EMANUELA ORLANDI: UN GIALLO INIZIATO TRENTUNO ANNI FA

di Simonetta D'Onofrio

Emanuela, cittadina vaticana, scomparse il 22 giugno, nelle vicinanze della Basilica Santa Apollinare, una giovane quindicenne, studentessa, frequentava il corso di flauto e pianoforte in una scuola di musica. E' Chi l’ha visto? Story che di recente ha ripercorso le tappe più importanti di quello che ancora è un giallo attuale: la scomparsa di Emanuela Orlandi.

Figlia di un messo della Prefettura della Casa Pontificia, l’allontanamento fu al primo momento interpretato come un avvenimento legato all’età acerba della ragazza, e proprio per questo motivo all’epoca per permetterne il ritrovamento, fu tappezzata Roma con la foto che la ritraeva. Anche il quotidiano “Il tempo” pubblicò un trafiletto con la sua immagine, riportando il numero telefonico di casa Orlandi, affinché arrivassero informazioni immediate e mirate alla risoluzione dell’allontanamento.

Il calvario iniziò da quel momento. Le telefonate arrivate ai familiari in quel periodo trasformarono la scomparsa dell’adolescente in una delle vicende più ambigue e appannate della cronaca italiana degli ultimi decenni, che ha visto implicati lo IOR, lo Stato Vaticano, lo Stato Italiano, il Banco Ambrosiano, la banda della Magliana, l’attentatore di papa Wojtyla, Alì Acga, trascinando anche gli apparati di intelligence in un contesto internazionale.

Quindi diverse le piste che i magistrati hanno seguito finora, ma a tutt’oggi ancora nulla è stato chiarito sui mandanti e le cause della scomparsa della ragazza, un percorso lungo ben trentun anni, osteggiato da depistaggi e false speranze.

L’unica certezza per ora è il lavoro di sensibilizzazione che sta portando avanti il fratello, Pietro, affinché non si abbassino i riflettori su Emanuela Orlandi. Recentemente ha attivato sul Web una petizione mondiale, raggiungibile da tutti coloro che aspirano presto alla verità sulla vicenda e che i colpevoli siano realmente perseguiti.

Nel trentesimo anniversario della sua scomparsa, il 22 giugno 2013, fu ripercorsa con una fiaccolata il tragitto della sera della scomparsa: le strade da S.Apolinnare fino al Vaticano.  Tanta gente allora testimoniò solidarietà per l’iniziativa, proprio per non rinunciare al desiderio di giustizia. 

In questi ultimi tempi i familiari della ragazza sperano anche nella figura di Papa Francesco e che si pronunci in merito alle tante voci che hanno gettato ombre sui comportamenti delle gerarchie vaticane. 

Siamo fiduciosi, che prima o poi, come ha fatto per il grave problema della pedofilia che ha urtato il Vaticano, anche in questo caso possa contribuire a farne luce, anche solo dedicandole una preghiera, tanto auspicata anche il 22 giugno scorso in Piazza san Pietro, durante l’Angelus della domenica.




GOVERNO RENZI: IL RE E’ NUDO

di Emanuel Galea

Matteo Renzi non è certamente l’imperatore protagonista della fiaba di Hans Christian Andersen. Una cosa, però, accomuna i due personaggi: la vanità e la spiccata voglia di apparire. Non si sa precisamente chi, quando e dove abbia convinto Renzi di essere lui “l’atteso”, il “sospirato” uomo del destino. Forte di questo pensiero e incoraggiato dai suoi cortigiani più prossimi, si è fatto confezionare addosso  un guardaroba di riforme: quella del Senato, la legge elettorale, la riforma della Pubblica Amministrazione, quella della Giustizia, il Jobs Act, l’abolizione delle Province, i pagamenti dei debiti della PA ai creditori. Ancora, i tagli della spesa pubblica, da realizzare con la Spending review, per 4,5 miliardi nel 2014 e 17 miliardi nel 2015. Secondo Brunetta, si è fatto bello, inoltre, con la promessa di maggiori entrate per circa lo 0,7 per cento del Pil (quasi 11 miliardi) l’anno, per il triennio di riferimento, da ottenere mediante privatizzazioni. 

Una proposta di riforme così vasta che nessun governo è mai riuscito a scalfire negli ultimi trent’anni. Per questo, da subito, fu bollata come irrealizzabile. Ma lui è “Renzi”, ha fretta e “niente lo ferma”.

Così combinato, aiutato dai suoi cortigiani Del Rio, Boschi, ‎ ‎Madia,Mogherini e non solo‎, si è messo in sella del suo ronzino e al grido di “rottamare adesso”, sfoggiando un sorriso da playboy, si è introdotto nei salotti bene dell’Europa, a braccetto con François Hollande, ipnotizzato dal sorriso maliardo della Fraulein Merkel.

A Marzo,  parte dalla Padania, scorrazzando felice fra i suoi adulatori tutto inghingherato, scorrendo la penisola fino giù giù nel  Regno delle due Sicilie, sul suo puro sangue, urlando e incitando i fans alla vittoria, sfidando l’apparato del suo partito, la resistenza delle Cinque Stelle, avendo unica stella polare che lo guidi, l’accordo del Nazzareno con il redivivo, colui che fu condannato e subito premiato, assegnandolo ai servizi sociali.

Si rende conto di non essere neppure lui convinto  alcunché di quello che andava cianciando; come i suoi cortigiani prima di lui, anch'egli decide di fingere e di mostrarsi estasiato per il lavoro dei tessitori delle “riforme”, cose buone e giuste.

Il gioco dura poco. A marzo, il professionista Cottarelli aveva lavorato alacremente con una squadra di esperti producendo  25 relazioni su altrettanti segmenti della spesa pubblica. Queste relazioni rivelano un quadro della realtà italiana che fa venir ribrezzo. Le ottomila aziende pubbliche, delle quali non si sa quanti possano essere veramente di utilità pubblica, per anni e anni sono servite come allevamenti di apparati politici, in parte causa della pesante situazione delle casse dello Stato. Si legge da qualche parte che 2.761 di questi contano più amministratori che dipendenti. 

Il 30 luglio il commissario alla spesa Carlo Cottarelli, nel suo blog, ha lanciato un vero e proprio grido d’allarme: "Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa, il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione sul  lavoro”.

 Dopo di lui sono seguite altre. Confindustria lancia il suo ennesimo allarme: l’Italia è diventata uno dei luoghi peggiori, dove fare impresa. Uno degli indici che maggiormente penalizzano l’impresa italiana è il prelievo fiscale. 

La corte di Renzi si sfilaccia perché “non si vive di sole promesse”, di soli spot pubblicitari, di slogan.

Questo, ahimè, la gente lo sta capire a proprie spese. L’incantesimo è spezzato. L’Italia tutta, sgranando gli occhi, si  sta accorgendo che  “il re non porta niente addosso. Il re è nudo”. Niente legge elettorale, riforma del senato taroccata, una beffa dell’abolizione delle Province, un fiasco del Jobs Act, un fallimento del pagamento debiti della PA verso creditori, sulle pensioni statali, il governo fa dietrofront. Renzi ritorna a promettere un ennesimo  intervento più ampio per i professori. Niente,  non porta niente addosso. La Boschi toglie d’addosso il suo scialle con sopra il ricamo della sbandierata trovata di “ottanta euro ai pochi fortunati”  e cerca di  coprire le vergogne del governo Renzi. Non funziona !  Troppe retro marcia che ha dovuto fare. Aspettiamo una sua decisione. Svegliare e scendere giù dal mondo dei sogni. La campagna acquisti è terminata.  Il paese aspetta ben altro, lavoro, crescita, più opere e meno spot pubblicitarie. 




ARTROSI DELL'ANCA: COME SI MANIFESTA E QUALI LE CAUSE CHE LA GENERANO

A cura della Dottoressa Marta Romagnoli – Fisioterapista

La coxartrosi o artrosi dell'anca è una patologia cronico-degenerativa della cartilagine dell'anca dovuta a un'usura dei capi articolari che si instaura progressivamente e compromette la normale deambulazione. Si distinguono due forme di coxartrosi: una primitiva, comune nell'età avanzata, e una secondaria, conseguente a deformità articolari congenite come la displasia dell'anca o a patologie traumatiche, infettive, reumatiche, o alla necrosi asettica della testa del femore.

Nello specifico, questo è quello che succede all’interno dell’articolazione: lo strato di cartilagine che riveste la testa del femore e la cavità acetabolare si assottiglia progressivamente fino a mettere a nudo l'osso sottostante. Questo reagisce addensandosi e deformandosi, con la produzione di escrescenze a forma di becco (osteofiti) che limitano il movimento. La capsula articolare si ispessisce e i muscoli si retraggono fino a determinare una caratteristica postura dell'individuo affetto da coxartrosi (flessione dell’anca e rotazione esterna di tutto l’arto inferiore).

I fattori che predispongono all'insorgenza della coxartrosi sono:

Obesità (per il sovraccarico meccanico dell'articolazione dell'anca);

familiarità;

età (principale fattore di rischio per lo sviluppo dell'artrosi).

Il sintomo che maggiormente colpisce i soggetti affetti da tale patologia è il dolore (soprattutto nella zona inguinale, ma anche lungo la parte anteriore della coscia fino al ginocchio, interno coscia e raramente dentro il gluteo), che si manifesta maggiormente al mattino e alla sera e tende ad attenuarsi con il movimento. Il dolore è solitamente causato da infiammazione della sinovia, della capsula e dell’osso e dalla contrattura muscolare stessa che si instaura come difesa del corpo. La ridotta funzionalità articolare è un sintomo che colpisce solo successivamente i soggetti, ma è più invalidante perché non permette di compiere le normali attività.

Se la situazione non è troppo grave si può aspettare a ricorrere all’intervento chirurgico ed è invece opportuno ricorrere all’aiuto di un fisioterapista che potrà aiutarvi ad attenuare il dolore andando a lavorare sulla contrattura muscolare dell’anca, sulla postura più corretta affinché a causa del dolore all’anca, il corpo non lavori male anche su altri distretti (colonna lombare e ginocchio). Importante sarà anche  insegnare al soggetto una serie di esercizi da fare da solo per scaricare l’anca cercando di decomprimere l’articolazione coxo femorale. 

C’è da dire che dall’artrosi purtroppo non si guarisce, ma questo tipo di trattamento non chirurgico può aiutare a rimandare la data dell’intervento, a prepararsi meglio a questo, ma soprattutto a fare in modo che la sintomatologia non peggiori.

Dott.ssa Marta Romagnoli

fisioterapista

3281792352




SENATO RIFORMA: TOUR DE FORCE FINO AL VOTO FINALE

Redazione

Tour de force, senza fermarsi un attimo si arriva fno al traguardo. Oggi analisi degli ultimi emendamenti in una seduta che andrà avanti ad oltranza e domani voto finale dell’Aula del Senato sul ddl Boschi. Questo il timing deciso nella notte dalla conferenza dei capigruppo. Timing che consentirà di rispettare la scadenza fissata la settimana scorsa dalla stessa capigruppo che aveva previsto la chiusura entro l'8 agosto, ultimo giorno utile prima della pausa estiva. E oggi in Aula potrebbe comparire anche il premier Matteo Renzi, ma valuterà al momento sulla base dell'andamento dei lavori ha fatto sapere, per salutare di persona quello che ha definito “un passaggio storico, fondamentale, su cui ci siamo”.  




SCHETTINO CONCORDIA: QUELL'INDIGESTA PARTECIPAZIONE ALL'UNIVERSITA' LA SAPIENZA

di Silvio Rossi

La notizia è esplosa dappertutto. Il Comandante Francesco Schettino, simbolo dell’Itala raffazzona, impreparata e un po’ sbruffona, è stato invitato ad un seminario presso l’Università La Sapienza di Roma, per commentare la ricostruzione dell’evento tragico dell’affondamento della Costa Concordia, che proprio in questi giorni sta restituendo gli ultimi macabri resti.

Stiamo parlando di un evento accaduto un mese fa ma di cui, per la stragrande maggioranza dei casi, ne è stata data notizia in maniera imprecisa. Qualcuno ha parlato di “lectio matgistralis”, forse non conoscendone perfettamente il significato, oppure avendo sentito solo parte della notizia senza averne conosciuto i dettagli. Immediatamente si è scatenata la satira. I più conosciuti umoristi del web, da Pinuccio (faccendiere pugliese che fa le finte telefonate ai personaggi famosi) alla Sora Cesira hanno ironizzato sulla presenza di Schettino al seminario, proponendo improbabili professori.

Il ministro all’istruzione Giannini e il rettore della Sapienza Frati hanno condannato l’episodio, giudicando antieducativa la presenza di Schettino e chiedendone spiegazione al professor Vincenzo Mastronardi che lo ha invitato al convegno.

Ma ci chiediamo: è davvero Schettino lo scandalo dell’Università?

Certo, essendo stato condannato in primo grado per la morte di 32 persone, sarebbe stato meglio evitare. Decisamente meglio. Se, così come ha asserito l’organizzatore del seminario, fosse stato proprio il comandante della Concordia a chiedere di partecipare per potersi difendere da ipotetiche accuse, sarebbe stato meglio gettare in pasto alla stampa e ai partecipanti il legale di Schettino che avrebbe dato vita ad una ricostruzione di indirizzo forense.

Allora verrebbe spontaneo chiedersi perché non ci si scandalizza per tutti quei personaggi invitati a vario titolo, non si sa per quali meriti, ai convegni, seminari, lectio magistralis e altro ancora, che non possono certo essere definiti “esperti della materia”? Perché accettare una laurea honoris causa in medicina a un attore, seppur bravo e simpatico, solo perché ipocondriaco? Perché non dire nulla del fatto che nella stessa data, allo stesso evento, è stata chiamata un’attrice, che doveva rappresentare una vittima (ma siamo all’Università o a teatro?), che è stata al centro dell’inchiesta che ha riguardato le raccomandazioni fatte dall’ex Presidente del Consiglio all’allora DG di viale Mazzini, Agostino Saccà?

Nei convegni organizzati dagli atenei italiani si vedono improbabili esperti in ogni settore, soubrette esperte di economia, attori laureati honoris causa in lettere antiche per aver recitato un classico, pseudo esperti chiamati solo per creare un contenzioso con gli scienziati veri.

 

Qualche anno fa agli onori della cronaca erano saliti corsi di laurea non giustificati, con solo due o tre studenti. Oggi, a seguito di una politica di tagli, la maggior parte di questi corsi non esistono più, bisognerebbe a questo punto verificare anche tra i convegni organizzati quanti hanno realmente valore universitario, o sono solo un’occasione per far prendere un cachet a chi probabilmente non ha tutti i titoli per parlare in un contesto così prestigioso.




L'AFFAIRE TAVECCHIO, TRA BANANE E KENNEDY

di Daniele Rizzo

Dicono che le parole non dette fanno più male di quelle pronunciate. Non è vero. Chiedere a Optì Pobà, il fittizio mangia-banane evocato da Tavecchio che certamente si sarà risentito della frase razzista. Carlo Tavecchio, il volto “nuovo” della Figc, ha compromesso la sua elezione con quel famoso discorso di fine luglio in cui con dei termini discutibili affermava l’esigenza di dover puntare forte sui vivai delle squadre italiane per far ripartire il movimento calcistico nazionale. Il discorso non fa una piega: da anni sentiamo dire da più parti che questa è l’unica via da intraprendere per riportare le italiane al livello delle rivali europee. Ma le parole sono importanti, ed a insegnarcelo non è solo Nanni Moretti. Spesso un concetto giusto viene espresso con dei termini sbagliati, ed ecco lì che in un attimo passi dalla ragione al torto, dalla presidenza della Figc al rischio di rimanere senza poltrona, dalla stima incondizionata di amici e parenti ai giornalisti che mettono a soqquadro la tua vita pubblica o privata in cerca di qualche scandalo, di qualche processo (cinque) e di qualche condanna (sempre cinque), come se essere processati o condannati in questo paese bastasse per star lontano da cariche pubbliche.

Carlo Tavecchio la sua fossa se l’è scavata da solo, forse perché le spalle se le sentiva abbastanza coperte, con ben 18 squadre di Serie A che lo sostenevano e tutta la Lega Pro a fargli da bacino elettorale. Ma oggi la Lega di A è divisa: 8/9 presidenti sostengono quel movimento che ironicamente è stato battezzato No Tav, dove Tav sta per Tavecchio, e non per treno ad alta velocità, anche se il candidato federale continua a correre come un treno sui binari delle proprie posizioni. Non un passo indietro in favore del candidato Demetrio Albertini, l’unico vero volto nuovo all’interno della Federazione. Solo le scuse (almeno le scuse, verrebbe da dire) e un proclama che sa di autocommiserazione: “sono stato trattato peggio dell’assassino di Kennedy”. Lee Harvey Oswald il 22 novembre 1963 uccideva il presidente americano e dopo due giorni veniva assassinato mentre cercavano di tradurlo in prigione. Tavecchio, al massimo, non sarà eletto: una fine decisamente più lieta. Oggi, a proteggere le spalle del candidato Oswald, scusate, Tavecchio, sono rimasti però due sponsor importantissimi Claudio Lotito e Adriano Galliani, due pezzi da novanta che, in altre circostanze, da soli basterebbero probabilmente a far eleggere anche il sottoscritto alla presidenza della Figc. Tuttavia il presidente del Coni Malagò in un’intervista a Repubblica ha annunciato un probabile finale a sorpresa per la vicenda, che tra le righe si legge come commissariamento della Federazione, che sarebbe così affidata a lui stesso.

Le circostanze, come detto, sono dunque cambiate. Dopo la UEFA e la FIFA, massimi organismi politici del calcio europeo e mondiale, anche Sky ha espresso il proprio parere negativo sul candidato Tavecchio. I motivi? Ufficiali e ufficiosi. Ufficiali: Tavecchio rappresenta “vecchie logiche gestionali” e ancora “è uno di quelli che ha contribuito alla crisi del sistema”. Ufficiosi: all’emittente di Murdoch non è andato giù lo sgarbo sui diritti per la Champions League 2015, su cui Mediaset avrà l’esclusiva; inoltre Sky sta da mesi facendo i conti con la campagna che i tifosi laziali stanno conducendo contro il presidente Lotito, campagna che ha portato a numerose disdette dell’abbonamento. Logico dunque pensare che la posizione No Tav dell’emittente sia da attribuire tanto ad una questione etica e di principio, che ad una ritorsione contro i due personaggi che stanno manovrando l’elezione: Galliani (che rappresenta Berlusconi, quindi Mediaset) e Lotito. Da segnalare nel fronte pro Tav anche l’Inter, la quadra del cuore del candidato: brianzolo di nascita, Tavecchio è stato anche sindaco della sua città, Ponte Lambro, dal 1976 al 1995. Non uno a cui viene facile mollare la poltrona.




GIOCHI E SCOMMESSE: 1.500 CONTROLLI, MONETE FALSE E SCOPERTA UNA "ZECCA CLANDESTINA"

Redazione

Sono 1.486 gli esercizi e le sale scommesse controllate durante il periodo estivo con il piano straordinario di contrasto al gioco illegale avviato in occasione degli ultimi mondiali di calcio ed ultimato ieri.

La Guardia di Finanza, in collaborazione con l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ha contestato 309 violazioni, sequestrato 57 slot e totem da gioco illegali, chiuso 150 punti per la raccolta di scommesse non autorizzati e denunciato 235 responsabili all'autorità giudiziaria; 74 sono, invece, le violazioni minori contestate sul piano amministrativo.

I controlli sono stati indirizzati principalmente sugli esercizi ubicati vicino ai punti di ritrovo dei giovani ed hanno riguardato anche la verifica del possesso delle autorizzazioni amministrative, dell'integrità degli apparecchi da gioco e del collegamento alla rete telematica dei Monopoli.

In 7 casi sono state rilevate violazioni alla normativa a tutela dei minorenni, alcuni trovati a giocare o a scommettere, altri presenti in aree destinate a giochi con vincite in denaro, vietate ai minori.

Singolare il caso scoperto dai finanzieri di Nola, che hanno rilevato la presenza di monete false in alcune slot machine.

Le indagini sui clienti della sala slot hanno permesso di individuare i giocatori falsari e, successivamente, di scoprire una vera e propria "zecca" clandestina specializzata nella produzione di monete da 1 euro in un capannone di Casalnuovo di Napoli.

Il blitz ha permesso di recuperare il clichè delle monete, rubato all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, presse, trapani, frese, altri attrezzi e 5.000 tondini di acciaio pronti per la stampa delle monete false. Sequestrate anche banconote da 100 euro false, tutte con lo stesso numero seriale.

I due responsabili sono stati arrestati.

I fenomeni illeciti maggiormente riscontrati sono l'abusiva raccolta di scommesse sportive mediante agenzie clandestine per conto di allibratori esteri privi di autorizzazione, l'alterazione e la manomissione degli apparecchi da gioco, l'Illecita installazione dei c.d. "totem" (apparecchi forniti di un computer mediante il quale, in violazione delle leggi vigenti in materia, è possibile accedere, attraverso il collegamento alla rete internet, ad una vasta gamma di giochi presenti sul web e non autorizzati in Italia) e l'offerta di lotterie internazionali vietate nel territorio dello Stato.

I controlli hanno riguardato centri scommesse e sale giochi in tutto il territorio nazionale con l'obiettivo di salvaguardare le entrate erariali e, soprattutto, tutelare i consumatori da proposte di gioco non gestite dallo Stato, a tutela del regolare funzionamento del mercato e degli operatori onesti.




RIFORMARE IL SENATO SENZA RIFORMARE I CITTADINI

di Daniele Rizzo

Riformare il senato, la costituzione e il processo legislativo sembra essere diventato il leitmotiv dell’esecutivo firmato Matteo Renzi. In particolare, snellire il procedimento per legiferare sembra la condicio sine qua non si può riformare il paese.
Con la riforma del Senato, che in queste ore è dibattuta nell’aula di Palazzo Madama, si andrà incontro ad un bicameralismo imperfetto che sottrarrà il potere legislativo ai senatori, rendendo la loro camera solamente un organo consultivo. Ma è davvero la macchina legislativa il problema più grave di questo paese? Impiegare meno tempo per produrre una legge può davvero risolvere la crisi italiana?
Qualche giorno fa sono passato in Via delle castagnole di sopra, una traversa di Via spinabella che porta alla Via dei laghi o a Via del sassone: località Frattocchie, Marino. Prendendo la strada da Via spinabella, dopo poche centinaia di metri sulla destra è possibile trovare un cartello che recita: "Divieto di abbandono di beni durevoli". Una domanda mi è sorta spontanea: nelle strade in cui questo cartello non è presente, è forse permesso abbandonare lavatrici e materassi a bordo strada?
E’ in quel momento che mi sono interrogato sull’utilità di leggi che regolano ciò che la comune morale, il senso civico, l'etica personale dovrebbero dare per assodato. Sì perché nel lontano 1997 gli allora eletti dovettero impiegare del tempo (prezioso o no, comunque lo impiegarono) per redigere un documento in cui si disciplina l’abbandono dei rifiuti pericolosi e le relative sanzioni. Ma un paese in cui c’è bisogno di una legge che sanzioni l’abbandono di rifiuti ingombranti/pericolosi/durevoli, è un paese più civile di altri?
Probabilmente più che interrogarci sull'esigenza di cambiare il Senato e con esso il processo legislativo bisognerebbe pensare di ripartire da un progetto più ampio di educazione civica, che insegni già ai bambini delle scuole a non buttare le lavatrici ai bordi della strada.
Perché in fondo possiamo riformare il Senato, la costituzione, anche la Camera, quello che volete: è vero, con la riforma alcune leggi si faranno più velocemente, ma non è scritto da nessuna parte che una nazione è tanto più civile quante più leggi ha, anzi. Qualcuno forse ha visto recentemente su Rai Tre (in seconda serata, come è logico che sia per i programmi più interessanti) lo stand-up comedy Nemico Pubblico, con Giorgio Montanini, tagliente comico marchigiano. In uno sketch diceva questo: “c’è bisogno di scrivere oh, non devi ammazzà un’altra persona?”. No, non ci dovrebbe essere bisogno. Così come non bisognerebbe dover scrivere “oh, mi raccomando, non buttate le televisioni su Via delle castagnole, se no poi ci sono le sanzioni”. Ma se i governi impiegano tempo e risorse (le nostre risorse) per fare queste leggi, allora la colpa di un paese (il nostro paese) che non funziona è anche la nostra.




WALTER VELTRONI, L'INTERVISTA DE L'OSSERVATORE D'ITALIA: "NON AVERE NOSTALGIA DEGLI ANNI DI PIOMBO"

di Silvio Rossi 

Abbiamo incontrato il fondatore del Partito Democratico, ed ex Vicepresidente del Consiglio dei ministri, Walter Veltroni, in occasione di una proiezione del film documentario che ha realizzato per ricordare la figura di Enrico Berlinguer a trent’anni dalla morte, avvenuta per le conseguenze di un ictus che lo colpì durante un comizio a Padova, nel giugno 1984.

Prima di essere un politico, Walter Veltroni è un uomo di cultura. Lo ha dimostrato in tutte le azioni intraprese da quando fu chiamato a dirigere l’Unità, storico giornale di partito, lo ha profondamente trasformato, rendendolo moderno e attento alla società, incrementandone notevolmente la tiratura (fino a oltre 150.000 copie), anche attraverso iniziative quali la vendita di videocassette allegate al giornale (operazione imitata dalle maggiori testate italiane) e la scelta di aprire un’edizione online, primo organo di informazione italiano nel gennaio del 1995.

Alla nascita del governo Prodi, del quale fu il più stretto collaboratore, l’anno successivo, fu quasi naturale il suo incarico come Ministro dei Beni Culturali. E anche in questo incarico anticipò molte iniziative che oggi sono entrate a far parte del vissuto ordinario dei cittadini italiani, come l’apertura notturna dei musei e la ricerca dei fondi attraverso il gioco del lotto.

Numerosi sono i libri che ha scritto, molti di saggistica, nei quali ha parlato di politica, ma non solo, con una predilezione per gli Stati Uniti d’America e i presidenti democratici (da Kennedy a Clinton), fu uno dei primi sostenitori di Barack Obama quando ancora la sua elezione alla Casa Bianca sembrava un sogno di difficile realizzazione. Ma non ha disdegnato la scrittura di romanzi, sempre legati ad un’idea di società proiettata in avanti, più equa di quella che ci troviamo intorno.

Era naturale che il dialogo intrapreso tra Veltroni e i suoi lettori sfociasse in un’opera cinematografica. Perché l’ex segretario del PD il cinema ce l’ha nel sangue. Il padre Vittorio fu uno dei più geniali dirigenti della Rai del dopoguerra. Studiò all’Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione dove si diplomò nel 1973.

Per narrare quindi la figura di Berlinguer ha scelto di utilizzare il mezzo che meglio può generare un’identificazione tra lo spettatore e il contesto narrato sullo schermo. I più anziani riguardano con nostalgia le inquadrature di alcuni comizi storici dell’allora PCI, i giovani restano invece incantati dalla passione dimostrata non solo da Berlinguer, ma da tutti i protagonisti e dalle folle inquadrate nelle scene del documentario.

Ma, come ha detto lo stesso Veltroni prima dell’inizio della proiezione, non è un film nostalgico, perché non si può avere nostalgia di quegli anni, che avevano certo una forte passione, ma che sono sfociati in episodi tragici, e lui stesso ha ricordato come ha visto uccidere alcuni suoi amici solo perché militavano in un certo partito, come ha visto suoi amici uccidere altri ragazzi, perché l’odio politico ha accecato le menti di una generazione, a destra come a sinistra. Ha ricordato come a un ragazzo di sinistra erano preclusi certi quartieri, e altrettanto accadeva in altri per i ragazzi di destra.

Il valore del documentario è comunque innegabile. Ricordando la figura di uno dei massimi esponenti politici dell’epoca, che viene oggi spesso citato (talvolta a sproposito) come esempio di moralità, e che ha visto riconosciuta la sua onestà morale e intellettuale da tutti i suoi avversari del tempo.

Abbiamo posto alcune domande a Veltroni, per cercare di comprendere meglio cosa resta oggi del messaggio di Berlinguer:

 

D.        Perché Berlinguer? Cosa aveva di diverso rispetto agli altri leader del Partito Comunista che erano con lui o che avevano preceduto?

R.        Intanto è stato il segretario, a differenza di Ingrao, Pajetta o altri, e poi è stato un segretario particolare, che ha introdotto grandissime innovazioni, che ha cambiato natura al partito comunista mantenendogli l’identità. Lo ha portato dal 25 al 34% in tre anni, insomma è stato veramente un protagonista della vita politica.

D.        Sul fronte dell’innovazione, vorrei fare quattro nomi da mettere insieme: Berlinguer, Occhetto, Veltroni e Renzi. Tutti e quattro hanno realizzato grandi innovazioni, nel caso di Occhetto la svolta della Bolognina, lei ha fondato il PD. Tutti e quattro però hanno subito forti critiche dentro al partito. Come mai?

R.        Le leadership con una certa fisionomia di innovazione inevitabilmente aprono delle discussioni, e questo è un bene che sia così. Però penso che, Berlinguer in primo luogo, e poi ciascuna delle persone che lei ha citato abbia cercato di aiutare la sinistra a crescere.

D.        E questo aspetto sul suo libro “E se noi domani” lei l’ha affrontato. Ha scritto, e lo ha ripetuto in più occasioni, che la sinistra è tale quando guarda avanti, si rinnova. Non crede che coloro che hanno contrastato Berlinguer prima, e poi gli altri innovatori sono invece quella parte di sinistra che tende a essere conservatrice?

R.        Ma questa è una fisiologia abbastanza classica, in tutte le forze di sinistra ci sono anime diverse che si confrontano, questo è fisiologico.

 




DIPENDENZA DA INTERNET, VIDEOGAMES, CELLULARI: CAPIRE E INTERVENIRE

A cura della Dott.ssa Francesca Bertucci, Psicologa – Mediatore familiare

Nell’epoca della comunicazione mediata dalla tecnica ci si interroga ancora sulle nuove dipendenze che caratterizzano gli adolescenti di oggi, dipendenze che sono in aumento, destando un notevole allarme sociale. E’ sotto gli occhi di tutti come lo sviluppo esponenziale delle nuove tecnologie abbia notevolmente contribuito a trasformare le forme di comunicazione all’interno della società e a modificare stili di vita e modelli comportamentali in tempo rapido. Si chiamano “web kids” e rappresentano il popolo degli under 18 che naviga spedito su internet, chatta on-line con la stessa naturalezza con cui le precedenti generazioni usavano il telefono, privilegia l’e-mail  e gli sms come principale mezzo di comunicazione. Il web ha cambiato non solo il modo di comunicare ma anche il linguaggio. Come il web ha cambiato il modo di socializzare, gli sms hanno cambiato la comunicazione degli affetti tra i giovani. Inoltre, il linguaggio privilegiato è quello di sintesi, che da una parte, va dritto al sodo, dando vita ad un discorso lineare e concreto, dall’altra, c’è il rischio che si taglino le gambe ai sentimenti ed alle emozioni.

Quali sono i bisogni che la rete soddisfa?

•             Sicurezza: i rapporti con gli amici nel gruppo permettono di trovare alleati nei confronti degli adulti e delle loro ingerenze;

•             Socializzazione: il gruppo offre la possibilità di non sentirsi soli e di trovare qualcuno con cui confidarsi in un clima non valutativo e accettante.

•             Spontaneità: il gruppo fornisce uno spazio in cui riesce ad essere se stesso anche nei suoi aspetti negativi, poiché l’altro vive la stessa condizione di disagio.

•             Specchio: il gruppo permette di vedere le proprie reazioni nelle azioni degli altri. Il comportamento dell’altro è un modello con il quale confrontarsi.

•             Selettività: il sentirsi appartenente ad un gruppo permette di differenziarsi rispetto sia agli altri coetanei sia agli adulti.

•             Transazione: il gruppo permette un graduale passaggio dallo stato di subordinazione verso gli adulti alla parità.

Internet riflette la necessità dei giovani di uscire dai vincoli del gruppo tradizionale per approdare ad una sorta di cyber-comitiva che può riunire centinaia di elementi di ambo i sessi e di tutte le provenienze socio-culturali e geografiche. I social networks inoltre, danno voce a tendenze ambivalenti della personalità, l’immagine di sé comprende aspetti realistici e idealizzati che convivono senza conflitto; si oscilla tra realtà e finzione tra le diverse modalità di pensiero come in un gioco che consente la simulazione.

 

Quali sono i rischi che si corrono con un utilizzo non controllato di internet e dei videogiochi?

 A farne le spese è sia la scuola che il gioco tradizionale. Attualmente quest’ultimo, è stato quasi del tutto sostituito dal videogioco, che lascia poco spazio alla creatività individuale, comportando anche la rottura della rete di relazioni interpersonali, in quanto è una forma di gioco consumata in solitudine, che implica una sfida tra l’individuo e la macchina. I bambini e i ragazzi possono incorrere in difficoltà scolastiche dovute al poco tempo dedicato allo studio e alla scarsa concentrazione, perché distratti dal desiderio di giocare.

 

Quando si diventa dipendenti?

Ci sono delle situazioni in cui si è più predisposti a sviluppare tale dipendenza. Quando si attraversa un momento di difficoltà, il computer, i video-games, i cellulari riducono notevolmente lo stato di disagio, l’ansia e la solitudine, offrendo opportunità di svago e alleggerimento della mente. Altri elementi predittivi individuali, possono essere impulsività, ricerca di sensazioni (disinibizione e sensibilità alla noia)e bassa stabilità emotiva. Infine, ma non meno importante, inadeguato sostegno e monitoraggio da parte dei genitori, scarsa qualità relazionale con i pari e isolamento sociale.

 

Cosa possono provocare le nuove dipendenze?

Le dipendenze da prodotti tecnologici condividono con quella da sostanze alcune caratteristiche: l’attività domina i pensieri e assume un valore primario tra tutti gli interessi; nell’uso dello strumento si prova un aumento d’eccitazione o maggiore rilassatezza; è necessario aumentare il tempo d’uso per avere l’effetto desiderato; malessere psichico e/o fisico che si manifesta quando s’interrompe o si riduce l’utilizzo degli strumenti; si creano tensioni e liti tra chi utilizza gli strumenti e le persone che sono vicine, ma la persona che ne fa uso è in conflitto anche con se stessa, a causa del comportamento dipendente; tendenza a ricominciare l’attività dopo averla interrotta. Molti sono i disturbi correlati:  dell’Umore, d’Ansia, del Controllo degli Impulsi, di Personalità, problemi di autostima, disturbi del sonno, mal di schiena, mal di testa, sindrome del tunnel carpale, stanchezza degli occhi, irregolarità nell’alimentazione, alterazione dello stato di coscienza.

 

Come intervenire?

È importante rinforzare le strutture interne, aumentando l’autostima, sollecitando l’impegno in attività alternative più sane e la costruzione di una relazione di qualità con i pari. Inoltre, è importantissima la presenza e il sostegno da parte dei genitori  che devono essere disponibili ad ascoltare e condividere i problemi dei propri figli. Nei casi più problematici è importante intervenire con un sostegno psicologico sia per l’individuo, sia per la famiglia che si trova a fronteggiare il disagio.

 

Dott.ssa Francesca Bertucci

Psicologa – Mediatore familiare

Cell 3345909764-dott.francescabertucci@cpcr.it

www.centropsicologiacastelliromani.it

 

piazza Salvatore Fagiolo n. 9 00041 ALBANO LAZIALE




LADY FISCO E I "CREDITI RELIGIOSI",.. SE NON SI PECCA NON SI VIENE ASSOLTI

 

Attendiamo la pubblicazione online della situazione patrimoniale della dirigente incaricata, offrendo così uno specchio di cultura scevra e lontana dalla  forte matrice cattolica, esempio per gli italiani tutti a non peccare per non avere poi l’assoluzione.

 

di Emanuel Galea

Giorni di crisi economica strisciante, di allarmante disoccupazione, di crescita di sacche di povertà, di decadenza dei costumi e di una vena di sfiducia che percorre tutta la penisola.

A dover governare questa preoccupante situazione il paese si ritrova una classe dirigente sessantottina, nata appunto nel 68 quando imperversavano i movimenti studenteschi di estrema sinistra. Si tratta dell’anno in cui il voto minimo fu garantito a tutti gli studenti, indipendentemente dallo studio, dai risultati e dal rendimento.  Con il trascorrere del tempo la prassi si è evoluta in “dare un impiego al politico”, “far fare carriera al politico” per finire in “affidare l’incarico al proprio politico”. Il più delle volte molti di quelli votati con il “sei politico” non lo meritavano, ciò nonostante oggi li troviamo a dirigere uffici importanti. Sono senza preparazione e scarsi culturalmente. Alzano la voce per farsi sentire, probabilmente da loro stessi. Producono rumore e non dicono niente. Sono “come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.”

Lo scorso 29 luglio 2014 debuttando alla Camera dei deputati come direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, nominata di recente dal governo Renzi come capo del Fisco italiano, ha dedicato molte parole sulla presunta connessione fra religione e peccato. Pensando di dire cose intelligenti, così ha esordito: “In Italia sanatorie, scudi, condoni, sono pane quotidiano. Siamo un paese a forte matrice cattolica, abituato a fare peccato e ad avere l’assoluzione”.

Nessuno si aspettava che la Orlandi fosse avvezza della materia religiosa, difatti ha dimostrato che non lo è. Per il cattolico, conditio sine qua non dovrebbe essere la riparazione. A prescindere, la lezione di religione impartita ai deputati, che mai guasta, la figuraccia della Orlandi risiede nel suo tentativo di esordire sulla scena nazionale quale una “lady fisco” innovativa, mentre al contrario si è rivelata solamente un comune segno dei tempi, discepola del pensiero unico che vuole vedere il cattolico come l’untore, la zavorra, appunto promotore di sanatorie, scudi, condoni, colui “abituato a fare peccato e ad avere l’assoluzione” Lecito chiedere alla gentile signora se lei sia immune dal peccato, che in linguaggio terra terra significa errore. Speriamo noi tutti che lo sia.

Eppure un piccolo peccatuccio, uno veniale lo ha commesso, ha peccato di presunzione. Bastava lei avesse consigliato l’archivio del suo dipartimento, avrebbe scoperto, ed è sempre bello imparare cose nuove, che prima di lei, quell’ufficio ha indotto al “pentimento ed alla riparazione” diversi evasori fiscali. Non saprei dire se tutti o in parte fossero cattolici, so solamente che la “Lista Falciani” contava i nomi di 6.000 italiani e società ,che hanno occultato al fisco circa 5 miliardi e mezzo di euro, tutti correntisti in svizzera dell'Hsbc, tutti personaggi famosi, attori, imprenditori, nobili, sportivi, stilisti. All’epoca tutto si sapeva di loro, eccetto il loro credo religioso.

Non  può la signora ignorare i 25 miliardi di lire italiche pagate allora dal compianto e bravissimo maestro Luciano Pavarotti. Anche in questo caso, i finanzieri non sembravano aver indagato sulla matrice religiosa del cantante. Tra i grandi stilisti, l’elenco degli evasori che hanno, alla fine pagato fior di milioni abbondano. Di  sciatori famosi,gente di spettacolo, e dell’industria. l’Agenzia delle Entrate può aggiornare la conoscenza della signora.

Dubito che nell’archivio ci si possano trovare tracce del credo di ognuno di questi signori. Come l’ultimo esempio che possiamo fornire  alla Signora Orlandi è il caso Berlusconi che subisce una condanna  per frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita: condanna definitiva a 4 anni di reclusione, però ,anche in questo caso, non siamo in grado di definire il profilo religioso del soggetto. Se interessa alla Lady Fisco diciamo che anche  nelle motivazioni della sentenza, nulla si parla delle convinzioni religiose dell’evasore.

Concludendo, in coerenza con la linea esemplare della Lady Fisco, in ottemperanza al decreto legislativo/ trasparenza, si attende la pubblicazione online della situazione patrimoniale della dirigente incaricata, offrendo così uno specchio di cultura scevra e lontana dalla  forte matrice cattolica, esempio per gli italiani tutti a non peccare per non avere poi l’assoluzione.