MAURIZIO LUPI: DIMISSIONI IN SOLITUDINE

di Chiara Rai

Maurizio Lupi ha iniziato l'informativa alla Camera al termine della quale annuncerà ufficialmente le sue dimissioni già anticipate ieri nel salotto di Vespa a "Porta a porta": "Sono qui per le mie responsabilità politiche, non certo giudiziarie". Con queste parole Maurizio Lupi comincia, nell'Aula di Montecitorio, l'informativa. "Sono qui per un atto di estremo riguardo verso il Parlamento di cui sono membro da 14 anni. Il Parlamento è il luogo delle responsabilità dove rendere conto dell'esercizio" delle funzioni affidate", ha detto Lupi. "Le accuse che mi sono state mosse sono immotivate e strumentali", ha detto durante l'informativa in aula alla Camera. "A fronte di tanto materiale investigativo i pm non hanno ravvisato nulla che dovesse essere perseguito. Sento il dovere di assumermi la mia responsabilità politica ma anche di spiegare quel che ho fatto in questi mesi al ministero". "La legge obiettivo non è una legge criminogena", ha aggiunto Lupi. "Nessun problema dunque? No, non sono così ingenuo, c'è bisogno di una nuova legge obiettivo, ripensando la figura del general contractor come già in parte è stato fatto, la struttura tecnica di missione è lo strumento tecnico operativo per lavorare, l'alta velocità ha cambiato la vita degli italiani. Ma la mia difesa della struttura di missione non era acritica, è migliorabile. Non ho rimosso Ercole Incalza dal suo ruolo perché dopo una approfondita istruttoria ho verificato che non ha subito alcuna decisione di condanna né azioni disciplinari da parte dei ministri che mi hanno preceduto".
 
Una informativa in un'Aula della Camera semivuota. A fianco a lui, nei banchi del Governo, il ministro dell'Interno e leader Ncd, Angelino Alfano. Fra i rappresnetanti dell'esecutivo i ministri Madia, Lorenzin, Galletti. Il premier Matteo Renzi non è in Aula, è impegnato a Bruxelles per il consiglio Ue. Lupi è tornato a parlare del caso di suo figlio Luca: "Non ho mai fatto pressioni per procurare un lavoro a mio figlio", ha sottolineato Lupi. Quanto alle intercettazioni che riguardano l'incontro con Incalza, "ho proposto a lui la possibilità di incontrare una persona di grande esperienza che potesse consigliarlo", ha detto. La telefonata a Perotti non è nella "mia responsabilita'", ha poi osservato, ricordando di conoscerlo da tempo. "Che bisogno avrei avuto di chiedere a Incalza di intercedere per lui, avrei potuto farlo molto più facilemente io". "E' evidente a tutti, quanto è inverosimile che un amico di famiglia da quaranta anni abbia potuto accreditarsi a me regalandomi un vestito". E poi ha aggiunto: "Sono qui per rivendicare il ruolo decisivo della politica" nella guida del Paese, "non sono qui per difendermi da accuse che non mi sono state rivolte", ha detto Lupi. "Mi ritengo obbligato a non far cancellare in 3 giorni tutto ciò che ho fatto in questi 22 mesi", ha detto ed ha aggiunto: "Non invoco garantismo nei miei confronti".

Per Lupi gli affetti vengono prima della poltrona: "Non mi sono dimesso da padre o marito, gli affetti vengono prima di tutto, anche prima di una poltrona". E sulla sua iniziale decisione di non mollare la carica ha detto: "All'inizio ho pensato 'non ho fatto nulla, perchè dovrei dimettermi, proprio nel momento in cui il lavoro sta cominciando a dare frutti?' Con il passare delle ore la scelta che dovevo fare non poteva che essere quella sempre fatta: scegliere il vero motivo per cui ho fatto politica e cioè il bene comune". "Siamo uomini politici -sottolinea- l'uomo agisce sempre per uno scopo e lo scopo della politica è il bene comune. Se faccio questo passo indietro è per avere una nuova rincorsa, un nuovo inizio per Ncd e per il governo".
Poi il ministro dimissionario si rivolge ai giovani deputati che in questi giorni lo hanno messo alla gogna: "Mi rivolgo a voi, giovani deputati, che urlando e agitando demagogia a brandelli mi avete insultato in questi giorni: vi auguro dal profondo del cuore di non trovarvi mai dentro a bolle mediatiche difficili da scoppiare.Vi auguro di non avere mai qualcuno che con potenza di fuoco entra dentro la vostra vita, nei vostri affetti familiari e nella vostra intimità. Vi auguro di non avere mai nessuno che entra dentro la vostra famiglia".
Arrivato al momento di pronunciare ufficialmente le sue dimissioni, Lupi ha detto che proseguirà il suo lavoro in Parlamento e che le sue dimissioni le presenta "con dignità, a testa alta".
 
La solidarietà di Brunetta. «Esprimo solidarietà alla sua persona colpita senza scrupoli". Lo ha detto Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza Italia, intervenendo in Aula a Montecitorio dopo l'informativa del ministro Lupi. "Abbiamo assistito a una battuta di caccia mediatica diretta a ferire la sua famiglia con intercettazioni centellinate ad arte, osservata senza scandali dal premier Renzi, come se fosse normale che un ministro sia intercettato per due anni, con la tecnica della dissimulazione, per cui per sottrarsi all'articolo 68 della Costituzione è sufficiente mettere sotto controllo i telefoni di tutti coloro che sono nella cerchia tecnica, politica e amicale del ministro. No, signor ministro, questa non è giustizia, questa non è ricerca della verità". "Noi siamo garantisti. Lo siamo sempre. Ci siamo trovati isolati in questa posizione. Renzi, questo governo, questa maggioranza applicano un'etica di circostanza, una morale daltonica, funzionale alla sistemazione degli affari politici del presidente del Consiglio. Non sono stato io ma è stato Fabrizio Cicchitto a rilevare ancora stamane che si tollera tranquillamente che cinque sottosegretari siano sottoposti a indagine o abbiano subito il rinvio a giudizio, e siano lasciati tranquillamente al loro posto. Il ministro Lupi non ha ricevuto neppure un avviso, non che questo a nostro giudizio avrebbe implicato l'obbligo di dimettersi, ma non si può che constatare la diversità di trattamento riservato da Renzi agli amici rispetto ai meno amici e rispetto anche a se stesso", ha sottolineato Brunetta.
 
Di Battista (M5S):
"Lupi sacrificato da squali travestiti da amici". Maurizio  Lupi è stato sacrificato dai finti amici che hanno solo pensato a salvare la propria poltrona. Lo ha sostenuto il deputato M5S, Alessandro Di Battista, parlando alla Camera nel dibattito sul dimissioni di Maurizio Lupi dal ministero delle Infrastrutture. "Ministro – ha detto il componente del direttorio Cinquestelle – l'ho osservata in questi giorni, osservato il suo volto segnato dagli eventi. Avrà provato un grande dolore pensando a suo figlio, finito in questa vicenda. Avrà avuto difficoltà a prendere sonno, voglia di fuggire, senza sapere dove". "È brutto sentirsi senza una via d'uscita, abbandonato da tutti gli amici, che poi amici non sono ma squali, pronti a sacrificarla, pur di mantenere un posto al governo. Alcuni sono seduti accanto a lei (alla destra di Lupi era seduto il ministro dell'Ambiente Galletti e alla sinistra il ministro dell'Interno Alfano, n.d.r.) e le avranno dato pacche sulle spalle ma senza indugio – ha concluso il deputato M5S – hanno venduto le sue dimissioni per mantenere in piedi il sistema. Lei è una pietra che rotola e non proviamo alcuna soddisfazione".
 
Gasparri (FI):
"Ncd rifletta,Renzi ha una doppia morale come i vecchi capi Pci". Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato, esponente di Forza Italia critica Ncd e attacca Renzi: "Le dimissioni di Lupi, al di là delle specifiche vicende da cui emergono il cinismo e l'ipocrisia di Renzi, confermano una volta di più il fallimento politico dei progetti neo-centristi o di velleitaria rifondazione di nuovi centrodestra. Lo dico senza astio e facendo un'oggettiva analisi. Tanti, con rotture, scissioni, proclami, hanno lanciato sfide finite male: da Fini a Montezemolo, da Monti a qualche suo scalpitante ministro. Dobbiamo rilanciare, nel bipolarismo insuperabile, una sfida competitiva del centrodestra. Con lealtà, chiarezza, coerenza, senza pugnalare il suo leader Berlusconi, con il quale costruire la presenza di oggi, la prospettiva generazionale di domani. Dico ai colleghi del Ncd di riflettere su quanto avviene. Sul progetto politico, su cui non aggiungo altro. Su Renzi, che si tiene quattro sottosegretari indagati, candida il condannato De Luca, interviene sulle banche tra conflitti di interesse e indagini su eventuali speculazioni di Borsa, aveva la residenza in una casa pagata da altri, ha una condizione previdenziale criticabile causa fulminee assunzioni da dirigente in aziende di famiglia finite in bancarotta. Renzi ha voluto Lupi fuori dal governo, ma ha una doppia morale come i vecchi capi Pci".

 




ISIS, IL MONITO DEL PRESIDENTE MATTARELLA: RESTA POCO TEMPO PER CONTRASTARE I NEMICI DELLA CIVILTA'

Redazione

"Non abbiamo molto tempo" per contrastare la minaccia del terrorismo. Lo ha detto alla Cnn il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Quello di ieri a Tunisi, ha spiegato il presidente della Repubblica, è stato "un attacco alla democrazia e alla cultura", quanto è accaduto è stato "doloroso" e "allarmante". In una nota Mattarella si è rivolto ai familiari delle vittime torinesi esprimendo il proprio cordoglio.
Nella lunga intervista rilasciata all'emittente americana il presidente della Repubblica ha spaziato su molti argomenti ma inevitabilmente i fatti di Tunisi e il pericolo terrorismo hanno preso il sopravvento. "Il terrorismo fondamentalista ha colpito gli Stati Uniti l'11 settembre e in tante altre occasioni. Ha colpito molti paesi dell'Europa, sta devastando la Siria, colpisce in tante altre aree del pianeta – spiega -. Non è un caso che a Tunisi sono stati aggrediti il Parlamento e un museo, cioè la democrazia e la cultura".

"E' allarmante la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e in alcuni paesi del Centro Africa – continua il Capo dello Stato -. L'Isis si sta diffondendo in Libia e c'è il rischio che ciò trasformi il Paese in una base per l'attività terroristica in Europa". Parlando sempre della situazione libica Mattarella ha sottolineato come "il caos nel Paese favorisce il traffico di essere umani che espone uomini, donne e bambini a enormi rischi in cambio "di enormi somme di denaro".

Il tema del terrorismo è strettamente connesso con quello dell'immigrazione, ma Mattarella invita l'Europa a essere all'altezza "della sua storia e delle sue responsabilità". "La verità – dice – è che chi arriva in Europa fugge da guerre e carestie e vede nell'Ue come un luogo di democrazia e libertà. La prima esigenza è salvarli ma occorre anche accoglierli". Il presidente della Repubblica non esclude un ripristino di Mare Nostrum. "Lo decideranno il governo e il Parlamento – afferma – ma quello che posso dire è che per noi è un orgoglio. Ha salvato tante vite umane e non era un'operazione che incentivava l'arrivo dei naufraghi, aumentato del "60%, da quando è tata istituita Triton".

Mattarella ha affrontato anche il tema della crisi economica. "La situazione comincia a mostrare segni di miglioramento – ha detto – ma è ancora molto difficile, in particolare per la disoccupazione giovanile". .

"Non ne ho mai parlato. Lui era sulla sua auto, stava andando a messa con sua moglie e i suoi figli. Si è avvicinato un killer che lo ha colpito. Io sono stato subito chiamato da uno dei miei nipoti, sono sceso immediatamente in strada e l'ho portato al pronto soccorso. Ma era già morto. E' un ricordo per me molto doloroso". Così Mattarella ha raccontato, visibilmente commosso, i momenti dell'assassinio del fratello Piersanti, ucciso nel 1980 dalla mafia. In merito al pericolo mafioso il presidente della Repubblica ha detto di essere "sempre stato convinto che quello della lotta alla mafia sia un tema centrale, decisivo. La coscienza civile è molto cresciuta in Italia e in Sicilia".

"In queste ore di lutto e di angoscia desidero farvi pervenire, attraverso il vostro sindaco Piero Fassino, tutta la mia solidarietà umana e politica per il vostro dolore. Un gesto di odio cieco e disumano ha provocato la morte assurda e brutale di vostri concittadini". Lo scrive il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

 




Un giorno da… Lupi

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di Silvio Rossi

 

La vicenda Lupi, il ministro dei Lavori Pubblici coinvolto (anche se non indagato formalmente) nella vicenda che ha portato l’arresto di Ercole Incalza, è un passo fondamentale per misurare la tenuta dell’alleanza tra il Partito Democratico e il Nuovo Centro Destra.

Se inizialmente il ministro ha incassato la fiducia incontrastata dei suoi colleghi di partito, dal vicepremier Alfano, a Maurizio Sacconi, ex capogruppo di AP (il gruppo parlamentare formato dai deputati di NCD e UDC), molti esponenti del Nazareno hanno dimostrato freddezza, se non un’aperta contrarietà all’opportunità che Lupi resti al suo posto.

Il Primo Ministro, contravvenendo alla sua normale loquacità, ha osservato un prudente silenzio, per evitare che, qualunque fosse stata la sua presa di posizione, potesse essere utilizzata per attacchi contro il governo. In questi giorni, l’ex rottamatore, sta studiando per diventare tessitore, provando a convincere chi ha sbagliato a fare autonomamente un “passo indietro”, per evitare di mettere in difficoltà il governo. Certamente Renzi vuole evitare di giungere al voto di un’eventuale mozione di sfiducia personale, eventualità in cui le opposizioni al completo, e una buona percentuale dei parlamentari del suo partito, potrebbero votare a favore delle dimissioni. Né vuole, o forse si può permettere, di chiedere la “testa” di Lupi, perché con un atto forzato di tale impatto, la rottura della coalizione di governo diventerebbe immediata.

Da parte del Partito Democratico, sono stati diversi, e trasversalmente rispetto alle correnti interne, le richieste di dimissioni, dal vicepresidente della camera Giacchetti, renziano, al suo principale concorrente delle primarie, Gianni Cuperlo. Più passano le ore, più la posizione di Lupi va in direzione di una sua rinuncia “spintanea” alla carica di ministro.

In silenzio, senza aver twittato nulla, senza aver lasciato dichiarazioni alle numerose trasmissioni che ormai lo vedono quasi ospite fisso, il primo ministro ha tenuto il punto, ha convocato un incontro a tre, con Lupi e col vicepremier Alfano, e ha “fatto capire” come le dimissioni siano un passo non rinunciabile. Un incontro a tre, perché prima dell’accordo col dimissionario, Renzi doveva avere l’avallo del suo braccio destro, accordo necessario per evitare scombussolamenti al governo.

E l’incontro ha sortito effetto, in serata Lupi ha annunciato le sue dimissioni, che verranno formalizzate oggi, dopo l’informativa alla Camera, prevista alle 11:00.

Le dimissioni del ministro risolvono un problema a Renzi. Se nel novembre 2013, in piena campagna per le primarie dichiarò «La Cancellieri lasci anche senza avviso di garanzia. È un problema politico, non giudiziario. È stata minata l’autorevolezza istituzionale», oggi non avrebbe potuto far finta di nulla davanti a quanto sta emergendo dall’inchiesta sulle grandi opere.

Con le critiche dure delle opposizioni, i messaggi mandati dagli esponenti della maggioranza, le richieste di Renzi, il ministro si è trovato in aula come una preda circondata da un branco di famelici…. Lupi.




SIAE: FILIPPO SUGAR NOMINATO NUOVO PRESIDENTE

Redazione

Il Consiglio di Sorveglianza della Siae, presieduto dal Maestro Franco Micalizzi, ha designato Filippo Sugar quale Presidente del Consiglio di Gestione della Società. Sugar, 43 anni, è il più giovane Presidente nella storia della Siae. La nomina, come previsto dalla legge, dovrà essere formalizzata con un decreto del Presidente della Repubblica. Il Consiglio di Sorveglianza ha altresì proceduto alla cooptazione di Toni Biocca in sostituzione di Andrea Purgatori, nominato di recente membro del Consiglio di Gestione.

“I prossimi due anni saranno cruciali per rendere la Siae sempre più leader anche rispetto alle altre società di gestione collettiva europee – dichiara Filippo Sugar – Dobbiamo consolidare il cammino avviato che, attraverso la trasformazione digitale, porti ad una maggiore qualità nel rapporto tra Siae e i suoi associati e tra Siae e tutti coloro che ne utilizzano il repertorio, puntando tutto sulla qualità del servizio. In Italia e in Europa, la Società si impegnerà ancora di più per tutelare la cultura e i suoi autori: se gli Stati Uniti sono leader nella tecnologia, l’Asia nella manifattura della tecnologia americana, noi europei siamo leader nella creazione dei contenuti. Questa non è solo un'opportunità per Siae, ma per tutta l’economia del nostro Paese e dell’Europa” – conclude Sugar.




MAURIZIO LUPI SI DIMETTE

Redazione

E' così. Dopo una prima resistenza, il ministro Lupi ha deciso di abbandonare la poltrona. Nonostante la resistenza di Angelino, ha vinto il silenzio di Renzi. Il caso Grandi Opere costringe Maurizio Lupi alle dimissioni. Domani alle 11 il ministro delle infrastrutture riferira' in Parlamento, in via ufficiale, ed altrettanto in via ufficiale dara' la notizia del suo abbandono. Oggi pomeriggio l'annuncio di fronte alle tribune televisive, impersonificate da Bruno Vespa e dal suo salotto di Porta e Porta. Anche Renzi e' stato preavvertito, come lo stesso Sergio Mattarella. Pressioni da parte del premier che lo hanno portato alla decisione dell'abbandno? Lui smentisce, recisamente. Riferisce addirittura le parole usate da Renzi: "Non posso chiederti le dimissioni. Non te le ho mai chieste perche' e' una decisione tua e perche' non posso". A chiedere qualcosa, invece, e' lo stesso ministro. Vale a dire: lasciate in pace, ora, la mia famiglia. Che la storia stesse per giungere all'epilogo lo si era capito a meta' giornata, nel corso della riunione a Montecitorio dei capigruppo.

Un confronto nel corso del quale e' la maggioranza, con il Pd in testa, a premere affinche' l'informativa andasse fatta nonostante i dubbi delle opposizioni. Ora si ragiona sul sostituto. Il primo nome a circolare e' quello di Raffaele Cantone, presidente dell'Autorita' Nazionale nti Corruzione da un anno. Renzi ha mostrato di apprezzare il lavoro del magistrato anti camorra, tanto da farne la 'vetrina' dell'impegno del governo contro la corruzione. Sarebbe un segnale di grande determinazione, da parte dell'esecutivo, a fare pulizia nei gangli dell'amministrazione pubblica. E, tuttavia, Renzi difficilmente si privera' del suo apporto all'Anac a meno di un anno dall'insediamento. L'altro nome emerso per il dopo Lupi e' quello di Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica, gia' 'candidato' a occupare quella casella nel governo Renzi, ma superato all'ultimo momento proprio dall'esponente di Cl.

Moretti ha dato prova in Ferrovie dello Stato e, ora, in Finmeccanica di sapere fare 'pulizia' all'interno delle realta' che e' andato a dirigere, accompagnando sempre il rinnovamento a una importante opera di spending review. A rendere pero' complicato l'arrivo di Moretti al ministero di Porta Pia c'e' il procedimento in corso sul disastro ferroviario di Viareggio, avvenuto quando Moretti era ancora amministratore delegato di FS. Difficile, spiegano comunque fonti parlamentari, credere "che Ncd 'sacrifichi' un ministro, che non risulta nemmeno indagato, senza avere una contropartita". E' per questa ragione che le stesse fonti invitano ad "allargare lo sguardo" su altre caselle rimaste scoperte nel governo. Quella degli Affari Regionali, rimasta vuota dopo le dimissioni di Lanzetta e 'arricchita' dalla delega per il Sud. Un incarico che potrebbe essere affidato a Gaetano Quagliariello, cosi' da ripristinare gli equilibri politici dentro l'esecutivo. Si tratta solo di ipotesi, per il momento, di un primo ventaglio di nomi sui quali e' aperta una riflessione in Parlamento e tra le forze di governo. Una discussione che potrebbe avere anche tempi lunghi, almeno fino alle regionali, con Matteo Renzi a mantenere l'interim alle Infrastrutture.




CORPO FORESTALE DELLO STATO A RISCHIO RENZI

Redazione
"Con la scusa di risparmiare sui costi, il Governo Renzi sta pensando di eliminare il Corpo Forestale dello Stato e la commissione Affari Costituzionali del Senato ha già dato in questi giorni il suo parere positivo alla riorganizzazione del Corpo ed al suo assorbimento nelle altre forze di polizia.

Annettere lo storico Corpo Forestale in altri Corpi ci risulta una scelta incomprensibile quanto scellerata –dichiara in una nota Piergiorgio Benvenuti,  Presidente del Movimento Ecologista Ecoitaliasolidale – per la specializzazione che nel tempo è stata acquisita dai componenti del Corpo che secondo noi debbono rimanere a difesa dell’ambiente e del territorio. Sarebbe veramente un favoloso regalo alle Ecomafie che il nostro paese non si può permettere”.

"Uno storico Corpo che trae le sue origini nelle “Regie patenti” di Carlo Felice di Savoia che il 15 ottobre del 1822 costituì l’Amministrazione forestale per la custodia e la tutela dei boschi, per poi proseguire e giungere alla trasformazione il 12 marzo del 1948, con il D. Lgs. n. 804, in  Corpo forestale dello Stato.  Al Corpo furono affidati compiti di salvaguardare il patrimonio boschivo nazionale, di proseguire l’opera di sistemazione dei versanti e di vigilare sulle buone pratiche selvicolturali, con risultati straordinari soprattutto nel contrasto alla criminalità organizzata ambientale”.
“Purtroppo nel nostro Paese  -prosegue Benvenuti- a parole le forze politiche ed i singoli esponenti si dichiarano a favore dell’ambiente, della difesa del territorio, del patrimonio naturale e paesaggistico, per la difesa del suolo dal dissesto idrogeologico, ma nei fatti poi vi sono provvedimenti incomprensibili come quello che si vorrebbe realizzare ora dal Governo Renzi".

“Giù le mani, quindi dal Corpo Forestale, orgoglio di tanti,  ed anzi proprio per il fondamentale ruolo che sta svolgendo soprattutto per contrastare la criminalità organizzata che sta mettendo a rischio il nostro territorio –prosegue Benvenuti- chiediamo alle forze politiche, tutte, di ripensare tale provvedimento e di dare ulteriori competenze e risorse alla Forestale proprio in difesa del suolo Italiano”.
 




LA STRATEGIA DI LUPI

di Maurizio Costa

Maurizio Lupi non è indagato nell'inchiesta delle 'Grandi Opere'. Questo dato di fatto non elimina il problema della sua carica: ministro delle Infrastrutture, proprio quel settore coinvolto nei milioni di euro di mazzette pagati per affidare la Tav o la metropolitana di Roma e Milano ai soliti noti. Il problema è che i rapporti clientelari non terminavano nel cantiere dove venivano posati mattoni macchiati dalla corruzione, ma si svolgevano anche nei salotti e durante le sedute di laurea del figlio di Lupi, che avrebbe ricevuto orologi e abiti perché il papà Maurizio, successivamente, avrebbe permesso magari un comportamento non idoneo a Incalza e soci. Questi ultimi, tra l'altro, avrebbero partecipato al discorso del Papa contro la corruzione che dilania l'Italia. Lupi avrebbe detto "non dipende da me". Fino ad ora no, ma un figlio di un ministro che guarda caso va a lavorare presso il super-dirigente del ministero delle Infrastrutture fa storcere il naso. Lupi, in una telefonata a Incalza, avrebbe detto "devi venirti a trovare mio figlio", appena laureato con 110 e lode al Politecnico di Milano. Bisogna andarci cauti con le accuse giudiziarie, ma una telefonata è un dato di fatto, una registrazione non modificabile da nessuno. Maurizio Lupi si è fatto forse prendere la mano e ha provato a piazzare il figlio che avrebbe percepito uno stipendio neanche così alto. Un ministro dovrebbe capire di aver sbagliato, solamente perché il figlio lavorava per un indagato. Preso atto di questo, dovrebbe anche liberare quella poltrona così calda, madre di tutte le corruzioni del ministero. Un ministro 'quadrato', infine, dovrebbe anche dimettersi solamente perché il suo nome è apparso nelle intercettazioni. Oggi è il giorno della decisione e probabilmente Lupi sta perdendo anche l'appoggio di Renzi e Alfano, che hanno paura di far perdere di credibilità tutto il governo. Chi amministra uno stato deve essere un esempio per tutti, anche nei momenti problematici. Il giuramento fatto al momento dell'insediamento sulla Costituzione Italiana vale molto in una carriera politica. Un passo indietro darebbe l'esempio.




MORTE ALESSANDRO NASTA, COMELLINI: "PINOTTI DOVREBBE RIMUOVERE I VERTICI DELLA MARINA E POI RASSEGNARE LE DIMISSIONI"

Redazione

“Il Ministro della difesa Roberta Pinotti, della cui serietà e coerenza non ho motivo di dubitare, dovrebbe rimuovere precauzionalmente, come avviene normalmente per i sottufficiali, l'ammiraglio De Giorgi e gli altri alti ufficiali della Marina militare su cui pende la richiesta di rinvio a giudizio per i reati di “cooperazione nel delitto colposo e omicidio colposo” formulata nei giorni scorsi dal Pubblico Ministero della Procura di Civitavecchia, Dr. Gianfranco Amendola, anche perché, come si legge chiaramente negli atti del procedimento penale, le parole "per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, ed in particolare per il mancato rispetto della normativa di settore sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro" pesano come macigni e non possono essere ignorate, come non può essere ignorato il fatto che nella richiesta di rinvio a giudizio lo stesso PM definisce i fatti “aggravati dalla evidente possibilità di previsione del pericolo della fattispecie connessa all'attività su alberi e più in generale in quota e dall'aver agito in violazione dei doveri d'ufficio propri dei rispettivi ruoli rivestiti nell'ambito dell'amministrazione militare”. La Ministra Pinotti per serietà e coerenza rimuova immediatamente questi ufficiali dai loro rispettivi incarichi e poi rassegni le dimissioni. Lo deve alla memoria di Alessandro Nasta, Vittima del Dovere del Servizio e dello Stato."

Lo chiede Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) a seguito della notizia della richiesta di rinvio a giudizio dei vertici della Marina militare e dell'ex Capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Binelli Mantelli, per la tragica morte del sottocapo Alessandro Nasta, avvenuta lo scorso 24 maggio 2012.

 




MORTE ALESSANDRO NASTA, PDM: "MINISTRO PINOTTI RIMUOVA I VERTICI DELLA MARINA MILITARE E SI DIMETTA"

LEGGI ANCHE: MORTE ALESSANDRO NASTA: RICHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER I VERTICI DELLA DIFESA

 

Redazione

Caso Alessandro Nasta – Sul caso della morte di Alessandro Nasta – per il quale la Procura della Repubblica di Civitavecchia ha chiesto il rinvio a Giudizio nei confronti dell'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina (quando avvenne l'incidente era Comandante in Capo della Squadra Navale); dell'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già Capo di Stato Maggiore della Difesa (quando avvenne l'incidente era il Capo di Stato Maggiore della Marina); dell'ammiraglio Bruno Branciforte, già Capo di Stato Maggiore della Marina; del Capitano di Fregata, Domenico La Faia, in qualità di comandante della nave scuola Amerigo Vespucci; del Capitano di Fregata Marco Grassi, in qualità di comandante in seconda della Vespucci – interviene il segretario, Luca Marco Comellini, del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm).

“Il Ministro della difesa Roberta Pinotti, della cui serietà e coerenza non ho motivo di dubitare, dovrebbe rimuovere precauzionalmente, come avviene normalmente per i sottufficiali, l'ammiraglio De Giorgi e gli altri alti ufficiali della Marina militare su cui pende la richiesta di rinvio a giudizio per i reati di “cooperazione nel delitto colposo e omicidio colposo” formulata nei giorni scorsi dal Pubblico Ministero della Procura di Civitavecchia, Dr. Gianfranco Amendola, anche perché, come si legge chiaramente negli atti del procedimento penale, le parole "per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia, ed in particolare per il mancato rispetto della normativa di settore sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro" pesano come macigni e non possono essere ignorate, come non può essere ignorato il fatto che nella richiesta di rinvio a giudizio lo stesso PM definisce i fatti “aggravati dalla evidente possibilità di previsione del pericolo della fattispecie connessa all'attività su alberi e più in generale in quota e dall'aver agito in violazione dei doveri d'ufficio propri dei rispettivi ruoli rivestiti nell'ambito dell'amministrazione militare”.

La Ministra Pinotti per serietà e coerenza rimuova immediatamente questi ufficiali dai loro rispettivi incarichi e poi rassegni le dimissioni. Lo deve alla memoria di Alessandro Nasta, Vittima del Dovere del Servizio e dello Stato." Lo chiede Luca Marco Comellini, Segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia (Pdm) a seguito della notizia della richiesta di rinvio a giudizio dei vertici della Marina militare e dell'ex Capo di stato maggiore della Difesa, ammiraglio Binelli Mantelli, per la tragica morte del sottocapo Alessandro Nasta, avvenuta lo scorso 24 maggio 2012.

 




PARMA CALCIO: GIAMPIETRO MANENTI ALLA SBARRA

Redazione

Arrestato per reimpiego di capitali illeciti il patron del Parma Calcio Giampietro Manenti, con lui arrestate altre 21 persone. L'operazione è stata svolta dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma e tra i reati contestati ci sono peculato e autoriciclaggio con l'aggravante del metodo mafioso. Oltre agli arresti, sono in corso una sessantina di perquisizioni in varie città italiane.

45 anni, di Limbiate, in Brianza, titolare della MapiGroup, piccola azienda di servizi e consulenze con sede a Nova Gorica, in Slovenia, Giampietro Manenti ha rilevato dalla Dastraso Holdings le quote della società Parma FC a febbraio (per l’esattezza il 66,5% di Eventi Sportivi, la società che controlla la squadra, pare per 1 euro) e ne è diventato presidente e amministratore unico. La sua “mission impossible”, almeno fino all'arresto di questa mattina da parte della Guardia di Finanza che lo accusano di autoriciclaggio, è stata quella di evitare il fallimento della squadra di calcio e “difenderla” dalle tre istanze presentate in Prefettura con questo obiettivo da giocatori e fornitori. Evitando anche un vero e proprio terremoto per la Serie A.
In passato anche allenatore (dell'As Molino, società brianzola di terza categoria) e giocatore delle giovanili del Milan (4 partite a 14 anni, in carriera anche un passaggio nei juniores dell'Avellino e della Salernitana, senza mai giocare; poi un infortunio che ne ha fermato la carriera), cresciuto a Senago, Manenti si è trasferito a Limbiate intorno ai 18 anni, e per nove anni a Montecatini Terme, per poi tornare a Limbiate. Nel suo curriculum scolastico un diploma alla scuola agraria di Limbiate e l'università a Milano, esperienza conclusa a tre esami dalla laurea. Tre figli, tre matrimoni, Manenti ha oggi una compagna polacca.Da registrare nel 2014 il tentativo di acquisizione della squadra delBrescia, non andato a buon fine.
 




MORTE ALESSANDRO NASTA: RICHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO PER I VERTICI DELLA DIFESA

LEGGI ANCHE: ALESSANDRO NASTA: NON DIMENTICHIAMO LE MORTI BIANCHE

 

di Chiara Rai

Bufera nella Marina Militare: C'è una richiesta di rinvio a giudizio per i vertici della Difesa sul caso della morte di Alessandro Nasta, Sottocapo Nocchiere di 3ª classe della Marina militare che ha perso la vita il 24 maggio 2012 sulla nave Amerigo Vespucci precipitando dall'albero di maestra, il più alto. Aveva solo 29 anni e cadde da una altezza di circa 15 metri urtando la testa sul ponte di coperta. Sui fatti indaga la Procura della Repubblica di Civitavecchia. La richiesta di rinvio a giudizio è stata formulata nei confronti: dell'ammiraglio Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina (quando avvenne l'incidente era Comandante in Capo della Squadra Navale); dell'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, già Capo di Stato Maggiore della Difesa (quando avvenne l'incidente era il Capo di Stato Maggiore della Marina); dell'ammiraglio Bruno Branciforte, già Capo di Stato Maggiore della Marina; del Capitano di Fregata, Domenico La Faia, in qualità di comandante della nave scuola Amerigo Vespucci; del Capitano di Fregata Marco Grassi, in qualità di comandante in seconda della Vespucci.

Con piacere pubblichiamo una lettera scritta dalla madre di Alessandro, Marisa Toraldo:

"Sono trascorsi quasi tre anni da quel maledetto giorno, precisamente il 24 maggio 2012, ma oggi come allora, preso atto della richiesta di rinvio a giudizio, la mia unica ragione di vita è conoscere tutta la verità sulla morte di mio figlio Alessandro.

Alessandro, sottocapo nocchiere della marina militare, aveva solamente 29 anni e non è morto per un malore ma perchè, comandato ad effettuare lavori in quota, è precipitato schiantandosi sul ponte di coperta della nave Amerigo Vespucci.

Le cause reali della sua tragica morte, che hanno sconvolto la mia esistenza di madre e quella di tutta la famiglia, sin da subito sono apparse a tutti noi non chiare; le riflessioni immediate sul tragico incidente ci hanno portato a chiedere spiegazioni capaci di derimere i legittimi dubbi che qualsiasi madre, al mio posto, avrebbe palesato.

Nell'immediato, seppur nella totale disperazione, ho cercato di comprendere la dinamica dell'incidente con la speranza di capire come fossero andati i fatti e quali fossero le circostanze nelle quali il tutto si fosse verificato.

Mi sono rivolta sin da subito ai vertici della Marina Militare e, stretta nel mio dolore di madre, ho cercato di sforzarmi di capire ciò che, di volta in volta, mi veniva raccontato in merito alle circostanze nelle quali era occorsa la tragica morte di mio figlio.

Inizialmete ho avuto come l'impressione di non essere nelle condizioni di riuscire a capire, ma più passava il tempo e più mi rendevo conto di non aver avuto alcuna risposta alla più naturale, più spontanea e significativa domanda che avevo sempre posto: <>

Malgrado il mio profondo dolore mi sono sempre sforzata di decifrare tutte quelle risposte vaghe, quelle mancate giustificazioni plausibili sulla morte di Alessandro, morte che sin da subito, avendo visitato il luogo nel quale si era verificata, mi era apparsa drammaticamente prevedibile.

La nave scuola Amerigo Vespucci, orgoglio rappresentativo della nostra marineria italiana, segue da anni una tradizione velica portata avanti con grande impegno dal personale a cui vine richiesto di operare in condizioni ad altissimo rischio; le altezze elevate alle quali vengono effettuate le manovre dovrebbero necessariamente imporre un rigoroso e perentorio rispetto, da parte della marina, della complessa ed esaustiva normativa di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Il rischio lavorativo, reso palese dalle straordinarie altezze a cui sono chiamati ad operare i nocchieri di nave Vespucci, avrebbe dovuto portare i vertici della marina militare ad imporre il perentorio rispetto della normativa al fine di tutelare la vita stessa dei marinai con idonei dispositivi anticaduta.

Perseguire la tradizione marinaresca, trascurando l'adeguamento delle proprie strutture di sicurezza e concentrandosi unicamente sul rinnovamento degli apparati tecnologici di navigazione del veliero, senza una adeguata valutazione del rischio per chi opera su quelle altezze, è inammissibile!

Non esiste tradizione degna di essere commemorata senza il rispetto delle fondamentali norme di sicurezza previste dal nostro ordinamento giuridico. Anni di attività del Vespucci senza infortuni mortali non potevano portare i vertici della marina militare a sottovalutare un tale rischio, non potevano escludere che il tutto si potesse verificare in una frazione di secondo, quella maledetta frazione di secondo che, priva di tutele, è costata la vita a mio figlio Alessandro.

I rischi palesi, ancor più quelli noti e legiferati come quello delle cadute dall'alto, si valutano a prescindere, senza rimanere in attesa di un adeguamento alla normativa di settore dopo che si è registrata la prima vittima.

Anche all'interno della Marina Militare esistono professionisti specializzati nel settore della sicurezza dei luoghi di lavoro e ciò che ancora oggi mi domando è come mai, malgrado fosse in vigore e recepito già da diverso tempo il Testo unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, lo stesso non sia valso per tutelare la vita di mio figlio.

Tra le diverse e assurde giustificazioni che, mio malgrado, finora ho dovuto ascoltare c'e' stata l'ipotesi di un generico malore…

Da madre allora mi domando: basta un generico malore per morire su nave Vespucci? Un malore anche transitorio può mai giustificare l'assenza di una fune di arresto caduta?

Mio figlio Alessandro ci credeva con passione nel suo lavoro, che svolgeva con grande impegno e professionalità; pensava di essere al sicuro nelle mani di una Istituzione e mai avrebbe immaginato che avrebbe perso la vita sul veliero più prestigioso al mondo, perchè sprovvisto dei più basilari ed elementari mezzi di protezione capaci di evitargli lo schianto sul ponte.

I militari sono lavoratori, sono dei grandi lavoratori e in quanto tali dovrebbero vedere riconosciuti tutti i diritti e tutte le tutele da parte dello Stato: questo deve essere rimarcato e sottolineato a grandi lettere.

Mi auguro che la morte di Alessandro possa essere motivo di riflessione per tutti e che la sicurezza sul lavoro, ed in particolar modo nei lavori in quota, possa diventare una delle priorità perseguite dai vertici della marina militare per la tutela del proprio personale.

La marina militare puo' fare tanto per onorare la morte di mio figlio Alessandro, in primis riflettere su quanto accaduto per valutare i punti critici sui quali intervenire, sino ad ammettere le proprie mancanze al fine di porvi rimedio.

Solo perseguendo la tutela della salute si sarà fatto tanto per far sì che i principi fondamentali come quello della “sicurezza” siano finalmente oggetto di formazione specifica e di condivisione.

La sicurezza è e deve diventare, la migliore delle “tradizioni” della marina militare.

Alessandro oggi non c'è più, ma sarebbe sicuramente felice di sapere che i suoi amati colleghi, possano contare sulla presenza di funi e dispositivi di protezione individuale capaci di valorizzare nel migliore dei modi, i marinai per antonomasia, i nocchieri come Alessandro.

Confido nel grande lavoro della Magistratura, sono una madre italiana che crede nello Stato e che chiede semplicemente giustizia con l'individuazione dei responsabili della morte di mio figlio".