Tesina copiata, la ministra pentastellata Azzolina finisce nel ciclone delle accuse

Il vaso è colmo o dovremmo ancora sprofondare di più nella vergogna? Che il ministro dell’Istruzione, la pentastellata Lucia Azzolina abbia addirittura copiato dai manuali la sua tesi senza citare le fonti è veramente troppo.
Intere frasi copiate si trovano incollate pari pari nella sua tesina finale della Scuola di specializzazione (Ssis) che abilita all’insegnamento alle secondarie superiori.

La tesi della responsabile dell’Istruzione, su cui ha fatto luce il linguista e critico letterario Massimo Arcangeli, è risultata contenere ampi stralci copiati da fonti non citate. Interi paragrafi presi da manuali specialistici, senza citazioni, facendoli così passare per propri.

La scoperta l’ha fatta il quotidiano La Repubblica e adesso è scoppiato l’ennesimo scandalo. I paladini dell’onesta sono, come si dice, sotto botta.
“Fare peggio del ministro Fioramonti sembrava impossibile. E invece Azzolina ci stupisce: non solo si schiera contro i precari ma ora scopriamo che copia pure le tesi di laurea. Un ministro così non ha diritto di dare (e fare) lezioni. Roba da matti. Si vergogni e vada a casa”: così il segretario della Lega Matteo Salvini. “Un ministro (Azzolina, ndr) che assume i professori che ha copiato la tesi e un altro ministro indagato (Manfredi, ndr) che ora rappresenta studenti e insegnanti. Penso sia indegno per la scuola italiana, si dimettano subito perché in classe ci devono andare persone preparate e al ministero ancor di più”, ha rincarato Salvini da Novellara, nel tour elettorale in vista delle Regionali in sostegno di Lucia Borgonzoni.
Nella stessa direzione le critiche della deputata leghista Giorgia Latini, vicepresidente della commissione Cultura a Montecitorio: “Quanto riportato dalle colonne di Repubblica oggi è gravissimo. Chiederemo al ministro di venire subito in Aula a riferire e di rassegnare immediate dimissioni, come già in passato hanno fatto i suoi omologhi in altri Paesi, perché gli italiani e il mondo della scuola meritano rispetto e verità”.




Taglio dei parlamentari, raggiunto il numero minimo per il referendum: decisivo il contributo della Lega

Raggiunto e superato il numero minimo di 64 firme per presentare il quesito del referendum contro il taglio dei parlamentari. A contribuire al raggiungimento del numero anche l’appoggio di alcuni senatori leghisti. “Abbiamo dato un contributo per avvicinare la data delle elezioni – dice Matteo Salvini – perchè prima va a casa questo Governo di incapaci e meglio è, non per Salvini ma per l’Italia”.

I tre promotori del referendum sul taglio dei parlamentari, Andrea Cangini (Fi), Tommaso Nannincini Pd) e Nazario Pagano (Fi) hanno, dunque, depositato le 71 firme necessarie per la richiesta. Ben 7 in più del numero minimo richiesta di 64.

Dopo la rinuncia di 7 senatori a sottoscrivere la richiesta di referendum per il taglio del parlamentari, sono 11 le new entry che hanno deciso di aderire consentendo così la possibilità di depositare il quesito in Cassazione. Hanno aggiunto le loro firme: 5 senatori di Fi, 6 della Lega e 1 di Leu.

M5s all’attacco del Carroccio. “Non hanno resistito alla voglia di tenersi strette le poltrone e a quanto pare è arrivato ‘l’aiutino’ della Lega” nella raccolta delle firme per il referendum sulla riforma sul taglio dei parlamentari, attaccano fonti M5s. “Non vediamo l’ora di dare il via alla campagna referendaria per spiegare ai cittadini che ci sono parlamentari che vorrebbero bloccare questo taglio, fermando così il risparmio di circa 300mila euro al giorno per gli italiani che produrrebbe l’eliminazione di 345 poltrone”.

“Stamattina – fa intanto sapere il senatore M5s Michele Giarrusso – ho ritirato la firma sul referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. L’ho ritirata, perché la mia posizione è stata strumentalizzata da alcuni e travisata da altri”. 

Anche i senatori del Pd Francesco Verducci e Vincenzo D’Arienzo hanno ritirato le firme dalla proposta del referendum sulla riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari. Fonti Dem spiegano che i due senatori lo avrebbero fatto in conseguenza “di un fatto politico nuovo” e cioè la presentazione di quella proposta di legge elettorale proporzionale, che fin dall’inizio era stata chiesta dal Pd in relazione al taglio dei parlamentari.




Poveri ma belli, Belle ma povere e Poveri milionari: l’Italia tra reale, virtuale e governo Conte

Poveri ma belli, Belle ma povere e Poveri milionari è la famosa trilogia di film di Dino Risi, tre film di successo del 1957/1959. E oggi ci si domanda chi sono i belli, le belle e i milionari?

I poveri si riconoscono a vista. Non si trovano certamente a Courmayeur come non si trovano a prendere il sole sulle coperte di costosi yacht al largo di Viareggio e tantomeno a bordo di lussuose Ferrari, Lamborghini o Bentley parcheggiate nelle vie della Versilia e non si vedono come alcuni personaggi a pranzo al ristorante “Il Porto” o da “Gattuso” oppure da “Dolce & Gabbana”, sorseggiando champagne e assaporando ostriche e delizie affini. L’Italia dei poveri va cercata altrove ed è un’esclusiva per pochi in quanto l’argomento pare non interessare a nessuno.

In quale veste di questi tre scenari egregiamente proposti da Dino Risi si presenta oggi l’Italia?

C’è un Italia reale che si trova nelle periferie, c’è un’Italia virtuale largamente promossa dai mass media, c’è poi l’Italia del governo Conte, l’Italia del “Tutto va bene madama la marchesa” prostrata e con il cappello in mano, rassegnata nell’atrio dei palazzi della Ue.

Andando a ritroso si può sintetizzare lo scenario attuale in tre quadri, un canovaccio lacerato e sbiadito:

L’Italia di Conte

L’Italia di Conte, generazione del “Faccio tutto mi”, belli ed eleganti, che si atteggiano a Muse dell’alto Olimpo, veri dei che tutto conoscono, a tutti assistono dall’alto del loro sapere, ma che poi in effetti sono poveri di progetti, barcollano nel buio, sconvolgendo strutture, imprese ed il poco che di rassicurante che ancora si può rinvenire dopo la crisi. E’ l’Italia dei saputelli, dei presuntuosi e degli improvvisati.

L’Italia dei mass media

Subito dopo viene l’Italia virtuale massicciamente rappresentata dai mass media e dalla “Raccomandati ed Associati” club di privilegiati che si affacciano a turno nei vari talk show che assillano le serate televisive del popolo italiano, ansiosi di dire la loro sui vari argomenti. Sparano percentuali a piacere e alzano polvere e polveroni per colmare il non detto, per coprire il vuoto che creano ogni volta che si affacciano al pubblico.
Ahinoi, sono fortemente reclamizzati, usano il linguaggio dei giovani, sposano lo slogan “green deal” di Ursula von Der Leyen, si dichiarano gretini e gretine, celebrano in piazza i Fridays for Future, si fanno sentire e per questo, e non solo per questo, risultano vincenti.

Come si dice, fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Questa Italia virtuale rappresenta i valori che cadono e cadendo fanno tanto rumore.

L’Italia dei “poveri milionari”

Questa Italia è come un fiume carsico. Cammina e trascina con se una parte del Paese che conta. E’ l’Italia della corruzione, dell’evasione. Se è vero come asseriva durante il primo governo Conte il vicepremier nonché ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio, che l’evasione era arrivata alla cifra astronomica di euro 300 miliardi, quasi il 16% del prodotto interno lordo ma anche se fosse di soli 100 miliardi di euro come aveva corretto allora la Commissione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), nulla cambia e non c’è da stare allegri.

Solamente, come al solito, vige la legge “forti con i deboli e deboli con i forti”. Il governo Conte 2 ha preso di mira i piccoli imprenditori, i consumatori ed i pensionati. Il conto delle tasse in Italia per i giganti del web e della sharing economy, Amazon e Google, inerente al 2018 ammontano ad appena 14 milioni di euro. Le tasse pagate da Facebook non sono pervenute, però si sa che per il 2017 il colosso web avrebbe pagato la vergognosa cifra di 120 mila euro.

Quale lotta, a quali evasori? Si cercano quelli sconosciuti ma guai a nominare gli intoccabili

Lo scorso 9 luglio il Tribunale di Roma ha decretato che “I gestori di slot machine sono obbligati, al pari dei concessionari, a versare la quota della tassa di euro 500 milioni prevista dalla legge di stabilità 2015 per la filiera degli apparecchi da gioco”. Attualmente all’appello mancano circa 110 milioni di euro. Chi è che s’incarica di recuperarli?

Alla fine è il caso di dire, c’è l’Italia dei poveri, che poi siano belli o brutti poco importa. Quello che si sa di certo è che la loro povertà è brutta che più brutta non si può. Pochi sanno bene dove vivono, quanti sono, come campano, di che cosa vivono.

I politici si ricordano di loro solamente durante i comizi elettorali. Parlano dei poveri con voce rotta e qualche lacrima d’occasione.

La sceneggiata convince e il deputato di turno guadagna consensi

Si promette di tutto: lavoro, casa, sussidi, asili nido, buoni da spendere a piacere, felicità, benessere e giù con le promesse, tanto promettere non costa nulla.

Una volta eletto però, che nessuno si azzardi ad avvicinare quel politico, prima ed innanzi tutto deve sistemare la sua situazione, poi quella dei suoi cari, degli amici e degli amici degli amici. Ci si deve rassegnare, Montecitorio non è più lo stesso. A Montecitorio la voce della periferia non riesce ad arrivare, non arrivano le frequenze dei quartieri dell’ombra, le periferie sono rimaste sole e da tutti dimenticate.

”È inutile chiamare, non risponderà nessuno – Soli, mangiando un panino in due – Soli, il mondo chiuso fuori con il suo casino”. Caro Adriano, le tue sono parole profetiche, sono frasi d’amore per la bella. Non fa niente, il povero della periferia se ne appropria per gridare la sua solitudine, il suo abbandono, sperando che qualcuno lo ascolti.




M5s, Gianluigi Paragone: “C’era una volta il 33%….ora..”

“Paragone deve essere buttato fuori perchè è uno strano Savonarola, uno strano predicatore che ci costringe a guardarci allo specchio. Bene, questo Paragone si appellerà all’ingiustizia arbitraria dei probiviri del nulla, guidati da qualcun altro che è il nulla, e si arroga il diritto di espellermi. Ma io farò ricorso e se mi gira mi rivolgerò anche alla giustizia ordinaria per far capire l’arbitrarietà delle regole”.

Così Gianluigi Paragone, in un video su Facebook, all’indomani della sua espulsione dal Movimento

https://www.facebook.com/gianluigi.paragone/videos/642795003196248/

“Gianluigi è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali. Non c’è mai stata una volta che non fossi d’accordo con lui. Vi esorto a leggere quel che dice e a trovare differenze con quel che dicevo io nell’ultima campagna elettorale che ho fatto. Quella da non candidato, quella del 33%. Buon anno a tutti amici miei”. Lo scrive Alessandro Di Battista che prende così le difese del senatore espulso ieri dal MoVimento. Lo fa però non dai suoi profili social, ma commentando un post di un’attivista M5S.

“Ringrazio Alessandro Di Battista per le belle parole che usato per me, in mia difesa. Ale rappresenta quell’idea di azione e di intransigenza che mi hanno portato a conoscere il Movimento: stop allo strapotere finanziario, stop con l’Europa di Bruxelles, stop con il sistema delle porte girevoli, lotta a difesa dei veri deboli, stop alle liberalizzazioni che accomunano Lega e Pd. Io quel programma lo difendo perché con quel programma sono stato eletto. Ale lo sa”. Lo scrive su Facebook Gianluigi Paragone, espulso ieri dal MoVimento, in risposta alla ‘difesa’ giunta sempre via social da Di Battista.

“Sono stato espulso dal nulla. C’era una volta il 33%….ora..”. Lo scrive il senatore Gianluigi Paragone sulla carta intestata del Senato, in un messaggio scritto a penna. La foto è stata pubblicata su Facebook.

Cinque giorni per rasserenare animi e leader, prima del vertice del 7 gennaio: per Giuseppe Conte l’inizio del 2020 è in salita e ha, come primo appuntamento caldo, la riunione del post-Epifania sulla prescrizione. Pd e M5S restano lontani e l’entrata in vigore della riforma Bonafede, celebrata oggi dallo stesso Guardasigilli e da Luigi Di Maio, non raffredda il clima. Anche perché, dopo l’addio di Lorenzo Fioramonti e le voci insistenti di un nuovo gruppo ecologista-contiano alla Camera, il capo politico del Movimento è passato al contrattacco: in serata i probiviri notificano al senatore Gianluigi Paragone la sua espulsione dai Cinque Stelle. La cacciata di Paragone era nell’aria. Da tempo il senatore ex M5S non risparmia critiche ai vertici e ai colleghi e sulla legge di bilancio ha votato contro. Ma l’espulsione di Paragone è anche un avvertimento per gli altri dissidenti: i vertici sono passati al contrattacco e, come già era accaduto nei mesi scorsi, non hanno alcuna remora a lasciare su malpancisti e fuoriusciti la responsabilità della tenuta della maggioranza. “Qualcuno va al Misto dicendo che c’è un problema di verticismo, ma sono gli stessi che venivano a chiedermi una carica”, è la stoccata di Di Maio a Fioramonti, che non viene neanche citato. E la scure dei vertici potrebbe abbattersi, con sanzioni disciplinari, anche sui ritardatari nei rimborsi. Pratica che Di Maio difende: “Non è vero che solo il 12%” dei parlamentari del M5S è in regola”, sottolinea il ministro in una lunga diretta video su Fb. Chissà se la controffensiva dei vertici, e la contrarietà di Conte stesso, non freni il progetto di nuovo gruppo – il nome che gira nei rumors di palazzo è “Eco” – che Fioramonti ha in mente. Con lui ci sarebbe un drappello di deputati M5S e qualche ex del Movimento. Ma per avere un gruppo servono 20 deputati. Possibile quindi che si componga, almeno inizialmente, una componente nel Misto. Di Maio, nel frattempo, tira dritto. Annuncia che presto verranno nominati i facilitatori regionali e punta sugli Stati generali di marzo, che nei piani del leader dovrebbe registrare una sorta di nuovo inizio del M5S. “Nel 2020 saremo determinanti e per esserlo dobbiamo essere più strutturati e compatti”, afferma rivendicando i “40 provvedimenti approvati grazie al M5S”. Tra questi, chiaramente, c’è la riforma della prescrizione. “Ora ci sarà la riforma del processo penale e civile per garantire una drastica riduzione dei tempi dei processi: sono obiettivi importanti per i quali ci metteremo subito al lavoro”, assicura Bonafede tendendo una mano al Pd. Ma i Dem restano in subbuglio, stretti tra il pressing di Renzi da un lato e le necessità di non strappare su un tema spigoloso e dall’impatto elettorale imprevedibile. Toccherà a Conte fare da mediatore. Anche se il premier, dalla conferenza di fine anno in poi, ha ampliato i suoi spazi di manovra proponendosi come attore centrale della politica e come vera e propria antitesi a Matteo Salvini. Certo sulla sua collocazione partitica restano non poche incognite: Conte si rispecchia in una prospettiva di centro-sinistra cercando di dare questa impronta al suo stesso governo ma è ancora restio non solo a fare un suo partito ma anche gruppi in suo nome, a suo parere destabilizzanti. Destabilizzante rischia di essere anche il referendum che il 12 gennaio potrebbe essere di fatto ufficializzato dando il là alla tentazione del voto subito, senza il taglio dei parlamentari. E, non a caso, Di Maio già attacca: “chi non sarà eletto non vuole il taglio dei parlamentari perché non sarebbe eletto. Di questo referendum non c’era bisogno ma prepariamoci”.




Emilia Romagna, elezioni: il 26 gennaio grosso banco di prova per Salvini

Le elezioni regionali del 2020 in EmiliaRomagna si terranno il 26 gennaio. Per Salvini è un grosso banco di prova e pensare che il centrosinistra nei sondaggi è avanti soltanto di una manciata di punti dal centrodestra.

Il favorito, stando all’ultima rilevazione di Opinio Italia, è il presidente uscente, nonché candidato della coalizione di centrosinistra, Stefano Bonaccini, dato con una forbice di 2 punti intorno al 46,5%. La rivale di centrodestra, la leghista Lucia Borgonzoni, si ferma invece a un valore medio di 43,5%. Indietro il terzo incomodo, il portabandiera del Movimento 5 Stelle, Simone Benini, staccato al 7,5%. Un risultato comunque ragguardevole, considerata l’iniziale volontà dei vertici nazionali di non presentare una propria lista, poi smentita dall’esito della consultazione sulla piattaforma Rousseau.

“Maratona? Conte non arriva neanche al primo chilometro. L’ostacolo sarà la realtà, c’è una situazione economica preoccupante”. Il leader della Lega Matteo Salvini da Bologna ha commentato così le parole del premier Conte sulla maratona di tre anni. Il segretario della Lega attacca Conte, ritenendolo “una persona che vive male, è ossessionata da me, lui si alza la mattina e va a dormire pensando a me”.

“Io conto che il governo vada a casa al di là delle sconfitte in Emilia-Romagna e in Calabria – ha aggiunto Salvini -: guardiamo la tragicommedia delle ultime ore, salta un ministro se ne inventano due, di cui uno indagato”.

 Salvini ribadisce che la Lega farà le barricate "dentro e fuori il Parlamento" in caso di ritorno alla legge Fornero e se verranno cancellati i decreti sicurezza. "Conte e Renzi vogliono tornare alla legge Fornero. Li teniamo bloccati giorno e notti per mesi, è criminale tornare alla legge Fornero. E non permetteremo loro neanche di cancellare i decreti sicurezza: è un atto ostile contro gli italiani". 

"Quota 100 - ha aggiunto parlando della riforma delle pensioni - era l'inizio di un percorso che quando andremo al governo avrà quota 41 come ricaduta finale. Bonaccini ha scelto un campione della legge Fornero e del vitalizio come Giuliano Cazzola", ha detto Salvini parlando del capolista bolognese della lista di +Europa alle prossime regionali.

E in Emilia Romagna è anche una sfida a distanza con il presidente della Regione. “Con gli avversari abbiamo idee diverse sulla Regione, se vinciamo qui parte la riscossa dell’Italia”, ha detto il governatore Stefano Bonaccini presentando a Imola, insieme al sindaco di Milano Giuseppe Sala, il proprio programma elettorale e le liste che lo sostengono.




Matteo Salvini non può essere processato: ecco perchè

Lo dice l’Europa e tutti i giornali ne parlano! Lo dice la Corte dei Conti Ue e tutti si inchinano! Lo dice la Corte di Giustizia Ue e tanti fanno i distratti. Una ricerca del parlamento Europeo classifica l’Italia come il paese più euroscettico d’Europa. Ciò nonostante, questo Paese sembra non possa fare a meno di Strasburgo. Tant’è che spesso si legge di temi come l’eutanasia, la maternità surrogata, l’affidamento a coppie omosessuali e altre tematiche affini che vengono affidate alla Corte di Giustizia della Ue per avere una sentenza definitiva. Man mano che cresce la sfiducia nella democrazia e cala la certezza del diritto, l’Italia diventa sempre più “Corte di Giustizia Ue dipendente”, e questo, a parere di chi scrive, ha i suoi pro e contro.
Con il graduale declino dei partiti, la nuova politica sta diventando la scienza règia dell’improvvisazione. E’ diventata rozza, sguaiata e spesso triviale, a volte volgare. I politici non si affrontano più in dibattiti e discussioni tematiche ma spesso e volentieri delegano al potere dogato il compito di abbattere l’avversario mentre loro si godono la scena seduti lungo la riva del fiume aspettando il “lieto esito”.

Privilegi e immunità per i parlamentari europei

Il Parlamento Europeo nel suo Regolamento ha stabilito Privilegi e immunità dei suoi membri parlamentari. La Corte di Giustizia Ue, ha preso atto e nell’adunanza dello scorso 19 dicembre, riguardo alla carcerazione dei deputati catalani rei di sedizione dopo la dichiarazione unilaterale dell’indipendenza, ha decretato che:
“Una persona eletta al Parlamento europeo acquisisce la qualità di membro di questa istituzione a partire dalla proclamazione ufficiale dei risultati elettorali e beneficia, da detto momento, delle immunità collegate a tale qualità” e di seguito ha sentenziato che “Junqueras beneficiando dell’immunità parlamentare non andava processato”.

Ci si potrebbe domandare: Chi è Junqueras? Oriol Junqueras è un politico spagnolo, presidente della Repubblica della Catalonia che dal novembre 2017 si trova carcerato con l’accusa di sedizione, oggetto dell’adunanza della Corte di Giustizia Ue dello scorso 19 dicembre.

Proviamo quindi a fare un salto da Madrid a Roma e sostituiamo Junqueras con Salvini. Tutti e due membri del Parlamento europeo. Tutti e due, dunque, coperti da immunità. Bando ai pregiudizi. La corte europea non entra in merito alla colpevolezza del reato. Non discute se ci sia stata sedizione o meno da parte di Oriol Junqueras dopo la dichiarazione unilaterale dell’indipendenza catalana.

La Corte stabilisce un principio chiarissimo

Non era stato questo il tema di quell’adunanza. Il principio stabilito nella sentenza del 19 dicembre 2019 è chiarissimo e non può essere travisato. Per chiarezza si ribadisce cosa stabilisce la Corte:
“Una persona eletta al Parlamento europeo acquisisce la qualità di membro di questa istituzione a partire dalla proclamazione ufficiale dei risultati elettorali e beneficia, da detto momento, delle immunità collegate a tale qualità”. Questo dice e basta, e non entra nel merito del reato ascrittogli.

Analogie fra Junqueras e Salvini

Salvini è in attesa del prossimo 20 gennaio quando il Senato dovrà votare l’autorizzazione a procedere richiesta dal Tribunale dei ministri di Catania. L’ex ministro rischia “15 anni di carcere”. Fin qui i fattori che legano i due casi. Due uomini di governo, due membri del Parlamento europeo, l’uno già da due anni nelle patrie galere spagnole e l’altro, Salvini, prossimo ad entrarci, se non dovesse arrivare la voce autoritaria della Corte di Giustizia Ue a ricordare a chi preme liberarsi da un soggetto politico scomodo, che anche Salvini, al pari di Junqueras, beneficia dell’immunità parlamentare europea e quindi non va processato.

Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, commentando la sentenza della Corte di Giustizia Ue C-502/19 Junqueres Vies, ha affermato: “È una sentenza molto importante che interessa direttamente la composizione di questa istituzione. La Corte si è pronunciata nel senso che l’assunzione del mandato parlamentare risulta dal voto degli elettori”.

Tutti i commentatori politici si affacciano a turno nei salotti televisivi e commentano con grande verve. Un gran bailamme, un gran parlare a vanvera, come al solito, tanto per parlare e chi la dice più forte raccoglie più applausi. Dopo le affermazioni di David Sassoli, presidente del Parlamento Ue, durante la plenaria di Strasburgo, nessun altro ha nulla a che ridire?
L’immunità per i parlamentari europei è possibile che sia un optional, valida per taluni ma non per altri?




Scuola e università, mancanza di fondi in manovra: si dimette il ministro Fioramonti

Il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti ha consegnato la lettera di dimissioni al premier Giuseppe Conte. Il ministro nelle ultime settimane aveva più volte lamentato la mancanza di fondi per la scuola e l’università in manovra. Secondo quanto riferiscono diverse fonti di maggioranza, Fioramonti potrebbe lasciare il M5s per fondare un gruppo parlamentare autonomo ma ‘filogovernativo’, come embrione di un nuovo soggetto politico.

Il ministro aveva subordinato il suo mandato al reperimento di 3 milioni di euro per la scuola e l’università. Fondi, questi ultimi non presenti nella legge di bilancio. E le dimissioni sarebbero dovute scattare lo scorso 23 dicembre subito dopo il via libera della Camera alla manovra. Nei giorni scorsi sono girati alcuni nomi di deputati che potrebbero seguirlo, tra cui Nunzio Angiola e Gianluca Rospi, ma anche l’ex pentastellato Andrea Cecconi.




Collaborazionisti e sovranisti: in attesa di sentire l’ultima parola del Presidente della Repubblica

L’Italia brucia e gli innumerevoli Neroni della pseudo politica, come i troubadours del medioevo, percorrono le vie d’Italia raccontando storielle alle quali nessuno ormai più presta orecchio.

Brucia l’Italia e si mettono al riparo i calabrache, si mimetizzano o cambiano pelle i vigliacchi e si confondono tra la brava gente i pusillanimi. Brucia il Belpaese e il forte vento di bora proveniente dal nord, alimenta il deflagrare del fuoco. Si salvi chi può!

Come ai tempi di Nerone il dito dei “moralisti millenials” subito indica i colpevoli. Cerca un marchio per stigmatizzarli e la vecchia “sinistra sotto vuoto” li bolla con il “marchio d’infamia” di sovranisti. Per dare corpo a questa loro presunta imputazione si avvalgono di quella che in questo contesto si può paragonare alla famigerata “Corazzata Potemkin” della cara Fantozziana memoria.

A contrastare i cosiddetti sovranisti si sono riuniti in sodalizio tutti gli aderenti al pensiero unico, collaborando attivamente a tutto ciò che è trendy e lo fanno perché “lo dice l’Europa”

Sono la maggior parte delle reti tv, la stragrande maggioranza dei media, tutti quanti, in un modo o nell’altro hanno interesse ad osannare la politica finanziaria e bancaria europea, e quelli, ahinoi, che dal flusso migratorio irregolare e clandestino costruiscono la loro fortuna e non solo.

Sono i collaborazionisti e a questi non interessa provenienza, qualità e destinazione. Se si può permettere un detto inglese, fanno parte ai “ All right me fuck you Jack”. Per questi vale il “Dio, patria, Famiglia: che vita di m…”

A questo punto ben si delinea la crisi, la sua causa ed i suoi attori. Il pomo della discordia è da cercarsi nel pensiero unico che i burocrati UE vogliono imporre sulla vita sociale degli stati membri, la cessione di sovranità e per conseguenza anche la cessione della libertà. Il collaborazionismo non è altro che un fenomeno più delle volte politico , connesso alle vicende di un governo debole, alla guida di un paese soggiogato da forze/influenze terze, che vi organizza una classe sociale asservita agli interessi degli estranei
A questo diktat i cosiddetti sovranisti si oppongono mentre i cosiddetti collaborazionisti offrono piena cooperazione.

Per rendere il quadro più chiaro non c’è meglio che un esempio pratico. Durante la trasmissione “Stasera Italia” del 9 dicembre 2019, la conduttrice Palombelli, rivolgendosi a Pietro Senaldi, direttore responsabile del giornale Libero ed al giornalista Giampiero Mughini, chiedeva : Secondo voi cosa cambierebbe per l’Italia la fuoruscita della GB dalla Ue? Mentre Senaldi nutriva qualche riserva, Giampiero Mughini, scrocchiando le dita e facendo le solite smorfie, rispondeva: Che vuoi che cambi… l’Italia, un’isola, italiota….”. Qualcuno sta chiedendo, con questo, cosa si vuole dimostrare? E’ semplice. Con collaborazionismo, ovvio, oggi non s’intende la stessa cosa del collaborazionismo di Vidkun del 1943. No di certo, però continuare a veicolare un’opinione così meschina del proprio paese non è per niente carino, vuol dire collaborazione con quelli che all’estero denigrano questo paese.

L’Italia brucia e non sono gli interventi delle Procure, neanche i Fridays for Future oppure le Sardine e tanto meno la Greta dell’occasione a portare refrigerio alla penisola.

Di demagogia sono pieni i soliloqui dei politicanti e di verbi coniugati al futuro remoto gli italiani non sanno cosa farsene.

“Dacci oggi il nostro pane quotidiano!”. Domani è troppo tardi, diceva il titolo di un film del 1950.

La gente vuole lavoro, sicurezza, servizi sociali e sanitari. Spazi per i Greta ed i Fridays for Future il mondo offre migliori piattaforme che l’Italia. Per loro c’è tanto lavoro da fare in Cina, in Arabia Saudita, in Irak, in Pakistan in India e persino in Venezuela.

Signor Presidente, i collaborazionisti che detengono le istituzioni ed i sovranisti che si radunano per le piazze aspettano da lei l’ultima parola. L’Italia che non ha voce chiede, in questo passaggio cruciale della storia del Paese, di sentire la sua voce, forte, chiara e liberatoria.




#NoBulli, Cangemi: “Andremo avanti con la campagna anche nel 2020”

Hanno sfilato allo stadio di Frosinone Benito Stirpe i baby calciatori della No Bulli Cup. Con indosso la maglia No Bulli sono scesi in campo durante la partita di serie B Frosinone-Empoli tra gli applausi del pubblico.

Con la tappa in casa gialloazzurri si è chiusa la prima fase della campagna contro il bullismo e il cyberbullismo promossa dal vice presidente del Consiglio regionale del Lazio, Giuseppe Cangemi, insieme alle società di calcio As Roma, SS Lazio e Frosinone Calcio.

Lo scorso 30 novembre un’intera la giornata dedicata allo sport e al sociale iniziata con il torneo No Bulli allo stadio Luigi Meroni: triangolare Roma, Lazio e Frosinone per la categoria 2011 e incontri a gironi per gli atleti 2010 delle tre società professionistiche e le affiliate Dabliu e Ponte di Nona (Academy As Roma); Centro Formazione Lazio e Sporting San Giacomo (Academy Lazio); Accademia Gialloazzurri e Scuola dei Leoni (Frosinone Calcio). Poi tutti al Benito Stirpe, ospitati dalla Frosinone Academy Calcio guidata dal presidente Luigi Lunghi, per assistere alla partita Frosinone-Empoli e sfilare contro il bullismo.

“Si è chiusa la prima parte un progetto che ha coinvolto centinaia di atleti impegnati, insieme ai tecnici e alle famiglie, a dare un messaggio forte contro il bullismo e a sostegno della cultura del rispetto” ha detto Cangemi annunciando che “andremo avanti con la campagna anche nel 2020”.

A portare il saluto agli atleti anche il presidente del Consiglio regionale Mauro Buschini il quale ha sottolineato l’importanza della campagna “per educare i nostri ragazzi e sostenere i valori positivi dello sport”.




Piemonte, voto di scambio: 8 arresti. C’è anche un assessore della Regione, Roberto Rosso di Fdi

Dalle prime luci dell’alba, la guardia di finanza di Torino sta eseguendo otto ordinanze di custodia cautelare in carcere, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia torinese, nonché sequestri di beni sul territorio nazionale, nei confronti di soggetti legati alla ‘ndrangheta radicati nel territorio di Carmagnola e operanti a Torino. Tra le condotte illecite, oltre all’associazione per delinquere di stampo mafioso e reati fiscali per 16 milioni di euro, è stato contestato anche il reato di scambio elettorale politico-mafioso.

C’è anche Roberto Rosso, assessore ai Diritti civili della Regione Piemonte, a lungo parlamentare di Forza Italia, per cui all’inizio degli anni ’90 é stato candidato sindaco di Torino, e ora in Fratelli d’Italia, tra le persone arrestate questa mattina. Le accuse nei suoi confronti riguarderebbero le ultime elezioni regionali.




Manovra, i pentastellati perdono pezzi. Scontro sulla cannabis: Paragone insorge e La Russa da del “drogato” a un senatore M5S

Il Senato vota la fiducia sulla manovra. La maggioranza perde un altro pezzo. È Gianluigi Paragone del M5s che dichiara il no ‘a misure imposte dall’Europa’. Tra le norme dichiarate inammissibili, la presidente Casellati indica quella sulla cannabis e scoppia la bagarre in aula con gli attacchi del M5s e gli applausi della Lega.

Applausi, urla e insulti in Senato dopo lo stralcio della norma sulla vendita della cannabis light che era stata inserita nel maxiemendamento alla manovra. La presidente del Senato Elisabetta Casellati ne ha dichiarato l’inammissibilità provocando il plauso delle opposizioni e le proteste della maggioranza. Scatenato il senatore di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa durante l’intervento del collega del Pd Marcucci. “Drogato”: così La Russa si è rivolto in Aula ad un collega del M5S nel corso della discussione in Senato sull’emendamento per la cannabis light. Esclamazione alla quale hanno fatto seguito le proteste del gruppo pentastellato. Poco prima era intervenuto il senatore 5S Vincenzo Garruti.

La Ragioneria generale dello Stato ha chiesto una settantina di correzioni al testo. Per il 2021 il governo dovrà sterilizzare 20 miliardi di clausole, tra Iva e accise, che diventano circa 27 miliardi nel 2022.

‘Staccare la spina al governo? Ci mancherebbe, sono qui per lavorare e dare una prospettiva migliore al paese, non per staccare la spina’, risponde Conte. Renzi: ‘Cambio di passo’. Stasera nuovo vertice sull’agenda di governo a cominciare dal dossier Autonomia.

Caos in Aula del Senato in seguito del giudizio di inammissibilità delle norme sulla cosiddetta liberalizzazione della cannabis light. Due esponenti del M5S hanno chiesto alla presidente Elisabetta Casellati di dimostrare che la scelta non sia stata frutto della “pressione della sua parte politica”. Il presidente ha replicato spiegando che è stata una “decisione meramente tecnica”, aggiungendo: “Se ritenete questa misura importante per la maggioranza fatevi un disegno di legge”