Scuola, l’ennesimo fallimento a 5 stelle: mancano insegnanti, bidelli e banchi. Studenti nel caos. La Lega presenta mozione di sfiducia per Azzolina e i sindacati manifestano il 26 settembre

La Lega ha presentato in Senato una mozione di sfiducia nei confronti del ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Nel documento, sottoscritto da tutti i senatori del Carroccio, si sottolinea che “la disastrosa gestione della scuola del ministro Azzolina sta tenendo in tensione famiglie, studenti e personale, un Ministro che ha perso molti mesi preziosi in chiacchiere, senza fornire alcuna certezza sul proprio destino a 8 milioni di studenti”.

Salvini: “La Azzolina è una sciagura”

“Abbiamo presentato in Parlamento – ha quindi spiegato il leader del Carroccio, Matteo Salvini – la mozione di sfiducia al ministro Azzolina che è una sciagura per la scuola italiana. Ci sono centinaia di migliaia di insegnanti, famiglie e studenti che non sanno cosa fanno, dove vanno, a che ora entrano ed escono, mancano i bidelli, gli insegnanti e i banchi. Non so se avete visto le foto delle scuole italiane coi bimbi che scrivono per terra”. Salvini ha quindi sottolineato che “noi, come Lega, è da marzo che avvisiamo il governo per stabilizzare i precari, comprare i termoscanner per misurare la febbre a scuola, senza rompere a mamme e papà Non ha no fatto nulla”.

Il M5s: “Dalla Lega un elenco di assurdità”

Per il M5s, però, la mozione contro la Azzolina “è l’elenco, nero su bianco, di tutte le assurdità che la Lega ha già ampiamente propinato in questi mesi agli italiani. E che giorno dopo giorno siamo stati costretti a smentire, supportati dai fatti. Una sintesi di accuse false all’operato del ministro, che culmina con la ridicola storia del suo presunto conflitto di interessi: niente di più strumentale”. Secondo il M5s, quindi, “mentre dentro e fuori le istituzioni ci sono persone che danno il massimo per una ripartenza il più possibile ‘normale’ considerata la situazione sanitaria, lavorando per l’interesse collettivo, Salvini e i suoi proseguono nel remare contro l’Italia, gridando sempre e comunque al caos”.

I sindacati confermano lo sciopero del 26 settembre

Intanto, i sindacati della scuola (Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda) hanno confermato lo sciopero del 26 settembre, anche se storcono il naso davanti all’utilizzo del termine e chiedono di chiamarla “manifestazione”. “L’iniziativa del 26 è solo una manifestazione non uno sciopero, chi parla di sciopero sbaglia”, ha infatti sottolineato Maddalena Gissi, esponente della Cisl, mentre per Francesco Sinopoli (Cgil) “noi vogliamo essere  protagonisti di questo cambiamento, la scuola così come è non ci piace e va cambiata”.




Referendum taglio parlamentari, Walter Veltroni: ecco perchè voterò no

Ultimi giorni di campagna elettorale in vista del voto di domenica e lunedì che vede sette Regioni e mille Comuni chiamati al voto oltre al test del referendum.

Ed è sfida aperta in Toscana, battuta a tappeto da Matteo Salvini a sostegno della candidata Susanna Ceccardi che sfida Eugenio Giani, candidato presidente del centrosinistra. M5s, alle prese con il caso Casaleggio, spinge sul referendum e da Luigi Di Maio arriva un nuovo appello per il sì. “Sul referendum tutto si gioca sull’affluenza. Per questo chiedo ai cittadini e, soprattutto ai giovani, di andare a votare domenica e lunedì perché è un’occasione che capita una volta sola: tagliamo 345 parlamentari della Repubblica. Passiamo da 945 a 600 parlamentari e lo facciamo per la prima volta nella storia con un referendum che riguarda solo questo, senza quindi altri argomenti o trabocchetti”.

Il segretario del Pd Nicola Zingaretti smentisce le indiscrezioni di stampa che vorrebbero un patto tra lui e Conte per affrontare il dopo-voto.

Intanto a intervenire è l’ex segretario Pd Walter Veltroni. “Se quello di domenica fosse un voto sul governo, voterei a favore perchè non vedo alternative e penso che abbia fatto quello che doveva fare, e non era facile. Mi auguro poi che vincano i candidati di sinistra nelle regioni e mi dispiace che in alcune regioni non ci siano candidati comuni della coalizione di governo. Ma sul referendum, è un’altra storia”, ha detto Walter Veltroni, parlando a Otto e mezzo su La7 . “Il Pd per tre volte ha votato no a questa riforma. Io penso che non si possa fare un taglio dei parlamentari senza una riforma complessiva perché se si tocca parlamento, bisogna farlo tenendo conto degli equilibri necessari. Il vero problema è il bicameralismo perfetto. Per questo voterò no”.

“In Toscana la partita è molto chiara, o vince il centrosinistra con Giani o vince la Lega di Salvini. Quindi gli elettori devono decidere tra queste due opzioni e devono addirittura essere più bravi di noi. Noi governiamo insieme a Roma ma siamo divisi, spesso non siamo riusciti a metterci d’accordo. Spero che gli elettori siano avanti a noi e possano fermare la destra”, ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza rispondendo a una domanda sulle elezioni nel corso del Tg de La7.




Recovery Fund, Conte: “Se perderemo questa sfida avrete il diritto di mandarci a casa”

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha trasmesso ai presidenti di Senato e Camera le linee guida per la definizione del piano italiano di ripresa e resilienza per accedere ai fondi previsti dal Recovery Fund. Il documento, a quanto si apprende, è composto da una trentina di pagine. Nella lettera che accompagna il documento Conte manifesta la sua disponibiltà a riferire in Parlamento.

“Il piano Next generation you è un progetto per voi, per restituirvi un Paese migliore”: lo ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte parlando con gli studenti a Norcia. “Se perderemo questa sfida avrete il diritto di mandarci a casa” ha aggiunto.”L’Italia sta facendo il suo piano nazionale – ha detto ancora Conte – e siamo nella fase avanzata di studio e approfondimento”. “E’ molto bello che a livello europeo – ha sottolineato il premier con gli studenti – quando hanno pensato a questo grande piano d’intervento per i Paesi più sofferenti per la pandemia lo hanno chiamato Next generation you”.

“Confermo l’intendimento di conseguire una significativa discesa del rapporto debtio/Pil non solo nel primo anno di recupero dell’economia che auspichiamo sia il ’21: questa discesa vogliamo che continui anche negli anni successivi onde rientrare guradualmente sui livelli prepandemici e nel lungo termine conseguire una ulteriore riduzione”. Così il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri in audizione alla Camera sul Recovery Fund.

Non faremo centinaia di microprogetti ma pochi grandi progetti, a loro volta questi saranno anche collegati da una logica a missione, quello che conta non è la logica burocratica del singolo progetto ma l’obiettvo complessivo che si vuole ragiungere che richiede poi un intreccio di investimenti, riforme, policy”. Così il ministro dell’Econmia Roberto Gualtieri in audizione alla Camera sul Recovery Fund, rispondendo alle domande dei deputati delle commissioni Bilancio e Finanze della Camera sulle indiscrezioni su centinaia di proposte avanzate da parte dei ministeri. “Sono uscite – ha precisato – parti di documentazione molto datata totalmente preliminare, che appartiene a una fase totalmente superata che hanno interesse relativo”.




Referendum taglio parlamentari. Simeone (FI): “Dico no a proposta populista. A rischio rappresentanza nei territori di provincia”

“Il taglio dei parlamentari è una ‘riduzione degli spazi di democrazia’. Voterò certamente No al referendum su una riforma costituzionale che non condivido.

Il taglio con l’accetta è privo di senso. Sarebbe stato giustificato se fosse rientrato in uno schema di riforma istituzionale ben più articolata, che avrebbe magari potuto prevedere un presidenzialismo all’americana o un semi-presidenzialismo alla francese.

Un progetto di tale portata apporterebbe un cambiamento reale delle istituzioni nel nostro Paese, andando nella direzione delle più moderne democrazie occidentali.

Inoltre occorre dire che la cosiddetta riforma ‘grillina’ che amputa la rappresentanza democratica di cittadini e territori. Dal punto di vista della rappresentatività delle nostre istituzioni, la riforma apporta delle modifiche peggiorative per quanto riguarda la vicinanza tra Parlamento, territori e cittadini. Con la riduzione del numero dei parlamentari le candidature si concentreranno negli agglomerati elettorali maggiori, nelle grandi Città, nelle metropolitane. Interi territori di provincia, ovunque in Italia, non avranno candidature ed eletti.

Abbiamo di fronte a noi una riforma populista, ma che in realtà il popolo lo danneggia. In conclusione, i grillini volevano ‘aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno’: ora si accontenterebbero di ridurre il contenuto della scatoletta. Votiamo No per favore”.

Lo dichiara in una nota Giuseppe Simeone, capogruppo di Forza Italia al Consiglio regionale del Lazio e presidente della commissione Sanità, politiche sociali, integrazione sociosanitaria e welfare.




Scuola, Giannini (Lega): fallimento Raggi e Zingaretti evidente, hanno confuso scuola con paese dei balocchi

“Disagi un po’ ovunque. I banchi con le ruote un miraggio per molti, le mascherine gratuite non pervenute, il distanziamento una barzelletta. Senza contare gli Istituti che a Roma e nel Lazio ancora non hanno riaperto i battenti. Zingaretti e Raggi hanno avuto sette mesi di tempo per riorganizzare tutta la comunità scolastica, ma oggi sono arrivati entrambi impreparati all’esame decisivo. Probabilmente hanno confuso la scuola con il paese dei Balocchi di Collodi. E come il Gatto e la Volpe, meritano di finire al più presto in quel posto piuttosto che ricoprire incarichi istituzionali perché del tutto inadeguati”. Lo afferma Daniele Giannini, consigliere regionale della Lega.




Referendum taglio parlamentari, l’Anpi invita a difendere la democrazia votando NO

Il 20-21 settembre prossimi saremo chiamati alle urne per il rinnovo di alcune Amministrazioni comunali e di alcune Regioni, nonché per rispondere al quesito referendario sul taglio del numero dei parlamentari.

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – Anpi – richiama l’attenzione dei cittadini sul rischio di una svolta antidemocratica e sull’importanza di questo passaggio elettorale.

“L’incidenza nella nostra vita dei problemi sui quali nell’occasione referendaria ci pronunceremo, – dichiarano dall’Anpi Grosseto – tanto più che le scelte di accorpare materie tanto diverse e di farci votare in estate difficilmente consentiranno agli italiani di esprimersi in modo informato e responsabile. Il mondo sta rischiando una grave recrudescenza del Covid-19: chi ha negato e nega l’emergenza, ritardando cure e tutele efficaci, e chi, al fine di speculare politicamente, continua a spararne grosse su un virus che sarebbe ormai vinto e rivendica piena libertà dei comportamenti espone tutti al pericolo che in una ulteriore recessione economica nel prossimo autunno, con insostenibili conseguenze sia sociali che sanitarie. Ne consegue la necessità di sconfiggere il negazionismo, anche elettoralmente, mettendo in primo piano il rispetto delle misure sanitarie contro l’epidemia, unitamente all’adozione di una politica economica lungimirante e giusta che costituisca un modello di vita e di consumo più evoluto e responsabile. La chiave è la lotta alle crescenti disuguaglianze sociali, tramite una distribuzione più equa della ricchezza e un sistema di welfare che tuteli i più deboli e indifesi. E’ la creazione di lavoro senza compromettere la natura, ma in perfetta armonia con essa. Il riscaldamento climatico annuncia l’apocalisse ecologica se non ripensiamo lo sviluppo, modellandolo sugli imperativi di un nuovo umanesimo, poiché quella ambientale è una questione che abbraccia ogni aspetto della nostra esistenza e direttamente ci riconduce all’uomo. L’occasione è offerta dalla destinazione delle ingenti risorse messe a disposizione dall’Europa, grazie all’impegno del governo italiano e di chi l’ha spalleggiato. E’ forte il rischio della dispersione in mille rivoli di quei soldi, mentre Confindustria ha già fatto ruvidamente sapere che vuole tutto per sé. L’impresa ha diritto al giusto profitto, ma deve prioritariamente onorare la responsabilità sociale ad essa assegnata dalla Costituzione, nei cui valori si trova la traccia per l’investimento dei finanziamenti adesso disponibili. La riduzione dei deputati e dei senatori non è un tabù: ma una cosa è proporla nel quadro di una politica che valorizza le Assemblee elettive, altro è se viene motivata dalla volontà di ridurre la spesa, come se la democrazia contasse meno di un pugno di euro. Essa non è mai uno spreco; è sempre un investimento. D’altronde dei contrappesi che erano stati individuati, quali una nuova legge elettorale proporzionale, indispensabile per dare voce a tutti i territori e a tutte le culture politiche. Se ci sono privilegi è su quelli che si dovrebbe agire; se c’è un problema di qualità del personale politico, questo risale alla società e ai partiti che lo esprimono, non alle istituzioni. Perciò ci rivolgiamo agli elettori – concludono dall’Anpi Grosseto – chiedendo loro di recarsi ai seggi e di esprimere un voto ragionato, un voto prima di tutto antifascista ed ecologista, che apra una nuova prospettiva di benessere per tutti gli italiani. Votiamo per forze progressiste e democratiche, che hanno a cuore la libertà e la pace, la solidarietà e l’uguaglianza, con la testa e i piedi nell’anima viva della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza, e nella coeva Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo! Al referendum votiamo “NO” per la difesa e lo sviluppo della nostra democrazia!”




Referendum, Sinistra Classe Rivoluzione: “Una farsa a cui diciamo no”

Dopo il rinvio dovuto all’epidemia di Covid-19, il 20 e 21 settembre si terrà il referendum per la conferma della legge di revisione costituzionale con cui è stata decisa la riduzione del numero dei parlamentari: da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori. Essendo un referendum confermativo, non è previsto alcun quorum.

Si tratta di una riforma fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, che ne aveva fatto uno dei pilastri del “contratto di governo” con la Lega, sbandierandola come uno strumento fondamentale per combattere gli sprechi e sconfiggere “la casta”.

Approvata a cavallo dell’avvicendamento tra il primo e il secondo governo Conte, la proposta di legge ha ricevuto dapprima il voto contrario al Senato del Partito Democratico e di Liberi e Uguali, che nel luglio del 2019 erano ancora all’opposizione, prima di cambiare idea una volta sostituito Salvini al governo: nell’ottobre 2019, alla Camera, la legge è stata approvata con il voto favorevole di tutti i principali gruppi parlamentari, sia di maggioranza che di opposizione.

I cittadini sono dunque chiamati a confermare (con il sì) o a respingere (con il no) la modifica della Costituzione. Modifica che (a differenza di quella a suo tempo proposta dal governo Renzi e clamorosamente bocciata dal referendum del 2016) riguarda in buona sostanza soltanto il numero dei parlamentari, senza incidere in alcun modo né sulle funzioni delle due camere, né sulle modalità di elezione.

Vuoi per via di questo bizzarro iter di approvazione, vuoi perché nel frattempo le priorità sono decisamente cambiate, la campagna elettorale si svolge in questi giorni in sordina, e soprattutto con argomenti debolissimi e viziati su un fronte come sull’altro.

Le ragioni del Sì

Di fatto, l’unico argomento ripetuto fino alla nausea dai promotori della legge di revisione, e in particolare dal M5S, è quello della lotta gli sprechi e alla “casta”: il taglio dei parlamentari – si dice – comporterà un bel risparmio ai conti pubblici.

L’argomento muove da una premessa condivisibile: i circa ventimila Euro intascati ogni mese da ciascun parlamentare, in un paese in cui circa venti milioni di persone vivono sotto la soglia o a rischio di povertà, sono un’infamia senza appello. Scandali come quello dei deputati che hanno chiesto il bonus di 600 Euro non fanno che esacerbare la sacrosanta indignazione popolare contro l’attuale ceto politico.

Indubbiamente milioni di lavoratori voteranno Sì con l’intento di dare colpire partiti e parlamentari che giustamente disprezzano e odiano sia per le leggi che approvano, che per i loro privilegi. Purtroppo però meno parlamentari non significherà meno privilegi, bensì più privilegi (legali o meno) per quelli che restano, che avranno ancora più potere e si distaccheranno ancora di più dal “popolo sovrano” che pretendono di rappresentare. Lo dimostra anche la riduzione già effettuata dei consiglieri regionali e comunali, che non ha certo fermato sprechi, corruzione e privilegi.

Inoltre, il semplice taglio del numero dei parlamentari di per sé non risolve affatto né il problema politico, né tanto meno quello meramente economico. Sotto questo aspetto, in particolare, si è calcolato che il risparmio connesso alla riforma ammonterebbe al massimo a circa cento milioni di Euro all’anno – in realtà la somma è anche (notevolmente) inferiore, dal momento che parte dei compensi ritorna nelle casse dello Stato sotto forma di tasse e contributi. Dunque parliamo di una goccia nel mare, sostanzialmente irrilevante rispetto al bilancio statale: per averne un’idea, il debito pubblico italiano ammonta attualmente a oltre 2.500 miliardi di Euro, ossia venticinquemila volte tanto.

Se davvero si volesse affrontare seriamente la questione dei costi della “politica” e stroncare il parassitismo dell’attuale ceto parlamentare, l’unica soluzione efficace dovrebbe essere invece quella di tagliare gli stipendi di tutti i parlamentari, portandoli al livello dei salari di un operaio specializzato: non solo il risparmio sarebbe enormemente superiore, ma verrebbe eliminato uno dei principali elementi materiali alla base del concetto stesso di “casta”. Ma ovviamente questa proposta, che fa parte storicamente delle rivendicazioni del movimento operaio e della nostra organizzazione in modo particolare, non passa nemmeno per l’anticamera del cervello di Di Maio e soci.

Il fronte del No

Il fronte del No è quanto di più politicamente eterogeneo si possa concepire. Tra i partiti che hanno approvato la riforma in Parlamento, soltanto Sinistra Italiana ha avuto il “coraggio” di cambiare apertamente idea, mentre il partito di Renzi, Italia Viva, più prudentemente lascia “libertà di coscienza”. Sono preoccupati di perdere le loro poltrone, così come quei parlamentari di Forza Italia e perfino dello stesso M5S che si sono schierati per il No contro le indicazioni dei rispettivi partiti. All’interno del PD il dissenso rispetto alla linea ufficiale, di sostegno al Sì, è legato anche ai giochi di potere interni al partito, con un fronte che va dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori, ex renziano, fino a Gianni Cuperlo, dirigente della corrente di “sinistra”. Giochi in cui si inserisce anche la Cgil, che in una nota ufficiale dà un giudizio negativo della riforma ma non prende posizione per il No pur di evitare scontri con il governo.

Sono diversi poi i comitati per il No sorti negli ultimi mesi. Dal comitato “giovanile” NOstra ai “costituzionalisti per il No” (ma naturalmente ci sono anche altri “costituzionalisti per il Sì”), fino alle immancabili Sardine, questa volta sulla scia di Emma Bonino. L’enfasi di questi gruppi è tutta sul rispetto e la difesa della Costituzione, delle istituzioni e della “democrazia”. Al di là della retorica, anche questi sono argomenti puramente formali e sostanzialmente vuoti. Fuori dalla “bolla” in cui vivono evidentemente questi accademici e questi attivisti da salotto, non c’è nessuno che non veda oggi che le istituzioni repubblicane sono marce fino al midollo, che la carta costituzionale è soltanto un pezzo di carta, che la “democrazia” è un’illusione in un Paese in cui la forbice della disuguaglianza non è mai stata così ampia. Anche questi sono argomenti inconsistenti, destinati a essere ignorati (giustamente) da gran parte dei lavoratori e dei giovani in cerca di una via d’uscita al vicolo cieco della crisi.

Sinistra Classe Rivoluzione: “Perché voteremo No

“Non nutriamo alcuna fiducia nelle istituzioni e nella “democrazia” borghese, né abbiamo particolari timori reverenziali nei confronti della Costituzione. Il sistema parlamentare, dove agli elettori è permesso votare ogni quattro o cinque anni un proprio ”rappresentante”, inamovibile sino all’elezione successiva, è una farsa. Difendiamo la superiorità della democrazia operaia, basato sui consigli (soviet) dove i lavoratori possono eleggere e revocare in qualunque momento i propri rappresentanti.

Finché restiamo nel sistema parlamentare capitalista, sosteniamo il massimo livello possibile di democrazia e rappresentanza. Da nessuna delle forze politiche impegnate sui due fronti arriva una proposta di riforma dove gli elettori, compiuti i 18 anni, siano tutti elettori sia attivi che passivi. Questo si potrebbe ottenere abolendo semplicemente il Senato, nonché la soglia dei 25 anni di età per essere candidati.

Men che meno ci interessano giochi di posizionamento tattico nei confronti del PD o del governo. Tuttavia siamo contrari a questa riforma e il 20-21 settembre voteremo No al referendum.

Il taglio dei parlamentari non farà che ridurre la rappresentanza in generale e rendere ancora più ardua la partecipazione e l’elezione di candidati e forze politiche davvero alternativi e contrari al sistema. In alcune regioni sarebbe impossibile eleggere deputati degli schieramenti che perdono le elezioni. Dall’altro, e conseguentemente, vedremo il rafforzamento della rappresentanza della classe dominante, che potrà ancor più facilmente di adesso imporre la proprie priorità e i propri interessi. Vanno in questa direzione tutti gli argomenti che sottolineano la maggiore “efficienza” di un parlamento con numeri ridotti: efficienza nell’approvare le misure di austerità necessarie per far ricadere sui lavoratori e sui giovani gli effetti della crisi! Si tratta di processi già esistenti e in fase avanzata, come dimostra oltretutto il ricorso sempre più massiccio alla decretazione d’urgenza e al voto di fiducia.

Il punto fondamentale rimane la necessità per i lavoratori di avere un partito che dia voce alle loro istanze: un partito di classe che oggi non esiste e che deve essere costruito, un partito che dovrà poter avere in Parlamento una tribuna, ma che soprattutto dovrà guidare la classe lavoratrice nelle lotte, per sostituire a questa democrazia sempre più marcia un governo dei lavoratori”.




Albano Laziale, Orciuoli: Villa Doria è lo specchio del fallimento della gestione Marini Borelli [VIDEO INTERVISTA ALL’INTERNO]

ALBANO LAZIALE (RM) – “Villa Doria è tra i luoghi simbolo di Albano, il biglietto da visita all’ingresso della Città ma soprattutto rappresenta lo stato di salute del nostro tessuto sociale che purtroppo, a guardarlo oggi desta molta preoccupazione”. 

Per la coalizione di centrodestra guidata dal candidato Sindaco di Albano Matteo Mauro Orciuoli, la villa comunale e i suoi giardini devono vivere una sostanziale e reale rinascita.

Il candidato a sindaco per il centrodestra ad Albano Laziale Matteo Mauro Orciuoli intervistato da Chiara Rai a Officina Stampa del 3/9/2020

Villa Doria è il parco pubblico dei cittadini di Albano, uno dei più ampi di tutti i Colli Albani

Al centro dell’area verde ci sono i resti di strutture romane, attribuite per convenzione a una villa romana di proprietà di Gneo Pompeo Magno: “Tutela dell’ambiente – dice Orciuoli – è un’azione per noi direttamente proporzionale con una particolare attenzione al verde pubblico e tra i nostri obiettivi primari ci sarà la riqualificazione completa delle aree verdi. Un traguardo possibile anche attraverso la stipula di accordi di collaborazione tra pubblico e privati. Il degrado delle aree verdi storiche ci fa correre il pericolo della perdita di riconoscibilità del paesaggio. Combatterlo significa rilanciare la relazione della cittadinanza con il patrimonio storico naturalistico”. Albano deve essere rilanciata attraverso la valorizzazione del suo patrimonio storico e naturale: “Dobbiamo attuare – prosegue il candidato Sindaco Orciuoli – un piano a breve e medio termine per far conoscere le risorse e ricchezze che abbiamo e riattribuirgli la loro naturale posizione: il cuore attrattivo e ricettivo dei Castelli Romani e soprattutto il fulcro della cultura e della accoglienza turistica. Per fare questo non basta soltanto l’Amministrazione ma è necessario coinvolgere la cittadinanza e le attività imprenditoriali creando posti di lavoro in sinergia. Questa coesione è mancata in 10 anni di amministrazione Marini – Borelli ed è proprio a causa della presunzione di gestire senza coinvolgere le realtà virtuose del territorio che viviamo questo periodo di profondo decadimento”. 

“La rinascita di Villa Doria, le cui condizioni attuali costituiscono la prova più eclatante del fallimento dell’amministrazione uscente, è al primo posto nel calendario delle cose da fare per la coalizione di centrodestra: “Il nostro parco pubblico più famoso – conclude Orciuoli – va reso  il cuore pulsante e d’attrazione per il cittadino e per il turista, attraverso un rilancio basato sui principi della sostenibilità e della vivibilità urbana. Villa Doria deve poter essere attrezzata per eventi musicali, teatrali, cinematografici, parco giochi, percorsi avventura, investendo sulla dimensione sociale ed intergenerazionale del contesto, senza alterarne la sua originaria vocazione. Vorremmo che Villa Doria fosse considerata il proprio giardino di casa dagli albanensi. Un giardino in cui trascorrere del tempo piacevole, da rispettare e di cui andare anche orgogliosi”.




Albano Laziale, elezioni 2020. Ginestra per Orciuoli sindaco: “10 anni di immobilismo. Ora è il momento dei fatti”

ALBANO LAZIALE (RM) – A pochi giorni dalla presentazione ufficiale delle Liste e dei candidati sindaco per le elezioni amministrative nel Comune di Albano Laziale, il portavoce della Lista Civica “La Città Albano Laziale”, Fabio Ginestra, esprime alcune considerazioni sulla prossima tornata elettorale.

“La campagna elettorale che stiamo apprestandoci a vivere sarà molto particolare. Nella mia lunga esperienza politica amministrativa comunale non mi è mai capitato di vivere una situazione dialettica tra le forze politiche come questa. Esponenti autorevoli dell’attuale Maggioranza non si preoccupano di parlare di programma o di progettualità per il paese, ma si avventurano a considerazioni e valutazioni sui rapporti interni alla coalizione avversaria e si abbandonano a considerazioni sulla non rappresentanza del candidato sindaco degli avversari nella competizione politica del prossimo 20 e 21 settembre. Il Patto per la Crescita, la coalizione elettorale di cui personalmente faccio parte, ad Albano è ottimamente rappresentato dal Dott. Matteo Mauro Orciuoli (peraltro laureato in materie affini alla Pubblica Amministrazione), persona amministrativamente e politicamente molto preparata, capace di ricoprire al meglio l’incarico di Sindaco, a cui è candidato. La nostra Lista Civica “La città Albano Laziale” lo ha fortemente voluto, proprio per la sua capacità di entrare in Comune e di lavorare, fin dal primo giorno, alla realizzazione di un programma che vuole dare una svolta a questo paese, da dieci anni immobile. La coalizione che sostiene questa candidatura è ampia, sette gruppi politici, radicata sul territorio e molto ben partecipata da professionisti, manager della pubblica amministrazione e di aziende private e da persone giovani e mature, che hanno una visione prospettica nuova del futuro di Albano Laziale, certamente diversa dall’immobilismo e dall’incuria che l’attuale Amministrazione di sinistra ha riservato alla nostra bella cittadina. I nostri avversari si stanno affannando nel paese a dire che sono forti, numerosi e ben organizzati, dimenticando, come hanno fatto nelle ultime due legislature, cosa vogliono fare per la nostra città. Visitando il centro di Albano e le frazioni alla ricerca di proposte per integrare il nostro Programma elettorale, si ha chiara la sensazione che i nostri concittadini hanno chiaro che la coalizione elettorale a noi avversa, rappresenta la continuità dell’attuale amministrazione comunale, della quale le persone che ho incontrato, non sono per niente soddisfatte. Secondo la mia personale valutazione, ai nostri avversari non basterà parlare male dei riferimenti nazionali dei nostri alleati, di esasperare il confronto su campi ideologici e partitici: i cittadini di Albano hanno capito e deciso che è arrivato il momento della discontinuità amministrativa, di parlare di progettualità chiare per il futuro della nostra città e di non abbandonarsi ad inutili preclusioni su valutazioni nazionali. Noi abbiamo avuto l’abilità di redigere un programma serio e realizzabile, che ci ha consentito di cementare una coalizione intorno ad un progetto comune, e di individuare la persona in grado di realizzarlo.”




Stefàno attacca la Raggi e spacca il M5S romano

Dopo la secca bocciatura della politica e dei romani, l’ipotesi “Raggi bis” viene impallinata da Enrico Stefàno, uomo di spicco del MoVimento e della maggioranza capitolina. «Prima di parlare di Raggi Bis Tris, secondo, terzo e quarto mandato», attacca, «mi sarebbe piaciuto avviare una seria riflessione interna per discutere di cosa a Roma ha funzionato e cosa no, di quali e quanti errori sono stati commessi». Basta «con i post trionfanti sull’ordinaria amministrazione, col vittimismo, le manie di persecuzione e il mito dell’onestà». Della serie, c’eravamo tanto amati.

Pesa lo sfogo del Presidente della commissione alla Mobilità, che secondo i bene informati avrebbe dovuto ricoprire il ruolo di assessore ai trasporti al posto della Meleo e di Calabrese. E ora rischia di spaccare la base e mandare in frantumi la maggioranza, facendo saltare i piani della Sindaca. «Vi prego di contestare quanto da me scritto nel merito, se possibile argomentando», cioè, tradotto, non rispondete a vanvera o con i insulti, consuetudine tipica dei militanti grillini quando vengono criticati.

Regola Terzo mandato. «Oggi c’è una regola nel MoVimento, giusta o sbagliata, ma c’è. Vogliamo aprire una riflessione su questa regola? Sicuramente ce ne sarebbe bisogno», scrive Stafàno, «sono d’accordo che debba essere rivista, non sono una persona dogmatica ma assolutamente pratica. Ma non a dieci mesi dalla tornata elettorale e quando si è coinvolti in prima persona. Sindaci che proposero la stessa cosa qualche anno fa furono cacciati dal MoVimento e accusati di poltronismo, mi chiedo, cosa è cambiato oggi?».

Raggi bis. «Prima di parlare di Raggi Bis, Tris, secondo, terzo e quarto mandato, mi sarebbe piaciuto avviare una seria riflessione interna e un ampio dibattito per discutere di cosa a Roma ha funzionato e cosa no, di quali e quanti errori sono stati commessi (perché ne sono stati commessi) e come evitare di ripeterli in futuro. Degli obiettivi raggiunti e quelli mancati. Tanto per dirne una da oltre due anni siamo senza Assessore ai Rifiuti. E, solo dopo questo percorso, decidere di passare oltre i due mandati attraverso una sana votazione, e ancora, soprattutto, scegliere il candidato sindaco attraverso le famose “comunarie”. Perché possiamo anche togliere il limite dei due mandati ma magari attraverso una selezione e dibattito interno troviamo qualcun altro bravo da valorizzare». Avrebbe «voluto mettere le idee al centro prima delle persone. Fare un percorso “dal basso”, coinvolgendo chi ha capacità e voglia. Che poi sono i principi dai quali è nato il MoVimento. Siamo nati per rompere gli schemi», si sfoga, «non per riproporre la brutta copia di quelli vecchi».

Sul merito. «Al di là degli errori», recita la nota, «che per carità tutti abbiamo commesso, e del fatto, che va riconosciuto a Virginia, di averci messo la faccia in situazioni sicuramente difficili, quello che è mancato in questi anni è stata una visione e idea di città, del ruolo al quale vuole aspirare la Capitale di un Paese del G7. Ci (ri)presentiamo ai cittadini con i post “trionfanti” di strade asfaltate, alberi potati, ceppi tagliati, panchine riparate e roba simile? Ovvero l’ordinaria amministrazione? Ritengo invece che dovremmo aspirare a ben altro e andare oltre. Come la città di Roma vuole rispondere alle sfide che avremo davanti in questi decenni, dai cambiamenti climatici alla crisi economica, come colmare rapidamente il gap infrastrutturale e tornare di nuovo ad essere competitivi e creare lavoro. Di tutto questo non vi è assolutamente traccia nel dibattito cittadino, va detto in tutti i partiti».

Basta col vittimismo. «Non se ne può più con questa retorica del passato, con questo vittimismo, con le manie di persecuzione. Basta con questo mito dell’onestà, mentre il Presidente dell’Assemblea Capitolina sta a processo per corruzione. Ora, un’ultima preghiera. Dopo questo mio post, verrò tacciato nell’ordine di essere: Lombardiano, Renziano, Rettiliano ecc. Vi pregherei, a chi non la pensa come me (ci può stare non ritengo di avere la verità in tasca) di contestare quanto da me scritto nel merito, se possibile argomentando». E ancora: «molti di quelli che oggi sono stati folgorati sulla via del “Raggi-Bis” e fanno un post al giorno in suo sostegno con paragoni improbabili sono personaggi che fino a l’altro ieri remavano contro e chiedevano la sua testa. Mi chiedo quindi che credibilità possono avere queste persone e soprattutto chi si vuole ricandidare supportato (almeno in parte) da queste persone».

Lo sfogo non è passato inosservato ma rischia di ricordare «quello di Pasquale Amitrano (alias Carlo Verdone) in Bianco Rosso e Verdone (1981)», secondo il giornalista Giacomo Di Stefano, «che durante il viaggio subisce angherie e disavventure e infine sbotta con un monologo difficilmente comprensibile», prima ancora di aprire una discussione politica. L’accostamento appare azzeccato, infatti, oggi Stefàno critica ma fino a ieri affermava che andava tutto bene, madama la marchesa, adesso si scaglia contro i «post trionfalistici», quando egli stesso ha inondato la sua bacheca con messaggi di quel tipo. Come la mettiamo? «Stefàno arriva a scoppio ritardato sulla Sindaca», afferma il dem. Stefano Pedica, «dopo cinque anni si accorge dei suoi disastri». «Qualunque siano le ragioni alla base dell’atto accusatorio (e auto accusatorio) una cosa è certa: non gli si può dare torto», affonda la deputata azzurra Annagrazia Calabria. «Pur di restare ai posti di comando», prosegue, «i grillini hanno accettato di veder distruggere sotto i loro occhi la Capitale d’Italia, negando l’evidenza di un Città ridotta ai minimi termini. Se nel M5S ci fossero stati più onestà intellettuale, più coraggio e più amore per Roma, la giunta Raggi non sarebbe arrivata fino a questo punto. Dopo 5 anni tragici, le critiche e le lacrime di coccodrillo grilline hanno il sapore di una beffa».

Al netto degli elogi e critiche, il vero merito di Stefàno, considerata anche la tempistica, è quello di aver rimesso in discussioni gli accordi chiusi a tavolino nei piani alti del MoVimento, costruiti intorno alla figura della Raggi e consacrati da Luigi Di Maio in primis. E non è poco. Ora bisognerà vedere quanto la sua posizioni pesi, nell’alveo laziale, e quanto la base romana abbia recepito. Oggi si chiude la votazione nella piattaforma Rousseau. Due i quesiti posti: «Uno relativo alla modifica del mandato zero per i consiglieri comunali», che, se approvato, consente la ricandidatura della Raggi, «e uno relativo alle alleanze delle liste del Movimento 5 Stelle a livello comunale con i partiti tradizionali».  Scrive il blog delle stelle.




Roma, Virginia si ricandida ma resta col cerino in mano: fuggi fuggi di partiti e cittadini

Virginia si ricandida alla guida del Campidoglio, fra gli applausi dei suoi sostenitori.  Al diavolo la regola del terzo mandato, o altre menate del genere, il popolo grillino capirà, e poi «dobbiamo andare avanti», dice fiera a rete unificate, «non ci stò ad apparecchiare la tavola per far mangiare quelli di prima». Potrebbe andare bene per il trailer di un film, comunque sia, la trovata le ha permesso di catalizzare su di sé l’attenzione, tanto da surclassare la notizia dei due bus Atac finiti arrostiti in pieno centro. Certo, se vogliamo essere pignoli, ma proprio se vogliamo, le reazioni non sono state così concilianti, anzi, ma del resto Oscar Wilde diceva, «non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli». E lei lo sa benissimo.

Dalla politica nazionale a quella capitolina arriva un secco “no”, unanime e trasversale. E i cittadini non sembrano essere da meno, considerati i messaggi disseminati sui social. Povera Virginia, rimasta sola e sconsolata, un tempo ti idolatravano, ora il vento pare tirare in senso avverso, e non si tratta del ponentino ma di una tromba d’aria. Neanche il «daje» lanciato dal Beppe nazionale in suo favore, pare funzionare. Chissà perché.

«A Virgì ma ‘ndo vai?», attacca su facebook il senatore di FI Maurizio Gasparri, «la fallita Raggi si ricandida sostenuta dai grillini sbugiardati e in caduta libera. Lei patetica non andrà al ballottaggio e Roma la boccerà severamente». «Oggi va in frantumi anche la regola dei due mandati del M5S», incalza Giorgia Meloni, «che da “movimento dei cittadini” diventa il partito dei nuovi politicanti. La ricandidatura di Virginia Raggi a sindaco però è un’ottima notizia: i romani potranno dire con il loro voto come giudicano il lavoro di questa amministrazione grillina. Finalmente…». «Non vediamo l’ora di sgomberare anche la Raggi dal Campidoglio», chiosa infine Matteo Salvini.

Il Pd prende le dovute distanze: «Nulla di personale ma noi diamo un altro giudizio. Roma merita di più e qualcosa di molto diverso da questi anni. Per questo il Pd lavora per costruire un progetto alternativo”. Parola del vicesegretario Andrea Orlando. E Italia Viva fa altrettanto, prima ci pensa il Presidente Ettore Rosato, «Italia Viva sarà da un’altra parte, questa città ha bisogno di autorevolezza, visione, efficienza e trasparenza, tutto quello che non si è visto negli ultimi anni». Seguito dal twitter del deputato Luciano Nobili: «La Raggi si ricandida dopo 5 anni di disastri con la Capitale che sprofonda tra degrado, scandali, rifiuti, dopo aver fallito sotto ogni punto di vista? Bene così: sarà giudicata dai cittadini. Contro i populisti che hanno distrutto Roma, a costruire l’alleanza dei riformisti romani che vogliono restituirle l’orgoglio che merita, per farla rialzare e darle la scossa che serve per ripartire».

Per Marco Cacciatore, consigliere della Regione Lazio uscito dal MoVimento nelle settimane passate, «il problema della candidatura di Virginia Raggi a sindaco di Roma non è tanto il secondo mandato o la ‘maturazione’ del M5S (che rappresenta, mi pare, piuttosto uno snaturamento). Una ricandidatura si poteva anche sostenere, se da parte di questa amministrazione fossero arrivati risultati concreti. Rispetto al programma con cui Virginia Raggi si è presentata agli elettori, questi anni in Campidoglio sono stati un fallimento. Non solo non sono riusciti a portare a termine gli obiettivi, ma in molti casi – su tutti i rifiuti – non ci hanno neanche provato e non hanno mai dato ascolto né alla base né, ancor più grave, ai loro stessi Municipi. Chi la sostiene lo fa per ambizione personale o per equilibrio interno, che nulla ha a che fare con i problemi dei territori che si dovevano risolvere».

Dall’Assemblea Capitolina il capogruppo del Pd Giulio Pelonzi ribadisce che «noi non appoggeremo mai la Raggi, e anche a una richiesta di dialogo chiudiamo la porta in faccia. Avendo un giudizio così negativo sull’amministrazione Raggi auspichiamo», prosegue, «per la città, che lei non si ricandidi. Ma non vogliamo entrare nelle loro dinamiche: i 5 stelle sono in continuo litigio, con la conseguenza di bloccare l’attività istituzionale, come per la delibera sull’OSP, che stenta a uscire per loro litigi, danneggiando i commercianti». Chiaro il concetto. «Ma sì, Virgì, ricandidati», è l’ironico commento della consigliera Svetlana Celli, capogruppo della Lista Romatornaroma, «che tanto finora è andato tutto bene».

«Ai Romani interessa poco se la Raggi si ricandida, è solo l’ennesima dimostrazione che le regole e la morale dei 5 stelle lasciano il tempo che trovano esattamente come la gestione della città da parte della sindaca che vuole affrontare il suo terzo mandato a dispetto di tutto e tutti», afferma Davide Bordoni, consigliere capitolino della Lega-Salvini. «Non serve neanche spiegare perché cambiare le regole del gioco, Roma ne ha viste abbastanza e i cittadini, ora, vogliono una storia diversa da un finale già scritto dal suo personale cerchio magico e dalla banda di Grillo pronti a condannare gli altri per un nonnulla ma sempre primi giustificare sé stessi. Se ne dovranno andare tutti per come hanno ridotto la Capitale. Noi continueremo quel lavoro di ascolto e di presenza sul territorio che farà vincere le elezioni alla Lega e al centrodestra a Roma».

Con i cittadini la musica cambia?

Macché, al netto dei fedelissimi e della base, che comunque non nasconde un certo malumore, la disapprovazione corre sul web, è un tan-tan continuo, dal «lassa perde» a «stiamo su scherzi a parte». Locandine, caricature e battute al vetriolo, ogni modo appare possibile per avversare la scelta della Raggi. Il gruppo facebook “Roma ai tempi di Virgì” è fonte infinita: «Grillo ha fatto un film dal titolo che lo descrive perfettamente: scemo di guerra», scrive Marco. «Nella fogna vacci te», aggiunge Renato, riferendosi al sonetto poco edificante del capo spirituale del M5S, meglio non commentare. «La Raggi è la più grande calamità che sia capitata a Roma», e ancora, «Daje che ve ne annate». E così via.

Qui come negli altri gruppi la solfa è la stessa, e c’è poco da meravigliarsi, forse sarebbe meglio interrogarsi sui motivi.