PALERMO: TROVATA UNA LETTERA DI GIOVANNI FALCONE

di Ang. Bar.

Palermo – E’ stata trovata una lettera scritta da Giovanni Falcone durante la sua permanenza a Roma. Giovanni Falcone inviò la lettera ad un Professore di diritto. Ecco la lettera: “Anche io come lei sono convinto che il mio posto sia a Palermo, ma ci sono momenti in cui occorre fare delle scelte e impiegare tutte le energie possibili per la lotta alla mafia. Mi creda il mio non è un abbandono. Continui a credere nelle giustizia, c'è tanto bisogno di giovani con nobili ideali”. In questa lettera si evince che il Giudice Falcone è dispiaciuto di aver lasciato la sua Palermo, ma allo stesso tempo è stata una scelta dovuta per via del clima ostile che si respirava nel “Palazzo dei veleni”.




Manifestazione della lega. Berlusconi messo all'angolo

di Silvio Rossi

 

La manifestazione della Lega a Piazza del Popolo, che ha visto la partecipazione attiva di Fratelli d’Italia e Casapound, ha sancito, più del Patto del Nazareno, e in linea con lo stesso, la fine dell’egemonia berlusconiana nella destra italiana.
Innanzi tutto, le formazioni presenti in piazza hanno visto una deriva più radicale, rispetto alle manifestazioni politiche precedenti, verso la destra. Le posizioni più moderate, che erano la “faccia pulita da presentare”, sono state abbandonate, e chi le rappresenta, è stato oggetto delle forti critiche della piazza, analogamente agli storici avversari del centrosinistra.
Più vicini a Casapound che a Forza Italia, quindi, nella piazza della manifestazione odierna, i primi hanno raggiunto i leghisti in piazza, con uno dei leader storici del movimento neofascista, Simone di Stefano, che ha indicato Salvini come «assolutamente l’unico leader da contrapporre a Renzi. Non ce ne sono altri oggi in Italia».
Non pervenuti invece i militanti di Forza Italia, non per loro scelta, un gruppo con le bandiere azzurre aveva anche provato a raggiungere la piazza, ma perché allontanati dal resto dei manifestanti.
Una scelta che è un vero punto di rottura nel centrodestra. La “cacciata” ha significato che non è più l’ex Cavaliere che determina, come in passato, la linea politica. Per la prima volta, se si facessero le primarie del centrodestra, che fino a pochi mesi fa avrebbero avuto un risultato scontato, Berlusconi rischierebbe di ottenere una sonante sconfitta.
A una linea politica balbettante e contraddittoria portata avanti da Forza Italia e dal suo leader, tutti coloro che non s’identificano nel “cerchio magico” berlusconiano, preferiscono il decisionismo, a volta anche un po’ semplicista, del segretario leghista.
Matteo Salvini è riuscito in ciò che Fini e Alfano hanno fallito: rinnovare la politica del centrodestra dopo un ventennio berlusconiano. Ma non è certo tutto merito suo. Il Berlusconi che ha “cacciato” Gianfranco Fini era determinato, decisionista, sicuro delle sue scelte. Quando ha abbandonato il governo Monti, con la conseguente rottura degli alfaniani, aveva alcuni interessi molto forti da difendere, e non poteva permettersi il lusso di titubare. Oggi invece, dopo la condanna, dopo la sconfitta dell’elezione del Presidente della Repubblica, dopo i continui cambi di strategia, non è più il toro feroce che entra nell’arena in apertura della corrida, ma sembra la bestia ferita e dolente che ha subito in numerosi colpi dei banderilleros, che offre la schiena al matador.




SALVINI E MELONI SEMPRE PIU' UNITI: PIAZZA DEL POPOLO DIFENDE IL TRICOLORE

 

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Luca Zaia ha continuato sul filone degli immigrati: “Non c'è spazio in Italia per i profughi"

 

di Maurizio Costa

RomaMatteo Salvini scende in piazza a Roma per cercare di ribaltare la politica nazionale, Renzi compreso. Dalle 14 in poi, gruppi della Lega Nord si sono ritrovati a Piazza del Popolo per far sentire la propria voce. Nel frattempo, da piazza Vittorio, un corteo composto dai centri sociali e anche dal 'Movimento per la casa' hanno sfilato fino a Campo de' fiori per far passare il messaggio che Roma è una città meticcia e multirazziale. Insieme al leader della Lega Nord hanno deciso di manifestare anche i militanti di Casapound, che appoggiano le idee di Salvini.

[Piazza del Popolo stracolma per la manifestazione della Lega Nord]

Una piazza del Popolo ha accolto Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che hanno parlato ad una platea composta da cittadini soprattutto del nord Italia: dal Veneto alla Lombardia, passando per l'Emilia e il Piemonte. Sul palco è salito anche Luca Zaia, presidente della Regione Veneto. “Renzi è un servo sciocco – ha dichiarato Salvini – che è stato messo lì dalla sinistra soprattutto per la sua simpatia, che non è neanche troppa. Uno strumento sciocco, un fantoccio”. Dopo lunghi applausi della piazza Matteo Salvini ha anche ironizzato sui cortei contro di lui: “Noi lasceremo questa piazza più pulita di prima, non come quelle zecche che lanciano uova contro le forze dell'ordine”.

Il leader del Carroccio ha anche parlato di un'Italia unita nelle intenzioni: “L'Italia è bella perché rispetta le differenze, le identità, le culture e le lingue, da nord a sud. Se rispettiamo la libera scelta dei veneti, dei sardi e dei lombardi potremo andare avanti. Crocetta, per esempio, è una sciagura come Ignazio Marino, perché vede morire delle bambine solamente perché non riescono a trovare un ospedale dove essere curate”.

[Piazza del Popolo stracolma per la manifestazione della Lega Nord]

Anche Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia ha voluto dire la sua dal palco della Lega: “Prima vengono le famiglie italiane e poi il globo. Dobbiamo per questo distribuire gli immigrati in Europa, in tutti i paesi, anche in quelli che chiudono le frontiere”. La Meloni ha anche parlato dell'Isis: “Gli sbarchi sono gestiti dall'autoproclamato califfato, che, in questo modo, potrebbe far arrivare cellule terroristiche in Italia”. In conclusione, la leader di Fdi ha anche detto che “l'unico Nazareno che rispettiamo è Gesù”.

Luca Zaia ha continuato sul filone degli immigrati: “Non c'è spazio in Italia per i profughi – ha commentato il governatore del Veneto –. Torneremo in regione e gli faremo un culo così”. Insieme alla Lega a piazza del Popolo c'erano anche i militanti di Casapound, che hanno inneggiato a Salvini con il saluto romano. “Salvini è il nostro leader – ha detto Simone Di Stefano di Casapound -. C'è un piano mondiale per sostituire i popoli europei anche attraverso l'immigrazione”.

Intanto, per le strade della capitale, hanno sfilato anche i dissidenti che, con lo slogan 'Mai con Salvini', hanno lanciato il messaggio che: "Roma è una città multirazziale e multiculturale". I centri sociali, insieme anche ai movimenti per la casa, hanno fatto passare quindi il messaggio di integrazione, in una città che: "disprezza la Lega e Salvini, che accetta gli immigrati e respinge i fascisti".

Nel corteo anti-Salvini c'era anche una minoranza curda, che ha detto che “noi abbiamo sconfitto i fascisti dell'Isis a Kobane, adesso Roma deve respingere questi nuovi razzisti che non accolgono immigrati. A Roma ci sono ancora i fascisti”.
 

Anche Giorgia Meloni di Fratelli d'Italia ha voluto dire la sua dal palco della Lega: “Prima vengono le famiglie italiane e poi il globo. Dobbiamo per questo distribuire gli immigrati in Europa, in tutti i paesi, anche in quelli che chiudono le frontiere”. La Meloni ha anche parlato dell'Isis: “Gli sbarchi sono gestiti dall'autoproclamato califfato, che, in questo modo, potrebbe far arrivare cellule terroristiche in Italia”. In conclusione, la leader di Fdi ha anche detto che “l'unico Nazareno che rispettiamo è Gesù”.

Luca Zaia ha continuato sul filone degli immigrati: “Non c'è spazio in Italia per i profughi – ha commentato il governatore del Veneto –. Torneremo in regione e gli faremo un culo così”. Insieme alla Lega a piazza del Popolo c'erano anche i neofascisti di Casapound, che hanno inneggiato a Salvini con il saluto romano. “Salvini è il nostro leader – ha detto Simone di Stefano di Casapound -. C'è un piano mondiale per sostituire i popoli europei anche attraverso l'immigrazione”. In piazza del Popolo c'erano più persone del nord che romani, segnale forte e importanti per la Lega.

Intanto, per le strade della capitale, hanno sfilato anche i dissidenti che, con lo slogan 'Mai con Salvini', hanno fatto passare il messaggio che: "Roma è una città multirazziale e multiculturale". I centri sociali, insieme anche ai movimenti per la casa, hanno quindi sponsorizzato idee di integrazione, in una città che: "disprezza la Lega e Salvini, che accetta gli immigrati e respinge i fascisti".

Nel corteo anti-Salvini c'era anche una minoranza curda, che ha detto che “noi abbiamo sconfitto i fascisti dell'Isis a Kobane, adesso Roma deve respingere questi nuovi razzisti che non accolgono immigrati. A Roma ci sono ancora i fascisti”.

[Corteo anti Salvini]




L'ITALIA FUORI DALLA RECESSIONE

Redazione

Forse è la volta buona che l'Italia torna a crescere e so può asserire dopo tre anni che si è fuori dalla recessione. Due segnali positivi: dopo tre anni e mezzo il Pil italiano torna a crescere mentre dopo quasi 5 anni lo spread scende di nuovo sotto quota 100 punti. Nel primo trimestre, stima l'Istat nella Nota mensile sull'andamento dell'economia italiana, il Pil tornera' a crescere. Questo perche' "i segnali positivi si rafforzano". L'ultimo aumento risaliva al secondo trimestre del 2011. Nel dettaglio, "la variazione congiunturale reale del Pil prevista per il primo trimestre e' pari a +0,1%, con un intervallo di confidenza compreso tra -0,1% e +0,3%. Tale risultato è la sintesi del contributo ancora negativo della domanda interna (al lordo delle scorte) e dell'apporto favorevole della domanda estera netta". "Al miglioramento delle opinioni di consumatori e imprese registrate a febbraio si affianca l'aumento della produzione industriale a dicembre e quello del fatturato dei servizi nel quarto trimestre del 2014. Permangono tuttavia difficolta' nel mercato del lavoro e si conferma la fase deflazionistica, seppure in attenuazione. L'indicatore composito anticipatore dell'economia registra una variazione positiva per il secondo mese consecutivo", segnala l'Istat. Discorso a parte per il mercato del lavoro che "non mostra chiari segnali di un'inversione di tendenza rispetto a quanto osservato negli scorsi mesi. Il tasso dei posti vacanti nei settori dell'industria e dei servizi e' rimasto ancora stabile nel IV trimestre attorno allo 0,5%. La stazionarieta' dell'indicatore, che perdura dall'ultimo trimestre del 2013, riflette la fase di stagnazione che si osserva dal lato della domanda di lavoro.

In febbraio, le attese di occupazione formulate dagli imprenditori per i successivi tre mesi continuano a essere differenziate tra i principali comparti produttivi, risultando in crescita nella manifattura, stabili nei servizi e in peggioramento nel settore delle costruzioni".
Tornando allo spread, era dal maggio 2010 che il differenziale tra i nostri titoli di stato e i Bund tedeschi non scendeva sotto la soglia dei 100 punti base. Soddisfatto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi che twitta: "Spread sotto quota 100, mille ex precari assunti a Melfi col Jobs Act, via segreto bancario non solo in Svizzera, dai che e' #lavoltabuona". Per quanto riguarda la Grecia c'e' da registrare il fatto che il Bundestag ha approvato l'estensione dei finanziamenti alla Grecia. Nonostante cio' la borsa ateniese e' l'unica in rosso in una seduta senza particolari slanci. A incidere negativamente il calo superiore alle previsioni nel IV trimestre del Pil greco a -0,4%.




OMICIDIO BIAGI: SCAJOLA E DE GENNARO INDAGATI

Redazione

Ancora un'altra bufera per l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola e l'ex capo della polizia Gianni De Gennaro che risultano indagati per concorso in omicidio colposo nell'ambito dell'inchiesta bis sulla mancata scorta a Marco Biagi "sulla base di omissioni e manchevolezze nel quadro della protezione del professor Biagi, che sono state riscontrate dal lavoro d'indagine preciso e corposo fatto dalla Procura di Bologn". È quanto spiega l'avvocato della famiglia Biagi, Guido Magnisi, che ha ricevuto l'atto di notifica dell'iscrizione al registro degli indagati riguardante Scajola e De Gennaro. "La Procura trasmetterà ora gli atti ad una sezione del Tribunale speciale, che la Corte Costituzionale prevede come anticamera del Tribunale dei ministri" prosegue Magnisi, spiegando che il passo successivo sarà "un interrogatorio" a carico dei due indagati i quali "potranno avvalersi o meno della prescrizione". "Se si avvarranno le prescrizione – rimarca l'avvocato – la vicenda si chiuderà, altrimenti se rinunceranno alla prescrizione, ci sarà il processo che andrà al Tribunale dei ministri di Roma" poiché all'epoca dell'omicidio Biagi per mano delle nuove Br, il 19 marzo 2002, Scajola era a capo del Viminale. L'inchiesta bis, di cui è titolare il Pm Antonello Gustapane, prese avvio dal rinvenimento di alcuni documenti in possesso di Luciano Zocchi, ex segretario di Scajola, riaprendo il filone d'indagine dopo l'archiviazione della prima inchiesta. Nell'ambito dell'indagine il pm Gustapane ha sentito, nei mesi scorsi, come persone informate sui fatti, alcuni esponenti di spicco della politica di allora e di oggi tra cui Pier Ferdinando Casini, Roberto Maroni, Maurizio Sacconi, Sergio Cofferati e lo stesso Zocchi.




YARA: ECCO PERCHE' BOSSETTI RESTA IN CARCERE

di Chiara Rai

Un altro macigno per il muratore di Mapello. I giudici della Suprema Corte, presieduti da Arturo Cortese, hanno dunque confermato l'ordinanza emessa dal Riesame di Brescia il 14 ottobre scorso. Bossetti si trova in cella dal giugno 2014: è indagato per l'omicidio di Yara la 13enne di Brembate che scomparve il 26 novembre del 2010, il cui cadavere fu ritrovato dopo tre mesi in un campo abbandonato della zona. Anche il sostituto pg della Suprema Corte, Oscar Cedrangolo durante l'udienza a porte chiuse aveva sollecitato il rigetto del ricorso. Le motivazioni della sentenza emessa saranno depositate entro un mese.

A incastrare Bossetti sono principalmente quattro elementi. La polvere di calce trovata nei polmoni di Yara, l'analisi delle celle telefoniche, la testimonianza del fratello minore. Il primo elemento non può essere considerato univoco della presenza del 44enne muratore, il secondo mostra che il giorno della scomparsa il cellulare di Yara aggancia oltre un'ora prima la stessa cella di Bossetti, la descrizione fornita da Natan non corrisponde a quella del presunto killer, sentenziano i giudici del Riesame che riducono sostanzialmente alla traccia biologica l'indizio che costringe in carcere l'indagato. E dall'architrave dell'indagine bisogna partire per capire tutti gli elementi dell'inchiesta.

 

Il Dna. La traccia mista (Yara – Ignoto 1) trovata sui leggings della 13enne dice che il Dna nucleare corrisponde con quello di Bossetti, ma non il Dna mitocondriale. Un "manifesto, acclarato e determinante dubbio" che per l'avvocato Salvagni è sufficiente per scarcerare Bossetti. Un dato a favore dell'indagato da aggiungere "all'assenza di peli e capelli dell'indagato sul corpo della 13enne, all'assenza di elementi della vittima sul furgone del 44enne muratore". Sotto la felpa della vittima ci sono due capelli sconosciuti di cui si conosce solo il Dna mitocondriale, un altro elemento su cui punta la difesa.

 

Il furgone. Il furgone di Bossetti sarebbe stato ripreso dalle telecamere della zona mentre si aggirava intorno alla palestra di Brembate – frequentata dalla giovane ginnasta – fino a un'ora prima della scomparsa di Yara e secondo l'ultima relazione, consegnata dai Ris alla procura, sui leggings della 13enne sarebbero stati ritrovati fili del sedile del camioncino del suo presunto assassino. Secondo la difesa questo tipo di materiale è presente su diverti tipi di mezzi, anche pullman, inoltre l'analisi degli esperti non è stata svolta davanti ai consulenti della difesa.

 

La testimonianza. Una donna riferisce di aver visto Bossetti, tra agosto e settembre 2010, in auto in compagnia di una ragazzina che assomigliava a Yara. Una testimonianza resa agli inquirenti nel novembre scorso e che per la difesa dell'indagato risulta essere tardiva e la cui veridicità resta da dimostrare.

 

Ricerche "porno" su tredicenni dal computer di Bossetti. Per l'accusa il movente del delitto viene svelato dalle ricerche via web e per quell'ossessione per le ragazzine o le "tredicenne" digitate più volte nei motori di ricerca. Dalla consulenza della procura "si evince – secondo gli esperti del pool difensivo – come sia una ricerca automatizzata più che una digitazione fatta da una persone, visto che le parole sono distanziate da un trattino". Per l'accusa è Bossetti a far le ricerche online lo scorso 29 maggio – non era a lavoro quel giorno – ma gli inquirenti non spiegano chi fa ricerche simili il 7 maggio quando invece è al cantiere. "Ancora una volta – per la difesa – nei documenti della procura viene presentato un elemento come indiziario fingendo di non vederne uno identico tale da azzerare il primo".

 

Le intercettazioni. Nei giorni scorsi diventa pubblica un'intercettazione: "Rischierò l’ergastolo, ma non confesso per la mia famiglia", il senso delle conversazioni tra Bossetti e gli altri detenuti del carcere di Bergamo. Affermazioni acquisite dal pm Letizia Ruggeri perché ritenute interessanti. "Non confessa, perché non ha fatto nulla. Non crolla, perché vuole dimostrare la sua innocenza", la replica dell'avvocato Salvagni.

 

Il parere dell'esperto. “l’assassino potrebbe essere un parente”, ecco quanto dichiarato da Sarah Gino, genetista forense a cui si è affidata la difesa di Massimo Bossetti, unico indagato per l’omicidio di Yara Gambirasio. Il medico, con alle spalle numerosi altri casi con il quale ha collaborato, sostiene che vi sono sette formazioni pilifere sul corpo di Yara che appartengono a soggetti diversi da Bossetti, dice che codeste persone non sono state identificate al momento, ma ciò che si sa è che due di questi hanno lo stesso dna mitocondriale ovvero che potrebbero appartenere a soggetti imparentati per via materna. La genetista sostiene che il dna maggioritario trovato è quello di Yara rispetto a quello di Massimo Bossetti. Sostiene anche che Yara, avvalorando questa tesi, potrebbe essere imparentata con il suo assassino.

 

La morte di Yara. E' il 26 novembre 2010 quando Yara esce dalla palestra che dista poche centinaia di metri da casa e di lei si perdono le tracce. Tre mesi dopo, il suo corpo viene trovato in un campo abbandonato a Chignolo d’Isola, distante solo una decina di chilometri da casa. L’autopsia svela una ferita alla testa, le coltellate alla schiena, al collo e ai polsi. Nessun colpo mortale: era agonizzante, incapace di chiedere aiuto, ma quando chi l’ha colpita le ha voltato le spalle lei era ancora viva. Il decesso è avvenuto in seguito, quando alle ferite si è aggiunto il freddo.Un delitto che porta, in pochi giorni, all’arresto di Mohamed Fikri, rilasciato per una traduzione sbagliata. Su di lui si riaccendono i riflettori e cambia ancora la scena: per Fikri cade l’accusa di omicidio e si profila quella di favoreggiamento. Il giudice delle indagini preliminari Ezia Maccora archivia il fascicolo con la prima ipotesi, ma rimanda gli atti al pm di Bergamo Letizia Ruggeri perchè indaghi sulla seconda.
Una mezza vittoria per mamma Maura e papà Fulvio che, attraverso l’avvocato Enrico Pelillo, si erano opposti all’archiviazione. Il gip ricorda che dalle analisi e dagli esami sui vestiti e nei polmoni di Yara c’erano polveri riconducibili a calce, sostanze “simili ai materiali campionati nel cantiere di Mapello”, dove lavorava il tunisino. Inoltre, la zona in cui le celle telefoniche agganciano il cellulare della ragazza, nell’arco di tempo che va dalle 18.30 alle 19, “coprono anche l’area del cantiere, “rendendo plausibile in quel range temporale la presenza di Yara e di Fikri in un territorio circoscritto”. Ma l’operaio non l’ha uccisa.
Due gli elementi che lo scagionano: il suo Dna non corrisponde con quello trovato sugli slip e sui leggings della 13enne, l’analisi delle celle telefoniche dimostrano che il tunisino non è andato nel campo di Chignolo d’Isola, dove la vittima è stata uccisa e abbandonata. Tuttavia secondo il giudice ci sono delle “incongruenze” nelle telefonate di Fikri e “in assenza di una plausibile ricostruzione alternativa”, queste “incongruenze” potrebbero far ritenere che la sera del 26 novembre 2010, l’uomo “ha visto o è venuto a conoscenza di circostanze collegate alla scomparsa e all’ omicidio di Yara “. Per il gip appare verosimile che sia stato spinto a nascondere quello che ha visto, “per proteggere o favorire la persona che ritiene in qualche modo coinvolta nel delitto”. Nei mesi scorsi la sua posizione è stata archiviata e il sospettato numero uno esce di scena. E le indagini proseguono ripartendo dalle analisi genetiche sulle tracce trovate sugli abiti della vittima, circa 18mila i Dna prelevati e analizzati da carabinieri e polizia che lavorano fianco a fianco nell’inchiesta.

 

Chi è Massimo Bossetti. Originario di Clusone, Massimo Giuseppe Bossetti ha 44 anni, è sposato e ha tre figli. L’uomo, senza precedenti penali, lavora nel settore dell’edilizia ed ha una sorella gemella. Il Dna lasciato sul corpo della vittima sarebbe sovrapponibile a quello di Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gorno morto nel 1999 e ritenuto in base all’analisi scientifica il padre dello sconosciuto assassino al 99,9%.
Il profilo genetico del presunto assassino è in parte noto. Per questo era stata riesumata la salma di Giuseppe Guerinoni, morto nel 1999, che secondo gli esami scientifici risulta essere il padre del presunto assassino di Yara. Avere la certezza che l’autista è il padre dell’uomo che ha lasciato il proprio Dna sui vestiti di Yara non risolve il problema: trovare il killer, un presunto figlio illegittimo di cui non c’è traccia. L’ultima conferma sull’analisi scientifica arriva nell’aprile scorso contenuta nella relazione dell’anatomopatologa Cristina Cattaneo, la stessa esperta che aveva eseguito l’esame sulla salma della giovane vittima.




CAMPANIA, SINDACI IN MANETTE: TROPPI I PRIMI CITTADINI COL "MAL DI LEGGE"

di Christian Montagna

Napoli – Una lista sempre più lunga alla quale ogni giorno si aggiunge il politico di turno è quella dei sindaci che finiscono in manette.Chi per vizi, chi per pornografia, chi per corruzione, i primi cittadini non se la passano per niente bene. E' proprio in un periodo come questo che i militari intensificano i controlli per mandare a casa i malfattori. Oltre mille persone tra consiglieri comunali, assessori e sindaci infatti sarebbero stati collusi con le organizzazioni criminali in cambio di favori. Dunque, di rispettare le regole questi primi cittadini proprio non ne vogliono sapere e guai a parlargli di leggi. I numeri parlano chiaro e la situazione in Campania risulta allarmante.

Tra il Sindaco di Napoli De Magistris e quello di Salerno De Luca condannati per abuso di ufficio; quello di Rofrano arrestato per possesso di materiale pedopornografico; l'ex sindaco di Pompei D'Alessio condannato a due anni di pena sospesa e interdizione dai pubblichi uffici per abuso di ufficio; l sindaco di Brusciano Angelo Antonio Romano condannato per concussione e abuso di ufficio nel 2012, il sindaco di San Felice a Cancello condannato per aver tenuto segreti degli atti pubblici, oggi, si aggiunge anche l'ex sindaco di Casavatore Salvatore Sannino arrestato poiché secondo l'accusa responsabile di aver pilotato una gara di appalto in cambio di un viaggio. Una lista infinita che abbraccia quasi tutti i comuni campani. Un'escalation di abusi e soprusi ai danni della popolazione costretta unicamente a subire. Eppure,almeno loro li votiamo noi, nonostante le perplessità sull'affidabilità dei risultati delle elezioni. Controlli latitanti che faticano ad elidere dal sistema politico i corrotti; uno Stato che finge di non vedere troppo spesso ed ecco che si verifica ciò che i casalesi hanno fatto ai suoli campani.

La dimostrazione di tutto ciò ci è stata data proprio dalle dichiarazioni dell'ex boss Schiavone, attraverso le quali tutti noi abbiamo potuto avere l'ennesima conferma di quanto il sistema delle province e dei comuni sia troppo corrotto. Rappresentante perfetto del patto tra Stato e Mafia, Schiavone ha fornito gli elementi fondamentali all'individuazione degli elementi nocivi al nostro sistema; ha dichiarato senza alcuna pietà la corruzione di personaggi politici di spicco, ministri, magistrati e forze dell'ordine. A partire dall'imprenditoria deviata che ha rappresentato l'affare mafioso più lucroso da sempre, nei comuni del casertano in particolare, il business dei rifiuti industriali e delle scorie chimiche, con il benestare dei primi cittadini, ha trovato ampio spazio. Ora che Schiavone non c'è più, particolari sempre più sconvolgenti potrebbero venire fuori e continua a rimanere per tutti un incubo. Siamo sicuri che Schiavone abbia raccontato tutta la verità? E' possibile che alcuni nomi non siano ancora venuti fuori? Perché su alcune domande è rimasto superficiale e non ha fornito tutti gli elementi utili? Interrogativi questi a cui nessuno saprebbe rispondere ora ma che incutono un grande senso di angoscia… Possibile che i fanghi termonucleari, le cassette nucleari siano stati portati in Campania allo scuro di tutti? E' mai possibile che nessun sindaco si sia interrogato sulle organizzazioni criminali del proprio comune di riferimento? O forse a tutti hanno fatto comodo queste attività? Oggi purtroppo si fatica a distinguere il giusto dall'errato e il corrotto dall'onesto. E' stato concesso troppo tempo necessario affinché i rapporti tra mafiosi e politici si saldassero sempre meglio. Quello di oggi, è solo l'ultimo in ordine di tempo degli arresti a sindaci o ex sindaci per appalti pilotati in cambio di favori ma, ce ne saranno indubbiamente tanti altri prima che il marcio venga totalmente estirpato dai nostri comuni.

 




SIAE: GINO PAOLI SI E' DIMESSO DALLA CARICA DI PRESIDENTE

 

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Redazione

Nella mattinata di martedì 24 febbraio si è tenuto il Consiglio di gestione della SIAE dove il cantautore e fino a stamattina presidente dell'Ente Gino Paoli  ha presentato ufficialmente la lettera di dimissioni dalla presidenza della Siae.

Gino Paoli a sua difesa ha dichiarato "Sono certo dei miei comportamenti – scrive nella lettera – e di non aver commesso reati, voglio difendere la mia dignità di persona per bene".

Ecco la lettera del cantautore
«Alla luce delle vicende che mi hanno coinvolto in questi giorni – scrive Paoli – mi preme rivolgermi a voi con cui ho condiviso questo percorso di circa un anno e mezzo di intenso e appassionato lavoro. Ci tengo a dirvi che sono certo dei miei comportamenti e di non aver commesso reati. Con il rispetto assoluto di chi sta doverosamente svolgendo il suo lavoro di indagine, intendo difendere la mia dignità di persona per bene. In questi giorni assisto purtroppo a prevedibili, per quanto sommarie, strumentalizzazioni, che considero profondamente ingiuste. Quello che non posso proprio permettermi di rischiare, però, è di coinvolgere la Siae in vicende che certamente si chiariranno, ma che sono e devono restare estranee alla Società. Ho volutamente aspettato qualche giorno a parlarvi per non entrare nella foga di queste stesse strumentalizzazioni. Credo di aver espletato il mio compito di Presidente al massimo delle mie capacità. Sono orgoglioso dei risultati che abbiamo ottenuto insieme, per cui abbiamo combattuto fianco a fianco in battaglie importanti, fino all’ultima in favore dei giovani autori».

Evasione fiscale
Gino Paoli è accusato di evasione fiscale, per aver portato in Svizzera, nel 2008, illegalmente due milioni di euro ed aver evaso quindi imposte per circa 800mila euro.

Intanto si susseguono le indiscrezioni sulle intercettazioni ambientali nello studio del commercialista Andrea Vallebuona, coinvolto nell’inchiesta della maxi truffa a Carige, e che sarà ascoltato il 25 febbraio come teste assistito nel caso che vede coinvolto il cantante. Quei due milioni di euro, provento «al nero» di alcune prestazioni artistiche rese dal cantautore genovese, sarebbero stati portati in una banca svizzera in fasi successive e Paoli, intercettato dalle microspie collocate dalla Guardia di finanza nell’ufficio di Vallebuona, aveva tutte le intenzioni di rientrarne in possesso senza però «scudarli». In una di queste intercettazioni infatti lo stesso cantautore esprime la volontà di non fruire dello scudo fiscale su quel denaro.

 




SCANDALO ETERNIT, CASSAZIONE CONFERMA: NESSUN RISARCIMENTO ALLE VITTIME

di Cinzia Marchegiani

Torino – Spietata la motivazione della cassazione nei confronti del processo imbastito per le morti dovute all’amianto nei comuni dove era presente la multinazionale, dell’imprenditore Schmideiny che produceva l’eternit, il fibrocemento, ottenuto da una mistura di cemento ed amianto a presa lenta ed elevata resistenza, parecchio utilizzata a partire dagli anni ’60, che invece provoca, per chi vi è a stretto contatto, asbetosi e mesotelioma pleurico.

Come un riflettore gigante ora la stessa cassazione  fa luce sullo stesso impianto accusatorio perdente già dall’inizio. Lunedì sono state depositate le motivazioni del verdetto di prescrizione che lo scorso 19 novembre 2014 ha annullato i risarcimenti alle vittime: “ Il processo torinese per le morti da amianto era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio dell’imprenditore svizzero Schmideiny”. Ma non solo, ad avviso della Cassazione "a far data dall’agosto dell’anno 1993 era ormai acclarato l’effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell’anno, era stata definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti."

Secondo i giudici, inoltre, il processo doveva essere celebrato per lesioni e omicidio, piuttosto che per disastro, reato che peraltro non può essere ascritto a Schmidheiny oltre il 1986, quando fu dichiarato il fallimento delle società del gruppo. Ma non solo, secondo quanto deciso dalla Cassazione: "per effetto della constatazione della prescrizione del reato, intervenuta anteriormente alla sentenza di I grado, cadono tutte le questioni sostanziali concernenti gli interessi civili e il risarcimento dei danni".

Una strategia quella del PM Guariniello che ora lascia molti dubbi e ombre poiché è stato dichiarato che aver contestato il reato di strage è stato un errore. Ad avviso della Cassazione:” l'imputazione di disastro a carico dell'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny non era la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione. Lo scrivono i supremi giudici nel verdetto Eternit.” La stessa Suprema Corte ravvisa “una scelta insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso poiché colui che dolosamente provoca, con la condotta produttiva di disastro, plurimi omicidi, ovverosia, in sostanza, una strage verrebbe punito con solo 12 anni di carcere.”

Da questa tragistoria all’italiana rimangono le famiglie disperate e ora sole, che con tutta la loro forza e voglia di riscatto avevano creduto nella giustizia. Famiglie segnate da dolori e gravi perdite, devono accettare anche questa amara verità, un impianto accusatorio fasullo che non ha prodotto neanche una scalfitura ai responsabili di questo disastro ambientale e della salute pubblica. La battaglia è stata condotta a dir poco senza senso dal pm Guariniello che a detta della Suprema Corte, oltre ad averla presa comoda e 15 anni di prescrizione già sarebbero tanti, ha anche sbagliato a configurare i reati. Alle stesse famiglie aspetterà forse di richiedere danni allo stesso Stato che deve fare i conti anche con un danno erariale non indifferente per tutti questi anni di processi costati evidentemente molto per le casse dello Stato italiano. Un marchio della giustizia che non passerà indifferente nella storia italiana. Una pagella senza appello per la procura torinese, bocciata. Oggi i morti da eternit sono stati uccisi due volte!




SIAE: SI ATTENDONO LE DIMISSIONI DI GINO PAOLI

Redazione

SIAE – La Società Italiana Autori ed Editori, SIAE, ha smentito la notizia di una sospensione dalla carica di presidente da parte di Gino Paoli, in quanto non prevista dallo statuto della società.
Intanto nella giornata di domani lo stesso Gino Paoli ha convocato un Consiglio di Gestione durante il quale esprimerà la sua posizione riguardo la vicenda che lo vede coinvolto e comunicherà le sue decisioni in merito ad eventuali dimissioni.
“Quando saremo al Governo la Siae non ci sarà più”. Ha dichiarato il segretario leghista, Matteo Salvini, che rispondendo agli ascoltatori di Radio Padania ha commentato l’indagine finanziaria in corso nei confronti di Gino Paoli, presidente, appunto, della Siae.
“A me personalmente – osserva Salvini – piace Gino Paoli e forse ho contribuito anch’io, acquistando i suoi dischi, a fargli portare qualche soldo in Svizzera. Non capisco però come mai, in molti della sinistra si siano schierati a difenderlo. Forse – conclude – l’evasione fiscale di sinistra è più giustificabile”.
 




ROMA FEYENOORD: 2400 TIFOSI GIALLOROSSI ATTESI IN OLANDA

 

I precedenti italiani nello stadio Feyenoord non sono di buon auspicio, era la finale di Euro 2000 quando sette giornalisti italiani furono brutalmente picchiati e arrestati dalla polizia di Rotterdam

 

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Appena il tempo di fare la conta di feriti e arresti e un primo bilancio, e subito c’e’ da allestire un piano per il ritorno di Europa League. ‘‘Valuteremo eventuali problematiche per la trasferta di Rotterdam nel prossimo comitato per l’ordine e la sicurezza: poi decideremo”, ha detto il questore di Roma, Nicolò D’Angelo, impegnato all’indomani della devastazione olandese nella Capitale a fare il punto della situazione dell'altro giorno. Quella di giovedì prossimo, di competenza come è ovvio della polizia olandese, impegnerà però anche le autorità italiane, a protezione dei 2.400 tifosi giallorossi attesi al ‘De Kuip’, la ‘vasca’ che ospita le partite del Feyenoord; e soprattutto ad evitare che quei 50 romanisti pronti ieri a vendicarsi dei rivali olandesi trasformino il loro tentativo fermato dalla polizia in una voglia di trasferta olandese.

Il club giallorosso fa affidamento sul fatto che il lotto di biglietti a disposizione – andato esaurito rapidamente – è finito nelle mani di quanti tra i tifosi erano già andati a Monaco e Manchester, in forza del diritto di prelazione. In sostanza, si tratta dei soliti noti. Ma la situazione, da fonti del Viminale, e’ definita ”molto delicata”: si dovrà capire nei giorni scorsi se nel gruppo di romanisti vorranno entrare infiltrati senza biglietto, e sulla base dello scambio di informazioni con la Polizia olandese sarà direttamente il Viminale a decidere il livello di rischio di Feyenoord-Roma e l’eventuale invio di polizia italiana di supporto.
Nella Capitale, i fans del Feyenoord erano ‘accompagnati’ da 9 ufficiali di polizia olandese per la collaborazione internazionale con le forze dell’ordine italiane. La Roma, come di consueto per le trasferte europee, “raccomanda a tutti i propri tifosi di astenersi dal tentare di acquistare tagliandi in circuiti o canali diversi da quello ufficiale”, e soprattutto “di non recarsi a Rotterdam per la gara senza essere già in possesso del biglietto d’ingresso dello stadio De Kuip”.

Lo stadio olandese, rinnovato l’ultima volta per l’Europeo 2000, contiene 51 mila posti: tutto esaurito, l’Europa League per la squadra olandese staccata in campionato di 20 punti dal Psv primatista l’Europa League e’ vitale. I precedenti italiani nello stadio Feyenoord non sono di buon auspicio, era la finale di Euro 2000 quando sette giornalisti italiani furono brutalmente picchiati e arrestati dalla polizia di Rotterdam. Ora, dopo la ”vergogna” di Roma, come ha sottolineato anche il club olandese, c’e’ allerta per il ritorno:‘‘Siamo impotenti”, dicono dal Feyenoord, e la tifoseria olandese e’ nota per la sua violenza. Ma più da trasferta che interna. Sui social e sul web sono già partite ironie e sfottò, rari i messaggi più ‘caldi’. Ma nelle prossime ore si capirà il vero livello d’allerta della notte di Rotterdam.