Berlusconi: “Niente larghe intese, ecco il patto tra me e Salvini”

“C’è un accordo con Salvini. Chi ha più voti indica il premier”. A ribadirlo, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, è Silvio Berlusconi che esclude invece le larghe intese e prevede “di vincere le elezioni, governare e cambiare il Paese, con i nostri alleati del centrodestra”. Un centrodestra “aperto e plurale, formato non da professionisti della politica ma da persone che nella vita professionale, nel lavoro, nell’impresa, nella cultura, nell’impegno civile, abbiano dimostrato onestà assoluta, serietà, capacità concrete di realizzare le cose”.
“Salvini? Un interlocutore serio e ragionevole”

Per quanto riguarda il suo rapporto con Salvini, il leader di Forza Italia spiega: “Salvini è irruente all’esterno. È quello il suo stile e il suo modo di conquistare consensi, ma quando ci sediamo intorno a un tavolo è un interlocutore serio e ragionevole. Con lui siamo d’accordo sul fatto che la forza politica del centrodestra che prenderà più voti indicherà al Capo dello Stato il nome del premier per l’intera coalizione. Io non ho alcun dubbio sul fatto che quel nome lo dovremo indicare noi. Stiamo valutando diverse figure ma naturalmente non ne nominerò nessuna, visto il polverone mediatico che si era sollevato quando in passato avevo citato qualche nome solo a titolo di esempio”.
“Rosatellum miglior compromesso possibile”

Per quanto riguarda la legge elettorale, afferma l’ex premier, “non è la migliore possibile, io avrei preferito un proporzionale puro sul quale in passato tutti si erano detti d’accordo. Ma oggi questa legge è il miglior compromesso possibile. Non potevamo sottrarci alla responsabilità di mandare a votare gli italiani con una legge coerente, come chiesto giustamente dal Capo dello Stato”.




Bufera M5S, dopo Raggi arriva Appendino: indagata per falso ideologico in atto pubblico

TORINO – Ancora nella bufera l’M5S che dopo tutte le accuse alla sindaca capitolina Virginia Raggi per la quale è stato richiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta per la nomina di Renato Marra (fratello di Raffaele, ex capo del personale capitolino già a processo per corruzione) adesso si trova a digerire un altro ciclone giudiziario:  la sindaca di Torino, Chiara Appendino, è indagata dalla Procura di Torino per falso in relazione al bilancio 2016. Il reato nell’ambito dell’inchiesta sull’area ex Westinghouse, per un debito ‘fantasma’ di 5 milioni di euro verso Ream scomparso dal bilancio 2016. L’indagine era stata aperta nei mesi scorsi in seguito a un esposto dei capigruppo di opposizione Alberto Morano (lista Morano) e Stefano Lo Russo (Pd).

La vicenda riguarda l’area ex Westinghouse: nel 2012 Ream (una partecipata di Fondazione Crt) acquisì il diritto di prelazione sulla zona dove sorgerà il nuovo centro congressi di Torino. Versò al Comune una caparra di 5 milioni. A fine 2013 la Città aggiudicò ad Amteco-Maiora il progetto, operazione perfezionata alla fine dello scorso anno, quando il Comune ha incassato una parte dei 19,7 milioni offerti dai privati e, di conseguenza, avrebbe dovuto “decurtare” i 5 da restituire a Ream. Non è andata così: la somma non è stata né versata né iscritta a bilancio.

Gli uomini della Finanza avrebbero in mano delle carte che testimonierebbero i rapporti con la società immobiliare partecipata dalla Fondazione Crt e mail tra sindaca, assessori e funzionari. Non solo, decine di funzionari e dirigenti di Palazzo Civico sono stati sentiti in procura dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio. Tra questi, l’ex direttrice del settore Finanze del Comune, Anna Tornoni, che avrebbe raccontato di pressioni da parte del capo di gabinetto, Paolo Giordana, perché non iscrivesse il debito di 5 milioni a bilancio. Tornoni, che nel frattempo è stata destinata ad altro incarico, aveva confermato agli inquirenti di aver avuto rapporti prevalentemente con Paolo Giordana nella predisposizione dei conti che poi si sarebbero riversati nel bilancio di assestamento. L’impianto accusatorio avrebbe trovato conferma anche in alcune mail. “Ti pregherei di rifare la nota evidenziando solo le poste per le quali possono essere usati i 19,6 milioni di Westinghouse – si legge in un messaggio di posta elettronica inviato da Giordana a Tornoni, il 22 novembre 2016 – Per quanto riguarda il debito con Ream lo escluderei al momento dal ragionamento, in quanto con quel soggetto sono aperti altri tavoli di confronto”.

“Sono assolutamente serena e pronta a collaborare con la magistratura, certa di aver sempre perseguito con il massimo rigore l’interesse della Città e dei torinesi”. Così la Appendino commenta l’avviso di garanzia. “Desidero essere ascoltata il prima possibile al fine di chiarire tutti gli aspetti di una vicenda complessa relativa all’individuazione dell’esercizio di bilancio al quale imputare un debito che questa amministrazione mai ha voluto nascondere”




Rieti, comunali 2017: schede distrutte, si fermano le verifiche

RIETI – La Prefettura di Rieti ha sospeso per 24 ore la procedura di verifica delle schede scrutinate in 8 sezioni al ballottaggio per le comunali di Rieti del 25 giugno scorso, disposta dal Tar del Lazio. A quanto si è appreso le schede elettorali non utilizzate, autenticate e non, sono state già distrutte dal Tribunale di Rieti rendendo di fatto impossibile la verifica ordinata dal Tar dopo aver accolto il ricordo dell’ex sindaco Simone Petrangeli. La Prefettura di Rieti ha immediatamente informato il Tribunale amministrativo del Lazio dell’assenza delle schede e ha aggiornato la commissione di verifica a domani alle 9.30. “E’ un fatto di gravità inaudita che il tribunale abbia distrutto una parte delle schede in presenza di un ricorso pendente al Tar”. Così l’ex sindaco di Rieti, Simone Petrangeli.

L’ex sindaco di Rieti Simone Pietrangeli ha presentato ricorso al Tar del Lazio per l’annullamento delle amministrative che hanno portato Antonio Cicchetti (centrodestra) alla carica di sindaco del capoluogo del Lazio. Pietrangeli ha infatti chiesto l’annullamento del verbale del 28 giugno 2017 delle operazioni dell’Ufficio Centrale per il turno di ballottaggio, della proclamazione degli eletti e della attribuzione dei seggi ai consiglieri, nonché di tutti gli atti e le operazioni elettorali e dei singoli verbali inerenti le operazioni di voto delle 51 sezioni elettorali nel predetto turno di ballottaggio, con particolare riferimento ai verbali delle sezioni 30, 47, 8, 1, 5, 50, 15 e 29. Petrangeli al ballottaggio con Cicchetti fu sconfitto con una differenza di 99 voti




Rosatellum, iter al Senato: lo spettro dei franchi tiratori

Dopo il sì della Camera, i detrattori del Rosatellum bis affilano le armi in vista dell’iter in Senato, che nelle intenzioni della maggioranza dovrà essere rapido e indolore. È sempre più probabile che il governo ponga la fiducia anche a palazzo Madama.

 

Martedì si riunirà la conferenza dei capigruppo del Senato: l’obiettivo, viene confermato da fonti dem, è di avviare l’esame della riforma in commissione già all’inizio della prossima settimana, così da farla approdare in Aula per la discussione generale il martedì successivo e fissare il voto finale al massimo entro la mattina di giovedì 26. Poi si aprirà formalmente la sessione di Bilancio e, una volta approvata la manovra in via definitiva, si potrà dichiarare conclusa la legislatura. Proprio per questo è necessario che il Rosatellum bis superi la prova del Senato senza incidenti.

Lo spettro dei franchi tiratori (e di Napolitano) Il timore è sempre lo stesso: i franchi tiratori. E non è un mistero che a palazzo Madama i numeri impensieriscano il Pd, così come Forza Italia. Il malessere di diversi parlamentari, d’altra parte, non è venuto meno con il primo ok alla riforma. E c’è l’aggravante, dal punto di vista dei sostenitori del Rosatellum bis, dell’annunciato intervento in Aula di Giorgio Napolitano, che ha duramente criticato il ricorso alla fiducia e alcune norme della nuova legge: parole che potrebbero, è il timore, convincere i dubbiosi a non votare la legge.
Per Mdp nel testo c’è “un’incongruenza”

 

Sul rapido cammino del Rosatellum bis verso l’ok finale spunta poi un altro possibile intoppo: Mdp sostiene che il testo approvato dalla Camera contiene una “incongruenza” nelle norme relative all’elezione dei candidati nei collegi plurinominali. Errore che, per Alfredo D’Attorre, il Senato dovrà correggere, con il rischio di dover tornare alla Camera per un ulteriore passaggio. Dal Pd tagliano corto: “Nessun errore, la norma è chiara e non ci sono problemi”.

Grillo attacca Salvini: “Traditore politico” Ma è soprattutto la polemica tra le forze politiche a catalizzare l’attenzione. Nel centrosinistra è scontro aperto, con Pierluigi Bersani che accusa il premier Paolo Gentiloni di perdita di credibilità e Massimo D’Alema che mette la croce sopra a qualsiasi ipotesi di alleanza con Renzi, tacciandolo di aver siglato un “patto di potere” con Berlusconi e Salvini. Anche nel centrodestra il voto di giovedì ha creato una frattura e Fdi chiede un chiarimento ai potenziali alleati.

 

Nel day after, però, la scena è tutta per il Movimento 5 Stelle e la Lega, che se le danno di santa ragione. “Matteo Salvini è un traditore politico”, è l’attacco frontale dei pentastellati. “Noi vogliamo votare il prima possibile a differenza dei grillini che con la scusa di voti segreti e legge elettorale cercano di ritardare il voto per mantenere poltrone e lauti stipendi”, replicano i presidenti dei gruppi parlamentari della Lega Nord Gian Marco Centinaio e Massimiliano Fedriga. Ironico – con tanto di bestemmia inclusa – il cofondatore del Movimento: “Pd, Lega, Forza Italia, verdiniani et similia, convergono magicamente” e realizzano “il miracolo italiano”, approvando “una legge perfetta, inappuntabile, impermeabile a qualsiasi critica”.




Rosatellum, Carlassare: “Lo spirito della Costituzione è totalmente travolto”

Viene da chiedersi a cosa serva avere formalmente una democrazia bicamerale, quando si può saltare a piè pari la discussione in aula, il cui scopo precipuo sarebbe esattamente quello, con il ricatto della fiducia al governo sull’approvazione di articoli di una legge elettorale che è stata elaborata ad arte per favorire certi giochi di potere in seno alla maggioranza e per zittire i cittadini.

Da sempre Renzi e i suoi alleati hanno mirato, piuttosto che al consenso della nazione, a quello dell’aula, tacciando di populismo – divenuto un termine negativo come ‘fascismo’- chi avrebbe invece voluto andare incontro alle reali necessità del paese e dei suoi cittadini: cioè quello che i padri costituzionalisti avevano considerato che dovesse esser presente in una legge elettorale. Ormai questi ultimi, i cittadini, sono solo delle comparse, anzi, dei figuranti, nelle alchimie politiche della Repubblica Italiana, gestita sui generis ormai da troppo tempo da chi ha dimostrato in generale poca serietà e poco rispetto per chi in questa nazione è costretto ancora a vivere (altri sono fuggiti all’estero). Favorendo, al contrario, coloro che nel mondo gestiscono il potere economico, a cui ogni bravo lacchè gentilmente s’inchina, ancorchè proveniente da oltreoceano, nel nome di una globalizzazione e di una Unione Europea che già troppi danni ha fatto alla nostra nazione.

“Ce lo chiede l’Europa” era il lasciapassare per qualsiasi assurdità venisse imposta agli operatori economici italiani, dalla misura delle vongole, alle più recenti erbe aromatiche per cucina, al lardo di Colonnata, secondo l’UE da eliminare perché antigienico. Senza contare, citato a caso fra le altre mille iniziative dirompenti, l’altro assurdo, terribile guasto che si era riusciti inizialmente a scongiurare, e che, uscito dalla porta, è rientrato silenziosamente dalla finestra, cioè la ricerca petrolifera nell’Adriatico entro le dodici miglia, con ‘air bomb’ che distruggeranno l’ambiente marino e causeranno l’ulteriore spiaggiamento di cetacei, una delle ultime specie in estinzione. Senza contare le successive trivellazioni, da cui l’Italia, per i cervellotici meccanismi delle regole di concessione petrolifera – ad usum delfini -, non riceveranno il becco di un quattrino, né una goccia di quel petrolio (peraltro di pessima qualità, e che sarebbe antieconomico estrarre, se non fosse per le più che lusinghiere offerte del nostro governo in tema di concessioni petrolifere, praticamente gratis.

 

E allora viene da chiedersi: cui prodest, se nessuno, in Italia ne ricava profitto?) che è stato falsamente spacciato come una risorsa, in sede, allora, referendaria, dato che il minerale appartiene non a noi Italiani, ma alla compagnia petrolifera che lo estrae. Dulcis in fundo, una riflessione: l’Adriatico è un mare chiuso, che cambia la sua acqua mediamente ogni cento anni. Le trivellazioni, inevitabilmente inquinanti, lo distruggeranno per un periodo non lontano da tale termine, in più creando sul fondo una fanghiglia oleosa e puteolente che impedirà ogni e qualsiasi ricrescita della flora marina, indispensabile per il nutrimento della relativa fauna. Con buona pace dei pescatori che da quei tratti di mare interessati dallo scempio traggono – ancora per poco – il loro sostentamento; con conseguente disoccupazione e abbandono dei piccoli paesi costieri da parte di chi andrà altrove a cercare il suo sostentamento. Tutto in ossequio alle grandi società che tutto corrompono e acquistano, soprattutto in sede decisionale. Mentre a noi gente comune fanno credere che a breve non si utilizzeranno più carburanti provenienti da giacimenti fossili, e mentre le grandi fabbriche automobilistiche sfornano sempre più auto elettriche. Ma tant’è: questi sono i governanti che hanno in mano il potere. La chiave di tutto sono le elezioni, appuntamento da cui da troppo tempo la nostra nazione latita, ed è quindi intuibile che si possano anche fare ‘carte false’ per mettersi in posizione di vantaggio.

 

Se il PD dovesse perdere la maggioranza politica – quella dei cittadini l’ha già persa da tempo, vedasi il risultato referendario sulla pretesa riforma costituzionale – ci sarebbe una ‘rivoluzione’. Il pericolo adombrato è quello dei ‘populismi’, nuovo termine per squalificare quella parte pur consistente del paese che vorrebbe che i provvedimenti presi in aula fossero a favore della nazione e della sua prosperità. Purtroppo è utopia pensare che, avendo installato i ‘suoi’ nei punti di potere, Renzi – sempre lui sullo sfondo, nonostante le indagini su Banca Etruria, su babbo Renzi e Co, su MPS e un sospetto omicidio – possa arrendersi e cedere così facilmente la poltrona e le sue più che redditizie fondazioni. Oggi, 12 ottobre, la Camera ha approvato sulla fiducia al governo il quinto e ultimo articolo del Rosatellum 2.0, legge elettorale più che opinabile sotto il profilo costituzionale, con 372 Sì, 149 No, e 6 astenuti. Eppure c’è ancora chi, in Italia, parla di ‘paese democratico’, di ‘rispetto della Costituzione’, di ‘Padri Fondatori’, di ‘Costituzione nata dal sacrificio di tanti Italiani, partigiani e non’, e altre amenità consimili, mentre Renzi tira fuori dal cilindro il fatto che ‘anche De Gasperi’ ha fatto ricorso alla fiducia. Come se si potesse fare un paragone fra lui e l’allora segretario della Democrazia Cristiana. Sbandierando, in più, come positivi, i due più grossi e conclamati fallimenti del suo governo, quasi fossero motivo di ripresa economica e culturale, e cioè la ‘Buona scuola’ – che se non se lo dicesse da sola, nessuno chiamerebbe ‘buona’ – e il Jobs Act, che ha causato più danni del tornado in Florida. Oltre ad avere una ‘ministra’ dell’Istruzione che non avrebbe neanche i titoli per un concorso pubblico, una ‘ministra’ della Salute che non ha titoli in campo medico, ma solo una qualunque maturità classica e un robusto legame – peraltro legittimo, fino a prova contraria – con le case farmaceutiche, e una ‘ministra’ della semplificazione che pare abbia copiato alcune parti significative della tesi di laurea – fino a prova contraria. Accusa da cui non risulta che si sia mai difesa.

 

A proposito della fiducia sul Rosatellum e sulla regolarità costituzionale del procedere del governo, abbiamo voluto chiedere un parere alla professoressa Lorenza Carlassare, prima donna ad avere accesso alla Consulta, e autorevole costituzionalista.

Professoressa Carlassare, ci siamo già sentiti in occasione del referendum costituzionale, a proposito del quale lei ha esposto le ragioni del suo dissenso. Oggi vorremmo chiederle cosa ne pensa del fatto che sull’approvazione della nuova legge elettorale sia stata posta la fiducia al governo.
E’ una cosa su cui non vorrei neanche soffermarmi troppo. Ormai penso che la correttezza e l’osservanza dei principi costituzionali sia qualcosa che non possiamo più aspettarci dai nostri politici. Certamente la legge elettorale non appartiene alla maggioranza né al governo. Il governo non dovrebbe entrarci proprio, quindi l’idea della fiducia sarebbe impensabile. L’hanno già fatto altri, e abbiamo sopportato, come stiamo sopportando un’infinità di cose. Non menzioniamo le altre, perché non mi pare che sia necessario.

Cosa ne pensa lei di questa legge elettorale, di questo ‘Rosatellum’?
Penso che non mi piace, e che come al solito il popolo sia obbligato alle scelte che hanno fatto le segreterie dei partiti e i loro vertici. Noi non abbiamo nessuna possibilità di scelta, anche per il fatto che ci sia una sola scheda in cui si deve votare, e che si voti insieme per un candidato in un collegio uninominale e per la lista. Almeno il voto disgiunto sarebbe stato un minimo di riguardo, ma non ci hanno dato nemmeno quello. Penso proprio male, le dico la verità.

Quindi una legge che non ha principi di costituzionalità?
Certamente, non so fino a che punto corrisponda all’idea di chi la Costituzione ha voluto, in quanto lo spirito della Costituzione è totalmente travolto, perché l’idea era quella che il Parlamento rispondesse almeno in parte alle diverse istanze che il Paese esprimeva. Guardi, l’idea dei costituenti era tutta un’altra.

Roberto Ragone




Rosatellum, prime due fiducie incassate: M5s e Mdp protestano in piazza

A Montecitorio arrivano i primi due sì sulla legge elettorale. L’articolo uno del Rosatellum, sulle quali il governo aveva posto la fiducia. La prima passa con 307 sì, 90 contrari e nove astenuti. Subito dopo la proclamazione del risultato sull’articolo uno (che contiene il sistema elettorale della Camera) l’assemblea di Montecitorio ha dato il via alle dichiarazioni di voto sulla seconda fiducia , quella sull’articolo 2 del disegno di legge (sistema elettorale del Senato), che ha ottenuto 308 voti favorevoli, 81 i contrari, otto gli astenuti.

Questa mattina si tengono le dichiarazioni di voto sulla terza ed ultima fiducia, quella posta sull’articolo 3 del testo. La votazione avrà inizio alle 11. A seguire, l’Assemblea di Montecitorio esaminerà i restanti due articoli del provvedimento, per poi passare agli ordini del giorno e alle dichiarazioni di voto finali.

Fuori dal palazzo ieri pomeriggio si è tenuta la manifestazione della sinistra, con manifestazioni in piazza Montecitorio e al Pantheon. “Gentiloni aveva detto che non sarebbe intervenuto. Ha perso credibilità” ha detto ha detto Pier Luigi Bersani arrivando alla manifestazione.

Sotto l’obelisco di Montecitorio, i cinque stelle hanno continuato a martellare l’alleanza che ha sostiene la nuova legge elettorale. Alessandro Di Battista ha messo nel mirino la Lega Nord: “Salvini si è venduto per qualche voto in più cedendo lo scettro di comando a Berlusconi”, ha detto. Il sì al Rosatellum ha provocato divisioni e imbarazzi nel centrodestra. A Montecitorio la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha preso le distanze dai suoi alleati: “E’ una legge vergognosa, non non potevamo starci e ci dispiace che altri si siano resi disponibili”

“Per la seconda volta nella stessa legislatura – commenta l’ex premier Massimo D’Alema – abbiamo una legge inaccettabile, segno di irresponsabilità del gruppo dirigente del Pd che logora la democrazia e apre la strada al populismo, spezzando il legame già fragile tra cittadini e istituzioni”.




Regionali Sicilia: Commissione antimafia domani a Palermo per setacciare gli incandidabili

PALERMO – Prevista per domani a Palermo una missione della Commissione Parlamentare con il compito preciso e rigoroso di controllare le liste per le elezioni regionali siciliane.

Scopo primario della missione è quello di esaminare attentamente coloro che per determinate ragioni vengono definiti “impresentabili”. Le “liste pulite” difatti non devono comprendere elementi incandidabili per la legge Severino oppure coloro che pur essendo candidabili devono successivamente essere sospesi per gli effetti della legge stessa o perchè si sono resi responsabili di reati previsti dal codice di autoregolamentazione delle candidature votato da tutti i partiti.

La missione a Palermo, prevista per domani, a 24 giorni dalla data delle elezioni dovrebbe scongiurare l’ipotesi che un ritardo del controllo da parte della Commissione possa causare che i nomi vengano fuori solo dopo il 5 novembre a votazioni svolte. La recente esclusione del gruppo Noi Siciliani capeggiato da Franco Busalacchi ha presentato insieme alla candidata Lucia Pinsone un ricorso depositato al Tar per l’esclusione della lista dovuta alla mancanza di sigilli dell’amministrazione in diversi moduli di sottoscrizione al listino regionale. La candidata si è spinta oltre rincarando con una precisa denuncia al Tar per chiedere l’immediata sospensione delle elezioni. La risposta immediata dall’ufficio elettorale non si è fatta attendere e sono state evidenziate le norme che regolano il sistema elettorale siciliano disciplinato dalla normativa elettorale risalente al 1951 prevedono comunque verifiche sulle cause di eventuali incandidabilità.

La corsa verso le Regionali a poco meno di tre settimane piene lancia le ultime frecciatine e accuse nelle voci dei gruppi opposti che non se le mandano a dire. Per fare un quadro riepilogativo della corsa alle elezioni da destra a sinistra non si risparmiano le polemiche acerbe e la commissione capeggiata dalla presidente Rosy Bindi potrebbe davvero stravolgere uno scenario mai apparso definitivo e chiaro. Il Movimento 5 Stelle nelle parole del premier Luigi Di Maio in un comizio di ieri nella Capitale aveva affermato ironicamente che per battere Cancellieri si erano “svuotate le carceri”.

Cancellieri stesso aveva sfidato il leader del centrodestra Nello Musumeci invitandolo ad un confronto pubblico e in una recente intervista aveva dichiarato: “Musumeci è il Crocetta del centrodestra. Come lui, è uno specchietto per le allodole: serve solo a nascondere ciò che è dietro di lui. Io ogni settimana sto presentando un assessore. Lui perché non lo sta facendo? Semplice: perché gli assessori non li sceglierà lui. Saranno Miccicchè, Cuffaro e Genovese a sceglierli e a piazzare i loro uomini”. Il candidato Claudio Fava della lista Cento Passi per la Sicilia in un comizio ha criticato Musumeci e non di meno il M5S: “I grillini affrontano tematiche che possono portare voti, come quella del cosiddetto abusivismo di necessità. Necessità come quella della casa del sindaco Cinque Stelle di Bagheria. Non basta fare un post su Facebook bisogna andare nei luoghi dove si fa la politica e vivere le piazze”. E Fava non risparmia neanche il candidato del centrosinistra Fabrizio Micari, rettore dell’Università di Palermo, dandogli del “miserabile” e accusandolo di aver usufruito dei database universitari per effettuare un invito al voto in larga scala.

A meno di tre settimane dal voto la campagna ha già assunto toni forti e il setaccio della commissione Antimafia prevista da domani a Palermo senza dubbio sarà foriera di ulteriore novità, polemiche e accuse in ogni fronte.

Paolino Canzoneri




Ius Soli, i digiunanti e i lati oscuri del Ddl

Quello che si sa per certo fino ad ora è che la Camera ha approvato il testo sulla nuova cittadinanza. Al testo spetta ora il difficile vaglio del Senato. E’ vergognoso come questo argomento stia venendo usato dalla politica ed asservito ai biechi fini elettoralistici. Indegna propaganda pro e contro, meritevole di entrare nell’indagine conoscitiva che la presidente (presidenta?) della Camera, Laura Boldrini, sta promuovendo con “#Bastabufale, impegni concreti”.

Tutto l’impianto del Ddl Ius Soli, fra l’altro, è molto stranamente orfano di relatore e si regge su volontà e discrezionalità di interposta persona. Secondo il testo che è parcheggiato al Senato, starebbe alla discrezione di uno dei genitori del minore, richiedere o meno la tanta discussa cittadinanza italica. Vale la pena chiarire che la “volontà richiesta” non è quella del minorenne bensì del genitore oppure del tutore. Recita infatti il testo: “Servirà la dichiarazione di volontà di un genitore, o di chi ne esercita la responsabilità, all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza del minore, entro il 18esimo anno. In assenza di questa dichiarazione, potrà essere il diretto interessato a richiederla, entro il suo
20esimo compleanno”. Consideriamo per un attimo, solo per ipotesi, dei genitori stranieri contrari che la loro figlia cresca all’occidentale e magari contrari anche ad un suo futuro fidanzamento con un italiano. Non stiamo raccontando niente di strano. Sono fatti di cronaca. Sempre per assurdo, e non tanto, immaginiamo anche che questo genitore rifiuti convintamente di chiedere la cittadinanza per la figlia mentre per il solo fatto di essere maschio, acconsente di chiedere la cittadinanza per il figlio. Risulterebbe un puro atto discriminatorio, però ahinoi, molto sentito in certi paesi dell’estremo oriente.

Può il legislatore permettere una tale ingiustizia? Può il legislatore creare un’eventuale spazio per una tale discrezionalità di cultura primitiva?

Un fattore importante da non trascurare poi, sarebbe la responsabilità del tutore, genitore o altro, che in nome e per conto dell’interessato chiede la cittadinanza. In sostituzione del minore, questo soggetto dovrebbe giurare fedeltà alla Costituzione e alle leggi dello Stato ed impegnarsi di farli rispettare al “nuovo cittadino”. Quale passaggio del Ius Soli tratta questo tema? Perché i digiunanti non lo spiegano ai cittadini? E’ anche vero poi che al compiersi del 18° anno d’età l’interessato avrà il diritto di richiedere oppure a rinunciare alla cittadinanza come previsto dal Ddl in Senato.

Non si capisce pertanto tutto questo polverone su un falso problema. Il digiuno di Rosy Bindi, di Luigi Manconi, di Delrio e di altri aderenti alla staffetta, non si spiega se non come una forma di dieta stagionale, del tutto personale e che potevano fare a meno di rendere pubblica. Oramai la minaccia del digiuno ha perso efficacia e non fa più alcuna presa contro la forza della ragione. Nella trasmissione televisiva “ Che tempo che fa” su Rai Tre dell’8 ottobre, Roberto Saviano invita i politici a votare lo Ius Soli perché, dice lui, questo non ha niente da spartire con l’immigrazione. Lo Ius Soli riguarderebbe i soli nati e presenti attualmente su territorio e che rispondono alle prescritte condizioni.
Ma sarà proprio così? Secondo lo scrittore Saviano il Ddl Ius Soli sarebbe una specie di sanatoria? Non si applicherebbe a quelli che nel futuro nasceranno sul territorio, “da genitori stranieri di cui almeno uno sia in possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo………….”, perché dice Saviano, lo Ius Soli si applicherebbe unicamente alle migliaia già presenti sul territorio. O Saviano sta in malafede, cosa che escludo, oppure non ha capito niente e forse questo potrebbe essere più probabile.

Fino ad oggi si sono sventolate tante bandiere comprese quelle di certi dignitari porporati, scomodando temi e ragioni prive di qualsiasi logica o principio morale, tanto meno cristiano. Non troviamo nulla di cattolico in questa finta crociata. I soggetti interessati al Ius Soli, attualmente hanno accesso all’educazione, alla sanità e a tutti gli altri servizi comuni ai cittadini italiani. Al raggiungimento della maggiore età, possono esercitare il diritto di chiedere o rifiutare la cittadinanza. Più chiaro e più semplice di così non si può.

Chi parla d’altro non fa che confondere le idee e dovrebbe spiegare la vera ragione perché lo sta facendo.

Emanuel Galea

 




Rosatellum bis, in corso le prime votazioni: M5S, Mdp e SI in piazza

Legge elettorale alla Camera, dove sono in corso la discussione generale e due delle tre votazioni in calendario. La terza ed ultima fiducia si voterà invece giovedì, mattina, poi i voti senza fiducia con l’esame degli emendamenti e di seguito i voti sugli ordini del giorno nel pomeriggio di giovedì e in-fine, entro la serata di giovedì il voto finale sulla legge elettorale. Ma le polemiche non si placano dopo la decisione del governo di porre la fiducia. Insorgono le opposizioni che come promesso scendono in piazza.

I 5 Stelle – che parlano di ‘emergenza democratica’ – manifestano davanti a Montecitorio. Mentre alle 17,30 – al Pantheon – manifesteranno contro la scelta del governo, Mdp, Sinistra Italiana e Possibile di Civati. “I cittadini avranno la loro parte di responsabilità se nascerà l’ennesima legge elettorale porcata”. Così il leader del M5S Beppe Grillo in un lungo post sul suo blog. “Tradire le generazioni a venire oggi ha la forma di lasciarle impantanare nei resti della squallida storia recente, io questo non lo perdonerò al Paese – prosegue – elettori e giornalisti saranno una cosa sola se non resteranno svegli almeno il giorno delle urne”.

 

Di Battista (M5S) ribadisce il suo appello alla compostezza: “Temo che nel momento in cui c’è una rabbia giustificata sia necessario fare una raccomandazione: la non violenza” è l’atteggiamento “migliore dal punto di vista etico” ed è quello che “ci consente di otttenere i migliori risultati”. “La fiducia sulla legge elettorale è un atto eversivo. Solo Mussolini aveva fatto cose simili”, ha detto ancora Alessandro Di Battista alla trasmissione Circo Massimo, su Radio Capital. Intervistato da Massimo Giannini e Jean Paul Bellotto, già senza voce per la sfortunata performance di piazza di ieri, il deputato del Movimento 5 Stelle ha invitato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a “pensarci 100, 1000 volte prima di firmare il Rosatellum bis”. E ha fatto un nuovo appello: “Venite in piazza Montecitorio oggi alle tredici. Bisogna essere in tanti per fermare questa porcata. La democrazia oggi è in pericolo, è a rischio. Il Parlamento viene composto dai rappresentanti del popolo. Con questa legge sarà composto da rappresentanti dei partiti”.

 




Lazio, M5S su nomine direttori dei Parchi: “Ennesime illegittimità”

LAZIO – “Prima la maggioranza ha modificato una legge per andare incontro, a detta dell’assessore Buschini, a “principi di efficientamento”, quindi, con le elezioni alle porte, la ha scientemente violata”. E’ quanto ha sostenuto Gaia Pernarella, capogruppo del Movimento 5 Stelle,  nel corso del question time tenutosi presso la il Consiglio Regionale in cui ha interrogato il presidente della Giunta Regionale, Nicola Zingaretti, e l’assessore ai Rapporti con il Consiglio, Ambiente e Rifiuti sul perché la Regione abbia proceduto alle nomina di tre Direttori dei Parchi regionali nonostante l’incompletezza delle procedure amministrative e la mancanza degli organismi preposti all’individuazione degli stessi. Dopo degli stessi aggiungi : in pratica si è violato l’obbligo di fare indicare due dei tre nomi papabili al l’incarico di direttore al comitato di gestione in quanto i comitati non sono mai stati istituiti. E quindi neanche potranno deliberare le nomine postume, come previsto X atti urgenti e indifferibili, all’interno dei quali comunque non possono  rientrare nomine apicali. In particolare l’attenzione della consigliera del Movimento 5 Stelle si è concentrata sulle nomine di Daniele Badaloni, figlio dell’ex presidente della Regione Piero, al Parco Naturale Regionale di Bracciano Martignano, di Danilo Casciani al Roma Natura, e di Giorgio De Marchis al Parco Naturale dei Monti Aurunci. “Non siamo entrati nel merito dei curriculum che in alcuni casi ci sono sembrati anche buoni e in altri abbiamo già pesantemente censurato – ha ribadito la Pernarella – ma sull’iter amministrativo che ha portato a una illegittima nomina dei Direttori, arrivata dopo quattro anni e mezzo dall’insediamento della Giunta quando il termine previsto dalla legge è di 45 giorni. Che altra urgenza poteva avere il presidente Zingaretti se non l’imminente scadenza elettorale e la necessità di nominare amici alla testa di truppe cammellate in vista del voto?”




Regione Lazio, su Ater Righini rimprovera Zingaretti: “Non pubblica i bilanci, vuole nascondere le criticità”

LAZIO – “Esiste un decreto legislativo del 2013 che obbliga le pubbliche amministrazioni a rendere accessibili tutti i dati e i documenti, tra cui i bilanci. Da una verifica dei siti istituzionali delle Ater della Regione è emersa l’assenza della loro pubblicazione o la parziale esposizione degli stessi. Parliamo delle aziende cui è demandata la gestione di un problema delicatissimo quale quello dell’emergenza abitativa e sulle quali Zingaretti ha il dovere di rendere trasparente la situazione economico finanziaria che sappiamo benissimo essere molto critica”. E’ quanto dichiara il capogruppo regionale di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, Giancarlo Righini.

“Questo obbligo legislativo non può essere disatteso – sottolinea Righini – la mancata esposizione dei bilanci implica l’intenzione di non voler rendere accessibili determinate informazioni. Peraltro esistono atteggiamenti scorretti da parte dei commissari Ater che in questi ultimi giorni hanno compiuto atti di riorganizzazione interna pur essendo scaduto dal 30 settembre il loro mandato e non si capisce inoltre chi sarà chiamato a governarle”.

“Si deve rendere pubblica l’accessibiltà agli atti delle Ater senza se e senza ma – conclude Righini – e va affrontata nel suo complesso la tematica delle aziende e delle società partecipate regionali, che come opposizione abbiamo richiesto sin dallo scorso maggio, che chiederò venga calendarizzata in una seduta di Consiglio alla prossima conferenza dei capigruppo”.