Meta lancerà in autunno Quest 3, il nuovo visore a realtà mista

Quest 3 è il visore a realtà mista (aumentata e virtuale) di nuova generazione che Meta, l’azienda di Mark Zuckeberg, renderà disponibile in autunno.

L’annuncio sui profili social del fondatore di Facebook, arriva qualche giorno prima della conferenza degli sviluppatori di Apple, il 5 giugno, in cui molto probabilmente l’azienda di Cupertino mostrerà la sua idea di visore. “Meta Quest 3 è il primo visore per la realtà mista a colori ad alta risoluzione, 40% più sottile e più confortevole, display e risoluzione migliori – scrive Zuckerberg – Ha un chipset Qualcomm di nuova generazione con prestazioni grafiche raddoppiate e le nostre cuffie più potenti di sempre.

E’ in arrivo quest’autunno”. Il prezzo del dispositivo si aggirerà intorno ai 500 dollari, mentre quello di Apple è previsto abbia un prezzo più alto. “Quest 3 – aggiunge il Ceo di Meta – sarà il modo migliore per sperimentare la realtà mista e virtuale in un dispositivo autonomo. Sarà compatibile con l’intera libreria di Quest 2 con altri titoli in arrivo. Maggiori dettagli alla nostra conferenza Connect il 27 settembre”. La società, intanto, dal 4 giugno abbassa i prezzi dei visori già in commercio Quest 2 e Quest Pro e con il prossimo aggiornamento software rinnova l’unità di elaborazione grafica e l’unità centrale di elaborazione promettendo un aumento delle prestazioni e della velocità su app e giochi. Insomma, dopo questo annuncio, la guerra ad Apple per il mercato del mondo dei visori a realtà mista entra nel vivo. Solo gli utenti sapranno far capire quale dei due device sarà più apprezzato. Non resta che aspettare e capire soprattutto quanto sarà rivoluzionario questo dispositivo.

F.P.L.




Ys IX: Monstrum Nox diventa next-gen e arriva su PlayStation 5

Ys IX: Monstrum Nox è solo l’ultimo capitolo di una serie poco conosciuta ma che affonda le sue radici nello scorso secolo, il primo episodio risale infatti al 1987, quando uscì per PC-88. Da allora lo sviluppatore Nihon Falcom ha realizzato otto episodi principali e un paio di spin-off per una moltitudine di piattaforme. Nonostante la sua diffusione, il franchise non ha mai avuto le pretese dei tripla A e non si è mai sognato di sfidare i colossi dei GDR nipponici ben più famosi, ma col tempo si è ritagliato uno zoccolo duro di fan grazie a un universo colorito, splendide colonne sonore e dinamiche di gioco vecchia scuola che propongono qualcosa di nuovo a ogni capitolo. Ricordiamo che il titolo arriva su PlayStation 5 dopo essere sbarcato su PlayStation 4 in origine e su Nintendo Switch. Ma veniamo alla trama: ambientato alcuni anni dopo i fatti raccontati nell’ultimo episodio, Ys IX: Monstrum Nox si apre con un evento a dir poco sconvolgente, ovvero l’arresto del protagonista Adol Christin. Poiché durante i propri vagabondaggi è puntualmente rimasto coinvolto in casi alquanto eclatanti e misteriosi, come l’incidente dell’Oceano Atlas (raccontato in Ys VI: The Ark of Napishtim) o il naufragio sull’Isola di Seiren, dalla quale nessuno aveva mai fatto ritorno prima di lui (come narrato in Ys VIII: Lacrimosa of Dana), l’Impero Romun ha infatti emesso un mandato di cattura per il giovane avventuriero dai capelli rossi, con l’accusa di aver deliberatamente provocato buona parte degli inspiegabili episodi che l’hanno visto protagonista. Catturato nelle primissime battute della vicenda e rinchiuso in una cella della Prigione di Balduq, che un tempo era considerata la più grande e inespugnabile fortezza dell’Impero, Adol riesce comunque a evadere, allo scopo di evitare un’ingiusta condanna e cercare al tempo stesso le prove della propria innocenza. Durante la rocambolesca fuga, tuttavia, il guerriero viene colto di sorpresa da una misteriosa figura femminile, la quale annuncia di aver bisogno del suo aiuto e subito dopo gli spara con un proiettile alchemico. Anziché ucciderlo, il colpo trasforma il corpo del povero Adol, conferendogli un aspetto più selvaggio e le incredibili abilità soprannaturali tipiche dei cosiddetti “Monstrum”, ossia un gruppo di criminali che da diversi mesi va seminando il caos tra le strade della città-prigione di Balduq. Sfruttando a proprio vantaggio i poteri ricevuti dall’enigmatica Aprilis, Adol riconquista dunque la libertà perduta, ma all’indomani realizza suo malgrado di non poter abbandonare la città. La maledizione dei Monstrum, infatti, obbliga il ragazzo e i suoi simili a rimanere nei pressi di Balduq, affinché questi possano regolarmente raggiungere il “Grimwald Nox”: un piano ultraterreno cui i Mostrum vengono evocati più o meno ogni notte al fine combattere contro mostri terrificanti. Come spiegato dalla criptica Aprilis, l’unico modo per infrangere la maledizione è quello di risolvere il mistero della Prigione di Balduq, cercando al contempo di respingere l’oscurità del Grimwald Nox. Se le passate incarnazioni di Ys hanno insomma visto Adol Christin indossare i panni dell’eroe giunto per caso nel luogo e nel momento propizio, Ys IX: Monstrum Nox compie invece un curioso strappo alla regola per mostrare ai giocatori un lato leggermente più ribelle dello spadaccino ormai famoso in ogni angolo del pianeta e raccontare, di conseguenza, una storia dai toni ben più oscuri di quelli cui il brand ha storicamente abituato i fan.

Dal punto di vista della giocabilità l’esplorazione è senza dubbio la parte più divertente dell’esperienza, nonostante qualche passaggio vagamente platform sia stato realizzato sotto un profilo un po’ maldestro, ma lo è anche il sistema di combattimento che ci aveva già abituato bene in Ys VIII: Lacrimosa of Dana e che in questo sequel funziona ancora meglio. Le meccaniche di base restano le stesse: si possono controllare massimo tre personaggi a combattimento ed è possibile scambiarli al volo per impiegare l’arma appropriata contro il nemico che si sta affrontando. Gli scontri si svolgono in tempo reale, quasi come in un action game che premia più l’aggressività che la strategia: oltre a colpi normali da inanellare in combo, Adol e gli altri possono utilizzare vari attacchi speciali che scaricano i punti accumulati colpendo i nemici. La gestione delle risorse diventa sempre più importante, specialmente contro i boss che sono spesso enormi, coriacei e particolarmente insidiosi se non si segue la strategia giusta, sfruttando ogni aspetto del sistema di combattimento come le intuitive meccaniche Flash Dodge e Flash Guard che conferiscono bonus temporanei ai giocatori che riescono a schivare o parare in tempo. Dal momento che la maggior parte dell’avventura è ambientata tra le strade di Balduq, i combattimenti coi mostri si innescano ogni volta che il giocatore entra in contatto con le spaccature dello spazio-tempo disseminate un po’ ovunque: queste, infatti, fermano il tempo per gli individui circostanti e costringono il party a battersi contro le raccapriccianti creature del Grimwald Nox. Di conseguenza, fatta eccezione per i materiali di consumo, come ad esempio le pozioni, gli oggetti recuperati in giro sono piuttosto pochi e non esistono punti in cui dedicarsi ad attività come la pesca o l’estrazione dei minerali, che invece in Lacrimosa of Dana erano fondamentali. In compenso, Ys IX: Monstrum Nox ha abbandonato del tutto la componente da “metroidvania” e, di conseguenza, la necessità di sottoporsi a brevi sessioni di backtracking. Innanzitutto, stavolta la mappa della città non è suddivisa in tante piccole aree, magari collegate tra loro da stretti corridoi, ma al contrario è unica e pertanto non risulta assolutamente dispersiva o ingarbugliata. Come se non bastasse, lo sviluppatore ha rimosso gli oggetti che, una volta equipaggiati, conferivano azioni speciali come il doppio salto (che è stato integrato nel sistema di movimento di base), la capacità di arrampicarsi sui rovi, e così via, poiché i luoghi altrimenti inaccessibili possono ora essere raggiunti sfruttando a dovere i poteri speciali dei Monstrum. Ognuno dei componenti del team dispone infatti di una capacità singolare, che gli altri compagni possono prendere in prestito, e che appunto spalanca le porte ad azioni altrimenti impensabili. Adol, ad esempio, dopo essere diventato un Monsturm ha acquisito il Dono della Crimson Line, ossia la capacità di teletrasportarsi da un capo all’altro della mappa, attraverso le linee cremisi che collegano un edificio e l’altro o addirittura permettono di raggiungere la cima di una torre in meno di un secondo. Le più utili del pacchetto sono comunque l’abilità Corsa Celeste di White Cat, che permette di arrampicarsi in verticale e di compiere dei balzi a mezz’aria, e la Discesa del Cacciatore di Hawk, che fa spuntare due magnifiche ali sulle spalle del personaggio controllato con cui planare lentamente, magari in prossimità di scrigni altrimenti irraggiungibili. Dal punto di vista tecnico Ys IX: Monstrum Nox appare decisamente più curato e attento ai dettagli rispetto al passato. Ora raggiunge i sessanta fotogrammi al secondo con immagini più nitide e una risoluzione chiara e meglio definita e con colori più chiari e vivaci. La grafica, tuttavia, non cambia molto dal passato, presentandosi in effetti come il reale tallone d’Achille della produzione. A riguardo, tutto appare vecchio e datato, con texture tuttavia curate meglio rispetto alle precedenti versioni. Tirando le somme, Ys IX: Monstrum Nox si dimostra un videogioco che arriva al suo obiettivo sotto ogni punto di vista. Caratterizzato da una storia intensa, profonda e longeva, può far sognare gli appassionati quanto i neofiti, anche se per capire bene la trama e alcuni dialoghi sarebbe meglio aver giocato ai capitoli precedenti.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 7

Sonoro: 8

Gameplay: 8,5

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Innovazione e tradizione, come le due possono coesistere

Produttività e competitività sono due elementi essenziali per le industrie moderne. Sono le parole d’ordine che ogni impresario ed azienda, italiana e non, deve considerare per sopravvivere nel mondo dell’economia globale. Per questo, settori produttivi che sono considerati tradizionali hanno dovuto cambiare, trasformarsi per far fronte a consumatori che fanno shopping online e ad imprese che riducono sempre di più i costi.

Per raggiungere questi obiettivi ed essere competitive, le industrie hanno introdotto la digitalizzazione nella loro vita quotidiana. Dal lavoro pesante in magazzino fino al lavoro ripetitivo in ufficio, software, app e dispositivi tecnologici hanno permesso a tradizione ed innovazione di non solo coesistere, ma di prosperare.

Un’industria considerata tradizionale è quella tessile che ha iniziato la sua storia con telai difficili da maneggiare e lane filate a mano. Ora, le imprese tessili non usano solo le macchine per velocizzare e facilitare il lavoro. Infatti, la digitalizzazione ha portato molti vantaggi a questa industria come la riduzione delle scorte in magazzino e la personalizzazione dei prodotti, che sono sempre più fatti su misura. I QR code permettono di tracciare i capi d’abbigliamento, mentre le applicazioni per smartphone permettono ai consumatori di provare i vestiti e di accedere ad offerte online.

Quindi, il tessile è un esempio di come la digitalizzazione benefici sia le imprese che il cliente finale. Lo sa bene l’industria vinicola, un settore italiano tradizionale. L’uso di nuove tecnologie come i sensori consente alle aziende di monitorare dati importanti come quelli del suolo o di aumentare la qualità della produzione. Tra i tanti sensori disponibili per questa industria ci sono i trasmettitori di pressione per i liquidi e le sonde di temperatura con comodi display.

In questo modo, il processo produttivo diventa più snello ed efficace e le imprese vinicole italiane possono concentrarsi sull’e-commerce, un’altra forma di digitalizzazione. Ci sono anche industrie che fanno scoperto il mondo digitale durante la pandemia. Una di queste è quella del gioco d’azzardo e, più precisamente, dei casinò online. Con gli stabilimenti terrestri chiusi, molti giocatori hanno cercato il divertimento su siti Web ed app per smartphone. Così, si sono potuti godere un gioco di roulette online, slot machine o tornei di poker dal vivo da casa.

Se quella dei casinò online è un’industria interna, fatta per gli italiani, un esempio del miglior made in Italy è sicuramente il settore dell’arredamento e dei mobili. Maxalto, Cassina e Natuzzi sono solo alcuni dei nomi conosciuti in tutto il mondo e, secondo una recente indagine, il design italiano è più vivo che mai. Con un fatturato di 28,1 miliardi nel 2022 (+11% rispetto al 2021), l’Italia è quarta in Europa e con un aumento stimato del 42% entro il 2025, l’industria del mobile nazionale è viva e vegeta e parte del suo successo si deve alla digitalizzazione.

Non è solo la produzione ad essere digitale, ma anche i mobili stessi sono tech. Come i telecomandi per avviare il riscaldamento da remoto, i divani con impianto audio integrato e le sedie che fanno anche massaggi. Sicuramente, uno dei vantaggi della digitalizzazione è la personalizzazione, che ha permesso all’industria dell’arredamento italiana di guadagnare clienti da tutto il mondo.

Insomma, tradizione ed innovazione possono vivere ed andare mano nella mano. Le imprese moderne non devono rinunciare a nulla mentre i consumatori possono aspettarsi un’esperienza sempre più su misura. In Italia e non solo.




A Roma va in onda “Digital ergo sum”: festival della società e della cultura digitale

Il primo evento a Roma che mette insieme il mondo del digitale e quello del sociale
 
 
Sabato 20 maggio, Technotown, centro della scienza creativa di Roma situato all’interno di Villa Torlonia, ospiterà la  prima edizione di DIGITAL ERGO SUM – Festival della Società e della Cultura Digitale. L’evento, organizzato da Zètema Progetto Cultura in collaborazione con ASSIPOD.org – Associazione Italiana Podcasting e Siamoumani.org – SiamoUmani Business Lab, si rivolge ad appassionati di digitale, studenti, professionisti, docenti e formatori, giornalisti, imprenditori e operatori del sociale che vogliono essere protagonisti del cambiamento e promuovere un approccio consapevole all’utilizzo del      digitale. Le tecnologie digitali fanno sempre più parte della vita quotidiana, con risvolti positivi e negativi, ma con impatto sulla cultura e sulla società.
 
Durante l’evento si rifletterà su come rimettere al centro dell’innovazione tecnologica l’uomo e la società, per promuovere iniziative di inclusione e sostenibilità.
 
Dalle 10.00 alle 13.00 avranno luogo tre tavole rotonde sui temi: Humans of Digital (in lingua inglese), Technology for Peace (in lingua italiana), Dalla comunicazione alla Comunità Digitale.
 
Dalle 15.00 alle 18.30 interverranno numerosi esperti di digitale per condividere esperienze e casi di successo sull’utilizzo virtuoso delle nuove tecnologie e social media parlando di temi come raccolta fondi, narrativa digitale, digitale a scuola,  lavoro digitale, video e podcast, marketing e comunicazione.
 
Dalle 18.30 alle 20.00 l’evento si concluderà con un aperitivo di networking.
 
Con il biglietto di ingresso giornaliero di 1 euro, acquistabile sul posto presso la biglietteria, si potrà partecipare a tutte le iniziative del Festival.




Redfall, un titolo incompreso dalle enormi potenzialità

Redfall è un titolo che in moltissimi si aspettavano su Pc ed Xbox. Sia perché sarebbe stato gratuito al lancio per tutti i possessori del Gamepass di Microsoft, sia perché aveva creato un’aspettativa enorme fra i fan. Purtroppo però qualcosa non ha funzionato e il gioco non è arrivato al lancio come in molti si aspettavano, così i media e il pubblico nella quasi totalità dei casi a caldo ha letteralmente distrutto il gioco. Noi prima di pronunciarci abbiamo voluto aspettare di finirlo e lo abbiamo spolpato a fondo con grande cura e adesso ci sentiamo pronti a esprimere il nostro verdetto. Redfall non è un brutto gioco, anzi è un prodotto che ha delle basi solidissime, purtroppo però soffre di alcuni problemi che, soprattutto per i giocatori più esigenti, rappresentano dei macigni. A nostro avviso i più gravi sono senza dubbio l’intelligenza artificiale dei nemici umani che è davvero imbarazzante, il framerate a 30 fps che subisce dei repentini cali (ovviabili eliminando il motion blur, il movimento della testa del personaggio mentre cammina e altre impostazioni grafiche), e alcune texture che impiegano molto tempo a caricarsi. Insomma, il titolo di Arkane Studios si è presentato al lancio in forma non perfettamente smagliante, ma a nostro avviso non è un titolo da buttare(cosa che in molti invece hanno asserito). Fatta questa premessa, andiamo a recensire il gioco nel modo più onesto possibile. Redfall era una ridente cittadina costiera del Massachussets, situata nella parte orientale di un’isola rinomata per i frutti di mare e le coste ventose. A partire dal riuscito incipit della vicenda raccontata nel gioco, invece, si può vedere cos’è diventata Redfall oggi, dopo essere caduta totalmente in mano ad un branco di vampiri assetati di sangue la cui origine sembra sia legata ai sinistri esperimenti della Aevum, una casa farmaceutica alla ricerca della cura per tutte le malattie che affliggono l’uomo. Come se non bastasse, gli umani, invece di fare fronte comune di fronte alla minaccia sovrannaturale, si sono perlopiù schierati con i vampiri, creando un farneticante culto in cui, come enormi contenitori di cibo, fanno la fila in attesa di essere divorati (a sentire loro, “elevati”) da uno dei molteplici “succhiasangue” che si aggirano per la cittadina. Nonostante un intreccio in tono minore rispetto ad altre produzioni del medesimo team di sviluppo, l’ambientazione di Redfall è, come da tradizione, estremamente ben ricreata e curata in ogni minimo dettaglio, con una grande quantità di interni da esplorare, una direzione artistica da b-movie degli anni ’80 molto coerente con i temi trattati e un’atmosfera generale che ci ha rapito sin da subito e che, a conti fatti, risulta uno dei principali punti di forza della produzione. Il giocatore sarà chiamato ad indossare i panni di uno di quattro sopravvissuti, tutti sufficientemente differenziati in termini estetici e di abilità, per far fronte a questa invasione e riportare le cose alla normalità, a partire dal sole oscurato e dalla barriera di onde che, sin dai primi secondi di gioco, impedisce a ogni umano vivo la fuga dall’isola. I 4 protagonisti dell’avventura sono: Devinder un inventore inglese, nonché autore letterario, che si ritrova bloccato sull’isola dov’era intervenuto ad un evento di presentazione del suo ultimo libro. Poi c’è Jacob che offre uno spaccato della vicenda dal punto di vista dei cattivi (o presunti tali), visto che è un ex cecchino militare assoldato da una milizia privata per trarre in salvo gli ultimi civili della Aevum rimasti a Redfall. Assalito con tutta la sua squadra da un vampiro maggiore, viene privato di un occhio ma guadagna al suo posto la capacità di evocare un corvo spiritico che gli consente un’ampia visuale a volo d’uccello di tutti i campi di battaglia. Poi c’è Layla, una brava studentessa universitaria squattrinata che ha scelto, per soldi, di sottoporsi ad esperimenti con la Aevum, ricavandone poteri telecinetici e la possibilità di evocare il suo ex ragazzo, nel frattempo trasformatosi in un vampiro, per ripulire la scena da ospiti indesiderati. Conclude il quartetto Remi De La Rosa, sboccata volontaria portoricana amante della tecnologia che va sempre in giro con il suo robot Bribon, che le offre un diversivo formidabile per i nemici, che lei stessa può bersagliare impunemente mentre il droide ne attira l’attenzione nei modi più chiassosi possibili. Insomma, il quartetto di protagonisti che ha il difficile compito di ripulire Redfall dai vampiri è senza dubbio molto variegato e offre tantissime possibilità di approccio.

Redfall è uno shooter in prima persona con elementi gdr, infatti man mano che si prosegue nell’avventura i personaggi potranno potenziare i propri poteri e abilità attraverso uno skill-tree molto ricco, ma soprattutto potranno raccogliere equipaggiamento ed armi di diversa rarità che offrirà loro bonus più o meno validi. Uno dei pregi di Redfall risiede nel fatto che, essendo affrontabile sia in solitaria che fino a un massimo di 4 giocatori insieme, offre una certa pluralità di soluzioni per superare le missioni secondarie, con qualche limitazione in più legata invece a quelle principali. Tra uccisioni ambientali legate ai generatori o alle numerose taniche di liquido infiammabile sparse per le ambientazioni, possibilità di aggirare i nemici, cecchinaggio da lontano e persino la possibilità di condurre una delle tre fazioni nemiche presenti sulle mappe per fare il proprio lavoro sporco e assottigliare i ranghi nemici, è possibile affrontare molte missioni come meglio si crede. Se questa libertà è rinfrescante per uno sparatutto in prima persona, lo è meno se confrontata con i precedenti lavori di Arkane perché, in assenza persino di un tasto dedicato alle eliminazioni silenziose alle spalle, in Redfall è inevitabile finire a premere il grilletto: tanto lungo la campagna principale quanto durante le caotiche e spassose sessioni multigiocatore, mettere mano al proprio arsenale e fare fuoco è sempre l’unica soluzione possibile, mortificando approcci stealth e possibili percorsi alternativi alla carneficina. Il sistema di shooting è nel complesso buono, ma non eccezionale se paragonato ai mostri sacri del genere, ma fortunatamente il tocco Arkane arriva in soccorso del gameplay in più istanze, dalla possibilità di organizzare delle trappole alla buona varietà del loot. Redfall però dà il meglio di se soprattutto se viene giocato con due o più amici, grazie anche ad un level design raramente banale, il divertimento decolla perché, pur abbandonando le atmosfere tese e tendenti all’horror della modalità in giocatore singolo, Redfall offre il meglio di sé nell’interazione tra personaggi, nel gioco di squadra, nella diversificazione delle bocche da fuoco e delle rispettive abilità uniche. La scelta del protagonista, poi, influenza fortemente lo stile di gioco e favorisce la rigiocabilità della campagna, che in sè non si rivela troppo lunga, e la sperimentazione in sede di multiplayer, con i poteri degli eroi che si intersecano e che possono rendere il team virtualmente imbattibile, quantomeno se i suoi membri sanno cosa stanno facendo. La progressione ruolistica, dal canto suo, si rivela secondaria, e solamente le abilità di livello più alto, raggiungibili dopo diverse ore di cooperativa riescono a spostare realmente gli equilibri negli scontri più duri con i vampiri di alto livello o nei nidi più ardui da conquistare. A proposito di nidi: questi sono eventi generati proceduralmente dal gioco, la cui influenza continua ad espandersi di giorno in giorno durante la campagna, grazie al ciclo giorno/notte completo di cui Redfall è dotato, e rappresentano uno dei pochi momenti di vera sfida offerti dal prodotto.

Ma veniamo ora alle dolenti note, uno dei maggiori problemi della produzione risiede nel bilanciamento della difficoltà, tanto in single player, quanto, soprattutto, durante le sessioni in cooperativa: Redfall è, semplicemente, troppo facile, soprattutto se giocato con gli amici. Se già dopo pochi minuti della campagna principale in single player è stato necessario innalzare al massimo livello di difficoltà, quando ci siamo dedicati al multiplayer il fattore sfida è calato notevolmente, perché il gioco non scala adeguatamente la forza dei nemici per rapportarla a quella del party, limitandosi ad aumentare il numero di personaggi di supporto ai mostri principali e ad allungarne la barra della vita, rendendoli delle vere e proprie spugne per i colpi del gruppo di survivors. Il risultato è che, passata l’inevitabile esaltazione iniziale, che viene dal buon feeling delle armi e dalla cura riposta nell’ambientazione il party diventa troppo forte troppo presto. In single player, poi, la sovrabbondanza di kit medici, munizioni e gadget consumabili finisce con il banalizzare la stragrande maggioranza degli scontri con i nemici comuni. Anche perché, e qui giungiamo al problema di Redfall di cui parlavamo in apertura, l’intelligenza artificiale dei nemici umani si è rivelata assolutamente deficitaria: attaccati dalla distanza, si limitano a correre in linea retta verso il giocatore incuranti della propria incolumità, o, in alternativa, scaricano inutilmente il caricatore di un’arma a corto raggio mentre chi gioca li bersagliano dalla distanza finendoli in un paio di colpi. Negli interni, la loro capacità di avvistamento è ancora più limitata, se possibile, e basta nascondersi dietro ad una porta o in un sottoscala per ucciderli tutti uno ad uno man mano che si avvicinano, senza alcun tentativo da parte loro di stanare i giocatori con una granata, di circondarli o di intrappolarli, nonostante la schiacciante superiorità numerica. Va un po’ meglio con i vampiri, capaci di teletrasportarsi e decisamente più resistenti ai colpi, ma anche loro si limitano a caricare a testa bassa. Altro neo di Redfall riguarda l’aspetto tecnico, che fortunatamente sarà comunque soggetto, come già anticipato dal team di sviluppo, a numerose patch, tra le quali quella del day-one e, più in là, quella che aggiungerà i famigerati 60 fps, assenti nell’unico preset disponibile al lancio, che prevede una definizione in 4K con un blocco a 30 fps. La totalità della nostra prova è avvenuta su Xbox Series X, e abbiamo risolto il problema dei cali sotto i 30 fps maneggiando un po’ le opzioni grafiche e di gioco, cosa che consigliamo a chiunque voglia giocarlo. Esteticamente parlando il taglio generale che fa il verso alle produzioni horror a basso budget di fine anni ’80, l’estetica dei vampiri, la caratterizzazione delle diverse zone di Redfall: dall’immancabile area portuale dove si può quasi sentire il tanfo di pesce marcito al sole alle zone vip, dense di villette e di verde: Redfall è un prodotto che riesce a fare centro senza alcuna difficoltà nell’immaginario del giocatore, con uno stile immediatamente riconoscibile ed impossibile da non amare. Ottimo il lavoro anche dal punto di vista sonoro: le musiche rappresentano uno dei punti più alti della produzione, sempre sul pezzo e sempre incalzanti al punto giusto quando le cose a schermo si fanno incandescenti. A tal proposito, il doppiaggio italiano fa segnare un altro punto a favore della produzione Arkane: per scelta delle voci, prove recitative e missaggio dei volumi, la traccia nostrana non ha nulla da invidiare a quella originale. Tirando le somme quindi a nostro avviso Redfall non è assolutamente il mostro di bruttezza colmo di difetti che in molti hanno voluto dipingere. Certo è un titolo che ha alcuni problemi, ma vi assicuriamo che se settato a dovere e giocato con attenzione e non con superficialità, è un gioco che sa sorprendere, con una buona trama e che vi farà passare di sicuro diverse ore di divertimento.

GIUDIZIO GLOBALE

Grafica: 8

Sonoro: 8

Gameplay: 8

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8

Francesco Pellegrino Lise




Monster Hunter Rise Sunbreak arriva su Xbox e PlayStation

Monster Hunter Rise è uscito su Xbox solo da pochi mesi, ma è già uscita la principale espansione del gioco, Sunbreak. Ricordiamo che sia il gioco base che l’espansione sono usciti due anni fa su Switch e Pc, quindi con questa uscite anche i giocatori di console next-gen possono finalmente godere delle novità introdotte con l’ultimo titolo della saga. Sunbreak è Pieno di nuovi mostri, abilità, funzionalità, ambientazioni e altro ancora, quindi il gioco non manca di certo sul fronte dei contenuti. Ma è sufficiente per riportare indietro i giocatori che hanno già giocato sulla console di Nintendo o per convincere quelli attuali ad acquistare l’espansione? Scopriamolo insieme. Prima di tutto è bene sottolineare che per accedere ai contenuti offerti di Sunbreak bisogna essere arrivati alle fasi finali di Monster Hunter Rise, quindi oltre l’end game. Nello specifico, è necessario aver completato la missione hub a 7 stelle, Serpent Goddess of Thunder. Ciò richiede dozzine di ore di gioco nel gioco base, il che significa che questa espansione è accessibile solo a coloro che hanno già una profonda familiarità con MHR. Per questo motivo, questa recensione si concentrerà principalmente sulle nuove aggiunte e sulle modifiche apportate al gioco di base. Sunbreak vede come centro nevralgico delle operazioni una nuova base operativa chiamata avamposto Elgado. Esso è un regno a tema occidentale che contrasta con lo stile del villaggio giapponese di Kamura. Qui si incontreranno tutta una nuova serie di NPC con cui interagire, accettare missioni e fare praticamente tutto ciò che si faceva a Kamura. C’è anche ovviamente una storia nuova di zecca che ovviamente vede al centro una nuova tipologia di mostri. Ovviamente come in tutti i capitoli della saga, la trama non rappresenta il fulcro di Monster Hunter, ma è la premessa che trasporterà i giocatori ad affrontare cacce sempre più impegnative contro creature dai poteri immensi. Nel momento si inizia a giocare balzano subito all’occhio alcune nuove funzionalità, come gli insetti filo rossi o dorati per poter facilitare la cavalcatura dei mostri, o alcune creature sui muri che portano a potenti conseguenze quando un mostro viene sbattuto contro di esse. Sunbreak porta con sé anche due nuovi territori per combattere e incontrare i nemici, il che dona freschezza al gioco e ne riduce la monotonia che può venire fuori svolgendo per ore cacce a catena. Inoltre, non ci vorrà molto prima di ottenere nuove abilità per tutte e quattordici le armi, ma anche un nuovo modo per scambiare rapidamente tra due diverse skill peculiari delle armi, anche nel mezzo della battaglia. Queste nuove abilità aggiungono ancora più pepe alle battaglie, soprattutto quando viene richiesto di abbattere più mostri in un’unca battuta.

Un esempio di quello che le nuove abilità possono fare lo può offrire lo spadone, un’arma tradizionalmente molto lenta che si basa sulla previsione delle azioni del mostro per poter preparare contrattacchi fatti di colpi poderosi. Sunbreak però cerca di snellire il pachidermico moto di quest’arma introducendo la “Surge Slash Combo”, ossia un’abilità che permette di eseguire tre colpi rapidi che non richiedono strategie di preparazione per essere inflitti. Cambiare le abilità durante il combattimento è divertente in quanto consente di sperimentare nuove strategie e vedere cosa funziona meglio su di un determinato mostro. Ogni arma in Sunbreak ha le sue nuove abilità e modifiche, quindi in questa nuova espansione tutto quello che è stato fatto in Rise viene totalmente stravolto ed evoluto. In termini di progressione, il titolo introduce il “Master Rank”. Un altro livello di missioni accanto al rango basso e alto. Ciò significa che ogni mostro del gioco, anche quelli più deboli, ha nuovi materiali da rilasciare, nuove armi e armature da costruire e, fortunatamente, alcuni nuovi set di mosse o variazioni nei loro attacchi. Ci sono anche nuove varianti di mostri che hanno cambiamenti più drastici, come debolezze completamente diverse e attacchi di elementi differenti rispetto alle loro versioni base. Oltre alle nuove abilità intercambiabili sul campo, Sunbreak porta con sé una pioggia di nuove funzionalità. Giocando alla nuova espansione non passano dieci minuti senza che un nuovo tutorial compaia sullo schermo per spiegare qualcosa di nuovo o di modificato. E’ presente un nuovo modo di mangiare dango, ci sono nuove abilità da sbloccare per i felyne e canyne, nuova fauna endemica e nuovi insetti e piante da raccogliere e utilizzare durante la caccia, nuove interazioni ambientali, nuove aggiunte al sistema della lotteria e altro ancora. Ovviamente il fulcro del gioco è sempre la caccia, ma se si vuole arrivare preparati allo scontro come sempre è necessario passare tempo a raccogliere gli elementi che servono per forgiare la propria build perfetta. E per far questo bisogna cacciare, raccogliere, scavare e forgiare. Sunbreak introduce anche il sistema dei “seguaci”, ossia un modo per rendere le missioni in solitaria un po’ più semplici/interattive, specialmente quando non si riesce a trovare altri con cui giocare. Tornando ai seguaci, questa è una nuova meccanica che consente agli NPC di unirsi nelle cacce dopo aver completato alcune missioni particolari. Questi NPC si comportano come se fossero dei veri giocatori, aiutando a cacciare, usando la fauna selvatica e avendo un impatto più diretto di un compagno felyne o canyne. A livello estetico sebbene non sia ancora bello come il titolo precedente uscito sulle console Microsoft e Sony, Monster Hunter World, questo Sunbreak si comporta bene, senza cali di frame, anche in modalità “grafica”. Il nuovo avamposto Elgado, i nuovi mostri e le nuove location sono realizzati davvero bene, anche se non toccano picchi di eccezionalità da far gridare al miracolo. Per quanto riguarda la colonna sonora, Sunbreak non delude. Con un tema principale stellare e nuove interpretazioni di vari brani del gioco base, la musica è stata una delle cose che si fa apprezzare di più. Dopo dozzine di ore di caccia con la stessa musica di sottofondo, è stato piacevole avere una serie di tracce diverse, ma che ricordavano quelle a cui eravamo affezionati. Insomma, questo Sunbreak è tutto ciò che gli amanti della saga si aspettavano anche su console Next Gen.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro:8,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




L’iPhone diventa un Galaxy con l’app che simula l’os di Samsung

Samsung Electronics ha annunciato che Try Galaxy, l’app che consente agli utenti Apple di effettuare una simulazione dell’esperienza dell’interfaccia One UI 5.1 di Galaxy S23 direttamente sul proprio iPhone, è disponibile per il download in italiano.

Scaricando l’applicazione direttamente tramite QR code da mobile o dal sito trygalaxy.com, l’app offre l’accesso ad alcuni video tutorial che guidano nell’utilizzo di uno smartphone Galaxy e permette di esplorare la schermata iniziale, incluse le icone delle applicazioni Galaxy principali, i widget e i menu di navigazione.

Gli utenti avranno così la possibilità di trasformare l’interfaccia dell’iPhone in quella di Galaxy S23, lo smartphone top di gamma della serie Galaxy S, toccando con mano alcune funzionalità esclusive, relative alla post-produzione delle foto, alla personalizzazione dell’interfaccia e alle potenzialità delle app Samsung.

In particolare, potranno scoprire la funzione Nightography, alcuni strumenti di editing in-app, come Rimasterizza immagine, per migliorare automaticamente i dettagli delle immagini, e Gomma oggetto, che consente con semplici passaggi di eliminare oggetti dagli scatti, così come l’app Samsung Health, per monitorare facilmente parametri e attività legate alla salute. Attraverso alcuni video demo, è possibile, inoltre, esplorare la straordinaria esperienza di gaming disponibile su Galaxy S23, potente e dinamica, così come altre funzioni legate alla batteria, alla privacy e al display, consentendo agli utenti di provare i temi Galaxy personalizzati e simulare tutte le personalizzazioni dell’interfaccia possibili con One UI 5.1. Insomma, se state utilizzando un iPhone e siete curiosi di scoprire l’esperienza Android ora potete farlo in un lampo con questo nuovo servizio targato Samsung.

F.P.L.




Dai podcast ai giochi online: nuove forme d’intrattenimento grazie ad internet

I podcast: la rivoluzione dell’audio on demand

I podcast hanno segnato un punto di svolta nel mondo dell’intrattenimento audio. Questi contenuti registrati, disponibili in formato digitale, possono essere ascoltati su qualsiasi dispositivo connesso a internet, come smartphone, tablet o computer. I podcast coprono una vasta gamma di argomenti, che vanno dall’informazione alla divulgazione scientifica, dalla narrativa ai talk show. Grazie alla loro natura on demand, gli utenti possono ascoltare i podcast quando preferiscono, senza dover seguire un palinsesto prestabilito.

Inoltre, i podcast hanno aperto nuove possibilità per i creatori di contenuti, permettendo loro di condividere le proprie idee e storie con un pubblico globale, senza il bisogno di passare attraverso le tradizionali emittenti radiofoniche. Ciò ha favorito la nascita di una moltitudine di prodotti indipendenti, caratterizzati da una grande varietà di stili e approcci.

Streaming video e piattaforme di condivisione: il video al centro della scena

Lo streaming video ha rivoluzionato il modo in cui guardiamo film, serie televisive e altri contenuti multimediali. Piattaforme come Netflix, Amazon Prime Video e Disney+ hanno reso accessibili vasti cataloghi di film e serie TV, permettendo agli utenti di scegliere liberamente cosa guardare e quando farlo.

Parallelamente, piattaforme di condivisione video come YouTube hanno offerto a milioni di creatori la possibilità di pubblicare i propri video e di costruire un pubblico attorno ai propri contenuti. Su YouTube è possibile trovare video di ogni genere, dai tutorial agli esperimenti sociali, dai videoblog ai cortometraggi. Questa democratizzazione della produzione e distribuzione di contenuti video ha favorito la nascita di nuovi generi e formati, ampliando ulteriormente le possibilità di intrattenimento offerte da internet.

I giochi online: un mondo di avventure virtuali

I giochi online sono un altro aspetto fondamentale dell’intrattenimento digitale. Grazie alla connessione internet, i giocatori possono sfidarsi in competizioni virtuali o cooperare per raggiungere obiettivi comuni. I giochi online spaziano dai titoli per dispositivi mobili, come “Candy Crush Saga”, ai giochi per computer e console, come “Fortnite” e “Call of Duty”.

Anche l’industria dei giochi da casinò ha beneficiato dell’avvento di internet. I casinò online offrono un’ampia gamma di giochi, dalle slot machine ai tavoli da poker, blackjack e roulette. Un esempio di gioco di successo è la slot Starburst XXXtreme, che attrae migliaia di giocatori ogni giorno.

Le piattaforme di social networking: connettersi e condividere esperienze

Le piattaforme di social networking, come Facebook, Instagram e Twitter, hanno trasformato il modo in cui ci relazioniamo con gli altri e condividiamo le nostre esperienze. Questi servizi permettono agli utenti di creare profili personali, pubblicare contenuti multimediali e interagire con amici, familiari e sconosciuti in tutto il mondo. Attraverso queste piattaforme, le persone possono scoprire nuovi interessi, partecipare a discussioni su vari argomenti e rimanere aggiornate sulle ultime tendenze e notizie.

Le piattaforme di social networking sono diventate anche un importante strumento di promozione e monetizzazione per gli influencer e i creatori di contenuti. Molti di loro hanno costruito un seguito su questi canali, condividendo contenuti originali e collaborando con marchi e aziende per sponsorizzare prodotti e servizi.

Realtà virtuale e aumentata: l’immersione totale nell’intrattenimento digitale

Infine, la realtà virtuale (VR) e la realtà aumentata (AR) stanno aprendo nuove frontiere nell’intrattenimento online. Queste tecnologie permettono agli utenti di immergersi completamente in mondi virtuali o di sovrapporre elementi digitali al mondo reale.

La realtà virtuale è stata adottata principalmente nel settore dei videogiochi, con titoli come “Beat Saber” e “Half-Life: Alyx” che offrono esperienze di gioco immersive e coinvolgenti. Tuttavia, la VR sta anche trovando applicazioni in altri settori, come l’arte, l’educazione e il turismo, permettendo alle persone di visitare musei virtuali, imparare nuove abilità o esplorare luoghi lontani senza mai lasciare casa.

La realtà aumentata, invece, sta guadagnando popolarità grazie a giochi come “Pokémon GO” e “Harry Potter: Wizards Unite“, che combinano il mondo reale con elementi digitali, offrendo un’esperienza di gioco innovativa e coinvolgente.

In conclusione, internet ha portato a una rapida evoluzione dell’intrattenimento, offrendo nuove forme di comunicazione e condivisione, e ampliando le possibilità di svago e apprendimento. Dai podcast ai giochi online, passando per lo streaming video e le piattaforme di social networking, il mondo digitale continua a offrire esperienze sempre più ricche e coinvolgenti, rendendo la nostra vita quotidiana più varia e interessante.




Dead Island 2, ha inizio il massacro zombie

Dead Island 2 arriva su Pc, Xbox e PlayStation dopo ben 10 anni d’attesa. Sarà valsa la pena aspettare tutto questo tempo per vedere finalmente il sequel di uno fra i videogame di zombie più amati di sempre? Andiamo a scoprirlo assieme. Come ogni storia sugli zombie che si rispetti, anche questo Dead Island 2 inizia con l’epidemia già in corso, e una Los Angeles praticamente già totalmente in ginocchio e preda delle orde di non morti che scorrazzano liberamente in ogni anfratto della metropoli attaccando e sbranando qualsiasi cosa non sia uno zombie. La storia ha inizio con il protagonista che si trova miracolosamente a bordo di un aereo messo a disposizione per evacuare la città, ma naturalmente tutto va a rotoli quando un passeggero manifesta i sintomi dell’infezione scatenando il caos. A questo punto viene data la scelta su quale sopravvissuto impersonare tra i sei disponibili, ognuno con con un background, aspetto e soprattutto abilità diverse. La scelta non influisce sulla trama se non per qualche linea di dialogo o battute in determinati eventi, mentre le statistiche e abilità cambiano lo stile di gioco. Personaggi come Ryan, uno spogliarellista dal fisico marmoreo, sono perfetti per chi preferisce il ruolo di “tank” grazie alla sua salute elevata e la possibilità di recuperare vita abbattendo gli zombie, ma il prezzo da pagare è una scarsa mobilità. Amy al contrario essendo un’atleta paralimpica nonostante la sua protesi può vantare una grande agilità utile per scappare o superare gli zombie evitando i combattimenti, ma in caso di battaglia ottiene un bonus ai danni quando affronta nemici isolati, offrendo quindi un approccio ben diverso rispetto al precedente citato Ryan. Noi durante la nostra prova abbiamo scelto di impersonare Dani, una ragazza punk irlandese talmente frustrata dalla vita “normale” che quasi ringrazia l’apocalisse per averle dato una scusa per sfogare la sua frustrazione sugli zombie, ottenendo salute quando uccide nemici in rapida successione e scatenando una esplosione con i suoi attacchi caricati, prediligendo quindi il combattimento corpo a corpo. Con il progredire della trama di Dead Island 2 si sbloccano delle carte abilità che ampliano ulteriormente i bonus attivi e passivi, e alcune sono esclusive per determinati personaggi. Una volta scelto il sopravvissuto da impersonare si viene buttati subito nell’azione andando al salvataggio di Emma Jaunt, una stella del cinema anch’essa sull’aereo insieme al ben poco coraggioso marito Michael. Armati di legno, chiavi inglesi e armi di fortuna raccattate tra le lamiere contorte del volo schiantato ci si dedica ad una prima mattanza, ma basta un attimo di distrazione ed ecco che uno zombie riesce a mordere il braccio del nostro alter ego virtuale. Sembra la fine, ma a parte un po’ di nausea l’eroe verrà a scoprire di stare bene e di essere immune all’infezione. Un vantaggio non da poco in un’apocalisse zombi. Per ringraziarci dell’aiuto dato Emma ci invita nella sua villa hollywoodiana dove riorganizzarsi con altri sopravvissuti per sopravvivere. Inizia così una lunga avventura che nel corso di circa 15 ore per la sola storia principale (che possono diventare sanche 30 dedicandosi alle attività secondarie) porterà i giocatori ad esplorare diverse zone di Los Angeles incontrando molteplici personaggi sopra le righe cercando di capire il mistero della pandemia e di come fuggire dalla città che sembra ormai non avere proprio un briciolo di speranza.

La trama di Dead Island 2 scorre così per dire in modo piacevole senza particolari guizzi, lasciando il focus su un’unica attività cardine: fare a pezzi gli zombie nei modi più disparati. Per farlo ci sono a disposizione un nutrito parco di armi contundenti che spaziando da semplici attrezzi di fortuna ad asce, martelli, spade e mazze. Dalla seconda parte della campagna però oltre a quanto elencato si aggiungono anche armi da fuoco come pistole, mitra e fucili a pompa. Tutte le armi sono soggette a deterioramento ma possono essere riparate presso gli appositi banchi da lavoro, inoltre si viene invogliati a cambiare spesso arma poiché molti nemici possono essere immuni ad esempio ai colpi contundenti ma non a quelli da taglio o viceversa, per cui è sempre buona pratica sperimentare con tutto quello che può essere utilizzato per mettere fuori combattimento gli infetti. Così come si è invogliati a sperimentare le varie reazioni elementali, ad esempio spargere acqua vicino ad un cavo dell’elettricità scoperto può creare una trappola elettrica per i non morti, oppure la classica accoppiata della benzina con il fuoco si rivela essere un ottimo deterrente per porre fine all’esistenza degli zombie di Dead Island 2. Sfruttare l’ambiente diventa quindi parte della strategia da adottare se si vuole sopravvivere, inoltre trovando gli appositi progetti e materiali le stesse armi possono essere modificate così da applicare effetti elementali e danni aggiuntivi. Niente di meglio di un bel martello ricoperto di acido per sciogliere le gambe di uno zombie grosso e cattivo che vuole farci la pelle. Un esempio non a caso, in quanto la caratteristica principale di Dead Island 2 è il “FLESH System”, ovvero il sistema di fisica ideato dagli sviluppatori con cui i corpi degli zombi reagiscono “realisticamente” a seconda di dove e come vengono colpiti. Puntando alla testa con una mazza si può infatti vedere una mascella che vola via o gli occhi che penzolano dalle orbite, mentre attaccando con un’ascia si potrà smembrare “chirurgicamente” i nemici lasciandoli privi gambe o braccia… ma occhio perché se sono particolarmente aggressivi possono ancora mordere. A completare l’arsenale a disposizione dei giocatori ci sono poi anche gli oggetti da lancio che si ricaricano con il tempo e spesso utili per scatenare reazioni elementali come bottiglie molotov, bombe d’acqua o shuriken elettrici, oltre ai classici esplosivi o alle esche per attirare o distrarre gli zombie.

A rendere il gameplay di Dead Island 2 più bello e vario però sono le già citate carte. Esse sono ottenibili avanzando di livello, completando incarichi o esplorando lo scenario, possono insomma diversificare in maniera consistente l’esperienza di gioco, e perfino mutare radicalmente il comportamento di specifiche meccaniche: la parata può ad esempio essere sostituita con una rapida schivata (e viceversa), e così facendo si modifica anche la dinamica del contrattacco eseguibile attivando la mossa col giusto tempismo. In questo senso, un altro caso significativo è rappresentato dalle variabili che possono essere attribuite alla Furia, una “modalità berserker” legata a doppio filo alla particolare fisiologia del personaggio scelto. Una volta riempito un apposito indicatore a suon di colpi dati ai non morti, l’attivazione di questo potere permette di saettare tra gli infetti come un’inarrestabile tifone umanoide, e travolgerli con una tempesta di feroci rampate. Ecco, scegliendo le giuste carte si potrà prolungare questo “stato di furia” attingendo alla riserva di vitalità, e fare in modo che quest’ultima venga nutrita costantemente dalle uccisioni effettuate: una sorta di moto perpetuo alimentato dalla rapidità delle esecuzioni. Per ottenere questo temibile risultato è necessario utilizzare alcune carte potenti quanto pericolose che, oltre ad infliggere malus più o meno rilevanti, innalzeranno il livello di “Autofagia”, un valore che simboleggia la nostra lontananza dalla condizione umana e, più concretamente, aumenta le facoltà offensive intaccando però salute, resistenza ed efficacia delle cure. La gratificazione sanguinaria offerta dal combattimento, sostenuta dalla varietà dei sistemi di progressione ed equipaggiamento, fa sì che le ore necessarie al completamento della campagna scorrano senza particolari intoppi, specialmente potendo contare sulla compagnia di qualche collega sterminatore. È proprio in co-op, infatti, che Dead Island 2 dà il meglio di sé, in un continuo susseguirsi di memorabili carneficine e incidenti di percorso che di solito rendono il tutto ancor più divertente. Dal punto di vista tecnico, Dead Island 2 si presenta come un prodotto solido e soddisfacente. In rotta con uno dei trend più rodati dell’attuale generazione, il gioco non ha modalità grafiche selezionabili, ma propone un singolo preset a 4K e 60 fps. Il frame rate manifesta qualche fluttuazione nei momenti più concitati, che però non arriva mai a compromettere la godibilità del gameplay. Il tutto a fronte di una resa grafica pregevole valorizzata da una direzione artistica di valore, che allieta i sensi con un mosaico di scenari ben torniti e ricchi di dettagli, straordinariamente fedeli a quelli della Los Angeles reale. La scelta – oculata – di optare per una suddivisione del mondo in macroaree, a braccetto con la gestione “scaglionata” del ciclo giorno-notte, ha permesso al team di dedicare una maggiore cura alla composizione delle diverse ambientazioni, e massimizzare l’efficacia del sistema di illuminazione. Ottimo anche il comparto audio che proietta i giocatori all’interno di un’atmosfera credibile e densa di sonorità coerenti con ciò che avviene sullo schermo. Tirando le somme questo Dead Island 2 viene promosso a pieni voti in quanto l’esperienza è longeva, divertente (ancora di più se si affronta con gli amici online) e nonostante un pizzico di ripetitività riesce a garantire sempre grande soddisfazione. Come detto ad inizio recensione, una cosa che non passa mai di moda è il piacere di smembrare orde di zombie. E in questo Dead Island 2 ci riesce maledettamente bene. Il FLESH System vale da solo il prezzo del gioco, specialmente se siete amanti dello splatter. È affascinante vedere come i corpi reagiscono in maniera così precisa ai colpi, e ogni zombie è ricreato nei minimi dettagli a livello anatomico, comprese le ossa e organi interni su cui i più sadici potranno infierire dopo aver abbattuto i nemici. Insomma, Dead Island 2 è uno dei videogiochi a tema zombie più divertenti del momento, non fatevelo scappare per nulla al mondo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 8,5

Gameplay: 9

Longevità: 8

VOTO FINALE: 8,5

Francesco Pellegrino Lise




Hacker, le 8 regole fondamentali per difendersi

Hacker, la minaccia più pericolosa del nuovo millenio, di seguito un vademecum su come difendersi dagli attacchi dei pirati informatici. Il World Password Day (che è stato giovedì 4 maggio) è la giornata dedicata alla sensibilizzazione su questo argomento che molto spesso tralasciamo. Di seguito vi riportiamo le 8 regole fondamentali per difendersi dagli attacchi hacker messe a punto da Reti Spa, tra i principali player italiani nel settore dell’IT Consulting.

1 – La prima regola è tenere aggiornati i sistemi, in particolare tutte quelle categorie di software che a vario titolo sono connesse con l’apparato normativo (ad esempio, i sistemi di gestione paghe, i sistemi per la presentazione di documenti per le gare d’appalto, ecc.) o i software di progettazione, ecc.. In tutti questi casi un mancato o tardivo aggiornamento del software può generare anomalie molto al di là delle inefficienze.

2 – La seconda regola anti-hacker è utilizzare un antivirus o un EDR (Endpoint Detection and Response) e tenerlo aggiornato. Nello specifico, l’Endpoint Detection and Response raggruppa gli strumenti avanzati che hanno il compito di rilevare minacce ed eseguire attività di indagine e risposta, inoltre ricoprono un ruolo fondamentale nella protezione dei dispositivi utilizzati dai dipendenti o dai collaboratori.

3 – La terza regola è usare password diversificate e cambiarle spesso, oltre ad utilizzare sempre e se possibile, l’autenticazione a due fattori (username e password/PIN, oltre all’utilizzo di un token/chiavetta o lo smartphone). Inoltre, è indispensabile usare strumenti per riuscire a ricordare le tante e differenti password da gestire. Si stima, infatti, che oggi un utente medio abbia circa un centinaio di password. A tal proposito, sono di grande aiuto i password manager, applicazioni dedicate a conservare tutte le proprie password in modo sicuro e crittografato.

4 – La quarta regola consiste nell’effettuare una valutazione delle vulnerabilità, un esame sistematico delle debolezze di sicurezza in un sistema informatico, per tenere sotto controllo la propria infrastruttura e poter sanare eventuali vulnerabilità da cui gli hacker potrebbero riuscire a entrare nel sistema.

5 – La quinta è quella di esporre al pubblico solo i sistemi necessari e filtrare correttamente gli accessi a tutto il resto. Il nodo del collegamento ai server aziendali è essenziale per la sicurezza dei dati e bisogna prevedere un sistema semplice da usare, ma completamente sotto il controllo del reparto IT aziendale (o del partner che fornisce il servizio).

6 – La sesta regola è fare particolare attenzione agli attacchi hacker veicolati tramite mail (ad esempio il phishing), oltre a fare attenzione a cliccare sui link sospetti e all’inserimento dei propri dati personali su siti non sicuri. La corretta gestione delle identità e degli accessi è prioritaria. La grande maggioranza degli attacchi informatici, infatti, oggi avviene attraverso un presunto accesso autorizzato. La mancanza di opportuni strumenti di gestione e di policy che definiscano puntualmente cosa può fare e fin dove si può spingere un dipendente all’interno della rete aziendale sono il primo, grande, aiuto che si può dare a chi vuole rubare informazioni.

7 – La settima è quella di effettuare sempre backup dei server, soprattutto quelli critici per il core business. La perdita dei dati locali è probabilmente il secondo problema più noto, dopo i guasti hardware. È quindi fortemente consigliabile ricorrere a un’ulteriore struttura di backup per quella parte di documenti la cui perdita avrebbe un impatto estremo sulla vita dell’azienda.

8 – L’ottava ed ultima regola per arginare gli attacchi hacker è quella di non connettersi a wi-fi pubbliche. È consigliabile predisporre, infatti, un punto d’accesso sicuro alla propria rete tramite una VPN o virtual private network. Una VPN permette di estendere la rete aziendale su Internet, consentendo l’accesso solo a dispositivi opportunamente verificati con un “tunnel” che attraversi tutti i nodi di Internet necessari alla comunicazione. In questo modo il portatile di un dipendente può “entrare in rete” e collegarsi al dominio come se fosse in ufficio, fisicamente allacciato alla rete cablata dell’azienda o connesso tramite Wi-Fi.

Seguendo queste poche ma importantissime regole potrete esser certi che i vostri dispositivi saranno senz’ombra di dubbio a un livello più alto di sicurezza e scoraggerete i tentativi di attacco da parte degli hacker.

F.P.L.




R-Type Final 3 Evolved l’ultima incarnazione della storica saga

R-Type Final 3 Evolved arriva come esclusiva su Playstation 5 in una versione che mira a catturare l’attenzione del giocatore retrò, ovvero di colui che è cresciuto a pane e sala giochi e che era abituato ad affrontare sfide assai difficili a colpi di monetine nel nome della gloria. Per capire pienamente l’importanza di questo titolo però, è necessario fare un salto nel lontano 1987 e capire le origini del mito. Proprio nel corso di quell’anno Irem Corporation (oggi conosciuta come Granzella), sfornò quello che divenne uno dei più influenti videogiochi coin-op di un’epoca in cui si pensava che gli shoot ’em up avessero raggiunto il massimo grado di splendore. In un micro-settore del gaming iniziato con opere storiche come Space Invaders e arricchito da molte altre, come dal Gradius di Konami, R-Type era una perla rara. Un’importanza, quella data allo sparatutto sci-fi, che derivava soprattutto dalla cura maniacale dei livelli sotto il profilo estetico; da varie introduzioni rivoluzionarie in termini di gameplay, come quella del super raggio (chiamato “Beam”) generato dalla pressione prolungata di un tasto; e da una struttura dei livelli capace di rendere l’intera esperienza altamente godibile, tanto da permettere a Irem Corporation di estendere il titolo e di farne un brand che, ad oggi, è giunto al settimo capitolo, senza contare gli spin-off, che prende il nome di R-Type Final 3 Evolved. Particolarità della serie non è più l’esclusivo utilizzo dei riflessi fulminei, ma è indispensabile utilizzare la ragione, eseguire uno studio mnemonico dei livelli e avere elasticità mentale. Tutti questi cambiamenti sono dovuti alla presenza del “Force”, un modulo addizionale che, oltre ad aggiungere potenza di fuoco al velivolo, poteva essere posizionato di fronte alla navicella, agganciato sul retro della stessa o, ancora, poteva essere lasciato fluttuare al suo fianco, il tutto a discrezione del giocatore. La presenza di questo pod, quindi, impone al giocatore di riflettere su quale posizione risulta maggiormente efficiente in quel dato momento di gameplay. Insomma, da sempre R-Type rappresenta il top del suo genere.

Analizzando da vicino questo nuovo R-Type Final 3 Evolved, possiamo notare che le prime novità si vedono già al primo approccio col menù di gioco. Proprio da qui è infatti possibile accedere a tre diverse sezioni, oltre a quelle che interessano la campagna principale e il codex. Tra di esse, spiccano senza dubbio il Museo, l’Hangar e lo Shop. Al completamento di ciascun livello della modalità storia, i giocatori ottengono un dato numero di risorse, raccolte grazie all’annientamento di nemici alieni. Le risorse in questione permettono di accedere a navicelle spaziali sempre più efficienti, presenti nella sezione Museo: una vera e propria raccolta a cielo aperto di velivoli, esplorabile anche con visuale in prima persona, dalla prospettiva del pilota. Una volta sbloccate le navicelle, queste potranno essere equipaggiate nell’Hangar, per poi essere alla mercé dei giocatori che, pad alla mano, avranno il potere di modificarne l’estetica, cambiandone il colore o applicandovi alcuni fra i molti stickers disponibili. Colori e decalcomanie aggiuntive saranno acquistabili, sempre tramite le risorse trovate lungo la rotta, presso lo Shop del gioco. Sempre nel negozio si può accedere anche a modifiche estetiche relative al pilota: sono presenti nuovi outfit, nuovi caschi e pose in cui mettersi per poter fare un figurone nel caso si volesse scattare una foto. Queste tre sezioni sono tutte ben contestualizzate e utili a rendere ancor più personale l’avventura. Tre idee buone, se non fosse che la loro realizzazione lasci parecchio a desiderare. Di grande pregio la colonna sonora di questo R-Type Final 3 Evolved, soundtrack fatta di brani “trance” e musiche di grandissimo impatto. Fra queste evidenziamo la musica al momento della partenza che è davvero una piccola perla che fa sognare. Unica vera pecca di questo titolo è che al suo interno è possibile giocare i livelli di R-Type Final 2 e ahimè tali livelli sono gli stessi identici di Final 3 Evolved ma con una grafica meno bella e fluida. Fortunatamente il brand è un brand che da sempre diverte nonostante sia estremamente complesso e a tratti davvero snervante. Proprio per tale ragione, a meno che non si abbia un buon livello di dimestichezza con certe meccaniche, è bene selezionare un grado di difficoltà adatto all’abilità del giocatore, pena la costante frustrazione e l’azzeramento del fattore divertimento per i meno esperti. Di default, si può scegliere fra cinque diversi livelli di difficoltà (anche il livello più semplice riuscirà comunque a mettere in difficoltà chiunque): addestramento, bambino, normale, Bydo ed R-Typer. Ciascun grado differisce dall’altro per due aspetti: cambia leggermente la quantità di nemici a schermo e diminuisce la mole di gettoni a disposizione del giocatore. A ogni morte, infatti, il giocatore inserisce un gettone virtuale, che gli permette di respawnare all’ultimo check-point raggiunto. Al termine dei gettoni, questi dovrà ricominciare da capo. Nella modalità “addestramento”, inoltre, a ogni game over, si avrà a disposizione fin da subito il primo livello del Force. Completato il gioco a difficoltà R-Typer, sarà possibile accedere ai livelli estremi “R-Typer 2” e “R-Typer 3”. Ma per giungere a questi livelli di bravura sarà necessario passare su R-Type Final 3 Evolved un numero di ore molto elevato e affrontare centinaia e centinaia di morti per mano di nemici, proiettili vaganti, muri, esplosioni, boss e chi più ne ha più ne metta. Insomma, se pemnsate che la natura del gioco lo renda una passeggiata, allora vi sbagliate di grosso.

A livello di giocabilità R-Type è sempre coinvolgente e adrenalinico. Il titolo presenta, come al suo solito, una struttura dei livelli capace di farsi definire retrò ma per nulla bypassata. Non ci si sente mai sereni durante un livello. Ciascuna orda di terribili Bydo che si fa spazio su schermo è imprevedibile. Anche quando sembra tutto apparentemente tranquillo, non si può mai sapere se da sotto non possa comparire un mostro particolarmente aggressivo o una serie di meteoriti pronti ad abbattersi sulla nave o, perché no, entrambi. Completare la campagna però, al netto di qualche attimo di scoraggiamento, conferisce un buon grado di appagamento. Arrivare alla fine di ciascun livello per scoprire con quale boss fight ci si dovrà misurare, è sempre soddisfacente. E, neanche a dirlo, le battaglie con i nemici di fine livello sono sempre uniche e ben congeniate. Forse, dei sette livelli del terzo capitolo, gli ultimi sono quelli meno esaltanti a livello di boss fight. Le ambientazioni, però, sanno sempre fare centro. A fare da sfondo ad R-Type è sempre stato quel giusto mix fra setting sci-fi ed elementi di materia organica, che conferisce sempre una sensazione di disgusto, ma in senso buono. Tirando le somme possiamo dire che R-Type Final 3 Evolved, è un buon prodotto, riesce a divertire senza portare in campo l’evoluzione di cui si è tanto chiacchierato. Cerca di omaggiare la serie cercando di non snaturare mai il titolo. Facendo ciò, però, traspare una mancanza di coraggio che non ha saputo far spiccare il volo all’opera, tanto da farla apparire agli occhi dei più una semplice espansione di Final 2, piuttosto che un vero e proprio terzo capitolo. In ogni caso consigliamo a chiunque ami le sfide di dargli una possibilità, siamo certi che nessuno rimarrà deluso dalla potenza di questo titolo.

GIUDIZIO GLOBALE:

Grafica: 8,5

Sonoro: 9,5

Gameplay: 8,5

Longevità: 8,5

VOTO FINALE: 8,5

Francesco pellegrino Lise