Atrofia muscolare spinale, la Sicilia volano di sperimentazione per combattere la malattia genetica rara che colpisce soprattutto i bambini

A Catania il convegno regionale prosegue anche nella giornata di sabato 2 giugno 2018 – nuovi trial e terapie non invasive: le ultime frontiere della cura in corso studi su innovazioni terapeutiche con il coordinamento del Centro NeMO Sud di Messina

CATANIA – Dalla somministrazione del farmaco ai pazienti operati di scoliosi, all’idroterapia che sfrutta l’ambiente favorevole dell’acqua per il recupero neuromotorio; dal coordinamento interregionale per la presa in carico dei bambini che effettuano il trattamento con il farmaco Spinraza (recentemente approvato da Aifa), ai nuovi trial clinici che consentiranno somministrazioni meno invasive. Si è aperto così oggi (venerdì 1 giugno) al FourSpa di Catania il convegno di Famiglie Sma “Farmaco, fisio e idroterapia: l’innovazione e la vita quotidiana”, che proseguirà fino a domani.

In Italia sono 1.000 i pazienti stimati affetti da questa patologia genetica rara

16 i centri ospedalieri che ad oggi somministrano la terapia Nusinersen, capace di arrestare il processo degenerativo della malattia, 8 le regioni con almeno un centro attivo e 260 i pazienti in trattamento: questo lo scenario dell’atrofia muscolare spinale (Sma, dall’acronimo Spinal Muscolar Atrophy), a cui oggi si è cercato di dare risposte concrete grazie all’incontro di medici, operatori, famiglie e piccoli pazienti. Sono state presentate le nuove sperimentazioni in corso: basti pensare al programma AveXis, vera e propria terapia genica che ha bisogno di un’unica somministrazione endovena, che ha preso avvio grazie agli studi dei Centri NeMO (NeuroMuscular Omnicentre), coordinati dal professor Giuseppe Vita del Centro Clinico NeMO Sud di Messina. “Gli importanti risultati ottenuti dalla somministrazione di Spinraza, farmaco approvato a settembre 2017 dopo il programma di uso compassionevole – spiega il prof. Vita – ci spingono a continuare e perseverare per avviare nuovi studi e sperimentazioni: i bimbi camminano, stanno in piedi e questo è solo l’inizio, perché sta davvero cambiando la storia naturale della malattia”. Fra pochi mesi infatti, annuncia Vita, lo scenario migliorerà notevolmente grazie all’introduzione di nuovi farmaci che prevedono anche la somministrazione orale, invece dell’iniezione lombare attualmente praticata.

Puntare non soltanto sull’aspetto medicale della cura

ma anche sulla persona nella sua globalità, fisica, mentale, affettiva, comunicativa e relazionale grazie a un team multidisciplinare, è il focus del convegno che ha posto l’accento sull’importanza di un approccio olistico/sistemico alla riabilitazione, che metta al centro sia il farmaco che la presa in carico: “Si tratta di una terapia a cui ogni paziente dovrebbe avere accesso – sottolinea la presidente di Famiglie Sma Daniela Lauro – per questo tutti i centri dislocati sul territorio nazionale devono attivarsi per garantirla e per offrire continuità territoriale”.

Durante il convegno, che proseguirà anche domani 2 giugno,

è stato dato ampio spazio al potere riabilitativo dell’acqua, grazie al progetto SMAH20, illustrato dal dott. Luca Labianca dell’ospedale S. Andrea di Roma, a capo del comitato scientifico dell’Associazione nazionale Idroterapisti ed Educatori Neonatali (Aiien), ente di ricerca che opera in ambito di rieducazione psicomotoria di bambini con patologie neurologiche e neuromuscolari: “La riabilitazione avviene attraverso momenti di gioco e relazione in acqua con altri bambini, con attività motoria attiva e passiva, e grazie all’interazione con alcuni strumenti per arrivare gradualmente a ottenere una maggiore mobilità – spiega Labianca – nato da puro spirito di volontariato, il progetto in cui Famiglie Sma ha creduto sin da subito, investendo risorse ed energie, è oggi un vero e proprio protocollo standardizzato e definito, in costante miglioramento. Si tratta di una idroterapia che focalizza l’attenzione non solo sull’aspetto kinesiologico tradizionale, limitativo quando si parla di Sma, ma su diversi ambiti: respiratorio, visivo, ludico, di interazione sociale, motorio e di self confidence”.




Albano Laziale, Centro Psicologia Castelli Romani: che cos’è la dislessia

Per Dislessia evolutiva ci si riferisce ad una difficoltà specifica nella lettura, tale difficoltà può manifestarsi rispetto al parametro della velocità ovvero una lettura stentata e lenta, oppure per correttezza, quindi il bambino leggendo compie numerosi errori che possono essere di varia natura e precocemente identificabili: scambio di lettere (d/b, p/q, v/f etc), salto della parola, della riga, inversioni di lettere, autocorrezioni frequenti, lettura corretta della prima parte di parola per poi però dirne una simile ma con parte finale differente; questi sono solo alcuni esempi degli errori
più comuni. Le difficoltà di velocità e correttezza si possono presentare contemporaneamente. Inoltre, in molti casi la dislessia non si manifesta isolatamente bensì associata ad ulteriori difficoltà di comprensione del testo scritto, di scrittura (disortografia e disgrafia), nell’ambito logico matematico (discalculia) ed altri.
Questo disturbo specifico dell’apprendimento si manifesta in assenza di deprivazioni ambientali, difficoltà cognitive, sensoriali (ad esempio della vista) o patologie specifiche che possano giustificarne la causa. Degli indici da non sottovalutare sono: l’eventuale familiarità, quindi se vi sono altri casi in famiglia l’indice di rischio può essere maggiore, stesso discorso vale se il bambino ha manifestato un disturbo di linguaggio in precedenza, avrà maggiore probabilità di sviluppare un DSA.
La diagnosi viene fatta a metà/fine seconda elementare, anche se importanti indici predittivi e di rischio possono essere più precocemente individuati. E’ indispensabile somministrare test standardizzati cognitivi, degli apprendimenti, delle funzioni esecutive. Per la diagnosi e per il trattamento è necessario un intervento in equipe: neuropsichiatra/ psicologo, logopedista, ortottista/optometrista, tutor specializzato ed altri.
La diagnosi deve essere certificata presso la propria ASL per attivare misure compensative e dispensative nel contesto scolastico previste dalla Legge 170/2010 e che verranno concordate e scritte dal corpo docente all’interno di un PDP (piano didattico personalizzato) e condiviso con genitori e specialisti.

Logopedista Chiara Marianecci
chiara.marianecci@hotmail.it
3497296063




Marsala, due bimbi affetti da favismo: il sindaco interviene con un’ordinanza

MARSALA – Un caso di favismo, a Marsala, è stato portato all’attenzione dell’Amministrazione comunale, con conseguente emanazione di un provvedimento del sindaco Alberto Di Girolamo a tutela degli interessati (due bambini), ma anche di quanti possano essere eventualmente affetti da questa patologia.

Nel caso specifico, l’ordinanza emanata dal sindaco nella qualità di Autorità sanitaria locale vieta la coltivazione di fave, piselli e fagioli nel raggio di 300 metri sia dall’abitazione dove risiedono i due piccoli marsalesi (vicolo Paestum), che dalla scuola materna di contrada Casabianca frequentata da uno dei bambini. Inoltre, il provvedimento sindacale, a tutela della salute pubblica dell’intera cittadinanza, ha opportunamente imposto ai titolari di attività commerciali espletate nel territorio comunale – sia in sede fissa che su aree pubbliche – di esporre, nel caso di effettiva vendita, apposito cartello con la dicitura “in questo esercizio commerciale sono esposte e/o poste in vendita fave fresche in forma sfusa”. L’ordinanza sindacale, predisposta dal settore Attività produttive diretto da Giuseppe Fazio, si è avvalso del parere del dirigente dell’Ufficio Igiene Pubblica che – nel confermare la gravità della patologia legata al favismo, con conseguenze anche letali per i soggetti che ne sono affetti – aveva altresì proposto l’adozione del provvedimento sindacale.




Napoli, sanità e sicurezza: un tavolo per superare le criticità del Cardarelli

NAPOLI – Una zona cruciale per l’intera città, ha detto Simeone nell’introduzione, per la presenza degli ospedali, e di due presìdi di pronto soccorso (Cardarelli e CTO), che necessita di particolare attenzione e di proposte che possano, già nell’immediato, contribuire a risolvere alcune delle criticità, tra queste, ad esempio, il prolungamento del cordolo che impedisca l’inversione di marcia alle auto provenienti dai Colli Aminei alla rotonda del Cardarelli, oppure la proposta di una unità operativa della Polizia Locale specificamente dedicata a presidiare la zona che, comunque, è tra quelle alle quali la Polizia Locale dedica costante attenzione, come precisato dal comandante Esposito.

E’ un servizio irrinunciabile per la Polizia Locale, ha detto il comandante Esposito: in alcuni giorni, in particolare quelli nei quali sono aperti gli ambulatori ospedalieri (martedì e giovedì) la PL rafforza la propria presenza con i motociclisti dell’unità Vomero e, in casi eccezionali, come avvenuto la scorsa settimana con la chiusura improvvisa dello svincolo Soccavo Pigna della tangenziale, ha fatto convogliare da tutta la città le proprie forze per il maxi-ingorgo che ne è stato generato.

Una situazione di emergenza, per l’assessore Calabrese, che non può giustificare speculazioni, al limite del reato penale di “procurato allarme”, come è avvenuto proprio la scorsa settimana quando sono stati evocati inesistenti “pericoli di morte”.

L’assessore ha invitato a tenere in considerazione i dati di miglioramento sull’afflusso di veicoli e sul traffico legati all’apertura della uscita metro di Cardarelli e ai lavori completati in largo Cappella Cangiani. Per alcuni aspetti strutturali, e per l’impegno economico di risorse che questi richiedono, occorre anche continuare l’interlocuzione con Tangenziale: è per domani previsto un tavolo tecnico per definire l’apporto di Tangenziale e Anas ad interventi sugli assi viari utilizzando le rimesse del pedaggio della stessa tangenziale.

I consiglieri comunali che sono intervenuti hanno sottolineato: nella zona, che ha una particolare difficile struttura urbanistica, ma che può anche contare su due grandi infrastrutture, come metropolitana e tangenziale, il problema è costituito soprattutto dal fatto che le strade non riescono a contenere l’ingente flusso di veicoli dovuto non solo agli utenti degli ospedali ma anche ai dipendenti degli stessi, per cui è urgente ripristinare il tavolo di concertazione tra Comune e le direzioni dei presidi ospedalieri e i loro mobility manager per progettare diverse misure per gli spostamenti casa-lavoro e il coordinamento degli orari degli ambulatori; sul piano infrastrutturale, occorre riprendere i progetti per un nuovo accesso alla tangenziale che alleggerisca il traffico intorno al Cardarelli (Mario Coppeto di Sinistra Napoli in Comune a sinistra); occorre riconoscere la professionalità e lo spirito di sacrificio della Polizia Locale, che ha oltre 32 compiti oltre quello della direzione del traffico; ad essa vanno forniti gli strumenti giusti per combattere fenomeni quali l’abusivismo della sosta (Carmine Sgambati di Agorà); accanto alla concertazione con le aziende ospedaliere, occorre riprendere la progettazione di una nuova entrata per la tangenziale e, sul piano della viabilità, intervenire su alcuni punti critici, come via Mariano Semmola, valutando anche la possibilità che l’Istituto Pascale utilizzi prevalentemente il suo secondo ingresso (Ciro Langella di Agorà); proprio per decongestionale Rione Alto occorrerebbe riprendere il tracciato ormai in disuso dello svincolo della tangenziale a ridosso del Cardarelli, chiuso dal 1992, come proposto in un ordine del giorno approvato recentemente dal Consiglio (Alessia Quaglietta del PD); occorre riprendere alcuni dei progetti che all’inizio degli anni Novanta erano finalizzati a realizzare un nuovo svincolo della tangenziale, unica strada urbana a pedaggio, e operare perché questa utilizzi gli incassi investendo sulla viabilità in città; va inoltre ripristinato il percorso originario della navetta tra MN Colli Aminei e via Nicolardi senza costringerla ad un giro che rallenta le frequenze (Buono di Verdi Sfasteriati); mancando uomini e mezzi, come da tempo denunciato, non si può chiedere alla Polizia Locale di istituire un nuovo drappello dedicato, mentre va sollecitato uno studio approfondito, con gli uffici tecnici e le direzioni degli ospedali, per apportare quei cambiamenti necessari a garantire la viabilità (Aniello Esposito di PD).

Il presidente della 3a Municipalità, Ivo Poggiani, ha sottolineato che la particolare conformazione della zona comporta riflessi enormi sul traffico anche per occasioni minime, per cui ha sollecitato un tavolo tecnico che consenta la progettazione di interventi che possano nell’immediato risolvere alcune questioni, ad esempio l’istituzione del senso unico in via Saverio Gatto, il ripristino delle scale che agevolerebbero gli abitanti dei Colli Aminei che usano la metro, il ripristino delle strade che il cantiere del filobus ai Colli Aminei ha disastrato, mentre, in prospettiva, va assolutamente preso atto del fatto che i flussi turistici in aumento dovunque stanno indirizzando un numero sempre maggiore di persone verso Capodimonte: il sabato e la domenica, già oggi l’afflusso sale da 28mila a 40mila persone.

Per il presidente della commissione Mobilità dell’8a Municipalità, Gennaro Sepe, accanto ad interventi a costo zero sulla viabilità, occorre prendere in considerazione il completamento della strada tra Pianura Soccavo e l’area Nord che, con una galleria che passa sotto il Cardarelli, potrebbe offrire la soluzione al problema dell’accesso alla tangenziale, problema che, come ha sottolineato il consigliere Passaro della stessa Municipalità, non viene mai preso in considerazione così come non vengono adeguatamente valutati i danni economici ed i pericoli per la salute pubblica determinati dagli ingorghi nella zona ospedaliera. Per Enrico Von Arx, presidente della commissione Mobilità della 5a Municipalità, il recupero della “incompiuta” via di collegamento tra la zona occidentale e l’area Nord costituirebbe una importante soluzione alla mancanza di accesso alla tangenziale dall’area del Cardarelli, problema sul quale è intervenuto anche un rappresentante del comitato civico “Medaglie d’Oro” che ha promosso sul tema una campagna di sensibilizzazione; nell’immediato, occorrerebbe che il cambio turno della Polizia Locale presso il piazzale Cardarelli avvenisse in loco per evitare vuoti in ore cruciali; opportuno, infine, il confronto con i mobility manager dei presidi ospedalieri per migliorare la situazione del traffico nell’intera zona.




Tumori al cervello raddoppiati: cellulari e smartphone nel mirino

Sono anni che diverse associazioni composte da medici, scienziati e ricercatori, sottolineano il pericolo dei telefonini come strumenti dannosi per salute dell’uomo. Ma, come spesso capita per interessi economici e qualche volta per una eccessiva superficialità delle persone viene sottovalutato questo enorme pericolo.

Un’altra ricerca lancia l’allarme a difesa della salute, che non lascia ombra di dubbio

L’incidenza dei tumori cerebrali maligni e aggressivi in Inghilterra è più che raddoppiata negli ultimi 10 anni: il tasso di casi di glioblastoma è salito da 2,4 a 5 ogni 100.000 persone tra il 1995 e il 2015, secondo uno studio pubblicato sul ‘Journal of Environmental and Public Health’. E se i dati analizzati nella ricerca riflettono solo le statistiche e non fanno luce sul perché queste tendenze potrebbero essersi verificate, i ricercatori indicano alcuni possibili fattori che potrebbero aver avuto un ruolo: fra questi, l’uso del telefono cellulare.

Ma anche l’ingestione o l’inalazione di sostanze radioattive e l’inquinamento atmosferico dovuto al traffico

L’indagine segnala i dati provenienti dall’Ufficio delle statistiche nazionali del Regno Unito: ci sono stati 81.135 casi diagnosticati di glioblastoma nel periodo considerato. Confrontando i casi registrati nel 2015 con quelli del 1995, i ricercatori hanno scoperto che ci sono stati in media 1.548 tumori aggressivi in più ogni anno. Qualche mese fa anche una ricerca italiana aveva puntato il dito sull’aumento di tumori dovuto all’esposizione alle radiazioni a radiofrequenza, emesse da ripetitori della telefonia mobile e a quelle, più dirette sull’organismo, emesse dai cellulari.

Anche la ricerca di qualche settimana fa dell’Istituto Ramazzini di Bologna, attraverso il Centro di ricerca sul cancro ‘Cesare Maltoni’ , parla chiaro:

l’aumento delle patologie oncologiche è di circa l’1,4%, sia per i ripetitori che per i cellulari. Una crescita contenuta, ma se si pensa al numero di persone esposte, il numero di individui che rischiano di ammalarsi è elevato. Da qui gli appelli dei ricercatori. Da una parte all’industria “perché, per quanto riguarda i telefonini, investa non solo nel miglioramento della tecnologia, ma anche in strumenti di salvaguardia. Per esempio: gli auricolari, riconosciuti come strumento per ridurre l’impatto delle emissioni sull’organismo dell’utilizzatore, potrebbero essere migliorati. Oggi li ritroviamo con i fili ingarbugliati nella borse e nelle tasche, inutilizzabili. Renderli di più facile uso sarebbe un passo avanti”.

Marco Staffiero




Centro Psicologia Castelli Romani: il neonato a rischio neuroevolutivo

A cura della Dottoressa Francesca Bertucci

ALBANO LAZIALE (RM) – Il neonato a rischio neuroevolutivo è un bambino che durante la vita intrauterina, o alla nascita, o nei primi giorni di vita ha subito un evento traumatico di vario genere (nascita pretermine, ipossia cerebrale, emorragia cerebrale, malformazioni, patologia gravidica della madre, ecc.) che potrà produrre un rallentamento e/o un’alterazione del percorso evolutivo evidenziabile in anomalie neuropsichiatriche più o meno gravi, transitorie o persistenti (Valente, 2012).
A causa del trauma questi bambini presenteranno dei segni clinici alla nascita (sindrome neuro comportamentale), indicatori di anomalie neuromotorie o comportamentali, che possono evolvere in disturbi cerebrali maggiori, minori o in “turbe transitorie dello sviluppo” (che tenderanno alla normalizzazione entro i primi anni di vita).
Per i disturbi di maggior gravità la diagnosi viene tendenzialmente fatta entro il primo anno di vita; per i  disturbi minori, anche se i primi segni di difficoltà nello sviluppo delle diverse aree (emotiva, cognitiva e relazionale) si possono riscontrare nel primo anno di vita, si giunge a una diagnosi certa in età prescolare e scolare.
Le sequele del danno cerebrale subito dal bambino possono essere riscontrabili nelle immagini ecografiche, nelle neuro immagini e nella risonanza magnetica.
Oggi grazie alla Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) volumetrica tridimensionale è possibile rilevare una modificazione strutturale dello sviluppo cerebrale anche nelle sequele minori.
Questo oggi ha portato a una più accurata distinzione tra le sequele dei vari disturbi che vengono classificati in:
– Disturbi cerebrali maggiori: paralisi cerebrali infantili, ritardo mentale, epilessia, patologie uditive o visive;
– Disturbi cerebrali minori: disturbo di coordinazione motoria, goffaggine, deficit attentivi, di linguaggio o relazionali;
– Turbe transitorie: ipereccitabilità, asimmetria posturale, tono muscolare scarsamente regolato.

Fattori di rischio del neonato a rischio neuroevolutivo
L’asfissia perinatale, la prematurità, le emorragie cerebrali, la presenza di malformazioni, l’azione di farmaci materni e le infezioni possono interferire con i normali processi di adattamento alla nascita e causare l’insorgenza di patologie che possono compromettere il normale processo evolutivo del bambino.
Dal 5% al 10% dei nati a termine e l’80% dei nati pretermine possono avere bisogno di cure supplementari oltre la normale routine assistenziale e hanno maggiori probabilità di incorrere in patologie che possono compromettere lo sviluppo armonioso del bambino (Castello,2008).
I primi fattori che predispongo il neonato a un rischio neuroevolutivo sono i traumi di natura lesionale (ischemie, emorragie, malformazioni, infezioni), che sono le principali cause di sequele a distanza.
I secondi fattori di rischio si possono riscontrare nelle condizioni ambientali (non idonee allo sviluppo del bambino) a cui questi neonati sono esposti precocemente e per tempi prolungati, come: l’ospedalizzazione nei reparti di Terapia Intensiva Neonatale (TIN). I lunghi periodi di permanenza in ambienti innaturali, stressanti (per via delle molteplici manovre invasive) possono alterare la normale organizzazione degli stati comportamentali del bambino, complice anche la forzata separazione genitori-neonato che mina le dinamiche relazionali della triade padre-madre- bambino.

Se i neonati vengono esposti a questi fattori di rischio, si creano condizioni reali di danno cerebrale o condizioni potenziali di danno, legate ad un ambiente ed a situazioni relazionali sfavorevoli che determinano alto rischio per lo sviluppo neuropsichico futuro del bambino.
Fondamentale mezzo di prevenzione è l’utilizzo di procedure diagnostiche ed interventi riabilitativi precoci atti a ridurre tale rischio.
Infatti, vari studi hanno evidenziato che un intervento abilitativo precoce, mirato e individualizzato può ridurre l’incidenza di sequele a distanza e nel caso di turbe transitorie può anticipare il processo di “normalizzazione” o gettare la basi per un vero e proprio intervento riabilitativo.

Centro psicologia Castelli Romani-Dott.ssa Francesca Bertucci
Psicologa-Psicodiagnosta dell’età evolutiva-Mediatore familiare
Cell 3345909764-dott.francescabertucci@cpcr.it
www.psicologafrancescabertucci.com
piazza Pia 21 00041 ALBANO LAZIALE

Bibliografia
Allemand F. (2003), “Neuropsichiatria del neonato e del lattante”, Roma, Aracne
Artese C. (2008), “La Riabilitazione Integrata in Neonatologia”, Firenze, IMR Europe
Battaglia C. et al. (2005) , “Fattori di rischio e diagnosi clinica del parto pretermine”, Riv. It. Ost. Gin., Vol 8
Brazelton T.B. (2003), “Il bambino da zero a tre anni”, Milano, Fabbri editore
Cioni G., Ferrari A. (1996), “Le forme discinetiche delle Paralisi Cerebrali Infantili”, Pisa, Edizioni del Cerro
Manuel A. Castello (2007), “Manuale di pediatria”, Milano, Piccin
Valente D. (2009), “Fondamenti di riabilitazione in età evolutiva”, Roma, Carrocci Faber




Vaccini: a Torino due bambini non potranno frequentare la scuola

TORINO – Primi effetti, a Torino, della legge Lorenzin sull’obbligatorietà dei vaccini. La dirigente scolastica delle scuole materne Keller e Kandinskij, nel quartiere Mirafiori, ha notificato alle famiglie di due bambini il divieto a presentarsi in classe fino a quando non saranno in regola con le vaccinazioni. “Lo impone la legge – spiega la preside, Elena Cappai – e sino a quando non riceverò i documenti che attestano l’avvenuta messa in regola, non potrò fare altrimenti”.

E divieto di portare a scuola i figli sino a quando non saranno in regola con le vaccinazioni, anche per due famiglie residenti a Collegno, nel Torinese. Lo rende noto Matteo Cavallone, assessore comunale alle Politiche educative della cittadina alle porte del capoluogo piemontese. “Il rispetto della legge non è una questione politica – sostiene Cavallone -. Per tutto l’anno abbiamo inviato ai genitori numerose sollecitazioni. L’Asl ci ha comunicato che, su 172 bambini iscritti agli asili comunali, due non sono stati vaccinati. E così procederemo come da normativa. Nei mesi scorsi abbiamo anche incontrato le famiglie”

VAL D’AOSTA Scaduti i termini per l’adempimento dell’obbligo vaccinale, in Valle d’Aosta otto bambini non in regola con le norme nazionali sono stati ugualmente ammessi a scuola; di questi sette negli asili nido e uno nella scuola dell’infanzia. Lo riferisce all’ANSA Stefano Minetti, presidente dell’associazione Pro libera scelta Vda. “Nessuno si è assunto la responsabilità di non far entrare a scuola i bambini, anche a causa di un vuoto normativo”, ha spiegato Minetti.




Alfie, i genitori vogliono trasferirlo in Italia. Per il Giudice Hayden il bambino può andare a casa, ma non in Italia

Il giudice dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden ha chiesto ai medici dell’ospedale Alder Hey di Liverpool di valutare se consentire che Alfie Evans venga riportato a casa dal padre e dalla madre, mentre non ha fatto alcuna apertura su un trasferimento in Italia. Lo riferiscono reporter britannici presenti all’udienza di oggi a Manchester citati dal Liverpool Echo. Ora s’attende la risposta dell’ospedale. Il giudice ha inoltre criticato alcune persone vicine ai genitori accusandole di dare “false speranze”.

Il giudice d’appello dell’Alta Corte britannica Anthony Hayden, firmatario nei giorni scorsi del verdetto di via libera a staccare la spina al piccolo Alfie Evans, aveva fissato per oggi pomeriggio una nuova, inattesa udienza sulla base degli ultimi sviluppi di queste ore

n precedenza i genitori di Alfie Evans avevano rilanciato la richiesta di trasferimento da Liverpool a un ospedale italiano, alla luce della capacità di respirazione autonoma mostrata dopo il distacco dai macchinari.

Cdm conferisce a Alfie cittadinanza italiana   Il cdm, su proposta del Ministro Marco Minniti, ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, ha deliberato il conferimento della cittadinanza italiana ad Alfie EVANS, nato a Liverpool (Gran Bretagna) il 9 maggio 2016, in considerazione dell’eccezionale interesse per la Comunità nazionale ad assicurare al minore ulteriori sviluppi terapeutici, nella tutela di preminenti valori umanitari che, nel caso di specie, attengono alla salvaguardia della salute.E’ scritto nel comunicato diffuso al termine di una riunione lampo.

Intanto il piccolo Alfie Evans non si arrende e la battaglia continua. E’ una resistenza oltre ogni previsione quella dimostrata la notte scorsa dal bambino di 23 mesi, colpito da una grave quanto ignota patologia neurodegenerativa, per il quale i medici dell’Alder Hey Hospital di Liverpool hanno chiesto e ottenuto l’autorizzazione della giustizia britannica a staccare la spina contro il volere dei giovanissimi genitori Tom e Kate. Un caso che sta scatenando proteste e interrogativi, quanto e più di vicende precedenti, a maggior ragione dopo la decisione del governo di Roma di concedere la cittadinanza italiana “per motivi umanitari”.

Un intervento che per il momento non ha smosso le autorità di Londra, né ha modificato i verdetti già emessi nel Regno. Come testimonia il via libera confermato dal giudice Anthony Hayden ad avviare le procedure di distacco di Alfie dai macchinari salvavita scattata ieri sera verso le 22:30 ora locale. Sembrava fosse l’inizio della fine, ma è accaduto l’imprevisto: Alfie ha continuato a respirare nel suo lettino, fra la braccia di mamma Kate, anche senza l’ausilio del ventilatore meccanico. Ed è andato avanti “per oltre nove ore”, come in mattinata ha raccontato il padre dinanzi a circa 200 manifestanti e attivisti che seguitano a sostenerne la battaglia di fronte all’ospedale di Liverpool, sorvegliati da decine di poliziotti. Gli stessi medici – ha detto Tom Evans – sono rimasti “esterrefatti”. Dopo sei ore – durante le quali al bambino erano mancati pure acqua e cibo, che non è in grado di ricevere senza assistenza esterna – lo staff ha quindi deciso di tornare a idratarlo.

Poco dopo è stato ripristinato l’ossigeno, seppure per ora solo tramite bombole. Uno sviluppo che ha ridato fiato alla battaglia. “Ad Alfie è stato assicurato l’ossigeno e l’acqua! E’ sorprendente. Non importa cosa accadrà, ha già dimostrato che i medici si sbagliano”, ha scritto su Facebook la mamma dando conto della novità. “Dicevano che stava soffrendo, invece non soffre anche senza respiratore”, ha detto papà Tom. L’ospedale intanto tace invocando “la privacy della famiglia”, ma appare in imbarazzo: ancora ieri sera aveva annunciato un bollettino per stamane, poi annullato. E dall’Italia ripartono le sollecitazioni della politica a “salvare Alfie”, mentre la diplomazia si muove sotto traccia. Il Vaticano prova a tessere a sua volta la propria tela e l’ospedale Bambino Gesù rinnova l’offerta di accogliere e continuare a dare assistenza al piccolo. Londra, tuttavia, resta ferma al momento nella difesa della giurisdizione che il Regno Unito s’attribuisce. La concessione della cittadinanza ad Alfie dà all’Italia il diritto d’essere ascoltata, attraverso canali politici, diplomatici e legali. Ma non cancella – notano fonti locali – il fatto che il bimbo rimanga anche cittadino britannico. Ricoverato in un ospedale nel territorio dell’isola e soggetto a sentenze emesse da corti di Sua Maestà.




Processo Albafor, Marco Mattei assolto perchè il fatto non sussite

ALBANO LAZIALE (RM) – Marco Mattei è stato “assolto perché il fatto non sussiste nel processo “Albafor”. Una sentenza pronunciata oggi in Tribunale a Velletri dopo diversi anni di attesa. Mattei era accusato di aver favorito la municipalizzata Albafor quando era Sindaco di Albano.

Le accuse, rivelatesi infondate, risalgono al 2007 e quasi 11 anni dopo arriva l’assoluzione con formula piena. A difendere Marco Mattei è stato l’avvocato Giuseppe Petrillo:

Sono sempre stato fiducioso nell’operato della Magistratura  – ha commentato Marco Mattei – e ho atteso questa sentenza con la serenità di chi sa di aver agito sempre con correttezza e governato con la ponderatezza e l’attenzione del buon padre di famiglia. Ero certo di non aver commesso reati. Si è vero, oggi si chiude un capitolo forse troppo lungo e che mi ha visto uscire dalla scena politica per permettere alla Magistratura di poter compiere fino in fondo il suo operato“.

Nei fatti è andata proprio così. Un’attesa veramente molto lunga quella con cui Mattei ha dovuto convivere anche sopportando alcune scivolate di stile da parte di qualche giornalista prestato alla politica. Marco Mattei non ha chiesto la prescrizione e per questo motivo la sentenza di oggi assume un significato ancora più forte.

Inoltre, l’ex sindaco di Albano laziale e già assessore regionale all’Ambiente è stato nominato in questi giorni Direttore del Dipartimento del Territorio del Asl Rm6

Chiara Rai

 




Cotral, morte dipendente per esposizione amianto: sentenza storica del Tribunale di Roma. Ona annuncia class action

La Compagnia di trasporti laziali Cotral è stata condannata a risarcire la vedova di un dipendente morto per cancro polmonare causato da esposizione ad amianto. A renderlo noto l’avvocato Ezio Bonanni, legale della famiglia e presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona).

Il giudice Alessandra Trementozzi della sezione Lavoro del Tribunale di Roma, con sentenza n.2906/2018 pubblicata ieri, ha condannato Cotral al risarcimento dei danni subiti dal deceduto V.C. per l’insorgenza del cancro polmonare che ne ha provocato la morte, quantificando l’importo dei danni non patrimoniali subiti nella misura di oltre 236mila euro.

La vittima era stata esposta ad amianto nello svolgimento delle sue mansioni lavorative tra il dicembre 1981 e il dicembre 1992

L’Ona annuncia ora una class action dei lavoratori Cotral esposti ad amianto. “Quella di oggi è una vittoria storica poiché è stato riconosciuto che l’amianto in Cotral era ed è dannoso per la salute umana e, poiché altri dipendenti hanno subiti danni alla salute, l’Ona attraverso lo Sportello nazionale amianto è a disposizione di tutte le vittime di amianto nella città di Roma per chiedere il risarcimento dei danni”, afferma Bonanni.




Frascati, terapia antitumorale biomodulatoria: a villa di Mondragone il 2 meeting internazionale

FRASCATI (RM) – Unirsi per comunicare le reciproche conoscenze al fine di contrastare le terribili patologie cancerose. E’ questo in sintesi lo scopo del secondo meeting internazionale che si terrà il 19 e 20 aprile nella prestigiosa Villa di Mondragone a Frascati, dove la clinica, la biologia molecolare, la farmacologia, la patologia e l’istologia s’incontreranno per spiegare e supportare il potenziale sviluppo della terapia antitumorale biomodulatoria.

Non è un caso che il termine dall’antico greco ”anakoinosis” significhi proprio comunicazione

Come spiega la professoressa Lina Ghibelli, ricercatrice del dipartimento di biologia dell’Università degli studi di Roma “Tor Vergata”, l’induzione di anakoinosi come terapia antitumorale mira proprio a interferire sugli aberranti meccanismi comunicativi che si stabiliscono tra i tessuti tumorali e l’organismo, per ristabilire la corretta comunicazione che porterà alla regressione del tumore attraverso modalità fisiologiche. Una metodologia che di fatto rivoluziona il paradigma delle classiche terapie farmacologiche che mirano all’uccisine delle cellule tumorali, terapie a cui tutt’oggi ci affidiamo e il cui effetto terapeutico spesso non è risolutivo.

“Solo ora – aggiunge Ghibelli – cominciamo a capire le complesse interazioni tra cellule che regolano il funzionamento dei nostri organi, mantenendone la struttura e il funzionamento e, cosa ancora più complessa, intervenendo per correggere i danni continuamente provocati dagli stress ambientali. E’ un’impresa difficile, perché il grado di complessità è elevatissimo”.

“Gli studi iniziali – conclude la ricercatrice – hanno permesso di mostrare che, a differenza di quanto si sospettava, nei tessuti tumorali non c’è anarchia, bensì regole aberranti ma precise, che evolvono causando la cosiddetta progressione tumorale, ossia l’aumento di malignità che porterà allo sviluppo di metastasi e alla morte del paziente. Starà a noi capire come intervenire a livello farmacologico per riportare l’equilibrio del tessuto normale in un tumore, accompagnando o meno i trattamenti tossici che sono la base delle correnti terapie anticancro”.