Professioni, Silvestroni (FdI): grande partecipazione alla Tavola Rotonda degli ordini professionali del Lazio

Si è tenuta alla Camera dei Deputati una importante Tavola Rotonda dove hanno partecipato molti Presidenti degli ordini professionali del Lazio.

L’evento, organizzato da Fratelli d’Italia, ha permesso a tutte le categorie professionali di confrontarsi su temi di comune interesse

“Oggi in un clima di ascolto e confronto – ha esordito Roberto Cuccioletta responsabile del Dipartimento  Professioni FDI del Lazio e tra gli organizzatori dell’evento – le più alte istituzioni dei diversi ordini professionali del Lazio hanno posto le basi per un cambiamento che tuteli non solo il professionista di ogni settore, ma anche l’utenza”-

Sento il dovere di ringraziare i presidenti degli ordini professionali regionali intervenuti – ha dichiarato l’On. Marco Silvestroni – per la testimonianza portata al tavolo di lavoro. Ho ascoltato con attenzione le istanze presentate dagli ordini degli avvocati di Roma e di Velletri, dagli ordini degli Ingegneri di Roma, di Latina, di Frosinone e di Velletri, dall’ordine degli Architetti di Roma, dall’ordine degli Pisicologi del Lazio, dall’ordine dei Geologi del Lazio, dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma, dal Collegio dei Geometri di Roma. Li voglio ricordare tutti perché le loro richieste di aiuto devono essere sostenute in ogni sede. Come sarà mio impegno dare ascolto a tutte le associazioni e federazioni intervenute di ogni categoria professionale. I professionisti chiedono certezza ed equo compenso, minore pressione fiscale, riordino e qualificazione professionale. È un dovere dare ascolto a chi rappresenta più del 10% del PIL della nazione” ha concluso il deputato di Fratelli d’Italia, Marco Silvestroni. 




Carola Rackete, ricorso del procuratore di Agrigento contro la scarcerazione: per Matteo Salvini l’estate dei trappoloni

Ricorso in Cassazione del Procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio contro la scarcerazione di Carola Rackete ordinata dal giudice Alessandra Vella, a proposito dell’ingresso forzato nel porto di Lampedusa da parte della nave ONG Sea Watch 3.

Avevamo allora ragione noi di scrivere che Carola aveva commesso numerosi reati nella sua azione di forza – coordinata con parlamentari dell’opposizione al governo – per sbarcare soltanto in Italia i migranti raccolti in mare, nonostante il divieto assoluto di avvicinarsi alle coste italiane da parte del Ministero dell’Interno.

Per il dottor Patronaggio, PM di Agrigento, la conclusione a cui è giunta il GIP Alessandra Vella è “contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata”

Nel ricorso presentato in Cassazione, i magistrati spiegano perché la Rackete avrebbe dovuto rimanere ai domiciliari. Infatti, nella sua ordinanza del 2 di luglio il GIP avrebbe dovuto verificare se, rispetto alla condotta contestata alla capitana e alla sua nave, “il dovere di soccorso invocato potesse avere efficacia discriminante”. Secondo la Procura, il GIP si è limitato ad affermare tout court che “legittimamente Carola Rackete avesse agito perché spinta dal dovere di salvare i migranti. L’impostazione offerta dal Gip – scrivono i PM – sembra banalizzare gli interessi giuridici coinvolti nella vicenda, e non appare condivisibile la valutazione semplicistica offerta dal giudicante”. La scarcerazione, dunque, “è errata in ragione della tipologia di controllo che egli (il GIP) è chiamato ad effettuare in sede di valutazione di legittimità dell’arresto in flagranza operato dalla Polizia Giudiziaria”. In altre parole, il giudice Vella non poteva, data la regolarità dell’arresto in flagranza da parte della polizia, scarcerare la Rackete.

“Nel caso di resistenza operata da Carola Rackete – continua il PM Patronaggio – si dubita che l’adempimento del dovere di soccorso possa giungere anche a scriminare la condotta del 29 giugno scorso.” In altri termini, il soccorso ai finti naufraghi era già stato effettuato, e nessuno correva pericolo di vita. Aggiungiamo che gli stessi erano stati abbondantemente rifocillati e forniti di beni di prima necessità dalle autorità italiane – oltre al fatto che alcuni di essi, i più deboli, erano stati portati a terra per essere sottoposti a cure da parte dei sanitari. L’azione di forza, quindi, operata dalla capitana non aveva alcun motivo di essere, se non nell’ottica di una dimostrazione politica di trasgressione di regole sancite da un governo sovrano e democratico, per colpire l’odiato Matteo Salvini, tacciato di ogni infamità, ma soprattutto di ‘fascismo’.

Forse è fascista chiunque voglia risolvere i problemi dell’Italia, come è ancora – pur se in misura molto più ridotta – quello dei migranti, protetti da leggi e leggine che consentono a chiunque l’ingresso in Italia e la richiesta di asilo, anche se non aventi diritto

L’ultima boutade di questa situazione pare sia l’iscrizione all’ARCIGAY, che consentirebbe a chi si dichiara ‘dell’altra sponda’, di essere accolto, perchè in pericolo di vita nella sua nazione. In particolare la sinistra allo sbando, ai limiti del ridicolo, non avendo altri argomenti, ha voluto sfruttare questo ‘passaggio’ in mare per minare alla base la credibilità del ministro dell’Interno. “L’ordinanza di non convalida dell’arresto da parte del GIP – continua la Procura – è risultata essere viziata per violazione di legge, mancanza e contraddittorietà della motivazione, in quanto dopo avere operato complesse valutazioni in diritto, non ha provveduto correttamente a valutare gli elementi di fatto e di diritto relativi alla configurabilità della causa di giustificazione, né ha motivato adeguatamente le ragioni per le quali ha ritenuto di applicarla nel caso di specie.” In definitiva, l’ennesimo trappolone per scalzare Salvini e fargli perdere punti. Intanto la Rackete, figlia di cotanti genitori, ancorchè facoltosi – il padre pare sia un commerciante d’armi, e ben ammanigliato nel governo tedesco, tanto da suscitarne l’immediata reazione alla notizia dell’arresto della sua figliuola – è uccel di bosco, né mette conto di sapere dove sia, visto che di lei non sentiremo probabilmente più parlare. E comunque non crediamo voglia avere ancora il privilegio di calcare l’italico suolo.

Ormai, missione compiuta, impunità ottenuta, come da programma, ma Salvini ancora saldamente in sella, forse più di prima, nonostante le bordate dei buonisti che continuano a censurare le morti in mare. Come se dipendessero dagli Italiani, e non da chi mette in acqua, da barche di scafisti, i gommoni ad orologeria! Trappolone, dicevamo, che precede l’ultimo ancora ‘in progress’, quello della fornitura farlocca di petrolio russo. La magistratura indaga, ed è suo dovere, ma non c’è nulla su cui indagare, se non scoprire chi ha montato questo teatro dei pupi, sempre contro il più scomodo ospite del Viminale che l’Italia abbia mai avuto da decenni. Facendo due conti, certamente chi si è mosso per mandarlo a casa non è soltanto quella armata Brancaleone della cosiddetta ‘sinistra’ italica, che a questo punto appare davvero allo sbando – e, con una puntina di cattiveria, ci auguriamo che tale rimanga, visti i danni del passato più prossimo. Dietro le quinte del teatrino ci sono personaggi molto grossi, che vagamente conosciamo, per notizie ormai certe e consolidate, ma dei quali non si può scorgere neanche l’ombra.

Trovato il movente, trovato l’assassino. Se il movente è palese – cioè la caduta di Matteo Salvini – sappiamo benissimo chi è il mandante, o, meglio, chi sono i mandanti, molti dei quali anche i Italia: fanno parte dello stesso circolo, pardon dello stesso Club B., dove, una volta tanto, B. non sta per Berlusconi – né tanto meno per ‘lato B’. Un Club che di recente ha accolto nelle sue fila anche l’ex, ex, ex tutto, Matteo Renzi, la manina del quale qualche quotidiano bene informato ha voluto vedere nel copione della recita di cui sopra, relativa al petrolio russo fantasma. Ma non la regìa: per quello ci vuole ben altro che l’ex sindaco di Firenze. Siamo ragionevolmente certi che la Cassazione darà ragione al PM Patronaggio, e che il giudice Vella non subirà alcuna conseguenza per il suo ‘errore’, neanche un buffetto sulla guancia – magari, come in altri casi, una promozione. Non è forse la Magistratura italiana l’espressione stessa dell’autonomia e dell’indipendenza? E come possiamo noi giudicare i giudici, parafrasando il detto latino “Quis custodiet ipsos custodes?”

Siamo altrettanto ragionevolmente certi che Carola Rackete, la ‘Rasta’ d’assalto, non subirà alcuna conseguenza dalla sentenza della Cassazione, essendo già ora chissà dove, ma certamente non a rischio estradizione. Di solito le sentenze di Cassazione per i ricorsi del PM si fanno aspettare, e questo consentirà alla capitana di imboscarsi ancora di più, ma soprattutto di passare le vacanze in serenità, e non come una persona ‘braccata’ dallo Stato italiano, e latitante. E dopo agosto chi si ricorderà più di lei, dopo i flirt estivi fra ombrelloni, secchielli e palette? “Chi la slunga, la scampa” diceva mia nonna, di origine romagnola. Già dopo l’arresto Carola fu portata ‘in luogo segreto’, per la sua incolumità. Ma da chi la si doveva proteggere, se tutti le battevano le mani? Toghe rosse? Macchè, fantasie di Berlusconi. Né mai sapremo perché e come il GIP Alessandra Vella fosse proprio lì in quei momenti, per occuparsi della questione Sea Watch 3: il che sa tanto di imboscata. Ma, l’abbiamo detto, tutto secondo copione.




L’Europa da una mano all’Italia sulla Tav e Conte dice sì: “Non realizzarla costerebbe di più che farla”

“Rappresento un governo appoggiato da due forze politiche che sul punto la pensano in maniera opposta. In gioco ci sono tanti soldi, che sono vostri, e vanno gestiti con la massima attenzione. Come farebbe un buon padre di famiglia”. Il premier Giuseppe Conte in diretta Facebook da Palazzo Chigi ha spiegato cosa sta cambiando sulla Tav. “Sono pervenuti dei fatti nuovi, elementi da tener conto nella risposta che dobbiamo dare” all’Europa “entro venerdì. L’Ue si è detta disponibile ad aumentare lo stanziamento dal 40% al 55%, questo ridurrebbe i costi” per l’Italia. ‘Non realizzarla -spiega Conte- costerebbe più che farla. La decisione di non realizzare l’opera ci esporrebbe a tutti i costi derivanti dalla rottura dell’accordo con la Francia’.

“A queste condizioni solo il Parlamento potrebbe adottare una decisione unilaterale” per fermare la Tav, visto che la ratifica dell’accordo è stata fatta dal Parlamento spiega Conte. 




Raffaele Cantone torna in magistratura: “Cambiato l’approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo”

Raffaele Cantone lascia l’Anac. Dopo oltre cinque anni alla presidenza dell’Anticorruzione, lo annuncia lui stesso in una lettera sul sito dell’Autorità. “Sento che un ciclo – si legge nel testo – si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo”. Cantone ha fatto richiesta per rientrare in magistratura, “che ho sempre considerato la mia casa”. “Tornerò all’Ufficio del massimario presso la Cassazione”. Lo annuncia Raffaele Cantone nella lettera in cui rende note le dimissioni dall’Anac. Nel testo Cantone ricorda come nei mesi scorsi avesse già presentato al Csm la candidatura per un incarico direttivo presso tre uffici giudiziari. Ma “nelle ultime settimane le dolorose vicende da cui il Csm è stato investito hanno tuttavia comportato una dilazione dei tempi tale da rendere non più procrastinabile una decisione”. Per questo, annuncia, “nella mattina di oggi, con alcuni mesi di anticipo, ho dunque avanzato formale richiesta di rientrare nei ruoli organici della magistratura: un atto che implica la conclusione del mio mandato di Presidente dell’Anac, che diverrà effettiva non appena l’istanza sarà ratificata dal plenum del Csm. Tornerò pertanto all’Ufficio del massimario presso la Corte di Cassazione” dove Cantone prestava servizio prima di essere designato alla guida dell’Anac.

La magistratura vive una fase “difficile”, che “mi impedisce di restare spettatore passivo”. Così Cantone nella lettera in cui annuncia che lascia l’Anac e rientra in magistratura. “E’ una decisione meditata e sofferta” ma “credo sia giusto rientrare in ruolo in un momento così difficile per la vita della magistratura”.  “Assistere a quanto sta accadendo, senza poter partecipare concretamente al dibattito interno – scrive Cantone – mi appare una insopportabile limitazione, simile a quella di un giocatore costretto ad assistere dagli spalti a un incontro decisivo: la mia indole mi impedisce di restare uno spettatore passivo, ancorché partecipe”.




La Tav si fa, parola di Conte: l’ira pentastellata e il plauso delle opposizioni

“Rappresento un governo appoggiato da due forze politiche che sul punto la pensano in maniera opposta. In gioco ci sono tanti soldi, che sono vostri, e vanno gestiti con la massima attenzione. Vanno gestiti come farebbe un buon padre di famiglia”. Il premier Giuseppe Conte in diretta Facebook da Palazzo Chigi spiega cosa sta cambiando sulla Tav. “Sono pervenuti dei fatti nuovi, elementi da tener conto nella risposta che dobbiamo dare” all’Europa “entro venerdì. L’Ue si è detta disponibile ad aumentare lo stanziamento dal 40% al 55%, questo ridurrebbe i costi” per l’Italia. ‘Non realizzarla -spiega Conte- costerebbe più che farla. La decisione di non realizzare l’opera ci esporrebbe a tutti i costi derivanti dalla rottura dell’accordo con la Francia’.
“A queste condizioni solo il Parlamento potrebbe adottare una decisione unilaterale” per fermare la Tav, visto che la ratifica dell’accordo è stata fatta dal Parlamento spiega Conte.

Dura la prima reazione del M5s

“Un governo di cui fa parte il #M5s dà l’ok al Tav? Inaccettabile” dice la consigliera regionale pentastellata Francesca Frediani, valsusina e No Tav, alle affermazioni del premier Conte sulla Torino-Lione. “Il #tuttiacasa stavolta – aggiunge – sarebbe per voi”.
Plaudono le opposizioni da Forza Italia a Fratelli d’Italia. “Con un anno di colpevole ritardo, Conte ha finalmente preso atto della realtà e ha detto sì alla Tav, folgorato sulla via di Lione. Alleluia. Ora i ministri ideologicamente contrari alle grandi infrastrutture dovrebbero trarne le dovute conseguenze. Altrimenti significa che sono contrari alle grandi opere ma non alle grandi poltrone”. Lo dichiara Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia. “Dopo aver fatto perdere tempo all’Italia per un anno, Conte dichiara che “non realizzare il tav costa più che farlo”. Finalmente. Ora però, per il bene dell’Italia, l’analisi costi-benefici si faccia al ministro Toninelli… speriamo in tempi più brevi…”. Lo scrive su twitter il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.




Atac green, parte la 1campagna “+Ricicli +Viaggi”. Peccato lasciar fuori i Municipi

“Un bonus speciale per l’acquisto dei biglietti Atac per chiunque ricicli la plastica nelle stazioni metro”. È quanto dichiara la Sindaca Virginia Raggi nell’inaugurare, questa mattina, il progetto “+Ricicli +Viaggi” per la raccolta e il riciclo delle bottiglie di platica in PET che consente agli utenti, in cambio, di accumulare punti, attraverso le App MyCicero e TabNet, e scontarli direttamente per l’acquisto, a partire dai 5 minuti successivi al conferimento, di uno o più titoli di viaggio in vendita sulle App di B+ (Bit 100 minuti, 24/48/72h e abbonamento mensile).

“Il meccanismo è
semplice” sottolinea la Sindaca, per ogni bottiglia di qualunque formato avviate
a riciclo, inserita in una delle tre macchine eco-compattatrici installate da Coripet (Consorzio per il Riciclo del
PET) nelle stazioni di Cipro Metro A,
Piramide Metro B e San Giovanni Metro C, i passeggeri
riceveranno un bonus, che verrà versato nel borsellino virtuale dell’App da
scontare per comprare illimitatamente uno o più biglietti. “Roma è la prima
città italiana, e fra le prime in Europa, a promuovere quest’iniziativa. Una
vera e propria innovazione per combattere l’inquinamento da plastica, che punta
all’economia circolare: tutte le bottiglie raccolte, torneranno infatti a
essere nuove bottiglie”.

L’innovazione
tecnologica è stata realizzata grazie alla collaborazione dei partner MyCicero
e Tabnet che hanno sviluppato il sistema e che finanzieranno gli ecobonus
erogati per tutti dodici mesi della sperimentazione.  “In questo modo sarà possibile – recita la
nota del Campidoglio – premiare i comportamenti responsabili dal punto di vista
ambientale e fidelizzare i clienti che usano il canale mobile, che risulta in
costante crescita”. 

https://www.facebook.com/virginia.raggi.m5sroma/videos/1100697020123843/?t=1

Per ogni bottiglia in
PET, di qualunque formato (da 0.25cl a 2 litri), si riceverà un bonus di 0,5
centesimi di euro, al momento, e nei minuti successivi l´inserimento delle
bottiglie nell´eco-compattatore è possibile utilizzare l´ecobonus per
l´acquisto scontato dei titoli di viaggio. “In un solo colpo – conclude la
Raggi – incentiviamo l’acquisto del biglietto e compiamo una buona azione a
favore dell’ambiente, perché anche i piccoli gesti sono importanti”.

Seppur sperimentale,
piccolo inciso, l’iniziativa poteva essere organizzata diversamente, in modo da
offrire il servizio in maniera più capillare possibile. Sarebbe stato opportuno
coinvolgere i Municipi e, contestualmente, le associazioni territoriali
riconosciute, i centri anziani per esempio, o, in alternativa, prevedere l’installazione
delle macchine eco-compattatrici nelle stazioni/fermate delle metropolitane periferiche.
In quelle zone, soffocate dal traffico veicolare, dove tale bonus potrebbe
essere un ulteriore incentivo per raffinare la raccolta differenziata. Si
auspica quanto prima un’implementazione in questa direzione. O giù di lì.




Tensioni governative: Salvini attacca Toninelli: “Ci sono troppe infrastrutture bloccate dal ministero dei Trasporti”

Resta alta la tensione nella maggioranza con i dossier caldi dell’autonomia e della Tav sul banco e Lega ed M5s che continuano a discutere. “”Non ho incontri in agenda. Per il futuro siamo nelle mani del buon Dio”, dice il vicepremier Matteo Salvini replicando a una domanda durante la conferenza stampa a Firenze.

Il vicepremier, inoltre, torna ad attaccare il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli al centro di una polemica, tra l’altro, per il licenziamento di uno degli esperti dell’analisi costi-benefici sulla Tav.

“Ci sono troppe infrastrutture bloccate dal ministero dei Trasporti. Il Mit deve aiutare la gente a viaggiare e non bloccare porti, aeroporti, ferrovie, tunnel, autostrade. Il vero problema è il blocco di centinaia di opere pubbliche”, ha detto parlando con i giornalisti a Firenze. A chi chiedeva se chiederà un rimpasto di Governo Salvini ha risposto: “Non è questione di rimpasto, se uno fa il ministro ai blocchi stradali, noi siamo al governo per sbloccare le strade, non per bloccarle”.

“Il trambusto intorno al governo è legato”, al taglio dei parlamentari, dice Luigi Di Maio. “Ma ve li immaginate senza poltrona mentre si cercano un lavoro come tutte le persone normali? È quindi chiaro che, chi vuole buttarci giù, è chi vuole restare nella preistoria per tenersi stretto il suo posto a Roma”. “Ma noi non ci arrendiamo. Taglieremo i parlamentari e cambieremo davvero il Paese. Ormai – conclude – manca davvero poco. Meno di due mesi!”.

Intanto il governatore del Veneto Zaia difende il progetto dell’autonomia. “I vantaggi dell’Autonomia – sottolinea – sono l’efficienza e la responsabilità, soprattutto premiare le virtuosità, ma non si creerà un Paese di serie A e di serie B”. “Questa è una brutta manfrina – aggiunge – che non vogliamo più sentire”. La verità, per Zaia, “è che da un lato i cittadini avranno risposte celeri e avranno viste ridotte le catene decisionali. Dall’altro per quanto riguarda i cittadini del Sud finalmente riusciranno a misurare la qualità dei loro amministratori, perchè questa è la verità”. “Oggi già abbiamo un esempio di Autonomia, che è quella della sanità: non c’è l’Autonomia del Veneto, non c’è quella della Lombardia o dell’Emilia Romagna ma nella sanità tutte le regioni hanno un budget e la gestione della sanità – spiega -. Se ci sono ancora regioni che vedono i loro cittadini costretti a fare le valigie per andarsi a curare fuori regione, molto probabilmente il problema non è dell’Autonomia ma della mala gestio da parte di qualcuno”. “Noi abbiamo fatto un progetto serio, validato a livello scientifico: non vogliamo la secessione dei ricchi, non possiamo accettare che si dica che vogliamo creare un Paese di serie A e di serie B, vogliamo solo l’efficienza, la responsabilità e la modernità di questo Paese”. Lo sottolinea il governatore del Veneto Luca Zaia.

Fico, qualsiasi intesa passerà in Parlamento – “L’autonomia regionale non deve dividere il Paese, non deve lasciare il Sud nella condizione economica in cui si trova ma deve essere un’autonomia che dà qualche potere in più alle Regioni. L’Italia è unita, una e indivisibile e bisogna lavorare e coordinarsi insieme. Qualsiasi sia l’intesa, passerà in Parlamento”. Lo ha detto il presidente della Camera Roberto Fico a Napoli commentando le polemiche degli ultimi giorni.




Autonomia, niet di Fontana e Zaia su “farsa”

Il premier Giuseppe Conte, si apprende da fonti di Palazzo Chigi, ha preso atto della lettera dei governatori Fontana e Zaia e, soprattutto, ha registrato un cambio di toni, che prelude a una corretta interlocuzione istituzionale.

Il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, e del Veneto, Luca Zaia, non firmeranno l’intesa sull’autonomia “se si continua con una farsa”. Lo hanno scritto in una lettera aperta al premier. “Signor Presidente – è l’esortazione dei governatori -, arrivi al più presto a trovare una intesa coi ministri, formuli una bozza di intesa seria da proporci, quindi con altrettanta velocità saremo in grado di replicare in modo costruttivo”. “Al Presidente del Consiglio deve essere però chiaro – hanno avvertito Zaia e Fontana – che noi non firmeremo un accordo senza qualità come quello per ora che si sta profilando. Lei si assumerà la responsabilità quindi di aver negato quanto è stato chiesto da referendum, da milioni di elettori veneti e lombardi, da risoluzioni dei consigli regionali approvati all’unanimità”. “Per parte nostra vogliamo mantenere fede all’impegno assunto con i nostri cittadini – hanno assicurato -. Presidente Conte, Lei ha l’opportunità di scrivere una pagina di storia di questa Repubblica. Se non la scriverà Lei, lo farà qualcun altro. Perché la spinta verso l’autonomia e verso la responsabilità nei confronti dei cittadini è ormai inarrestabile”

Fontana e Zaia, autonomia vera non pannicello caldo – “Noi restiamo aperti al dialogo con Lei, Presidente Conte, e pronti a cambiare opinione se il testo delle intese sarà capace di rispondere alle esigenze della vita vera che abbiamo provato a descrivere. Ma – hanno sottolineato – se si continua con una farsa, come accaduto finora, e’ evidente che non firmeremo nulla”. “Nessuno vuole aggredire l’unita’ nazionale, nessuno vuole secessioni. Lei sa bene quanti e quali Ministri si sono impegnati in questa irresponsabile gara a spararla più grossa. Vogliamo una autonomia vera, non un pannicello caldo che produrrebbe ulteriori guai”. “Ci sentiamo tutti profondamente feriti quando leggiamo le Sue esternazioni, Presidente Conte, soprattutto dopo colloqui diretti durante i quali – ricorderà benissimo – abbiamo più volte sottolineato che non si chiedono più risorse, ma semplicemente la possibilità di spendere in autonomia quelle che ci sono già assegnate”: così hanno scritto in una lettera aperta al premier Giuseppe Conte i presidenti di Lombardia e Veneto, Attilio Fontana e Luca Zaia.

Conte, ‘basta insulti, vedrò governatori’ – Basta con gli insulti, serve rispetto, ed è ingeneroso sostenere che il governo è poco attento alle richieste delle Regioni. Con una lettera aperta al Corriere, il premier Giuseppe Conte si rivolge ai cittadini della Lombardia e del Veneto e rivendica con forza il lavoro che il governo sta facendo sull’autonomia differenziata. Spiega che essa non è una bandiera regionale da sventolare, ma una riforma che farà bene all’Italia intera, e si dice pronto ad incontrare i governatori anche prima di portare la bozza finale in Consiglio dei ministri.

Musumeci, Conte convochi tutte le regioni – “Chiedo formalmente, fin da subito, di procedere alla convocazione di tutte le Regioni italiane. E, in ogni caso, trattandosi di un deliberato del Consiglio dei ministri che incide sugli interessi della Regione Siciliana, voglio sperare che si proceda, come la Costituzione impone, a integrare il governo con la presenza dell’unico presidente di Regione legittimato dal proprio Statuto a partecipare ai lavori”. E’ quanto chiede al premier Conte il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci sul tema Autonomia. “Ho letto sul Corriere la lettera agli ‘italiani del nord’ (e solo a loro!!!), con cui il premier Conte si dice pronto a portare nel prossimo Consiglio dei ministri il testo della riforma sull’autonomia differenziata. Pare di capire che sarebbe un testo diverso da quello che era stato richiesto dai governatori di Lombardia e Veneto”, aggiunge in una nota il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci. “Ritiene il presidente del Consiglio, anche alla luce del dettato dell’articolo 10 della legge costituzionale che ha modificato il titolo V – continua – che sia sensato procedere a un deliberato del governo nazionale senza avere mai convocato a Palazzo Chigi tutti i presidenti di Regione? Ritiene Conte che sia sensato andare verso un testo che raggiunge il duplice effetto di scontentare i richiedenti ed essere totalmente sconosciuto agli altri?”.




Luna e marte più vicine. Luca Parmitano ha raggiunto la Stazione Spaziale. Dallo spazio un robot si muoverà sulla terra

E’ arrivata in sei ore sulla Stazione Spaziale Internazionale la Soyuz MS-13 con a bordo l’astronauta Luca Parmitano sulla Stazione Spaziale Internazionale. Per l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa),  con l’americano Andrew Morgan e il russo Alexander Skvortsov, comincia così la missione Beyond, “Oltre”, nella seconda parte della quale sarà al comando, primo italiano e terzo europeo ad avere questo ruolo. AstroLuca dovrà inoltre affrontare delle passeggiate spaziali ed eseguire esperimenti volti a preparare l’uomo ai lunghi viaggi verso Luna e Marte.

Perfetta manovra di aggancio alla Stazione Spaziale
La capsula Soyuz si è agganciata al modulo russo Zvezda della Stazione Spaziale alle 00,49. A bordo ci sono l’italiano Luca Parmitano, dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), l’americano Andrew Morgan della Nasa e il russo Alexander Skvortsov della Roscosmos. Si è concluso così il viaggio di sei ore iniziato con il lancio della missione Beyond. Tra circa due ore, necessarie per le operazioni di controllo, gli astronauti potranno entrare nella Stazione Spaziale e incontrare i colleghi Aleksej Ovčinin, Nick Hague e Christina Koch.

Gli astronauti entrati nella Stasione Spaziale poco dopo le 3,00
L’astronauta Luca Parmitano è a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. E’ entrato insieme ai suoi compagni di equipaggio, l’americano Andrew Morgan e il russo Alexander Skvortsov, a circa due ore dall’aggancio della Soyuz

Beyond, la seconda missione dell’astronauta Luca Parmitano: dovrà sperimentare tecnologie nuove, che lo porteranno a controllare dallo spazio un robot che si muove sulla Terra, riciclare l’anidride carbonica per ottenere nuovo ossigeno per gli astronauti, studiare microrganismi minatori per estrarre minerali su altri corpi celesti, trovare la dieta ideale per gli astronauti che devono affrontare lunghi viaggi. Parlano di futuro tutti gli esperimenti che l’astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) dovrà condurre sulla Stazione Spaziale. Alcuni di questi sono stati preparati dall’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e tutti guardano nella stessa prospettiva: aprire una nuova strada nell’esplorazione spaziale, che permetta all’uomo di affrontare le future lunghe missioni verso la Luna e Marte riducendo al massimo i rischi, primi fra tutti quelli legati all’esposizione alle radiazioni, ma anche la riduzione della massa muscolare e l’impoverimento del tessuto osseo. Gli esperimenti comprendono test di fisiologia umana, dimostratori tecnologici, attività educative e di osservazione della Terra.




Borsellino, Franco Gabrielli su poliziotti Caltanissetta imputati per aver favorito la mafia: “No a verità di comodo su strage”

‘Se tra noi qualcuno ha sbagliato, se qualcuno ha tradito per ansia da prestazione o per oscuri progetti, siamo i primi a pretendere la verità. E non ci si pari dietro a chi non può più parlare o a scorciatoie. Non vogliamo verità di comodo’, ha detto il capo della polizia Gabrielli, nella sede della questura a Palermo, durante la cerimonia a 27 anni dalla strage di via D’Amelio, dove sono stati uccisi Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Parlando dei presunti depistaggi nelle inchieste sulle stragi di mafia, Gabrielli ha aggiunto: ‘Noi vogliamo la verità intera, costi quel che costi. Tutto questo per noi non è negoziabile. Pretendiamo la verità al pari dei familiari delle vittime delle stragi mafiose’.

Mattarella: ‘impegno per giustizia e verità’ – “Nel ventisettesimo anniversario della strage di via D’Amelio, in cui persero la vita, insieme a lui, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, rivolgo nei loro confronti un pensiero commosso e rinnovo la solidarietà ai loro familiari, tra i quali, per il primo anno, manca Rita Borsellino che ne ha continuato in altre forme lo stesso impegno. Rimane forte l’impegno per Paolo Borsellino, e per tutte le vittime di mafia, di assicurare, oltre al tributo doveroso della memoria, giustizia e verità”. Così Sergio Mattarella in una nota. “L’emozione suscitata dalla pubblicazione delle audizioni di Paolo Borsellino avanti alla Commissione Antimafia ha coinvolto in questi giorni tanti italiani – dice ancora il Presidente della Repubblica – e ha richiamato, ancora una volta, il nostro Paese all’impegno nella lotta contro la mafia e ai pesanti sacrifici che questa ha comportato. La riconoscenza verso la sua figura e la sua azione non si potrà attenuare con il trascorrere del tempo e appartiene al patrimonio di civiltà dell’Italia, conservato e coltivato specialmente tra i giovani. Ed è, questo, un segno di speranza”, conclude Mattarella

Gabrielli, se qualcuno ha sbagliato paghi – “Se tra di noi qualcuno ha sbagliato, se qualcuno ha tradito per ansia da prestazione o per oscuri progetti, siamo i primi a pretendere la verità. E non ci si pari dietro a chi non più parlare e a scorciatoie. Non vogliamo verità di comodo”. Così il capo della polizia, Franco Gabrielli, facendo riferimento ai presunti depistaggi nelle inchieste sulle stragi di mafia. A Caltanissetta tre poliziotti sono imputati per calunnia aggravata dall’aver favorito la mafia.

Don Scordato, ora la beatificazione – “E’ nostro dovere chiedere per Paolo Borsellino e per le tante persone che hanno servito la comunità e lo Stato un processo di beatificazione”. Lo ha proposto don Cosimo Scordato che nella chiesa di San Saverio ha celebrato la messa per il magistrato ucciso nel 1992 nella strage di via D’Amelio.

Conte: ‘Contrasto a mafie impegno quotidiano’ – “Oggi ricordiamo il giudice Borsellino, ucciso 27 anni fa insieme agli agenti della scorta. Le sue parole e il suo coraggio sono sempre vivi nella nostra memoria, nella nostra coscienza. Ricerca della verità e contrasto alle mafie sono per noi un imperativo, un impegno quotidiano”. Lo scrive il premier Giuseppe Conte su twitter.

Casellati: ‘Libertà e giustizia tra i suoi ideali’ – “Libertà, giustizia, coraggio: ancora oggi il ricordo degli ideali che animavano Borsellino e ai quali egli improntò tutta la sua vita, è vivo nella memoria collettiva del Paese. Lo dichiara il presidente del Senato Casellati nell’anniversario della strage di via D’Amelio, nella quale, 27 anni fa, persero la vita Paolo Borsellino e i suoi cinque agenti di scorta. “Oggi come allora ricordiamo con orgoglio la loro fedeltà allo Stato”, afferma il ministro della Difesa Trenta.

Maria Falcone, ‘pesanti ombre, ora verità su stragi’ – “Sono passati 27 anni dalla strage di via D’Amelio in cui vennero assassinati Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, eroi laici che hanno sacrificato la vita per la giustizia”. Così Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci e presidente della Fondazione Falcone, nel giorno del 27esimo anniversario della strage di via D’Amelio. “Su quell’attentato, per troppo tempo avvolto da pesanti ombre – aggiunge – intravediamo i primi squarci di luce, chiesti con forza dalla famiglia di Paolo Borsellino che per anni ha atteso con dignità e compostezza di conoscere la verità. Si va intravedendo il contesto in cui maturò il depistaggio delle indagini sull’eccidio. Ma è ora indispensabile che si vada avanti su questa strada, che le eventuali responsabilità istituzionali vengano fuori senza sconti come chiedono i familiari delle vittime che, giustamente, pretendono una verità piena”. “La nostra non sarà una democrazia compiuta – sottolinea Maria Falcone – fin quando non saranno chiariti tutti i punti oscuri di una tragica pagina della storia della Sicilia e dell’Italia tutta. Ne hanno diritto i familiari del giudice Borsellino e degli agenti morti, ne hanno diritto gli italiani. Oggi un pensiero commosso va alla cara Rita, che non è più con noi e che di questa strada ha potuto solo intravedere l’inizio”.

Salvini, ‘un pensiero per questi Eroi italiani’ – “Il 19 luglio di 27 anni fa, nella strage di via D’Amelio, vennero assassinati Paolo Borsellino e cinque donne e uomini della scorta. Un pensiero e una preghiera per questi Eroi Italiani, ringraziando Forze dell’Ordine e magistrati che ne onorano la memoria con la guerra quotidiana a tutte le Mafie, con decine di arresti e confische di patrimoni milionari anche in questi giorni. #lamafiamifaschifo”. Così il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ricorda il 27/mo l’anniversario della strage di via D’Amelio.

Fraccaro: ‘Ora verità, desecretazione è passo avanti’ – “Borsellino fu ucciso perché era un ostacolo alla trattativa Stato-mafia. Il suo sacrificio ci impone di cercare, con coraggio e senza sosta, la verità. La desecretazione è un passo avanti. Lavorare per rendere l’Italia un Paese migliore è il modo giusto di per onorarlo”. Lo scrive in un tweet il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro

Musumeci, ognuno di noi s’impegni per antimafia – “Siamo davanti all’albero di ulivo che simboleggia l’eternità del messaggio che hanno voluto lasciare Paolo Borsellino, la sua scorta e anche Giovanni Falcone e gli uomini che lo accompagnavano e tutti coloro che sono caduti nella trincea della lotta alla mafia”. Lo ha detto questa mattina ai giornalisti il presidente della Regione Nello Musumeci a margine della deposizione di un cuscino di fiori ai piedi dell’albero della pace di via D’Amelio, nel 27/mo anniversario della strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta della Polizia di Stato Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Presenti, tra gli altri, il vice presidente della Regione Gaetano Armao, gli assessori Ruggero Razza e Toto Cordaro. “E’ un iniziativa sobria, breve, semplice come è giusto che sia il messaggio che deve passare soprattutto a questi giovani meravigliosi che ho incontrato qua – ha aggiunto – ai quali dobbiamo spiegare che ognuno di noi è impegnato e deve sentirsi impegnato sul fronte della Antimafia che non deve essere gridata, non deve essere un passaporto per affrontare con comodità le criticità della vita, l’antimafia va praticata giorno dopo giorno nel silenzio del dovere e il dovere si fa sempre in silenzio”, ha concluso Musumeci.




Il Vangelo, l’immigrante ed il grande equivoco

Succede qualcosa di sconcertante. Persone che non hanno mai letto una pagina dei libri sacri ed altri che si sono sempre dichiarati agnostici, in quest’era che infiamma i cuori, ardendo con il sacro fuoco degli adulatori del culto del migrante, predicano e pontificano e spesso quello che non dicono nasconde il grande equivoco.

Ovvio, la figura dell’emigrante non può che suggerire loro la parabola del buon Samaritano

Non sanno dove l’abbiano sentita e non sanno dire precisamente di che si tratta. Qualche monsignore adulto, qualche parroco di frontiera oppure qualcuno del “migrante generation” l’avrà nominata in qualche partecipazione ai talk show di intrattenimento televisivo. L’avranno sentita ed anche se non l’avessero capita avranno pensato: sa di buono, è d’effetto, perché non sfruttarla?

Impossessatisi di questa “verità evangelica secondo i talk show televisivi” pensano di usarla come clava contro quei credenti che si dichiarano contrari ad un’accoglienza disordinata e ad un’integrazione disorganizzata, caotica e non compatibile con la capacità ricettiva della penisola. Questi credenti rischiano la scomunica e subiscono le imprecazioni, fra le tante, anche della “cattolicissima” Famiglia Cristiana che non ci pensa due volte ad intimargli : andate retro, voi assatanati.

C’è in giro un grande equivoco e a nessuno giovano le mezze verità.
La parabola del buon samaritano è narrata dall’evangelista Luca e si trova in 10, 25-37.

Anche allora c’era chi si serviva delle parole del Maestro per scopi propri. A parere di molti uomini di Chiesa la scomunica a Salvini di mons. Domenico Mogavero non ha nulla di misericordioso anche perché i suoi commenti successivi sapevano molto del politico. Il primo a smarcarsi dal vescovo di Mazara è stato il suo confratello il vescovo di Noto, che con modi evangelici ha dimostrato moderazione, arrivando persino a dichiarare : “se Salvini lo ha fatto dal profondo del suo cuore ha fatto anche bene”.

Poi, se vogliamo dirla tutta: chi siamo noi a giudicare?

Riprendiamo con il testo della parabola. Alla domanda faziosa di un dottore della legge per mettere il Maestro alla prova, Gesù aveva ribattuto: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. (Vangelo: Luca 10, 25-37)

La conclusione è più che ovvia, ma non della conclusione bensì dell’atto completo di cui vogliamo parlare.
I tanti buonisti, “gli ultràs dell’immigrazione”, forse per svista o più probabilmente perché non avranno mai letto il testo evangelico, si fermano al fatto che il Samaritano, pur non facendo parte del “popolo eletto” ebbe compassione del malcapitato, lo caricò sopra il suo giumento e lo portò a una locanda.

Per i tanti che dibattono nei vari talk show televisivi la storia finisce qui. L’atto di per se è misericordioso ma non è quello che vuole trasmettere il messaggio evangelico.

Quale sarebbe stato il giudizio di tutti se il Samaritano, seppure mosso dalla compassione , caricando il malcapitato sul giumento lo avesse scaricato vicino alla locanda e poi avesse ripreso la strada, senza accertarsi se il locandiere fosse stato in grado fisicamente e anche finanziariamente di accudirlo?

C’è poi un altro atto misericordioso compiuto dai Carola di turno e le Ong di passaggio. E’ bello e buono salvare le vite umane, “ fasciare le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricarli sopra le navi Ong, portarli a Lampedusa. E poi? E il “giorno dopo”? Nulla da obiettare, la loro opera è meritevole, è caritatevole ma c’entra niente con la parabola del samaritano? No, il messaggio della parabola è un altro. C’è il seguito che poi è la parte più importante.” Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. E’ proprio questo passaggio che manca. Chi scarica l’emigrante a Lampedusa non si sente più responsabile di quello che succede dopo.

Bello è l’operato delle varie Carola che salvano naufraghi oppure li trasferiscono da un paese all’altro , li mettono in salvo a Lampedusa ma poi, sono veramente certi di avere fatto tutto?
Fino ad ora non si è sentito alcuno dire : “Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”. Al contrario, da quando la diaria giornaliera per ogni emigrante è stata ridotta da 35 euro a 20 euro, molte associazioni di “accoglienza”si sono tirate indietro. Che tipo di carità è questa? Mi sembra tanto che stiano liberando gli emigranti dal fuoco africano per buttarli nella brace italiana. No….! Chi è il locandiere? Che capacità ha di prendersi cura di quell’emigrante, curarlo, offrirgli un lavoro, istruzione, futuro per lui e per la sua famiglia? E’ questo il problema. Salvare le vite è sacrosanto e nessuno lo può negare e non c’è bisogno che ce lo ricordi nessuno. L’abbiamo inciso nel nostro dna. Il problema è un altro.

Chi sono oggi i vari leviti e i vari sacerdoti che girano la testa e fanno finta di non vedere e di non sentire?

L’Europa per primo, con i suoi moderni leviti,sempre pronti a legiferare, pontificare su tutto, promuovere teorie del gender, legiferare a favore delle unioni civili, condannare l’omofobia, l’islamofobia , si occupa dei temi etici, dell’intelligenza artificiale MA ” il tema immigrazione”è sparito dalla sua agenda.

L’Onu, la Nato e non solo mentre risultano osservanti rigorosi dell’inviolabilità del diritto di ingerenza che potrebbe salvare le vite nei campi libici, in Venezuela e non solo, sono di manica larga quando una Carola forza il blocco, infrangendo qualsiasi regola in nome dei “diritti umani”. Quelli in Libia, in Venezuela cosa sarebbero?

Il messaggio pieno della parabola verrà compiuto quando gli ultras dell’emigrazione si faranno avanti, dichiarandosi disposti a prendere a proprio carico un certo numero di immigranti, provvedendo alla loro sistemazione, offrendo loro casa e mantenimento, assistenza e sicurezza e assicurandogli un futuro lavorativo. Garantendo che nulla avranno mai a pretendere dallo Stato per quanto suesposto.

“Armiamoci e PARTITE” l’abbiamo sentita tante altre volte. E’ ora di tacere se non si crede in quello che si dice.