MENINGITEC: IL CASO DEL VACCINO RITIRATO ARRIVA AL SENATO, PARTITA UN’INTERROGAZIONE

I legali Mastalia, Vaccari e Ciriello, nel tutelare i diritti di molte famiglie di bambini vaccinati con i lotti incriminati invitano l’Aifa, il Ministero della Salute e l’European Medicenes Agency, a rispondere seriamente sui fatti gravi avvenuti a danno dei piccoli bambini che hanno ricevuto la dose vaccinale del Meningitech, anche dopo il suo ritiro ufficiale

di Cinzia Marchegiani

Il caso del ritiro in commercio del Vaccino Meningitec Sospensione Iniettabile in siringa preriempita AIC della ditta Nuron Biotech, disposto dall’AIFA in data 26 settembre 2014 e 6 ottobre 2014 arriva al Senato con interrogazione indirizzata esclusivamente al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, con Atto n. 4-03059, nella seduta n.357 del 20 novembre 2014.

Il Senatore Bartolomeo Pepe, facendo riferimento agli tabella apparsi sulla stampa dove si dava notizia che in ben 19 Paesi del mondo sono stati ritirati nel 2012 migliaia di lotti di vaccino destinati a neonati di 3 mesi, e nello specifico proprio nel mese di ottobre 2014 è partito un ritiro cautelativo di lotti dei vaccini "Meningitec", un pericolo per la salute e per il sistema immunitario dei più piccoli. Venuto a conoscenza che l'avvocato Roberto Mastalia ha presentato un esposto all'AIFA, poiché i vaccini che dovevano essere ritirati sono stati utilizzati, provocando reazioni avverse nei pazienti, nell’interrogazione presentata riporta:
“dalle sue dichiarazioni si apprende che con il comunicato stampa 393 dell'AIFA ‘Ritiro cautelativo dei lotti dei vaccini Meningitec’ datato 16 ottobre 2014, il lotto di vaccino Meningitec H52269, somministrato almeno fino alla data del 3 settembre 2014 alla ASL Rm/E, rientra tra i lotti ritirati dal commercio perché potenzialmente contaminati;
in seguito si è giunti a sapere che in Paesi, quali la Francia, il ritiro è stato fatto almeno 2 settimane prima;
AIFA, a seguito degli approfondimenti effettuati, rende noto che il provvedimento di ritiro è dovuto alla presenza di un particolato color arancio rossastro, identificato come micro residuo metallico, in alcune siringhe. Indica altresì che tale valutazione sarà sottoposta all'esame della commissione tecnico-scientifica dell'AIFA nella seduta del 21-23 ottobre 2014 ed il parere verrà reso pubblico;
alcuni genitori hanno reso noto che molte ASL di Roma hanno somministrato per mesi lotti che sono stati in seguito ritirati ed elencati nel comunicato AIFA. Un paio di mamme asseriscono che ai loro figli il vaccino sia stato somministrato dopo l'istituzione del ritiro del farmaco a livello mondiale dal 24 settembre. Denunciano che le reazioni più comuni ai vaccini sono state dissenteria, dermatiti lievi e pochi altri sporadici casi di reazioni localizzate;
si apprende inoltre che la Procura di Catanzaro ha aperto un fascicolo facendo ritirare dal mercato l'intero lotto dopo che erano state riscontrate tracce di ferro e acciaio. Ma ancora non si conoscono le conseguenze sui pazienti;
i genitori dei bambini vaccinati si uniscono in un gruppo su "Facebook" "Meningitec ritirato.Vogliamo la verità", sul quale si leggono le istanze dei cittadini;
l'interrogante è venuto a conoscenza di un caso particolarmente significativo, relativo ad una dottoressa che ha contattato la ASL Rm/E e l'azienda farmaceutica produttrice del vaccino per sapere del ritiro e dei controlli sul farmaco.”

Il Senatore Pepe quindi, chiede di sapere, se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto riportato sopra; se le informazioni riportate corrispondano al vero; quali siano le reali motivazioni di ritiro dei lotti; quali procedure siano state adottate per analizzare i lotti; se siano noti i risultati delle analisi al fine di stabilire eventuali danni a breve e a lungo termine.

Ma le ombre su questo caso che coinvolge la salute dei piccoli bambini vaccinati con il Meningitec, tra l’altro non obbligatorio, ma consigliato dai pediatri, diventano ancora più marcate. Se al Senato è stata depositata questa interrogazione, allo stesso tempo, in virtù di quella trasparenza che il Ministero della Salute e l’AIFA stessa devono nei confronti degli utenti e quindi dei pazienti, sarebbe doverosa un’indagine sul caso appena acclarato dovuto alle mancate segnalazioni avverse o meglio tardive dei medici risalenti addirittura a molti anni precedenti e inviate solo da poco alla Rete Nazionale di Farmacovigilanza. Infatti L’aifa, il 13 novembre 2014 esortava al richiamo alla segnalazione tempestiva da parte dei segnalatori:”E’ stato recentemente riscontrato nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) un numero cospicuo di segnalazioni con una data di insorgenza della reazione di parecchi anni precedente alla data di compilazione della scheda stessa.” L’esposto dell’avv. Roberto Mastalia, verrebbe da dire sia stato lungimirante, notificato solo qualche giorno prima di questa assurda scoperta di malasanità, fotografava la farmacovilanza una vera utopia, e confermata dai genitori dei bambini, che purtroppo vengono rispediti a casa dai pediatri che minimizzano sugli effetti e reazioni avverse ai farmaci e vaccini senza poi segnalare tale episodi alle competenze, mentre il D.Lgs. 219/06 ne spiega l’obbligo: "I medici e gli altri operatori sanitari devono trasmettere le segnalazioni di sospette reazioni avverse, tramite l'apposita scheda, tempestivamente, al responsabile di farmacovigilanza della struttura sanitaria di appartenenza.”

Sarà interessante capire, come in un mondo super connesso e informatizzato, non sia stato possibile contattare tutti i genitori, tramite i rispettivi pediatri, e richiedere un controllo immediato dei bambini che sono stati vaccinati con i lotti incriminati, visto che sul libretto sanitario, per legge è obbligatorio riportare oltre al nome del vaccino somministrato, anche il il numero del lotto. Come è stato possibile accertare che i lotti non abbiano contaminato con l’ossido di ferro e acciaio i bambini se non è stato eseguito il “Mineral Test” sul capello…e poi, la nota dell’AIFA del 27 ottobre 2014 stessa smentirebbe tale situazione che qui riportiamo: “Si conferma che ad oggi le possibili reazioni avverse legate alla presenza di ferro rimangono teoriche e non confermate dai dati disponibili a livello mondiale.”

Sia fatta luce, si faccia una seria valutazione di tutti i bambini trattati per anni da questi lotti incriminati e si faccia chiarezza poi perché ancora circolavano nelle Asl e somministrati anche se era stato disposto un ritiro cautelativo. La foto dell'articolo dimostra una somministrazione del suddetto lotto incriminato dopo la nota del ritrio cautelativo.




CHIRURGIA ESTETICA: IL 65 PER CENTO DEGLI INTERVENTI IN DAY SURGERY

Redazione

Gran parte degli interventi di chirurgia estetica, in Italia come nel resto del mondo, avvengono in ambulatori chirurgici o strutture di day surgery e non in cliniche. E' quanto ha segnalato l'Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe) in una nota, dopo il recente fatto di Napoli e quello di qualche mese fa a Cagliari, dove due pazienti sono morte in seguito a interventi eseguiti appunto in ambulatori chirurgici. "Si tratta di strutture sicure e controllate periodicamente dalla Asl, che devono garantire – ha spiegato il segretario dell'associazione Pierfrancesco Cirillo – altissimi standard di qualita' per aprire e per restare aperte. Sbagliato quindi puntare il dito contro questo tipo di realta', facendo passare l'idea che l'Italia sia una sorta di Far West della chirurgia estetica, con medici che operano nel sottoscala o in sale operatorie improvvisate. Ci sono anche queste realta', ma sono l'eccezione: la norma e' tutt'altra". Dall'indagine realizzata dall'Aicpe, la chirurgia estetica in Italia si pratica in oltre il 65 per cento dei casi in day hospital o day surgery (34,4 per cento), o in ambulatorio chirurgico (31,2 per cento), mentre nel rimanente 33,9 per cento in clinica. "Esistono da anni regole e linee guida – ha spiegato Cirillo – che prevedono che certi interventi si possono eseguire in tutta sicurezza in regime ambulatoriale o di day surgery. Purtroppo i regolamenti non sono uniformi e variano da regione e regione".




ALLARME TRICLOSAN, L'ADDITIVO ANTIMICROBICO NEI PRODOTTI D’IGIENE PERSONALE PROVOCA FIBROSI CISTICA EPATICA E CANCRO NEI TOPI

 

Triclosan è un antimicrobico che si trova comunemente nei saponi, shampoo, dentifrici e molti altri tabella per la casa. Nonostante la sua diffusione, i ricercatori della University of California, San Diego School of Medicine segnalano potenzialmente gravi conseguenze dell'esposizione per la chimicaa lungo termine . Lo studio, pubblicato lo scorso 17 novembre dal Proceedings of the National Academy of Sciences, mostra che il triclosan causa la fibrosi epatica e cancro nei topi di laboratorio attraverso meccanismi molecolari che sono rilevanti anche negli esseri umani

 

di Cinzia Marchegiani

Il Triclosan è un additivo antimicrobico presente in molti saponi liquidi e di altri prodotti per la casa. Il dr Robert H. Tukey,  professore nei dipartimenti di Chimica e Biochimica e Farmacologia ha condotto lo studio, insieme a Bruce D. Amaca, PhD, professore alla University of California, Davis su questa sostanza che sembra onnipresente in molti prodotti comuni di saponi. Tukey, Amaca e le loro squadre, tra cui Mei-Fei Yueh, hanno scoperto che il triclosan ha interrotto l'integrità del fegato e abbia compromesso la funzione epatica in modelli murini. I topi esposti a triclosan per sei mesi (più o meno equivalente a 18 anni umani) erano più suscettibili a tumori epatici chimico-indotto. I loro tumori erano anche più grandi e più frequenti rispetto a topi non esposti a triclosan. Il dr Robert H. Tukey in merito chiarisce:"Nei campioni ambientali vi è un aumento della rilevazione del triclosan e l’utilizzo sempre più ampio nei prodotti di largo consumo, possono superare il relativo beneficio moderato e presentare un rischio molto reale di tossicità epatica per le persone, come avviene nei topi, in particolare se combinato con altri composti con azione simile."

MECCANISMO DI AZIONE
Lo studio suggerisce che il triclosan può esercitare gravi danni interferendo con il recettore androstane costitutiva, una proteina responsabile della disintossicazione (compensazione via) sostanze chimiche estranee nel corpo. Per compensare questo stress, cellule epatiche proliferano e girare fibrotica nel tempo. L'esposizione ripetuta al triclosan provoca fibrosi epatica fino a promuovere la formazione di tumori.

Triclosan è forse il più diffuso antibatterico utilizzato dai consumatori. Gli studi hanno trovato tracce nel 97% dei campioni di latte materno di donne in allattamento e nelle urine di quasi il 75% delle persone testate. Triclosan è anche comune nell'ambiente,ed  è uno dei sette composti più riscontrati frequentemente nei flussi attraverso gli Stati Uniti.

Il dr Hammock ricorda che si potrebbe ridurre la maggior parte delle esposizioni umane e ambientali, eliminando usi di triclosan ad alto volume ma di scarsa utilità, come ad esempio l'inclusione in saponi liquidi, e mantenerlo per ora nell’utilizzo in cui ha un valore per la salute, come nel dentifricio, in cui la quantità  è caratterizzata da piccole percentuali.
Triclosan è già sotto esame da parte della FDA, grazie alla sua diffusione e le recenti notizie che possa disturbare gli ormoni e compromettere la contrazione muscolare.
I Coautori di questo importante studio sono Koji Taniguchi, Shujuan Chen e Michael Karin, UC San Diego; e Ronald M. Evans, Salk Institute for Biological Studies.




FARMACOLOGIA, SCOPERTA SHOCK: SEGNALAZIONI TARDIVE DEI MEDICI SU REAZIONI AVVERSE FARMACI

di Cinzia Marchegiani

Sembrerebbe uno scherzo andato in onda su candid camera, ma la realtà a volte non solo è più fantasiosa, ma anche più crudele di qualsiasi sceneggiatura inedita. Sul sito dell’AIFA, lo scorso 13 novembre 2014 appare un comunicato si per se molto semplice, dove vengono richiamati i medici a fare il proprio dovere nel segnalare tempestivamente le reazioni avverse dovute ai farmaci che prescrivono ai propri pazienti e la nota appare così:

“Richiamo alla segnalazione tempestiva da parte dei segnalatori E’ stato recentemente riscontrato nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) un numero cospicuo di segnalazioni con una data di insorgenza della reazione di parecchi anni precedente alla data di compilazione della scheda stessa.
La segnalazione spontanea di sospette reazioni avverse costituisce un’importante fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, in quanto consente di rilevare potenziali segnali di sicurezza relativi all’uso dei medicinali. Tale strumento è tanto più efficace quanto più è adoperato nei corretti tempi e modi.

A tal proposito, si richiamano i segnalatori al rispetto dell’Art. 132 “Obblighi a carico delle strutture e degli operatori sanitari e successivi adempimenti dell'AIFA” del D.Lgs. 219/06 che recita: "I medici e gli altri operatori sanitari devono trasmettere le segnalazioni di sospette reazioni avverse, tramite l'apposita scheda, tempestivamente, al responsabile di farmacovigilanza della struttura sanitaria di appartenenza. [omissis]".

Affinché le segnalazioni di reazioni avversa mantengano la loro utilità come strumento di tutela della salute pubblica tramite la precoce individuazione dei segnali di sicurezza è essenziale che esse siano compilate e inviata non appena chi segnala viene a conoscenza della reazione avversa. Inoltre, segnalazioni inviate con anni di ritardo rendono molto difficile l’acquisizione di eventuali informazioni mancanti o l’esecuzione del follow-up.”

Un fatto grave dunque è accaduto e sembra che non sia neanche marginale visto che molti medici hanno ritenuto di inviare solo dopo molto tempo, parliamo di anni, la compilazione delle schede di farmacovigilanza. La curiosità di questo comunicato trascina con se un fatto di inaudita e grave malasanità, poiché è ormai acclarato, che i farmaci immessi o dati negli ospedali anche sotto forma di sperimentazione, sono soggetti a forme di controllo di farmacovigilanza che dovrebbero essere severe, e la stessa AIFA nel suo sito nella sezione ritiro farmaci ne spiega il motivo: “il mercato farmaceutico ogni tanto viene scosso dal ritiro di un medicinale. A volte il ritiro colpisce medicinali in circolazione anche da diversi anni ed in alcuni casi i provvedimenti restrittivi riguardano veri e propri blockbuster. Si tratta di farmaci di uso specialistico in particolari sottopopolazioni ma anche terapie preventive come vaccini, farmaci di automedicazione e addirittura medicinali omeopatici.” E va oltre e recita ancora:”l’introduzione di un nuovo medicinale sul mercato porta con sé sempre una quota di azzardo che purtroppo si gioca sulla pelle dei pazienti.

I dati a disposizione al momento di capire se vale la pena metterlo a disposizione della comunità sono sempre limitati a ciò che siamo in grado di valutare in un ambito sperimentale. Spesso si è in condizioni distanti dalla pratica clinica di tutti i giorni, dove sono molteplici i fattori che entrano a complicare lo scenario del nuovo intervento terapeutico. Appare quasi scontato che, una volta in commercio, la disponibilità di un medicinale possa essere riconsiderata solo a fronte di nuovi dati di sicurezza. Ciò non prende in considerazione il fatto che un farmaco inefficace sbilancia il rapporto beneficio/rischio in modo tale che, per quanto infinitesimale e lieve sia il rischio, vengono a mancare le ragioni per lasciarlo in commercio. In conclusione, il monitoraggio continuo della sicurezza dei medicinali comporta una sempre possibile ed eventuale eliminazione della sostanza dal mercato. Dovrebbe poter valere lo stesso nel caso ci si renda conto che un farmaco è inefficace. Il ritiro di un farmaco è comunque un fenomeno che deve essere valutato in una logica di salute pubblica che tiene conto di tutte le variabili in gioco. Ogni volta che questo succede, deve insegnare qualcosa rispetto all’obiettivo primario: la cura dei pazienti.”

Ecco perché le segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse costituiscono un’importante fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, in quanto consentono di rilevare potenziali segnali di allarme relativi all’uso di tutti i farmaci disponibili sul territorio nazionale. La stessa Farmacovigilanza coinvolge a diversi livelli tutta la comunità: pazienti, prescrittori, operatori sanitari, aziende farmaceutiche, istituzioni ed accademia e la segnalazione può essere effettuata non solo dall’operatore sanitario ma anche dai cittadini. Le modalità delle segnalazioni spontanee di sospettadi reazione avversa può essere realizzata tramite due diverse modalità. Nello specifico gli operatori sanitari e/o i cittadini potranno compilare la “scheda cartacea” di segnalazione di sospetta reazione avversa (istituita con il DM 12/12/2003), che può essere scaricata e stampata cliccando su un link specifico a seconda di chi fa la segnalazione: Operatore Sanitario o Cittadino. Questa scheda una volta compilata va inviata al Responsabile di farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza; o altrimenti compilare on-line la “scheda elettronica” di segnalazione di sospetta reazione avversa. Dopo la compilazione on line, la scheda può essere salvata sul proprio PC ed inviata per e-mail al Responsabile di Farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza. In alternativa il modulo on line può essere stampato, compilato e trasmesso al Responsabile della propria struttura di appartenenza.

Un caso assai inconsueto e degno di indagine interna dovrebbe essere attivato per poter conoscere la radice e la logica di questo comportamento illecito, e soprattutto capire, sempre analizzando le segnalazioni anomale pervenute di quali medicinali si sta parlando, poiché oltre ad essere a rischio la salute pubblica ci potrebbe essere un probabile conflitto di interesse con le case farmaceutiche dei farmaci sotto indagine, e per ultimo, ma non per importanza la salute dei bambini, visto che la stessa AIFA ricorda che aa popolazione pediatrica risulta, infatti, scarsamente indagata con riferimento ad un uso razionale dei farmaci ad essa destinati. Ne consegue che molto spesso, in mancanza di dati provenienti da studi clinici specifici, vengono impiegati nei bambini medicinali in realtà autorizzati per l’età adulta, ma a dosaggi inferiori. In pratica si considera il bambino come un piccolo adulto. Ma ciò espone a rischi. Non tutti i farmaci utilizzati in ambito pediatrico, infatti, hanno la stessa identica risposta in lattanti, bambini e adolescenti, a causa delle differenze di metabolizzazione e assorbimento degli stessi e dei diversi processi di crescita. Al momento della somministrazione, quindi, deve essere posta molta attenzione alla scelta dei medicinali e ai rispettivi dosaggi, da valutare in base alle età dei giovani pazienti. Per questo da poco è partita la campagna che si propone di promuovere un corretto utilizzo dei farmaci in età pediatrica sensibilizzando popolazione generale e operatori sanitari sui possibili rischi derivanti dalla somministrazione a bambini e adolescenti di farmaci autorizzati per l’utilizzo in età adulta; di rendere consapevoli genitori e medici che l’uso dei farmaci non specificamente approvati per età pediatrica è di tipo “off-label” (ovvero al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate) e che potenzialmente può generare problemi nei piccoli pazienti; Informare e sensibilizzare la popolazione generale sulle diverse modalità di assorbimento e metabolizzazione dei farmaci nei diversi periodi di crescita; Informare e sensibilizzare medici e cittadini sull’importanza di segnalare gli effetti dei farmaci somministrati in età pediatrica; diffondere una maggiore informazione presso i medici e le famiglie in merito al valore aggiunto costituito dagli studi clinici condotti nella popolazione pediatrica per migliorare la qualità e garantire la sicurezza dei farmaci ad essa destinati.

Insomma, ritornando sulla nota legale che l’Avv. Roberto Mastalia, ha indirizzato all’AIFA e al Ministero della Salute, sul caso del vaccino Meningitec da poco ritirato, ricordava appunto che il servizio di farmacovigilanza passivo del nostro paese, basato sulle segnalazioni provenienti al 99% da professionisti del settore, è pressoché inesistente stante la cattiva abitudine dei predetti professionisti a del settore, è pressoché inesistente stante la cattiva abitudine dei predetti professionisti a sottovalutare la portata di qualsiasi voglia reazione astrattamente avversa e a tranquillizzare, forse anche con il fine di evitare grane personali, gli interessati in senso lato; tant’è vero che vengono segnalati esclusivamente i casi di gravissime reazioni avverse immediate quali per esempio i casi di shock anafilattico.

Non è accettabile che un caso così grave di malasanità possa essere gestito con una semplice bacchetta ai medici non solerti nei loro compiti imprescindibili, occorre capire le cause che hanno spinto questi medici solo ora a segnalare queste reazioni avverse, la categoria dei farmaci interessati e quali risvolti a livello dei conflitti di interesse abbiano investito, poiché la trasparenza è l’unica via per disseminare dubbi e sospetti soprattutto nella sanità pubblica italiana.
 




FARMACOVIGILANZA SCOPERTA SHOCK: MOLTI MEDICI HANNO INVIATO SEGNALAZIONI DELLE REAZIONI AVVERSE DEI FARMACI SOLO MOLTI ANNI DOPO

di  Cinzia Marchegiani

Sembrerebbe uno scherzo andato in onda su una candid camera, ma la realtà a volte non solo è più fantasiosa, ma anche più crudele di qualsiasi sceneggiatura inedita. Sul sito dell’AIFA, lo scorso 13 novembre 2014 appare una nota di per se molto semplice, dove vengono richiamati i medici a fare il proprio dovere nel segnalare tempestivamente le reazioni avverse dovute ai farmaci che prescrivono ai propri pazienti:

“Richiamo alla segnalazione tempestiva da parte dei segnalatori E’ stato recentemente riscontrato nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) un numero cospicuo di segnalazioni con una data di insorgenza della reazione di parecchi anni precedente alla data di compilazione della scheda stessa.

La segnalazione spontanea di sospette reazioni avverse costituisce un’importante fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, in quanto consente di rilevare potenziali segnali di sicurezza relativi all’uso dei medicinali. Tale strumento è tanto più efficace quanto

più è adoperato nei corretti tempi e modi.

A tal proposito, si richiamano i segnalatori al rispetto dell’Art. 132 “Obblighi a carico delle 

strutture e degli operatori sanitari e successivi adempimenti dell'AIFA” del D.Lgs. 219/06 che recita: <<I medici e gli altri operatori sanitari devono trasmettere le segnalazioni di sospette reazioni avverse, tramite l'apposita scheda, tempestivamente, al responsabile di 

farmacovigilanza della struttura sanitaria di appartenenza. [omissis]”.

Affinché le segnalazioni di reazioni avversa mantengano la loro utilità come strumento di tutela della salute pubblica tramite la precoce individuazione dei segnali di sicurezza è essenziale che esse siano compilate e inviata non appena chi segnala viene a conoscenza della reazione avversa. Inoltre, segnalazioni inviate con anni di ritardo rendono molto difficile l’acquisizione di eventuali informazioni mancanti o l’esecuzione del follow-up.”

Un fatto grave dunque è accaduto e sembra che non sia neanche marginale visto che molti medici hanno ritenuto di inviare solo dopo molto tempo, parliamo di anni, la compilazione delle schede di farmacovigilanza.  La curiosità di questo comunicato trascina con se un fatto di inaudita e grave malasanità, poiché è ormai acclarato, che i farmaci immessi o dati negli ospedali anche sotto forma di sperimentazione, sono soggetti a forme di controllo di farmacovigilanza che dovrebbero essere severe, e la stessa AIFA nel suo sito nella sezione ritiro farmaci ne spiega il motivo: “il mercato farmaceutico ogni tanto viene scosso dal ritiro di un medicinale. A volte il ritiro colpisce medicinali in circolazione anche da diversi anni ed in alcuni casi i provvedimenti restrittivi riguardano veri e propri blockbuster. Si tratta di farmaci di uso specialistico in particolari sottopopolazioni ma anche terapie preventive come vaccini, farmaci di automedicazione e addirittura medicinali omeopatici.” E va oltre e recita ancora:”l’introduzione di un nuovo medicinale sul mercato porta con sé sempre una quota di azzardo che purtroppo si gioca sulla pelle dei pazienti. I dati a disposizione al momento di capire se vale la pena metterlo a disposizione della comunità sono sempre limitati a ciò che siamo in grado di valutare in un ambito sperimentale. Spesso si è in condizioni distanti dalla pratica clinica di tutti i giorni, dove sono molteplici i fattori che entrano a complicare lo scenario del nuovo intervento terapeutico. Appare quasi scontato che, una volta in commercio, la disponibilità di un medicinale possa essere riconsiderata solo a fronte di nuovi dati di sicurezza. Ciò non prende in considerazione il fatto che un farmaco inefficace sbilancia il rapporto beneficio/rischio in modo tale che, per quanto infinitesimale e lieve sia il rischio, vengono a mancare le ragioni per lasciarlo in commercio. In conclusione, il monitoraggio continuo della sicurezza dei medicinali comporta una sempre possibile ed eventuale eliminazione della sostanza dal mercato. Dovrebbe poter valere lo stesso nel caso ci si renda conto che un farmaco è inefficace. Il ritiro di un farmaco è comunque un fenomeno che deve essere valutato in una logica di salute pubblica che tiene conto di tutte le variabili in gioco. Ogni volta che questo succede, deve insegnare qualcosa rispetto all’obiettivo primario: la cura dei pazienti. ”

Ecco perché le segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse costituiscono un’importante fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, in quanto consentono di rilevare potenziali segnali di allarme relativi all’uso di tutti i farmaci disponibili sul territorio nazionale. La stessa Farmacovigilanza coinvolge a diversi livelli tutta la comunità: pazienti, prescrittori, operatori sanitari, aziende farmaceutiche, istituzioni ed accademia e la segnalazione può essere effettuata non solo dall’operatore sanitario ma anche dai cittadini. Le modalità delle segnalazioni spontanee di  sospettadi reazione avversa può essere realizzata tramite  due diverse modalità. Nello specifico gli operatori sanitari e/o i cittadini potranno  compilare la “scheda cartacea” di segnalazione di sospetta reazione avversa (istituita con il DM 12/12/2003), che può essere scaricata e stampata cliccando su un link specifico a seconda di chi fa la segnalazione: Operatore Sanitario o Cittadino. Questa scheda una volta compilata va inviata al Responsabile di farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza; o altrimenti  compilare on-line la “scheda elettronica” di segnalazione di sospetta reazione avversa. Dopo la compilazione on line, la scheda  può essere salvata sul proprio PC ed inviata  per e-mail al Responsabile di Farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza. In alternativa il modulo on line può essere stampato, compilato e trasmesso al Responsabile  della propria struttura di appartenenza.

 

Un caso assai inconsueto e degno di indagine interna dovrebbe essere attivato per poter conoscere la radice e la logica di questo comportamento illecito, e soprattutto capire, sempre analizzando le segnalazioni anomale pervenute di quali medicinali si sta parlando, poiché oltre ad essere a rischio la salute pubblica ci potrebbe essere un probabile conflitto di interesse con le case farmaceutiche dei farmaci sotto indagine, e per ultimo, ma non per importanza la salute dei bambini, visto che la stessa AIFA ricorda che aa popolazione pediatrica risulta, infatti, scarsamente indagata con riferimento ad un uso razionale dei farmaci ad essa destinati. Ne consegue che molto spesso, in mancanza di dati provenienti da studi clinici specifici, vengono impiegati nei bambini medicinali in realtà autorizzati per l’età adulta, ma a dosaggi inferiori. In pratica si considera il bambino come un piccolo adulto. Ma ciò espone a rischi. Non tutti i farmaci utilizzati in ambito pediatrico, infatti, hanno la stessa identica risposta in lattanti, bambini e adolescenti, a causa delle differenze di metabolizzazione e assorbimento degli stessi e dei diversi processi di crescita. Al momento della somministrazione, quindi, deve essere posta molta attenzione alla scelta dei medicinali e ai rispettivi dosaggi, da valutare in base alle età dei giovani pazienti. Per questo da poco è partita la campagna che si propone di promuovere un corretto utilizzo dei farmaci in età pediatrica sensibilizzando popolazione generale e operatori sanitari sui possibili rischi derivanti dalla somministrazione a bambini e adolescenti di farmaci autorizzati per l’utilizzo in età adulta; di rendere consapevoli genitori e medici che l’uso dei farmaci non specificamente approvati per età pediatrica è di tipo “off-label” (ovvero al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate) e che potenzialmente può generare problemi nei piccoli pazienti; Informare e sensibilizzare la popolazione generale sulle diverse modalità di assorbimento e metabolizzazione dei farmaci nei diversi periodi di crescita; Informare e sensibilizzare medici e cittadini sull’importanza di segnalare gli effetti dei farmaci somministrati in età pediatrica; diffondere una maggiore informazione presso i medici e le famiglie in merito al valore aggiunto costituito dagli studi clinici condotti nella popolazione pediatrica per migliorare la qualità e garantire la sicurezza dei farmaci ad essa destinati.

Insomma, ritornando sulla nota legale che l’Avv. Roberto Mastalia,  ha indirizzato all’AIFA e al Ministero della Salute, sul caso del vaccino Meningitec da poco ritirato, ricordava appunto che  il servizio di farmacovigilanza passivo del nostro paese, basato sulle segnalazioni provenienti al 99% da professionisti del settore, è pressoché inesistente stante la cattiva abitudine dei predetti professionisti a del settore, è pressoché inesistente stante la cattiva abitudine dei predetti professionisti a sottovalutare la portata di qualsiasi voglia reazione astrattamente avversa e a tranquillizzare, forse anche con il fine di evitare grane personali, gli interessati in senso lato; tant’è vero che vengono segnalati esclusivamente i casi di gravissime reazioni avverse immediate quali per esempio i casi di shock anafilattico.

Non è accettabile che un caso così grave di malasanità possa essere gestito con una semplice bacchetta ai medici non solerti nei loro compiti imprescindibili, occorre capire le cause che hanno spinto questi medici solo ora a segnalare queste reazioni avverse,  la categoria dei farmaci interessati e quali risvolti a livello dei conflitti di interesse abbiano investito, poiché la trasparenza è l’unica via per disseminare dubbi e sospetti soprattutto nella sanità pubblica italiana.

sottovalutare la portata di qualsiasi voglia reazione astrattamente avversa e a tranquillizzare, forse anche con il fine di evitare grane personali, gli interessati in senso lato; tant’è vero che vengono segnalati esclusivamente i casi di gravissime reazioni avverse immediate quali per esempio i casi di shock anafilattico.

Non è accettabile che un caso così grave di malasanità possa essere gestito con una semplice bacchetta ai medici non solerti nei loro compiti imprescindibili, occorre capire le cause che hanno spinto questi medici solo ora a segnalare queste reazioni avverse,  la categoria dei farmaci interessati e quali risvolti a livello dei conflitti di interesse abbiano investito, poiché la trasparenza è l’unica via per disseminare dubbi e sospetti soprattutto nella sanità pubblica italiana.




AIFA SCOPERTA SHOCK SULLA RETE NAZIONALE DELLA FARMACOVIGILANZA, MOLTI MEDICI HANNO INVIATO LE SEGNALAZIONI DELLE REAZIONI AVVERSE DEI FARMACI SOLO MOLTI ANNI DOPO

L’AIFA bacchetta con un comunicato i medici che hanno compilato la scheda delle segnalazioni della farmacovigilanza dei farmaci somministrati, ma il caso potrebbe trascinare un caso di grave malasanita’, ci sarà un’inchiesta interna?

di Cinzia Marchegiani

Sembrerebbe uno scherzo andato in onda su candid camera, ma la realtà a volte non solo è più fantasiosa, ma anche più crudele di qualsiasi sceneggiatura inedita. Sul sito dell’AIFA, lo scorso 13 novembre 2014 appare un comunicato si per se molto semplice, dove vengono richiamati i medici a fare il proprio dovere nel segnalare tempestivamente le reazioni avverse dovute ai farmaci che prescrivono ai propri pazienti e la nota appare così:
Richiamo alla segnalazione tempestiva da parte dei segnalatori E’ stato recentemente riscontrato nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza (RNF) un numero cospicuo di segnalazioni con una data di insorgenza della reazione di parecchi anni precedente alla data di compilazione della scheda stessa. La segnalazione spontanea di sospette reazioni avverse costituisce un’importante fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, in quanto consente di rilevare potenziali segnali di sicurezza relativi all’uso dei medicinali. Tale strumento è tanto più efficace quanto più è adoperato nei corretti tempi e modi. A tal proposito, si richiamano i segnalatori al rispetto dell’Art. 132 “Obblighi a carico delle strutture e degli operatori sanitari e successivi adempimenti dell'AIFA” del D.Lgs. 219/06 che recita: <<I medici e gli altri operatori sanitari devono trasmettere le segnalazioni di sospette reazioni avverse, tramite l'apposita scheda, tempestivamente, al responsabile di farmacovigilanza della struttura sanitaria di appartenenza. [omissis]>>. Affinché le segnalazioni di reazioni avversa mantengano la loro utilità come strumento di tutela della salute pubblica tramite la precoce individuazione dei segnali di sicurezza è essenziale che esse siano compilate e inviata non appena chi segnala viene a conoscenza della reazione avversa. Inoltre, segnalazioni inviate con anni di ritardo rendono molto difficile l’acquisizione di eventuali informazioni mancanti o l’esecuzione del follow-up.

Un fatto grave dunque è accaduto e sembra che non sia neanche marginale visto che molti medici hanno ritenuto di inviare solo dopo molto tempo, parliamo di anni, la compilazione delle schede di farmacovigilanza. La curiosità di questo comunicato trascina con se un fatto di inaudita e grave malasanità, poiché è ormai acclarato, che i farmaci immessi o dati negli ospedali anche sotto forma di sperimentazione, sono soggetti a forme di controllo di farmacovigilanza che dovrebbero essere severe, e la stessa AIFA nel suo sito nella sezione ritiro farmaci ne spiega il motivo: “il mercato farmaceutico ogni tanto viene scosso dal ritiro di un medicinale. A volte il ritiro colpisce medicinali in circolazione anche da diversi anni ed in alcuni casi i provvedimenti restrittivi riguardano veri e propri blockbuster. Si tratta di farmaci di uso specialistico in particolari sottopopolazioni ma anche terapie preventive come vaccini, farmaci di automedicazione e addirittura medicinali omeopatici.” E lo stesso comunicato nel dettaglio spiega:”l’introduzione di un nuovo medicinale sul mercato porta con sé sempre una quota di azzardo che purtroppo si gioca sulla pelle dei pazienti. I dati a disposizione al momento di capire se vale la pena metterlo a disposizione della comunità sono sempre limitati a ciò che siamo in grado di valutare in un ambito sperimentale. Spesso si è in condizioni distanti dalla pratica clinica di tutti i giorni, dove sono molteplici i fattori che entrano a complicare lo scenario del nuovo intervento terapeutico. Appare quasi scontato che, una volta in commercio, la disponibilità di un medicinale possa essere riconsiderata solo a fronte di nuovi dati di sicurezza. Ciò non prende in considerazione il fatto che un farmaco inefficace sbilancia il rapporto beneficio/rischio in modo tale che, per quanto infinitesimale e lieve sia il rischio, vengono a mancare le ragioni per lasciarlo in commercio. In conclusione, il monitoraggio continuo della sicurezza dei medicinali comporta una sempre possibile ed eventuale eliminazione della sostanza dal mercato. Dovrebbe poter valere lo stesso nel caso ci si renda conto che un farmaco è inefficace. Il ritiro di un farmaco è comunque un fenomeno che deve essere valutato in una logica di salute pubblica che tiene conto di tutte le variabili in gioco. Ogni volta che questo succede, deve insegnare qualcosa rispetto all’obiettivo primario: la cura dei pazienti. ”

Ecco perché le segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse costituiscono un’importante fonte di informazioni per le attività di farmacovigilanza, in quanto consentono di rilevare potenziali segnali di allarme relativi all’uso di tutti i farmaci disponibili sul territorio nazionale. La stessa Farmacovigilanza coinvolge a diversi livelli tutta la comunità: pazienti, prescrittori, operatori sanitari, aziende farmaceutiche, istituzioni ed accademia e la segnalazione può essere effettuata non solo dall’operatore sanitario ma anche dai cittadini. Le modalità delle segnalazioni spontanee di sospettadi reazione avversa può essere realizzata tramite due diverse modalità. Nello specifico gli operatori sanitari e/o i cittadini potranno compilare la “scheda cartacea” di segnalazione di sospetta reazione avversa (istituita con il DM 12/12/2003), che può essere scaricata e stampata cliccando un link specifico a seconda di chi fa la segnalazione: Operatore sanitario o Cittadino. Questa scheda una volta compilata va inviata al Responsabile di farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza; o altrimenti compilare on-line la “scheda elettronica” di segnalazione di sospetta reazione avversa” che può essere trovata tramite un link citato dalla stessa AIFA a seconda di chi fa la segnalazione: Operatore sanitario o Cittadino. Dopo la compilazione on line, la scheda può essere salvata sul proprio PC ed inviata per e-mail al Responsabile di Farmacovigilanza della propria struttura di appartenenza. In alternativa il modulo on line può essere stampato, compilato e trasmesso al Responsabile della propria struttura di appartenenza.

Un caso assai inconsueto e degno di indagine interna dovrebbe essere attivato per poter conoscere la radice e la logica di questo comportamento illecito, e soprattutto capire, sempre analizzando le segnalazioni anomale pervenute, di quali medicinali si sta parlando, poiché oltre ad essere a rischio la salute pubblica ci potrebbe essere un probabile conflitto di interesse con le case farmaceutiche dei farmaci sotto indagine, e per ultimo, ma non per importanza la salute dei bambini, visto che la stessa AIFA ricorda che la popolazione pediatrica risulta, infatti, scarsamente indagata con riferimento ad un uso razionale dei farmaci ad essa destinati. Ne consegue che molto spesso, in mancanza di dati provenienti da studi clinici specifici, vengono impiegati nei bambini medicinali in realtà autorizzati per l’età adulta, ma a dosaggi inferiori. In pratica si considera il bambino come un piccolo adulto. Ma ciò espone a rischi. Non tutti i farmaci utilizzati in ambito pediatrico, infatti, hanno la stessa identica risposta in lattanti, bambini e adolescenti, a causa delle differenze di metabolizzazione e assorbimento degli stessi e dei diversi processi di crescita. Al momento della somministrazione, quindi, deve essere posta molta attenzione alla scelta dei medicinali e ai rispettivi dosaggi, da valutare in base alle età dei giovani pazienti. Per questo da poco è partita la campagna che si propone di promuovere un corretto utilizzo dei farmaci in età pediatrica sensibilizzando popolazione generale e operatori sanitari sui possibili rischi derivanti dalla somministrazione a bambini e adolescenti di farmaci autorizzati per l’utilizzo in età adulta; di rendere consapevoli genitori e medici che l’uso dei farmaci non specificamente approvati per età pediatrica è di tipo “off-label” (ovvero al di fuori delle indicazioni terapeutiche approvate) e che potenzialmente può generare problemi nei piccoli pazienti; Informare e sensibilizzare la popolazione generale sulle diverse modalità di assorbimento e metabolizzazione dei farmaci nei diversi periodi di crescita; Informare e sensibilizzare medici e cittadini sull’importanza di segnalare gli effetti dei farmaci somministrati in età pediatrica; diffondere una maggiore informazione presso i medici e le famiglie in merito al valore aggiunto costituito dagli studi clinici condotti nella popolazione pediatrica per migliorare la qualità e garantire la sicurezza dei farmaci ad essa destinati.

Insomma, ritornando sulla nota legale che l’Avv. Roberto Mastalia, ha indirizzato all’AIFA e al Ministero della Salute, sul caso del vaccino Meningitec da poco ritirato, lo stesso avvocato ricordava all'AIFA per l'appunto che il servizio di farmacovigilanza passivo del nostro paese, basato sulle segnalazioni provenienti al 99% da professionisti del settore, è pressoché inesistente stante la cattiva abitudine dei predetti professionisti a sottovalutare la portata di qualsiasi voglia reazione astrattamente avversa e a tranquillizzare, forse anche con il fine di evitare grane personali, gli interessati in senso lato; tant’è vero che vengono segnalati esclusivamente i casi di gravissime reazioni avverse immediate quali per esempio i casi di shock anafilattico.
Non è accettabile che un caso così grave di malasanità possa essere gestito con una semplice bacchetta ai medici non solerti nei loro compiti imprescindibili, occorre capire le cause che hanno spinto questi medici solo ora a segnalare queste reazioni avverse, la categoria dei farmaci interessati e quali risvolti a livello dei conflitti di interesse abbiano investito, poiché la trasparenza è l’unica via per disseminare dubbi e sospetti soprattutto nella sanità pubblica italiana.




MEDICINA E SALUTE: BPCO ENTRO IL 2020 TERZA CAUSA DI MORTE NEL MONDO

Redazione
Genova
– Secondo gli ultimi dati, che riguardano un gruppo di pazienti con infezioni ricorrenti alle vie aeree superiori, il numero di patologie si riduce del 50%.

Entro il 2020 la BPCO sarà la terza causa di morte nel mondo. Eppure c’è un metodo, scoperto proprio nelle ultime ore, che potrebbe dimezzarne definitivamente i malati. La salute sarà garantita dai lisati batterici, un tipo di farmaco derivato dai microbi, il cui meccanismo è noto dall’inizio degli anni 2000, ma questi farmaci sono in commercio da decine di anni.  “Secondo gli ultimi dati, che riguardano un gruppo di pazienti con infezioni ricorrenti alle vie aeree superiori, il numero di patologie si riduce del 50%. E’ quindi possibile prevenire queste infezioni in maniera molto efficace”, ha dichiarato il Dott. Giovanni Melioli, immunologo.

IL CONGRESSO

Si è parlato anche di questo a Genova durante il Congresso Nazionale “Highlights in Allergy and Respiratory Diseases”, conclusosi sabato scorso, che ha puntato l’attenzione sulle malattie allergiche e respiratorie, sia sul campo allergologico che nel campo pneumologico, analizzando i cambiamenti delle malattie e discutendo sulle nuove terapie in arrivo.

Il congresso è organizzato da Giorgio Walter Canonica, Ordinario nella Clinica di Malattie Respiratorie nell'Università di Genova, che gode del patrocini di tutte le più prestigiose società italiane ed internazionali di malattie respiratorie e di Allergologia e Immunologia Clinica, oltre a IRCCS Azienda Ospedaliera Universitaria San Martino, IST Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro, la Regione Liguria, la Provincia e e il Comune di Genova.

LO STUDIO SUI LISATI BATTERICI

“Se somministro un lisato batterico – spiega il Dott. Giovanni Melioli, immunologo –  io posso rinforzare il sistema immune. Se all’inizio si pensava che la cura interessasse soltanto quei microbi interessati, oggi possiamo stabilire che ha effetti ben più allargati. Il lisato si adatta perfettamente nella cura delle infezioni di tipo respiratorio, sia per quelle delle vie superiori, che coinvolgono principalmente i bambini, sia per la bronchite cronica, che colpisce i più anziani”.

Prosegue il Dott. Melioli: “Quelle che prima erano semplicemente impressioni del medico in base a studi clinici effettuati con metodologie non efficaci, oggi si parla di certezze, confermate da studi clinici moderni e garantiti. Secondo gli ultimi dati, che riguardano un gruppo di pazienti con infezioni ricorrenti alle vie aeree superiori, il numero di patologie si riduce del 50%. E’ quindi possibile prevenire queste infezioni in maniera molto efficace. Un vantaggio che ha effetti benefici anche su altri fronti: la metà dei pazienti con infezioni ricorrenti alle vie aeree, infatti, sono allergici. Questi, durante questo studio, hanno potuto usare meno farmaci antinfiammatori e antibiotici, migliorando le proprie condizioni di salute”.

PROSPETTIVE

Nei prossimi anni occorrerà identificare quelle che possono essere le principali associazioni di lisati batterici e i relativi dosaggi per curare particolari tipi di patologie. Prima di arrivare ad una medicina personalizzata nei confronti dei pazienti con infezioni ricorrenti, bisognerà  identificare i fenotipi di pazienti, così da aumentarne i vantaggi. Un altro importante passaggio sarà sul fronte clinico: la ricerca aiuterà a identificare le condizioni cliniche del paziente, in modo da prescrivere una terapia sempre più efficace.

CIFRE DELLA BPCO

La BPCO provoca ogni anno nel mondo 3 milioni e 280 mila morti, pari al 5,8% dei decessi. In Italia colpisce tra l'8 e il 12% della popolazione adulta. I fumatori sono i più a rischio: nel 20-40% questi raggiungono la malattia conclamata. Secondo le ultime stime, l’asma colpisce il 7% della popolazione italiana, mentre il 5,5% soffre di BPCO: in sintesi, più di una persona su dieci soffre di malattie respiratorie (12,5%). La BPCO colpisce circa 65 milioni di persone in tutto il mondo e 2.600.000 in Italia. Secondo l’OMS ogni anno nel mondo si contano 3 milioni e 280 mila morti.
 




DIETA MEDITERRANEA: FA DIMAGRIRE E RIDUCE IL RISCHIO DI ICTUS E INFARTI

Redazione

La dieta mediterranea e' il modo migliore per affrontare il problema dell'obesita'. Molto piu' del tradizionale "conteggio delle calorie" e delle diete a basso contenuto di grassi. Almeno questo e' quanto emerso da uno studio britannico, firmato tra gli altri dal presidente dell'Academy of Medical Royal Colleges Terence Stephenson, che e' stato pubblicato sulla rivista Postgraduate Medical Journal.
Gli autori dello studio criticano l'"industria delle diete" per il loro approccio focalizzato sulla restrizione calorica piuttosto che su "una buona alimentazione". Secondo gli studiosi, la dieta mediterranea – che prevede il consumo di frutta, verdura, noci e olio d'oliva – e' la strategia migliore per perdere peso a lungo termine, oltre ad essere efficace nella riduzione del rischio di subire infarti e ictus.




CERVELLO: SCOPERTO "INTERRUTTORE" DELLA MEMORIA

Redazione

Individuato un interruttore nel cervello che potrebbe essere utilizzato per aumentare e migliorare la capacita' di memorizzare le informazioni. Ad annunciarlo e' stato un gruppo di ricercatori del Research Institute of the McGill University Health Centre di Montreal (Canada) in una nota. Gli studiosi hanno identificato una molecola che frena le capacita' di elaborazione del cervello. Una volta rimossa, la memoria puo' essere migliorata. La scoperta potrebbe avere importanti implicazioni nel trattamento e nella prevenzione di malattie neurologiche neurodegenerative, come l'autismo e l'Alzheimer.
  La proteina che "frena" il cervello si chiama FXR1P (Fragile X Related Protein 1). Essa inibisce la produzione di molecole necessarie per la "costruzione" di nuove memorie. Una volta rimossa in alcuni parti del cervello, in un esperimento condotto su modelli murini, i ricercatori hanno ristabilito la produzione delle molecole che rafforzano le connessioni tra le cellule cerebrali. In questo modo e' stato possibile migliorare la memoria dei topi. "Abbiamo identificato un nuovo percorso che regola direttamente le modalita' di gestione delle informazioni e questo potrebbe avere una grande importanza nella comprensione e cura delle malattie del cervello", ha detto Keith Murai, uni degli autori dello studio.
 




SHOCK ANAFILATTICO: COLPA DEGLI ANTIBIOTICI, CHEMIOTERAPICI E AGENTI DI CONTRASTO PER DIAGNOSTICA

Lo studio globale condotto dai ricercatori della Montefiore Medical Center e Albert Einstein College of Medicina della Yeshiva Universiti avverte, i farmaci sono i responsabili di causa morte improvvisa di allergia, secondo un’analisi di certificati di morte dal 1999 al 2010 negli Stati Uniti

di Cinzia Marchegiani

New York (USA) – Un grave shock anafilattico può provocare una morte fatale, ed è la conseguenza di una massiccia reazione allergica che colpisce le vie respiratorie, l’apparato respiratorio oltre la circolazione sanguigna. I sintomi da shock anafilattico si avvertono nella difficoltà respiratoria e nella deglutizione, senso di vertigini, prurito e/o sfogo sulla pelle, e angioedema, cioè gonfiore delle mani, mani e piedi.
Uno studio globale di questa patologia condotto dai ricercatori del Montefior Medical Center e Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University, ha evidenziato che i farmaci sono la principale causa di morti improvvise di allergia correlati negli Stati Uniti, secondo un'analisi sui certificati di morte avvenuti dal 1999-2010.

L’ ”anafilassi, termine usato per una grave reazione allergica potenzialmente pericolosa per la vita, può verificarsi in pochi secondi o minuti dopo l'esposizione ad un allergene. Lo studio, pubblicato online nel Journal of Allergy e Immunologia Clinica, ha il merito di aver scoperto anche che il rischio di reazioni allergiche indotte da farmaci mortali era particolarmente alta tra gli anziani e gli afro-americani e che queste morti sono aumentate in modo significativo negli Stati Uniti negli ultimi anni. Il Dr. Jerschow e colleghi hanno analizzato i certificati di morte dal Mortality Database nazionale degli Stati Uniti e ha scoperto che anafilassi farmaco-correlato è la causa più comune di morte (58,8 per cento). Ulteriori cause identificate inclusi anafilassi non specificata (19,3 per cento), il veleno (15,2 per cento) e il cibo (6,7 per cento). Ulteriori analisi hanno rivelato anafilassi fatale a causa di farmaci, alimenti e allergeni non specificati era significativamente associato con africana razza americana e l'età avanzata; e tassi di anafilassi fatale a causa di veleno era più comune nei bianchi, uomini anziani. Ma il dato sconvolgente è che dei 2.458 morti identificati tra 1999-2010, 1.446, erano causate da farmaci. I farmaci colpevole non sono stati specificati nella maggior parte dei casi (circa il 74 per cento). Tuttavia, tra quelli con un farmaco colpevole identificato, quasi la metà erano antibiotici, seguiti da agenti mezzo di contrasto utilizzati durante le procedure di diagnostica per immagini e chemioterapici che vengono utilizzati nel trattamento del cancro. Elina Jerschow, l'autore principale dello studio e direttore del Drug Allergy Center, Allergologia ed Immunologia Divisione di Medicina del Montefiore Medical Center e assistente professore di medicina , Albert Einstein College, spiega la straordinaria importanza di questo studio:”Le morti correlati all’anafilassi negli Stati Uniti non sono stati ben compresi in questi ultimi anni, ci auguriamo che questi risultati aiuteranno a identificare i fattori di rischio specifici e permettere ai medici di formulare approcci di prevenzione."

Troppo spesso prendiamo con molta superficialità antibiotici anche quando non servono, e questo è un importante strumento per sensibilizzare la prevenzione di alcune patologie mortali come l’anafilassi, che sono dietro l’angolo silentemente. Per la chemioterapia, e gli agenti di contrasto per la diagnostica delle immagini sicuramente servirà un’educazione medica diversa mirata a trovare modalità e strategie alternative, visto anche il declino della chemioterapia per particolari tumori solidi poiché anche la farmacologia li etichetta come palliativi.

In caso di grave reazione allergica, di anafilassi o shock anafilattico, la terapia d’emergenza è costituita da un’iniezione intramuscolare di adrenalina. Questa può essere effettuata dal medico soccorritore sul territorio o in Pronto Soccorso, se impossibilitati logisticamente in un intervento medico va chiamato subito il 118 che spiega dal telefono eventuali manovre salvavita, che spesso sono davvero provvidenziali in quel lasso di tempo che impiega l’ambulanza ad arrivare sul posto.




ANIMALI DOMESTICI: NUOVI FARMACI ALLUNGA – VITA, AL VIA LA SPERIMENTAZIONE

Redazione

Dopo averlo testato con successo sui topi, la rapamicina, quel composto naturale che si trova nel suolo dell'Isola di Pasqua, verra' sperimentato sui cani domestici per poter valutare l'eventuale impatto sugli esseri umani. Il progetto, descritto sulla rivista Nature, si basa su evidenze scientifiche che dimostrerebbero quanto questo composto naturale sia in grado di allungare la vita e migliorare la memoria in eta' avanzata. In passato, la rapamicina e' stata utilizzata su alcuni pazienti sottoposti a trapianto con lo scopo di prevenire il rigetto d'organo. Nei topi, e' stato dimostrato che il composto e' in grado di allungare la vita del 13 per cento nelle cavie femmine e del 9 per cento nei maschi. Tuttavia, riporta Nature, l'effetto "allunga-vita" della rapamicina non e' stato testato sugli uomini a causa dei costi elevati. Inoltre, pare che il composto comporti alcuni rischi, come ad esempio un indebolimento del sistema immunitario che rende i soggetti piu' vulnerabili a virus e batteri. La versione attuale del farmaco aumenterebbe anche il rischio di sviluppare il cancro e necessita quindi di modifiche prima di poterlo sperimentare sugli esseri umani.
  Tuttavia, Matthew Kaeberlein e Daniel Promislow, ricercatori della University of Washington di Seattle, hanno proposto di sperimentare la rapamicina a basse dosi sui cani. All'inizio il test dovrebbe coinvolgere 30 cani e il farmaco naturale dovrebbe essere somministrato solo alla meta' delle cavie. Gli studiosi sperano di fare i test su cani di grossa taglia, che vivono all'incirca 8-10 anni, che dovrebbero iniziare a prendere il farmaco a 6 anni d'eta'. Secondo Nature, il trial dovrebbe essere completato in tre anni, ma i ricercatori potrebbero capire quali sono gli effetti della rapamicina entro pochi mesi.
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