Quando elezioni e turismo non vanno d’accordo: preoccupazione della Fiavet su ipotesi consultazioni a luglio

Il Presidente della Fiavet (Federazione Italiana Agenzie Viaggi) Lazio, Ernesto Mazzi, interviene nel dibattito in merito all’ipotesi di una tornata elettorale a luglio, esprimendo forte preoccupazione.
”Non entro ovviamente nel merito di una tale scelta, né certamente la mia vuole essere una presa di posizione politica – afferma Ernesto Mazzi – ma credo sia doveroso sottolineare quanto la possibilità di andare a votare nel mese di luglio penalizzerebbe ulteriormente la situazione già estremamente critica delle Imprese di Viaggi e turismo”.

Mazzi: “Il fine settimana del 22 è strategico per le partenze, già possiamo ipotizzare il danno provocato al settore outgoing”

“Saranno molti quelli che, impegnati nella macchina organizzativa o giustamente per poter esercitare il proprio diritto di voto, dovranno rinviare le loro vacanze”. “Pur comprendendo questa fase di enorme difficoltà e la gravità di una tale decisione – conclude Mazzi – ci auguriamo però che i nostri rappresentanti politici possano comprendere e condividere il nostro appello e non farci perdere fette di traffico in un momento così pesante e critico per tutto il settore turistico”. Da circa 12.000 del periodo pre-crisi, le agenzie di viaggi e turismo in Italia sono calate a circa 8000 e c’è chi ipotizza scenderanno a ca. 6000 entro il 2020, un ridimensionamento che potrebbe essere ulteriormente aggravato da eventi che possono frenare o disincentivare una ripresa del settore.
Votare nel pieno dell’estate e con la stessa legge elettorale vigente, che potrebbe far ripetere lo stallo in corso, non sembra proprio di buon auspicio per le aspettative degli operatori turistici.




PentaLega, nascita dì un governo asfittico: tra neo eletti che “tengono famiglia” e i galli d’Europa

Calato il sipario sulla pantomima Berlusconi no, Di Maio premier si. Calate le braghe di Silvio fin sotto le caviglie non si fa più caso dei “passi a lato” e di quelli all’indietro. Scene già viste nel recente passato. E’ capitato a D’Alema, quando Giuliano Pisapia gli aveva chiesto di fare un passo di lato per ricostruire il centrosinistra, che aveva risposto: ”C’é chi mi chiede un passo in avanti, chi uno indietro, e c’é chi mi chiede un passo di lato. Sembra di essere alla scuola di tango”.

Stavolta tocca ad altri ballare il tango

Tante parole al vento, frasi in libertà, un festival dei neologismi. Governo di servizi oppure di tregua oppure di benevolenza oppure del presidente.
Berlusconi dà l’ok a un governo Lega-M5S ma non darebbe la fiducia, un vero rebus, un nonsenso comprensibile solo da pochi intelligenti. Tante sciatterie, improvvisazioni e manifesta incoerenza che fa arrossire la dea ragione. Questo governo, qualora dovesse vedere la luce sarebbe sempre un aborto, in parte procurato ed in parte spontaneo. L’unione tra Lega e M5S è artificioso e non può essere feconda. Il seme del movimento grillino non potrà mai fecondare il sogno del Carroccio. Per dirne una: stipendio di cittadinanza e flat tax sono inconciliabili, uno è lo zenit e l’altro il nadir.

E’ riemerso lo stratagemma del 1974

E’ tornato lo spauracchio psicologico. Lo spread, il Pil, i consumi, la disoccupazione, l’Istat e l’Eurostat, situazioni molto familiari alla gente, che li vive quotidianamente. S’affacciano in scena anche loro, i galli dell’Europa, cantando il vecchio ritornello del ’74 e Berlusconi ancora una volta viene costretto a fare un passo indietro. C’è sempre un Giorgio Napolitano nella presidenza della Repubblica e Sergio Mattarella con tanta diplomazia, correttezza costituzionale e impiegando il potere di persuasione che è proprio del presidente, convince Silvio a compiere il passo indietro, così guadagnando una manciata di giorni, quei tanti che bastano per fare scadere i termini regolari per nuove votazioni a luglio.

Oramai se ne riparlerà tra ottobre e dicembre prossimi

Tutti gli eletti il 4 marzo tengono famiglia e sarebbe molto ingenuo pretendere che questi mollino “la poltrona certa” rinunciando a quello che rappresenta, cioè: un’indennità lorda mensile di 11.703 euro, più una diaria di 3.503,11 e un rimborso per spese di mandato di 3.690 euro per non contare 1.200 euro annui di rimborsi telefonici e un rimborso che va da 3.323,70 fino a 3.995,10 euro ogni tre mesi per i trasporti.

Che hanno scritto in faccia questi signori: giocondi a rinunciare?

Poi c’è l’Europa, i mercati, la Merkel, Macron, la vecchia politica che come un fiume carsico lavora sotto suolo. La paura anche per i politici fa novanta perché sono consapevoli che richiamare gli elettori alle urne a poca distanza dalle ultime elezioni abortite non è per niente igienico. Senza dubbio, al contrario dei pronostici, saranno penalizzati tutti i partiti tanto più che la gente sta imparando che il loro voto conta fino ad un certo punto, quanto il due di coppe quando regna spade nel gioco della briscola. Come volevasi dimostrare questo governo rabberciato s’ha da fare. Mattarella ce l’ha dato e noi ce lo dobbiamo tenere.

Emanuel Galea




Marsala, Ingrassia si dimette da vicepresidente della Commissione Territorio Ambiente. Slitta la votazione sul regolamento servizi sociali

 MARSALA – Avviati i lavori al secondo appello, la seduta del Consiglio comunale di Marsala tenutasi ieri ha avuto inizio con due comunicazioni del presidente Enzo Sturiano. Questi ha reso noto che la consigliera Luigia Ingrassia ha presentato le dimissioni da vicepresidente della Commissione Territorio Ambiente e che si è costituito un nuovo gruppo consiliare – denominato Gruppo Misto d’Opposizione – di cui fanno parte Linda Licari (capogruppo), Vito Cimiotta (vice), Daniele Nuccio e Pino Cordaro.

Presenti l’assessore Clara Ruggieri, il dirigente Giuseppe Fazio e il funzionario Giancarlo Sparla, la seduta è poi proseguita con diversi interventi. Luana Alagna (degrado in via A. Saffi e richiesta di adeguate misure di contrasto), Rosanna Genna (nessun controllo negli Uffici dei Servizi sociali, con personale non in grado di dare risposte urgenti, causando disagi e spese per gli utenti), Michele Gandolfo (il funzionario Sparla è isolato nel settore Servizi sociali, sul cui stato proporrà una Commissione d’Inchiesta; nel silenzio dell’Amministrazione si va verso la chiusura della Casa di Riposo), Letizia Arcara (non posso rispondere, quale presidente della Commissione Servizi sociali, della superficialità, incompetenza e incapacità di gestione dell’assessore preposto), Luigia Ingrassia (sui disagi della mancanza d’acqua, con telefoni dell’Acquedotto che non rispondono, autobotti insufficienti; situazione Palasport, i cui lavori – alla luce dei sopralluoghi fatti dalla competente Commissione – ritiene essere stati eseguiti in maniera non idonea), Daniele Nuccio (ricorda di avere sollevato da tempo lo stato dei Servizi sociali che va potenziato, anche se vanno distinte le responsabilità gestionali da quelle politiche), Pino Cordaro (su funzionalità palestra Digerbato e Palasport; Uffici sociali che non rispondono al telefono), Arturo Galfano (la promessa e mai realizzata videosorveglianza nella Chiesa di Santa Maria della Grotta).

Successivamente ha chiesto di parlare l’assessore Ruggieri che, in pratica, ha difeso dipendenti e operato degli Uffici dei Servizi sociali, invitando a non a fare illazioni ed eventualmente denunciare le irregolarità, ammettendo altresì che c’è molto arretrato visti i pochi assistenti sociali di ruolo. Sulla Casa di Riposo ha proposto un incontro in Aula con i responsabili. L’ultima comunicazione è stata quella del presidente Sturiano che ha richiamato l’attenzione sul sistema WiFi non funzionante in Biblioteca e sul fatto che sono stati concessi servizi e strutture comunali ad un’Impresa perché il sistema WiFi pubblico fosse assicurato ed, invece, così non è. Al termine, il consigliere Galfano ha proposto la trattazione del punto riguardante la “Applicazione della Legge Bacchelli al Maestro Giorgio Magnato”. Nel ricordare la figura dell’attore-regista marsalese, con un curriculum prestigioso per i successi artistici e letterari raggiunti in Italia e all’estero, il consigliere Galfano ha affermato che l’Amministrazione comunale ha già condiviso la procedura di chiedere il vitalizio nazionale per Magnato, concesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per dichiarazione di voto hanno parlato Ingrassia, Giuseppe Milazzo, Arcara e lo stesso Sturiano: tutti hanno elogiato l’illustre cittadino che ha tenuta alta l’immagine della città di Marsala, così come altri artisti marsalesi che – hanno detto – meriterebbero maggiore attenzione dall’Amministrazione comunale. Sulla proposta, approvata all’unanimità, ha dichiarato la propria condivisione anche l’assessore Ruggieri, complimentandosi con Galfano per l’iniziativa, affermando altresì il rigurado che si continua ad avere per gli artisti locali. Rinviato alla prossima seduta il punto sulle “Interrogazioni”, il presidente Sturiano ha affermato di non potere procedere alla trattazione del nuovo Regolamento sui Servizi sociali perché gli emendamenti presentati mancavano di pareri tecnici. Sospeso anche questa trattazione – con disappunto espresso dai consiglieri Genna, Arcara, F. Coppola e Licari – il consigliere Vinci ha proposto di aprire la discussione sulla sua mozione riguardante “Iniziative a tutela della Facoltà di Enologia”, cui il Libero Consorzio comunale di Trapani è intenzionato a non concedere ancora in uso gli occupati locali provinciali all’Istituto “Abele Damiani”. Dopo la relazione dello stesso Vinci, sono intervenuti i consiglieri Pino Milazzo (fare di tutto perché il Corso universitario resti a Marsala), Sinacori (non possiamo abdicare al nostro ruolo di polo eccellente sia agricolo che enologico), Ingrassia (un obbligo morale dell’Amministrazione fare il possibile perché la Facoltà continui a Marsala) e F. Coppola (cercare sede alternativa, anche provvisoria). Dopo la votazione e l’approvazione all’unanimità dell’atto, l’esortazione del consigliere Nuccio a riprendere il dialogo con il Libero Consorzio, anche per quanto riguarda la sede del Commerciale. Nel condividere quanto espresso in Aula sull’argomento, il presidente ha poi ricordato che domani ricorre il 75° Anniversario dell’11 Maggio 1943, invitando i consiglieri a partecipare alla cerimonia di Villa del Rosario. Subito dopo, ha chiuso la seduta, rinviando i lavori a Giovedì prossimo, 17 maggio (ore 16,30).




Governo PentaLega, Salvini e Di Maio accellerano i tempi

Luigi Di Maio e Matteo Salvini si sono incontrati questa mattina alla Camera dopo l’ok di ieri da parte dell’ex cavaliere alla formazione di un governo tra la Lega e il M5s. “Sulla composizione dell’esecutivo e sulla questione del premier sono stati fatti significativi passi in avanti nell’ottica di una costruttiva collaborazione tra le parti con l’obiettivo di definire tutto in tempi brevi per dare presto una risposta e un governo politico al Paese”, si legge nella nota congiunta di Matteo Salvini e Luigi Di Maio diffusa al termine dell’incontro di questa mattina alla Camera. Si terrà “già oggi pomeriggio la prima riunione con i responsabili tecnici dei diversi settori del MoVimento 5 stelle e della Lega”.

Entrambi vogliono tempi rapidi

Di Maio che non esclude il voto a luglio facendo intendere, quindi, che per la formazione del governo non dovrebbero servire più di dieci giorni visto che il 20 maggio si chiude la finestra per le urne il 22 luglio. ‘Se c’è accordo si parte altrimenti si vota. Molto semplice. Si è aspettato già tanto tempo’, sottolinea Salvini che aggiunge: ‘Come promesso, stiamo lavorando fino all’ultima ora per far nascere un governo fedele al voto degli italiani’. Intanto, una nota di Berlusconi annuncia che un governo M5s non è la fine dell’alleanza di centrodestra anche se Forza Italia non voterà la fiducia.

Sulla premiership al momento i giochi sono aperti

Resta l’opzione del nome terzo ma salgono le chance che a Palazzo Chigi ci vada proprio Salvini. “Per me sarebbe un onore guidare il Paese”, spiega in tarda serata il leader della Lega. La notizia del sostanziale ok di Silvio Berlusconi al governo giallo-verde arriva mentre Di Maio si appresta ad a andare a cena al ristorante “Coso”, nei pressi della Camera. Con lui ci sono alcuni membri dello staff del Movimento oltre che Stefano Buffagni, parlamentare tra i più vicini si vertici pentastellati, “Domani incontro Salvini parliamo prima di temi poi di nomi”, annuncia Di Maio dando una sorta di timing della formazione del governo: prima la stipulazione del contratto, poi il voto degli iscritti, quindi la certificazione dell’esecutivo. Servono ore, forse giorni, ma il clima a tavola è positivo, anche perché il fallimento dell’intesa metterebbe nei guai sia Di Maio che Salvini. Ma sull’intera operazione grava il nodo della premiership. L’opzione premier tecnico resta secondaria perché sia la Lega sia il M5S preferiscono una figura politica. E, in questo contesto, dal M5S arriva anche una prudente apertura a Salvini premier. Non sarà facile, perché Di Maio, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non sembra aver ancora rinunciato ad una soluzione che lo veda a Palazzo Chigi. E, anche per questo, resta attuale l’idea della staffetta, magari con Salvini come prima inquilino, in ordine cronologico, di Palazzo Chigi. Mentre, nel borsino notturno, sembra perdere perso l’idea di Giancarlo Giorgetti premier. I giochi restano apertissimi, con una condizione: se il M5S darà il suo placet a Salvini avrà, inevitabilmente, ministeri di peso. A cominciare da quelli economici, ai quali il Movimento punta da tempo.




Brescia, scoperte cellule jiadiste in Italia: 14 arresti

Sarebbero due cellule legate all’organizzazione qaedista siriana Jahbat Al Nusra quelle sgominate nell’operazione antiterrorismo di Polizia e Guardia di Finanza che ha portato all’arresto di diverse persone e ad una ventina di perquisizioni tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna.

Secondo quanto accertato dagli investigatori, le due cellule, che operavano in Sardegna e Lombardia, erano autonome ma avevano un punto di contatto: un soggetto che aveva rapporti con entrambi i gruppi. Il lavoro degli uomini delle Fiamme Gialle ha consentito di scoprire un’associazione a delinquere composta da 10 siriani e finalizzata al riciclaggio e all’abusiva attività di erogazione dei servizi di pagamento in diversi paesi. Per due di loro, inoltre, è scattata la contestazione di finanziamento al terrorismo.

Contestualmente agli arresti, gli uomini della Polizia e della Gdf stanno eseguendo una ventina di perquisizioni in tutta Italia. I dettagli dell’operazione saranno resi noti in una conferenza stampa nella sede della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo a Roma alle 11 alla presenza del procuratore Federico Cafiero de Raho, dei procuratori di Brescia e Cagliari e dei responsabili antiterrorismo di Polizia e Guardia di Finanza.

L’operazione è scattata al termine di due distinte indagini, coordinate dalla Procura nazionale: una condotta dagli uomini dello Scico e della Guardia di Finanza di Brescia, l’altra dal Servizio contrasto al terrorismo esterno dell’Antiterrorismo della Polizia. Il lavoro degli uomini delle Fiamme Gialle ha consentito di scoprire un’associazione a delinquere composta da 10 siriani e finalizzata al riciclaggio e all’abusiva attività di erogazione dei servizi di pagamento in diversi Paesi, europei e non: oltre all’Italia, la Svezia, l’Ungheria e la Turchia. Per due di loro, inoltre, è scattata la contestazione di finanziamento al terrorismo: avrebbero raccolto fondi all’interno delle comunità islamiche per poi inviarli in Siriaper il sostentamento dei gruppi terroristici. L’indagine della Polizia ha invece portato la Digos di Sassari all’individuazione di alcuni militanti siriani e marocchini che facevano parte dell’altra cellula di supporto a Jabhat al Nusra. Le accuse ipotizzate nei loro confronti sono associazione con finalità di terrorismo, finanziamento del terrorismo e intermediazione finanziaria abusiva.

Sarebbero due cellule legate all’organizzazione qaedista siriana Jahbat Al Nusra quelle sgominate nell’operazione antiterrorismo di Polizia e Guardia di Finanza che ha portato all’arresto di diverse persone e ad una ventina di perquisizioni tra Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Sardegna. Secondo quanto accertato dagli investigatori, le due cellule, che operavano in Sardegna e Lombardia, erano autonome ma avevano un punto di contatto: un soggetto che aveva rapporti con entrambi i gruppi.




oK a governo PentaLega, Berlusconi dice si ma non voterà la fiducia

L’attesa presa di posizione di Silvio Berlusconi arriva con una nota intorno alle 21. Forza Italia non porrà “veti o pregiudiziali” a un governo Cinquestelle-Lega, ma “certamente non potrà votare la fiducia”. Cade così, dopo 66 giorni, il principale ostacolo che si frappone alla nascita di un governo politico dalle trattative tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ai due leader il Quirinale ha concesso altro tempo, spostando a venerdì la presentazione del “governo neutrale” annunciato da Sergio Mattarella.

Il primo, inaspettato, cambio di scena arriva in mattinata, quando tra i due leader si incrociano espliciti segnali di apertura. “Ci provo fino all’ultimo” promette il segretario del Carroccio, poco prima che Luigi Di Maio pronunciasse parole di non belligeranza nei confronti di Silvio Berlusconi. Nessun “veto su Berlusconi; è una volontà di dialogare con la Lega. Punto”. Poi l’incontro, suggellato dalla richiesta congiunta di chiedere tempo al Quirinale prima che il Presidente affidi l’incarico al premier tecnico.

La lunga giornata di trattative – Matteo Salvini riunisce la sua truppa di parlamentari per metterli al corrente della trattativa riavviata, pur tra mille incognite: “Tenete in conto di poter disdire le vacanze, non si può escludere che si torni al voto”. Stessa linea che tiene il M5s. “Io non ho disdetto la campagna elettorale. Salvini mi ha chiesto altre 24 ore e insieme le abbiamo chieste al Colle”, mette in chiaro Di Maio. “Qualunque cosa accada l’alleanza del centrodestra non si romperà, è un prerequisito” precisa poi Salvini quando anche Forza Italia ha fatto il punto con la truppa di parlamentari che si rimettono alle decisioni di Berlusconi.

La nota di Berlusconi – Il via libera dal leader azzurro arriva in serata. Il governo Lega-M5S “non segna la fine dell’alleanza di centrodestra”, precisa Berlusconi. “Se un’altra forza politica della coalizione ritiene di assumersi la responsabilità di creare un governo con il M5s, prendiamo atto con rispetto della scelta. Non sta certo a noi porre veti o pregiudiziali” ma, aggiunge, “non potremo certamente votare la fiducia. Di più a noi non si può chiedere”.

Il nodo premiership – Il nodo resta ora quello della squadra e soprattutto della premiership. Il M5s ha in questa fase della trattativa più forza contrattuale, tanto che qualcuno ipotizza il rilancio di una candidatura alla premiership di Di Maio, che però smentisce e conferma la ricerca di un premier terzo. Salvini non sta a guardare e commenta: “Per me sarebbe un onore guidare il Paese”.

Giovedì nuovo incontro Di Maio-Salvini – Giovedì “ho intenzione di incontrare Matteo Salvini, iniziamo dai temi poi i nomi. La cosa importante è il contratto di governo, ci sono soluzioni che gli italiani aspettano da 30 anni”, dice a tarda serata Di Maio. “Mi fa piacere che abbia prevalso la responsabilità. E’ un momento importante”. Per Salvini “rimane da lavorare su programma, tempi, squadra e cose da fare. O si chiude veloce, o si vota”.




Vittime del terrorismo: fermo no ai terroristi in cattedra

ROMA – È stata una cerimonia da annoverare tra quelle destinate a ripetersi nel tempo: interessante ma soprattutto d’impatto perché, volenti o nolenti, è stato lanciato un messaggio forte e chiaro da parte delle istituzioni tutte: non esistono gli ex terroristi perché chi ha assassinato si porta questa macchia sanguinaria per sempre. Sono i familiari delle vittime, le istituzioni che hanno il sacrosanto diritto di ricordare le loro vittime cadute non gli autori dei loro assassinii che siedono in cattedra e scrivono libri. Questo la società civile che crede nella giustizia e nelle istituzioni lo respinge. La Memoria è un seme da coltivare anno dopo anno per concimare le generazioni future perché non si può guardare al futuro se alle spalle non c’è un passato solido. Si è tenuta in Questura la cerimonia di commemorazione del “Giorno della Memoria”, dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice organizzata dalla Polizia di Stato, dall’Associazione degli insigniti al Merito della Repubblica(ANCRI) e dalle Associazioni “Memoria” e “Europea Vittime del Terrorismo”

Erano presenti il Capo della Polizia prefetto Franco Gabrielli, del prefetto di Roma Paola Basilone, tantissimi dirigenti ed operatori della Polizia di Stato, e rappresentanti delle altre Forze di Polizia e della società civile.

Il discorso del Capo della Polizia Prefetto Franco Gabrielli

L’evento ha avuto inizio alle ore 12 per consentire anche la partecipazione di quei familiari delle vittime del terrorismo che, nella mattinata, erano stati invitati dal Presidente della Repubblica Sergio Matterella. Subito dopo la cerimonia al Quirinale, infatti, oltre 60 parenti delle vittime hanno raggiunto la vicina Questura, in via San Vitale.

Tra questi i familiari di Claudio Graziosi, Guardia di P.S., assassinato dai NAP a Roma nel 1977; Giuseppe Ciotta, brigadiere P.S. assassinato dalle Brigate combattenti a Torino nel 1977; Raffaele Iozzino, Guardia di P.S. assassinato dalle BR in via Fani nel 1978; Giulio Rivera,Guardia di P.S. assassinato in via Fani dalla BR nel 1978; Rosario Berardi, Maresciallo della P.S. assassinato dalle BR a Torino nel 1978; Lorenzo Cutugno, Agente di Custodia assassinato dalle B. R. a Torino nel 1978; Mariano Romiti, Maresciallo P.S. assassinato a Roma dalle BR nel 1979; Pierino Ollanu, Appuntato di P.S. assassinato dalle BR in piazza Nicosia nel 1979; Michele Granato, Appuntato di P.S. assassinato dalle BR a Roma nel 1979; Francesco Evangelista, Appuntato di P.S. assassinato dai NAR a Roma nel 1980; Mario Amato, magistrato, assassinato dai NAR a Roma nel 1980; Enrico Rizziero Galvaligi, Generale dei carabinieri, assassinato  a Roma 1980; Ciriaco Di Roma,Appuntato di P.S. assassinato dai NAR ad Acilia nel 1981; Sebastiano Vinci, vice Questore, assassinato a Roma dalle BR nel 1981; Luigi Carbone, Brigadiere della P.S. assassinato  dalle BR a Torre del Greco nel 1981; Antonio Galluzzo, Agente della P.S. assassinato a Roma dai NAR nel 1982; Franco Sammarco, Agente della P.S. assassinato dai NAR nel 1982; Rolando Lanari, Agente di P.S. assassinato in via Prati di Papa dalle BR nel 1987; Lucio Terminiello, impiegato di banca, assassinato da un esponente della destra extraparlamentare a Milano ; Pietro Scrofana, Commissario Capo, morto nel corso di una manifestazione in Piazzale Clodio; Emilio Perondi, docente Universitario, morto a Fiesole.

Nel corso della cerimonia ci sono stati vari momenti particolarmente toccanti dal punto di vista emotivo sia per i parenti delle vittime degli attentati terroristici che per gli uomini delle istituzioni che in quegli anni, hanno creduto nel loro lavoro battendosi con tenacia a rischio della propria vita e della sicurezza dei propri familiari.

I lavori, moderati dal prefetto Francesco Tagliente, sono stati aperti con la proiezione di un breve filmato dedicato alle vittime della Questura di Roma. Tra tutte le istituzioni impegnate nella lotta al terrorismo, la Questura di Roma è stata quella che in assoluto ha pagato di più anche in termini di vite umane. Ricordare quelle vittime in Questura – ha detto Tagliente – significa alimentare il senso dello Stato nel quale quei servitori dello Stato hanno creduto e per il quale si sono battute.

Aprendo gli interventi, Questore Guido Marino ha rivolto il saluto di benvenuto alle autorità e al numeroso pubblico, ricordando quanto è importante manifestare la vicinanza ai familiari delle vittime del terrorismo e manifestare il dovuto rispetto a quelle persone che hanno rischiato la vita per sconfiggere il terrorismo in quegli anni di piombo e di strategia della tensione.

A seguire è stato presentato un video messaggio fatto pervenire dal presidente dell’associazione “Memoria” Mariella Magi Dionisi che, impossibilitata a partecipare, ha voluto sottolineare che ai familiari delle vittime fatto male vedere i terroristi salire in cattedra e pontificare aggiungendo che l’associazione Memoria desidera solo verità e giustizia. Ha tenuto a sottolineare anche il ruolo svolto da tante persone che hanno combattuto con i loro cari.

Il presidente dell’ANCRI Tommaso Bove nel suo indirizzo di saluto ha sottolineato l’importanza della celebrazione per alimentare la riscoperta dei Valori primari, tra i quali vi è certamente quello del mantenere sempre viva la memoria delle Vittime del terrorismo. Ha ricordato inoltre la gratitudine a tutti gli appartenenti alle Forze dell’Ordine che nei cosiddetti “anni di piombo” hanno strenuamente lottato, e vinto, contro il terrorismo a rischio ed a costo della loro stessa vita.

Il prefetto Tagliente ha quindi invitato a prendere la parola il presidente dell’Associazione europea vittime del terrorismo Giovanni Berardi figlio del maresciallo del Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza Rosario Berardi, assassinato a Torino dalle BR nel 1978.

Anche Giovanni Berardi ha voluto sottolineare il disagio nel vedere terroristi salire in cattedra e pontificare. “Con superficialità e macabro gusto – ha detto – con i media complici alcune istituzioni e loro rappresentanti, sono sempre pronti ad offrire visibilità e pulpiti delle stesse istituzioni che gli stessi terroristi un tempo vollero abbattere armi in pugno”

Per sentire le riflessioni del mondo della comunicazione Tagliente ha invitato ad intervenire due grandi giornalisti.

Andrea Nemiz, entrato all’Agenzia Italia negli anni 60, che per circa 35 anni ha documentato tutti i fatti di terrorismo avvenuti sul territorio nazionale e Paolo Gambescia, un pezzo di storia della comunicazione perché ha cominciato a fare il giornalista nel 1965 all’Unità, dove è rimasto fino al 1979. Dal 1980 ha collaborato con il Messaggero di Roma, occupandosi di cronaca giudiziaria, mafia e terrorismo, diventando capo-redattore e infine vicedirettore. Dal 1998 al 2005 è stato direttore dell’Unità, del Mattino e del Messaggero.

Andrea Nemiz proiettando delle immagini fotografiche dell’archivio dell’AGI con il titolo “Il dolore nelle stragi” ha parlato del rapporto media- familiari delle vittime del terrorismo sottolineando che non di rado, i parenti vengono coinvolti del tutto inconsapevolmente, anche se solo da un punto di vista strettamente fotografico. Ciò – ha precisato –  a causa di immagini di dolore in famiglia scattate, e poi pubblicate senza alcuna autorizzazione dai soggetti interessati”.

Rivolgendosi poi a Paolo Gambescia, Tagliente ha gli ha fatto una domanda specifica guardando al futuro: “Che eredità ci hanno lasciato le vittime del terrorismo e gli uomini che in quegli anni, hanno combattuto, sopravvissuto e battuto al terrorismo utilizzando gli strumenti giuridici della democrazia?”

Gambescia è stato brillante e illuminante. Ha citato due episodi. Ha fatto emergere il vulnus della volontà che dovrebbe pervadere tutto il mondo del giornalismo di non pontificare gli assassini perché hanno scritto una delle pagine più nere della storia.

Nella foto Il Presidente Nazionale dell’associazione nazionale degli insigniti Tommaso BOVE e il Delegato Nazionale ai rapporti Istituzionali del Sodalizio Pref. Francesco TAGLIENTE consegnano al capo della Polizia Franco Gabrielli la tessera di SOCIO D’ONORE dell’ANCRI.




Salvini: “Non esistono governi neutrali”

Matteo Salvini tira dritto. “Confermo – dice a Radio Capital – che ci provo fino all’ultimo. Ma nessuna pressione, nessuna voglia di dare consigli a nessuno. Ieri non ho sentito Berlusconi”. “La mia posizione di oggi – ha sottolineato il leader del Carroccio – di oggi è quella di due mesi fa: lavoro a un governo che premi il voto degli italiani”. “Ci sono ancora due veti incrociati, non è cambiato niente. Io in mezzo, nessuno dice no alla Lega”.

“Non esistono – ha evidenziato ancora – governi neutrali. L’unica eccezione che dico a Mattarella è che se voleva un governo che non aveva i numeri doveva mandare il mio… Avrebbe comunque numeri più ampi di questi”. “Belloni – ha detto inoltre a proposito della segretaria generale della Farnesina data in pole per un incarico da parte del capo dello Stato – non la conosco, sarà la migliore persona del mondo, ma se è un’esponente ministeriale che ha ottimi rapporti con Bruxelles la trovate in sintonia con gli elettori che hanno scelto il cambiamento?”.




Olosegun a Malta e la mortificazione dei profughi: quando non si è capaci di indignarsi…

Mentre al festival Limes, il presidente uscente Paolo Gentiloni auspicava per l’Italia: ”Abbiamo bisogno di migranti..”, mentre decine di nigeriani si stringevano su gommoni semi gonfi sfidando le acque minacciose del mediterraneo che li separavano dal Belpaese e mentre corpi inermi di bambini e qualche donna ondeggiavano nella schiuma delle onde rabbiose del mare nostrum, giovedì 3 maggio, per una sosta di tre giorni è giunto sull’isola di Malta, accompagnato dalla sua signora e le due figliolette, il nigeriano Olusegun Oladiran Adebutu, multi miliardario sennonché fondatore, presidente e proprietario della compagnia petrolifera Oil & Gas, la stessa che questi giorni sta costruendo la più grande raffineria dell’Africa sub sahariana.

Il signor Olusegun non è arrivato sull’isola in barcone

E’ arrivato comodamente accompagnato da uno stuolo di amici e dignitari, artisti e personaggi del jet set per festeggiare il suo compleanno. Per questa festosa ricorrenza il magnate ha affittato 380 stanze nell’albergo più lussuoso di Malta, unico ed esclusivo albergo nella località di San Giuliano a mare, complesso completo di arena, dove in onore di Adebutu è stato organizzato un grande concerto con cantanti, banda e dj, arrivati nell’isola lo stesso giorno con il ricco nigeriano. Le 380 stanze, prenotate per tre giorni ospitavano altrettanti amici, cantanti, modelle e personaggi famosi del mondo dello spettacolo.

Il signor Olusegun non ha dovuto badare a spese e perciò non si è fatto mancare niente

Per il suo compleanno ha voluto circondarsi da nomi illustri e come riporta Netnews.com ha chiamato a brindare con lui la modella portoghese Victoria’s Secret Angel Sara Sampaio, la cantante americana Ashanti, il rapper Ja Rule, il gruppo R&B Blackstreet, il cantante Lewis Thomas, Tevin Campbell e non solo. Chi si aspettava di trovare nomi di profughi nella lista degli invitati è rimasto deluso perché non ne ha trovato alcuno. Quelli magari stavano ancora in campi di concentramento in Libia aspettando l’occasione di poter evadere per prendere il mare. Ci raccontano che dalla Nigeria si fugge per creare nuove speranze, affrontando viaggi che possono durare fino a sei mesi tra mare e deserto. Ci raccontano anche che il terrorismo è uno degli aspetti problematici di questo Stato. Questo è in parte vero e ciò è dovuto alla presenza del gruppo islamista militante Boko Haram. E’ vero in parte ma non è tutto. Il paese è afflitto anche da fame, malattie e danni ambientali, molti causati dal versamento di greggio estratto dai giacimenti locali che danneggia pesca e agricoltura. Le raffinerie ed i pozzi petroliferi dei vari Adebutu che festeggiano i loro compleanni spendendo un patrimonio in sistemazione per gli ospiti in alberghi di lusso, feste, canti e divertimenti vari, possono avere qualche nesso con quanto appena scritto?

La cronaca la si può concludere qui perché l’episodio vergognoso testé narrato è più che sufficiente per gridare vendetta al cospetto di Dio e non solo

Ahinoi non si è più capaci di indignarsi. Le associazioni pro emigranti, i vari “buonisti di stagione”, quelli che invocano altri emigranti per supplire al calo demografico, le tante Ong che strappano le vesti davanti all’indegno trattamento che subiscono gli emigranti, nulla hanno da ridire davanti a questo schiaffo alla povertà? Come si può parlare di profughi che fuggono dalla fame, dalla morte nel mare e girare la testa altrove per non dispiacere a chi sta danneggiando pesca ed agricoltura, pane quotidiano e sostentamento di povera gente? Che intende Gentiloni con “flusso sicuro”? L’Europa, anziché tagliare i fondi all’agricoltura del sud Italia per incrementare i fondi all’immigrazione, perché non si occupa seriamente dei vari Adebutu africani? E’ ora che al popolo africano sia data l’opportunità di partecipare al benessere del paese. La ricchezza derivante dalle risorse disponibili andrebbe equamente distribuita tra quella gente per non farla espatriare. “Non si può continuare a versare acqua in cisterne screpolate”. (Geremia 2:13)

Emanuel Galea




Aldo Moro, quarant’anni fa la morte: le lettere, la tragedia, l’enigma

Il nove maggio del 1978 a Roma era una giornata grigia e ventosa. L’asfalto era ancora bagnato per la pioggia caduta il giorno prima. Le pantere della polizia e le gazzelle dei carabinieri andavano e venivano per le strade, alla ricerca di qualche indizio, nella speranza di beccare una traccia che portasse al covo dei terroristi.

In quei 55 giorni nella capitale era stata fermata un’automobile ogni dieci, e una persona ogni venti era stata controllata, senza mai arrivare a nulla. Alle 12.30 di quella mattina con poco sole, il telefono squillò a casa del professor Francesco Tritto, un assistente universitario di Aldo Moro. “Pronto, chi parla?”. “Sono il dottor Nicolai” rispose una voce giovane. Ma a chiamare era il brigatista rosso Valerio Morucci, 29 anni, uno dei cervelli dell’operazione: “Lei deve comunicare alla famiglia che troveranno il corpo dell’onorevole Aldo Moro in via Caetani. Lì c’è una R4 rossa. I primi numeri di targa sono N5”.

Era la fine annunciata di una spericolata azione terroristica durata poco meno di due mesi ma che influenzò la storia italiana per molti anni a seguire. Moro era stato ucciso poche ore prima, colpito nel petto dai proiettili sparati dagli assassini.

Da tre giorni il Paese intero aspettava quel tragico epilogo: il lugubre comunicato numero nove diffuso dalle Br il 6 maggio aveva annunciato seccamente l’imminente morte del presidente della Dc: “Concludiamo la battaglia, eseguendo la sentenza a cui Moro è stato condannato“.

Ormai nessuno credeva più alla possibilità di rivedere Moro vivo. Il Vaticano aveva segretamente raccolto una grande cifra per pagare un eventuale riscatto. Il presidente della Repubblica Giovanni Leone aveva sul tavolo le carte per concedere la grazia a un terrorista che non si era macchiato di crimini di sangue. Ma il governo presieduto da Giulio Andreotti e sostenuto dal Pci non voleva cedere ai terroristi. E così la sentenza fu eseguita.

Il 9 maggio il cadavere di Moro fu ritrovato adagiato nel bagagliaio della R4 rossa usata dai brigatisti per l’ultimo viaggio del presidente. La macchina era parcheggiata in via Caetani, a metà strada tra Piazza del Gesù, dove si trovava la sede della Democrazia, e via delle Botteghe Oscure, dov’era il quartier generale del Pci: i due partiti del compromesso storico che le Br avevano deciso di combattere imbracciando il mitra.

Aveva il vestito grigio a righe e la cravatta che indossava il giorno del suo rapimento in via Fani, dove i cinque uomini della sua scorta morirono crivellati dai colpi delle mitragliette Skorpion.

Moro non voleva soccombere, e non voleva che soccombesse la sua visione politica di sbloccare la democrazia italiana favorendo un’evoluzione socialdemocratica del Pci.

Le sue ‘lettere dal carcere’ (alla moglie Noretta, a Cossiga, a Zaccagnini, al Papa) chiedevano di trattare con i suoi sequestratori. Ma il fronte della fermezza (comunisti e democristiani) non poteva accettare che Moro parlasse all’opinione pubblica contraddicendo la linea dei partiti di governo, quel governo di unità nazionale che lui stesso aveva progettato e fatto nascere. E dunque durante la sua disperata battaglia per la vita, il presidente sequestrato dai brigatisti conobbe l’onta e il disonore di essere presentato dai suoi compagni di partito come una persona debole, fiaccato dai suoi carcerieri, che anteponeva la sua vita al bene del Paese.

Come poteva Moro aver scritto ai capi della Dc: ‘Il mio sangue ricadrà su di voi’? Eppure lo aveva fatto. Il giorno del ritrovamento del cadavere, la famiglia decise di consumare lo strappo con le istituzioni. La moglie e i figli rifiutarono i funerali di Stato e seppellirono Aldo Moro in forma privata nel cimitero di Torrita Tiberina. Lo Stato volle comunque una cerimonia solenne, che fu celebrata da Paolo VI a san Giovanni. La bara di fronte all’altare era vuota. Lo Stato non si era piegato al ricatto dei brigatisti. Le Br non avevano avuto nessuna forma di legittimazione.

Ma qualcuno poteva cantare vittoria? Quella vicenda si era conclusa con una morte (che si aggiungeva a quella degli uomini della scorta) e molti sconfitti. Lo Stato non era riuscito a trovare il covo delle Br e liberare Moro. Il compromesso storico tra Dc e Pci si sarebbe interrotto di lì a poco. Le Br sprofondarono in un delirio di incomunicabilità che le isolò completamente dal Paese. La famiglia lo aveva perso per sempre.

E da quel giorno di maggio è cresciuto sempre di più il sospetto che dietro l’uccisione del presidente della Dc ci sia stata qualche complicità inconfessabile, interna o internazionale. Questa è la morte di Aldo Moro 40 anni dopo: una tragedia che si è trasformata in un enigma che nessuno è riuscito ancora a sciogliere.




Mattarella, finale Coppa Italia: “Io arbitro ma serve correttezza giocatori”

‘Saluto gli arbitri, miei colleghi: un arbitro può condurre bene la partita se ha un certo aiuto di correttezza dai giocatori”. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, incontrando al Quirinale Juve e Milan, finaliste di Coppa Italia. “Quando sono stato eletto – ha anche detto il Capo dello Stato – dopo aver giurato alla Camera mi sono paragonato a un arbitro imparziale, e ho ricevuto un applauso. Poi ho aggiunto che l’arbitro deve essere aiutato dai giocatori: è seguito un altro applauso, con un po’ di sorpresa”.

Buffon a Mattarella ‘Italia non può essere mediocre’ – ”L’Italia non può essere una nazione mediocre e per questo ci affidiamo a una persona come lei”: lo ha detto il capitano della Juventus, Gianluigi Buffon, parlando al Quirinale durante l’incontro delle finaliste di Coppa Italia col Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Dobbiamo avere fiducia in un futuro più prospero e migliore, lo meritiamo”.

Malagò a Mattarella, speriamo di averla distratta un po’  – “Presidente, speriamo di averla almeno distratta per un po’ dai problemi di queste ore e di averla fatta sorridere….”: così il presidente del Coni, Giovanni Malagò, con un criferimento all’attualità politica, si è rivolto al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in occasione della visita di Juventus e Milan al Quirinale, alla vigilia della finale di Coppa Italia, domani sera all’Olimpico.

Mattarella a Juve e Milan,siete modello per giovani – ”Benvenuti al Quirinale”: così ha esordito Sergio Mattarella, ricevendo Juve e Milan domani finaliste in Coppa Italia. “E’ un piacere incontrarvi, non potrò assistere all’incontro come ho fatto negli altri anni, ma sono certo che sarà una grande partita. Mi auguro un grande incontro, qui vi sono tanti juventini e milanisti. Io ho l’obbligo di guardare con simpatia a tutte le squadre d’Italia”. ”Voi siete la punta più avanzata e conosciuta di un grande movimento sportivo che è il più popolare, seguito e amato nel nostro paese e non solo – ha proseguito il Presidente della Repubblica – Avete una grande responsabilità, siete un modello da seguire e imitare dai bambini, dagli altri calciatori. Questo vi dà una grande responsabilità”.