ELENA CESTE: QUELLA FALSA TESTIMONIANZA

di Simonetta D'Onofrio

Andy Warhol lo aveva detto tanto tempo fa, nel ‘68; “In futuro ciascuno avrà 15 minuti di fama”. Una profezia che spesso si è avverata, in modo particolare accade nell’era del Web 2.0.
Si può fare lo stesso lavoro in molti modi diversi. Nel campo giornalistico la differenza tra chi esercita la sua attività con la dovuta professionalità ed etica che ne deriva e chi, pensando di ottenere un riscontro immediato, non segue gli stessi parametri qualitativi dei suoi colleghi più scrupolosi, è data dalla verifica delle informazioni di cui si è entrati in possesso.
In questi giorni si è potuto assistere a una vera e propria lezione di giornalismo, che è stata effettuata da Federica Sciarelli, conduttrice del programma “Chi l’ha visto”, su Rai3, a molti, troppi suoi colleghi che, pur di sperare di alzare di una frazione percentuale lo share della propria trasmissione, non si fanno scrupolo di infangare vittime e testimoni, inventano particolari scabrosi, solo per parlare a quella componente meno nobile dei propri telespettatori.
La scorsa settimana alla redazione del programma di Rai3 era giunta una testimonianza di una persona che dichiarava di aver frequentato in chat Elena Ceste. Una testimonianza corredata di stampe delle conversazioni effettuate tra la donna di Costigliole d’Asti e l’interlocutore che oggi è uscito allo scoperto.
Ma l’inviata Lilly Viccaro Theo non ha creduto alla ricostruzione, e invece di mandare in onda la testimonianza che si riteneva fasulla, ha avvertito i Carabinieri che lo hanno smascherato e denunciato per aver fornito false informazioni.
Sarebbe stato più semplice creare una trasmissione su questa novità, un nuovo presunto amante di Elena, una nuova occasione per far parlare di se gettando altro fango su una donna uccisa. sensazionalismo. Rinunciando a qualche spettatore morboso, ma guadagnando in credibilità.
Si è parlato molto sul caso di Elena Ceste, ancor prima che il testimone fasullo fosse approdato nelle maglie della notorietà, in questo caso negativa, toccando i punti più delicati e intimi di una donna, madre di quattro ragazzi. Nessuno pensa, però, al danno diretto che può causare nei figli di Elena, il clima che quest’ultimi respirano quotidianamente. Dopo avere saputo del ritrovamento del cadavere della madre, devono sopportare anche le torture derivanti da chi vuole solo sfruttare il clamore mediatico. Ogni giorno devono destrarsi contro ogni accanimento verso la loro mamma, pudicamente stanno affrontando il dolore, fortunatamente fuori dai riflettori.




DEPRESSIONE POST PARTUM: COME RICONOSCERLA E COME INTERVENIRE

A cura della Dott.ssa Catia Annarilli, psicologa psicoterapeuta

La gravidanza e il parto nella vita di una donna sono momenti molto importanti, ci si trova a vivere profondi ed intensi cambiamenti emotivi e corporei che la obbligano ad una riorganizzazione profonda del proprio essere donna; il vissuto generale in queste circostanze, spesso, è di profonda vulnerabilità. È pensiero comune quello per cui ogni donna in gravidanza viva una felicità intensa per la formazione della nuova vita e per la famiglia che si allarga e, per tali ragioni, sentimenti depressivi o aspetti di ansia e preoccupazione potrebbero non essere riconosciuti. Gravidanza e parto, in realtà, possono anche essere intense fonti di stress tali da scatenare nelle neo mamme alcuni disturbi caratteristici come quelli dell’umore: da forme più lievi fino a stati più patologici.

La reazione psicologica successiva alla nascita di un figlio è imprevedibile ed estremamente variabile. È legata e condizionata dalle aspettative più profonde della donna e della famiglia, dalle modalità e dalla dinamica del parto, dall’allattamento, dallo stato di salute della donna dopo il parto, dalla presenza di una solida e consolidata relazione con il partner. La discrepanza fra le aspettative e la reale situazione può alimentare sentimenti e vissuti di profonda inadeguatezza tali da indebolire la donna e rendere incerta la relazione di accudimento primario; è proprio in questo momento che è opportuno sondare la presenza di sintomi specifici della depressione o di pensieri infanticidi.

Alcune donne possono avere difficoltà ad accettare il nuovo stato provando sentimenti contrastanti, oscillando tra felicità e paura. Anche se questo tipo di reazioni sono molto comuni, non vengono quasi mai espresse dalle donne per timore di essere giudicate inadeguate nella funzione materna; la mancanza di ascolto di queste parti di Sé può determinare un passaggio in cui sentimenti di tristezza e ansia si trasformano in  veri e propri sintomi depressivi.

La depressione post-partum è un disturbo dell’umore, può colpire le donne nel periodo immediatamente successivo al parto. È una condizione diversa sia da quella definita baby-blues, che dalla psicosi puerperale; la prima caratterizza le primissime settimane dopo il parto, è una sindrome benigna transitoria abbastanza diffusa, che non necessariamente si trasforma in uno stato patologico depressivo vero e proprio, e che solitamente ha una risoluzione spontanea in breve tempo; la seconda, la psicosi puerperale, è invece uno stato psicopatologico grave caratterizzato da sintomi psicotici veri e propri, che richiede l’immediato intervento di uno specialista.

Fattori di rischio nell’insorgenza della depressione post-partum.

Sembrerebbe che i fattori di rischio per la DPP non siano diversi da quelli per la depressione nella popolazione generale: questi aumentano solo la probabilità che una depressione si possa manifestare ma non sono fattori causali necessari. Alcuni ritengono che l’improvvisa variazione ormonale – calo del livello degli estrogeni e del progesterone – possa essere un fattore scatenante, ma appaiono decisamente più significativi gli aspetti di carattere psicologico, come:

storia personale di depressione; timore per le nuove responsabilità; cambiamento del proprio aspetto fisico; depressione durante la gravidanza; mancanza di sostegno sociale e/o familiare; gravidanza non pianificata; avere già due o più figli; disoccupazione; la fatica fisica del post-partum e le alterazioni del sonno possono essere un potente induttore di stress che agendo sul sistema immunitario materno può ridurre la capacità di difesa e di reazione, rendendo la donna più vulnerabile alla depressione;

Soprattutto per il primo figlio, la donna deve affrontare alcuni importanti compiti evolutivi di riorganizzazione psichica:

cambiamento di ruolo nelle relazioni sociali; costruzione di una nuova identità femminile; nuovo equilibro di coppia; confronto con la propria relazione materna; perdita dello stato simbiotico con il bambino; confronto fra il bambino immaginato e quello reale; relazione di dipendenza con il figlio;

Molte pazienti tendono a non riconoscere il proprio stato depressivo, può  esserci riluttanza a confessare questi vissuti per vergogna, senso di fallimento o timore di essere giudicate inadeguate alla cura del proprio bambino. Alcune attribuiscono ai repentini cambiamenti di umore, alla stanchezza e alle difficoltà di relazione la causa del disagio piuttosto che ammettere di essere depresse.

La depressione materna non trattata può interferire negativamente con lo sviluppo cognitivo, emotivo e comportamentale del bambino.

Il riconoscimento precoce dei sintomi depressivi e dello stato di profonda sofferenza della donna permette di attuare tempestive azioni psicoterapeutiche e farmacologiche (se necessarie), utili alla positiva risoluzione della situazione.

Cosa fare? Come chiedere aiuto?

L’intervento deve essere sempre tempestivo per contenere il più possibile gli effetti dannosi per la mamma e il neonato. È importante rivolgersi a uno psicoterapeuta in quanto il sostegno psicologico e la psicoterapia risultano essere gli interventi più efficaci nella cura e gestione del momento depressivo post parto. 

La psicoterapia

La donna che soffre di depressione post parto deve essere aiutata a riconoscere i segnali del malessere, e a formulare una richiesta di aiuto. Ha bisogno di ritrovare fiducia in sé stessa, nelle proprie capacità di madre e di donna, deve essere sostenuta nella costruzione della relazione di attaccamento con il proprio bambino. Ha bisogno di essere accolta, ascoltata e compresa nei vissuti di colpa e di vergogna che la sofferenza ha determinato, compromettendo a livello profondo la sua autostima e la costruzione della nuova identità materna. Per tutti questi motivi un percorso di psicoterapia e di accompagnamento alla maternità sembra essere il trattamento elettivo nell’incontro terapeutico, dove la donna può trovare uno spazio di ascolto neutro e poter depositare ed elaborare i sentimenti più inconfessabili senza sentirsi giudicata, potendo ritrovare il senso della propria storia alla luce della nascita di un figlio, e all’ombra della rivisitazione del rapporto con la propria madre. La maternità riporta la donna a rivivere emozioni legate al rapporto con le proprie figure di attaccamento, e talvolta ciò può essere fonte di conflitto e di disagio interiore; nello spazio di ascolto terapeutico anche questi aspetti possono trovare un contenimento rassicurante in un processo evoluto di crescita del ciclo vitale. 

Il trattamento farmacologico quando è necessario ?

I farmaci psicotropi possono essere dannosi per il feto e per il neonato, e possono compromettere l’allattamento al seno. È quindi necessario considerare gli effetti patogeni e la tossicità perinatale;  di conseguenza, l’uso di farmaci deve avvenire solo dopo attenta valutazione da parte di uno psichiatra e dietro sua diretta prescrizione. Qualora fosse necessario un trattamento farmacologico questi dovrebbe possedere il più basso profilo di rischio per la mamma e per il neonato, dovrebbe prevedere un dosaggio minimo efficace a permetterne l’allattamento. È consigliabile comunque affiancare sempre l’assunzione di farmaci ad un trattamento psicoterapeutico.

Dott.ssa Catia Annarilli

Psicologa – psicoterapeuta

Cell. 347.130714  dott.catia.annarilli@cpcr.it 

www.centropsicologiacastelliromani.it

Piazza Salvatore Fagiolo n. 9 00041 Albano laziale

 




SARAH SCAZZI: DOMANI RIPRENDE IL PROCESSO IN APPELLO A TARANTO

Redazione

Taranto – Riprende domattina a Taranto in Corte d'Appello il processo per l'omicidio di Sarah Scazzi, la 15enne di Avetrana scomparsa il 26 agosto del 2010 e ritrovata senza vita, ai primi di ottobre dello stesso anno, in un pozzo nelle campagne di Avetrana al confine tra le province di Taranto e Lecce. Nella seconda udienza la Corte dovra' pronunciarsi su una serie di eccezioni sollevate dalla difesa dei principali imputati (Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano, entrambe condannate all'ergastolo per il delitto, e Michele Misseri, marito di Cosima e padre di Sabrina, condannato a 8 anni per soppressione di cadavere). La sentenza di primo grado e' stata pronunciata ad aprile 2013. Una nuova deposizione in aula per Michele Misseri, il riascolto della telefonata tra Michele e Sabrina la notte di ottobre 2010 in cui l'uomo fu fermato dai carabinieri, una perizia psichiatrica per lo stesso Michele, un nuovo sopralluogo a casa Misseri dove Sarah, secondo quanto emerso in primo grado, fu strangolata e uccisa: sono alcune delle richieste avanzate dai legali nella precedente udienza e sulle quali la Corte d'Appello di Taranto dovra' ora pronunciarsi. Mentre la Procura generale chiede la sospensione dei termini di custodia per Sabrina e Cosima che il prossimo 20 gennaio potrebbero lasciare il carcere se il processo di secondo grado non si fosse ancora concluso, la difesa di Sabrina, guidata dall'avvocato Franco Coppi, punta invece a riaprire l'istruttoria. Gli avvocati della cugina di Sarah insistono da tempo su un concetto: non e' stata Sabrina, con l'aiuto della madre Cosima, ad uccidere la quindicenne, ma lo zio Michele. "Sceneggiate", e' tranchant il giudizio degli avvocati della famiglia Scazzi sulle dichiarazioni di Michele Misseri che rivendica la sua responsabilita', anche perche' l'uomo si e' prima addossato il delitto, portando i carabinieri nel luogo dove il cadavere della 15enne era stato nascosto, poi ha incolpato la figlia Sabrina, poi ancora e' tornato ad assumersi la responsabilita' dell'omicidio. Tesi, questa, che Michele Misseri porta avanti da mesi prima della sentenza di primo grado. Ma per i giudici di Corte d'Assise, si legge nella sentenza di un anno e mezzo fa, Michele Misseri "non ha ucciso Sarah Scazzi, non ha assistito al delitto, non ha appreso dai reali protagonisti i dettagli dell'accaduto, non ha cognizione del contesto nel quale l'omicidio si e' verificato". Sarah e' stata uccisa da Sabrina, secondo i giudici di primo grado, perche' entrambe erano in competizione sullo stesso ragazzo. E quindi la gelosia e la passione sentimentale hanno spinto Sabrina, al termine di un litigio avvenuto in casa, ad uccidere la cugina. Secondo la ricostruzione della Corte d'Assise, infatti, Sarah Scazzi il pomeriggio del 26 agosto e' andata a casa Misseri, ha avuto una prima lite con Sabrina e Cosima, ha cercato di fuggire ma e' stata raggiunta in strada e riportata in casa dove poi e' stata strangolata dalle due donne.

Rispetto al primo grado, nella vicenda gli imputati adesso sono 8. Oltre a infliggere l'ergastolo a Sabrina Misseri e alla madre Cosima Serrano, il 20 aprile 2013 la Corte d'Assise di Taranto, presieduta dal giudice Rina Trunfio, ha anche condannato a 8 anni Michele Misseri, zio di Sarah, accusato di soppressione di cadavere e a pene minori gli altri imputati in primo grado.




SCHIFANI: UN PROIETTILE DALLA MAFIA, "PAGHERAI PER IL SEQUESTRO BENI"

Redazione

Un bossolo di proiettile di medio calibro, avvolto in un foglio contenente minacce, e' stato recapitato lunedi' mattina – ma la notizia si e' appresa soltanto adesso – nella cassetta postale dello studio professionale di Palermo del senatore Renato Schifani, avvocato ed ex presidente dell'assemblea di Palazzo Madama. A trovarlo sono stati i componenti della segreteria dell'esponente politico, che hanno fatto subito scattare l'allarme. Nella lettera si fa riferimento al fatto che di recente Schifani, in alcune interviste seguite all'archiviazione dell'indagine per mafia contro di lui, ha citato come merito della propria attivita' contro Cosa nostra il varo delle norme sul sequestro per equivalente dei patrimoni, mafiosi e non solo, acquisiti illecitamente e oggetto di compravendite con terzi di buona fede. La frase minacciosa rivolta a Schifani recita (non testualmente): "Ci hai fatto togliere i soldi e te ne sei vantato. Pagherai, morirai".
  L'episodio si inserisce in un contesto segnato dalle minacce ai magistrati e dalle dichiarazioni del neopentito Vito Galatolo, circa i piani di morte contro il pm Nino Di Matteo.
  Schifani e' esponente del Nuovo Centrodestra e ne e' uno dei leader, assieme al ministro dell Interno, Angelino Alfano e al deputato regionale siciliano Francesco Cascio. L'inchiesta sull'ex presidente del Senato ipotizzava il concorso in associazione mafiosa ed e' stata chiusa con l'archiviazione, su richiesta dello stesso pm Di Matteo e del suo collega Paolo Guido.
  Il senatore e' ancora scortato da cinque uomini e dispone di due auto blindate. La legge sui patrimoni e sui sequestri per equivalente, inserita nel pacchetto sicurezza del 2008, per salvaguardare i diritti dei terzi di buona fede, "aggredisce" altri beni o altri pezzi del patrimonio dei mafiosi, dei criminali, dei corrotti, sequestrandoli e poi confiscandoli per una cifra "equivalente" a quella oggetto dell'affare illecito.
  Renato Schifani non vuole commentare, per adesso, l'episodio, ma ribadisce l'importanza di quella legge




MATTEO RENZI CONTRO I SINDACATI: VOI SCIOPERATE E IO CREO LAVORO!

Redazione

Sempre in contrasto con i sindacati il premier Matteo Renzi.  "Invidio chi passa il tempo a organizzare gli scioperi, a inventarsi motivi per scioperare, non parlo dei lavoratori ma dei sindacalisti, ci sono stati piu' scioperi in queste settimane che contro gli altri governi.
Io non mi occupo di organizzare scioperi ma di creare lavoro". Cosi' il premier Matteo Renzi, parlando a Rtl 102,5, commenta la decisione di Cgil e Uil di indire lo sciopero generale e l'Agi riporta la notizia.
 "Negli ultimi mesi abbiamo recuperati 160.000 posti di lavoro, anche se ancora non basta perche' ne e' stato perso un milione.
 Io ho profondo rispetto per chi sciopera, lo sciopero e' un diritto costituzionale garantito, ma il governo in questo momento sta cercando di rimettere in piedi il Paese".
 Insomma, "io non mi rassegno – afferma il premier-: possono fare gli scioperi, ma abbiamo promesso che cambieremo e, piaccia o non piaccia a sindacalisti oppositori e gufi, cambieremo il paese perche' lo abbiamo promesso agli italiani".
 Agli ascoltatori che si mostrano stanchi del nostro Paese, Renzi spiega: "trovo un paese diviso in due, una parte di persone sono stanche e rassegnate, ma chi oggi in Italia continua a tener duro sta cominciando ad avere risultati.
 L'export continua a crescere, l'Italia deve rimettere a posto le cose in casa per tornare a essere quel che merita".
  Il presidente del consiglio spera di riuscire ad evitare il ricorso al voto di fiducia, anche se "Si', siamo pronti a mettere la fiducia se servisse, lo valuteremo al momento giusto, a ieri sembrava non vi fosse bisogno di mettere la fiducia. Vedremo".
  Per Renzi "Salvini e Camusso sono facce della stessa medaglia, li rispetto, fanno il loro lavoro, ma loro sono i leader della protesta, mentre io devo governare".
  In questo momento, invece di tirare Giorgio Napolitano per la giacchetta e' meglio varare le riforme per rispondere ai suoi appelli. Renzi torna sulle possibili dimissioni del Capo dello Stato e afferma che "il presidente della Repubblica e' un galantuomo di grande levatura, nel 2013 tutti i partiti politici nell'incapacita' di trovare un successore lo hanno pregato di avere un nuovo mandato, lui ha accettato, ha fatto un discorso durissimo sulla necessita' di fare le riforme e tutti hanno applaudito. Quando dico che bisogna fare la legge elettorale e le riforme velocemente e' perche' se quel messaggio di Napolitano deve essere preso sul serio, il presidente della Repubblica ha il diritto di vedere il Parlamento discutere le riforme". Insomma, "che prima o poi decida di lasciare sta nelle cose, decidera' lui, nessuno ha il diritto di tirargli la giacchetta, nemmeno io anche se spero che resti il piu' a lungo possibile. Ma quando decidera' dovra' avere ila gratitudine di tutti perche' in alcuni momenti senza Napolitano il Paese sarebbe stato in difficolta'".
  Quanto alla richiesta del Pg di Cassazione di applicare la prescrizione sulla vicenda Eternit "Cambieremo i tempi del processo e le regole del gioco della prescrizione", dice Renzi. "Da cittadino italiano mi colpisce e mi fanno venire un po' di brividi le interviste ai familiari, a vedove e figlie che mostrano una dignita' straordinaria perche' credono nella giustizia piu' di quanto a volta fa un servitore dello Stato. E continuano a combattere, con l'idea di aggrapparsi al tema della giustizia come etica del Paese" ha proseguito. Dal punto di vista del merito, ha detto Renzi, "o quella vicenda non e' un reato, o se e' un reato ma e' prescritto bisogna cambiare le regole del gioco sulla prescrizione. Ci sono dei dolori che non hanno tempo. Dobbiamo far in modo che i processi siano piu' veloci, e dobbiamo cambiare la prescrizione"




SILVIO BERLUSCONI AI PENSIONATI: "ANDATE A VOTARE, VE LO DICE UN VOSTRO COETANEO"

Redazione

Silvio Berlusconi si rivolge direttamente ai suoi "coetanei" pensionati, per esortarli ad andare a votare, in vista delle elezioni regionali e in previsione futura, quando ci saranno le prossime elezioni politiche.
In un passaggio di una lunga lettera, composta di una serie di allegati, inviata a tutti i parlamentari, dirigenti e amministratori locali azzurri in occasione del 'No tax day' che si terra' il 29 e 30 novembre, il leader di Forza Italia si rivolge ai pensionati: "Ai nostri amici in pensione diciamo: non commettete l'errore che avete fatto alle ultime elezioni europee di rassegnarvi e di non andare a votare perche' l'Europa non vi e' simpatica e perche' non c'era Berlusconi candidato. Dovete andare a votare. Ve lo manda a dire un vostro coetaneo che Vi vuole bene, proprio lui: Silvio Berlusconi". E a loro, ai pensionati, Berlusconi promette: "Questo e' cio' che ci impegniamo a fare per voi quando saremo di nuovo, e presto, al governo: 1) aumento delle pensioni minime a 1000 euro per 13 mensilita'; 2) no tasse sulla casa di vostra proprieta';3) no tasse sui vostri risparmi, quelli che volete lasciare ai Vostri figli e ai Vostri nipoti. Non dobbiamo permettere allo Stato – prosegue – di allungare le sue mani sul frutto di cio' che avete risparmiato con una vita di lavoro e di sacrifici, quello su cui avete gia' pagato imposte pesanti; 4) Avrete assistenza medica gratuita: odontoiatria sociale (impianti dentali gratis) e oftalmologia sociale (operazione della cataratta gratis). E infine convenienze varie: cinema al pomeriggio e treno durante la settimana gratuiti, bonus taxi e bonus acquisti, veterinario gratuito una volta al mese per i Vostri amici a quattro zampe"




STRAGE BOLOGNA: MAMBRO E FIORAVANTI, CONDANNA A DUE MILIARDI DI RISARCIMENTO

Redazione

Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, i terroristi dei Nar condannati in via definitiva per la strage alla stazione di Bologna, sono stati condannati in sede civile al risarcimento danni di oltre due miliardi di lire per i danni materiali, morali, di immagine e spese processuali relativi alla strage del 2 agosto 80, che causo' 85 morti e 200 feriti. La sentenza e' arrivata dal giudice Francesca Neri della terza sezione civile del Tribunale di Bologna: la causa era stata avviata nel 2013 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell'Interno, parti civili nel procedimento penale, con il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato: la causa chiedeva di fatto di quantificare il danno gia' accertato in forma generica dalle sentenze penali. E' stata cosi' stabilita la cifra di 2 miliardi 134 milioni e 273 mila euro. Soddisfazione e' stata espressa dall'Avvocatura dello Stato: "La domanda e' stata accolta cosi' come era stata formulata" commenta l'Avvocato Fausto Baldi, sottolineando i tempi celeri della decisione.




YACHT, AUTO LUSSO CON I SOLDI DELLE PENSIONI: 2 MILA DIPENDENTI TRUFFATI

Redazione

Acquistavano ville, yacht e auto di lusso appropriandosi delle ritenute previdenziali dei dipendenti. Sono piu' di 2mila le vittime del network criminale di societa' "apri e chiudi" stroncato dalla Guardia di finanza, che ha accertato una frode fiscale da oltre 45 milioni di euro.

Le fiamme gialle del Comando provinciale di Roma e i colleghi di altre 10 province hanno eseguito nel Lazio e in Toscana, Veneto, Emilia Romagna e Campania sequestri di conti correnti, quote societarie e beni immobili per un valore di oltre 22 milioni di euro. Gli 8 indagati dovranno rispondere a vario titolo di frode fiscale, riciclaggio, appropriazione indebita, distruzione delle scritture contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. L'organizzazione criminale, basata su una rigida suddivisione dei ruoli, aveva al vertice 4 soggetti di origine campana, amministratori di aziende di rilevanti dimensioni con appalti su tutto il territorio nazionale per la fornitura di manodopera (facchini, operai, operatori di call center), arrivati a gestire piu' di 2mila addetti. "Lo schema fraudolento – spiegano gli investigatori – era quello di creare, avvalendosi di teste di legno, cooperative e s.r.l. con una 'vita media' di tre o quattro anni, fatturando regolarmente i ricavi ma 'dimenticandosi' di versare qualsiasi tipo di imposta (Iva, Ires, Irap, ritenute d'acconto, contributi Inps e oneri sociali), frodando cosi', non solo il fisco per 45 milioni di euro ma anche migliaia di lavoratori". Alla maxi evasione fiscale, realizzata anche attraverso societa' con sede in Gran Bretagna, si e' affiancato, infatti, "lo spregiudicato 'saccheggio' di contributi previdenziali operati e non versati, per un totale di 4 milioni di euro, successivamente illecitamente investiti nell'acquisto di 41 terreni, yacht, auto di lusso ed immobili di pregio – sparsi tra la Toscana, l'Emilia Romagna, la Campania e il Veneto – intestati a prestanome ma, di fatto, pagati mediante assegni circolari emessi dalle societa' coinvolte nel sistema". Un sistema, illecito quanto redditizio, che era in grado di sbaragliare la concorrenza grazie a prezzi altamente competitivi e a mettere l'organizzazione in posizione di vantaggio grazie a tariffe nettamente inferiori alla media di settore. Gli elementi raccolti dai militari della Compagnia di Fiumicino in oltre due anni di indagini – coordinate dal procuratore della Repubblica di Civitavecchia, Gianfranco Amendola e dal sostituto procuratore, Lorenzo del Giudice – hanno consentito al giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Civitavecchia di emettere un provvedimento di sequestro preventivo, nella forma "per equivalente", di beni mobili, conti correnti, 41 immobili e terreni per un valore complessivo di oltre 22 milioni. Con i beni sotto sequestro, quanto meno i conti con l'amministrazione fiscale potranno essere parzialmente saldati.




FEMMINICIDIO: IN UN ANNO 179 DONNE UCCISE

Redazione

Con 179 donne uccise, il 2013 ha rappresentato l'"anno nero" per il femminicidio nel nostro Paese, il piu' cruento degli ultimi sette, con un incremento del 14% rispetto al 2012. E' uno dei dati contenuti nel secondo Rapporto Eures sul femminicidio in Italia, secondo cui l'anno passato ha presentato la piu' elevata percentuale di donne tra le vittime di omicidio mai registrata in Italia, pari al 35,7% delle vittime totali (179 sui 502): nel '90, le donne uccise erano appena l'11,1% delle vittime totali. Sempre nel 2013, quasi il 70% dei femminicidi e' avvenuto in famiglia, il 92,4% per mano di un uomo.

Nel 2013 il sud diventa l'area a piu' alto rischio (75 vittime ed una crescita del 27,1% sull'anno precedente), anche a causa del decremento registrato nelle regioni del nord (-21% e 60 vittime), ma e' il centro a presentare l'incremento piu' consistente (+100%), passando le donne uccise da 22 a 44: i casi crescono nel Lazio (da 9 a 20), in Toscana (da 6 a 13), in Umbria (da 3 a 6) e nelle Marche (da 4 a 5). Proprio il Lazio, insieme alla Campania, presenta nel 2013 il piu' alto numero di femminicidi tra le regioni italiane (20): seguono Lombardia (19), Puglia (15), Toscana (13), Calabria e Sicilia (entrambe con 10 vittime).

La graduatoria provinciale vede ai primi posti Roma (con 11 femminicidi nel 2013), Torino (9 vittime) e Bari (8), seguite, con 6 vittime, da Latina, Milano, Palermo e Perugia. Anche l'anno scorso, in 7 casi su dieci (68,2%, pari a 122 in valori assoluti) i femminicidi si sono consumati all'interno del contesto familiare o affettivo, in coerenza con il dato relativo al periodo 2000-2013 (70,5%). La criminalita' comune rappresenta il secondo contesto a piu' elevato rischio, con il 16,2% delle vittime (28 in valori assoluti), davanti alle altre relazioni di prossimita' (12,7%).

Se l'autore dei femminicidi familiari risulta essere quasi sempre un uomo, sono le trasformazioni e le dinamiche del rapporto di coppia a spiegare il maggior numero dei casi. Nel 2013, infatti, il 66,4% delle vittime di femminicidio familiare ha trovato la morte per mano del coniuge, del partner o dell'ex partner (81 vittime su 122). Anche per effetto del perdurare della crisi, si rileva un forte aumento dei matricidi, spesso compiuti per "ragioni di denaro" o per una "esasperazione dei rapporti derivanti da convivenze imposte dalla necessita'": sono 23 le madri uccise nell'ultimo anno, pari al 18,9% dei femminicidi familiari, a fronte del 15,2% rilevato nel 2012 e del 12,7% censito nel 2000-2013.

Se le armi da fuoco si confermano come strumento principale negli omicidi in genere (45,1% dei casi, contro il 25,1% dalle armi da taglio), nei femminicidi la gerarchia degli strumenti si modifica significativamente: sono gli omicidi "a mani nude, espressione di un piu' alto grado di violenza e rancore", a rappresentare complessivamente lo strumento piu' ricorrente (51 le vittime, pari al 28,5% dei casi), nelle tre forme delle percosse (5,6%), dello strangolamento (10,6%) e del soffocamento (12,3%); di poco inferiore la percentuale dei femminicidi con armi da fuoco (49, il 27,4% del totale) e da taglio (45 vittime, pari al 25,1%), cui seguono quelli compiuti con armi improprie (21 vittime, pari all'11,7%) o con altri mezzi (13 vittime, pari al 6,1%).

Accanto alle modificazioni territoriali, il 2013 rileva anche una crescita dell'eta' media delle vittime di femminicidio, passata da 50 anni nel 2012 a 53,4. E con l'eta' media cresce anche la percentuale delle vittime di femminicidio in condizione non professionale (dal 54,8% del 2012 al 58,1%), confermandosi le pensionate (35,5% del totale) le vittime prevalenti, seguite da casalinghe e disoccupate (15,1%), impiegate e lavoratrici dipendenti (9,9%) e domestiche, colf e badanti (9,9%).
  E' il tarlo del possesso e della gelosia a spiegare la percentuale piu' elevata di femminicidi (il 30,3% di quelli familiari, pari a 36 in valori assoluti), seguiti da quelli scaturiti da conflitti e dissapori quotidiani (21 vittime, pari al 17,6%).

I "femminicidi del possesso" conseguono generalmente alla decisione della vittima di uscire da una relazione di coppia: sono oltre 330 le donne uccise in Italia, dal 2000 a oggi, per aver lasciato il proprio compagno. 




MATTEO SALVINI PREPARA IL SORPASSO A FORZA ITALIA

di Alberto De Marchis

Matteo Salvini vola nei sondaggi e si appresta a raccogliere i frutti del lungo lavoro portato avanti in questi mesi alle elezioni regionali che si terranno in Emilia Romagna il prossimo week end. Il leader leghista secondo sondaggi – si appresta a superare Forza Italia di Silvio Berlusconi. Se le previsioni dovessero concretizzarsi Salvini si troverebbe nella condizione di lanciare la scalata alla leadership del centrodestra contro Silvio Berlusconi.

A livello nazionale, le intenzioni di voto leghiste viaggiano tra l’8 e il 10,8 per cento, risultato, questo, che non trova precedenti storici.  Vento in poppa dunque per Matteo Salvini che non incontra ostacoli lungo il suo cammino ad accezione della regione Veneto che non ha ancora trovato un equilibrio interno al Caroccio. Il primo cittadino veronese Flavio Tosi invoca il rispetto del patto che fu stretto con Maroni, ovvero il patto che stabiliva che Matteo Salvini sarebbe diventato il segretario federale, mentre Tosi sarebbe divenuto il candidato della Lega alla leadership del centrodestra. Di fatto tutto sembra marciare nella direzione dell’attuale leader leghista e il risultato delle prossime regionali in Emilia Romagna riordinerà sicuramente gli equilibri interni. 
 




ALITALIA MAINTENANCE SYSTEMS: LAVORATORI NEL VORTICE DELLA CRISI

di Alessandro Ranieri

E’ necessaria una soluzione per pagare le integrazioni salariali ai dipendenti oramai allo stremo.

Alitalia Maintenance Systems, azienda leader nel campo della revisione dei motori aeronautici operante sull’aeroporto di Fiumicino, è da tempo in crisi, trascinata da quella di Alitalia, tanto che da circa un anno è in richiesta di concordato.

Quest’ultima situazione , che la pone in uno stato di limbo, è molto mortificante per le potenzialità dell’azienda, in pratica si tratta del classico cane che si morde la coda: essendo in richiesta di concordato non può acquisire commesse pubbliche tantomeno partecipare a bandi o gare e quindi non può lavorare per aeromobili militari e di Stato, e così facendo si allontana la soluzione della crisi in cui versa.

Ma la cosa peggiore è che la situazione di concordato si ripercuote purtroppo anche sui lavoratori non una sola volta, ma due, essendo molti dipendenti in cassa integrazione straordinaria a rotazione sono destinatari decurtazioni salariali anche pesanti, con bollette e mutui da pagare, mentre 60 dipendenti su 315 sono oramai in mobilità.

Ma non solo: sempre per effetto del concordato, l’azienda non può sanare i debiti contributivi antecedenti alla situazione concordataria con l’INPS, e questo comporta l’impossibilità, per l’ente previdenziale, di erogare le prestazioni di integrazione al reddito che sono dovute in questi casi, e quindi i lavoratori ancora una volta prendono l’ombrello in quel posto, come nelle vignette di Altan.

A questo proposito le organizzazioni sindacali Filt CGIL, Fit CISL, UILtrasporti e UGL Trasporto Aereo, affermano Claudio Arbotto della CISL e Fabio Ceccalupo dell’UGL, stanno tentando in tutti i modi di trovare una soluzione condivisa con tutti i soggetti interessati, quali il Comitato del Fondo del Trasporto Aereo, l’INPS e l’Azienda stessa, per vedere di trovare una via di uscita favorevole all’interno del regolamento del Fondo, superando una interpretazione del Ministero del Lavoro, tutta sfavorevole ai lavoratori.



In effetti AMS i contributi regressi li pagherebbe pure, il problema è che ha le mani legate per il fatto che la legge sul concordato vieta uscite di denaro al momento della richiesta fatta.



La sua situazione andrebbe infatti distinta a quelle aziende veramente morose, e il problema potrebbe essere risolto con il buon senso di tutti tenendo presente che, nel piano di rientro presentato dall’azienda al Tribunale di Roma, l’INPS risulta essere uno dei creditori privilegiati.



Nel frattempo, proprio il Tribunale sta per pronunciarsi sul piano presentato e decidere se dare l’assenso o meno. Di qui l’omologa, che cancellerebbe di un sol colpo tutti i problemi ma i tempi per tale decisione sono ancora lunghi e i lavoratori rischierebbero di ritrovarsi sul lastrico.



In ogni caso una soluzione si deve trovare perché non è possibile che a pagare siano sempre i lavoratori già tanto duramente provati ed umiliati da una situazione che non hanno né causato, né voluto.