanità Veterinaria del Ministero della Salute ieri si è dimesso, indagato assieme a Vincenzo Caporale, direttore dell’Istituto zoo profilattico sperimentale dell’Abruzzo e Molise, per aver somministrato un vaccino prodotto in Sud Africa senza evidente sperimentazione.  Gli untori rimangono tali, strategia bellica o business privato suscita orrore e una condanna unanime.




STAMINA: STORIE UNICHE CHE RICHIAMANO LE ISTITUZIONI AL RISPETTO DELLE LEGGI


Grazie alla diffida del Patto di Solidarietà, le associazioni dei malati Movimento Vite Sospese sono state ascoltate dalla Commissione Conoscitiva, mentre è partita la denuncia penale depositata alla Procura di Brescia da parte della famiglia del piccolo Daniele Tortorelli. Ad una attenta lettura, l’audizione al Senato di Luca Pani, direttore dell’AIFA apre scenari nebulosi, per lui, l’ispezione agli Spedali Civili di Brescia dovevano essere eseguite per verificare le norme di un laboratorio GMP, perché la metodica stamina è ad uso industriale, producendo l’ordinanza che ha bloccato la lista delle infusioni ma criticata dagli stessi giudici che producono sentenze a favore dei malati: “lì non vi è alcuna sperimentazione o produzione di farmaci, ma solo cure compassionevoli ad uso non ripetitivo”

di Cinzia Marchegiani

Guardiagrele – Luce. Si vede luce in fondo al tunnel di questi malati. Davanti al loro diritto inalienabile sono state fornite ogni sorta di giustificazione soprattutto da parte dei medici che fino a poco tempo fa, non solo hanno infuso con il metodo Stamina, ma ne hanno certificato l’assenza degli effetti collaterali. Ora per alcuni sono diventate improvvisamente sostanze segrete, e per questo invocato il diritto di obiezione di coscienza. L’inchiesta di Raffaele Guariniello alla Procura di Torino ha illuminato il codice deontologico. Un mondo strano e alquanto pieno di evidenti contraddizioni ha guidato questa tragistoria, che fortunatamente è costellato da importanti documenti….troppo importanti e chiarificatori di cui i responsabili, soprattutto ministeriali, fanno fatica a ricordare o al massimo dicono che sono datati. Il più importante è il comunicato 173 dell’ISS cronologicamente inserito successivamente all’ordinanza dell’AIFA che attesta “senza ombra di alcun dubbio” l’esatto contrario dei i Nas e dell’AIFA: l’analisi delle provette sequestrate al nosocomio Bresciano hanno stabilito che vi erano cellule staminali vitali, valide per qualsiasi uso terapeutico.” Ma andiamo per gradi. Di nuovo una sentenza di un giudice del lavoro, commissaria gli Spedali Civili di Brescia. Noemi, la dolce e piccola Noemi affetta dalla terribile Sma1, ha finalmente ottenuto dal tribunale de L’Aquila la sentenza che “ordina” con urgenza la terapia incaricando Enrica Molino, la biologa di Stamina Foundation, a nominare i membri più idonei dell’equipe medica, oltre che dettare le tempistiche e le modalità di esecuzione del trattamento, utilizzando la struttura e le apparecchiature degli Spedali Civili di Brescia. Il provvedimento tra l’altro ordina agli Spedali Civili di Brescia di non ostacolare le attività della futura equipe formatasi e la sua efficacia decorrerà a partire dal 25 luglio 2014.
Andrea Sciarretta, papà della piccola Noemi aveva lanciato la proposta di fare uno studio e valutazione “pre e post trattamento” (perché non è stato mai fatto?) da medici super partes, poiché Noemi non è stata mai sottoposta alle infusioni. Per questo, il gruppo dei Consiglieri del M5S in commissione Sanità al Consiglio Regionale della Lombardia hanno lanciato l’appello affinché questa proposta venga accettata, Paola Macchi ne spiega le motivazioni: “Ci è stato chiesto di fare da portavoce di un genitore di un paziente. Siamo stati contattati dal papà di Noemi, il suo è l'ennesimo caso di ordinanza di un giudice che dice di fare le infusioni, anche se in questo caso ė diverso perché lei non ė mai stata trattata con Stamina. La proposta del papà di Noemi è stata di approfittare di questo trattamento, in quanto un'osservazione super partes consentirebbe di fare chiarezza. Le responsabilità sono politiche e siamo noi che dobbiamo dare una risposta ai pazienti e ai loro parenti.”

I quesiti che ora emergono sono troppi e lasciano altrettanti vuoti. Pazienti che hanno seguito una terapia in un ospedale pubblico non sono stati monitorati adeguatamente, i controlli medici e strumentali sono stati fatti altrove, ma le cartelle cliniche incomplete delle valutazioni pre e post infusione sono state acquisite come prove inconfutabili dal magistrato Guariniello, che ora ha chiesto il rinvio a giudizio per Vannoni, Marino Andolina tralasciando fuori i medici che hanno provveduto materialmente a somministrare le terapie.

Tutt’oggi c’è una sperimentazione da avviare e stranamente ancora il comitato scientifico non si pronuncia, mentre nella semplicità si poteva monitorate i pazienti. Le ombre che emergono provengono dalle stesse audizioni al Senato nella Commissione Conoscitiva del 6 febbraio 2014. Il Direttore dell’Aifa, Luca Pani rilascia la sua versione istituzionale, in merito all’ispezione avvenuta nel laboratorio di Brescia istituita, ispezione che poi ha prodotto un’ordinanza di blocco della manipolazione delle cellule staminali:“Va evidenziato che cio` che sta facendo la Stamina Foundation e` senza dubbio, al di fuori dell’uso per singolo paziente del decreto ministeriale del 5 dicembre 2006 e dell’articolo 28 del Regolamento. 

Questo metodo, oltre a non esistere scientificamente, e` finalizzato senza alcun dubbio all’uso industriale (perche´ pretende di curare ogni malattia neurodegenerativa, e non solo) e deve essere sottoposto a tutta la disciplina finalizzata al rilascio dell’Autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), ad iniziare dalla sperimentazione clinica. Tale autorizzazione e` competenza dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA), perche´ le terapie cellulari, come quelle oncologiche e quelle per le malattie avanzate, sono centralizzate a livello europeo; quindi il Regolamento sarebbe in piena validità.” Pani cita la direttiva europea, Regolamento (CE) n. 1394/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 novembre 2007 sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (Testo rilevante ai fini del SEE), ma la stessa però al punto 6 recita: “Il presente regolamento è una lex specialis, che introduce disposizioni aggiuntive rispetto a quanto stabilito nella direttiva 2001/83/CE. Ambito di applicazione del presente regolamento dovrebbe essere la disciplina dei medicinali per terapie avanzate che sono destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione intervenga un processo industriale, conformemente all’ambito di applicazione generale della legislazione comunitaria in materia farmaceutica di cui al titolo II della direttiva 2001/83/CE. 

Dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento i medicinali per terapie avanzate preparati su base non ripetitiva conformemente a specifici requisiti di qualità e utilizzati in un ospedale all’interno dello stesso Stato membro, sotto l’esclusiva responsabilità professionale di un medico, in esecuzione di una prescrizione medica individuale per un prodotto specifico destinato a un determinato paziente, assicurando al tempo stesso che non siano violate le pertinenti norme comunitarie relative alla qualità e alla sicurezza.” Il mistero diventa ancora più nebuloso se si analizza il comunicato 348 del 23 gennaio 2014 dell’AIFA che anticipava la suddetta relazione di Luca Pani al Senato (avvenuta il 6 febbario 2014):”Per i profili di propria competenza, l’AIFA ribadisce quanto segue: [L’AIFA comunicò prontamente all’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia – che a giugno del 2011 chiedeva chiarimenti sulla possibilità di utilizzo di cellule staminali prodotte secondo la “metodica Stamina” presso il proprio Laboratorio di cellule staminali – che tale utilizzo non poteva essere autorizzato in quanto, dai dati disponibili, non risultava che le cellule prodotte con “metodo Stamina” fossero ottenute nel rispetto delle Norme di Buona Fabbricazione (GMP). L’AIFA non ha mai autorizzato i trattamenti secondo il “metodo Stamina”, anche perché nessuna autorizzazione è prevista dal Decreto del Ministro della Salute Turco-Fazio del 5 dicembre 2006, “Utilizzazione di medicinali per terapia genica e per terapia cellulare somatica al di fuori di sperimentazioni cliniche e norme transitorie per la produzione di detti medicinali”, che l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia ha dichiarato di seguire come riferimento normativo. Il suddetto decreto, infatti, non prevede alcuna autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco, ma solo la pregressa trasmissione all’AIFA di autocertificazione del possesso dei requisiti da parte dell’Azienda. L’Agenzia, dopo aver ricevuto l’autocertificazione del possesso dei requisiti da parte dell’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia, si è così espressa “fermo restando la responsabilità delle affermazioni rese e di quelle del direttore del laboratorio di produzione, al fine di evitare ogni ritardo che potrebbe compromettere il buon esito della procedura, e nell’esclusivo interesse dei pazienti, si comunica che non si ravvedono ragioni ostative al trattamento indicato”. L’AIFA si attivò prontamente – a seguito dell’istanza di collaborazione inoltrata dal Comando dei Carabinieri per la tutela della salute, NAS di Torino nell’ambito dell’indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Torino – partecipando al sopralluogo ispettivo in data 8-9 maggio 2012 per verificare l’attività di produzione e somministrazione di cellule staminali mesenchimali a pazienti in cura presso l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia. In considerazione della gravità delle censure sollevate a seguito dell’ispezione, il Direttore Generale dell’AIFA, Prof. Luca Pani, dispose, con l’ordinanza n. 1/2012 del 15 maggio 2012, il divieto immediato di effettuare: prelievi, trasporti, manipolazioni, colture, stoccaggi e somministrazioni di cellule umane presso l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia in collaborazione con la Stamina Foundation ONLUS”]

Questa ordinanza, come citato dall’Aifa, si basa ai sensi e per gli effetti dell’articolo 142 del D. Lgs. 219 de/2006 e s.m.i. che riguarda: [Divieto di vendita e di utilizzazione ritiro dal commercio e sequestro del medicinale, che così recita: 1. L’AIFA vieta la vendita e la utilizzazione del medicinale e dispone il ritiro dal commercio dello stesso, anche limitatamente a singoli lotti, se a giudizio motivato della stessa, ricorre una delle condizioni di cui al comma 2 dell’articolo 141 ovvero risulta che non sono stati effettuati i controlli sul prodotto finito, o sui componenti e sui prodotti intermedi della produzione, o che non sono stati osservati gli obblighi e le condizioni imposti all’atto del rilascio dell’autorizzazione alla produzione o successivamente, o il medicinale presenta difetti di qualità potenzialmente pericolosi per la salute pubblica. 2. L’AIFA può disporre altresì il sequestro del medicinale, anche limitatamente a singoli lotti, quando sussistono elementi per ritenere che solo la sottrazione della materiale disponibilità del medicinale può assicurare una efficace tutela della salute pubblica. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si estendono, per quanto applicabili, anche alle materie prime farmacologicamente attive.]
Quindi ricapitolando, l’Aifa giustifica al Senato la suddetta ordinanza applicata ad un ospedale italiano come una norma che prevede il sequestro di materiale da destinare al commercio. La stessa anomalia, citata più volte nelle inchieste dell’Osservatore d’Italia, è stata posta dall’Avv. Tiziana Massaro, che in audizione al Senato con l’associazione Movimento Vite Sospese ha prodotto una documentazione autorevole alla Commissione Conoscitiva su Stamina che tra l’altro proprio in questi giorni si è ancora in attesa che venga acquisita in toto e non in parte.
Elisa Visconti Salvi di Alleanza Italiana entra in merito alla vicenda del piccolo Daniele Tortorelli, unico caso al mondo di un bimbo dell’età di 7 anni con la Nimann Pick che ha beneficiato, dimostrato dalle proprie cartelle cliniche, delle infusioni con il metodo Stamina:”è partita la denuncia penale da parte dei Tortorelli seguiti dal nostro avvocato penalista Natasha Gheda, che già precedentemente aveva diffidato la commissione scientifica, esortandola a coinvolgere nell’indagine conoscitiva del caso stamina ‘le associazioni di malati’, atto che ha consentito al Movimento Vite Sospese di essere audito in Senato lo scorso 9 luglio 2014. La denuncia è stata già depositata presso la procura di Brescia, denuncia che scatenerà una serie di azioni da parte delle nostre associazioni di contenimento e controllo. Se sarà necessario faremo intervenire anche l’Anti Trust.” Riguardo all’Ordine dei medici di Brescia che ha chiesto al ministro Lorenzin un atto politico-istituzionale che porti alla sospensione dei trattamenti Stamina, in attesa delle determinazioni del comitato scientifico ministeriale, la stessa Visconti chiarisce lo stato dei fatti:” Evidentemente il Presidente dell’Ordine dei Medici sta chiedendo al ministro cose impossibili, visto che sono le leggi già in essere Turco/Fazio e Balduzzi a determinare quali malati, in che circostanza, motivo e in che modo, hanno diritto di sottoporsi al metodo Stamina in regime compassionevole, come altre metodiche ad oggi già utilizzate, e ad oggi sono gli stessi organi istituzionali, a violare ripetutamente le medesime. Alleanza Italiana, come le associazioni facenti parte del Patto di Solidarietà, stanno costantemente richiamando al loro dovere attraverso azioni di ordine legale, diffide, esposti compresa la medesima proposta di legge che stiamo continuando a promuovere e che è già arrivata ad oltre 40000 adesioni, nonostante non sia mai stata trattata dalla stampa nazionale”.


Il dottor Stefano Di Ottavio faceva parte del Comitato Etico degli Spedali Civili di Brescia. Sarebbe interessante conoscere in che modo prima le infusioni venivano somministrate senza problemi di codice deontologico che ora hanno invece sollevato, sapendo che alla Commissione al Senato lo stesso Di Ottavio ha dichiarato (31Marzo 2014): “L’imposizione di trattamenti medici attraverso ordinanze, cui non è possibile obiezione di coscienza, in quanto non prevista in questi casi, dal nostro ordinamento, mina i fondamenti stessi dell’agire professionale e della nostra ragion d’essere come Ordine dei Medici, aprendo scenari che dovrebbero allarmare la società civile.” Stranamente il 7 maggio 2014, in un’intervista spiega lo stesso Di Ottavio che l’obiezione di coscienza invece è legittima:” mai viste simili imposizioni dai giudici.” Stamina ha recitato un repentino cambiamento di leggi e di ruoli, fino a giustificare le mancate somministrazioni al fatto che il preparato era segreto, come se per magia fosse cambiato il protocollo di preparazione…eppure lo stesso Fulvio Porta, direttore dell’Oncoematologia Pediatrica e coordinatore del progetto di collaborazione con Stamina in Commissione in Regione Lombardia ha spiegato che “delle due provette analizzate dall’Istituto Superiore di Sanità sono state evidenziate cellule mesenchimali, al 90% erano vive, non è stato trovato veleno di serpenti”. E’ stato detto tutto il contrario di tutto, smentendo anche le stesse azioni, pur di rappresentare una realtà che le stesse famiglie dei malati e le associazioni hanno rispedito al mittente per la mancanza di serietà… Prima o dopo, questi medici hanno seguito un codice deontologico non consono a quello dichiarato, ora occorre capire quale delle due azioni è stata lesiva per i malati stessi. Si alle infusioni di Noemi, che sia fatta una pre e post osservazione clinica, come era dovuto sin dall’inizio, per etica, per scienza, per dovere di critica, che siano indicati medici in grado per esperienza a valutare queste malattie rare e degenerative…in Italia abbiamo il dr Marcello Villanova che dal nostro giornale aveva invitato al confronto scientifico.

Cosa sta aspettando il nostro Ministro della Salute, che tale verifica venga imposta dal magistrato di turno o che gli Spedali Civili riportino la famiglia Sciaretta in un aula del tribunale? 

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