Palermo, il Tribunale sospende le regionarie: tegola su M5S

PALERMO – A poco meno di due mesi dalle elezioni regionali in Sicilia, un’altra tegola sul Movimento Cinque Stelle: la quinta sezione civile del tribunale di Palermo ha sospeso la validità e gli effetti delle cosiddette “regionarie” siciliane, le elezioni on line che hanno incoronato Giancarlo Cancelleri candidato del Movimento a governare la Sicilia. Il provvedimento cautelare emesso dal giudice sospende l’elezione e rinvia la causa al 18 settembre per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei candidati classificatisi in posizione utile per entrare in lista. Il ricorso è stato presentato da Mauro Giulivi, un militante siciliano, difeso dagli avvocati Lorenzo Borrè e Riccardo Gentile. Giulivi era stato escluso per non aver firmato un documento che gli era stato sottoposto dal Movimento e dallo staff, necessario per potersi candidare. Si tratterebbe di uno di quei testi ad hoc che M5s fa firmare ai candidati chiamandoli codici etici, ma che in realtà sarebbero clausole contrattuali.

Di Maio, non è test nazionale, è referendum – “Più che un test nazionale, il voto del 5 novembre lo vedo come un referendum: si può votare contro chi ha usato la Sicilia come un bancomat o votare per noi”. Così Luigi Di Maio in mattinata a Radio Capital dove tuttavia aveva aggiunto: “E’ ovvio che il voto in Sicilia sarà un segnale utile. Anche nel 2012 dopo il successo in Sicilia siamo diventati la prima forza politica a livello nazionale” alle elezioni del 2013.




Nemi, scenario apocalittico per una precipitazione di media intensità: Cortuso chiede un Consiglio comunale straordinario

NEMI (RM) – Il consigliere comunale di “Ricomincio da Nemi” Carlo Cortuso interviene, con una lunga nota, sui fatti che nella giornata di domenica 10 settembre hanno visto la cittadina delle Fragole in balia del fenomeno dell’acqua alta, con relativi disagi per alcuni cittadini e commercianti che a causa dell’allagamento dei propri locali si sono improvvisati manutentori dei vari tombini ostruiti dalle foglie che non riuscivano a smaltire l’acqua piovana.

La disamina del Consigliere comunale di Nemi affronta anche altre criticità  che affliggono il piccolo borgo castellano evidenziando una “inadeguatezza delle infrastrutture esistenti e di chi tutto questo dovrebbe governare e gestire.”

“Piove, governo assente! – scrive Cortuso sul social Fb – potremmo sintetizzare così la giornata di domenica, parafrasando un celebre slogan di anni fa. Il governo, – prosegue il consigliere di Ricomincio da Nemi – naturalmente, è l’amministrazione comunale di Nemi che, come al solito, si è fatta cogliere impreparata e invece di correre ai ripari è corsa a chiudersi in casa (del resto pioveva…).

Al di là delle facili battute, in questa giornata abbiamo avuto la riprova della enorme fragilità del nostro territorio e dell’inadeguatezza delle infrastrutture esistenti e di chi tutto questo dovrebbe governare e gestire.

Le precipitazioni che hanno interessato Nemi e il suo territorio sono state, tutto sommato, di media intensità (per fortuna); eppure lo scenario che si è mostrato agli occhi di tutti è avvilente: tombini saltati, grate per lo scolo e la dispersione dell’acqua piovana, già intasate, ricoperte da foglie e detriti, asfalto saltato in più punti, pietre franate da vari costoni, mattonato dei marciapiedi sollevato in più punti, larghe zone completamente allagate, torrenti d’acqua che venivano giù impetuosi sia dalle “Coste” che da via “delle colombe”, il piano terra della scuola e la “nuova” palestra allagate (e pensare che in campagna elettorale il Sig. Bertucci aveva promesso la consegna della nuova scuola a settembre!). Uno scenario apocalittico. Per una precipitazione di media intensità!

Per non parlare di molti esercizi commerciali sul corso di Nemi invasi dall’acqua che non trovava sfogo, con i commercianti nel disperato tentativo di limitare i danni armati di secchi e stracci (!).

Alcuni di loro si son improvvisati fontanieri cercando di aprire i chiusini e liberare i tombini sotto una pioggia battente. In questo caso la mancanza di riferimenti e di un presidio sul territorio da parte dell’amministrazione si è fatta sentire nella maniera più colpevole.

E dire che queste condizioni meteorologiche erano state ampiamente previste per la nostra zona tanto da esser stata diramata un’allerta arancione. Ma si sa: politiche di prevenzione e di manutenzione sono poco appariscenti e non portano grande consenso. Meglio occupare il tempo presenziando eventi di vario genere ma che abbiano almeno un palco, un microfono e possibilmente delle telecamere. Al netto delle polemiche una cosa è certa: la cura di cui il nostro territorio ha bisogno è ben lontana dall’esser praticata. Ed è una questione su cui noi di “Ricomincio da Nemi” ci battiamo da diverso tempo. È evidente che bisogna mettere in cantiere un potenziamento delle infrastrutture esistenti, palesemente insufficienti; una maggiore e più puntuale manutenzione e gestione di tutti i sistemi di drenaggio delle acque piovane; riferimenti certi sul territorio per tutta la cittadinanza ( Piano di Emergenza di Protezione Civile) che non siano carta straccia da far votare al buio in consiglio comunale e che siano operativi anche i giorni festivi, non lasciando alla buona volontà e alla disperazione di qualche cittadino azioni destinate a ben altre competenze. Ma soprattutto rivedere tutte le politiche di ulteriore cementificazione di un territorio, il nostro, che palesemente è al limite del collasso. Bloccare o ridurre considerevolmente le lottizzazioni previste e comunque subordinarle a grandi opere di potenziamento del sistema di raccolta delle acque quale, per esempio, il raddoppio del collettore che passa sotto via “delle colombe”. “Ricomincio da Nemi” chiede la convocazione di un consiglio comunale straordinario che abbia all’ordine del giorno questi temi e che dia la possibilità di discussione e di proposta a tutte le forze rappresentate. Noi qualche idea ce l’abbiamo – conclude Cortuso – e la vorremmo mettere a disposizione del Sig. Bertucci.”

Nemi, maltempo: esercizi commerciali allagati




Minniti: cellula impazzita della sinistra

di Emanuel Galea
Ci spiega la biologia che l’interno della cellula possiede una carica elettrica negativa, mentre nell’ambiente esterno prevalgono le cariche positive. Proviamo a considerare Minniti come se fosse una cellula impazzita, vagante nell’ambiente esterno del Pd, libera da condizionamenti e come tutte le cellule, adattandosi al momento contingente e reagendo alla crisi dell’immigrazione, proporrebbe soluzioni immediate ed a lungo raggio.

Minniti, attualmente si trova ad operare in un quadro politico caotico e privo di qualsiasi via di sbocco. Ad avversarlo trova le organizzazioni non governative fuori dal sistema organizzato per il salvataggio in mare e il solito “fuoco amico”

Nel dedalo in cui tutta la sinistra vagheggia, non si intravede alcuna indicazione verso la via d’uscita. Senza alcuna esitazione si può dire che la sinistra non ci sia più. Del resto non ci sono più nemmeno i partiti. Questi sono tempi del caos politico, del pressapochismo. Si assiste a un vero suq “del sotto vuoto politico”, tanti gruppi e gruppetti, tanti cespugli e nessuna quercia.
L’altro giorno seguivo per radio il dibattito alla Festa del Fatto Quotidiano in Versiliana, un dibattito aperto, confronto molto franco tra un pragmatico Minniti ,un teorico Furio Colombo e Milena Gabanelli, custode di una certa coscienza nazionale. Proprio in quel dibattito il ministro si è rivelato essere una cellula impazzita , libero da condizionamenti di scuderia, deciso ad osare ove il suo predecessore dimostrava riluttanza e la solita e cronica indecisione.

Il ministro spiegava che si era incontrato precedentemente con Milena Gabanelli per sentire le sue proposte in merito al tema della “immigrazione” e durante il dibattito ha dichiarato che il suo progetto aveva accolto gran parte delle proposte di Milena e senza entrare nel merito annunciava un “ piano nazionale per l’integrazione” .
Mentre il ministro ribadiva, giustamente, il suo mantra: “Esistono i diritti di chi è accolto, ma anche quelli di chi accoglie”, non sono mancati i soliti luoghi comuni che senza entrare nel merito del fenomeno, avanzavano la solite proposta di utilizzare gli spazi pubblici, come le caserme ecc..

Furio Colombo invece si è sentito investito a rappresentare le ragioni dell’Ong Msf, contenuti nella lettera inviata ai membri degli Stati europei ed al presidente Gentiloni. Con irruenza Colombo decretava: “Migranti bloccati in Libia sono la seconda Shoah”. Così dicendo Colombo riportava una realtà, la stessa cruda realtà riportata nella lettera di Msf. E’ una realtà ma non è completa la loro analisi. Quella realtà non è affatto da addebitare al “codice Minniti” come vuole fare credere Colombo e Msf sua fonte d’informazione, perché quella realtà esisteva già un anno fa e prima ancora, quando il “codice” non esisteva e quando le navi delle Ong traghettavano i migranti dalla Libia all’Italia, quando nel mediterraneo morivano sepolti tra le onde migliaia e migliaia di povera gente.

Ad essere obiettivi, dove ospita quei poveri migranti Erdogan, assunto dall’Ue per tre miliardi più altri tre miliardi di euro per fare da diga ai profughi che cercano di passare in Europa? Non risulta che li ospiti in alberghi di lusso! Perché Furio Colombo e Msf non li nominano? Le ideologie sono controproducenti perché fanno scordare i veri target da colpire e le mete da raggiungere.
Dopo quattro anni di slogan vuoti della sinistra, ora, che finalmente una cellula impazzita sta facendo qualcosa di giusto, bisogna essere onesti intellettualmente ed ammetterlo. Il ministro dice: “Il primo punto è “investire in Africa” – “Investiamo economicamente e in classi dirigenti, perché è un continente ricco. E una parte significativa della sua povertà dipende dal tradimento della classe dirigente che si è impossessata di quella ricchezza.”. Ha ragione Minniti, l’Italia e l’Europa non possono limitarsi solo alla parola “accoglienza”.

Souad Sbai, giornalista e politica italiana, di origine marocchina, in un interessante articolo apparso su la Nuova Bussola descrive con competenza il quadro politico di alcuni paesi africani da dove partono i migranti:
– Guinea , nessuna guerra in atto, economia povera e in lento sviluppo, grandi risorse minerarie;
– Bangladesh, nessuna guerra in atto, paese musulmano moderato a maggioranza sunnita. Goldman Sachs per il 2025 lo pronosticava tra le prime 11 economie mondiali;
– Costa d’Avorio , paese pacifico, dopo la guerra civile del 2010, economia prospera e di grandi potenzialità;
– Gambia , paese modesto, con un’economia ancora poco sviluppata, ma niente conflitti;
– Senegal , nessuna guerra, una democrazia semipresidenziale stabile, un’ economia in pur lento sviluppo
– Marocco ,monarchia costituzionale, nessuna guerra, economia in lenta ma costante crescita

Nei primi tre mesi del 2017 in Italia sono giunti, da questi paesi, 24.500 immigrati. A prima vista questo quadro giustifica, in pieno, la strategia di Minniti. La soluzione non si dovrebbe fermare ai centri d’accoglienza in Libia come insiste Colombo e quelli che la pensano come lui. Bisognerebbe investire in quei paesi e convincere questi migranti a non lasciare le loro terre perché altrove, il paradiso che sognano è solo un miraggio.

 




Fiera del Levante a Bari, Palese (FI): Gentiloni troppo ottimista. Bene interventi straordinari al sud ma finora solo pannicelli caldi

BARI – “L’ottimismo decisamente eccessivo del Presidente del Consiglio, francamente al Sud non viene percepito da famiglie e imprese. Lo stesso Presidente ha peraltro ammesso che finora le politiche del Governo sul Mezzogiorno sono state inefficaci perché non hanno prodotto né più lavoro né lo sperato aumento del Pil. Tanto che lo stesso Presidente ha annunciato l’intenzione di tornare a politiche straordinarie per favorire la ripresa e la crescita al Sud. Questo è assolutamente auspicabile e ci auguriamo che l’annuncio si traduca in atti e in fatti già nella prossima Legge di Bilancio. Delude il silenzio del Governo sulla questione ‘trivelle’ su cui invece avevamo chiesto di rassicurare la popolazione, ed il Salento in particolare, anche perché, come ha detto anche il Presidente Emiliano, su questo tema non intendiamo mollare. Delude infine che sul Patto Puglia il Governo non abbia chiarito quanti soldi ci sono, quando arriveranno e a che punto stanno realmente le cose. Come sempre da questo Governo arrivano annunci, analisi e dichiarazioni di intenti mentre noi aspettiamo i fatti”. Lo dichiara Rocco Palese, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Commissione Bilancio della Camera, commentando il discorso con cui il Presidente del Consiglio ha inaugurato l’81ma edizione della Fiera del Levante.




Frosinone, Zicchieri rafforza Noi Con Salvini in Ciociaria: Enrico Cavallaro prende la reggenza della provincia

Visto le numerose richieste di ingresso a noi con Salvini dai tanti comuni della Ciociaria ivi compreso la città capoluogo, la Direzione Regionale di NCS ha ritenuto opportuno rafforzare la dirigenza provinciale con la presenza  di una figura di spicco politico in ambito Regionale nella persona di Enrico Cavallari consigliere e capogruppo NCS in un municipio romano.

Enrico Cavallari vice coordinatore regionale di noi con Salvini prende la reggenza della provincia di Frosinone e’ sarà coadiuvato nel lavoro già svolto dalla uscente coordinatrice Kristalia Rachele Papaevangeliu  il delegato politico Fabio Forte e tutti i militanti che sino ad oggi tanto hanno dato alla Provincia Ciociara.

 

In occasione della conferenza stampa tenutasi venerdi’ 8 settembre il coordinatore regionale Francesco Zicchieri dopo aver dato mandato a Cavallari, ha presentato alla stampa  Gianfranco Rufa  consigliere comunale di Veroli che aderisce al progetto di noi con Salvini e dara’ sicuramente al fianco della dirigenza ciociara un grande contributo..

Zicchieri dichiara che:  “la provincia di Frosinone e’ importante per noi con Salvini  visto le tante richieste di adesione da parte di consiglieri comunali nella  gran parte dei 91 comuni della provincia e dei tanti cittadini che vogliono aderire al progetto di Matteo Salvini che ci contattano tutti i giorni; ho ritenuto opportuno con una decisione collegiale insieme alla dirigenza Ciociara Iniziare un nuovo percorso volto alla crescita del movimento creando un asse diretto con Roma auguro un in bocca al lupo e buon lavoro a Enrico Cavallari, ringrazio Kristalia Rachele Papaevangeliu per il lavoro svolto  fino ad oggi insieme ai tanti militanti e dirigenti, ringrazio Fabio Forte per la sua costante e incisiva presenza sul territorio e sono sicuro che in questa fase tutti insieme insieme faremo diventare la Provincia di Frosinone protagonista della Politica Laziale e non solo…..  elemento Gianfranco rufa consigliere comunale di Veroli a quale auguro buon lavoro e che sicuramente al fianco della dirigenza ciociara darà un grande contributo.”




Regionali Sicilia, Anello rompe con Ferrandelli: Orlando a Taormina invoca l’unione del centrosinistra

regionali sicilia

di Paolino Canzoneri

PALERMO – Come se la campagna elettorale per le Regionali in Sicilia non fosse terreno di colpi di scena imprevedibili, ecco che la notizia della rottura tra Anello e Ferrandelli aggiunge un ulteriore tassello ad una sfida agguerrita dai contorni forse complessi da comprendere.
Una matassa da sbrogliare in primis agli occhi dell’elettore che quasi ogni giorno assiste passivo ad accordi sanciti un giorno prima e repentinamente ribaltati l’indomani; accordi e fiducie della durata spesso di 24 ore che non fanno altro che dimostrare, casomai ce ne fosse bisogno, che la politica appare un groviglio troppo spesso motivato per interessi distanti dai cittadini.
Il capogruppo in Consiglio Comunale Alessandro Anello della lista “Per Palermo con Fabrizio” che fino a ieri sosteneva il candidato Fabrizio Ferrandelli dei “Coraggiosi” ha rilasciato una secca e chiara nota che appare come una rottura insanabile: “Prendo le distanze dalla scelta politica di Fabrizio Ferrandelli. Né io né il mio collega di gruppo Elio Ficarra sosterremo in campagna elettorale il rettore Fabrizio Micari, candidato alla presidenza della Regione espressione del sindaco Leoluca Orlando, con il sostegno del Pd e del centrosinistra. Oggi leggo le dichiarazioni di Fabrizio Ferrandelli e prendo atto che questo percorso iniziato insieme con tanto entusiasmo e volontà di cambiamento s’interrompe e certamente non ci vedrà più uniti nella stessa direzione. Cosi le nostre strade si separano, ma il programma elettorale per la città continua. Con grande determinazione e coerenza faremo una vera opposizione costruttiva e di buon senso nell’interesse dei cittadini”.
Di colpo con questa “scossa tellurica” che riposiziona un assetto verso un centrosinistra in fase espansiva sembra necessiti, ora come non mai, di una coesione ed unità che potrebbe alla lunga diventare una chiave di lettura vincente. E’ questo il parere del sindaco Leoluca Orlando a Taormina presente con il segretario del PD Matteo Renzi, nel primo appuntamento elettorale a sostegno di Micari. Orlando parla chiaramente di una necessità di “campo largo”: “Ho seguito con grande interesse la vicenda politica regionale, convinto come sono della necessità di un netto cambiamento rispetto agli ultimi anni e sento oggi il bisogno di ricordare ancora una volta e con chiarezza che un un percorso civico fondato su punti programmatici chiari e su un candidato civico, nella persona di un esponente prestigioso e internazionalmente riconosciuto della vita culturale e amministrativa, sono oggi l’unico contributo di novità in Sicilia. In tanti, io fra questi, stiamo accantonando posizioni di legittimo orgoglio per storie personali e politiche e abbiamo creduto e crediamo in un percorso civico di centrosinistra fondato sulla pari dignità di centro e di sinistra, sulla chiarezza di scelte programmatiche necessarie per una svolta che dia senso alla speciale autonomia siciliana, dopo lunghissimi anni di un suo uso perverso. La Sicilia non può e non deve più vivere l’ennesima occasione mancata di sviluppo, né essere mortificata divenendo teatro di scontri o posizionamenti relativi a ruoli nazionali o ambizioni di parte. Questo mio non è soltanto un appello, ma anche un contributo che mi permetto di offrire partendo dal cambiamento culturale e politico di Palermo e che vede nella costruzione di un Movimento dei territori, da tempo e da tanti condiviso, il naturale sbocco e strumento di quanti hanno un vero interesse a costruire percorsi e luoghi politici di incontro e crescita comune fra identità, culture, sensibilità e storie politiche diverse”.
Le parole del sindaco di Palermo contengono difatti anche messaggi chiari a Pisapia e Fava nell’interesse collettivo di evitare scontri che non possono fare altro che compromettere quella necessità di unione unica garanzia di forza per il centrosinistra. Pisapia stesso pochi giorni fa sul Corriere della Sera aveva parlato di coalizione non civica e neanche di centrosinistra ma Orlando stesso in risposta ha aggiunto: “Mi permetto di rivolgere un appello affinché insieme si possa lavorare per un nuovo futuro di cambiamento e sviluppo, per non consegnare la Sicilia a prospettive catastrofiche che rischiano di incidere non soltanto sugli assetti di governo ma più drammaticamente sui valori stessi di convivenza civile fondata sul rispetto dei diritti di tutti e di ciascuno e a partire dal rispetto dei diritti di chi non ha lavoro, casa e salute e di chi produce cultura, formazione e impresa senza parassitismi e soffocanti rendite monopoliste”.
La sfida per le elezioni Regionali previste per il 5 novembre continua e nuovi sviluppi non si faranno attendere.



Un decreto cambia il modo di fare le intercettazioni: ecco le frasi che non leggeremo più

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha pronto un decreto legislativo sulle intercettazioni. Lo scrive Repubblica in edicola oggi dove si legge che, tra le novità, “dai provvedimenti della magistratura – a partire dalle ordinanze di custodia cautelare – scompariranno le intercettazioni integrali, pubblicate tra virgolette”.

I testi delle intercettazioni saranno riassunti

Secondo il quotidiano romano, il decreto impone a pubblici ministeri, giudici per le indagini preliminari e giudici del tribunale del riesame di riassumere i testi delle intercettazioni. Nessuna pubblicazione integrale sarà più possibile, quindi, e anche gli avvocati dovranno aspettare l’udienza stralcio per ascoltare e vedere le intercettazioni sotto forma di colloquio.

Sul decreto legislativo – frutto della delega contenuta nella legge sul processo penale in vigore dal 4 agosto – il Guardasigilli aprirà una rapida consultazione con i capi delle più importanti procure, le Camere penali, la Fnsi. Orlando ha ancora due mesi di tempo per esercitare la delega. Il decreto disciplina anche l’uso dei Trojan horse, cantatori informatici attivabili a distanza.

Le frasi che non si potranno più leggere

Repubblica elenca anche le frasi ormai celebri delle intercettazioni che col decreto Orlando non potranno più essere trascritte né pubblicate. Vediamo le più famose:

  • Silvio Berlusconi: “La patonza deve girare” (commentando al telefono una cena a Palazzo Grazioli)
  • Matteo Renzi: “Non è cattivo, non è proprio capace…” (parlando dell’allora premier Enrico Letta col generale della Finanza, Michele Adinolfi nel 2014)
  • Stefano Ricucci: “Ma che stiamo a fa’ i furbetti del quartierino?” (in riferimento alla scalata di Unipol a Bnl del 2005)
  • Francesco De Vito Piscicelli: “Io ridevo questa mattina alle 3.30” (imprenditore parla del terremoto dell’Aquila)
  • Massimo Carminati: “Noi siamo tra i vivi e i morti: questa è la teoria del mondo di mezzo” (intercettazione nell’inchiesta ‘Mafia capitale’)
  • Luciano Moggi: “Mi sono portato le chiavi in aeroporto” (l’allora dg della Juve raccontava di aver chiuso negli spogliatoi l’arbitro Paparesta)
  • Federica Guidi: “Mi trattano come una sguattera del Guatemala” (l’ex ministra dello Sviluppo economico di Renzi al fidanzato, l’imprenditore Gianluca Gemelli)

Il ministero. “Nessun testo definitivo”

Il ministero della Giustizia in una nota ha precisato, “con riferimento a quanto riportato oggi a mezzo stampa relativamente al decreto legislativo in materia di intercettazioni”, che allo stato attuale, sta lavorando “alla stesura del testo”.

La nota precisa che il contenuto di questo “terrà conto anche del confronto prezioso e del contributo significativo di esponenti della giurisdizione, dell’avvocatura, della stampa e del mondo accademico che il ministro incontrerà, come già previsto, nei prossimi giorni”.

 




Sondaggi elettorali, Salvini e Berlusconi: chi è testa?

Questa settimana (mercoledì per la precisione) è ripreso ufficialmente il dibattito sulla legge elettorale in commissione Affari costituzionali alla Camera. Progressi? Ben pochi. Siamo ancora fermi a quel clamoroso voto segreto con cui lo scorso giugno i franchi tiratori affossarono una riforma frutto di un accordo che sulla carta godeva di una maggioranza schiacciante (PD, Forza Italia, Lega e M5S). Ad essere affossata quella volta fu una riforma elettorale “alla tedesca”, con primo firmatario il deputato PD Emanuele Fiano.
La ripresa dei lavori è all’insegna del caos

Forza Italia vorrebbe recuperare quel progetto (un proporzionale con sbarramento al 5%), mentre il PD è diviso tra chi vorrebbe reintrodurre le coalizioni (attualmente vietate alla Camera) e chi pone come condizione la partecipazione del M5S all’accordo. Secondo alcuni retroscena, Berlusconi potrebbe cambiare idea, abbandonando il proporzionale per abbracciare un sistema con i collegi maggioritari (come il vecchio Mattarellum). Per la verità, una proposta di questo tipo era stata incarnata dal cosiddetto “Rosatellum”, il quale a sua volta era molto simile alla proposta che noi di YouTrend avevamo avanzato qualche mese fa e che prevedeva il 50% di eletti nei collegi e il 50% con il proporzionale. Il leader della Lega Matteo Salvini si è detto pronto a votare “domani mattina” una riforma con i collegi uninominali.
Il più in forma? E’ Salvini

 

Ed è proprio Salvini il personaggio che appare più in forma dopo questa pausa estiva. Come forse ricorderete, già prima di agosto la Lega Nord mostrava segnali positivi, facendo registrare – nella nostra Supermedia – il suo picco da inizio 2017, il 15%. I dati che sono usciti negli ultimi giorni sono ancor più positivi. L’istituto EMG, nel suo sondaggio per il TG La7, mostra una Lega sopra il 15%, mentre SWG addirittura la valuta al 16%, oltre due punti e mezzo più di Forza Italia.

A cosa è dovuto questo stato di salute della Lega? Possiamo solo fare delle ipotesi, ma è probabile che il tema dei migranti (con gli sbarchi in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma che hanno comunque avuto grande risalto negli ultimi mesi) abbia contribuito a creare un terreno favorevole ai temi cari a Salvini presso l’opinione pubblica.

Se il trend dovesse rimanere questo, la partita interna al centrodestra su quale sia la prima forza politica si risolverà in favore dei leghisti. Sono molto interessanti, in questo senso, le indicazioni che vengono dal nuovo Atlante politico di Repubblica curato da Demos, l’istituto di Ilvo Diamanti. Tra le altre cose, Demos ha chiesto agli elettori di centrodestra chi preferirebbero come candidato premier.

 

Il risultato è piuttosto netto: Salvini è il leader che riscuote i maggiori consensi (35% contro il 26% di Berlusconi). Il dato “politico” è ancora più rilevante: dal momento che gli altri contendenti citati nel sondaggio (Giorgia Meloni e Luca Zaia, governatore – leghista – del Veneto) sono politicamente molto più affini a Salvini che a Berlusconi, in un ipotetico ballottaggio tra i due il vantaggio di Salvini potrebbe solo aumentare.

Si dirà: non è la prima volta che all’interno di un partito o di un’area politica prevale il leader più identitario (o comunque) meno moderato, ma quello che conta alle elezioni è allargare i propri confini attirando anche elettori meno ideologizzati con una leadership meno estrema. Quale può essere il gradimento trasversale di un leader decisamente “estremo” come Salvini?

 

Eppure, sempre secondo l’indagine di Demos, Salvini sembra non sfigurare nemmeno da questo punto di vista. Ben 37 elettori su 100 gli assegnano un giudizio pari o superiore a 6, a pari merito con Di Maio (leader “in pectore” di un partito che attualmente ha quasi il doppio dei voti della Lega) e davanti non solo a Matteo Renzi ma anche – e di molto – a Silvio Berlusconi. Il quale, nonostante stia puntando sempre più su un profilo moderato, rassicurante, raccoglie giudizi positivi solo da 3 italiani su 10.

Cosa ci dicono questi numeri? Di certo non possiamo “tradurre” automaticamente questo 37% in voti alla Lega (altrimenti Gentiloni dovrebbe fondare un partito domattina e puntare da solo al 50%). Quello che possiamo dire è che al momento, tra le varie opzioni sul tavolo, la più solida nel campo del centrodestra è, in modo piuttosto netto, quella rappresentata da Matteo Salvini. Il quale si è del resto già dimostrato in grado di sapersi muovere a livello strategico: la recente convergenza sulla candidatura di Musumeci (sostenuto da Salvini e Meloni) da parte di Forza Italia ne è un esempio; la sua performance a Cernobbio, dove in molti gli hanno riconosciuto di avere messo da parte gli eccessi anti-euro, ne è un altro. Le prossime settimane ci diranno se questa tendenza è destinata a confermarsi o a sgonfiarsi.




“Il ministro di sinistra che piace alla destra”. Il ritratto di Minniti firmato dal Guardian

Una figura controversa, un ministro di un governo di centrosinistra che piace alla destra, le cui iniziative in materia di immigrazione “hanno ottenuto un’enorme riduzione del numero dei rifugiati che raggiungono le coste italiane dalla Libia” ma anche sollevato i dubbi di chi sostiene che i suoi metodi “siano fragili e lascino inalterati il ​destini di decine di migliaia di migranti intrappolati in Libia in campi disumani”. E’ il ritratto che il Guardian traccia del ministro dell’Interno Marco Minniti.

“Un ex comunista con profonde connessioni con l’intelligence italiana e le leve dello Stato” scrive il quotidiano britannico, “è uno dei politici più controversi in Europa. Il suo successo nel ridurre i flussi migratori gli ha portato lode e popolarità dalla destra e notorietà da parti della sinistra”. Il giornale dà un ampio resoconto di quello che Minniti ha raccontato dei suoi timori per la tenuta delle istituzioni democratiche italiane di fronte alla imponente ondata migratoria e degli accordi che sarebbero stati stretti nel deserto per indurre tribù e milizie a porre fine al traffico di esseri umani. E di quando nel mese di giugno si era trovato di fronte alla necessità di trasmettere il messaggio che il governo italiano aveva la capacità di reagire con le riforme già progettate per fermare il flusso, e del pericolo che in quel momento i frutti del suo sforzo fossero invisibili. “Il punto cruciale per me era stato quello di andare in Libia per trovare una soluzione” ha detto il ministro al giornale, “in Turchia c’era un forte leader con cui lavorare – forse troppo forte. In Libia è stato l’opposto”.

Poi il Guardian fa l’elenco dei passi fatti da Minitti: a febbraio la firma di un memorandum con il leader del governo riconosciuto dall’Onu, Fayez al-Serraj; l’introduzione di un nuovo livello di cooperazione tra la guardia costiera libica e gli italiani, compresa la fornitura di quattro navi di pattuglia; la riunione il 31 marzo a Roma con i capi delle tribù e il viaggio il Libia, il 13 luglio, per incontrare i sindaci di 14 città interessate dal traffico. “Tutto questo è stato molto complicato, più complicato di quanto si possa immaginare” ha detto Minniti, “ma stavano cercando una soluzione. La mia convinzione è che a un certo punto [quando] questi conflitti diventano insostenibili è importante essere pronti quando qualcuno sta cercando una soluzione. Abbiamo discusso di un patto. Era abbastanza semplice: se si fossero impegnati contro la tratta degli esseri umani li avremmo aiutati a costruire un’economia alternativa. I problemi al momento sono che il traffico è stato l’unico settore in Libia in grado di produrre reddito”.

Il Guardian fa il punto sugli obiettivi di Minniti: che l’Onu regoli i campi di detenzione libici; più soldi per aiutare con il rimpatrio volontario i migranti intrappolati in Libia e, a lungo termine, miliardi dalll’UE per aiutare l’economia africana. Nei prossimi 10 giorni il ministro pubblicherà una politica di integrazione per l’Italia che copre temi come la cultura, la lingua, i percorsi di lavoro per i richiedenti asilo, la dispersione dei centri di accoglienza e la governance, il finanziamento e la trasparenza delle moschee e degli imam. “Sono convinto che non esista alcuna equazione tra il terrorismo e la migrazione”, dice Minniti. “È un errore di approccio, ma se vediamo cosa è successo in Europa, c’è una relazione tra il terrorismo e una mancanza di integrazione e sono convinta che sia attraverso l’integrazione e con i valori comuni, costruiamo una politica di sicurezza”. Paragona il processo di suonare il pianoforte. “Se giochi le giuste note insieme al momento giusto, crei un’armonia. Se premete solo alcune note nell’ordine sbagliato, è una cacofonia “.




Regionali Sicilia: la sfida è tra Cancellieri e Musumeci

A 60 giorni dal voto in Sicilia, sembra oggi una sfida a due, tra Giancarlo Cancelleri e Nello Musumeci, quella per la conquista di Palazzo d’Orleans. La partita elettorale appare particolarmente complessa per il Centro Sinistra su cui pesa, in modo rilevante, l’eredità del Governo uscente.

È quanto emerge dalla prima indagine condotta dall’Istituto Demopolis a 2 mesi dalle Regionali del 5 novembre per l’elezione del nuovo Presidente della Regione ed il rinnovo dell’ARS.

Giancarlo Cancelleri, candidato del Movimento 5 Stelle, otterrebbe oggi il 35%, staccando di un punto Nello Musumeci, candidato del Centro Destra, attestato al 34%. Più distante, secondo il sondaggio Demopolis per il quotidiano “La Sicilia”, appare per il momento al 22% Fabrizio Micari, il Rettore dell’Università di Palermo, scelto quale candidato alla Presidenza della Regione dal Pd e dal Centro Sinistra, che deve di fatto iniziare la propria campagna elettorale. Al 6% si attesta Claudio Fava, designato dai partiti di Sinistra. Un complessivo 3% se lo dividono gli altri candidati.

“La partita è apertissima, l’area grigia di chi non ha ancora deciso se e per chi votare è molto vasta: quella scattata oggi – spiega il direttore dell’Istituto Demopolis Pietro Vento – è una fotografia del consenso destinata a mutare in modo significativo in 2 mesi di campagna elettorale. Non va dimenticata l’altissima astensione e l’estrema mobilità del voto dei siciliani nelle ultime tornate elettorali”.

Particolarmente interessanti gli altri dati rilevati dall’Istituto Demopolis. A 2 mesi dal voto, Nello Musumeci è nettamente, con il 79%, il candidato più conosciuto dai siciliani, seguito al 60% da Claudio Fava. Giancarlo Cancelleri risulta noto al 58% degli intervistati. Bassa appare invece la notorietà di Fabrizio Micari, di cui ha sentito parlare appena un quarto dei cittadini.

L’Istituto diretto da Pietro Vento ha rilevato anche la fiducia dei siciliani nei principali competitor alla Presidenza della Regione, ponendo il quesito agli intervistati che conoscono o hanno sentito parlare di ciascun candidato. Il gradino più alto, nel podio della fiducia, lo ottiene con il 43% Giancarlo Cancelleri; il 40% afferma di fidarsi di Nello Musumeci: secondo i dati Demopolis, i due candidati, oggi in testa nei consensi, sembrano godere entrambi di vasta stima nell’elettorato. Anche Fabrizio Micari, con il 38%, gode di un’ampia fiducia tra coloro cui oggi risulta noto.

“Lo scenario – aggiunge il direttore di Demopolis Pietro Vento – appare condizionato anche da un alto tasso di astensione: il 54% dei siciliani oggi non voterebbe per il rinnovo dell’Ars e la scelta del nuovo Presidente della Regione”.

Nota informativa

L’indagine è stata condotta dall’Istituto Demopolis, diretto da Pietro Vento, dal 3 al 5 settembre 2017 – per il quotidiano La Sicilia – su un campione regionale stratificato di 1.000 intervistati, rappresentativo dell’universo della popolazione maggiorenne residente in Sicilia. Supervisione della rilevazione demoscopica con metodologie integrate cawi-cati-cami di Marco E. Tabacchi. Coordinamento del Barometro Politico Demopolis a cura di Pietro Vento, con la collaborazione di Giusy Montalbano e Maria Sabrina Titone. Metodologia ed approfondimenti su: www.demopolis.it




Berlusconi scopre le carte: ecco chi vuole come premier

“L’onere di indicare il nome del premier andrà a chi tra noi e la Lega avrà preso più voti, sono sicuro che toccherà a Forza Italia. E io sono già pronto”. Queste parole, secondo Tommaso Labate sul Corriere, sono rivelatrici delle intenzioni di Silvio Berlusconi di candidare a premier del centrodestra Antonio Tajani, attuale presidente del Parlamento europeo. Il leader di Forza Italia, scrive il quotidiano milanese, “sarà il jolly con cui Berlusconi si presenterà da Mattarella nel caso in cui la somma dei parlamentari eletti da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e delle altre liste ascrivibili al centrodestra superasse l’asticella della maggioranza alla Camera e al Senato”.

Appuntamento al 17 settembre

Per saperne di più bisognerà probabilmente aspettare domenica 17 settembre. Quel giorno, infatti, Tajani e Berlusconi chiuderanno la tradizionale kermesse che il primo organizza ogni anno a Fiuggi. Il titolo di quest’anno è ‘L’Italia e l’Europa che vogliamo’. “Un occhio malizioso – osserva Labate – può notare che la comunicazione pubblica del presidente del Parlamento europeo sembra già orientata agli schemi di una campagna elettorale”. E cita un post di Tajani su Twitter del primo settembre: “La vita di un politico non è solo strette di mano e incontri istituzionali”, si legge sul profilo

La vita di un politico non è solo strette di mano e incontri istituzionali. Segui la mia storia su Instagram https://t.co/gadrzG1pw2 pic.twitter.com/8uu8jYxxYE

— Antonio Tajani (@Antonio_Tajani) 1 settembre 2017

Il rapporto tra Tajani e Berlusconi

La fedeltà di Tajani alla causa berlusconiana viene ritenuta a prova di bomba. Mise piede ad Arcore il 2 gennaio del 1994, ricorda il Corriere, quando “ancora — disse una volta — nessuno pensava che Berlusconi avrebbe vinto le elezioni”. Giornalista politico, è stato nel 1994 tra i fondatori di Forza Italia. Nel primo governo Berlusconi ha ricoperto l’incarico di portavoce della presidenza del Consiglio. Eccezionale la sua carriera nell’Unione europea: da commissario Parlamentare europeo, nel 2008 subentra a Franco Frattini e assume il ruolo di commissario Ue per i Trasporti. Dal 2010 al 2014 è invece commissario Ue all’Industria. Esponente di punta del Partito popolare europeo, di cui dal 2002 è uno dei vicepresidenti, il 17 gennaio 2017 viene eletto con 351 voti presidente del Parlamento europeo. Succede al tedesco Martin Schulz.