Anguillara Sabazia, acqua non potabile a Ponton dell’Elce: è caos tra comunicazioni ufficiali e chiacchiere

ANGUILLARA SABAZIA (RM) – Ad Anguillara da oltre due mesi l’acqua fornita dall’acquedotto di Ponton dell’Elce risulta “non potabile”. A stabilirlo l’ordinanza del sindaco Sabrina Anselmo del 16 gennaio che dispone il divieto di uso potabile a seguito delle analisi effettuate dall’Arpa il 4 gennaio e comunicate dalla Asl Roma 4 al Comune il 16 gennaio.

L’incertezza dei residenti tra chiacchiere e dati ufficiali

Un atto meramente formale, secondo alcuni membri dell’amministrazione comunale, in quanto il prelievo dell’Arpa sarebbe coinciso con lo stesso giorno in cui è stato effettuato un lavoro di manutenzione dell’impianto di potabilizzazione, che risultava non funzionante. Dal 16 gennaio ad oggi i residenti del quartiere vivono nell’incertezza di capire se l’acqua è tornata potabile oppure se vige ancora il divieto d’uso potabile. Incertezza causata soprattutto da chi asseriva: “L’acqua è potabile, si è dovuto emettere l’ordinanza perché nel momento che si sostituiva la pompa la Asl ha fatto i prelievi”. Affermazioni, queste ultime, smentite dalle successive analisi dell’acqua, effettuate sempre dall’unico organo deputato a farlo: l’Arpa Lazio. Il campionamento dell’acqua del pozzo di Ponton Dell’Elce fatto a febbraio da Arpa Lazio ha confermato che i valori dell’arsenico restano superiori ai limiti di legge.

Le rassicurazioni su facebook del consigliere di maggioranza Massimiliano De Rosa smentite dalle analisi dall’Arpa Lazio

Ma a creare ulteriore confusione sul fatto se bere o meno l’acqua di Ponton dell’Elce, nonostante permanga il divieto dell’ordinanza sindacale del 16 gennaio 2018, sono le dichiarazioni rilasciate su Facebook del consigliere di maggioranza Massimiliano De Rosa. Il 22 febbraio un cittadino di Ponton Dell’Elce formula per iscritto sul social Fb la seguente domanda: “A distanza di 50 giorni si possono avere informazioni sulla potabilità dell’acqua a Ponton Dell’Elce?”. La risposta arriva sempre su Facebook dal consigliere di maggioranza Massimiliano De Rosa il quale tra l’altro dice: “Comunque se può rasserenare le analisi private che abbiamo fatto fare dalla Hydrocon – laboratorio analisi privato ndr. – il 6/2 sono OK. Purtroppo per la revoca dell’ordinanza di non potabilità aspettiamo esito analisi Arpa”. La risposta dell’amministratore è molto chiara: ufficiosamente “è tutto OK” perché lo dice un laboratorio privato, quindi l’acqua non ha arsenico oltre i limiti di legge, ma ufficialmente si deve aspettare l’Arpa, che è l’unico organo deputato. Ma a smentire le analisi del laboratorio privato e quindi le rassicurazioni del consigliere sono i risultati del campionamento effettuato a febbraio dall’Arpa: La Asl ROMA4 scrive al presidente del Comitato di Quartiere Francesca Martini comunicando che le analisi effettuate il 13 febbraio hanno dato esito NON conforme per l’arsenico e che tale esito è stato comunicato al Sindaco.

Acqua non potabile e interruzioni del servizio idrico, un residente: “Siamo ormai allo sbando”

Una vera e propria doccia fredda per i cittadini del quartiere di Anguillara che ora dovranno attendere i risultati delle nuove analisi dell’Agenzia regionale effettuate lo scorso 8 marzo. Intanto ieri c’è stata l’ennesima interruzione del servizio idrico nel quartiere di Colle Sabazio dove i residenti non sono riusciti a contattare il Comune al fine di segnalare il disservizio. “Non si riesce ad avvisare nessuno – racconta una residente del luogo – perché i vigili non rispondono più al numero delle emergenze, non sappiamo chi dover avvisare. Siamo ormai allo sbando”.

Una macchina comunale da rivedere?

Silvia Silvestri, consigliere con delega all’Acqua Pubblica ha dichiarato che non era a conoscenza delle analisi del 13 febbraio da parte dell’Arpa, nonostante la comunicazione fosse stata recapitata all’ufficio comunale competente. A questo punto ci si interroga sul funzionamento della macchina comunale, perché se su un fattore importante come la salute pubblica le comunicazioni non vengono riportate ai responsabili, qualcosa da rivedere profondamente c’è sicuramente.

Silvio Rossi – Ivan Galea




Firenze: cena con dibattito sulla sicurezza con il prefetto Francesco Tagliente

FIRENZE – La Sicurezza e il rispetto della Legalità è Democrazia, è un diritto, è qualità della vita, è fondamentale per una reale convivenza civile all’interno di una Comunità. Riprendono con questo tema gli incontri conviviali degli amici di Pensa libero ora anche con la Fondazione Filippo Turati Onlus – Ente Morale Associato alle Nazioni Unite, con l’Associazione «Io ci sono… per vincere la neurofibromatosi e con il Circolo Culturale 25 Aprile di Firenze che ospiterà l’evento.

Ogni serata sarà dedicata a un argomento diverso: culturale, sociale, scientifico o di attualità. Si parlerà di sicurezza, immigrati, problematiche attinenti alla salute, alla cultura, alla prevenzione rispetto alle malattie del secolo, Alzheimer e Parkinson.

E proprio alla questione di maggiore attualità è dedicato il primo incontro-dibattito, in programma a Firenze dalle ore 19.00 di domani 15 marzo, al Circolo 25 aprile, in via del Bronzino, 117. Il prefetto Tagliente torna a Firenze per parlare di sicurezza alla prima serata del ciclo di conferenze su tematiche di interesse sociale. Al prefetto Tagliente, già Questore di Firenze e Roma, è stato chiesto di trattare il tema della sicurezza e in particolare di come tutelare le persone che nella bella Firenze ci abitano, ci lavorano, ci studiano o sono di passaggio per motivi turistici. Gli è stato chiesto di affrontare anche il tema della prevenzione dei crimini predatori consumati contro gli anziani. Alla cena con dibattito sulla sicurezza con il prefetto Tagliente, fortemente voluta da Nicola Cariglia e da Graziano Cioni della Fondazione Turati, saranno presenti anche altri operatori delle Forze e Corpi di Polizia




Roma, ospedale Fatebenefratelli all’isola Tiberina: wi-fi nel reparto di terapia intensiva neonatale. Sotto i riflettori le onde elettromagnatiche

Ieri all’ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina è stata presentata una novità, che porta con se degli enormi punti interrogativi. Attraverso il wi-fi, tablet o smartphone, i genitori hanno la possibilità di controllare, salutare, coccolare anche se solo con lo sguardo il proprio figlio ricoverato nel reparto di terapia intensiva neonatale. La novità tecnologica è nata da un accordo tra Fatebenefratelli e Philips, primo step di una partnership, nata nel 2017, che durerà altri cinque anni e che ha come obiettivo quello di rinnovare e potenziare la terapia intensiva neonatale della struttura ospedaliera, dando vita a un vero e proprio modello di Family-Centered Care (Fcc).

E ancora una volta sotto i riflettori le onde elettromagnatiche

Certamente una buona idea, anche se non vanno sottovalutati i possibili effetti sull’organismo, in questo caso dei bambini, provocati dalle frequenze della rete wi-fi. Come ha dimostrato il Professor John Goldsmith, consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Epidemiologia e Scienze della Comunicazione, l’esposizione alle radiazioni di microonde Wi-Fi è diventata ormai la prima causa di aborti spontanei: addirittura nel 47,7% dei casi di esposizione a queste radiazioni, i casi di aborto spontaneo si verificano entro la settima settimana di gravidanza. E il livello di irraggiamento incidente sulle donne in esame partiva da cinque microwatt per centimetro quadrato. Un tale livello potrebbe sembrare privo di senso per un non scienziato, ma diventa però più significativo se diciamo che è al di sotto di quello che la maggior parte delle studentesse riceve in un’aula dotata di trasmettitori Wi-Fi, a partire dall’età di circa cinque anni in su.

Il dato ancora più allarmante è che nei bambini l’assorbimento di microonde può essere dieci volte superiore rispetto agli adulti

Il tessuto celebrale e il midollo osseo di un bambino hanno proprietà di conducibilità elettrica diverse da quelle degli adulti a causa del maggiore contenuto di acqua. L’esposizione a microonde a basso livello permanente può indurre ‘stress’ cronico ossidativo e nitrosativo e quindi danneggiare i mitocondri cellulari (mitocondriopatia). Questo ‘stress’ può causare danni irreversibili al DNA mitocondriale (esso è dieci volte più sensibile allo stress ossidativo e nitrosativo del DNA nel nucleo della cellula). Il DNA mitocondriale non è riparabile a causa del suo basso contenuto di proteine istoniche, pertanto eventuali danni (genetici o altro) si possono trasmettere a tutte le generazioni successive attraverso la linea materna.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato questi rischi in un documento di 350 pagine noto come “International Symposium Research Agreement No. 05-609-04” (“Effetti biologici e danni alla salute dalle radiazioni a microonde – Effetti biologici, la salute e la mortalità in eccesso da irradiazione artificiale di microonde a radio frequenza”).

La sezione 28 tratta in modo specifico i problemi riguardanti la funzione riproduttiva. Questo documento è stato classificato ‘Top Secret’ e i suoi contenuti celati dall’OMS e dall’ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection – Commissione Internazionale per la Protezione dalla Radiazione Non-Ionizzante). Alla luce di questi dati allarmanti e delle previsioni di molti scienziati secondo i quali, se proseguirà con questo ritmo la diffusione incontrollata dei sistemi Wi-Fi, entro il 2020 il cancro e le mutazioni genetiche saranno diffusi in tutto il mondo a livello pandemico, molti paesi stanno fortunatamente correndo ai ripari, varando leggi che limitano per i bambini l’uso dei cellulari e rimuovendo dalle aule scolastiche i dispositivi wireless. Mentre da noi….

Marco Staffiero

L’approfondimento sulle onde elettromagnetiche e effetti sulla salute 




Emergenza inquinamento e malattie: l’Ontario Institute for Cancer Research lancia l’allarme mutamento del DNA

Senza ombra di dubbio gli inquinanti presenti nell’ambiente possono ‘prendere il controllo’ del Dna, accedendo in questo modo alcuni geni piuttosto che altri e aprendo la strada a malattie cardiache e respiratorie. Lo indica la prima indagine basata sull’analisi del Dna di oltre 1.000 individui. Pubblicata sulla rivista Nature Communications, la ricerca è stata condotta in Canada, dal gruppo dell’Ontario Institute for Cancer Research guidato da Philip Awadalla.

Dall’analisi del Dna raccolto da campioni di sangue, sono stati individuati gli effetti di polveri sottili, biossido di azoto e biossido di zolfo

Per il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’università di Roma Tor Vergata, “la ricerca è molto interessante perché ci dice quanto pesi il contributo dell’ambiente sul rischio di sviluppare determinate malattie”. Queste ultime ha aggiunto, “sono la conseguenza dell’interazione tra Dna, ambiente e casualità, ma non è facile determinare il peso di ognuno dei tre fattori”. Ora si può fare grazie ad studi sui grandi numeri, come quello condotto nel Quebec sul Dna di 1.007 persone che vivono a Montreal, Quebec City e la regione poco urbanizzata Saguenay-LacSaint-Jean. “L’impatto dell’ambiente sui geni – ha detto Novelli – è paragonabile a un vestito che il Dna può mettere o togliere: ma mentre il Dna è scritto a penna e non si può cambiare, il vestito è scritto a matita e si può cambiare o con farmaci, o modificando ambiente e stili di vita”. Personalmente darei più attenzione agli ambienti, cercando di cambiare i modelli di vita.

In Italia la situazione è a dir poco drammatica per quanto riguarda l’inquinamento

Nell’ultimo anno 45 aree urbane su 95 non hanno rispettato il valore limite giornaliero del PM10, con un numero totale di superamenti e valori medi annuali generalmente superiori a quelli degli ultimi anni, in controtendenza rispetto al trend di medio-lungo periodo, sostanzialmente decrescente. Del resto i dati presentati lo scorso anno dall’Agenzia europea per l’ambiente parlano da soli: si stimano quasi 470mila morti premature in 41 Paesi europei collegate all’inquinamento dell’aria nel 2013. Mentre, secondo una recente indagine del CCM VIIAS (Valutazione Integrata dell’Impatto dell’Inquinamento atmosferico sull’Ambiente e sulla Salute) finanziato dal Centro Controllo Malattie (CCM) del Ministero della Salute con la collaborazione di varie Università e centri, oltre 34.500 italiani ogni anno muoiono ‘avvelenati’ dall’inquinamento atmosferico: è come se ‘scomparisse’ improvvisamente un’intera città delle dimensioni di Aosta. ‘Veleni’ dell’aria che uccidono soprattutto al Nord, dove si registrano 22.500 decessi annuali, ma che riducono in media di 10 mesi la vita di ogni cittadino. Eppure, il solo rispetto dei limiti di legge salverebbe 11.000 vite l’anno.

Marco Staffiero




Palermo, bimbo di 14 mesi colpito da meningite fulminante muore dopo 12 ore

PALERMO – Morire a 14 mesi è una tragedia assoluta per la famiglia di Palermo colpita da questo tremendo lutto. Ieri in sole 12 ore il piccolo Robertino (nome di fantasia utilizzato a tutela della privacy del minore e della famiglia), è stato stroncato da una gravissima forma di meningite che non gli ha dato scampo e non ha avuto pietà per il piccolo che è spirato all’ospedale dei bambini Giovanni Di Crisitina.

I genitori ai primi sintomi della malattia hanno cercato disperatamente di salvarlo con un ricovero immediato ma il batterio maledetto aveva oramai intaccato tutti gli organi

Martedi sera il piccolo Robertino mostrava segni di malessere e una febbre alta palesava un cattivo presagio tanto che i genitori in poco tempo si sono resi conto che non si trattava di una classica influenza e di corsa si sono diretti all’ospedale Buccheri La Ferla per i primi soccorsi. I medici si sono resi conto immediatamente della gravità della situazione e hanno disposto urgentemente un trasferimento immediato in rianimazione pediatrica nell’ospedale Giovanni Di Cristina di Palermo predisposto per questo tipo di intervento, ma i sintomi di meningite e sepsi meningococcica non hanno impiegato molte ore per portarsi via la vita del povero piccolo.

Senza poter fare nulla i medici hanno solo potuto constatare il decesso lasciando la famiglia e i parenti sbigottiti e disperati per la tragedia del tutto inattesa

Il corpicino del piccolo Robertino dalla camera mortuaria dell’ospedale di Palermo è stato portato in casa della famiglia nel quartiere palermitano di Brancaccio dove è residente per un ultimo saluto dei parenti e amici che sono accorsi sbigottiti e addolorati. La sorellina di soli tre anni è stata ricoverata per una faringite; una semplice precauzione, a detta dei dottori, che non è direttamente connessa alla meningite del povero fratellino. Non ci dovrebbe essere nessun ulteriore pericolo ma la piccola resta comunque ricoverata per le cure e per la sua sicurezza.

A voler spiegare come avvengono questi casi cosi fatali basta comprendere che ad oggi le meningiti non sono malattie debellate e purtroppo sono tante perché gli agenti che le provocano sono diversi. In questo momento, i casi che si sono registrati sono dovuti al meningococco, una delle tante forme. Dunque non c’è una maggiore concentrazione di decessi.

La meningite è una malattia sempre presente che ogni anno fa registrare un certo numero di pazienti che la contraggono e ha un tasso di mortalità tra il 5 e il 10%

Ma un aumento, a livello nazionale, tra l’1 e il 2% non è tale da fare statistica. Il consiglio è sempre quello di vaccinare: il vaccino copre un certo numero di meningiti, non è obbligatorio, ma nella maggior parte delle regioni italiane, è gratuito e offerto soprattutto ai bambini. Ad oggi, però, nonostante la gratuità del vaccino, la copertura è molto bassa.

La responsabilità è la cattiva informazione fatta da alcuni sui vaccini e le vaccinazioni in senso più ampio e non legata solo alla meningite”

Il piccolo Robertino era stato comunque vaccinato perchè spesso raffreddato. Il virus colpisce prevalentemente la fascia d’età compresa dai 20 ai 30 circa, di meno la fascia da 0 a 29 anni e si registrano pochissimi casi di pazienti affetti con età maggiore di 40 anni. La diffusione della malattia si trasmette via aerea e i batteri più pericolosi sono il meningococco scoperto nel 1887, il pneumococco e l’emofilo. Naso e gola sono le vie respiratorie dove risiedono questi potenti e pericolosi batteri che infiammano meningi e le membrane che rivestono cervello nonchè il midollo spinale. Questi batteri però sono sensibili alle temperature basse e all’essiccamento cosi all’esterno sopravvivono pochissimo, ragione per cui il contagio è limitato da persona a persona tramite secrezione respiratoria. Vi sono anche altre forme di contagio provocate da infezioni virali derivati da infezioni virali o fungine da farmaci. Purtroppo un decorso accellerato può portare al decesso anche in poche ore ma per fortuna nella maggior parte dei casi si riesce a debellare anche in 10 giorni circa.

Conviene sempre e comunque ricorrere ai vaccini presso le strutture ASL distribuite nel territorio che al momento stanno registrano un “boom” di richieste di vaccinazioni da parte di coloro che hanno assunto una posizione scettica sull’importanza, specie per i più piccoli, dell’uso del vaccino come prevenzioni di prassi. Occorre comunque fare attenzione ai sintomi che vanno dalla febbre molto alta, rigidità nucale, convulsioni, stati mentali confusionali e forte mal di testa.
Paolino Canzoneri




Viterbo, acqua per uso umano: in provincia torna lo spettro dell’arsenico

VITERBO – E’ di questi giorni la notizia che in diversi comuni viterbesi è stata rilevata ancora la presenza di Arsenico, oltre i limiti di 10 microgrammi/litro e di Fluoro, oltre 1.5 milligrammi per litro, previsti dalla legge a tutela della salute pubblica nelle acque ad uso umano, evidenziando così una inadeguata capacità di dearsenificazione e potabilizzazione degli impianti preposti all’erogazione di acque potabili.

L’Associazione medici per l’ambiente-Isde (International Society of doctors for the environment) di Viterbo esprime nuovamente grande preoccupazione per i rischi sanitari già ben documentati per le popolazioni dell’Alto Lazio, sottoposte cronicamente e da decenni all’esposizione all’Arsenico, sostanza tossica e cancerogena e al Fluoro, elemento con effetti tossici a livello sia neurologico che del sistema osseo. Le problematiche sanitarie e ambientali determinate dall’Arsenico sono infatti ben conosciute e sono costante oggetto di studi e ricerche; sul sito on-line di una delle più importanti biblioteche mediche internazionali “PubMed” (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/ ), digitando “arsenic drinking water” sono presenti, al febbraio 2018, ben 3123 pubblicazioni scientifiche a questo riguardo.

L’Organizzazione mondiale della sanità ricorda ed auspica come obiettivo di qualità un contenuto di arsenico pari a zero (o al più e in via transitoria di 5 microgrammi/litro) nelle acque destinate a consumo umano come vera e sicura tutela della salute pubblica

L’Arsenico infatti è stato classificato dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc) come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con molte patologie oncologiche, e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute. Sempre più segnalazioni inoltre lo correlano anche ai tumori del fegato e del colon.
L’assunzione cronica di arsenico, soprattutto attraverso acqua contaminata, e’ indicata inoltre da una cospicua e rilevante documentazione scientifica anche quale responsabile di patologie cardiovascolari, neurologiche, diabete di tipo 2, lesioni cutanee, disturbi respiratori, disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.

L’Arsenico, come molte altre sostanze tossiche, il Fluoro ad esempio, e cancerogene come vari metalli pesanti e pesticidi, possono, attraverso l’esposizione materna ad alimenti, aria e bevande contaminati, superare la barriera placentare e quella emato-encefalica e interferire in modo negativo con lo sviluppo del feto, soprattutto delle sue strutture neurocerebrali.

Diversi studi condotti anche nell’Alto Lazio (riportati di seguito a questo comunicato), l’ultimo in ordinetempo“Urinary Arsenic in Human Samples from Areas Characterized by Natural or Anthropogenic Pollution in Italy ( https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29425136), pubblicato proprio in questo mese sulla prestigiosa rivista International journal of environmental research and public health, richiamano ad una costante attenzione per il rischio sanitario connesso all’esposizioni croniche anche a dosi medio- basse di Arsenico e auspicano interventi definitivi per la soluzione del problema, quelli che a quanto sembrerebbe non sono stati adottati ed urgono in vari comuni del territorio viterbese.




Frascati: alla sala degli Specchi si parla di medicina tradizionale cinese

FRASCATI (RM) – Medicina Tradizionale Cinese: attualità e prospettive. È questo il titolo dell’incontro previsto per venerdì 16 febbraio 2018 alle ore 17 nella Sala degli Specchi del Comune di Frascati. Il Sindaco di Frascati Roberto Mastrosanti aprirà l’incontro con i saluti istituzionali. Introduce la conferenza la dott.ssa Ada Pambianco, delegata del Comune di Frascati in Analisi e studio dei bisogni socio sanitari e specialista in igiene e medicina preventiva.
La conferenza sarà condotta dal Prof. Aldo Liguori, medico, agopuntore e omeopata. È docente del Master di Agopuntura della World Federation in Acupuncture; membro fondatore dell’Istituto Paracelso di Roma (Ente Morale del Ministero della Salute), istituto che opera nel campo delle tematiche della Salute e delle Medicine non convenzionali. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche indicizzate sulla Me dicina Tradizionale Cinese e di oltre 200 lavori scientifici presentati nei congressi di settore in tutto il mondo.




Parco regionale dei Castelli Romani, superata emergenza antrace: dettate linee guida

Ai Castelli Romani si può dire ormai superata l’emergenza antrace ma le precauzioni non bastano mai tant’è che il Parco ha inviato ai Comuni una informativa fondamentale per regolare il pascolo degli animali: interessati sono i Comuni di Grottaferrata, Montecompatri, Monte Porzio Catone, Rocca di Papa, Rocca Priora e Velletri. In una nota pubblicata dall’Ente Parco si legge che le linee guida rappresentano un ulteriore strumento a disposizione dei Comuni per evitare situazioni che possano danneggiare specie faunistiche e floristiche protette, avviando una gestione pianificata che apporti effetti benefici sul territorio, sia sul piano economico che ambientale.

L’allevamento è un’attività che può determinare maggiori interferenze, se non regolamentato, con la tutela della fauna selvatica e degli habitat nel territorio di un’area naturale protetta, in particolare per quanto riguarda i siti della “Rete Natura 2000”.

Le linee guida come già avvenuto lo scorso anno (delibera n. 1 del 5 gennaio 2017), con riferimento al SIC IT6030018 “Cerquone-Doganella” nel Comune di Rocca Priora, hanno l’obiettivo di fornire alle Amministrazioni locali un percorso utile alla regolamentazione delle attività legate alla pastorizia, nel rispetto delle autonomie e della normativa vigente, per favorire la tutela della biodiversità nelle zone interessate dal pascolo, migliorando le condizioni di lavoro degli allevatori, l’economia degli allevamenti e la zootecnia locale.

L’intento è quello di realizzare una proficua rete di collaborazione tra Comuni, allevatori ed Ente Parco per incentivare attività di pascolo eseguite correttamente e sostenibili, attraverso strumenti di gestione cooperativa tesi a migliorare nel tempo la conservazione e la tutela delle praterie.

Il Parco dei Castelli Romani, con la redazione di questo documento, vuole fornire un supporto utile a tutti gli allevatori per indirizzare la loro attività, a stretto contatto con le risorse naturali, verso scelte consapevoli e vantaggiose, che tengano conto del benessere dei capi di bestiame, evitando situazioni di sovrapascolo o stazionamento improprio. Fattori questi ultimi che soprattutto in aree caratterizzate dalla presenza di specie di interesse comunitario, devono essere tenuti sotto controllo per mantenere inalterato l’equilibrio dell’ecosistema e assicurare quei requisiti di sostenibilità ambientale, che garantiscano la qualità dei prodotti forniti sul mercato.




Biotestamento: malata di Sla decide di staccare la spina. Primo caso in Italia

NUORO – Ha combattuto per cinque anni la sua battaglia contro la Sla, poi ha scelto di dire basta e di staccare la spina. Patrizia Cocco, nuorese di 49 anni, se ne è andata con il sorriso, sabato scorso, stringendo la mano della madre e dei suoi cari, come riporta il quotidiano L’Unione Sarda.

E’ stata la prima in Italia dopo l’entrata in vigore della legge sul biotestamento, dopo aver dato il suo assenso ai medici per la rinuncia alla ventilazione meccanica e per l’inizio della sedazione palliativa profonda




Tricotillomania: perché mi strappo i capelli? Risponde il Centro Psicologia Castelli Romani

La tricotillomania è un disturbo psicologico che comporta il bisogno compulsivo di strapparsi i capelli fino a crearsi delle vere e proprie aree di calvizie, delle dermatiti o delle alopecie determinando anche un forte stato di stress correlato.
Questo disturbo rientra nell’area dei disturbi del controllo degli impulsi, è una situazione patologica che tende a cronicizzarsi nel tempo e, in alcuni casi più gravi, può comportare una compromissione dei rapporti e delle relazioni sociali.
È possibile il trattamento ma l’impegno richiesto è alto e a lungo termine.
L’età di insorgenza è tra i 9 e i 13 anni, con una incidenza maggiore nelle femmine rispetto ai maschi, tra le cause possibili possono essere individuate diverse situazioni tra le quali uno stato
depressivo sottostante, situazioni di stress o di tensione.
Nei casi più gravi dopo lo strappo il capello o il pelo può essere addirittura ingerito – tricofagia -. Le persone che soffrono di questo disturbo avvertono il bisogno ricorrente di strapparsi peli o
capelli perché questo gesto procura uno stato di sollievo e di piacere immediati, una gratificazione o comunque un abbassamento dei livelli di tensione interni precedenti allo strappo.
Il DSM IV definisce la tricotillomania come uno risposta ad uno stato di tensione emotiva che non trova sfogo in nessun altro modo.
Le caratteristiche del disturbo possono modificarsi nel tempo: dallo strapparsi i capelli si può passare allo strapparsi le sopracciglia o i peli di altre parti del corpo, può avere delle fasi più
severe in cui il sintomo è più marcato ad altre invece in cui i sintomi si attenuano quasi fino a scomparire.
La persona che soffre di tricotillomania spesso vive a livello emozionale un forte disagio e un senso di vergogna profondo legato agli effetti dei sintomi e può arrivare ad indossare cappelli o
parrucche per coprire le aree del cuoi capelluto compromesse ma anche a limitare le proprie attività sociali e ludiche per evitare di scoprirsi: smette di andare al mare o di stare all’area aperta
se non può indossare dei copricapi.
La difficoltà nel trattamento della tricotillomania è legata non solo al carattere cronico recidivante che il disturbo assume ma anche al fatto che la persona tende a minimizzare il problema fino a
quando questo non raggiunge uno stato avanzato di compromissione ad esempio del cuoio capelluto.
Toccarsi i capelli, giocare con loro, attorcigliarseli tra le dita è un’attività che molti di noi fanno in modo spontaneo e quasi inconsapevole quando siamo al telefono, quando leggiamo, quando
vediamo un film, dal gioco si può passare con facilità allo strappo senza quasi rendersene conto.
Il trattamento per il disturbo psicologico della tricotillomania è sostanzialmente la psicoterapia che aiuta la persona a dare senso e significato allo stato emotivo sottostante che non elaborato, non
riconosciuto e non compresso può determinare lo stato di tensione e disagio diffuso che trova una soluzione di compromesso – inefficace – nello strapparsi i capelli; lavorare in psicoterapia per dare senso e contenimento a queste emozioni può aiutare il paziente ad abbandonare il sintomo alla ricerca di una forma più funzionale di adattamento.
A livello farmacologico non esistono farmaci specifici per questo disturbo, altri farmaci che possono essere usati per la riduzione del sintomo si rivelano comunque inefficaci e non sufficienti per il
trattamento del del disturbo.

Catia Annarilli

 

CPCR
www.centropsicologiacastelliromani.it
Dott.ssa Catia Annarilli
Psicoterapeuta
catia.annarilli@gmail.com
cell. 3471302714




Grande abbuffata: dieta subito per perdere i chili di troppo? Ecco i consigli degli esperti

Con l’anno nuovo ci proponiamo tutti dei buoni propositi e tra questi anche di togliere i chili di troppo presi durante i quindici giorni natalizi, ma non sappiamo per la maggior parte delle persone come ritornare ad una discreta forma fisica in tempi più o meno celeri restando in salute e mantenendo un aspetto salutare.

Durante le feste ci siamo lasciati andare un po’ tutti a “piccoli peccati di gola” con dolciumi, panettoni di vario genere o a i primi piatti tipici natalizi tradizionali che caratterizzano ogni regione d’Italia e così inevitabilmente ci siamo ritrovati in questi giorni qualche fastidioso chiletto che ci provoca disagio con la sensazione di gonfiore e ci fa rinunciare al tanto amato jeans stretto o al tubino che teniamo ben custodito nel guardaroba. Ma come possiamo perdere i chili di troppo presi durante le feste natalizie e ritornare ad una discreta forma fisica?

Che tipo di alimentazione dobbiamo adottare e che tipo di attività fisica dobbiamo svolgere dopo il periodo post-natalizio?

L’Osservatore D’Italia ha voluto porre queste domande su come togliere i chili di troppo dopo la grande abbuffata natalizia a due professionisti del settore, il Dott. Biologo Nutrizionista Stefano Scafuri, laurea conseguita presso l’Università Federico II di Napoli, attualmente collabora con vari studi in tutta la Campania tra cui a Monte di Procida al “Centro Diagnostica Medica”, ed il Dott. Andrea Miele diplomato in Osteopatia, Laurea in Scienze motorie e proprietario del Club Miele Associazione sportiva, insegnante e partecipazione a vari corsi.

Dott. Stefano Scafuri come possiamo togliere i chili presi durante il periodo natalizio?

Con l’Epifania che tutte le feste porta via arriva il momento di fare un bilancio di queste feste natalizie. Come ogni anno, nonostante i buoni propositi, ci si ritrova con qualche chilo di troppo, con la sensazione di pesantezza e gonfiore addominale. Le prime regole per affrontare un felice ritorno alla normalità sono di evitare di salire sulla bilancia e di disfarsi delle montagne di dolcetti e cioccolatini che fanno bella mostra di sé all’ingresso o sul tavolo della sala da pranzo. Sono giorni infatti quelli passati che si sa, caratterizzati da prelibatezze in ogni pasto e nonostante abbiamo cercato di desistere dal consumarle c’è poco da fare: in un momento o in un altro abbiamo ceduto alla tentazione di succulenti piatti o golosissimi dolci. Sebbene abbiamo strutturato un programma integrato di alimentazione ed esercizio fisico nelle settimane precedenti le feste, il peso accumulato durante le feste natalizie può, se non si riprende immediatamente la retta via, determinare un incremento generale che contribuisce al sovrappeso e/o obesità in futuro.

Come comportarci quindi?

Il mio consiglio è di abbandonare il luogo comune di fare tutto “LENTO E GRADUALE” perché non serve a nulla, anzi, vi rema contro!

Esiste il concetto definito set-point ossia un complesso meccanismo all’interno dell’organismo umano che cerca di mantenere il livello di grasso corporeo in un intervallo più o meno stabile. Questo livello di grasso corporeo pre-determinato è dipendente da un ormone prodotto dal grasso corporeo stesso, la leptina. Per far sì che tale intervallo non si stabilizzi a nostro sfavore sono fondamentali i primi giorni post-feste per recuperare ed in particolare è vantaggioso privilegiare nel primo dei pasti con buone quantità di frutta (centrifuga di kiwi e ananas) e verdura (carota, sedano, cipolla, bietola, spinaci, radicchio sono deliziosi anche sbollentati, conditi con un filo d’olio e una spolverata di spezie) per depurarsi dalle tossine in eccesso, liberare l’intestino dalle scorie e contemporaneamente reidratare il corpo. In tal senso anche le tisane possono essere molto utili e in particolare il the verde o un infuso a base di menta, finocchio, liquirizia o cardo mariano. Il nostro organismo si svuota dall’eccesso di carboidrati sotto-forma di glicogeno ( il motivo per cui ci sentiamo gonfi) iniziando ad attingere energia dalle riserve di grasso.

Il secondo giorno post-feste può essere caratterizzato invece dall’introduzione di una minima concentrazione di carboidrati sotto forma di cereali e da pasti tendenzialmente proteici (carni bianche o pesce) accompagnati da tanta acqua e da una buona dose di verdura fresca; i CHO permettono di sostenere l’attività del fegato mentre le proteine sono fondamentali per mantenere attivo il tessuto muscolare pur permettendo all’organismo di attingere alle sue scorte adipose.

Dott. Andrea Miele che tipo di attività fisica ci consiglia dopo le feste?

Rifacendomi al discorso preciso e competente del Dott. Stefano Scafuri ritengo funzionale integrare il movimento fisico come strategia per accelerare il metabolismo e quindi il processo definitivo di dimagrimento in questo caso post festività natalizie. Dopo questi quindici giorni di festività è una buona prassi preparare la mente e il corpo ad un Gennaio all’insegna di una buona educazione alimentare e motoria.

Le domande che tutti si pongono: attività aerobica o anaerobica per perdere chili?

La risposta è tutte e due, ma dipende dall’obiettivo se è a breve, medio o lungo termine. Se l’obiettivo è rimettersi subito in forma, meglio dare subito una svolta dinamica alla giornata e preferire le attività aerobiche a quelle anaerobiche e quindi concentrarsi più sulle calorie che sui grassi. A mio avviso sarebbe opportuno scegliere un esercizio fisico basato sulla durata, sulla resistenza, in questo modo si utilizzeranno grandi quantità di ossigeno che aiuteranno i muscoli a lavorare bene e l’organismo a bruciare più calorie. Il mio consiglio è quello di praticare attività all’aperto come camminata, la corsa, il ciclismo, ma anche lo sci di fondo o il nuoto, questo perché permette di prendere una bella boccata di ossigeno soprattutto dopo le ore passate a tavola. Bisogna in questo momento puntare più sulla durata a bassa intensità, non sulla forza e la potenza, quindi camminare e pedalare sono due semplici attività che migliorano la funzionalità cardio circolatoria, l’attività respiratoria e metabolica attivando le nostre energie primordiali utilizzando i nostri schemi motori di base. Il mio consiglio è iniziare mettendoci volontà, impegno e costanza, dedicando tre-quattro volte a settimana all’esercizio fisico. Un’altra buona pratica è quella di iniziare il nuovo anno scrivendosi in palestra, prediligendo le attività aerobiche per iniziare a smaltire i chili di troppo.

Concludendo: utilizzare i nostri schemi motori di base, le nostre capacità motorie e condizionali stimoleremo il nostro sistema muscolo scheletrico attraverso l’allenamento a bruciare inizialmente le calorie e man mano i grassi

Giuseppina Ercole