Bracciano, spese elettorali fantasma a 5 stelle: ecco i documenti per i paladini della trasparenza e dell’onestà

BRACCIANO (RM) – Il nostro articolo sulle spese elettorali dei candidati M5S alle amministrative di Bracciano, finite sotto segnalazione della Corte di Appello di Roma, hanno suscitato l’attenzione del consigliere comunale di opposizione Marco Tellaroli che nonostante l’emoticon “divertito” sul suo post è sembrato tutt’altro che allegro.

Puntualizziamo per chi cerca sempre di giustificare condotte singolari

Intanto la questione non è stata definita “regolare” da nessuno e la lettera di Venerina Marziano è del 2018, quindi la vicenda non è affatto finita nel 2016 come asserito da Marco Tellaroli.

Marziano ha altresì scritto una dura lettera a Marco Tellaroli dove gli fa presente che è al corrente che al Comune di Bracciano è stata depositata una dichiarazione non sottoscritta riferita alla sua persona dove addirittura la stessa Marziano avrebbe dichiarato di aver sborsato euro 106,63 per la campagna elettorale. Ecco la lettera di Marziano a Tellaroli e la dichiarazione non sottoscritta presentata all’insaputa di Venerina Marziano.

La lettera del 2018 di Venerina Marziano a Marco Tellaroli dove contesta la dichiarazione di spese a suo nome presentata al Comune

Qui la documentazione presentata al Comune da Tellaroli che attesta le presunte spese di Venerina Marziano

Inoltre c’è una denuncia alla Corte di Appello che porta la data di dicembre 2018 (quindi già le prime dichiarazioni del consigliere “divertito” sono facilmente smentite). Ovviamente per la fonte, ovvero l’autore dell’esposto è tutelato dal segreto professionale. Tutto normale, anzi guai se non fosse così. Le fonti che forniscono documentazioni, atti e dichiarazioni ai giornalisti (giornalisti e non blogger o leoni da tastiera) devono potersi sentire libere di non essere sottoposte a facile gogna mediatica come sta succedendo in questo momento proprio da parte di chi potrebbe e dovrebbe dare un esempio di “democrazia”, “onestà” e “trasparenza”.

Ma c’è di più perché sul caso delle dichiarazioni delle spese elettorali pentastellate pende anche una denuncia recente presso la Procura della Repubblica di Civitavecchia.

Tellaroli nel suo post svia però l’attenzione sui gettoni di presenza che è ben altro argomento rispetto al caso che lo riguarda in prima persona. E se deve chiedere chiarimenti in proposito (sui gettoni s’intende) suggeriamo al consigliere di chiedere all’Amministrazione comunale per le vie ufficiali e non certamente su Facebook soltanto per fare probabilmente facile propaganda e cercare di guadagnare qualche “like”.

Lui stesso che non appare aver gestito al meglio la questione delle spese elettorali punta il dito sugli altri. Ma è chiaro che stavolta sarebbe meglio che chiarisse la sua posizione, visto che gli atti pubblici non gli danno manforte.

Ribadiamo che il consigliere comunale di Bracciano per il Movimento Cinque Stelle Marco Tellaroli ha presentato all’ufficio elettorale del Comune e Corte d’Appello alcuni moduli con le dichiarazioni di spese elettorali che avrebbero sostenuto diversi candidati consiglieri M5S alle comunali 2016 senza che siano state sottoscritte dagli stessi. E’ dunque consentito a tutti i candidati a sindaco dichiarare cifre riferite ai candidati consiglieri del partito senza che questi ultimi ne siano al corrente e senza la firma degli stessi? E per giunta in netto contrasto con le singole dichiarazioni inviate spontaneamente e singolarmente da ciascun candidato consigliere? Difficoltà di comunicazione all’interno della compagine braccianese a 5 stelle?

Nel modello di rendiconto inviato al collegio regionale di garanzia elettorale ci sono anche i dati di Egle Onori e alla voce delle spese dichiarate dalla stessa c’è l’importo di 103,63 euro.

Qui la documentazione presentata al Comune da Tellaroli che attesta le presunte spese di Egle Onori

La candidata consigliera M5S Egle Onori ha dichiarato il 23 agosto 2016 di non aver sostenuto spese elettorali e neppure ricevuto alcun contributo. E ha firmato di suo pugno tale dichiarazione.

Qui la dichiarazione di Egle Onori che attesta di non aver speso nulla per la campagna elettorale

Qui la documentazione presentata al Comune da Tellaroli che attesta le sue spese

Marco Tellaroli ha dichiarato cifre che non superano il tetto di 2.500 euro oltre il quale è previsto l’obbligo di un mandatario.

Venerina Marziano candidata consigliere M5S alle elezioni amministrative 2016 di Bracciano ha richiesto (con una lettera al Comune di Bracciano datata 13 settembre 2018) spiegazioni su chi avesse compilato la dichiarazione relativa alle spese elettorali, in quanto la stessa ha dichiarato di non aver sottoscritto nulla. Adesso sui social va dicendo che non è stata interpellata prima che uscisse il nostro precedente articolo, ma lo stesso si basa su prove documentali e non su richieste di pareri. Se la stessa volesse invece smentire quanto pubblicato, la invitiamo a mandarci una richiesta di rettifica ai sensi della legge sulla stampa facendo esplicitamente riferimento ai presunti passaggi che a suo dire non corrisponderebbero a verità.

La Marziano ha anche chiesto accesso agli atti per visionare la documentazione inerente le consultazioni elettorali presentate dall’allora candidato sindaco M5S Marco Tellaroli.

Ecco la richiesta

Venerina Marziano ha presentato presso il Collegio regionale di Garanzia Elettorale presso la Corte di Appello di Roma una dichiarazione dove palesava di non aver corrisposto alcun importo di denaro ne a titolo di contributo elettorale ne a titolo di spesa per la propria candidatura.

Tutte le dichiarazioni sono agli atti in Comune

Inoltre agli atti in Comune ci sono tutte le dichiarazioni dei candidati M5S inerenti le spese elettorali ma l’unica firmata è quella di Marco Tellaroli, diverse altre non sono state sottoscritte dai singoli candidati. Ad inviarle è stato proprio Marco Tellaroli. Il consigliere pentastellato ha firmato la sua dichiarazione, sottoscrivendo di aver speso 790 euro per la campagna elettorale. L’unico a firmare, ripetiamo, è stato lui.

Secondo Tellaroli la questione sarebbe chiusa dal 2016, ma le date riportate sugli atti ufficiali e le notizie acquisite dicono l’esatto contrario. Dato che il consigliere si erge di continuo a rappresentante di onestà e trasparenza dovrebbe utilizzare altrettanta onestà e trasparenza nell’ammettere che il caso delle spese elettorali deve essere giustamente approfondito nelle sedi opportune per evitare che in futuro si ripetano dinamiche simili. Cosa avrebbe fatto Tellaroli se il protagonista di questa triste vicenda fosse stato un antagonista politico?




Cambiamenti climatici, a Copenaghen i sindaci delle metropoli mondiali per il C40: Sala e Raggi in rappresentanza dell’Italia

Roma ha partecipato al C40 World Mayor Summit, a Copenaghen, dove le principali città del mondo condividono strategie e buone pratiche per contrastare i cambiamenti climatici. Il vertice dei sindaci del C40 a
Copenaghen ha lo scopo di edificare una coalizione globale di città, imprese e
cittadini che si raduna attorno all’azione radicale e ambiziosa sul clima di
cui il nostro pianeta ha bisogno.

Il vertice ha mostrato esempi di
come le città stiano già rispettando i loro forti impegni e accelerando le
soluzioni climatiche audaci necessarie per un futuro sostenibile, più sano,
resistente e inclusivo. C40 Cities collega oltre 90 delle principali città del
mondo per intraprendere iniziative concrete sul clima e costruire un futuro più
sano e sostenibile. In rappresentanza di oltre 700 milioni di cittadini e un
quarto dell’economia globale, i sindaci delle città C40 si impegnano a
raggiungere gli obiettivi più ambiziosi dell’Accordo di Parigi a livello
locale, nonché a ripulire l’aria che respiriamo.

La sindaca di Roma Virginia Raggi si
è detta “orgogliosa di rappresentare la
Capitale d’Italia proprio nel giorno in cui il nostro Governo si apprestava ad
approvare il disegno di legge sul clima, un Green New Deal che promuoverà
concretamente i principi della sostenibilità e dell’economia circolare; insieme
ad altri sindaci delle più grandi aree metropolitane del mondo ho incontrato Al
Gore, ex vice presidente Usa, Nobel per la Pace e uno dei massimi leader
mondiali nel contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici: un confronto che
ci ha confermato il ruolo fondamentale delle città nell’elaborazione di
politiche di sostenibilità ambientale che possano essere poi accolte a livello
nazionale. Questo è il futuro che ci chiedono a gran voce i nostri figli,
quando scendono nelle piazze di tutto il mondo ispirati da Greta Thunberg.
Questo è il futuro che vogliam
o”.

Al Gore ha e spronato a diventare leader di un cambiamento. Ha indicato i
rischi che il pianeta corre a causa dei cambiamenti climatici ma anche i grandi
progressi degli ultimi anni in tema di resilienza e sfruttamento delle energie
rinnovabili, e le prospettive del prossimo futuro.

Il cambiamento parte dalle città. E’ questa la convinzione che Roma ha
condiviso con le altre principali metropoli mondiali, al C40 Summit di
Copenhagen. E’ quindi importante rafforzare la collaborazione, il confronto e
lo scambio di buone pratiche tra i sindaci delle più grandi capitali del mondo,
sui temi della sostenibilità e della lotta ai cambiamenti climatici.

Un’attività che  saprà portare avanti
con perizia il nuovo presidente del C40, Eric Garcetti, sindaco di Los Angeles,
I delegati hanno ringraziato la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo, per il grande
lavoro svolto in questi anni alla guida del C40, grazie al quale questa
esperienza e’ cresciuta in termini di contenuti e di partecipazione, con la
presenza quest’anno di circa 70 sindaci.

Tra questi anche Beppe Sala sindaco di Milano, con il quale la Raggi ha rappresentato l’Italia al summit

Nel suo discorso in perfetto inglese, la sindaca Virginia Raggi, ha
sottolineato gli sforzi della capitale italiana per far fronte agli effetti del
cambiamento climatico. Ha detto che Roma “è
la prima città italiana ad avere un piano d’azione reale e solido per prevenire
i rischi legati ai cambiamenti climatici e reagire con azioni efficaci per
affrontare una crisi potenziando le reti ecologiche esistenti e promuovendo un
progetto di rigenerazione urbana,trasformando ogni problema in opportunità
”.

Ha aggiunto di essere molto orgogliosa del piano di mobilità urbana sostenibile di Roma elaborato anche con le consultazioni dei cittadini. “Dal prossimo 1 novembre vieteremo il diesel dal centro di Roma, un’area di circa 48 chilometri quadrati. L’importanza di una città piena di storia e di ricchezze d’arte è una sfida molto interessante tra le nuove opere che devono essere fatte e la necessità di proteggere l’identità di Roma e della nostra storia, il che non è facile ma ce la faremo perché Papa Francesco ha detto che questa è l’unica casa che abbiamo e spetta a noi fare tutto il possibile per proteggerla ”.




Ocean Viking raccoglie altri 74 migranti: Lamorgese: Ue non ci lasci soli

La Ocean Viking, nave di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere, ha soccorso 74 migranti – tra di loro sei minori – che si trovavano su un gommone in difficoltà a circa 50 miglia dalle coste libiche. “Esausti dal pericoloso viaggio, sembrano tutti in condizioni stabili”, fanno sapere daMedici senza frontiere in un tweet.

Lamorgese, l’Ue non ci lasci soli

La crisi siriana va affrontata con una risposta forte da parte Ue, di fronte all’intensificarsi dei flussi migratori non vanno lasciati soli i paesi più esposti, ma va promosso un approccio europeo solidale. Luciana Lamorgese, intervistata dal Corriere, ha evidenziato la necessità di superare gli squilibri nella ripartizione dei migranti, con procedure di ricollocazione automatiche, proseguire nel sostegno alla stabilizzazione della Libia e avviare un confronto con le Ong, partendo dal codice di condotta già sottoscritto al Viminale.




Pensionati, conti bancari e… quelle tariffe dei gestori telefonici per inviare gli O-Key-sms ai correntisti: la brutta avventura di un anziano di Anguillara Sabazia alla filiale Intesa-San Paolo

Difficile immaginare cosa avrebbe raccontato Emilio Gadda se al posto dell’anziano pensionato si fosse trovato egli stesso, quella mattina nella filiale di quella banca a via Santo Stefano ad Anguillara Sabazia. Forse un racconto della vergogna, una storia che non sarebbe dovuta mai capitare, in un paese – l’Italia – normale.

Il malcapitato è un comune anziano pensionato. E’ uno dei tanti. L’autore di quel brutto pasticcio è la filiale di una banca che si vanta di essere il primo gruppo bancario in Italia per numero di sportelli.

L’obbligo di legge per riscuotere la pensione in banca

Bene è conoscere che a seguito delle vigenti leggi si fa obbligo al pubblico dipendente e al pensionato di diventare, loro malgrado, titolari di un conto corrente bancario. Questo lo spiega il seguente commento alle disposizioni in materia di legge: “Un dipendente di una società privata, che sino ad oggi ha percepito uno stipendio inferiore a 3.000 euro con accredito direttamente in banca potrà, a partire dal 1° gennaio 2016 (data di entrata in vigore della Legge di Stabilità 2016, continuare a chiedere la consegna del denaro contante. Non lo potrà fare invece il pubblico dipendente o il pensionato. Questo perché la legge di Stabilità 2016 modifica solo l’art. 49, comma 1-bis, del decreto legislativo del 21.11.2007 n. 231 che ha ad oggetto le “limitazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore”.
1) -Il c/c del nostro anziano presso la banca in questione assolve a questo obbligo impostogli.
2) -Per sua comodità, al momento dell’accensione del conto gli fu fornito oltre al bancomat anche il servizio internet con relativo codice
o-key, con il quale avrebbe potuto visionare la situazione del suo conto corrente con rinuncia però di operare online.

I fatti

Lo scorso 31 maggio, da parte del Consigliere delegato e Ceo – Filiale N. 40113 della banca Intesa San Paolo ad Anguillara Sabazia, arrivato il seguente messaggio all’anziano cliente: “La sua carta di pagamento è prossima alla scadenza. La nuova carta sostitutiva è già stata prodotta e sarà disponibile in filiale”. L’anziano prendendo tempo, verso la fine di giugno si è recato in filiale per farsi “sostituire la carta di pagamento”

Quello strano ed equivoco comportamento allo sportello

“Firmi qua, una firma qui-qui e anche qui, la vecchia carta non serve più, la strappiamo, ecco la nuova carta, il numero del cellulare è sempre quello? Conferma? Va bene! Abbiamo fatto! Buona giornata! La chiavetta
O-key non serve più, al suo posto riceverà un messaggio dalla banca. Di nuovo, buona giornata.”

La inaspettata scoperta dell’anziano

Arrivato a casa, il nostro anziano, cercava di connettersi al suo conto online e gli arrivava un messaggio sms con un codice della banca sul suo cellulare Brondi, quindi immetteva il codice nello spazio richiesto e il conto si apriva. Una volta, due volte e poi NON PIU’. “Errore, chiedere al proprio provider”. L’anziano facendo una veloce ricerca su internet scopre infine l’arcano.
I messaggi della banca stavano esaurendo la sua carica telefonica. Volendo saperne di più scopre questa strana pubblicità sul web: “O-Key SMS ha un canone annuo di 10 euro. In più, ti sarà addebitato il costo di ogni SMS ricevuto in base al gestore telefonico sull’utenza del cellulare certificato. In particolare, i costi sono: TIM 0,075 euro, Vodafone 0,08 euro, Wind 0,08 euro, H3G 0,16 euro, Iliad 0,08 euro, PostePay 0,16 euro, Fastweb 0,08 euro, Kena Mobile 0,16 euro, Tiscali 0,08 euro, Coop Voce 0,16 euro, Welcome Mobile 0,16 euro.”

Alla faccia della direttiva UE!

L’anziano svegliandosi s’accorge che allo sportello gli avevano fatto firmare un servizio che non avrebbe mai firmato se glielo avessero spiegato.
Il 28 giugno ha inviato una immediata disdetta per il servizio che gli avevano fatto sottoscrivere a sua insaputa con il pretesto di sostituire la carta scaduta.

Immediata la risposta della banca : “Buongiorno, potete recarvi in filiale per firmare la revoca del servizio. Cordiali saluti”
L’anziano recandosi in banca, firma la revoca del servizio e torna a casa. A questo punto la banca non avrebbe dovuto più interessarsi se l’anziano avesse o no il cellulare oppure se fosse ancora collegato ad internet. Per la banca da questo momento in poi l’anziano avrebbe dovuto figurare come cliente che intrattiene semplici rapporti di conto corrente. Chiaro il concetto, no? Per la banca, vedremo più avanti, sembra di no.

Allo sportello scoppia il fattaccio

Lo scorso 7 ottobre, alle ore 11.00 l’anziano si è presentato allo sportello per fare un bonifico. Il cassiere, molto imbarazzato, per tre quarti d’ora maneggia con il computer. Alla fine assumendo uno sguardo compassionevole dice all’anziano: “Non si può fare niente.”
Perché, chiede l’anziano, manca la corrente? No, risponde il cassiere, il suo conto è bloccato. Sta scherzando? I soldi ci sono, insiste l’anziano.
“I soldi non c’entrano. – dice il cassiere – Il suo conto è bloccato perché lei aveva disdetto il servizio codice O-Key sms.”

A questo punto, l’anziano abbastanza contrariato sbotta: Che c’entra mai il servizio o-key sms. Stiamo parlando di conto corrente e pertanto, prego, mi faccia il bonifico.
Il cassiere insiste con la sua tesi allora l’anziano chiede quali siano le disposizioni e da chi provenissero. Chiede che gli venga consegnata copia di queste direttive. A questo punto il cassiere stampa un foglietto dove si vede scritto: “ATTENZIONE: il cliente non ha ancora sottoscritto il contratto di dematerializzazione”
L’anziano pensionato ci tiene a precisare che a lui non è stato mai presentato questo tipo di contratto. L’unico presentato che poi lo aveva disdetto, era quello per il servizio codice O-Key sms, fra l’altro con abbonamento e addebiti dei messaggi inviati dalla banca.

Quando è troppo è troppo!

Come ultimo stratagemma l’anziano prova: Allora vado a fare un prelievo bancomat così mi potrà fare il bonifico contro contanti. “Va benissimo, risponde il cassiere, ma le costerà 9 euro.”

La chiamata ai carabinieri e l’intervento della direttrice

A questo punto l’anziano esaurito, si alza, chiede alla sua signora il cellulare ed inizia a formare il numero per chiamare i carabinieri.
Intanto da quando era entrato in banca già era già trascorsa quasi un’ora e mezza. I clienti in sala assistevano a questa scena movimentata tanto è che finalmente intervenendo la direttrice, invita l’anziano ad accomodarsi nel suo ufficio. L’anziano, su preghiera della stessa direttrice interrompe la telefonata con i carabinieri e si accomoda presso l’ufficio della direttrice. Senza dilungarsi ulteriormente è trascorsa un’altra ora dopo di che la signora direttrice ha fatto il bonifico al malcapitato anziano. Roba da non raccontare. Due ore e oltre per fare un bonifico con una folle pretesa che non sta ne in cielo e ne in terra. Ovvio, chiede qualcuno, ma l’anziano non ha presentato alcun reclamo alla sede della banca? Certo che lo ha fatto e sta aspettando risposta, dopo di che valuterà se intraprendere altre vie per fare conoscere il fattaccio cosi altri anziani non dovranno vivere simili esperienze.




Fatta a pezzi, la storia di Pamela Mastropietro [seconda puntata]: il Tribunale aveva ordinato l’espulsione di Oseghale

Il tragico omicidio di Pamela Mastropietro, con tutta probabilità, poteva essere evitato se nel 2017 si fosse dato corso a quanto stabilito nella sentenza emessa dal Tribunale di Macerata. Una sentenza, quella del 22 giugno del 2017, che vedeva condannato l’assassino di Pamela Mastropietro, il nigeriano Innocent Oseghale, alla pena di 4 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di mille euro per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Il Giudice nella stessa sentenza decreta peraltro l’espulsione dal territorio italiano, a pena espiata, di Innocent Oseghale oggi condannato alla pena dell’ergastolo per aver stuprato e fatto scempio del corpo di Pamela Mastropietro.

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L’avvocato Marco Valerio Verni, zio di Pamela Mastropietro commenta la sentenza del 2017 che ordinava l’espulsione dall’Italia di Innocent Oseghale. Espulsione che sarebbe dovuta avvenire dopo che Oseghale avesse terminato di scontare la pena. Ma il nigeriano è ricorso in appello e il fato ha voluto che proprio in quel lasso di tempo sia tornato a delinquere macchiandosi dell’atroce omicidio di Pamela.

“Oseghale aveva chiesto e ottenuto il rito abbreviato” commenta l’Avvocato Marco Valerio Verni zio di Pamela Mastropietro “Il pubblico ministero – prosegue Verni – aveva chiesto due anni e otto mesi, il giudice lo condanna a 4 mesi, quindi già qui un pm che chiede due anni e otto mesi e un magistrato giudicante che gli dà 4 mesi già questo mi pone inquietudine come cittadino perché sebbene come avvocato sia abituato a vedere queste cose c’è però troppo divario tra quello che viene chiesto e quello che viene dato. Allora lo ha chiesto troppo il pubblico ministero oppure è stato troppo generoso il giudicante e questo purtroppo accade spesso.”

Le particolarità della sentenza

L’avvocato Verni entra poi nel merito della sentenza concessa a Innocent Oseghale, spiegando quelle che sono le particolarità della stessa:

“Oseghale viene condannato a 4 mesi – spiega l’avvocato Verni – il giudice sospende la pena, come si è soliti fare purtroppo, ormai con un automatismo che spesse volte diventa poi criminale come in questo caso e mi assumo la responsabilità naturalmente di quello che dico e facendo affidamento sull’effetto dissuasivo che questa condanna avrebbe avuto su Oseghale, cioè il giudice dice io sono sicuro che Oseghale a seguito di questa condanna non commetterà più reati. E infatti si è poi visto il 30 gennaio 2018, qualche mese dopo, che cosa ha fatto Oseghale.”

Verni: “Una sentenza schizofrenica”

“La schizofrenia di questa sentenza – prosegue Verni – è che mentre il giudice prima dice sono sicuro che Oseghale non commetterà più reati qualche rigo dopo lo stesso giudice dice vista la pericolosità sociale riconosciuta del soggetto se ne dispone l’espulsione appena espiata la pena di quattro mesi.”

L’avvocato Verni spiega di aver pensato quindi ad un possibile refuso in quanto non è possibile che sulla stessa sentenza vengano scritte due cose direttamente contrastanti. E infatti, a proposito del passaggio della sentenza dove il giudice scrive “…l’imputato si asterrà dalla consumazione di nuovi reati” concedendogli la sospensione condizionale della pena per poi scrivere ancora “Si ritiene da ultimo, che nel caso di specie debba anche essere applicata la misura dell’espulsione” motivando la decisione con il fatto che “risulta sussistere in concreto la pericolosità sociale dell’imputato”. Insomma prima si concede il beneficio della sospensione condizionale della pena asserendo che l’imputato si asterrà dal commettere altri reati, poi si ordina l’espulsione perché Oseghale è pericoloso socialmente.

“Nel caso di Pamela – commenta ancora l’avvocato Verni – tra l’altro, ci sarebbe da dire, riguardo la lentezza dei Tribunali, che Oseghale aveva fatto domanda di protezione internazionale che era stata rigettata in tutti i gradi dalla Commissione territoriale fino alla Corte d’Appello se non sbaglio siamo fine del 2016. La Corte d’Appello di Ancona nel 2018 o fine del 2017 non aveva ancora trasmesso gli atti nuovamente indietro alla commissione territoriale perché a quel punto Oseghale avrebbe potuto subire il provvedimento di espulsione e quindi teoricamente lui a gennaio del 2018 non sarebbe più dovuto stare sul territorio italiano.”
Quindi la lentezza dei Tribunali ha creato un’altra vittima, così come accaduto a Torino, dove sempre un africano che non doveva più stare in Italia, sempre per una questione di ritardo nella comunicazione tra Tribunali, poi compì gli atroci atti ai danni di una ragazza.
“La sospensione condizionale della pena – commenta ancora Verni – dovrebbe in qualche modo responsabilizzare i magistrati, perché in un caso come questo dove il magistrato si è preso la responsabilità, perché è discrezionale l’applicazione della sospensione condizionale della pena che il magistrato fa su tutta una serie di elementi. Ma alla fine è discrezionale. Poteva anche non concederla. L’ha concessa. Bene, in questo come in altri casi io credo che i magistrati dove palesemente si è sbagliato dovrebbero essere chiamati a rispondere di questi loro errori.”




Tre opere idrauliche italiane nel patrimonio mondiale dell’ICID: soddisfazione del presidente ANBI

Tre opere idrauliche italiane sono entrate nel patrimonio mondiale delle opere irrigue per decisione dell’ICID (International Commission on Irrigation and Drainage) nel corso del World Irrigation Forum, tenutosi a Bali, in Indonesia; la cerimonia di consegna del prestigioso riconoscimento è avvenuta Roma nella sede del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

A diventare “bene dell’umanità” sono due impianti gestiti dal Consorzio di bonifica Pianura di Ferrara ed uno dal milanese Consorzio di bonifica Est Ticino Villoresi.

Alle Prese di Migliaro, in comune di Fiscaglia, il riconoscimento è stato attribuito quale “esempio squisito delle capacità tecniche e ingegneristiche italiane, volte a realizzare strutture di diversione dell’acqua per il raggiungimento dello sviluppo economico e della sicurezza alimentare nella regione” Emilia Romagna; analoga la motivazione per l’altra infrastruttura ferrarese: i Sifoni di Berra sono stati riconosciuti come “eccezionali opere di irrigazione che hanno consentito lo sviluppo agricolo ed economico nella regione”.

“Uno straordinario esempio di diga che ha portato alla creazione di un paesaggio agricolo artificiale, indispensabile allo sviluppo agricolo ed economico nella regione”: è questo, invece, il motivo per cui l’International Commission on Irrigation and Drainage ha conferito l’importante riconoscimento anche all’impianto idraulico del Panperduto a Somma Lombardo, in provincia di Varese. Tale impianto irriguo ha cambiato il destino economico di una vasta area giunta a simboleggiare l’evoluzione multifunzionale dell’acqua distribuita dai Consorzi di bonifica ed irrigazione; attraverso un reticolo vasto e ramificato sul territorio, l’impianto di Panperduto rappresenta la perfetta sintesi tra funzionalità e pregio paesaggistico.

“E’ un grande onore vedere riconosciuti, a livello mondiale, tre impianti idraulici italiani – commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – Sono strutture efficienti, che affondano le radici nella storia a conferma di enti consortili, che tramandano la cultura idraulica, facendola evolvere verso nuovi orizzonti.”

“E’ un’esperienza, che fa parte del DNA dei Consorzi di bonifica ed irrigazione – completa Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – Non è un caso, infatti, che la recente attribuzione di lavori per oltre un miliardo di euro dipenda dalla straordinaria capacità progettuale messa in campo a servizio del territorio.”




Fatta a pezzi, la storia di Pamela Mastropietro [Prima puntata]

La vicenda

Pamela Mastropietro lascia al mattino la comunità pars di Corridonia dove è ricoverata da ottobre.

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Il video servizio che ricostruisce gli ultimi momenti di vita di Pamela Mastropietro trasmesso a Officina Stampa del 10/10/2019

Lungo il cammino incontra un uomo che le dà un passaggio, i due trascorrono del tempo insieme lui le offre qualche decina di euro e la lascia in stazione a Mogliano. In partenza c’è un treno per Macerata. Pamela sale a bordo del convoglio e arriva in città 20 minuti dopo. In stazione chiede informazioni per tornare a Roma, vuole tornare a casa ma incontra un altro uomo e i due lasciano la stazione e trascorrono del tempo insieme. Pamela è di nuovo in stazione a Macerata. Cerca ancora di tornare a Roma. Lungo i binari incontra Vincent è un ragazzo di colore a cui Pamela chiede droga. Vincent chiama al telefono a un certo Innocent Oseghale. Pamela lo raggiunge in taxi ai giardini Diaz.

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Il video servizio su Innocent Oseghale trasmesso a Officina Stampa del 10/10/2019

Pamela incontra Oseghale i due chiacchierano e lasciano i giardini Diaz per recarsi in via Spalato entrano in una farmacia dove Pamela acquista una siringa poi fanno ingresso nella casa di Oseghale al civico 124. Innocent Oseghale è a casa con Pamela. Chiama Desmond Lucky, forse per chiedergli l’eroina. Tra loro avvengono 17 contatti telefonici fino alle 13:42

Secondo l’accusa Pamela viene uccisa e fatta a pezzi tra le 12 e le 19 di martedì 30 gennaio. Le celle telefoniche individuano Innocent Oseghale, Desmond Lucky e Lucky Awelima nella casa di via Spalato. Lucky accompagna Innocent Oseghale a comprare la candeggina poi Oseghale chiama un taxi carica due trolley contenenti il corpo di Pamela smembrato e si fa accompagnare a Casette Verdini dove abbandona le due valigie. Il tassista lo riaccompagna a casa, ma colto dal sospetto torna indietro e apre i trolley facendo la macabra scoperta.

Da sinistra: Fabrizio Mignacca (Psicologo – psicoterapeuta), Federica Nobilio (Fratelli d’Italia), Marco Valerio Verni (Avvocato e zio di Pamela Mastropietro) ospiti a Officina Stampa commentano la vicenda di Pamela Mastropietro



Mafia nigeriana, tra le più pericolose organizzazioni criminali presenti in Italia [seconda puntata]: la degenerazione delle confraternite in organizzazioni criminali

Proseguiamo il viaggio sulla mafia nigeriana dopo aver visto, nel corso della puntata precedente, quelle che sono le radici, che si affondano nella religione Voodoo tutt’oggi ancora diffusissima tra le popolazioni di quel tratto di costa africana che si affaccia sul Golfo di Guinea, meglio noto con il nome di “Costa degli Schiavi”.

Tradizioni, usanze e riti, in particolar modo legati al Voodoo, presi a prestito dalle varie organizzazioni criminali nigeriane per iniziare i nuovi adepti.

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Il video servizio trasmesso a Officina Stampa del 10/1’/2019

Organizzazioni la cui origine va ricercata in quella che rappresenta una vera e propria degenerazione delle confraternite (cults), che fin dagli anni 50 erano state fondate, sul modello di quelle americane, nelle università della regione del Delta del fiume Niger il cui scopo iniziale era quello di diffondere messaggi di pace e di rispetto, condannando qualsiasi azione e forma di razzismo e di apartheid. Ma in tempi molto brevi queste confraternite si sono trasformate in veri e propri clan criminali che si sono espansi anche al di fuori dei confini delle stesse Università.

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Da sinistra: Fabrizio Mignacca (Psicologo-psicoterapeuta), Federica Nobilio (Fratelli d’Italia) e Marco Valerio Verni (Avvocato e zio di Pamela Mastropietro) ospiti nella trasmissione Officina Stampa del 10/10/2019 per commentare il fenomeno della mafia nigeriana

La prima confraternita censita fu quella che prese il nome di PYRATES, poi a seguito di scissioni nacquero i SEA DOGS e i BUCCANEERS che a loro volta diedero vita al NEO BLACK MOVIMENT OF AFRICA trasformatosi a sua volta in BLACK AXE CONFRATERNITY. E poi a seguito di altre scissioni prese origine la EIYE CONFRATERNITY. E in questo microcosmo di confraternite ricordiamo anche la SUPREME VIKINGS CONFRATERNITY fondata nel 1984 da un ex-membro della confraternita dei BUCCANEERS.

Con il passare del tempo le confraternite uscirono dal mondo universitario acquisendo sempre maggior forza e potere imponendo le proprie regole anche con l’uso della violenza, riuscendo, in breve tempo, anche ad infiltrare il mondo economico, politico e sociale del Paese.

Acquisita ormai una vera e propria connotazione criminale, le varie confraternite hanno dimostrato sin da subito la capacità di fare affari con altre consorterie al di fuori della Nigeria, espandendosi all’estero, in quasi tutti i Paesi europei, in Italia, nel Nord e nel Sud America, in Giappone e in Sud Africa.

La criminalità nigeriana si è dunque sviluppata al di fuori dei propri confini, sfruttando i flussi migratori. La documentazione giudiziaria ed informativa degli ultimi anni evidenzia gli ampi margini di operatività dei
sodalizi nigeriani attivi in Italia, dal traffico internazionale e lo spaccio al minuto di sostanze stupefacenti alle estorsioni soprattutto in danno di cittadini africani gestori di attività commerciali, all’induzione ed allo sfruttamento della prostituzione, al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, alla falsificazione di documenti, alla contraffazione monetaria, alla tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù, alle truffe e frodi informatiche, ai reati contro la persona e contro il patrimonio.




Trieste, poliziotti uccisi in questura: l’assassino sarebbe stato ricoverato in una clinica psichiatrica. Avrebbe sfondato con un’auto le barriere di un aeroporto. L’intervista esclusiva al Prefetto Francesco Tagliente

Il Prefetto Francesco Tagliente è intervenuto a La Vita In Diretta condotta da Alberto Matano per parlare dell’omicidio degli Agenti della Volante 2 Pierluigi Rotta e Matteo Demenego nella Questura di Trieste.
In studio anche la giornalista del TG1 Emma D’Aquino e in collegamento da Trieste per tutti gli aggiornamenti, la giornalista Elena de Vincenzo
Nel corso del servizio Tagliente commentando le immagini del tentativo di fuga dell’assassino di Pierluigi e Matteo, ha detto che dai 26 secondi del filmato emerge che gli operatori della Questura di Trieste sono riusciti a fermare l’autore del duplice omicidio degli Agenti scongiurando ulteriori tragedie.

Il Filmato ha aggiunto il Prefetto mette in evidenzia anche una elevatissima professionalità e rispetto della persona da parte degli Agenti operanti: nel conflitto a fuoco potevano legittimamente uccidere l’assassino dei due colleghi, lo hanno solo ferito. Questa è la Polizia di Stato che vogliamo.
Abbiamo chiesto al Prefetto Tagliente una intervista sull’argomento. Ecco cosa ci ha detto.

Chi è Alejandro Meran l’assassino dei due Agenti delle Volanti della Questura di Tieste?
Azzardare ipotesi sarebbe poco serio. Bisogna aspettare l’esito degli accertamenti in tutti paesi e le città in cui ha abitato.
Per i poliziotti delle Volanti, al momento del fermo, era uno straniero di origini dominicane titolare di una carta di soggiorno ottenuta un paio di
anni fa, 29 anni, nessuna denuncia conosciuta, di professione magazziniere, in Italia da 14 anni, da sei mesi a Trieste con la madre cittadina italiana e con un vissuto in Baviera, a Udine, Bellino e L’Aquila. Un uomo qualunque, sul quale fare accertamenti per il furto di un motorino.

Fisicamente robusto, alto e molto muscoloso con i capelli rasta.
Dal Filmato emerge invece, una sua dimestichezza con le armi. Avrebbe scarrellato la pistola sottratta a uno dei due poliziotti, un gesto non alla portata di tutti. La sua familiarità con le armi si intuisce anche dalle immagini che lo ritraggono mentre tenta di fuggire impugnando le due pistole.
Per capire chi è, se abbia commesso altri episodi di violenza, bisogna aspettare i riscontri dal paese di origine e dalle città dove ha soggiornato. Si ipotizza che sarebbe stato coinvolto in una vicenda di droga a Santo Domingo. Si è saputo anche che in Germania con un’auto avrebbe tentato di sfondare le barriere dell’aeroporto di Monaco di Baviera. Per questo sarebbe stato ricoverato in una clinica psichiatrica da cui poi si sarebbe allontanato. Ma di questo, al momento dell’accompagnamento negli uffici della Questura di Trieste, nulla risultava alle autorità italiane.

Cosa le fa pensare il filmato di 26 secondi sul tentativo di fuga dell’Assassino dei due poliziotti dalla Questura?
E ‘solo un segmento di immagine di quello che è accaduto, e non ci consente una ricostruzione completa. Ci offre comunque lo spunto per
riflettere. Sono immagini che evidenziano fasi estremamente concitate e allo stesso tempo drammatiche con la risposta degli operatori della
Questura di Trieste: dopo l’uccisione dei colleghi Pierluigi e Matteo sono riusciti a rendere inoffensivo l’assassino scongiurando la possibilità che il
bilancio potesse essere più tragico. Sparava all’impazzata, se non fosse stato arrestato avrebbe potuto ammazzare altre persone. L’operato degli
Agenti evidenzia anche la loro professionalità e il rispetto della persona. Nel conflitto a fuoco lo avrebbero potuto legittimamente uccidere ma lo hanno solo ferito. Questo fa emergere il grande rispetto per la vita umana da parte degli Agenti.

C’è stata anche una polemica sull’uso delle manette
Chiariamo subito che non c’erano i presupposti giuridici per mettere le manette e nulla faceva presagire una azione così criminale.
Gli operatori delle volanti stavano trattando il caso di un 29enne incensurato responsabile di rapina impropria, il furto di un motorino seguito da una spinta alla proprietaria, avvenuta in mattinata, quindi era passata da un pezzo la flagranza e non c’erano i presupposti per operare un fermo di indiziato di delitto perché si era costituito. Agli agenti non può essere addebitata nessuna leggerezza. Hanno operato bene. Sono certo che se si fossero trovati di fronte un sospettato di terrorismo o di criminalità organizzata, o avessero conosciuto il suo precedente in Germania con il ricovero coatto in una clinica psichiatrica le procedure e le cautele nell’accompagnarlo al bagno sarebbero state diverse.

C’è stata polemica anche sulle fondine in uso agli Agenti
La polemica sulle fondine mi sembra fuori luogo considerato che nessuno ha visto il momento del duplice omicidio e in che maniera l’assassino si sia impossessato dell’arma. Condivido quindi quello che ha detto sull’argomento il Capo della Polizia Franco Gabrielli: “Non c’è correlazione tra l’ipotetica inefficienza della fondina e l’episodio che ha visto la morte dei colleghi della questura di Trieste”.

Chi sono per Francesco Tagliente i due poliziotti Matteo Demenego e Pierluigi Rotta uccisi da Meran?
La personalità di Pierluigi e Matteo emerge chiaramente dal video che hanno postato come Volante 2 prima di intraprendere un turno di
servizio notturno: “Dormite sonni tranquilli ci sono i figli delle stelle”. Da quel video oltre al senso del dovere e la dedizione traspare l’impegno, la
passione, lo spirito di servizio e il senso dello Stato dei due poliziotti che, come tanti altri colleghi delle Volanti, per garantire il diritto alla sicurezza
di chi ha bisogno, spesso rinunciano anche ai propri diritti. Rappresenta il sacrificio e la dedizione al servizio di tanti operatori della Polizia di Stato
che hanno sacrificato anche la loro vita per garantire il rispetto delle leggi dello Stato e per tutelare la sicurezza di tutti i cittadini della Nazione.
E se 7 italiani su 10 hanno fiducia nel lavoro della Polizia di Stato; se con il 71,5 per cento dei consensi, la Polizia di Stato risulta essere il Corpo in
divisa più amato tra tutte le Forze dell’Ordine – come riportato nel Rapporto Eurispes 2019 – gran parte del merito va anche alle volanti impegnate nell’attività di controllo del territorio.

Dalle sue parole traspare un’altissima considerazione del lavoro delle Volanti. Quali sono i valori che accomunano gli uomini di questi reparti?
Gli operatori delle Volanti sono legati da un lavoro che li espone più degli altri ad un elevato rischio fisico e giuridico e hanno un comune modo di
sentire il dovere di servizio per la gente. Vivendo a contatto con le condizioni umane più drammatiche maturano una particolare sensibilità sociale che traspare dal grande rispetto per la persona soprattutto nei confronti di chi versa in una condizione di fragilità. Ed è proprio questo modo di interpretare il servizio che consente alla Polizia di godere di un enorme rispetto, gratitudine e ammirazione da parte della gente.

Per concludere ci indica cosa fare per ridurre l’esposizione a questo elevato rischio fisico e giuridico degli operatori delle Volanti? Ci dica quale metterebbe al primo posto?
La certezza e l’immediatezza della esecuzione carceraria della pena per gli autori di crimini gravi che manifestano una indole violenta.

Può spiegarlo meglio con un esempio?
Ci sono tantissimi esempi. Solo nelle ultime ore il personale di un Commissariato romano è stato coinvolto in tre diversi episodi di soggetti senza fissa dimora che hanno reagito con violenza e minaccia al controllo di polizia. In un caso ci sono stati due poliziotti feriti. In tutti e tre i casi le persone arrestate sono tornate libere dopo poche ore, senza misure idonee a cautelare la società civile dalla loro rabbia, dalla loro violenza e dalla loro forza fisica. E senza nessuna cura sociale o sanitaria.
Per indicare un fatto grave che non ha avuto conseguenze drammatiche per la prontezza del poliziotto, faccio riferimento al caso romano di un
nigeriano di 20 anni già con precedenti che nel corso di un controllo aggredisce l’agente e nella colluttazione cerca di levargli la pistola. L’agente,
aiutato da un collega, reagisce evitando che lo straniero possa impossessarsi dell’arma. Il nigeriano viene portato al Commissariato Esquilino dove aggredisce due poliziotti procurando lesioni refertate ad entrambi. Arrestato per lesioni viene portato in udienza, dove il suo arresto viene convalidato ma viene rimesso subito in libertà con il semplice obbligo di firma a un commissariato vicino a quello che ha operato.

Con quale messaggio vuole chiudere questa intervista?
Invito a immaginare l’effetto di quella decisione sugli operatori aggrediti chiamati a ripetere i controlli nei confronti di pregiudicati pericolosi della
zona, e sugli stessi destinatari dei controlli. Sono stato sempre convinto che se anche uno solo degli anelli della catena messa a protezione della società non svolgesse il suo ruolo, verrebbe vanificato anche l’impegno e il ruolo di tutti gli altri.




Bracciano, si è dimesso l’assessore Giovanni Bentivoglio

Si è dimesso l’ex sottufficiale della Guardia di Finanza Giovanni Bentivoglio, assessore Lavori Pubblici, Cimitero, Trasporti, Mobilità, Acquedotto e Pubblica Illuminazione del Comune di Bracciano, finito come persona informata sui fatti nell’inchiesta giudiziaria sul caso Vannini, il ragazzo ucciso a Ladispoli.

L’assessore lascia il Comune protocollando una lettera di dimissioni al Sindaco Armando Tondinelli in cui fa presente che anche per problematiche fisiche, non è in grado di garantire serenità nel suo operato presso il Comune.

Un gesto apprezzabile quello di Bentivoglio che in un momento in cui non si sente completamente sereno decide di fare un passo indietro per il bene della collettività.

Le dichiarazioni del sindaco

Tondinelli ha commentato con poche parole: “Apprezzo il gesto di Giovanni Bentivoglio accettando le due dimissioni – ha detto Il Sindaco – e soprattutto mi fa piacere che con questo suo allontanamento abbia deciso di tenere distanti questioni che non riguardano in nessun modo questa amministrazione e che nulla hanno a che fare con l’attività amministrativa e con la compagine di governo. Lo ringrazio per il suo impegno e gli auguro di rimettersi presto”.

Il caso Vannini

Il nome di Bentivoglio è emerso quando è arrivata una nuova svolta nell’indagine sul caso di Marco Vannini alla luce delle rivelazioni del supertestimone Davide Vannicola, amico l’ex comandante della stazione di Ladispoli Roberto Izzo.

Dopo che l’artigiano di Tolfa ha confermato anche nell’interrogatorio in Procura quanto ha detto in un’intervista a “Le Iene”, ovvero che l’ex comandante della stazione di Ladispoli Roberto Izzo gli aveva confidato che ad uccidere il ventenne non era stato Antonio Ciontoli ma suo figlio Federico, la stessa magistratura inquirente ha disposto l’acquisizione del cellulare del sottufficiale dell’Arma. Poco tempo fa, si sono presentati a casa di Roberto Izzo almeno quattro pattuglie dei carabinieri di Roma ed hanno acquisito il suo cellulare.

Probabilmente la Procura vuole verificare attraverso i tabulati telefonici del numero dell’ex comandante, se la notte del 18 maggio di quattro anni fa, Izzo ricevette realmente una sola telefonata da Antonio Ciontoli, all’una e 18 minuti, come hanno sempre sostenuto sia Izzo che lo stesso Ciontoli.

Ma che c’entra Bentivoglio?

L’assessore dimissionario è stato interrogato qualche tempo fa perché Vannicola avrebbe raccontato anche a lui, essendo amici, la stessa confidenza fatta da Izzo. Non è ancora emerso se il sottufficiale delle Fiamme Gialle abbia confermato o meno la versione agli inquirenti.

Dunque fatti molto lontani da quella che è l’attività amministrativa del Comune di Bracciano. Ma il caso Vannini merita la dovuta attenzione e forse più d qualche animo ne è rimasto scosso e toccato.




Taglio parlamentari, oggi si vota: Lega e FDI dicono si

Oggi l’Aula della Camera vota la riforma costituzionale per il taglio dei parlamentari, con un via libera blindato anche dall’accordo sulle riforme raggiunto nella coalizione di governo.

Tra gli impegni presi c’è anche quello di presentare la riforma elettorale entro dicembre

“Il nostro è diventato un sì perché sono state accolte le nostre ragioni. Noi non dicevamo no in maniera strumentale perché non volevamo ridurre il numero dei parlamentari. Altra cosa è dire che questa riforma è perfetta. Io anche se oggi voterò sì, non dirò che questa riforma è perfetta. Bisogna migliorare ulteriormente il contesto. Noi votavamo no perché non c’era un contesto adeguato, perché questo taglio rischiava di non far rappresentare più alcuni territori. Sei regioni per esempio rischiavano di non avere più senatori. Oppure c’era un rapporto molto squilibrato tra le forze politiche”. Lo afferma Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera ai microfoni di radio anch’io su radio uno.

“Fratelli d’Italia voterà oggi a favore del taglio del numero dei parlamentari – dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni -. I nostri voti sono stati decisivi nel corso dell’iter parlamentare e lo rivendichiamo con orgoglio. Diminuire il numero di deputati e senatori è un primo passo per ridurre la distanza tra i cittadini e il palazzo ma non basta assolutamente. Due i passi da compiere: l’elezione diretta del Presidente della Repubblica e l’abolizione dell’istituto ottocentesco dei senatori a vita. Su queste due riforme, richieste da anni dai cittadini e sostenute da sempre dalla destra, Fratelli d’Italia lancia un appello a tutto il Parlamento e le forze politiche. Basta perdere tempo”.

La Lega voterà a favore. “Ha sempre votato a favore, non è una posizione nuova ma è un posizione anche storica – ha detto a Start, su Sky TG24 l’ex ministro per le disabilità e la famiglia e parlamentare della Lega Alessandra Locatelli -. Certamente qui c’è in ballo altro, probabilmente quello che potrebbe sembrare quasi un ricatto. Cioè uno scambio di favori tra una parte politica del Governo, che è il M5S che desidera portarsi a casa questa misura, e dall’altra parte quella del Pd e delle sinistre che vogliono portare a casa qualcosa di molto più sconcertante per il bene degli italiani e del nostro territorio: Ius soli, Ius culturae e un tentativo di maggiore apertura rispetto all’accoglienza. Se dovesse emergere questo sarebbe veramente un attentato nei confronti degli italiani”.