ALESSANDRO FLORENZI: FA GOAL E CORRE DALLA NONNA!

di Silvio Rossi

Per una nonna i nipotini sono due volte figli, e l’attaccamento che li lega spesso è particolare. Se si prova a guardare, in una recita scolastica, invece dei bambini che s’impegnano per fare bella figura, il pubblico che li segue, si notano gli occhi dei genitori e dei nonni pieni di ammirazione per il bel risultato che il proprio pargolo sta portando a termine.
Se poi il nipotino decide di affrontare una carriera in un campo di quelli che non garantiscono uno stipendio fisso, almeno agli inizi, sono proprio i nonni che supportano questa loro scelta. In genere i genitori sono più timorosi, e cercano di far scegliere ai propri figli l’università al posto di una scuola d’arte, un lavoro sicuro invece di un campo da calcio impolverato.
Probabilmente anche la nonna di Alessandro Florenzi, centrocampista offensivo della Roma e della Nazionale, sarà stata la prima tifosa quando il giovane nipote profondeva il suo impegno nei settori giovanili della squadra capitolina, a dispetto dello scetticismo che può aver attraversato i pensieri di mamma e papà.
Oggi, a 82 anni, per la prima volta, nonna Florenzi è andata a vedere il suo pargolo allo stadio, lo aveva promesso al nipote, che racconta – "Lei ha una certa età, non era mai venuta allo stadio e, dopo la partita in Nazionale, in cui mi ero mangiato quel gol, mi ha detto: 'Allora la prossima volta non ti preoccupare, vengo io allo stadio per la prima volta e segnerai'. Le avevo promesso che sarei andato da lei se avessi fatto gol, ogni promessa è debito, con lei ancora di più". Dopo la rete, ecco che Florenzi si è catapultato dalla nonna per abbracciarla.
Questa “bravata” è costata al centrocampista l’ammonizione da parte dell’arbitro Peruzzo, che dovrà anche pagare una multa alla società. Siamo convinti però che non ci sia punizione che possa aver fatto pensare ad Alessandro di aver sbagliato. Il calcio moderno è così povero di momenti autentici come quello vissuto oggi all’Olimpico. Ben vengano nonne e nipoti che riportano questo sport alla realtà. 




OMICIDIO SILVIA CARAMAZZA: GIULIO CARIA CONDANNATO A 30 ANNI

di Alberto De Marchis

Bologna – Trent'anni per un uomo che non ha uciso la propria compagna e nascosto il corpo in un freezer. Giulio Caria, 35enne sardo, accusato di aver ucciso Silvia Caramazza al culmine di una relazione difficile, vessatoria e persecutoria, e di averne nascosto il corpo in un freezer a pozzetto nell’ appartamento di Bologna dove fu ritrovato il 27 giugno 2013, è stato condannato a 30 anni. Nel processo in rito abbreviato davanti al gup Gianluca Petragnani Gelosi, il pm Maria Gabriella Tavano aveva chiesto la condanna all’ergastolo. «La sentenza ha confermato che si è trattato di un omicidio maturato in ambiente persecutorio. Il giudice ha escluso l’aggravante della crudeltà ritenendo evidentemente che alcune lesioni fossero post vitali. Ma ha riconosciuto l’occultamento di cadavere». Così gli avvocati Fabio Pancaldi e Federico Canova che tutelano alcuni parenti di Silvia Caramazza, nel processo a carico di Giulio Caria condannato per il suo omicidio. Il Gup ha riconosciuto per ciascun parente una provvisionale di 20 mila euro. Ma la questione economica, hanno più volte ribadito i legali, non era sul campo giacché l’interesse dei famigliari – vista anche la quasi impossibilità di ottenere dal condannato un risarcimento – era solo quello di stare nel processo. Sotto il profilo umano cugini e parenti potranno iniziare solo adesso ad elaborare il lutto, ha concluso l’avvocato Pancaldi. 

Questo uno degli ultimi messaggi di Silvia Caramazza sul suo diario virtuale: "C’è una linea sottile tra il sospetto e la violenza, psicologica intendo – recita quell’ultimo post, un susseguirsi di emozioni che forse nemmeno le persone a lei più vicine conoscevano – Va da sé che rompere telefoni cellulari o computer faccia parte di una violenza psicologica ben definita anche penalmente. Ma anche tenere sotto pressione una persona facendole credere di essere controllata non è un’azione che può passare così, senza colpo ferire. Dire a una persona ‘ti controllo il telefono e le mail tramite un investigatore’ è una pressione che a lungo andare logora e sfibra chiunque”.

Silvia Caramazza figlia del noto ginecologo Giuliano Caramazza, una laurea in Economia, studi privati alle spalle e una vita agiata era divorziata e probabilmente depressa. Aveva intrapreso, perdipiù questa relazione che però si è dimostrata devastante tanto che Giulio Caria è diventato il suo carnefice. 




YARA GAMBIRASIO: UN TESTIMONE SOSTIENE CHE NON E' STATA UCCISA A CHIGNOLO D'ISOLA

di Alberto De Marchis

Bergamo – Colpo di scena nel caso della piccola Yara Gambirasio: un uomo, esperto di volo e volontario della protezione civile, si è presentato in Procura a Bergamo. Secondo quanto ricorda,  la 13enne non venne uccisa nel campo di Chignolo d'Isola dove il cadavere della ragazza venne ritrovato il 26 febbraio 2011 in quanto egli stesso perlustrò in volo quel punto e non trovò il corpo. Secondo quanto asserisce questo volontario, il corpo della ragazzina non era abbandonato nel prato incolto né il giorno dopo la scomparsa, né i giorni successivi, questo potrebbe significare che la ragazzina non sia morta nel luogo del ritrovamento. L’uomo,  volontario della protezione civile, due-tre giorni dopo quel 26 novembre 2010, sorvolò in addestramento l’area, vicino alla zona industriale e alla discoteca dove tre mesi dopo venne trovato il corpo senza vita della giovane di Brembate di Sopra in provincia di Bergamo, e non notò nulla di strano. In quei giorni la neve non avrebbe impedito il volo e secondo il testimone il manto bianco, in teoria, non avrebbe comunque coperto del tutto il cadavere di Yara che venne scoperto solo il 26 febbraio 2011. Non solo: il 12 febbraio 2011, secondo quanto risulterebbe dal quaderno di bordo, l’uomo volò nuovamente sopra la zona e in quell’occasione notò dall’alto una cosa nera. Si trattava solo di un grosso sacco della spazzatura. Il testimone dunque sostiene che se vide quel particolare, avrebbe potuto notare anche il corpo della 13enne.

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SARAH SCAZZI: AL VIA IL PROCESSO DI APPELLO

di Alberto De Marchis

Avetrana – Cosima Serrano e la figlia Sabrina Misseri tornano davanti ai giudici dopo la condanna all'ergastolo per l'omicidio di Sarah Scazzi, la quindicenne strangolata ad Avetrana il 26 agosto del 2010

 Il 14 novembre inizierà il processo d'appello davanti alla corte d'Assise d'Appello presieduta dal giudice Rosa Patrizia Sinisi della sezione distaccata di Taranto della Corte d'Appello di Lecce. 

 Due anni la condanna (con due mesi di interdizione dalla professione) per l'avvocato Vito Russo, primo legale di Sabrina Misseri, accusato di intralcio alla giustizia. Condanne fra un anno ed un anno e quatto mesi per tre persone accusate di favoreggiamento: si tratta di amici e parenti del fioraio Giovanni Buccolieri, l'uomo che avrebbe assistito alla scena del sequestro di Sarah da parte di Cosima e Sabrina. Il testimone ritratto' la sua versione sostenendo di averla solo sognata ed i tre imputati condannati avrebbero sostenuto la versione di comodo del sogno. Buccolieri a giugno scorso ha ricevuto l'avviso di conclusione delle indagini e rischia il processo per false dichiarazioni al pm

Nell'aprile del 2013 Cosima e Sabrina, zia e nipote della vittima, furono giudicate colpevoli dell'omicidio e del sequestro di persona di Sarah. Per Sabrina, accuse pesantissime: sequestro di persona, omicidio, occultamento di cadavere e calunnia.  Per la soppressione del cadavere della nipote, è stato condannato ad otto anni di carcere Michele Misseri, lo zio della vittima che da circa tre anni si proclama autore del delitto. Sei anni la condanna per Carmine Misseri e Cosimo Cosma (poi deceduto), fratello e nipote di Michele Misseri, accusati di aver aiutato il contadino a nascondere il cadavere in un pozzo.

Intanto il 31 luglio la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla difesa di Sabrina con il quale si chiedeva che la pena potesse essere trasformata in detenzione domiciliare.




ANGELO BALDUCCI, APPALTI PUBBLICI G8: MAXI CONFISCA DA 13 MILIONI

Redazione

Colpo di scena nello scandalo delle opere pubblichi. Un altro centro delle fiamme gialle ai danni di Angelo Balducci al quale sono stati sequestrati patrimoni per milioni di euro. I finanzieri del comando provinciale di Roma stanno procedendo alla confisca di numerosi beni immobili, autoveicoli, quote societarie e conti bancari dell'ex Provveditore alle Opere Pubbliche di Roma nonche' presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci e dei componenti del suo nucleo familiare, per un valore stimato in circa 13 milioni di euro. La confisca e' stata disposta dal tribunale di Roma – sezione misure di prevenzione – e riguarda l'intero patrimonio accumulato nell'ultimo decennio dalla famiglia Balducci, puntualmente ricostruito grazie alle mirate analisi economico-finanziarie condotte dagli investigatori del nucleo di polizia tributaria di Roma, coordinati dalla Procura della Repubblica della Capitale. Come noto, Balducci, con altri funzionari pubblici ed imprenditori, si legge in una nota, e' stato al centro delle indagini condotte dalle procure di Roma, Firenze e Perugia sulla cosiddetta "cricca" degli appalti: un esteso e organizzato fenomeno di malaffare, definito da alcuni dei soggetti intercettati come "sistema gelatinoso" che, dal 1999, a fronte dell'uso sistematico della corruzione e di articolati illeciti tributari diretti a camuffare l'erogazione di tangenti, ha consentito la metodica assegnazione ad un numero chiuso di imprese favorite, in primis quelle di Diego Anemone, di rilevantissimi appalti pubblici, tra cui anche quelli relativi ai cosiddetti "grandi eventi" (Mondiali di Nuoto 2009, Vertice G8 all'Isola de La Maddalena, Celebrazioni del 150 Anniversario dell'Unita' d'Italia). Secondo gli accertamenti svolti dalle fiamme gialle di Roma, l'ex provveditore alle opere pubbliche ha tratto notevolissimi benefici economici da quel vasto sistema corruttivo, accumulando un ingente patrimonio personale che, gia' sottoposto alla misura di prevenzione patrimoniale del sequestro nel giugno dello scorso anno, viene oggi definitivamente confiscato. Tra i beni interessati dalla confisca vi sono svariati immobili di lusso, come l'abitazione romana dei Balducci, appartamenti sulle Dolomiti ed in provincia di Pesaro, nonche' un lussuoso casale con piscina e relativi terreni a Montepulciano, in provincia di Siena, la cui edificazione e ristrutturazione e' stata curata proprio dall'impresa Anemone. Confiscati anche conti bancari ed automobili di Angelo Balducci e dei suoi familiari nonche' quote del capitale della societa' di produzione cinematografica edelweiss production s.r.l., che e' risultata aver beneficiato di ingentissimi finanziamenti operati da Anemone ed altri imprenditori aggiudicatari di appalti pubblici per la realizzazione di film interpretati da Lorenzo Balducci, figlio dell'ex provveditore alle opere pubbliche. Con il medesimo provvedimento di confisca il Tribunale di Roma ha altresi' applicato ad Angelo Balducci la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di anni tre, con obbligo di soggiorno nel Comune di Roma per il medesimo periodo, cosi' riconoscendone la pericolosita' sociale, quale soggetto dedito a traffici delittuosi e che vive abitualmente con i proventi di attivita' illecite. L'operazione odierna si connota per essere uno dei primissimi casi di confisca di beni riconducibili ad un soggetto la cui pericolosita' deriva non dall'appartenenza al crimine organizzato, ma dal ripetuto coinvolgimento nei cosiddetti reati dei "colletti bianchi". Tale confisca interviene a distanza di poco tempo dal maxi-sequestro del centro sportivo "Salaria sport village", del valore di circa 200 milioni di euro, operato dalla Guardia di Finanza di Roma nei confronti dell'imprenditore Diego Anemone. Tale struttura rappresenta – come rivelato dalle articolate investigazioni economico-finanziarie delle Fiamme Gialle – il frutto del reinvestimento di ingentissimi proventi giunti nelle casse delle imprese di Anemone a seguito dell'aggiudicazione pilotata degli appalti pubblici gestiti da Angelo Balducci ed attualmente e' diretta da un'amministrazione giudiziaria che ne garantisce la continuita' aziendale.




SCOLIOSI: COME SI MANIFESTA E COME AFFRONTARLA

A cura della Dottoressa Marta Romagnoli – Fisioterapista

Rubrica Psicologia Centro Castelli Romani – S’intende per scoliosi una deviazione permanente laterale e rotatoria del rachide (ovvero della colonna vertebrale). Le cause della scoliosi possono essere idiopatiche (cioè sconosciute), congenite o acquisite.

Essa può interessare ognuno dei tre distretti della colonna (dorsale, cervicale e lombare) e si manifesta attraverso una curvatura principale e una curvatura secondaria o di compenso.  A questa curvatura si associa una rotazione delle vertebre che, nel caso della colonna dorsale, porta a una deformazione del dorso chiamata gibbo. Questa patologia insorge ed evolve in maniera subdola, senza dolore e senza nessuna compromissione delle condizioni generali, per questo è bene controllare gli adolescenti. Ci sono, però, una serie di sintomi che ci possono far pensare ad una scoliosi: uno slivellamento delle linea delle spalle e delle creste iliache; uno slivellamento di una scapola rispetto ad un’altra; nelle bambine differenza di livello e di volume delle mammelle; eventuale accenno o presenza di gibbo visibile invitando il ragazzo a flettersi in avanti.

Una volta insorto uno o più di questi sintomi, e quindi in presenza del dubbio che ci sia la scoliosi, si procede ad un esame radiografico, in grado di diagnosticare e capire entità, sede della curva e grado della curva.

In base alla gravità della scoliosi, data sia dall’età del paziente che dai gradi di curvatura, sono previsti vari tipi di trattamento. Sicuramente, sotto i venti gradi di curvatura, si può trattare e mantenere la scoliosi con la sola chinesiterapia.

La ginnastica migliore che si può fare in questi casi è assolutamente quella posturale individuale, attraverso la quale il ragazzo comincia a conoscere meglio il proprio corpo e ad allungare e rieducare i muscoli che mantengono questa curva.

Come sempre succede nelle terapie globali, l’obiettivo principale sarebbe quello di trovare la causa da cui tutto è partito. Ovviamente non è facile, poiché a causare la scoliosi sono, molto spesso, un insieme di concause. Per questo motivo andremo sicuramente a trattare la muscolatura degli occhi, la muscolatura della mandibola e le ossa del cranio , associando sempre questi trattamenti ad allungamenti molto intensi di tutta la muscolatura della colonna e degli arti inferiori. Al ragazzo, poi, vengono insegnati una serie di esercizi da fare anche in casa per non permettere al corpo di viziarsi in atteggiamenti sbagliati.

Se si ricorre alla fisioterapia in tempo e si è costanti si possono ottenere ottimi risultati mantenendo e stabilizzando una patologia che altrimenti tenderebbe a peggiorare.

 

Dott.ssa Marta Romagnoli

Fisioterapista

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p.zza Salvatore Fagiolo n. 9 00041 Albano laziale




MARITO MAMMONE: NOZZE NULLE

Redazione

I mariti "bambociconi" perdono la loro consorte per sempre. Sono nulle le nozze se il marito e' un "mammone". Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza della prima sezione civile con la quale ha accolto la decisione del Tribunale ecclesiastico che aveva annullato il matrimonio di una coppia di Mantova celebrato nel 2007 e finito proprio a causa di un legame giudicato "patologico" dell'uomo con la propria madre. Alla decisione di nullita' del matrimonio si era opposta la moglie che chiedeva, invece, venisse riconosciuta la colpa dell'uomo e ottenere un indennizzo.- Nella sentenza della Suprema Corte si sottolinea che l'uomo era affetto da una patologia "manifestatasi, dopo le nozze, in note marcate di dipendenza dalla figura materna, con incapacita' ad assumere l'obbligo di quella minima integrazione psico-sessuale che il matrimonio richiede, mostrandosi anaffettivo e indifferente nei confronti della moglie". Per i giudici della Cassazione la decisione di nullita' del matrimonio del Tribunale ecclesiastico deve essere accolta poiche' "non esistono ostacoli al riconoscimento nell'ordinamento italiano dell'efficacia della sentenza emessa dal tribunale ecclesiastico".




MINACCE AL PAPA L’AMBASCIATORE DELL’IRAQ AVVERTE L’ISIS STA PROGETTANDO DI UCCIDERLO

di Cinzia Marchegiani

In un’intervista a La Nazione Al Sadr, diplomatico iracheno avverte che il gruppo terroristico ISIS sta progettando di uccidere il Papa Francesco, poiché sostiene l'intervento militare americano in Siria e in Iraq contro lo Stato islamico. Lo stesso Al Sadr mette in guardia della presenza di un califfato in qualsiasi città e quindi anceh Roma,  tra le sue fila non ci sono solo arabi, ma membri canadesi, americani, francesi, inglesi e anche italiani tra l'altro capaci all’interno del movimento di istruire per uccidere il sommo sacerdote  in qualsiasi occasione e ribadisce:”"Le minacce contro il Papa sono credibili, dichiarazioni pubbliche dello Stato islamico e dei suoi crimini contro il cristianesimo è un fatto”.

Di certo non sarà una news dell’ultimo momento quest’avvertimento ma sicuramente pone i riflettori sulla sicurezza del Papa anche a Roma oltre  i suoi spostamenti in ogni parte del mondo. Al Sadr continua:” i membri dell’ISIS hanno passaporti occidentali. E quindi Isis potrebbe ingaggiare questi combattenti per compiere un atto terroristico nei paesi europei». Se pensiamo che le loro sono solo parole, non capiamo la natura della minaccia. Loro dicono: chi non è con noi è contro di noi. O ti converti o sono legittimato ad ammazzarti. E lo fanno davvero: è un genocidio».

La minaccia ISIS è reale..e lo è sempre stata, ma a chiare lettere bisogna far luce su chi ha permesso che questo gruppo terroristico assumesse sempre più potere grazie ai finanziamenti che son partiti anche oltre oceano atlantico…e da quei paesi che a differenza della Russia sembrano non subire sanzioni o quant’altro. Siamo in una bolla mediatica, dove prima si creano i problemi e poi si corre ai ripari annunciando strategie salva pianeta, armando altre guerre..all'infinito. L’inganno perfetto potrebbe funzionare, peccato che rimangono le tracce…A chi va attribuita la responsabilità più grande?




PERCHÉ L’ISIS MINACCIA L’OCCIDENTE

di Maurizio Costa

I video che ormai da agosto ritraggono persone decapitate barbaramente salgono a tre, con l’ipotesi di un quarto. L’ultima vittima della ferocia dell’Isis è un cooperante britannico, David Haines, colpevole di essere cittadino di uno Stato alleato con gli Usa. Barack Obama ha deciso di sterminare il califfato islamico bombardando anche la Siria, mentre almeno 40 Paesi sarebbero pronti ad entrare in coalizione con gli Stati Uniti per debellare questo “cancro”, come lo ha definito lo stesso Obama. Ma perché l’Isis continua a voler svegliare la bestia che dorme? Perché cerca di attirare tutte le nazioni occidentali? I video che spopolano in Rete sono creati per destare scalpore e paura nei popoli tranquilli e ben educati dell’Occidente. Il califfato vuole spostare i riflettori del mondo su sé stesso, attirando anche bombe e morti. L’ascesa di questo movimento ha raggiunto un’estensione territoriale enorme. Chissà se l’Isis vuole solamente far cominciare una battaglia via terra, tanto evitata da Barck Obama. Fino ad ora, gli Usa continuano a bombardare via cielo, senza scendere sul terreno. La nuova mossa del Presidente americano è stata di inviare 475 persone per addestrare l’esercito siriano; una brutta avvisaglia che potrebbe far cambiare lo scenario di guerra. Se è la guerra che vuole il califfato, Obama ancora non la concede: ci sarebbero troppi morti, anche americani, e dopo l’eccidio dell’Iraq, gli Usa non vogliono un’altra perdita importante di cittadini sperduti nel Medio Oriente. Cosa fare allora? Continuare ad armare ed aiutare l’esercito siriano oppure scendere in prima linea? Senza contare che la Siria è, a tutti gli effetti, una dittatura comandata e gestita da Assad, ora alleato con gli Usa per sconfiggere Isis, ma che in un futuro potrebbe passare dall’altra parte della frontiera. La “non strategia” di Obama si è evoluta: adesso è diventata una strategia con pochi margini di successo. Una guerra è da evitare, ma contemporaneamente bisogna scansare la brutalità dell’Isis, che terrorizza il mondo dai lontani, ma non troppo, deserti mediorientali.




ELENA CESTE: AVVISTATA IN UN OSPEDALE SPAGNOLO

di Simonetta D'Onofrio

Viva e vegeta, avvistata in un ospedale spagnolo. È quanto afferma una cittadina che ha contattato la trasmissione “Quarto Grado”, andata in onda venerdì scorso, 12 settembre.

La telespettatrice, che afferma di aver riconosciuto la donna, per aver visto le sue foto, in quanto segue in particolare il programma condotto da Ganluigi Nuzzi, ha scattato una foto nella sala d’aspetto dell’ospedale di Candelaria, una località nel nord dell’isola di Tenerife, nei primi giorni del mese di agosto, mentre si trovava lì per assistere il compagno ricoverato.

Nella sua testimonianza afferma che la signora fotografata era in disparte, non aveva nessuno vicino, non l’ha sentita parlare, ma la forma del viso, i capelli e i suoi movimenti, se confrontati con quelli dei video amatoriali girati prima che la mamma di Cotignola d’Asti sparisse il 24 gennaio scorso, le hanno dato l’impressione di trovarsi effettivamente davanti a lei. “Non sono sicura – continua la signora Luciana – che la persona che ho fotografato fosse sicuramente lei, però mi sono detta, per il momento la fotografo, poi quando torno in Italia provo a mettermi in contatto con la famiglia, cosa che però non sono riuscita a fare”.

La signora apparsa in foto, così come ha osservato anche il conduttore in studio, è “un po’ più in carne della scomparsa”, ma una certa somiglianza esiste, e la segnalazione non può certo essere ignorata.
Certo, l’unica osservazione che possiamo fare, se effettivamente la signora Luciana fosse stata sicura che la persona incontrata nell’ospedale spagnolo potesse corrispondere a Elena, sarebbe stato più utile informare immediatamente le autorità, che produrre questa segnalazione a circa un mese e mezzo dall’avvenuto, quando l’eventuale Elena avrebbe di nuovo potuto far perdere le proprie tracce. Ma a volte la voglia di “scoop” è troppo accattivante per perdere la possibilità di far sentire a tutti la propria voce.

Di fatto il cadavere di Elena ceste non è ancora stato ritrovato, quindi l'allontanamento da casa è una pista possibile soprattutto alla luce delle sue paure e dei rapporti tra le quattro mura di casa che la donna intrattenenva con il marito.

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DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO: COME AFFRONTARLO?

A cura della Dott.ssa Francesca Bertucci, Psicologa – Mediatore familiare

 

Che cos’è? Il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP) è una patologia neuropsichiatrica dell’età evolutiva, caratterizzata da una modalità ricorrente di comportamento negativistico, ostile e di sfida, che però non arriva a violare le norme sociali né diritti altrui.
La diagnosi in età evolutiva non è sempre facile, in quanto, il soggetto attraversa un periodo d’instabilità, in cui affronta cambiamenti repentini che lo fanno crescere mentalmente e fisicamente. Spesso tra normalità e patologia c’è un confine molto sottile, che diventa quasi invisibile quando si analizzano dei bambini. Infatti, nel corso della prima infanzia spesso i bambini diventano davvero incontrollabili, corrono da una parte all’altra, rompono tutto per la curiosità di scoprire come sono fatte le cose all’interno. L’aggressività e l’ostilità sono mezzi attraverso i quali si esprime l’egoismo infantile e servono al bambino per imparare a distinguere il sé dagli altri, a capire le regole sociali ed a sperimentare le prime forme d’adattamento.
Possono essere scontrosi e capricciosi ma nei bambini che manifestano comportamenti oppostivo provocatori queste caratteristiche si presentano amplificate tanto da arrivare a compromettere, in maniera significativa, il loro inserimento sociale.
 

Come si manifestano i bambini con tale disturbo?
Il bambino può presentare spesso collera, sfida o rifiuto di rispettare le regole proposte dagli adulti, spesso litiga con gli adulti e irrita deliberatamente le persone, accusa gli altri per i propri errori o il proprio cattivo comportamento. È spesso arrabbiato, rancoroso, dispettoso e vendicativo. Già nell’età prescolare, può avere temperamenti problematici ma è intorno ai 3 – 4 anni, con l’ingresso a scuola che il problema diverrà sempre più evidente. Questi bambini, infatti, mostrano una totale incapacità di adattamento alle regole scolastiche, influenzando anche l’attività didattica dell’intera classe. Possono presentare scarsa autostima, labilità d’umore, scarsa tolleranza alla frustrazione, conflitti con genitori, insegnanti e coetanei.
Prendersene cura è molto difficile, sono causa di stanchezza, di scoraggiamento e di frustrazione per chiunque cerchi di instaurare con loro un rapporto.
 

Come aiutarli ad uscire da questo stato di disagio?
La parola d’ordine, di un buon intervento educativo e psicologico, dovrà essere “comprensione”.
Sono bambini che non vanno curati, né cambiati, ma prima di tutto capiti.
Con i loro comportamenti sembrano volerci allontanare, ma se ce ne andiamo soffrono di solitudine.
Forse sono ostili perché cercano di difendersi, a causa di traumi che li hanno portati a diffidare degli altri, oppure vogliono attirare l’attenzione, perché hanno bisogno di comunicare i loro problemi e non conoscono altro canale che l’aggressività.
Il soggetto affetto dal DOP non vive una vita felice e serena, l’immagine che ha di sé è molto svalutante, si considera un incapace, indegno dell’amore altrui e crede che nessuno mai gli potrà essere amico, si sente continuamente rifiutato, anche se sa di essere lui stesso la causa del suo isolamento. Il rapporto che questi soggetti hanno con i loro parenti è molto complesso, alla lunga, tende a sgretolare l’unità familiare.
Sono gli stessi genitori ad attribuire ai loro figli delle etichette, a definirli “insopportabili”, “aggressivi”, “terribili”. Queste espressioni che possono essere dettate da un momento di collera, se ripetute più e più volte, vengono interiorizzate dal bambino.
Se qualcuno gli si avvicina per instaurare un rapporto, anziché esserne felice, si mostra diffidente e reagisce con il suo repertorio di comportamenti ostili, come a voler mettere alla prova le intenzioni del suo interlocutore: “Mi vuoi bene anche se ti dimostro che non valgo niente, anche se ti faccio vedere che mi sono preso gioco di te? Mi vuoi bene anche se io stesso sono sicuro di essere un buono a nulla, e sono certo che nessuno mi potrà mai amare?”.
Diversi sono i metodi, utilizzabili sia in un contesto scolastico che familiare, che permettono di “punire” il bambino in maniera intelligente, evitando cioè di fare ricorso a castighi rigidi e rimproveri umilianti, che potrebbero produrre effetti indesiderati. Per esempio: preferire sempre la perdita di un privilegio (es. uscire o guardare la tv) alla punizione (es. fare qualcosa di spiacevole); se si decide di punire NON usare mai la violenza fisica; ricordarsi di dare il “buon esempio”.
La punizione non dovrà servire a formulare giudizi, ma dovrà limitarsi a descrivere il comportamento indesiderato in maniera obiettiva. Al bambino verranno spiegate le motivazioni che rendono sbagliata tale condotta, verranno suggerite modalità comportamentali alternative e verranno indicati i vantaggi derivanti dalla loro messa in atto.
Inoltre, è molto utile concentrare l’attenzione sui genitori e sulle loro pratiche educative, perché possono aver giocato un ruolo importante nello sviluppo e nel mantenimento del disagio. Si deve evitare sempre di dare giudizi pessimistici, perché possono generare stati emotivi negativi nei genitori. Invece è importante sostenerli per trovare le strategie giuste affinché si possa modificare l’attuale situazione.

Dott.ssa Francesca Bertucci
Psicologa – Mediatore familiare
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