SARDEGNA, INONDAZIONI2013: DALLA UE 16 MILIONI DI EURO

di Maurizio Costa

Sardegna – Le zone colpite dalle alluvioni il 18 e il 19 settembre 2013 in Sardegna riceveranno 16,3 milioni di euro dall’Unione Europea. Johannes Hahn, Commissario UE responsabile per la politica regionale, ha annunciato un pacchetto di aiuti, del valore complessivo di 47 milioni di euro, che andranno a risollevare i territori colpiti da catastrofi naturali in Italia, Grecia, Slovenia e Croazia.

I soldi provengono dal Fondo di solidarietà dell’UE (FSUE), che dispone di una cassa che tocca una cifra importante: 530 milioni di euro solo per l’anno 2014.

Alla Grecia andranno 3,7 milioni per i terremoti che hanno interessato le isole di Cefalonia; la Croazia e la Slovenia riceveranno 18,4 milioni per una grave tempesta di ghiaccio che ha colpito questi due Paesi nel gennaio del 2014.

Il Commissario Hahn ha dichiarato lo scopo principale di questo appoggio economico: “Il Fondo e gli aiuti rispecchiano la solidarietà con gli Stati membri nei momenti di difficoltà. Il FSUE aiuterà queste zone a rimettersi in piedi e a rilanciare settori, come quello del turismo, gravemente colpiti dalle catastrofi.”

Sebbene il Commissario abbia annunciato gli aiuti, la cifra deve essere ancora approvata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio, ma i presupposti ci sono tutti.

Gli aiuti economici serviranno a far ripartire l’economia sarda, colpita profondamente dalle inondazioni del novembre 2013, che hanno causato 16 decessi e 1.700 persone sfollate.




ROBERTA RAGUSA: LE RICERCHE, IL RINVIO A GIUDIZIO E… I MESSAGGI DELLE SENSITIVE

 

Ci sono due nuove segnalazioni di due sensitive che il nostro quotidiano L’Osservatore d’Italia ha raccolto grazie alla collaborazione di Donatella Raggini.

 

di Chiara Rai

Gello di San Giuliano (Pisa) – Partiamo da dati oggettivi che riguardano la scomparsa di Roberta Ragusa. L’ex prefetto di Pisa Francesco Tagliente, che ha profuso un impegno costante nel caso di Roberta Ragusa in stretta collaborazione con la Procura, ha detto che per le ricerche della Ragusa sono stati mobilitati migliaia di uomini e che nessuna segnalazione, neppure quelle delle sensitive, viene trascurata. 

Alla fine dello scorso gennaio il territorio è stato battuto lembo dopo lembo. Le ricerche si sono avvalse anche del coinvolgimento delle unità specializzate di Forze e Corpi di Polizia (sommozzatori e speleologi).Ma anche del volontariato sociale. Ben 39 «capi maglia», individuati nei comandanti delle Stazioni dei Carabinieri dei comuni della provincia, coadiuvati dalle polizie municipali e da tutte le articolazioni del volontariato presenti sul territorio. Oltre 1500 le forze messe in campo.

 Il lago di Massacciuccoli, uno degli ipotetici luoghi dove si sarebbe potuto occultare un cadavere, è stato scandagliato con il georadar fin dove era possibile arrivare con mezzi e uomini. 

Addirittura gli inquirenti sono tornati in quel lago dopo le segnalazioni di una sensitiva di Roma che è stata accompagnata sino al lago di Massacciuccoli assieme alle cugine di Roberta. La sensitiva avrebbe indicato un punto preciso del lago, ma in quel punto non è stato trovato alcun corpo, altrimenti oggi si sarebbe discusso di altro. Avremmo saputo probabilmente in quale maniera Roberta Ragusa sia morta, se è morta veramente visto che dalla sua sparizione sono trascorsi oltre due anni.

Una notizia certa appresa dall’ambiente investigativo è che gli elementi raccolti a carico di Antonio Logli sono più che sufficienti ad ottenere un rinvio a giudizio per l’omicidio della moglie Roberta Ragusa nonostante non sia stato ancora ritrovato il corpo della donna.

Marzo 2013

Svolta nel caso di Roberta Ragusa. E’  stato reso noto il contenuto dei reperti finora segreti  in mano agli inquirenti, si tratterebbe di parti del pigiama e dell'orologio della donna. 

L'orologio è stato ritrovato, sembrerebbe da un passante, in un campo vicino all’abitazione di Roberta Ragusa, in via Gigli, esattamente il luogo dove un testimone ha riferito di aver visto, intorno alle 1.30 della notte fra il 13 e il 14 gennaio del 2012, il marito di Roberta, Antonio Logli, litigare calorosamente con una donna, che potrebbe essere stata proprio la moglie. Il ritrovamento dell'orologio nel campo chiarirebbe quindi ogni dubbio sull'identità di questa persona,  provando che a litigare con Logli era proprio la moglie: Roberta Ragusa.

 Il testimone dell'accaduto, ha ripetuto mercoledì scorso durante la trasmissione televisiva "Chi l'ha visto?", di aver udito dei colpi, come se il corpo o la testa di qualcuno venisse sbattuta contro la carrozzeria di un’automobile, e una donna urlare, proprio in quel campo e quella stessa sera, prima di veder fuggire dal luogo una vettura a tutta velocità. "Nel corso di altre battute di ricerca – rende noto  Tgcom24 – sarebbero inoltre stati trovati alcuni brandelli del pigiama rosa, indossato da Roberta Ragusa nella notte della scomparsa, in un’area del Monte Serra a circa 200 metri da una strada sterrata". Al momento l’unico indagato per omicidio e occultamento di cadavere resta il marito di Roberta Ragusa, Antonio Logli. 

A giugno dello scorso anno il prefetto di Pisa Francesco Tagliente, insieme con il procuratore della Repubblica Ugo Adinolfi, dal sostituto procuratore Aldo Mantovani, che ha la delega delle indagini sul caso di Roberta Ragusa hanno incontrato i familiari per fare il punto sulle ricerche. All'incontro c'erano anche il vice comandante provinciale dei carabinieri Angelo De Luca e altri investigatori impegnati nelle indagini.

Il prefetto Francesco Tagliente ha espresso la comprensione per il dramma umano vissuto e la vicinanza al dolore della famiglia di Roberta Ragusa. Ha spiegato che le Istituzioni non si sono mai arrese nelle ricerche di Roberta, con il coinvolgimento del mondo del volontariato che è straordinario.

A luglio dello scorso anno i militari hanno ispezionato un furgone utilizzato dal marito di Roberta Ragusa, Antonio Logli, l’auto della sua nuova compagna e del padre dell'uomo, Valdemaro Logli. Mentre sul veicolo di quest'ultimo non è stato trovato nulla, due reperti biologici sono stati rinvenuti nel vano di carico del furgone di Antonio Logli e nell'auto di Sara Calzolaio (Ford Fiesta rossa). Tuttavia, la traccia del furgone sarebbe troppo piccola e dunque inutilizzabile. Ma sull'altra, repertata su un tappetino dell'abitacolo dell'auto della Calzolaio, l’entità sarebbe stata sufficiente per la refertazione.

Proprio per consentire l'ispezione della sua vettura, Sara Calzolaio ha ricevuto l'avviso di garanzia con l'accusa di favoreggiamento. Valdemaro Logli è accusato di concorso in occultamento di cadavere.

Adesso, si parla maggiormente di due luoghi dove potrebbe essere stato occultato il corpo di Roberta: il lago di Massacciuccoli e l’ex deposito militare di Titignano. 

Ci sono due nuove segnalazioni di due sensitive che il nostro quotidiano L’Osservatore d’Italia ha raccolto grazie alla collaborazione di Donatella Raggini. 

Tutte e due le sensitive vogliono rimanere anonime quindi di una citeremo l’ iniziale del nome di battesimo che è V. e dell’altra il nome per esteso che è Claudia. 

 

La testimonianza di V. 

V. dice di aver avuto la visione di Roberta due mesi fa. La sensitiva vede Roberta in un sacco nero nell’acqua del lago di Massacciuccoli dalla parte della pineta in una “rientranza semicircolare” dove ci si arriva con la macchina. V. asserisce che del suo corpo verrà ritrovato ben poco perché nel frattempo è stato divorato dai gamberi killer. Secondo V., il corpo potrebbe essere ritrovato addirittura prima che inizi il processo se solo gli inquirenti seguissero le sue indicazioni. V. è convinta che gli inquirenti non abbiano mai cercato in quel determinato punto. 

Ma a noi risulta che le ricerche sono state fatte anche lì e laddove non si è riusciti ad arrivare, neppure colui che ha occultato il cadavere avrebbe potuto arrivarci. 

 

La testimonianza di Claudia che ci ha inviato un disegno

Claudia non si definisce una sensitiva ma fa dei sogni e ha delle sensazioni. Lei vede Roberta in una sorta di cisterna in muratura, una struttura stretta come un ascensore con parti di cemento armato non di mattoni,  accosciata con l’acqua fino alle cosce con al collo la sciarpina o foulard con la quale sarebbe stata strangolata dopo essere stata tramortita con una botta alla testa. Il suo corpo sarebbe in un posto umido e freddo, nel raggio di 25 chilometri dall'abitazione. Altro non ci ha detto. Ci si può attaccare ad un sogno? Non pensiamo che un sogno non sia sufficiente a ritrovare Roberta, nonostante la buona volontà di Claudia. 

 

 “Toni” torna a scrivere 

“Caro Valdemaro Logli, confessati. Dai ai tuoi nipoti e alle cugine di Roberta una tomba su cui pregare questa povera donna. Dobbiamo superare l’ultimo esame. L’unico che valga davanti a Dio. Siamo tutti malandati, può succedere quando meno te lo aspetti. Agguanta questa mano e stringila forte. Salvati. Tu e tuo figlio”.

Chi scrive è ancora “Toni”.. Si tratterebbe del contenuto della seconda lettera. Toni si definisce un ex militare e dice di essere una vecchia conoscenza di Valdemaro Logli, padre di Antonio e suocero di Roberta Ragusa.

Secondo la testimonianza di “Toni”, i quattro parlavano di luoghi segreti in cui sarebbe stato possibile nascondere un cadavere in modo che nessuno potesse mai più ritrovarlo. Antonio Logli avrebbe citato un nascondiglio che diceva di conoscere soltanto lui. Si tratta di una grossa cisterna per la conservazione del carburante che si trova all’interno dell’ex deposito militare di Titignano, un paesino a circa tredici chilometri da casa Logli.

La cisterna, abbandonata da tanti anni, è ancora oggi completamente interrata e sovrastata da una folta vegetazione. Per entrarvi, presumibilmente di notte, quel qualcuno avrebbe dovuto rompere la rete metallica per introdursi nell’area che tra l’altro all’epoca della scomparsa di Roberta Ragusa era presumibilmente occupata da nomadi. 

Le Forze dell’ordine e i volontari hanno cercato in lungo e in largo non sottovalutando alcuna segnalazione. Le ricerche non si sono esaurite. E’ vero che gli elementi a carico di Logli sono molti ma anche vero anche che il corpo non è stato ritrovato. Riteniamo non si possa dare troppo peso a delle sensazioni e alle persone sensitive perché in gioco ci sono i sentimenti dei familiari di Roberta Ragusa che cercano certezze e il processo deve basarsi su delle prove concrete.

Noi abbiamo riportato le dichiarazioni di due sensitive per non lasciare nulla al caso. Del resto sono state ascoltate in passato e possono essere d’aiuto anche oggi, nonostante il beneficio del dubbio. Il processo, qualora ci sia il rinvio a giudizio presumibilmente ci sarà, sarà molto complesso e dovrà essere sostenuto da prove con la maiuscola. Quelle di cui finora siamo a conoscenza (è ovvio che con il segreto istruttorio e la non volontà di dare vantaggio alla difesa non è stato detto quasi nulla) sono elementi che possono far accrescere il sospetto. Ci sono bugie e incongruenze di orari, ci sono delle testimonianze. Ma Roberta Ragusa è scomparsa. 

 

La scomparsa

Roberta Ragusa è svanita nel buio della notte fra il 13 e il 14 gennaio 2012, un venerdì e un sabato, da Gello di San Giuliano, alle porte di Pisa: con sè non ha portato nulla, né un cappotto, né la borsa con soldi e documenti, né un cellulare, né, tantomeno, i suoi gioielli più preziosi, due ragazzi che adorava, Daniele, oggi sedicenne, liceale al classico, e Alessia, undici anni compiuti senza la mamma. L’ultimo a vederla in quella gelida notte, la stessa in cui naufragò la Concordia al Giglio, è il marito, Antonio Logli, 49 anni, elettricista alla Geste, una partecipata del Comune di San Giuliano, e socio con lei ed il padre Valdemaro dell’autoscuola di famiglia, la Futura, una società in accomandita semplice.

 

L'appello del nostro giornale

Facciamo un appello alle amiche di Roberta Ragusa: vorremmo intervistarle per ripercorrere quello che era lo stato d'animo di Roberta negli ultimi tempi, senza trascurare nulla. Le nostre interviste potrebbero rivelarsi utili in qualche modo. Ripercorrere più volte la stessa strada è fondamentale. Un caso del genere va snocciolato fino in fondo. 

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MATTEO RENZI: DATEMI LA FLESSIBILITA’ E SOLLEVERO’ L’EUOPA

di Emanuel Galea

La frase non è del tutto nuova. Qualcosa di simile mi sembra l’avesse pronunciata un signore di Siracusa, vissuto tra il 287 e il 212 a.C. Dopo aver esclamato “heureka – ho trovato” si è lasciato andare in un grido di gioia dicendo: Datemi una leva e vi solleverò il mondo. Questa esternazione Matteo Renzi ancora non l’ha fatta, ma quando verrà a sapere che la frase ha reso famoso il signor Archimede, il siracusano, si affretterà a lanciare una hashtag con la sua versione.

Le ambizioni del giovane rampollo della politica nazionale non conoscono limiti nonostante che tecnici accreditati, della finanza e dell’economia, non nascondono le loro perplessità riguardo alla sua effettiva conoscenza della complicata materia. 

L’Italia, e l’Europa non è da meno, sta franando. MatteoRenzi ha la soluzione! Héureka!  Ricostruire iniziando dall’alto. Insiste chiedendo la flessibilità. A fare cosa? Costruire su cosa? Quali sono le basi? I tecnici del settore non vedono che detriti, rovine.

Questo governo sta esigendo “la flessibilità”. Se Matteo Renzi mi permette, prima di coinvolgere un paese intero sarebbe bene spiegare la “causa-effetto” che implica la sua richiesta , nonostante tutto che verrà dopo.

Mettiamo sul tavolo le carte scoperte:

– In cima alle urgenze le misure per l’occupazione. Quante “famiglie senza reddito”?  Con la flessibilità s’intende quella contrattuale? Intende l’abolizione dell’art.18?

– La pressione fiscale è la più alta dell’Europa. L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre per quest’anno 2014 prevede una pressione che toccherà il livello record del 44%. Come intende Matteo Renzi, applicare la flessibilità in questo comparto?

– Le tasse e i contributi sugli italiani hanno un’immediata caduta sui consumi. E’ molto difficile immaginare l’applicazione di una flessibilità nei consumi delle famiglie.

– Mentre diminuiscono gli incassi del fisco, si verificano aumenti nella spesa pensionistica. Forse il governo Renzi sta facendo marcia indietro sul prelievo di solidarietà delle pensioni d’oro”?

– L’enorme debito pubblico , a oggi sta a 2.168 miliardi, oltre il 135% del Pil, rende impossibile qualsiasi riforma. Forse l’unica voce flessibile, sempre in aumento.
Alla luce di questo quadro , poco rassicurante, cosa intende il Governo con “flessibilità dei conti”? Cosa ci sta dietro l’angolo allo sfioramento del 3%?

Brunetta raccomanda a tutti i “cattivi stregoni” e giornalisti di smetterla di parlare di “pensioni d’oro”. Secondo lui , qualsiasi riduzione in questo settore è a rischio d’incostituzionalità. Se lo dice Brunetta, che non è l’ultimo studioso, c’è da credere. Nonostante ciò, sentire altri studiosi, altrettanto bravi, non guasta. L’unica riforma che può dare risultati immediati è quella della Pubblica Amministrazione. La Spending Review è la soluzione immediatamente disponibile sul piatto del governo.

Cercare di costruire sulle macerie, con riforme “toccata e fuga” come quella del Senato, le Province e quello che si prospetta con il Jobs Act e l’Italicum non si fa altro che acutizzare la crisi.

I cittadini da tempo aspettano la “giustizia sociale” oltre che quella civile e penale. Non è tassando i loro pigri risparmi e la casa, loro bene rifugio, che si rende giustizia. Una politica seria, vera, verso la ridistribuzione della ricchezza sarebbe la giusta leva, che solleverà, se non l’Europa, intanto l’Italia.

E non è poco.
 




DOCCIA PER TUTTI

A cura di Roberta Sibaud – Vice Presidente Associazione Donne per la Sicurezza onlus

La lotta contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) va benissimo, tutti noi siamo assolutamente coscienti della sofferenza che questa malattia provoca al malato e ai suoi familiari, ma non dimentichiamo che i vari neurologi ogni giorno drammaticamente annunciano ai pazienti tante altre malattie degenerative altrettanto gravi che fin dall'infanzia non consentono di vivere una vita con un solo attimo di normalità e che la renda degna di essere vissuta, malattie non meno gravi della SLA che impediscono la possibilità di godere delle piccole gioie quotidiane, che non assaporeranno mai il dolce gusto di un bacio appassionato, il calore di un abbraccio d'amore, la gioia di essere papà o mamma o solo la bellissima libertà di passeggiare a piedi nudi sulla sabbia e tuffarsi nel mare della vita. E’ terribile solo a pensarci.

Sono una persona con "disabilità grave" e soffro di una patologia degenerativa altamente invalidante dall’età di 26 anni ora ne ho 57, riconosciuta ufficialmente dall'art.3 comma 3 della legge quadro 104/1992, legge per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità e mi chiedo quando verrà fatta dallo Stato italiano e dal mondo civile una doccia di consapevolezza, di giustizia e di umanità che faccia emergere dalla condizione di totale trasparenza tutte le persone disabili. La disabilità in quanto tale non deve subire ulteriori discriminazioni. Già se ne subiscono a sufficienza con i diritti negati, ad esempio quello di scegliere da chi essere assistiti di autodeterminarsi o autogestirsi con l’incubo di finire in RSA, ad un costo personale altissimo quello di sentirsi soli ed abbandonati, senza più la capacità e la forza di lottare e far sentire la propria voce; papà, mamme, sorelle, figlie che con coraggio e abnegazione e con lo spettro del futuro quando a mancare saranno anche le forze, assistono bambini, anziani e disabili senza aiuti dallo Stato.

Persone alle quali lo Stato nega il diritto alle cure compassionevoli con Stamina, l’unico metodo attualmente a disposizione per scongiurare la sofferenza o la morte (il Prof. Di Bella non ha insegnato proprio nulla?) e osteggia e blocca le sperimentazioni con la banale scusa che devono “essere accertati gli effetti” ben sapendo che i motivi sono altri. Se ci si ferma a pensare se una sperimentazione funzionerà o non funzionerà la scienza e il genere umano non andranno da nessuna parte e se nel tempo non si fosse osato con le sperimentazioni oggi moriremmo ancora tutti di raffreddore. 

Uno Stato che riduce e non rifinanzia adeguatamente il Fondo Nazionale per le non Autosufficienze e delega alle regioni, alle province autonome e ai Comuni l'onere di reperire le risorse economiche necessarie per l'erogazione dei servizi sociali assistenziali, come se fosse un compito discrezionale e non un obbligo del Governo, reperire detti fondi come sancito dalla Carta dell’ONU ratificata dall’Italia dovrebbe nel contempo ridurre i costi della politica e i vitalizi concessi anche a persone condannate … ma non lo fa.

Se questa esplosione mondiale di docce è il sistema per sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica, allora i benefici devono essere per tutti altrimenti è discriminatorio, e come persona con disabilità non mi sta bene.  

Mi complimento con Fiorello, Celentano ed altri, per le parole spese per Stamina e per essersi avvicinati al mondo della disabilità con l’auspicio che estendano la sfida planetaria delle docce a tutte le patologie degenerative invalidanti, nessuno escluso, poiché le malattie tutte non sono più cosi rare… e poi si muore.




ELENA CESTE COME ROBERTA RAGUSA: DUE MAMME SPARITE NEL NULLA

di Simonetta D'Onofrio

Che fine ha fatto Elena Ceste? Ḗ possibile che si sia dissolta nel nulla, nessuna traccia? Una donna semplice con la faccia da brava ragazza, scomparsa dalla casa di famiglia venerdì 24 gennaio, da Costigliole d'Asti, frazione di Santa Margherita in provincia d’Asti. Mamma di quattro figli, la trentasettenne si è resa irreperibile, mentre il marito quella mattina accompagnò i bambini a scuola, distante pochi chilometri dall’abitazione dove viveva “apparentemente” con il marito.

Nessuno da quello momento l’ha più vista. Il cancello chiuso, i suoi oggetti personali rimasti in casa, come il cellulare, i documenti, gli occhiali da vista e il giaccone che abitualmente utilizzava per coprirsi. Tutto nella villetta da riordinare, le faccende domestiche mai iniziate, come i letti dei ragazzi da ricomporre.  

Ultimi aggiornamenti

La speranza si è riaccesa quando sono giunti due messaggi anonimi, a inizio di luglio sul cellulare del Medico di base di Elena Ceste, Mario Paolo Gozzelino. Accusano il parroco di zona, Don Roberto, essere il responsabile materiale dell’uccisione e dell’occultamento del cadavere. Gli inquirenti hanno subito accertato la provenienza dei messaggi, individuati da una cabina telefonica dal Sud dell’Italia, dalla provincia di Salerno (paese originario di Michele Buoninconti), ma li hanno ritenuti non attendibili.

Nella puntata del 2 luglio della trasmissione “Chi l’ha visto?”, la giornalista Federica Sciarelli ha detto che in redazione era arrivata anche una lettera da un amico della vittima, il quale sarebbe a conoscenza di alcuni dettagli della vita coniugale di Elena Ceste e del marito. La conduttrice ha letto solo la parte iniziale del testo, evidenziando che l’autore avrebbe affermato di essere a conoscenza del fatto che Elena avesse intenzione di richiedere la separazione coniugale. La Sciarelli ha invitato l’artefice della missiva a farsi avanti, poiché come lui sostiene non è alla ricerca di clamore e non è tanto meno un mitomane. La lettera rimane una pista valida, che potrebbe far cadere la maschera a chi ancora oggi cade dalle nuvole.

Tante sono le circostanze oscure in questo caso. Anche la mattina della scomparsa, il 24 gennaio, Michele si recò da un medico, proprio perché era turbato dal comportamento che avrebbe avuto sua moglie la sera prima della scomparsa. Proprio su questo episodio ci sono le telecamere che hanno ripreso i movimenti dell’uomo, che a tutt’oggi non è accusato di nulla. Ed è il marito a confermare che qualcosa di preoccupante doveva esserci nello stato d’animo della moglie: “Mi aveva detto delle cose molto strane, confidandomi di aver paura che qualcuno ci portasse via i nostri bambini. Anche al suo risveglio mi aveva detto che non si sentiva bene e per questo mi aveva chiesto se potessi accompagnare io i nostri figli a scuola. Poi però aveva cambiato idea e mi aveva detto di lasciarli a casa. Allora io l’avevo tranquillizzata e poi ero uscito. Rientrando a casa, dopo aver lasciato i bambini a scuola, mi ero fermato davanti allo studio del medico. Era ancora chiuso. Mi ero segnato Borano di ambulatorio perché volevo che visitasse mia moglie. Arrivato a casa, Elena non c’era più».

Altre segnalazioni

Elena aveva rapporti d’amicizia anche con alte figure maschili. Viene accertato dagli inquirenti che riceva diversi messaggi sul suo cellulare personale e che aveva anche un proprio profilo personale su Facebook, all’insaputa dei familiari. Aveva riallacciato amicizie con molte persone legate al suo passato.

Gli investigatori hanno chiesto a Michele se fosse a conoscenza del contenuto dei messaggi ricevuti da Elena, che in alcuni casi sono riconducibili a legami amorosi intrattenuti dalla giovane donna. Michele si è sempre mostrato incredulo a tutto ciò e avrebbe messo le mani sul fuoco, a conferma dell’ottima reputazione che aveva per lui la sua consorte. Mai e poi mai si sarebbe comportata così, distraendosi con altri uomini, lontano dal focolare domestico. Insomma era per tutti una donna casa e chiesa.

Il padre di Elena, Franco, dopo tanti mesi d’attesa fa un appello e si rivolge a chi sa qualcosa e che per tanti motivi non può parlare. Il 12 giugno Franco dalle telecamere invoca il parroco, che forse aveva preso la confessione di Elena, di non seguire il diritto canonico che, in questo caso impone il silenzio. Di certo c’è che a fine ottobre, non a santa Margherita dove Elena si recava sempre con il marito alla messa domenicale, ma a Motta, don Roberto, che da poco tempo aveva ricevuto l’incarico sacerdotale ha ricevuto la donna. Il parroco che non la conosceva molto bene, ha detto che le è sembrata molto spaventata. In attesa di altri dettagli continuano le indagini su un caso davvero molto intrigato.




IL BELLO DELLA DIVERSITA

di Emanuel Galea

La diversità è uno dei valori fondamentali della storia di ogni uomo. La diversità è colore, cultura, ricchezza, scambio, crescita, valori.  La diversità è una necessità, è linfa per i popoli. Da non confondere però con “differenze” o peggio ancora da scambiarla con il “diverso” . Più la “diversità” è netta, chiara, trasparente, inequivocabile, più fa ricchezza, colore, cultura, crescita. Ove mancano queste qualità, si deve parlare di ambiguità, disordine, caos. 

La globalizzazione sta schiacciando la “diversità”, per utilizzare un’espressione che va tanto di moda, sta catramando le radici delle culture, costumi e valori storici dei popoli è sta portando il mondo a un declino irreversibile.

La “diversità” non è una scoperta dell’uomo. L’ha creata il buon Dio, per chi ci crede e per gli altri è apparsa assieme al Big Bang per puro caso. Tanto nel primo caso al quale m’iscrivo, tanto nel secondo caso, rimane che in un certo istante della creazione oppure per gli altri, dell’atto di  formazione, molto lontano, è nata la diversità . La sua bellezza si è manifestata nell’Universo del corpo umano, quello maschile e quello femminile, nel mondo animale, quello vegetale, ittico, aviario e non solo.

Mentre scrivo, scorre davanti alla mia immaginazione una scena molto lontana, dei Mercati Generali in Via Ostiense, Roma. Ricordo una mattina, molto presto, mi trovavo lì con l’Economo di un famoso albergo. Da quei mercati generali ortofrutticoli e ittici lui cercava merce particolare. Io invece rimasi estasiato davanti ai colori, le diversità, i vari profumi,suoni, forme e molteplicità. Un caleidoscopio di mille facce del prodotto della terra. Il mio sguardo incantato ha continuato a ruotare, mentre le figure sulle bancarelle mutavano e cambiavano colore e forma, senza mai ripetersi. 

Un universo in miniatura di ciò che s’intende per diversità. Si può, in piccolo modo, descrivere i colori, le forme e le molteplicità. Mai alcuno però riuscirà a fare risaltare la magia dei suoni e i mille soavi profumi. 

Con un piccolo sforzo, chiudendo gli occhi, trasferisco questa immagine all’Europa. Emergerà anche in questo caso il bello della diversità. 

I paesi bassi hanno un fascino che non si trova in Europa meridionale. Le caratteristiche della penisola iberica godono di colore, ricchezze e cultura che arricchiscono la diversità del vecchio continente. L’eredità storico-culturale dell’Italia offre altri orizzonti che formano la multiforme diversità. La struttura dell’Europa orientale, piena di fascino e mistero, non può mai essere riprodotta nelle città occidentali della stessa Europa.

Se poi allargo la visuale e considero la diversità estesa all’intero pianeta, non si fa altro che confermare quello che, nel piccolo mondo dei “mercati generali”, oppure nel mondo ristretto del vecchio continente, ho cercato di illustrare. Culturalmente parlando l’Alaska non è Parigi. la Nigeria non è Berlino, Pechino non è Milano e Roma non è Baghdad. Ognuno di questi ha qualcosa che all’altro manca, manca nel modo di pensare, nell’attribuire dei valori a cose e persone, nelle radici storiche proprie e via dicendo.  Parlare di globalizzazione, vuol dire rottamare “le civiltà” , se mi è permesso , una hashtag abusata Renziana.

Sono tante le domande retoriche che si possono fare. Che si trova d’interessante nel vedere le stesse teste rasate a Nairobi e New York come a Leningrado o a Berlino? Che valore si può attribuire alla monotona vista di ragazze con identiche hot pants e le solite T shirts? Dove sta l’originalità nel vedere la gioventù, pettinata, calzata, vestiti e con comportamenti comuni in Irlanda e Bogotà, in Cefalù come in Zagabria, a New Delhi come a Sidney e a Mumbai come a Porto Rico?

In breve, siamo alla presenza di una generazione orfana di gusti e scelte proprie , segue sempre e comunque, senza interrogarsi del come e del perché.  Una generazione che protesta mentre sfugge scelte responsabili.

Il bello della diversità è offrire più ricchezza, più colori, più cultura. La globalizzazione sta uccidendo la “diversità” è sta portando il mondo a un appiattimento,un marasma incolore, insapore e irreversibile, creando dei manichini, un’umanità che segue un trend, una scia. Solo in parole si dichiara ribelle, progressista, a volte  futurista. Ai fatti si rivela un gregge che si trascina dove soffia il pensiero unico. Se questo è il “progresso che ci propinano”, ridateci il “medioevo”.

 



DIETA ESTATE: CONSIGLI PER RIMANERE IN FORMA

A cura della Dott.ssa Monia D’Amico –  Biologa Nutrizionista

Con l’arrivo dell’estate la nostra alimentazione dovrebbe adattarsi alle diverse temperature climatiche scegliendo di consumare cibi leggeri e freschi.

Il consumo di pietanze troppo elaborate ricche di grassi potrebbe sovraccaricare il nostro sistema gastrointestinale dato che con il caldo la digestione è meno efficiente. E’ meglio scegliere allora cibi che si digeriscono facilmente e con ridotto apporto calorico.

 

1) Mangiare frutta e verdura freschi di stagione

Con l’estate troviamo molta varietà di frutta e verdura e quindi sarà semplice trovare prodotti di nostro gradimento.

Per la scelta dei prodotti da consumare vi consiglio di scegliere sempre prodotti locali possibilmente biologici.

Frutta e verdura vanno consumati in grandi quantità in estate poiché contengono molti liquidi, sono ricchi di sali minerali e vitamine e bilanciano le perdite di liquidi causate dalla eccessiva sudorazione estiva.

Preferite sempre verdure crude di più facile digestione se non vi danno problemi poiché sarete sicuri di acquisire tutte le proprietà benefiche dell’alimento. I vegetali vanno conservati il meno possibile poiché l’appassimento provoca perdita di vitamine. La cottura purtroppo non conserva sali minerali e vitamine quindi cuocete o bollite poco le verdure. Utilizzate la cottura al vapore oppure scottate le verdure nella minore acqua possibile e cercate di cuocerle intere dato che il taglio produce perdita di vitamine idrosolubili.

Come sostitutivo della frutta evitate i succhi di frutta industriali che sono troppo ricchi di zuccheri e preferite succhi biologici non addizionati di zuccheri o altri dolcificanti oppure succo o centrifugato di frutta fatto al momento.

 

2) Bere molta acqua naturale

Per contrastare la disidratazione che può avvenire in estate a causa della sudorazione intensa è importante introdurre molti liquidi, in particolare acqua ricca di sali minerali con proprietà benefiche per il nostro organismo, almeno due litri al giorno. Bere acqua naturale fresca evitando l’acqua e altre bibite gassate che creano gonfiori. Evitare anche bibite zuccherate e alcoliche perché introducono calorie in eccesso.  Le bevande alcoliche inoltre aumentano la sudorazione e la sensazione di calore. Le persone anziane rischiano più facilmente la disidratazione perché con l’età diminuisce lo stimolo della sete e quindi vanno aiutate a ricordare di bere nell’arco di tutta la giornata. 

Se non riuscite a bere a sufficienza provate a bere tisane fresche o thè verde non zuccherati.

Il thè verde contiene molta meno caffeina rispetto al thè nero e al caffè  e contiene molti antiossidanti, soprattutto polifenoli e bioflavonoidi, necessari al nostro organismo per rallentare l'invecchiamento cellulare, favorire la rigenerazione dei tessuti e contrastare i radicali liberi responsabili delle malattie degenerative.

 

3) Pasti semplici poco ricchi di grassi

Con il caldo anche i processi digestivi sono meno efficienti per cui si raccomanda il consumo di cibi leggeri. E’ opportuno diminuire l’apporto di grassi, carni panate e fritti, evitare i condimenti troppo elaborati e i cibi piccanti e dare invece la preferenza alle carni magre e al pesce per l’alta digeribilità ed il minor apporto calorico. Preferite pollo, tacchino, manzo, agnello e pesce fresco di piccole dimensioni.

Vanno molto bene anche le uova perché contengono proteine di alto valore biologico e grassi che fanno bene al nostro organismo. Attenzione solo alla cottura che deve avvenire a basse temperature e senza olio come la cottura al vapore (uovo al piatto) o alla coque.

Il condimento da utilizzare è l’olio extravergine di oliva, ottenuto attraversi spremitura a freddo, da aggiungere a crudo agli alimenti.

 

4) Gelato come spuntino

Il gelato è un ottimo alimento da consumare in estate se preparato in modo tradizionale.

E’ preferibile però consumarlo occasionalmente come spuntino di metà pomeriggio sfruttando anche le sue proprietà rinfrescanti piuttosto che sostituirlo al pranzo o alla cena poiché non potrà mai sostituire un pasto dal punto di vista delle proprietà nutrizionali. E’ troppo ricco di grassi e carboidrati di alto indice glicemico e poco proteico e soprattutto le proteine non sono di alta qualità. 

Per evitare di consumare troppi grassi è preferibile un gelato alla frutta rispetto alle creme e inoltre si può evitare l’aggiunta della panna e il cono del gelato o eventuali cialde aggiunte al gelato.

 

5) Attività fisica

Anche se con il caldo non ci va più di seguire lezioni in palestra dobbiamo continuare a muoverci e a camminare almeno una mezz’ora al giorno o la mattina presto oppure  nel tardo pomeriggio.

L’attività fisica unita ad una alimentazione sana e moderata ci aiuterà a rimanere in forma o a ritrovare la forma perduta.

Purtroppo proprio in estate molte persone uscendo dalla routine perdono la propria forma perché si concedono molto in vacanza e smettono di bruciare con il movimento.

L’estate è il periodo migliore per l’esercizio fisico all’aperto: fate tutto ciò che potete: se avete bambini piccoli passeggiate tante ore all’aperto, se siete in montagna potete passeggiare in bicicletta, se siete al mare nuotate o passeggiate sulla spiaggia.


Dott.ssa Monia D’Amico Biologa Nutrizionista 3476003990

www.centropsicologiacastelliromani.it

piazza Salvatore Fagiolo n. 9




VINO IN POLVERE E WINE KIT: FRODE CHE DANNEGGIA IL MADE IN ITALY

Redazione

E’ stato sventato un inganno globale che mette a rischio la credibilità del Made in Italy in tutti i continenti dove la diffusione dei “wine kit” con etichette italiane è purtroppo capillare e spesso tollerata con danni incalcolabili alle produzioni di vino nazionale. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente l’operazione del Nucleo Antifrodi Carabinieri di Parma, in collaborazione con i Reparti dell’Arma dei Carabinieri territorialmente competenti, con l’Area Antifrode della Direzione Interregionale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e del servizio Antifrode dell’Ufficio delle Dogane di Reggio Emilia che ha scoperto un’associazione per delinquere transnazionale, dedita alla produzione e commercializzazione in ambito internazionale di ‘Wine Kit’ recanti sulle etichette i riferimenti ad almeno 24 vini italiani Dop e Igp risultati contraffatti (tra i quali Amarone, Barolo, Valpolicella ecc.), diversi per origine e provenienza. I “miracolosi” wine kit promettono con semplici polveri di ottenere in pochi giorni vini dalle etichette piu’ prestigiose mettendo a rischio con l’inganno l’immagine e la credibilità dei nostri vini conquistata nel tempo – sottolinea la Coldiretti – grazie agli sforzi fatti per la valorizzazione di un prodotto che esprime qualità, tradizione, cultura e territorio. Purtroppo i furbetti dei wine kit si sono diffusi in tutti i continenti, dall’America all’Australia ma anche in Europa dove è particolarmente grave il fatto che dietro questi traffici si nascondano – continua la Coldiretti – anche operatori italiani. Il problema – sostiene la Coldiretti – non è legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poiché  in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti. La definizione europea del vino non contempla l’aggiunta di acqua come peraltro consentito in altri stati del nuovo mondo (Sud Africa) che continuano a richiedere alla Ue di autorizzare tale pratica per favorire le loro esportazioni. Anche per questo il commercio dei wine kit su tutto il territorio europeo – conclude la Coldiretti – andrebbe vietato




IL GEMITO DEGLI INNOCENTI

di Emanuel Galea

Il 26 ottobre 2002 il Corriere della Sera ha pubblicato l’intervento di Oriana Fallaci all’American Enterprise Institute di Washington D.C. Era la prima volta dopo dieci anni di silenzio che la scrittrice appariva in pubblico. Lo fece per presentare l’edizione americana del suo libro best seller “La Rabbia e l’Orgoglio”. Il suo discorso profetico si può riassumere in una frase di allarme, lanciato allora dalla Fallaci: “Se non difendiamo la nostra cultura, saremo sconfitti dall’Islam”

L’altro ieri, l’arcivescovo caldeo di Mosul, Amel Nona, ha rilasciato un’intervista sempre al Corriere della Sera, esortando all’occidente:  "Per favore, cercate di capirci. I vostri principi liberali e democratici qui non valgono nulla. Occorre che ripensiate alla nostra realtà in Medio Oriente perché state accogliendo nei vostri Paesi un numero sempre crescente di musulmani. Anche voi siete a rischio. Dovete prendere decisioni forti e coraggiose, a costo di contraddire i vostri principi. Voi pensate che gli uomini siano tutti uguali. Ma non è vero. L’islam non dice che gli uomini sono tutti uguali. I vostri valori non sono i loro valori. Se non lo capite in tempo, diventerete vittime del nemico che avete accolto in casa vostra".

Tutti colori che a suo tempo avevano demonizzato la Fallaci, bollandola come “rancorosa, piena d’odio.” oggi magari stanno facendo delle sagge riflessioni. Nel presentare il suo libro “La Rabbia e l’Orgoglio”, a un certo momento, con passione e, come diceva lei, con l’arma della verità, aveva proposto il seguente passaggio: "Dall’Afghanistan al Sudan, dall’Indonesia al Pakistan, dalla Malesia all’Iran, dall’Egitto all’Iraq, dall’Algeria al Senegal, dalla Siria al Kenia, dalla Libia al Ciad, dal Libano al Marocco, dalla Palestina allo Yemen, dall’Arabia Saudita alla Somalia, l’odio per l’Occidente cresce. Si gonfia come un fuoco alimentato dal vento, e i seguaci del fondamentalismo islamico si moltiplicano come i protozoi d’una cellula che si scinde per diventare due cellule poi quattro poi otto poi sedici all’infinito. Chi non se n’è accorto, guardi le immagini che ogni giorno ci arrivano dalla televisione. Le moltitudini che inzuppano le strade di Islamabad, le piazze di Nairobi, le moschee di Teheran (….omisis) . Altro che frange di estremisti! Altro che minoranze di fanatici! Sono milioni e milioni gli estremisti, sono milioni e milioni i fanatici. (…omissis) . Sere fa vidi quelli di Nairobi, luogo di cui non si parla mai. Gremivano la piazza più che a Gaza o Islamabad, e a un certo punto il telecronista chiese a un vecchio: «Chi è per te Osama Bin Laden?». «Un eroe, il nostro eroe!» rispose il vecchio, felice. «E se muore?». «Ne troviamo un altro» rispose il vecchio, sempre felice. In altre parole l’uomo che di volta in volta li guida non è che la punta dell’iceberg: la parte della montagna che emerge dagli abissi, e il vero protagonista di questa guerra non è lui. È la Montagna. Quella Montagna che da millequattrocento anni non si muove, non esce dagli abissi della sua cecità. Non apre le porte alle conquiste della civiltà, non vuol saperne di libertà e giustizia e democrazia e progresso (omissis) segretamente attratta dal nostro sistema di vita, attribuisce a noi la colpa delle sue povertà materiali e intellettuali…".

E’ strano, molto strano. Il grido d’allarme della Fallaci di allora e quello dell’arcivescovo caldeo di Mosul, Amel Nona di oggi si sovrappongono, una storia di atrocità infinita. Che fine ha fatto l’Onu, paladino dei “diritti umani”.

Navi Pillay, Alto commissario Onu per i diritti umani, che ha condannato gli attacchi israeliani a Gaza contro case, scuole, ospedali, centri Onu, definendoli un atto di deliberata violazione del diritto internazionale, come definisce il massacro di donne e bambini, tanti sepolti persino vivi, in fosse comuni, la distruzione delle loro case, l’espropriazione dei loro beni? Si sa benissimo il pensiero dominante dell’Onu. Solamente che si sta parlando di diritti umani, diritti dell’infanzia, del bambino. Altre ideologie non trovano luogo.

Mentre l’Onu prende tempo per decidere cosa fare; mentre il Patriarca Caldeo di Baghdad, Louis Raphael I Sako, si appella a Usa, Ue e Lega araba,auspicando un intervento congiunto per annientare la minaccia islamista e “aiutare gli sfollati”, cristiani, yazidi e sciiti; mentre l’arcivescovo di Baghdad lancia un grido d’allarme e chiede all’occidente di fare in fretta perché in mezzi non ci sta solamente la loro sopravvivenza ma anche quella dell’occidente, la Fallaci, a suo tempo, terminò il suo discorso con un grido disperato : “Occidente, svegliati”. Ho visto scritto da qualche parte : Come fa l’Europa a indignarsi davanti agli eccidi dei primi del novecento e quanto può riuscire credibile quando oggi fa finta di non vedere la “mattanza dei cristiani”?

Europa e Onu dei popoli ! Quali popoli? Riuscirà l’occidente a capire la gravità della situazione?

 
 




DAVIDE CERVIA: NEL 2015 ATTESA UNA PRESCRIZIONE CHE LASCIA ANCORA TROPPI INTERROGATIVI

di Chiara Rai

Velletri (RM) – “Anche questa volta ci precludono il diritto alla verità, ci avviamo verso una archiviazione per prescrizione”. E’ amareggiata Marisa, moglie di Davide Cervia scomparso misteriosamente nel 1990 dopo un turno di lavoro alla Enertecnel Sud di Ariccia, a circa 15 minuti dalla sua abitazione a Velletri. In primavera 2015 dovrebbe arrivare la prescrizione tanto indesiderata da lei e i figli Erika e Daniele Cervia che in 24 anni di ricerche hanno lottato soprattutto contro le stesse istituzioni per ottenere da un tribunale una sentenza che confermasse la tesi del rapimento. E ancora l’ombra della scomparsa di Davide Cervia tormenta la famiglia, colpita tutt'oggi, da telefonate anonime non appena si risveglia l’attenzione su Davide, sia con un sit in o anche con la semplice realizzazione di un documentario.

L'attentato

Nel 2012, tre giorni prima delle riprese di un docu – film sul caso ( regia di Francesco Del Grosso, titolo "Fuoco Amico"), ci fu un attentato a casa Cervia: Qualcuno ha fatto esplodere le finestre alle 13:30 di giorno. Marisa racconta che i vigili, su sollecito,  non sono intervenuti soltanto dopo 45 giorni. Gli inquirenti non avrebbero indagato in maniera approfondita tanto che addirittura le fotografie che riguardavano i particolari dell’esplosione non sono mai risultate nei fascicoli.  

La citazione in giudizio ai Ministeri della Difesa e Giustizia

Tutto sembra dunque rapidamente evolvere verso il silenzio definitivo della giustizia, nonostante i 54 punti presentati dalla famiglia nel 2012 per la citazione in giudizio ai ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”. Una citazione, firmata dal legale Alfredo Galasso difensore di parte civile dei famigliari delle vittime di Ustica, insieme all’avvocato Licia D’Amico,  che raccoglie un groviglio di negligenze e depistaggi che hanno accompagnato I’indagine fin dal primo giorno, come riconosciuto dalla stessa Corte di appello.

Il ruolo della Marina Militare

Punto fondamentale è che la Marina Militare ha negato per anni la specializzazione di Davide, esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Davide era esperto di un sistema di puntamento Teseo Otomat che veniva installato sulle principali fregate italiane che venivano vendute all'estero, come la Lupo o la Maestrale, dove lo stesso Davide Cervia era stato addestrato e aveva partecipato all'istallazione del Teseo Otomat. Il fatto è che a negare è stato lo stesso reparto che ha rilasciato all’uomo la specializzazione. Per la Marina Davide era un semplice elettricista ma la famiglia dell’uomo a quel punto, il 12 settembre del 1994, occupò per una decina di ore le stanze del ministero della Difesa, allora diretto da Cesare Previti, ottenendo, dopo un paio di giorni, il foglio matricolare con le specializzazioni dell’uomo. Nel 1998 la Procura generale di Roma  ottenne dal Sismi le note informative, che ipotizzavano il rapimento da parte di stati mediorientali e nordafricani. Per i servizi segreti della Marina militare (Sios), il caso era irrilevante: “i responsabili non ritennero l’episodio più di pertinenza di quell’ufficio”, si legge nella richiesta di archiviazione del fascicolo del 1999.

L'ipotesi della scomparsa

Marisa è decisamente convinta che un organizzazione criminale sia l’artefice della scomparsa del marito, sequestrato sei anni dopo il congedo, a poca distanza dall'invasione del Kuwait e dallo scoppio della prima Guerra del Golfo: “ Pensi che ipotesi – dice Marisa – prima lo Stato li addestra e poi li fornisce come accessorio all’armamento. Impossibile vero?”. All’epoca del rapimento c'era un embargo in atto da parte delle Nazioni Unite che imponeva all'Italia e ad altri Paesi come la Francia il divieto di vendere armi o addestrare militari dei Paesi del Medio Oriente. Questo bando internazionale coinvolgeva tutta una serie di sfere politiche e militari che probabilmente ha portato al rapimento di Davide Cervia. Comparse addirittura un biglietto aereo a nome di Davide Cervia l’8 gennaio del 1991. Ma poi pare scomparve.  E allora perché il corpo di Davide non è mai stato ritrovato? Davide Cervia è figlio della bandiera tricolore, è stato un onesto lavoratore ed è padre di famiglia, un uomo la cui vicenda non può essere dimenticata perché con tutta probabilità nasconde dinamiche messe in atto da poteri forti che i comuni mortali non possono conoscere. Ma bisogna sempre cercare la verità.

L’appello di Marisa

“Davide è vittima di alcune istituzioni italiane che negando lo stato di fatto si sono rese complici di un episodio criminoso, perché si parla di rapimento – dice la donna piena di rabbia ma ancora carica di una ammirevole volontà di lottare – mai Davide avrebbe immaginato di correre pericoli di questo genere, non me accennò mai. La sua storia non può essere dimenticata, non deve finire con un’archiviazione”.

Il rapimento

La mattina del 12 settembre del 1990 è uscito di casa presto per recarsi alla Enertecnel Sud di Ariccia, l’azienda dove lavora come perito elettronico, a circa un quarto d'ora di auto. Alle 17, finito il turno, ha salutato i colleghi ed è salito sulla sua Volkswagen Golf bianca per tornare a casa, dove non è mai arrivato. Gli inquirenti hanno parlato subito di allontanamento volontario, anche quando, circa due mesi dopo, un vicino di casa ha dichiarato di aver visto alcuni uomini caricare a forza Davide Cervia su un’auto di colore verde scuro. Posizione mantenuta anche dopo la testimonianza dell’autista di un autobus, che il giorno della scomparsa fu costretto a effettuare una brusca frenata a causa di una Golf bianca e di un’auto verde che non avevano rispettato lo stop e gli avevano tagliato la strada a forte velocità, provenendo da via Colle dei Marmi, dove si trova casa Cervia. L’1 marzo 1991, una lettera anonima recapitata a “Chi l’ha visto?” ha permesso di ritrovare l’auto di Cervia, parcheggiata a Roma nei pressi della stazione Termini. Un ex commilitone del periodo in cui Cervia era arruolato nella Marina Militare, contattato dalla moglie, ha ipotizzato che la scomparsa sia da mettere in relazione con le conoscenze sulle armi elettroniche che lui aveva acquisito. Dopo il diploma di perito elettronico, nel 1978, all'età di 19 anni, si era arruolato come volontario entrando a far parte come sottufficiale degli addetti agli armamenti tecnologici della nave Maestrale. Nel 1980, inoltre, aveva frequentato il corso di specializzazione che lo aveva qualificato esperto in guerra elettronica con la sigla ETE/GE. Il 5 aprile 2000 il caso è stato archiviato dalla magistratura come “sequestro di persona a opera di ignoti” per l’impossibilità di rintracciare i responsabili. I figli Erika e Daniele insieme alla madre Marisa la settembre del 2102 hanno citato a giudizio i Ministeri della Difesa e della Giustizia davanti al Tribunale civile di Roma, chiedendo il risarcimento dei danni subìti “per la violazione di ciò che può definirsi il diritto alla verità”.




ANCONA, OMICIDIO: LUCA GIUSTINI UCCIDE A COLTELLATE LA FIGLIA ALESSIA IN CULLA

Redazione

Ancona – Un caso di una violenza inaudita si è consumato in un appartamento a Collemarino, quartiere a nord di Ancona. Un 34enne, Luca Giustini, ha accoltellato la figlia di un anno e mezzo, Alessia, mentre era nella culla. E' giallo sul motivo dell'omicidio: tra le ipotesi, un improvviso raptus di follia. La piccola è morta in ambulanza. Arrivati sul posto, i sanitari del 118 hanno tentato inutilmente di rianimare la bimba.

Il padre è stato trasferito in caserma per essere interrogato ed è in stato di fermo per omicidio. Sul caso indagano carabinieri e polizia.

"Alessia no, l'ho cresciuta io, Alessia no, era tutta insanguinata". E' disperata la nonna della piccola che dopo la tragedia, circondata da parenti e amici, piange senza sosta. Ancora non è chiaro chi fosse presente nell'abitazione nel momento in cui Giustini ha brandito un coltello pugnalando la bambina al cuore mentre era nella culla. Sul corpicino però ci sarebbero i segni di altre coltellate. Secondo alcune testimonianze in casa c'erano presenti anche la moglie, Sara Bedini, 32 anni, che lavora in ospedale, e l'altra figlia della coppia, una bambina di 4 anni e mezzo.

L'uomo è stato scortato dai carabinieri nella caserma di Ancona ed è dovuto passare dal garage per evitare di essere aggredito dai parenti inferociti. La moglie invece starebbe ancora nella caserma di Collemarino. E' ancora tutto da chiarire il movente. L'ipotesi più accreditata è che l'uomo sia stato colto da un raptus di follia. Ultimamente c'era chi l'aveva visto piuttosto stressato, non si sa se per lavoro o se per altri motivi.

L'uomo che avrebbe ucciso la figlia, un macchinista delle Ferrovie, viene descritto dai vicini di casa come una persona assolutamente normale, non collerica e legata alle figlie (ne ha un'altra di circa 3 anni). La famiglia non ha neppure problemi economici.