Migranti: ecco cosa cambia dopo la direttiva voluta da Salvini

“Se vogliono dare soldi a qualcun altro lo facciano, l’Italia non ha bisogno di elemosina”. Matteo Salvini boccia la proposta della Commissione Europea sull’immigrazione (6mila euro per ogni migrante accolto) e prepara il suo ‘contropiano’. E’ un decreto, al Viminale i tecnici ci stanno lavorando e sperano di sfornarlo per l’estate. Due i punti cardine: via la protezione umanitaria istituita dal primo governo Prodi nel ’98 e istituire centri di identificazione ed espulsione (Cie), uno per ogni regione.

“L’ipotesi non esiste. L’Italia non chiede l’elemosina, anche perché nel corso del tempo ogni richiedente asilo costa tra i 40mila e i 50mila euro”, continua Salvini sulla proposta della Commissione Europea che ha l’obiettivo di rendere operative le intese firmate nell’ultimo Consiglio europeo a fine giugno. Si tratta delle intese che lo stesso ministro dell’Interno esaltò, quantificando la vittoria italiana al vertice europeo con un grasso “70 per cento”. Anche il premier Giuseppe Conte si disse soddisfatto, addirittura “all’80 per cento”, proprio mentre tutto intorno le intese erano già belle e naufragate: nate su base volontaria, in poche ore si ritrovarono abbattute dagli Stati che ritiravano la propria disponibilità a ospitare i nuovi ‘centri controllati’ per migranti. Ora su queste intese scritte sulla sabbia si cimenta la Commissione Ue per cercare qualcosa di concreto per il 30 luglio, giorno dell’incontro Ue con Unhcr e Oim a Ginevra.

La direttiva di Salvini

Differenti modalità di assistenza per i richiedenti asilo e razionalizzazione della spesa. Sono questi gli obiettivi della direttiva firmata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha voluto ridefinire il modello vigente di accoglienza dei migranti, nell’ottica di ottimizzare i servizi e contenerne i costi.

Il nuovo modello prevede una differenziazione di servizi offerti in relazione alle fasi dell’accoglienza dei migranti, nel rispetto delle norme internazionali ed europee, e assicura il risparmio di spesa pubblica, secondo le raccomandazioni formulate dalla Corte dei Conti nel marzo scorso al termine dell’indagine conoscitiva sul sistema di prima accoglienza.

La direttiva Salvini, in concreto, individua due livelli di prestazioni: a tutti i richiedenti asilo verranno assicurati i servizi assistenziali di prima accoglienza, mentre gli interventi per favorire l’inclusione sociale saranno riservati esclusivamente ai beneficiari di forme di protezione.

Cosa cambia?

Le singole prestazioni saranno rese con modalità diversificate e specificamente individuate, più coerenti con la tipologia di accoglienza. Per le piccole strutture costituite da singole unità abitative situate sullo stesso territorio o in ambiti contigui, al fine di conseguire economie di scala, saranno messi “in rete” specifici servizi quali, ad esempio, servizi amministrativi, mediazione linguistico-culturale, informazione normativa.

In ogni caso saranno adeguatamente tutelati le categorie cosiddette “vulnerabili”. Particolare attenzione sarà riservata alla determinazione delle basi d’asta dei servizi, da individuare sulla scorta dei prezzi standard di riferimento stabiliti da centrali di committenza, ovvero indicati dall’ANAC nelle proprie delibere.

Le nuove linee di intervento del Ministro Salvini saranno attuate con l’elaborazione, in raccordo con l’ANAC, di un nuovo capitolato per la fornitura di beni e servizi, comprensivo degli schemi di bandi tipo a cui dovranno attenersi i prefetti nella predisposizione delle gare di appalto di competenza. Per definire le modalità di tale vigilanza collaborativa tra Viminale e ANAC e’ stato sottoscritto dal Ministro Salvini e dal Presidente ANAC Cantone uno specifico protocollo di collaborazione.

“Le linee di intervento delineate oggi con la direttiva- ha detto il ministro Salvini -permetteranno di razionalizzare la spesa uniformandoci alla media dei Paesi europei”.




DL terremoto è legge: Salvini ringrazia, Pirozzi critico

Il dl n.55 del 2018 sul terremoto è legge: la norma, che contiene tra l’altro misure urgenti per la popolazione interessata, ha ricevuto dalla Camera 398 voti a favore ( M5s, Lega, Pd, Leu) e 98 astensioni (FI, Fdi) diventando così legge dopo aver passato il vaglio di Palazzo Madama. Tali provvedimenti, che il Presidente del Consiglio Conte definisce “un segnale di unità e di attenzione”, erano stati caldeggiati dai presidenti delle quattro regioni colpite, dai sindaci dei Comuni del cratere e dal Commissario alla ricostruzione Paola De Micheli.

In particolare la norma prevede la proroga della struttura commissariale fino al 2021, dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2018 con uno stanziamento di 300 milioni e l’inserimento dei comuni abruzzesi di Catignano, Civitella Casanova, Penne, Penne Sant’Andrea e Basciano nel cratere. Il M5s sottolinea come 80 milioni aggiuntivi siano stati destinati ai cittadini colpiti del sisma “frutto dei risparmi e dei taglia-casta della Camera dei Deputati”. La legge, inoltre, si preoccupa di inserire alcuni provvedimenti riguardanti tasse e contributi: la proroga della scadenza della cosiddetta busta paga pesante, la proroga e sospensione dei termini per gli adempimenti ed i versamenti tributari e contributivi, e il posticipo del rimborso da parte dei lavoratori dipendenti e pensionati al gennaio 2019. Analoga data prevista per far ripartire il pagamento di premi assicurativi e dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico dei datori. Il canone Rai sarà sospeso sine 31 dicembre 2020, mentre si ferma al 31 dicembre di questo anno la possibilità di presentazione delle domande per la ricostruzione privata. Allo stesso modo è prevista la proroga di due mesi per l’avvio delle agevolazioni fiscali e contributive sospese per il terremoto del 2009.

Matteo Salvini ringrazia deputati e senatori per essere passati dalle parole ai fatti e ne approfitta per dirsi felice per la famosa Nonna Peppina. Infatti la legge contiene la previsione di regolarizzazione delle strutture provvisorie realizzate sui terreni di proprietà (cosiddetta norma di nonna Peppina) e la procedura di sanatoria dei piccoli abusi edilizi fino al 5%, realizzati prima del 24 agosto 2016. Importante il comma che inserisce una serie di misure atte alla tutela dei familiari delle vittime dei terremoti del 2016, 2012, 2009 con supporti economici che vanno da 5 fino a 40mila euro.

Di contrario parere è il consigliere regionale ed ex sindaco di Amatrice Sergio Pirozzi che a L’Osservatore d’Italia spiega come “il problema è l’ampliamento del cratere, il quale ora comprende 139 Comuni, e che perciò livella la normazione in maniera che non si distingue più, a livello di provvedimenti, tra comuni con danni abitativi ingenti e quelli con ricadute inferiori. Al contrario – continua Pirozzi – è indispensabile ristringere a 40 comuni con il 50% più uno di edifici inagibili il cratere.” È questo, secondo l’ex sindaco di Amatrice, il grimaldello per soddisfare specificatamente le differenti esigenze. A tal proposito Pirozzi terrà il 26 luglio a Roma una conferenza per spiegare il disegno di legge sulle aree terremotate presentato in Regione Lazio.

Gianpaolo Plini




Conte all’Ue sui migranti: “Necessario creare una cellula di crisi’

“E’ essenziale dotarsi da subito di un meccanismo Ue di gestione rapida e condivisa dei vari aspetti relativi alle operazioni di Search and Rescue” attraverso “una sorta di cellula di crisi” che abbia il compito di “coordinare le azioni” degli Stati “riguardo all’individuazione del porto di sbarco e dei Paesi disposti ad accogliere le persone soccorse. Il mio suggerimento è che tale meccanismo venga coordinato dalla Commissione europea (dalla Dg Home, ad esempio)”. Lo scrive Giuseppe Conte nella lettera inviata il 17 luglio a Juncker e Tusk di cui l’ANSA ha ottenuto copia.

In una lunga intervista in apertura di prima pagina al direttore del Fatto Quotidiano., il premier ha detto di aver inviato martedì la missiva: “Martedì ho scritto la seconda lettera a Juncker e Tusk per chiedere che quel che è avvenuto domenica”, cioè la suddivisione dei migranti, “diventi una prassi, affidata non più alle nostre telefonate ai partner, ma a un gabinetto o comitato di crisi sotto l’egida della Commissione Ue, che poi si faccia mediatrice con i vari governi”.

Il premier annuncia inoltre che c’è in cantiere “una riforma organica, direi rivoluzionaria, del fisco, basata su due aliquote e una no tax area, consentiremo a chi ha col fisco pendenze senza colpa di azzerarle”. “Giuro che non ci saranno condoni”, assicura inoltre il premier. “La Costituzione impone giustamente la progressività fiscale e noi la rispetteremo”, aggiunge.




RAI, eletti i consiglieri di amministrazione ‘politici’ 

Eletti dalle Camere i quattro consiglieri di amministrazione della Rai di nomina parlamentare.  L’Aula del Senato ha eletto Rita Borioni (101 voti), componente uscente e riconfermata in quota Pd, e Beatrice Coletti (133), manager televisivo, candidata scelta dal M5s. Alla Camera sono stati eletti Igor De Biasio e Gianpaolo Rossi. De Biasio, in quota Lega e sostenuto dalla maggioranza, ha ottenuto 312 voti, mentre Rossi, intellettuale vicino a FdI, ne ha incassati 166. In commissione di vigilanza era stato eletto presidente Alberto Barachini, parlamentare di Forza Italia, con 22 voti, un voto in più del quorum  che era di 21. L’elezione di Barachini e’ arrivata al terzo scrutinio dopo le prime due votazioni andate a vuoto.  Sul profilo di Barachini, giornalista neoeletto senatore, mantiene qualche riserva M5s, come ha spiegato il senatore Gianluigi Paragone, che a caldo si è augurato che questi non faccia “gli interessi di Mediaset, ma quelli degli italiani”. Da parte sua, Barachini ha chiesto ai colleghi, in particolare di M5s (che comunque avevano votato scheda bianca), di essere “valutato sul merito” e ha aggiunto di volere “una Rai imparziale e radicata sul territorio”.




Strage via D’amelio, Fava dopo audizione Fiammetta Borsellino: “Chiarezza su depistaggi”. Ecco i “servitori infedeli”

“Tra il ’92 e il ’94 si è assistito al più clamoroso depistaggio che la storia della Repubblica ricordi. Per questo chiederemo agli attuali responsabili dell’intelligence cosa è accaduto tra il ’92 e il ’94”. L’ha detto il presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava nella conferenza stampa seguita all’audizione di Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso nella strage di Via D’Amelio il 22 luglio 1992.

Per Fiammetta Borsellino “se la procura di Caltanissetta e i magistrati del tempo hanno fatto male, è giusto che rendano conto del loro operato”. In vista dell’anniversario della strage, la figura di Paolo Borsellino è stata ricordata oggi, fra l’altro, in aula, dalla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, dal vice presidente del Csm, Giovanni Legnini, dall’Anm e da diversi esponenti politici.

I depistaggi ad opera di uomini delle istituzioni

Le istituzioni che cercavano la verità su Borsellino depistate da uomini delle istituzioni. Lo certifica la Corte d’Assise di Caltanissetta nelle 1865 pagine di motivazioni della sentenza con cui si è concluso, poco più di un anno fa, l’ultimo processo sulla strage di via d’Amelio: «Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana», si legge nel documento, in cui i magistrati puntano il dito contro i servitori infedeli dello Stato che imbeccarono piccoli criminali, trasformati in informatori di Cosa nostra, costruendo falsi scenari sugli autori dell’attentato al giudice Borsellino.

Il 20 aprile del 2017 la Corte ha condannato all’ergastolo per strage Salvino Madonia e Vittorio Tutino e a 10 anni per calunnia Francesco Andriotta e Calogero Pulci, finti collaboratori di giustizia usati per mettere su una ricostruzione a tavolino delle fasi esecutive della strage costata l’ergastolo a sette innocenti. Accuse prescritte per per Vincenzo Scarantino, il più discusso dei falsi pentiti, protagonista di rocambolesche ritrattazioni nel corso di vent’anni di processi, cui i giudici hanno concesso l’attenuante prevista per chi viene indotto a commettere il reato da altri. Ed è a questi “altri” che la corte si riferisce nelle
motivazioni della sentenza. A quegli investigatori mossi da «un proposito criminoso», a chi «esercitò in modo distorto i poteri».

Gli infedeli

Il riferimento della Corte d’assise è al gruppo che indagava sulle stragi del ’92 guidato da Arnaldo la Barbera, funzionario di polizia poi morto. Sarebbero stati loro a indirizzare l’inchiesta e a costringere Scarantino a raccontare una falsa versione della fase esecutiva dell’attentato e a compiere «una serie di forzature, tradottesi anche in indebite suggestioni e nell’agevolazione di una impropria circolarità tra i diversi contributi dichiarativi, tutti radicalmente difformi dalla
realtà se non per la esposizione di un nucleo comune di informazioni del quale è rimasta occulta la vera fonte».

Perché i depistaggi?

Ma quali erano le finalità di uno dei più clamorosi depistaggi della storia giudiziaria del Paese? La corte tenta di avanzare ipotesi: come la copertura della presenza di fonti rimaste occulte, «che viene evidenziata – scrivono i magistrati – dalla trasmissione ai finti collaboratori di giustizia di informazioni estranee al
loro patrimonio conoscitivo ed in seguito rivelatesi oggettivamente rispondenti alla realtà», e «l’occultamento della responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato».

L’agenda rossa di Borsellino

I magistrati dedicano parte della motivazione all’agenda rossa del giudice Paolo Borsellino, il diario che il il magistrato custodiva nella borsa, sparito dal luogo
dell’attentato. La Barbera, secondo la corte, ebbe un «ruolo fondamentale nella costruzione delle false collaborazioni con la giustizia ed è stato altresì intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa, come è evidenziato dalla sua reazione, connotata da una inaudita aggressività, nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre». La Barbera è morto, l’inchiesta sulla scomparsa dell’agenda rossa è stata archiviata, ma a Caltanissetta, forze a maggior ragione dopo questa sentenza, si continuerà a indagare.




Sovraffollamento carceri, Marco Silvestroni (FdI) interroga il ministro della Giustizia

“Nell’ultimo anno il sovraffollamento nelle carceri del Lazio ha raggiunto percentuali da capogiro ed è diventata una vera e propria emergenza che provoca quotidianamente problemi di sicurezza ai danni degli agenti di polizia penitenziaria. In particolare gli istituti penitenziari di Velletri e di Roma sono ormai al collasso con l’aggravante di una significativa carenza di personale. Una condizione più volte denunciata dai sindacati di polizia penitenziaria a cui però non è mai arrivata una adeguata risposta. Fatti di cui il Ministro della Giustizia Bonafede non possiamo credere non sia a conoscenza. Ma sapere non basta, è urgente intervenire. Per questo nella mia interrogazione ho chiesto a Bonafede quali iniziative ritenga di adottare per dare risposte congrue agli agenti di polizia penitenziaria e soprattutto quali azioni urgenti intenda mettere in campo per consentire loro di svolgere il proprio ruolo in condizioni adeguate. La sicurezza è una priorità su cui non si e può e si non si deve derogare” così il deputato di Fratelli d’Italia, Marco Silvestroni ha illustrato l’interrogazione parlamentare da lui sottoscritta e depositata ieri.

Il testo dell’interrogazione dell’On. Marco Silvestroni (FdI)

Al Ministro della giustizia – Per sapere – premesso che:

nel Lazio dal 2016 al 2017 l’aumento di detenuti è stato calcolato in 108 unità; il sovraffollamento nei 14 istituti penitenziari del Lazio, dove al 31 dicembre 2017 sono stati contati 6.237 detenuti rispetto a una capienza regolamentare di 5.258 unità è diventata una questione di sicurezza;

il bilancio delle aggressioni negli istituti penitenziari risulta direttamente proporzionale al sovraffollamento, e, in particolare, preoccupa il sovraffollamento negli istituti di: Viterbo (+176); Cassino (+121); Frosinone (+76); Civitavecchia ( +62); Rebibbia (+53 per la sezione femminile); Rebibbia (+250); Regina Coeli (+318); Velletri (+139), Latina (+ 51) Rieti( +69);

le ragioni di tale situazione, così come nel resto delle carceri italiane, oltre al sovraffollamento, sono da ricercarsi principalmente nell’inadeguatezza delle strutture e nella ormai cronica carenza di personale della polizia penitenziaria;

a Velletri, come anche a Roma, gli istituti penitenziari sono ormai prossimi al collasso e la situazione lavorativa degli agenti di polizia penitenziaria è diventata inaccettabile, come confermato anche dagli ultimi fatti di cronaca relativi alle continue aggressioni a danno degli agenti;

i più colpiti da questa situazione emergenziale, oltre gli agenti di polizia penitenziaria, sono i pochi addetti impiegati nelle carceri, gli educatori e gli psicologi, continuamente sotto pressione e a rischio per la propria incolumità personale;

nel carcere di Velletri, addirittura, a causa della carenza di personale non si è potuto provvedere all’apertura di un nuovo padiglione appena completato;

E’ recentisima l’ennesima aggressione nel carcere di Velletri da parte di un detenuto di nazionalità Algerina a scapito di tre agenti entrambi refertati con 10 giorni di prognosi. A dare la notizia questa volta è stato direttamente il segretario OSPP (Organizzazione sindacale autonoma Polizia Penitenziaria) che ribadisce che senza interventi dalla parte politica al fine di ripristinare l’ordine e la sicurezza negli Istituti penitenziari si corre il rischio di trascorrere una estate di fuoco.

la legge 15 dicembre 1990, n. 395, ha istituito il Corpo di polizia penitenziaria che svolge compiti di polizia giudiziaria, pubblica sicurezza e gestione delle persone sottoposte a provvedimenti di restrizione o limitazione della libertà personale, partecipa al mantenimento dell’ordine pubblico, e svolge attività di polizia giudiziaria e pubblica sicurezza anche al di fuori dell’ambiente penitenziario;

il quadro normativo sinteticamente descritto assegna al personale della polizia penitenziaria funzioni ben più ampie di quelle di sicurezza dei centri detentivi, addirittura il personale viene a volte impiegato per garantire la sicurezza dei varchi dei palazzi di giustizia, sottraendo il poco personale alla sicurezza delle carceri -:

se sia a conoscenza dei fatti esposti, specie in relazione agli atti posti in essere in danno al personale della polizia penitenziaria di Velletri;

quali iniziative abbia adottato, o ritenga di adottare, al fine di garantire negli istituti penitenziari italiani una adeguata dotazione di agenti di polizia penitenziaria, con priorità nelle carceri del Lazio di Velletri e Rebibbia;

in che modo intenda intervenire per tamponare nell’immediato il problema legato alla carenza di agenti di polizia penitenziaria e per prevenire il verificarsi di eventi tragici.




Lobby contro il decreto dignità? M5S: “Fare pulizia nella Ragioneria dello Stato e al ministero dell’Economia”

“Nella relazione” al decreto dignità “c’è scritto che farà perdere 8mila posti di lavoro in un anno. Quel numero, che per me non ha alcuna validità, è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale. Non è un numero messo dai miei ministeri o altri ministri”. La verità è che “questo decreto dignità ha contro lobby di tutti i tipi”. Lo dice Luigi Di Maio in un video su Facebook commentando l’ipotesi di una contrazione dei posti di lavoro con il dl dignità.

“Fare pulizia” nella Ragioneria dello Stato e al ministero dell’Economia. E’ l’intento annunciato da fonti qualificate M5s dopo la vicenda della relazione tecnica al dl dignità. La tabella “spuntata di notte” sugli 8000 posti in meno viene ritenuta un episodio “gravissimo”: il sospetto è che ci siano responsabilità di uomini vicini alla squadra dell’ex ministro Pd Padoan. E l’idea è uno spoil system per “togliere dai posti chiave chi mira a ledere l’operato di governo e M5s. Abbiamo bisogno di persone di fiducia, non di vipere”, dicono.

Le relazioni tecniche – ribattono fonti Mef – sono presentate insieme ai provvedimenti dalle amministrazioni proponenti, così anche nel caso del decreto dignità, giunto al Mef corredato di relazione con tutti i dati, compreso quello sugli effetti sui contratti di lavoro della stretta anti-precari. Le stesse fonti specificano che la Ragioneria generale dello Stato prende atto dei dati riportati nella relazione per valutare oneri e coperture.




M5s, tutti i sindaci da Di maio: rinnovato il supporto agli Enti locali

Luigi Di Maio ha voluto incontrare, lo scorso 10 luglio a Roma, tutti i sindaci in carica del Movimento 5 Stelle. Presente anche il neo eletto Adriano Zuccalà, Sindaco di Pomezia. “Fare il sindaco è oggi uno dei mestieri più complicati. – Scrive Di Maio sul blog delle Stelle – Soprattutto – prosegue – se si ha voglia di fare, di restituire ai cittadini la fiducia che hanno dimostrato. Tante competenze, probabilmente oltre il dovuto, e poche risorse. E, a volte, seppure si hanno le risorse, queste non possono essere utilizzate per migliorare i servizi ai cittadini. Eppure si va avanti, lavorando giorno e notte, affrontando ogni difficoltà. Perché fare il sindaco, almeno per quelli a 5 stelle, non si tratta di un semplice mestiere ma di una vera e propria missione.”

Di Maio: “Li abbiamo riuniti tutti: da Vimercate ad Augusta”

“Tutti – ha detto ancora Luigi Di Maio – hanno potuto spiegare i problemi che si trovano ad affrontare, quelli sistemici e quelli del giorno dopo giorno. Anche perché in questi anni il carico di lavoro – e di responsabilità – ricaduto sulle spalle dei sindaci è aumentato esponenzialmente. Grazie a riforme come quelle della Madia o di Delrio, che dovevano risolvere ma hanno finito per complicare la situazione.

Ora che siamo al Governo abbiamo intenzione di raccogliere la sfida. Perché i problemi mostrati dai comuni amministrati dal MoVimento 5 Stelle, sono gli stessi di tutte le altre amministrazioni italiane. I nodi sono veramente tanti: da tutte le questioni legati al personale, agli eccessi di responsabilità – anche penale – in capo ai primi cittadini; dallo strapotere della burocrazia, alla mai risolta questione delle ex province.

Anche per questo abbiamo deciso di rinnovare il gruppo di supporto agli enti locali. I componenti del vecchio coordinamento, infatti, oggi sono ministri della Repubblica e devono assolvere a pieno la loro nuova funzione. Do quindi il benvenuto a Max Bugani, Valentina Corrado e Ignazio Corrao.”




Incontro Raggi – Di Maio per far ripartire Roma: tavolo con sette ministri ma Zingaretti dov’è?

ROMA – Luigi Di Maio ieri ha incontrato Virginia Raggi nella sede del ministero del Lavoro: in poco tempo, neppure 60 minuti, si è chiuso il Tavolo per Roma voluto da Carlo Calenda. Rispetto al progetto di Calenda, questo nuovo ha giusto il nome diverso:  “Cabina di regia interministeriale”, come evidenziato dai grillini in un videoclip di pochi secondi dove criticavano l’incontro Raggi – Di Maio: nessuna parola ma tanta musica e sorrisi. Tradotto: dopo dopo il grande imbarazzo ed empasse per il caso Tor di Valle e l’arresto di Lanzalone, tra il vicepremier e la sindaca è tornato un rapporto disteso e sereno. Ieri, dunque, si è parlato a grandi linee del nuovo piano che dovrebbe rilanciare la Capitale con ben 2 miliardi di euro e con più poteri per il Campidoglio.

L’obiettivo minimo sono i fondi per finanziarie alcune nuove linee di tram e il completamento della Metro C fino al Farnesina: un pacchetto da 2 miliardi di euro. E poi il Campidoglio punta ad ottenere i decreti attuativi della riforma di Roma Capitale, avviata a fine 2010 con il cambio di nome ma con poche competenze reali passate dallo Stato al Campidoglio.

All’incontro non c’era Zingaretti. questo summit Raggi – Di Maio non ha dunque contemplato tra i protagonisti la Regione Lazio.

Felice Raggi all’uscita dall’incontro: “Ho incontrato il vicepremier Di Maio e abbiamo condiviso l’idea di costituire una cabina di regia interministeriale per lo sviluppo di Roma con tutti i ministeri che saranno interessati. Io direi che questa volta si fa sul serio”. Lo ha annunciato la sindaca di Roma Virginia Raggi uscendo dal Ministero del Lavoro”.

Sul nuovo piano per Roma Beppe Grillo ha già dato il benestare. Al nuovo tavolo parteciperanno sette ministri: Di Maio e i titolari di Trasporti, Economia, Ambiente, Ricerca, Agricoltura e Pubblica amministrazione. Dunque l’esclusa sarebbe proprio la Regione di Zingaretti, che sedeva al Tavolo lanciato dall’ex ministro dello Sviluppo l’anno passato.

“Dobbiamo alzare il livello”, ha detto Raggi a Di Maio. I soldi: Raggi ha nel cassetto progetti per almeno 2 miliardi di euro per cui è indispensabile l’aiuto del governo. Dai trasporti alle buche, al verde.

“Alla cabina parteciperanno tutti i ministeri interessati», ha detto Di Maio, che ieri ha annunciato anche i nuovi responsabili degli enti locali del M5S: al posto di Bonafede e Fraccaro, ex tutor del Campidoglio e ora diventati ministri, arriva un terzetto composto da Massimo Bugani, socio dell’associazione Rousseau vicino a Casaleggio, poi l’europarlamentare Ignazio Corrao e la consigliera regionale del Lazio, Valentina Corrado. La cabina di regia in un secondo momento a quanto si apprende sarà allargata anche alle forze produttive e sociali della città.

I PRECEDENTI

I precedenti dei tavoli di lavoro in materia non sono particolarmente incoraggianti. Nel 2009, dopo una lunga serie di incontri tra l’ex sindaco Gianni Alemanno e l’allora titolare del Tesoro Giulio Tremonti, si materializzo’ l’idea di un contributo da 500 milioni di euro l’anno, poi quella di cedere un pacchetto di caserme e forti militari di proprieta’ del Demanio al Campidoglio, che avrebbe monetizzato tramite la vendita ai privati degli immobili. Entrambi i progetti, pero’, sono rimasti lettera morta. Da quel governo, guidato da Silvio Berlusconi, il Campidoglio vide riconosciuta la possibilita’ di far ripartire la contabilita’ del Comune: il debito storico dal 1957 al 2008 e’ stato trasferito in una gestione commissariale. Partito da una cifra attorno ai 17 miliardi di euro oggi ammonta a circa 10, il piano di rientro prevede rate fino al 2048 e viene finanziato con 300 milioni di euro erogati ogni anno dallo Stato e 200 a carico delle tasche dei romani.
Alcune risorse straordinarie per la citta’ sono arrivate in occasione del Giubileo della Misericordia, iniziato nel dicembre 2015 e terminato un anno dopo. Ad agosto 2015 il Campidoglio, al tempo guidato da Ignazio Marino, ha stanziato 50 milioni di euro per realizzare 32 progetti tra decoro urbano e manutenzione in vista del Giubileo. Sul versante comunale delle infrastrutture l’evento e’ stato un flop: molti dei lavori previsti sono partiti in ritardo oppure non sono stati mai realizzati tanto che alcuni fondi sono stati dirottati su interventi programmati in occasione dell’Anno Santo e tuttora i cantieri devono partire. I fondi erogati dal Governo di Matteo Renzi per il Giubileo, invece, ammontavano a circa 150 milioni di euro, meta’ di queste risorse pero’ sono state impegnate per un piano di illuminazione a led dei quartieri periferici della citta’.
Con il governo di Paolo Gentiloni, invece l’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda ad ottobre 2017 ha avviato il Tavolo per Roma,a cui hanno partecipato Comune, Regione Lazio, sindacati e parti sociali, proseguito con oltre 60 incontri tra tavoli tecnici e politici. Il filo conduttore pero’, piu’ dei risultati attesi dal tavolo, e’ stato legato alla disputa politica tra Calenda e la Raggi. Il ministro ha polemizzato a piu’ riprese contro l’immobilismo del Campidoglio al tavolo e la sindaca ha replicato parlando di scarsa chiarezza sui fondi realmente a disposizione.Nel corso di sei mesi si e’ discusso di risorse, comprese tra 1 e 3 miliardi di euro, perlopiu’ fondi gia’ stanziati sulla carta da vari enti ma non utilizzati, di fatto pero’ il tavolo si e’ arenato a fine legislatura senza risultati immediatamente spendibili per la citta’.
Ora la Raggi e Di Maio parlano di una cabina di regia tra i ministeri interessati.




Inchiesta sul nuovo stadio della Roma: Parnasi su Santini, Civita e Palozzi. Domani decide la Cassazione

Le dichiarazioni di Parnasi non sono utili alle indagini. Più o meno è questo il giudizio espresso dal gip Maria Paola Tomaselli in merito all’interrogatorio a cui si è sottoposto l’imprenditore romano accusato di essere a capo di un sistema costruito per aggirare impedimenti burocratici e politici per costruire in tempi stretti il nuovo stadio per la Roma.

Ad oggi, scrive la gip Maria Paola Tomaselli, Parnasi “non risulta aver preso le distanze dal collaudato sistema corruttivo evidenziato nell’ordinanza di misure cautelari”. Non è tutto. Nel riepilogare le ragioni del no alla scarcerazione, la gip finisce per descrivere un gruppo imprenditoriale che aggira il rischio d’impresa attraverso “il ricorso a pratiche illecite tramite le quali si costruisce il buon esito delle diverse operazioni imprenditoriali intraprese”. Il tema è quello della tangente impiegata come “polizza” contro eventuali ostacoli aziendali. Ma, per questa strada, si arriva alla totale illegalità: “Si assiste a una sovrapposizione dell’organizzazione criminale alla struttura societaria, stante la consapevolezza di Parnasi di agire fuori dagli schemi” è scritto nell’ordinanza.

Eppure, solo 15 giorni fa la procura sembrava soddisfatta tanto da depositare un parere favorevole per i domiciliari subito dopo l’interrogatorio durato oltre 12 ore. Il gip, invece, giovedì ha respinto la richiesta, con un provvedimento ricco di perplessità e complesso.

Il costruttore, scrive il gip, non ricorda. Addirittura le sue  lacune sono più evidenti del suo consulente Luca Caporilli, interrogato dopo l’arresto e subito scarcerato. L’impressione nella sua totalità è che abbia reso “dichiarazioni in maniera lucida e consapevole, limitandosi ad ammettere fatti inequivoci ed incontrovertibili”. Ricostruzioni insufficienti a rendere credibile che non commetta altri crimini o cerchi di alterare le prove a suo carico.

Ad esempio non regge la presunta rete di relazioni che secondo le accuse avrebbe usato per far annullare il vincolo urbanistico. Claudio Santini, ex capo segreteria del Mibact, secondo un collaboratore di Parnasi, avrebbe ricevuto 25mila euro.

Insufficienti e vaghe anche le dichiarazioni sull’ex assessore regionale Michele Civita, al quale lo stesso gip ha deciso di concedere il semplice obbligo di firma subito dopo l’interrogatorio di garanzia: “Nulla ha riferito di significativo in ordine alla sua relazione con il Civita, limitandosi ad affermare la stima nutrita nei confronti dell’uomo politico che ha dichiarato di avere sempre sostenuto con il solo voto, in assoluto contrasto con quanto riferito da Caporilli e da quanto con evidenza emerge dalle conversazioni oggetto di captazione”.

Stessa storia per i rapporti con Palozzi, l’ex sindaco di Marino, che “aveva stipulato con il gruppo Parnasi una convenzione con la quale si impegnava a mutare la destinazione urbanistica della zona in cui doveva sorgere il cosiddetto Ecovillage”. Mancano i dettagli circa il rapporto con Palozzi, su cui Parnasi non ha offerto «significativa spiegazione».

Domani la Cassazione valuterà l’intera vicenda e l’impianto accusatorio della procura, visto che gli avvocati di Parnasi hanno chiesto di annullare l’intero provvedimento cautelare. L’unica ammissione di una condotta illegittima riguarda i fondi che sarebbero stati passati al Pd, tramite la fondazione Eyu e alla Lega con “analoghe modalità”.

Intanto, il senatore Francesco Giro di Forza Italia che secondo le accuse avrebbe ricevuto alcuni finanziamenti in chiaro dall’imprenditore afferma di non essere indagato nell’inchiesta sulla costruzione dello Stadio della Roma”.




Virginia Raggi va da Di Maio: c’è un piano per scongiurare il declino a Roma

Virginia Raggi ha forse trovato una soluzione per scongiurare il declino a Roma. Ieri gli industriali di Roma e del Lazio hanno parlato del masterplan, realizzato con The European House Ambrosetti, per il rilancio della Capitale.

Piani e azioni strategiche da mettere in campo per il futuro da qui fino al 2050. Il presidente di Unindustria Filippo Tortoriello ha presentato lo studio ai sindacati. Paolo Terrinoni, al vertice della Cisl romana ha accolto con favore l’iniziativa : “Il Comune deve dare subito risposte chiare sulle emergenze, invece notiamo immobilismo”.

Le emergenze a dire di Michele Azzola della Cgil sono i rifiuti e la mobilità: “L’idea degli industriali ci piace, serve un piano Marshall e adesso Salvini e Di Maio dovranno dare risposte chiare”.

Ermenegildo Rossi, dell’Ugl, ha ricordato che si rema tutti nell’unica direzione: “Sono sicuro che con questo esecutivo ritornerà la concertazione, per il bene della Capitale”.

Il piano discusso stabilisce dei macro-obiettivi da raggiungere. Dalla visione internazionale fondata sul turismo fino a quella dinamica delle imprese, passando per l’ambiente e i servizi ai cittadini. Oggi alle 12 Raggi è attesa in via Veneto per incontrare il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. E a Di Maio, che è anche vicepremier, chiederà oltre al piano «i poteri speciali per Roma».