Braccianti morti, Salvini dichiara guerra al caporalato: “Svuoteremo i ghetti”

Il giorno dopo la morte di 12 bracciati agricoli, tutti immigrati, nell’incidente stradale avvenuto sulla statale 16, nei pressi di Lesina, il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sono a Foggia. “La bussola di questo governo – anche nell’approccio che abbiamo avuto nei confronti dell’immigrazione – è quella di garantire la dignità della vita e la dignità del lavoro. Per quanto riguarda il fenomeno del caporalato dobbiamo rafforzare gli strumenti di controllo e prevenzione e introdurre misure di sostegno al lavoro agricolo di qualità”: così su Facebook il premier Conte raccontando le ragioni della sua visita a Foggia.

Salvini ai migranti: ‘Aiutiamoci’ – Vertice in prefettura a Foggia convocato dal ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dopo i due incidenti in cui, sabato scorso e ieri, sono morti complessivamente 16 braccianti agricoli stranieri. Il vertice con il ministro Salvini segue l’incontro, sempre in prefettura, con il premier Giuseppe Conte. Sia il ministro sia il premier hanno incontrato una delegazione di migranti. Ai giornalisti è stato concesso di entrare nella stanza in cui si tiene la riunione solo per alcuni minuti e per scattare alcune foto. In questo frangente Salvini, parlando con i migranti ha detto loro “aiutiamoci reciprocamente”. Poi il vicepremier e i migranti hanno fatto alcune foto insieme.

“La lotta alla mafia e allo sfruttamento è una priorità mia e del governo. Useremo tutte le armi a disposizione per non far nuocere questi delinquenti”, ha detto Salvini al termine del Comitato per l’ordine e la sicurezza a Foggia. “Svuoteremo progressivamente i ghetti, non è possibile che in una società avanzata esistano dei ghetti”, ha aggiunto il ministro dell’Interno a Foggia sottolineando che si sta già lavorando e sono a disposizione “alcuni milioni di euro per superare la fase emergenziale”. “Dobbiamo inoltre aggredire – ha aggiunto – i patrimoni dei mafiosi che campano con il caporalato”.

Si indaga anche per verificare se fossero nelle mani dei caporali i 12 bracciati agricoli: lo rende noto all’ANSA il procuratore della Repubblica di Foggia Ludovico Vaccaro che coordina le indagini avviate in riferimento agli incidenti stradali che hanno provocato nel Foggiano, in poco più di 48 ore, la morte di 16 braccianti agricoli immigrati.

“Sono state avviate due distinte indagini – ha precisato Vaccaro – una riguarda l’incidente stradale, per capire la dinamica e tutto ciò che può averlo causato, anche se c’è da dire che in entrambi i casi sono morti i due autisti dei pullmini sui quali erano stipati i poveri migranti. L’altra indagine è stata avviata sul caporalato”. “Stiamo cercando di individuare – aggiunge il procuratore – le aziende in cui hanno lavorato gli immigrati per verificare anche le eventuali condizioni disumane in cui lavoravano. Si stanno verificando gli orari, per vedere da che ora a che ora hanno lavorato, capire se c’è stato sfruttamento ed intermediazione”.

“Questa povera gente ha avuto problemi anche per trovare posto in ospedale. Sono dovuto intervenire personalmente per far sì che venissero trovati posti sia a Foggia che in altri ospedali della provincia”. Lo racconta all’ANSA il procuratore della Repubblica di Foggia Ludovico Vaccaro, che parlando dei feriti degli incidenti stradali che hanno provocato nel Foggiano, in poco più di 48 ore, la morte di 16 braccianti agricoli immigrati, pone l’accento su un problema sul quale è dovuto intervenire personalmente per evitare una situazione a dir poco incresciosa. “Io credo – ha aggiunto Vaccaro – che ci sia bisogno di interventi straordinari per risolvere una situazione divenuta tragica, insostenibile. Non è possibile assistere ad uno scempio del genere, sulla pelle di povere persone che vengono qui con la speranza di poter migliorare le loro condizioni di vita”.

LUNEDI’ 6 AGOSTO – Erano in 14, probabilmente viaggiavano in piedi, stipati in un furgoncino bianco con targa bulgara che poteva trasportare al massimo otto persone e che si è capovolto sull’asfalto dopo lo schianto: una scena apocalittica, con i corpi straziati tra le lamiere. Dodici i morti, tre i feriti. Le vittime sono tutti braccianti agricoli extracomunitari che tornavano da un’altra dura giornata di lavoro nelle campagne del Foggiano. L’impatto tra il pulmino ed un tir che trasportava un carico di farinacei, è avvenuto sulla statale 16, all’altezza dello svincolo per Ripalta, nel territorio di Lesina, nel Foggiano.

Sale così a 16 il numero dei morti che si contano in due incidenti stradali avvenuti a poco più di 48 ore di distanza l’uno dall’altro e che mostrano drammaticamente, per una tragica fatalità, le stesse modalità e circostanze. Solo sabato scorso, allo stesso orario, le 15.30, altri quattro braccianti nordafricani che erano a bordo di un pulmino bianco sono morti nell’impatto con un tir carico di pomodori, sulla strada provinciale 105 tra Ascoli Satriano e Castelluccio dei Sauri. Quattro i feriti, anche loro migranti, che sono ricoverati in gravi condizioni in ospedale. Su questo incidente, che ha mobilitato tutte le sigle sindacali, si indaga per caporalato, per verificare, cioè, se le vittime fossero nelle mani di caporali. La stessa indagine potrebbe ora riguardare anche l’incidente stradale di lunedì. Sembra che il furgone con a bordo i migranti stesse procedendo verso San Severo quando l’autista, forse a causa di un colpo di sonno o forse per un malore, avrebbe perso il controllo del mezzo che ha invaso la corsia opposta, scontrandosi frontalmente con il tir carico di farinacei che viaggiava in direzione opposta. Dodici braccianti sono morti sul colpo. I tre feriti, tra cui anche l’autista del camion, sono stati ricoverati nell’ospedale di San Severo: nessuno di loro è in pericolo di vita. Per estrarre le vittime dalle lamiere i vigili del fuoco hanno fatto intervenire una gru. Sul posto anche i carabinieri, la polizia stradale e ambulanze del 118. Anche in questo caso, come già si è verificato sabato scorso, le vittime non avevano documenti di riconoscimento e la loro identificazione richiederà tempo.

E’ probabile, così come è stato accertato per le vittime di sabato, che il furgone carico di migranti, per lo più africani, stesse rientrando nel Ghetto di Rignano, sgomberato nel 2017 e dove in realtà ne è già sorto un altro, con circa 600 roulotte. L’Aula del Senato ha osservato un minuto di silenzio in memoria delle vittime. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha annunciato che saranno avviate tutte le procedure per un aumento del numero degli ispettori contro la piaga del caporalato. E il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha detto che chiederà controlli a tappeto per combattere sfruttamento e caporalato.

Il governatore della Puglia, Michele Emiliano, è convinto che “si può, si deve fare qualcosa e subito” e precisa che la Regione ha stanziato le risorse per garantire un trasporto più sicuro dei lavoratori dell’agricoltura. “Ma per predisporre un servizio di trasporto pubblico – dice – è necessaria la collaborazione delle aziende agricole che, con la massima trasparenza, devono farne richiesta comunicando numero di lavoratori, orari di lavoro, tragitti di percorrenza. Questo non avviene mai, non è mai avvenuto sino ad oggi”.




Scontro Lega – M5S su grandi opere. Salvini vuole la Tav, Tap, Terzo Valico e Pedemontana ma Lezzi replica: “Servono infrastrutture”

Scontro nel governo sulle grandi opere. A Salvini, che insiste su Tap, Pedemontana e Terzo Valico, oltre che sulla Tav, replica la ministra pentastellata Barbara Lezzi: ‘In Italia servono le infrastrutture e in particolare ne hanno estremo bisogno il sud e le aree interne del centro-nord. È la carenza di questo genere di investimenti che ha provocato una perdita ulteriore di altri 300mila posti di lavoro al sud durante la crisi. Strade sicure, ferrovie, scuole, ricerca, università, bonifiche, anti-dissesto idrogeologico, energia pulita. Questi sono gli investimenti che L’Italia aspetta’. Non quindi quelli sulla Tap, ad esempio.

“Molte nostre aziende fanno gola all’estero, ma noi non vogliamo svenderle”. Lo dice il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini in una intervista alla Stampa. “Non ripeteremo i molti errori commessi in passato da qualche commissario che dovrebbe rispondere in sede civile e anche penale – assicura -. Se vuoi portare turisti in Italia, devi avere una compagnia di bandiera. È un asset strategico, come l’acciaio. Non possiamo chiudere l’Ilva, così non possiamo vendere o svendere Alitalia, intera o a pezzi”. Sulla fuga dei capitali Salvini minimizza: “Operazioni finanziarie che non condizionano l’attività del governo” mentre sulla partita della Rai fa sapere: “Andiamo avanti con Foa, che è la persona giusta al posto giusto”.

“Pedemontane, Tap e Terzo Valico – aggiunge sulle Grandi opere – i benefici sono superiori ai costi”. Sul debito Salvini, dopo il vertice a tre di Palazzo Chigi, assicura: “Faremo di tutto per non aumentarlo. Ma se si tratta di aiutare imprese e famiglie i vincoli europei si possono superare. La regola del 3% non è la Bibbia”. In un colloquio con Repubblica, il vicepremier avverte che “gli speculatori sono pronti a colpirci”, “ci saranno attacchi e dobbiamo prepararci con una manovra del cambiamento. Subito flat tax, rottamazione e quota 100 sulle pensioni”. “Comprendo tutte le cautele – spiega – ma fin d’ora bisognerà introdurre i primi sgravi fiscali. Penso alle partite Iva, alle famiglie più numerose. Ma anche al taglio di alcune accise dell’altro secolo sulla benzina. Quel che mi chiedono qui sotto l’ombrellone vale più dei sondaggi: la rottamazione delle cartelle”




Regione Lazio, Cangemi in pole position per la vicepresidenza. Palozzi sostituito nei prossimi giorni

Dalle ultime indiscrezioni risulta ormai deciso che ad avvicendarsi allo scranno di vicepresidente dell’Aula alla Regione Lazio, dopo l’arresto di Palozzi, sarà Giuseppe Cangemi. Per Forza Italia è un susseguirsi di beffe dopo il danno dell’ex consigliere Adriano Palozzi costretto ai domiciliari dalla Prefettura di Roma dopo il caso dello stadio della società calcistica capitolina per le sue pressioni sull’imprenditore Parnasi, il quale in un interrogatorio di oltre 11 ore, delinea i suoi rapporti con Palozzi.

Il 7 luglio scorso, il riesame ha scagionato da ogni coinvolgimento Michele Anzaldi del Pd nello stesso filone investigativo, mentre ha confermato la restrizione domiciliare per il consigliere Palozzi eletto con più di 9 mila voti nelle ultime elezioni ed ora dichiarato temporaneamente decaduto con decreto governativo dopo la notifica del provvedimento della Prefettura romana.

L’ex sindaco di Marino sarà sostituito da Roberta Angelilli, ex parlamentare europeo e prima tra i non eletti nella stessa circoscrizione romana, ufficialmente nella prossima seduta di martedì 7 agosto. Ma secondo l’articolo 20 comma 5 dello Statuto della Regione Lazio che recita ““I componenti l’Ufficio di presidenza restano in carica per l’intera legislatura, salvo i casi di dimissioni o di grave impedimento”, non è allo stesso modo immediata la sostituzione per la carica di vicepresidente.

Bisogna che i colleghi dello stesso Palozzi definiscano se il caso rientri nella fattispiecie del “grave impedimento”.

Nelle ultime ore si fa avanti, però,il nome di Giuseppe Cangemi, eletto in Forza Italia e bocciato alla guida della Sanità da un’ala dello stesso partito, capitanata da Tajani e Abbruzzese.

Cangemi si è, in seguito, aggiunto al gruppo Misto e da poco ha dichiarato il suo ingresso nella maggioranza di Zingaretti con la sottoscrizione del patto propugnato dal dem Buschini, come ha riportato nei giorni scorsi L’Osservatore d’Italia.

Ora il fatto che si avanzi il nome di Cangemi risulta insopportabile per i consiglieri di Forza Italia i quali, attraverso un avvertimento di Antonello Aurigemma allo stesso Buschini, si dicono pronti a osteggiare la già claudicante legislatura di Zingaretti bloccando il dibattito sul Collegato al Bilancio (provvedimento omnibus dove è stato inserito di tutto) proponendo centinaia di emendamenti.

Gli azzurri criticano la maggioranza che non rispetta il patto secondo cui il Presidente dell’Aula spetta al Pd, mentre le due vicepresidenze all’opposizione. Di fatti vicino al 5 Stelle Devid Porrello, i forzisti vorrebbero adesso Laura Cartaginese, eletta con Palozzi nella doppia preferenza di genere, a seguito dell’evidente impossibilità di rientro di Cangemi in Forza Italia che comunque sembra prossimo alla nomina.

Gianpaolo Plini




Rai, Berlusconi scivola su tre lettere. Ecco la strategia di Letta, Tajani e… Salvini

Sulla Rai cade Berlusconi e con lui quello che vi era di solido in Forza Italia. Mai come ora l’ex cavaliere si è ritrovato ad essere privato di tutte le sue influenze, soprattutto in campo televisivo.
Nell’aula al secondo piano di Palazzo S. Macuto la Commissione di Vigilanza ha espresso solo 22 voti favorevoli alla nomina a Presidente Rai di Marcello Foa, ex firma de Il Giornale presieduto dai Berlusconi; non garantendo il superamento della soglia dei 2/3. Presenti ma astenuti i 6 rappresentanti del PD, 2 LeU e 6 di Forza Italia.
É chiaro che sotto alla bocciatura di Marcello Foa si nasconde la strategia di Antonio Tajani e Gianni Letta ma anche il continum della politica di assorbimento del centrodestra da parte di Salvini.
Ieri in mattinata, Silvio Berlusconi riceve alla clinica San Raffaele, dove si trova per esami di “semplice routine”, il leader leghista che secondo alcune indiscrezione sarebbe riuscito a strappare un sì sull’approvazione di Marcello Foa. Ma alle 8 e 40 la commissione procede al voto senza gli esponenti di Forza Italia che forse hanno disobedito a Berlusconi, secondo anche quanto asserito dal vicepremier Luigi di Maio durante i lavori in commissione Affari Pubblici di Palazzo Madama:” se in queste ore la forza politica con cui abbiamo sottoscritto il contratto di governo mi dice che il leader di un’altra forza politica è d’accordo sul quel nome, ma i parlamentari esprimono un voto discorde dalla volontà del leader, credo che questo rappresenti per noi un’attenuante”.
Ma l’Ottuagenario ha evidentemente ceduto alle pressioni di Gianni Letta: un sì a Foa porterebbe Forza Italia a rimmeterci la faccia ma “ancora di più ce la rimetteresti tu Silvio” afferma Letta. Infatti è indicativo lo stato di salute politica di Berlusconi che non ne azzecca più una: cade su tre lettere, Foa, un nome non lontano dalla sua visione politica nel simpatizzare per Putin, nella visione dell’euro pro Savona
e nell’antipatizzare per il Presidente Mattarella. Ancor di più, secondo molti lettori de il Giornale che ieri hanno espresso le loro opinioni tramite alcuni commenti, questo inciampo comporta la fine di Forza Italia non solo perchè troppo vicino al Pd di Renzi ( che comincerà anche la sua trasmissione su un canale mediaset) ma anche perchè Berlusconi ha bocciato una personalità indipendente, allievo di Montanelli,
che ha lavorato fino al 2011 al Il Giornale. Considerando anche che, dopo la riforma sulla Rai di Matteo Renzi, i veri poteri sono riservati all’Ad, ora Salini in quota Tesoro, e non al Presidente.
Mentre Antonio Tajani Presidente dell’europarlamento è ad un passo dal compiere la tanto sperata e auspicata rottura tra Matteo e Silvio facendo avvicinare quest’ultimo a Renzi così da riproporsi in maniera positiva alla Merkel a Strasburgo. Tajani è arrivato, perciò, a minacciare l’ex cavaliere di dimettersi dalla vicepresidenza di Forza Italia.
Per Matteo Salvini (che si prepara ad assestare il colpo dalla nomina di Bernini su Romani il 23 marzo), invece, questa è l’occasione di lanciare l’opa agli ex (?) alleati forzisti che secondo lo stesso vice premier hanno già cominciato a bussare alla porta di via Bellerio. Per correre ai ripari Berlusconi in un’intervista cerca di chiarire come “il centrodestra non sia finito, ma il servizio pubblico non può essere espressione della sola maggioranza” e la riproposizione del nome di Marcello Foa fa sorgere problemi insormontabili giuridicamente, come sostiene anche Usigrai che propone il consigliere eletto dai dipendenti di Viale Mazzini Riccardo Laganà.
Stamane l’ufficio legale della Rai afferma che il “Cda è nel pieno delle sue funzione”, Marcello Foa può convocarlo come consigliere anziano e procedere alle nomine anche quelle dei Tg, l’unico vero obiettivo politico di Lega e M5S.

Gianpaolo Plini




Vigilanza Rai boccia Foa: contro la presidenza a Marcello c’è l’asse Forza Italia – Pd

Scontro aperto tra Lega e Forza Italia sulla presidenza della Rai. La frattura si apre di buon mattino, con la bocciatura di Marcello Foa in commissione di Vigilanza grazie al ‘non voto’ dei parlamentari azzurri, schierati con Pd e Leu contro la ratifica dell’ex firma del Giornale. La rottura si consuma nel tardo pomeriggio, con il fallimento definitivo dell’ipotesi di ricompattare il centrodestra sul nome di Foa.

“FI non lo rivoterà mai” avverte Berlusconi. Salvini attacca: “Hanno scelto il Pd per fermare il cambiamento” e la Lega non arretra: “Il cda della Rai è in carica e può svolgere mansioni e funzioni”. La visita, in mattinata, del ministro dell’Interno al Cavaliere, ricoverato al San Raffaele, non serve a riavvicinare le posizioni dei due (ex?) alleati: a San Macuto, gli azzurri restano compatti e la maggioranza giallo-verde raccoglie 22 voti a favore di Foa (uno in meno rispetto a quelli che aveva sulla carta con l’appoggio di Fdi), sotto il necessario quorum di 27.

“Mi rimetto alle decisioni dell’azionista”, commenta Foa, presidente ‘mancato’, lasciando subito intendere che non intende dimettersi dal cda (come fece invece Andrea Monorchio, nel 2005, dopo la bocciatura in Vigilanza) in attesa di un segnale dal governo. Apre così, da consigliere anziano, la riunione lampo del cda di Viale Mazzini che in poco più di venti minuti non può che limitarsi a prendere atto del voto della bicamerale e aggiornarsi a domani. Foa “è una persona libera che ha lavorato nell’ambito dell’informazione del centrodestra, conto che abbia il sostegno di tutto il centrodestra”, insiste da subito Salvini e sembra aprire a un margine di intesa. Più cauta la posizione del vicepremier Di Maio: “Va eletto un presidente della Rai: se ci sarà un’intesa tra le forze politiche su Foa è auspicabile che torni, altrimenti sono le forze politiche che siedono in commissione, nella loro interlocuzione, che possono trovare un’alternativa”. Ma dopo l’arroccamento di Berlusconi sul no, il Carroccio decide di forzare: il consiglio può andare avanti così com’è. Una posizione che evoca chiaramente la volontà di procedere in tempi brevi alle nomine in testate e reti, ma che pone una questione giuridica, oltre che politica. Foa è infatti il consigliere più anziano all’interno del cda, un ruolo contemplato anche dallo Statuto della Rai, e come tale ha coordinato i lavori anche oggi. Le regole prevedono però che eserciti le funzioni del presidente in mancanza di un vicepresidente, che a sua volta può essere nominato solo se la nomina del presidente è diventata “efficace”, cioè abbia avuto l’ok della Vigilanza. Insomma un rompicapo: non a caso oggi in cda Rita Borioni, eletta in quota Pd, chiede un chiarimento tecnico sui poteri del consigliere anziano. “Il cda non è legittimato, non può prendere decisioni senza un presidente reso efficace da voto Vigilanza. Se ascoltano Salvini rischiano la fine del caso Meocci: consiglieri condannati da Corte Conti a pagare 11 milioni”, avverte su Twitter il deputato dem Michele Anzaldi. Chi prova, invece, a sparigliare sono Usigrai e Fnsi, con una doppia proposta a cda e partiti: scegliere per la presidenza Riccardo Laganà, consigliere eletto dai dipendenti di Viale Mazzini, oppure un cronista sotto scorta, simbolo di quel giornalismo esemplare citato di recente anche da Di Maio. Se è stallo sulla presidenza, è già al lavoro, invece, il neo amministratore delegato Fabrizio Salini, impegnato al settimo piano nei colloqui con i primi riporti dei settori della governance e della comunicazione. E scrive ai dipendenti, invitandoli ad essere protagonisti di “una nuova pagina del servizio pubblico”. “E’ mia intenzione – assicura il manager – lavorare con impegno, coniugando creatività e rigore, consapevole che nessun obiettivo potrà mai essere raggiunto senza il pieno coinvolgimento di tutte le donne e gli uomini che, ogni giorno, tramite il proprio lavoro, rendono davvero grande questa azienda”.




Zingaretti e quella necessità di imbarcare un ex Lega e un ex Forza Italia. Tentativi di equilibrio con M5S

Il Pd imbarca in maggioranza alla Regione Lazio sia Enrico Cavallari e Giuseppe Cangemi, esponenti del gruppo misto. Il primo (già assessore al Personale della giunta Alemanno) è l’ex consigliere regionale della Lega espulso dal partito con una mail e l’altro è un ex eletto nelle fila di Forza Italia.

La mossa del leader regionale dem Nicola Zingaretti rientra nella strategia di affrancamento dai 5 Stelle nei confronti dei quali il Partito Democratico aveva ed ha la necessità di dover rendere conto per rimanere in carica, dopo l’accordo con la grillina Roberta Lombardi di far durare la legislatura almeno un anno.

Infatti, il rapporto con i pentastellati si fa sempre più esile come conseguenza delle pressioni che arrivano dai vertici del Movimento 5 Stelle ma anche dalla sindaca romana Virginia Raggi che non perde occasione di stuzzicare Nicola Zingaretti o addirittura escluderlo da tavoli strategici.
Lo stesso Presidente delle Regione Lazio trova difficoltà a gestire gli atti proposti dai consiglieri grillini, alcuni addirittura fuori dai limiti di pensiero dem come la bozza di legge di Davide Barillari sui vaccini.

Allora, l’ingresso di Enrico Cavallari e Giuseppe Cangemi certifica l’aumento dei seggi di maggioranza da 24 a 26 su un totale di 51. Ciò è avvenuto dopo la sottoscrizione di un’intesa programmatica composta di 10 punti che appare come “un’assunzione di responzabilità”, lanciata dal capogruppo dei dem Mario Buschini.

Ma solo mercoledì prossimo si farà formale quando il Pd voterà in blocco Cangemi a vicepresidente di Aula al posto dell’arrestato e quindi
decaduto Adriano Palozzi, e nominerà Cavallari a presidente di una commissione.
Data la stranezza di questo estremo cambio di casacche, accettato bipartisan considerando che “se si è fatto in Parlamento, si può fare anche in Consiglio Regionale” (Matteo Renzi, Denis Verdini e Angelino Alfano), è interessante indicare i punti salienti che sintetizzano le esperienze politiche di Enrico Cavallari e Giuseppe Cangemi.
Il primo si distingue, come abbiamo già accennato, per un passato nell’estrema destra romana e come assessore dell’ex sindaco Gianni
Alemanno per 5 anni dal 2008 al 2013, eletto con la Lega e accompagnato all’uscio dal neo coordinatore Zicchieri.

Il secondo fedelissimo assessore regionale dell’ex governatrice Renata Polverini tra il 2010 e 2012 e in giovane età parà della Folgore.
Anche se tra i dem c’è chi pensava a Massimiliano Maselli o Stefano Parisi, consiglieri più moderati ma che chiedevano correzioni profonde di alcuni programmi proposti come quello sugli inceneritori.

Gianpaolo Plini




Roma, Mussolini e Rendina su commercio e mercati: “I 5 stelle bocciano anche le loro stesse intenzioni”

ROMA – “Roma è in balia del delirio a 5 stelle”. Così il Consigliere dell’Assemblea Capitolina Rachele Mussolini, sugli emendamenti bocciati dall’amministrazione Raggi. “Sono riusciti a bocciare perfino emendamenti che prevedevano l’applicazione di loro atti deliberativi. Ho chiesto in Assemblea Capitolina, dopo aver concertato con Paolo Rendina, Responsabile Commercio Fratelli D’Italia, l’applicazione dell’abbattimento
del canone concessorio, previsto dalla normativa vigente, a favore delle AGS Mercati, sulle maggiori occupazioni di superficie autorizzate e sui magazzini in concessione. Nulla, i 5 stelle non hanno riconosciuto neppure la loro farina. Gli operatori dei mercati romani debbono sapere che questa amministrazione non si ragione e non si sviluppano politiche di supporto”. Continua Rachele Mussolini “La riqualificazione del
commercio e dei mercati parte dalla collaborazione e dalla disponibilità dell’amministrazione, ma serve
serietà, qui manca tutto”. Così in una nota Rachele Mussolini Consigliere di Roma Capitale “Lista Civica con Giorgia” con Paolo Rendina – Responsabile Commercio Fratelli D’Italia.




Salvini su Migranti: “La sinistra usa come scusa la bassa natalità per importarli”

“Un Paese dove non nascono bambini è destinato a morire. Alla fine di questo mandato il Governo sarà valutato sul numero di nuovi nati più che sul suo debito pubblico”. In gioco “c’è la nostra tradizione, la nostra storia, la nostra identità” e la sinistra sta usando la bassa natalità come una “scusa” per “importare migranti”. Così il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, intervistato dal Times.

In un’altra intervista al Sunday Times il ministro parla di Brexit: “La mia esperienza nel Parlamento europeo mi dice che o ti imponi o loro ti truffano”, ed esorta la premier britannica Theresa May ad adottare una linea più dura nei negoziati con la Ue sulla Brexit. Per Salvini, May dovrebbe prepararsi a lasciare il tavolo senza un accordo. “Perchè – aggiunge – su alcuni principi non c’è bisogno di essere flessibili e tu non dovresti fare passi indietro”.

Fontana: grande Salvini, stesse idee per bene Italia – “Grande Matteo Salvini sul Times: ‘Un Paese dove non nascono bambini è destinato a morire’. Stesse idee per il bene della nazione. Avanti tutta!”. Lo scrive oggi sul suo profilo facebook il ministro per la Famiglia, Lorenzo Fontana. Nel corso della Commissione Affari sociali sulle linee di indirizzo del suo dicastero, Fontana tre giorni fa aveva espresso lo stesso concetto: “La famiglia deve essere considerato un investimento e non una spesa. Il capitale famiglia rappresenta infatti un investimento per il welfare, per il futuro e in termini di Pil. Ogni anno perdiamo in termini demografici una città come Padova. Un problema non certo risolvibile solo allargando le maglie dei flussi migratori”.




Salvini soddisfatto su nomine Rai: “Con Foa e Salini finalmente voci diverse!”

Nella tv di Stato è cambiata aria. Al vertice della Rai “noi abbiamo indicato un ad e un presidente staccati dai partiti, due giornalisti, manager, imprenditori”. Così Matteo Salvini dal palco del comizio a Fontevivo di Parma, è tornato sulle nomine del servizio pubblico. Rispetto alle critiche del Pd, il vicepremier ha aggiunto: “Hanno paura che cambi qualcosa in Rai, la loro paura è fondata. Cambieranno le cose, verranno valorizzati giornalisti dimenticati perché non erano di sinistra”.

Il ministro del Tesoro Tria ha proposto al cdm il nominativo di Fabrizio Salini come ad Rai e Marcello Foa come consigliere di amministrazione. Quest’ultimo sarà votato dalla commissione di Vigilanza per la carica di presidente dell’azienda radiotelevisiva.

“Oggi diamo il via a una rivoluzione culturale. “Ora ci liberiamo dei raccomandati e dei parassiti”, nella Rai”. Così il vicepremier Luigi Di Maio, al termine del Consiglio dei ministri, presenta ai cronisti la scelta dei nomi da parte del governo sui vertici Rai, Marcello Foa, Presidente e Fabrizio Salini Ad.

“Stiamo lavorando ai tanti dossier aperti, tanti problemi che stiamo affrontando in questi primi 50 giorni di governo”, ha affermato Di Maio.

“Finalmente ci saranno tante voci diverse alla Rai. Non ci sarà solo la voce della sinistra renziana, ma tante voci diverse”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Matteo Salvini, arrivando a Fontevivo (Parma) per la festa della Lega Emilia. E le critiche dell’opposizione sulle nomine del servizio pubblico? “Quelli del Pd sono veramente alla frutta. Auguro loro un agosto di serenità e di relax perché ne hanno bisogno”, ha risposto Salvini.

”Sono orgoglioso ed emozionato per la nomina a presidente Rai, che è giunta inaspettata nell’arco di pochissime ore. Ringrazio di cuore il primo ministro Giuseppe Conte, i vice premier Matteo Salvini e Luigi di Maio, il sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti, il ministro dell’economia Giovanni Tria per la fiducia accordatami”. Scrive Marcello Foa su Fb. ”Mi impegno sin d’ora per riformare la Rai nel segno della meritocrazia e di un servizio pubblico davvero vicino agli interessi e ai bisogni dei cittadini italiani”. ”Sin dai tempi del mio maestro Indro Montanelli – aggiunge Marcello Foa -, mi sono impegnato per un giornalismo intellettualmente onesto e indipendente e da oggi rinnovo questo impegno morale nei confronti dei giornalisti e di tutti i collaboratori della Rai”. ”Grazie di cuore al Gruppo Corriere del Ticino – conclude – per questi splendidi anni trascorsi assieme. E’ stato un onore, lascio con commozione una squadra meravigliosa”.

”La Rai è una grande azienda che appartiene ai cittadini, colma di personalità, di creatività e di risorse. Il mio compito sarà quello di valorizzarle tutte per poter offrire un prodotto che rispecchi l’eccellenza italiana con contenuti diversificati, ampi e ricchi di stimoli”. A scriverlo sul suo profilo Fb è Fabrizio Salini, indicato come nuovo ad della Rai. ”Ma la Rai non è un’isola: le relazioni internazionali, così come la valorizzazione delle produzioni locali, sono parte essenziale della sua missione. Ringrazio per la fiducia che mi è stata accordata, e ringrazio i dipendenti e i dirigenti Rai per ciò che hanno fatto e per ciò che faremo insieme”, conclude Salini.

“In ottemperanza alle disposizioni di legge e di statuto e a completamento delle designazioni già effettuate dal Parlamento e dall’azienda, per il rinnovo del Consiglio di Amministrazione della Rai il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, ha proposto al Consiglio dei Ministri i seguenti nominativi: Fabrizio Salini, indicandolo per la carica di amministratore delegato, e Marcello Foa per la carica di consigliere di amministrazione. E’ quanto si legge in una nota del Ministero dell’Economia. Non nasconde la soddisfazione anche il presidente del consaiglio Giuseppe Conte che in un tweet plaude al rilancio dlel’azienda con le nuove nomine




A proposito di copertine di giornali: Salvini santo subito

‘Famiglia cristiana’, è il periodico più letto in Italia, grazie anche a politiche di diffusione che esulano dal semplice acquisto in edicola. E del quale, velatamente, si pensa che non acquistandolo si fa peccato. O che acquistandolo si fa un’offerta alla chiesa cattolica, il che procura un vantaggio per l’ingresso nell’aldilà: tutti infatti pensano che le offerte alla chiesa cattolica vadano ai bisognosi, e che queste siano opere buone; e che le opere buone aprano la via al Paradiso… Insomma, questo periodico ha pubblicato una copertina con Salvini che sormonta una scritta con un ‘Vade retro’. Un’espressione che si racconta nei Vangeli sinottici essere stata usata da Gesù nei confronti di Pietro, in un certo momento in cui lui gli annunciava la sua crocifissione. La didascalia prosegue precisando che ‘non c’è nulla di personale, è il Vangelo’.

Ora, il Vangelo, ne abbiamo tutti almeno una copia in casa. In realtà i Vangeli sono quattro, di cui tre sinottici, contenuti in un libro che si chiama Bibbia, composta da Antico e Nuovo Testamento: un volume che tanti hanno in casa, ma che nessuno legge – o quasi. E se lo legge, a volte lo legge in maniera distorta, ma non per colpa sua. Infatti, chi sta in alto dichiara che la Bibbia ‘va interpretata, va spiegata’. Ma non è così. La Bibbia è un libro che riporta la Parola di Dio, e sarebbe stupido se fosse riservata a pochi eletti. I quali poi avrebbero l’ingrato compito di doverla spiegare ad altri meno fortunati, e che magari hanno studiato di meno. Niente di più falso. La Bibbia, Parola di Dio fino a prova contraria, si spiega da sola, specialmente nel Nuovo Testamento, e specialmente nelle parti in cui gli evangelisti narrano la storia di Gesù. Ora, Gesù non ha mai detto ‘Vade retro’ a Pietro, prima di tutto perché non parlava latino, la lingua dei Romani, notoriamente invasori della Palestina, e quindi nemici. Ma anche perché Gesù parlava in aramaico, l’antica lingua degli Ebrei. Il latino è notoriamente la lingua dei cattolici, mentre tutto il Nuovo Testamento è stato scritto in greco. Quindi niente latino. Ancora più contorta è l’interpretazione che di quella frase da’ la chiesa cattolica. In televisione, infatti, qualcuno s’è affrettato a dire che quel vade retro intendeva che Pietro dovesse andare dietro a Gesù, e seguire il Vangelo – ancora non scritto, ma fa lo stesso – e seguire i suoi insegnamenti. In realtà, Gesù dice a Pietro: “Allontanati da me, Satana” dopo avergli profetizzato la sua fine sulla croce; e Pietro gli ha detto “Non sia mai Signore”, riportato più o meno nello stesso modo nei tre Vangeli sinottici, in uno dei quali si riporta addirittura che Pietro ‘si mise a rimproverarlo’. Gesù continua, lui sì, a rimproverare Pietro per la sua frase, dicendo che Pietro aveva il senso delle cose degli uomini, e non delle cose di Dio, cioè che per l’apostolo il bene primario era la vita. Noi sappiamo ciò che Pietro non poteva ancora capire: che cioè Gesù con la Sua morte vicaria avrebbe riscattato tutto il mondo dal peccato originale, e che la Sua missione sulla terra era proprio quella. Quel “Tutto è compiuto” pronunciato sulla croce prima di spirare lo dimostra. Ma chi voleva ostacolare la missione di Gesù sulla terra, se non l’avversario, il nemico, detto Satana? Ecco perché Gesù chiama Pietro Satana, cioè, in ebraico ‘avversario’: perché se Lui non fosse morto sulla croce, l’umanità sarebbe rimasta nella colpa.

Concludendo:

‘Vade retro Salvini’ sa tanto di esorcismo, e non di Vangelo, e non ci si può defilare dichiarando che non c’è ‘nulla di personale’: in realtà è un attacco personale. La rivista più amata dagli Italiani non può mascherare le proprie intenzioni in questo modo. È pur vero che è abitudine della chiesa cattolica adoperare i versetti delle Bibbia utilizzandoli a proprio uso e consumo. Ma questa è troppo grossa. Gesù non chiese a Pietro di seguirlo, con quella frase; non gli disse di andargli dietro. Anche perché per chi ha studiato il latino, ‘vade’ vuol dire ‘vai’, e non ‘vieni’; tanto meno ‘vienimi dietro’. Con quella copertina si capisce bene da che parte sta la chiesa cattolica. Una buona compagnia, che annovera opposizioni varie, a cominciare dal PD, su per Forza Italia, e tutta la sinistra. Quella marginale come LEU, e quella mascherata da istituzioni come Confindustria, Unione Europea, George Soros eccetera. Senza far menzione degli scafisti e dei loschi figuri – almeno quattro, denunziati in Italia da una inchiesta giornalistica – che lucrano sulla morte di poveri disgraziati a cui sono state raccontate un sacco di bugie per farli venire sul barcone. O sul gommone. Sarebbe eccessivo tacciare Famiglia Cristiana, e di conseguenza la chiesa cattolica, di complicità con gli scafisti. Anche perché non si vede quale interesse potrebbero averne. Salvini ha fatto l’unica cosa che andava fatta, cioè la prima mossa per fermare l’eccidio di clandestini, e la sua mossa ha messo in imbarazzo tutta l’UE. Che ora si è resa conto che ha una responsabilità, perché l’Italia non è UE soltanto quando deve versare i miliardi di euro, o deve accettare decisioni distruttive per la nostra nazione, come la TAV, il TAP, le arance marocchine, l’olio tunisino; e via discorrendo. Piuttosto ci sentiamo di parafrasare la copertina di Famiglia Cristiana con un’altra copertina virtuale, nella quale pubblicare un’immagine di Matteo Secondo – dopo Renzi – con una didascalia che dice: “SALVINI SANTO SUBITO”.

Roberto Ragone




Governo, stop alla riforma delle intercettazioni

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto Milleproroghe e  ha prorogato il termine per l’entrata in vigore della riforma delle intercettazioni. Lo ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Chigi.

 

Lo stop alla riforma delle intercettazioni

M5s spiega: era una norma liberticida voluta da un Pad in crisi per via del caso Consip. I giornalisti sono tutti d’accordo. Renzi e Orlando, all’epoca ministro della giustizia, non sono d’accordo per nulla.

Una legge-bavaglio approvata nel pieno del caso Consip, “per impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati o dei politici quando sono al telefono con persone indagate”, ha attaccato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi al termine del Cdm. “Possiamo tranquillamente dire – ha affermato – che ogni volta che qualcuno del Pd veniva ascoltato dai cittadini, il Pd cercava di tagliare immediatamente la linea e le comunicazioni. L’intento era quello di evitare ai cittadini di ascoltare i politici”.

Il Guardasigilli ha voluto ricordare “la storia del provvedimento” varato dal precedente governo: la riforma “è stata approvata – ha affermato il ministro – in concomitanza con il caso Consip”. Ora “abbiamo tolto le mani della vecchia politica dalle intercettazioni, uno strumento fondamentale contro fenomeni quali la corruzione”, ha sottolineato il Guardasigilli.

Secondo il ministro, dopo lo stop di ieri, sarà complessivamente riscritta per “trovare un punto di equilibrio tra tutti i diritti in gioco”. Si tratta di una “norma lesiva” dei diritti in gioco perché “ledeva la possibilità di portare avanti le indagini e dava alla polizia giudiziaria la possibilità di scegliere quali intercettazioni fossero rilevanti e quali no, attività che invece spetta al pm e che veniva tagliato fuori”. Il Guardasigilli ha anche messo in evidenza la “violazione del diritto di difesa”.

Tale “riscrittura” avverrà con un “percorso partecipato”, ha assicurato Bonafede che ha per questo “scritto una lettera” ai capi delle procure distrettuali del Paese.

 

La posizione dei giornalisti

“La proroga dell’entrata in vigore del decreto intercettazioni è una buona notizia. Con altrettanto favore va accolta l’intenzione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, di riscrivere la norma per impedire qualsiasi forma di bavaglio all’informazione. È però auspicabile che la fase di confronto e di ascolto annunciata dal ministro coinvolga anche gli enti della categoria dei giornalisti e consenta di mettere a punto norme per rimuovere dal nostro ordinamento tutte le forme di bavaglio ai cronisti”. Lo affermano, in una nota, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana, e Carlo Verna e Guido D’Ubaldo, presidente e segretario del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.