Fase 2, lo smart working resta la modalità ordinaria

Anche la pubblica amministrazione si prepara alla cosiddetta fase due ma anche dopo il 4 maggio lo smart working resterebbe la modalità “ordinaria” di organizzazione del lavoro negli uffici. E la ministra Dadone parla di ‘consolidare il grande cambiamento’ avviato e lasciare nel tempo il lavoro agile come ‘un’importante modalità organizzativa, almeno al 30%’.

L’Inail intanto ha pubblicato il documento tecnico sulla Fase due con le misure di contenimento e prevenzione nei luoghi di lavoro. La pubblicazione, approvata dal Comitato Tecnico Scientifico istituito presso la Protezione Civile sottolinea che “vanno mappate tutte le attività, prevedendo di norma, per tutti i lavoratori che condividono spazi comuni, l’utilizzo di una mascherina chirurgica”. La mascherina è “raccomandata” in ogni caso anche all’interno dei mezzi pubblici oltre al distanziamento sociale. Sulle mascherine appello anche di Federfarma che chiede un accordo sul prezzo di vendita dei dispositivi oppure lo stop alla vendita. I farmacisti chiedono di poter vendere i dispositivi di protezione “a prezzi imposti e senza inutili adempimenti burocratici” .In assenza di provvedimenti la Federazione di categoria annuncia che sarà costretta , “a suggerire alle farmacie di astenersi dalla vendita di mascherine”. Sono introvabili e dai prezzi altissimi, spiegano, con la conseguenza di multe e sequestri per problemi di cui i farmacisti non sono responsabili ma “le prime vittime”.

“L’attuale emergenza sanitaria correlata alla pandemia da SARS-CoV-2 – si legge nella prefazione firmata dal direttore generale, Giuseppe Lucibello e dal presidente, Franco Bettoni – oltre ad aver determinato una perdita insanabile di vite umane, rappresenta una situazione di emergenza globale, sociale e del lavoro. La pubblicazione, approvata dal Comitato Tecnico Scientifico (CTS) istituito presso la Protezione Civile, al quale Inail partecipa con un suo rappresentante, è composta da due parti: la prima riguarda la predisposizione di una metodologia innovativa di valutazione integrata del rischio che tiene in considerazione il rischio di venire a contatto con fonti di contagio in occasione di lavoro, di prossimità connessa ai processi lavorativi, nonché l’impatto connesso al rischio di aggregazione sociale anche verso “terzi”. La seconda parte si è focalizzata sull’adozione di misure organizzative, di prevenzione e protezione, nonché di lotta all’insorgenza di focolai epidemici, anche in considerazione di quanto già contenuto nel Protocollo stipulato tra Governo e Parti sociali il 14 marzo. “L’adozione di misure graduali ed adeguate attraverso un nuovo modello organizzativo di prevenzione partecipato, consentirà – conclude la prefazione – in presenza di indicatori epidemiologici compatibili, il ritorno progressivo al lavoro, garantendo adeguati livelli di tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori, nonché della popolazione”.

Via libera a 62 dispositivi di protezione individuale (Dpi) su 1.700 esaminati. L’elenco è on line sul portale dell’Inail e riguarda occhiali, visiere, semimaschere, indumenti di protezione, guanti e calzari validati positivamente dall’Istituto in attuazione del decreto Cura Italia, che ha attribuito questa funzione all’Istituto in via straordinaria fino al termine dell’emergenza Covid-19, in deroga alle procedure ordinarie. La lista, spiega una nota, si riferisce esclusivamente ai dpi validati dall’Inail sulla base della documentazione trasmessa dal produttore/importatore. Alla data del 20 aprile, l’Inail, su un totale di 3.012 messaggi di posta elettronica certificata, ha processato a livello tecnico circa 1.700 pratiche, 62 delle quali sono state validate positivamente dalla task force multidisciplinare dell’Istituto, composta da circa 40 persone con diverse professionalità tecniche e amministrative. L’elenco, che sarà periodicamente aggiornato con l’inserimento dei nuovi dpi validati, per ciascun dispositivo riporta la data di validazione, la tipologia di prodotto, il nominativo del produttore e/o dell’importatore con la regione/nazione di riferimento, e un’immagine, se disponibile.




Vaccino anti Covid-19: test sull’uomo in estate e produzione subito dopo

Si lavora per cominciare in Italia durante l’estate la sperimentazione clinica di un vaccino anti Covid-19: lo rende noto il consorzio europeo costituito fra le aziende ReiThera di Pomezia (Roma), della tedesca Leukocare di Monaco e della belga Univercells di Bruxelles. “Attualmente ReiThera sta svolgendo le attività preparatorie per iniziare la sperimentazione clinica di fase1/2 in Italia durante l’estate 2020”, si legge in una nota del consorzio. “La produzione su larga scala verrà avviata subito dopo”.

Obiettivo del consorzio europeo è accelerare la ricerca sul vaccino per arrivare in estate ai primi test clinici per “lo sviluppo e la produzione su larga scala di un nuovo vaccino contro Covid-19, basato su di un vettore virale”. E’ un’alleanza strategica, dicono le tre aziende, che “hanno deciso di unire gli sforzi nella lotta contro questa devastante pandemia mettendo in comune le rispettive competenze al fine di accelerare lo sviluppo rapido di un vaccino basato su di una singola dose”.

Alla sfida di riuscire a sviluppare un vaccino sicuro e protettivo, rilevano le tre aziende biotech, “si aggiunge l’importante necessità di garantire la produzione di milioni di dosi a tempo record”. Per raggiungere l’obiettivo di “uno sviluppo efficiente e ultra-rapido del vaccino” hanno quindi deciso di unire le forze, mettendo insieme le competenze di ReiThera nella generazione e lo viluppo di vaccini basati su vettori di adenovirus, quella di Leukocare nella formulazione di vaccini basati su vettori virali al fine di garantirne la stabilità a lungo termine, e di Univercells nella manifattura su larga scala di vettori virali utilizzando tecnologie innovative.

In parallelo allo sviluppo clinico, il consorzio intende sviluppare una formulazione del vaccino che permetta di stabilizzarlo per lunghi periodi e ne faciliti quindi la distribuzione; intende inoltre mettere a punto una tecnologia di produzione innovativa per consentire alla produzione di passare in tempi rapidi da decine di migliaia ai milioni di dosi.

Il candidato vaccino ha come bersaglio la proteina Spike che il coronavirus SarsCov2 utilizza per aggredire le cellule umane e utilizza un virus animale, un adenovirus degli scimpanzè che viene reso inoffensivo e trasformato in una navetta che trasporta al suo interno la sequenza genetica che corrisponde alla proteina Spike, ossia l’arma che il nuovo coronavirus utilizza per invadere le cellule umane. Si tratta di un vaccino preventivo che, iniettato per via intramuscolare, stimolerebbe la produzione di anticorpi e l’attività delle cellule immunitarie. “Vaccini simili, basati su vettori adenovirali umani o di primati, sono stati sperimentati in studi clinici di fase 1 e 2 – si legge nella nota – e hanno dimostrato di essere sicuri e immunogenici in migliaia di volontari sani”.




Covid-19, dalla Cina arrivano due farmaci: al via la sperimentazione preclinica, poi si passerà sull’uomo

Ottenuti due farmaci specifici, progettati e sintetizzati per combattere il nuovo coronavirus SarsCoV2 attaccando l’enzima proteasi, che il virus utilizza per moltiplicarsi.

Pubblicato sulla rivista Science, il risultato è stato ottenuto dal gruppo di Wenhao Dai, dell’Accademia Cinese delle Scienze.

Diventano così tre le molecole sintetizzate per colpire il nuovo coronavirus nei suoi punti cruciali

La prima era stata ottenuta nel marzo scorso in Olanda e ha come bersaglio la proteina Spike, l’arpione con cui il virus aggredisce le cellule per invaderle. Tutte e tre le molecole sono candidate a diventare farmaci, ma prima dovranno affrontare l’iter della sperimentazione clinica. Ci vorrà quindi del tempo prima che siano disponibili.

Ottenere questi farmaci è stato possibile grazie alla ricostruzione della struttura molecolare del virus e delle sue componenti: avere visto in dettaglio come sono fatti l’enzima che lo fa moltiplicare e la proteina Spike ha permesso di progettare molecole capaci di bloccare entrambi, disattivandoli.

Gli inibitori della proteasi ottenuti dall’Accademia Cinese delle Scienze si chiamano 11a e 11b

Osservati in laboratorio, in azione in una coltura cellulare, “hanno fortemente inibito la proteasi del SarsCoV2”. Sperimentato nei topi, l’inibitore della proteasi 11a ha mostrato di avere una bassa tossicità. Per questa molecola la sperimentazione prosegue ora a livello preclinico per ottenere i risultati sulla tossicità: se questi indicheranno che la molecola è sicura, allora si potrà passare alla sperimentazione sull’uomo.




Salvini annuncia un piano di ricostruzione Nazionale

Il leader della Lega Matteo Salvini  annuncia un piano di ricostruzione nazionale “come Lega e Centro Destra: se il governo annuncia il dialogo e poi lo boccia noi il piano lo facciamo con tutte le associazioni delle imprese, dall’agricoltura al turismo, alle imprese produttive, guardando quello che accade negli altri paesi europei”. “Occorre riaprire: ogni giorno che passa è un giorno perso nel nome della ricostruzione”.

“Conte – prosegue il leader della Lega – si deve mettere d’accordo con sé stesso e la sua maggioranza: se dice dialoghiamo e poi stanotte la sua maggioranza boccia tutti, dico tutti, gli emendamenti della Lega significa che la voglia di dialogo di Conte serve alle telecamere ma in concreto si riassume a zero. Oggi nel percorso di ricostruzione nazionale tocchiamo un settore che conta 5 milioni di italiani quasi totalmente dimenticato dalle politiche del governo: la disabilità. Un settore che soffriva prima del virus e soffre a maggior ragione ora. La lega ha proposte fatte al governo inascoltate ma che sono proposte che arrivano dalle associazioni. Tra queste quella sul bonus da 600 euro da cui sono escluse le famiglie di disabili per il solo fatto di percepire una invalidità e così i malati di tumore in chemiotepapia”. “Mi sembra moralmente indegno escludere questa fetta di cittadini” aggiunge Salvini.




ANBI, bollettino su risorse idriche: cresce preoccupazione per il Po e il sud paga il prezzo più alto

Cresce la preoccupazione per la portata del fiume Po, dimezzata rispetto alla media storica ed inferiore del 20% sull’anno scorso, secondo un andamento indicativamente costante dal Piemonte al delta; gli fanno da corollario i corsi d’acqua dell’Emilia Romagna, tutti abbondantemente sotto i livelli dello scorso anno e della media stagionale (ad eccezione del Panaro).

A renderlo noto è il periodico bollettino dell’Osservatorio ANBI sulla Stato delle Risorse Idriche.

Il quadro è preoccupante anche in Veneto, la cui situazione idrica è classificata molto simile a quella registrata nella primavera del 2017, l’anno più siccitoso degli ultimi due secoli; la situazione più grave è quella del fiume Brenta, largamente al di sotto della media stagionale. Venerdì 24 Aprile prossimo, tornerà a riunirsi l’Osservatorio permanente per le emergenze idriche, istituito presso l’Autorità di Bacino delle Alpi Orientali, che potrebbe riconoscere ed attivare lo “scenario di severità idrica bassa”.

Sono in leggera ripresa, invece, le portate dei fiumi piemontesi (Dora Baltea, Tanaro, Stura di Lanzo) in conseguenza del progressivo sciogliersi delle nevi alpine.

Dello stesso fenomeno stanno beneficiando i grandi laghi alpini, i cui livelli sono in crescita ed il lago d’Iseo, dopo mesi di sofferenza, è tornato in media stagionale con un riempimento pari al 51,4%; restano, invece, sotto media: il lago Maggiore (riempimento: 54,1%) ed il lago di Como (riempimento: 30,6%). Sopra la media stagionale, seppur in rapida flessione, permane il lago di Garda (riempimento: 85%).

In Toscana, le piogge di Marzo (superiori alla media lungo l’Appennino, il monte Amiata e le Colline Metallifere) hanno permesso il rimpinguarsi delle riserve idriche, ben rappresentate dai 68,44 milioni di metri cubi trattenuti nell’invaso di Bilancino, a monte di Firenze.

Sostanzialmente in media con le annate scorse sono le riserve d’acqua, presenti nei bacini marchigiani ed umbri, mentre la diga di Penne, in Abruzzo, registra addirittura il record in anni recenti con 7,84 milioni di metri cubi presenti (capacità massima di invaso: 8,80 milioni di metri cubi). La confortante stagione idrica nell’Italia centrale è confermata anche dal livello idrometrico del lago di Bracciano nel Lazio, cresciuto di 32 centimetri rispetto allo scorso anno e dalle quantità d’acqua, trattenute nei bacini della Sardegna: circa 788 milioni di metri cubi, 17 in più del 2019.

Seppur in leggera ripresa nelle disponibilità idriche, appare irrimediabilmente pregiudicata la stagione irrigua 2020 in Puglia (-113 milioni di metri cubi d’acqua circa ), Basilicata (-121 milioni di metri cubi circa), Sicilia (-107milioni di metri cubi circa); resta problematica anche la situazione calabrese, dove le piogge invernali hanno registrato un calo del 40% ed è esemplare la condizione del bacino di Sant’Anna, sul fiume Tacina, alla quota minima degli anni più recenti: 7,59 milioni di metri cubi.

“Nella Giornata della Terra – chiosa Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue – mi corre l’obbligo di ricordare che su una popolazione mondiale di oltre 7 miliardi e mezzo, circa un miliardo di persone non ha accesso all’acqua potabile, mentre circa due miliardi e mezzo non dispongono di acqua a sufficienza per le pratiche igieniche ed alimentari.”

“La siccità – conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – è la prima causa di carestie nel mondo che per effetto dei cambiamenti climatici e senza adeguate infrastrutture, rischia di diventare un fenomeno endemico anche nel Sud Europa. Per questo è necessario aumentare la capacità di stoccare l’acqua quando c’è, per utilizzarla nei momenti di bisogno. Occorre adottare politiche di controllo capaci di garantire la produzione di cibo, la coesione tra Regioni e Stati, la sicurezza alimentare per favorire il contenimento dei flussi migratori provocati dal fabbisogno idrico.”




Covid-19 e PMI: trasformiamo i problemi in opportunità

di Alessandro Maria D’Amati*

Il 95% delle imprese italiane è identificato come “PMI”, ovvero le piccole e medie imprese. La maggior parte degli analisti afferma che le PMI sono il potere dell’economia reale italiana, mentre una certa parte degli analisti sostiene che esse fanno parte della resistenza italiana al cambiamento della strategia di sviluppo.

In termini di flessibilità e velocità nei processi decisionali, le PMI possono rispondere in modo efficiente alla domanda del mercato, anche in grandi cambiamenti ambientali come quelli causati dalla pandemia di COVID-19. Nella PMI italiana c’è una costante ricerca del “bene dell’azienda”, una condivisione di un sistema di valori tra collaboratori. L’imprenditore di una PMI ha un facile controllo del business e del team, promuovendo una sorta di “imprenditoria diffusa” attraverso il coinvolgimento di qualsiasi dipendente a qualsiasi livello lavorativo.

Le PMI italiane registrano anche alcuni punti di debolezza. In generale, le PMI italiane sono povere di manager e povere di una corretta gestione in termini di piani strategici e questioni finanziarie. Una PMI può essere affetta da un deficit di informazioni scientifiche e multidisciplinari, dal momento che sta abbastanza da sola: essere al di fuori di qualsiasi rete limita il potere contrattuale delle PMI. Le PMI tendono a concentrarsi su un numero limitato di combinazioni prodotto-mercato, rifiutando di riesaminare o reinventare la società, se necessario.

Una delle questioni specifiche delle PMI italiane è la transizione imprenditoriale. I vecchi imprenditori (insieme a un certo numero di vecchi collaboratori in pensione ancora all’interno dell’azienda) sono riluttanti a costruire il futuro senza di loro. Di conseguenza, la PMI italiana può consolidare caratteristiche stagnanti, più familiari con il passato e meno orientate verso il futuro.

L’esperienza COVID-19 può essere un incentivo per le PMI italiane nel rilanciarsi e ringiovanirsi, ove necessario. La quarantena ha costretto le aziende ad abbracciare lo smart working, se non ancora fatto, a massimizzare il digitale e organizzare i meeting virtuali. Potrebbe essere il momento di uno spillover, nel tempo di COVID-19!

La via della possibile innovazione è diventata aperta per quelle PMI che ne hanno bisogno. Cogliamo l’occasione, trasformando i problemi in opportunità.

COVID-19 : A POSSIBLE “SPILLOVER” FOR SMALL/MEDIUM ITALIAN ENTERPRICES

The 95% of Italian enterprises is identified as “PMI”, that is Small to Medium-sized Enterprises “SME”. The most of analysts state that SMEs are the power of Italian real economy, while a certain part of analysts argues that SMEs are part of the Italian resistance to change development strategy.

In terms of flexibility and velocity in decision making processes, SME can respond efficiently to market demand, even in big environmental changes like those caused by COVID-19 pandemic. In the Italian SME, there is a constant pursuit of the “good of company”, a sharing of a value system between collaborators. The entrepreneur of a SME has a easy control of the business and of the team, promoting a sort of “widespread entrepreneurship” by means of involving any employee at any job level.

The Italian SMEs do record also some points of weakness. Generally, Italian SME are poor of managers and poor of a right management in terms of strategic plans and financial issues. A SME may be affected by a deficit in scientific and multidisciplinary information, since standing pretty alone: being outside any network limits the contractual power of SME. The SMEs tend to concentrate onto a limited number of product-market combinations, refusing to re-asses or re-invent the company whether necessary.

One of the specific issues of Italian SME is the entrepreneurship transition. The old entrepreneurs (together with a certain amount of old retired collaborators still into the company) are reluctant to construct the future without them. As consequence, the Italian SME may consolidate stagnant characteristics, more familiar with the past and less oriented to the future.

COVID-19 experience can be a booster for Italian SMEs to relaunch and to rejuvenate themselves, where needed. The quarantine has forced companies to embrace the smart working, if not yet did, to maximize the digital, and to arrange the virtual meetings. It could be time for a spillover, in COVID-19 time!

The route of possible innovation became open for those SMEs that need it. Let’s take the chance, transforming troubles into opportunities.

*Resp. Comunicazione Europa Verde Albano Laziale




Coronavirus, Silvestroni (FdI): vicinanza al comune di Campagnano per ulteriori misure prevenzione

In merito alla notizia pubblicata su questo quotidiano lo scorso sabato che la Regione Lazio ha emesso un’ordinanza, dopo aver sentito il Prefetto e il Sindaco e per le vie brevi il Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile nazionale. di divieto di allontanamento dal territorio comunale di Campagnano di Roma fino al prossimo 2 maggio delle persone presenti, l’onorevole Marco Silvestroni deputato e Presidente provinciale romano di Fratelli d’Italia ha voluto esternare la propria vicinanza alla popolazione e all’amministrazione comunale. “Ho appreso qualche ora fa dall’Assessore Albino Cesolini – dichiara Silvestroni -che  il comune di Campagnano è stato interessato da ulteriori misure di prevenzione. È un momento difficile per gli abitanti di Campagnano, ma l’ Amministrazione comunale sta reagendo al meglio a questa emergenza, alla quale voglio manifestare la mia vicinanza e quella di tutta la federazione provinciale di Roma di Fratelli d’Italia, con l’augurio di tornare presto a riabbracciarci”.




Covid-19, forse la svolta. Gli esperti: “Non c’e’ bisogno di terapia intensiva, si cura a casa con l’eparina”

Il Coronavirus si cura a casa, non c’è bisogno di fare ricorso alla terapia intensiva. Lo dimostrano i dati degli ultimi dieci giorni, in cui i malati continuano ad aumentare considerevolmente ma sono crollate le ospedalizzazioni, ed è il risultato degli studi tutti italiani sulla lotta al Covid-19.

Ad illustrare la soluzione contro la malattia è il professor Sandro Giannini, direttore della Clinica I presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli e del Laboratorio di Gait Analysis, autore di più di 600 presentazioni a congressi nazionali ed internazionali e più di 400 articoli in riviste Science Citation Index. Un profilo scientifico di altissima rilevanza, che mette a tacere tutti i sapientoni che nelle scorse settimane hanno barbaramente etichettato come “bufala” questa chiave di lettura scientifica (e adesso dovrebbero solo nascondersi).

“Non vorrei sembrarvi eccessivo – ha detto il prof. Giannini – ma credo di aver dimostrato la causa della letalità del Coronavirus. Solo al Beato Matteo ci sono due cardiologi che girano su 150 letti a fare ecocardio con enorme fatica. Uno di questi sono io. Di quello che alcuni supponevano, ma non ne riuscivano a essere sicuri, ora abbiamo i primi dati. La gente va in rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, soprattutto polmonare. Se così fosse, non servono a niente le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere, anzi prevenire queste tromboembolie. Se ventili un polmone dove il sangue non arriva, non serve. Infatti muoiono 9 pazienti 10. Perché il problema è cardiovascolare, non respiratorio. Sono le microtrombosi venose, non la polmonite a determinare la fatalità! Perché si formano trombi. Perché l’infiammazione come da testo scolastico, induce trombosi attraverso un meccanismo fisiopatologico complesso ma ben noto. Allora? Contrariamente a quello che la letteratura scientifica, soprattutto cinese, diceva fino a metà marzo era che non bisognava usare antinfiammatori. Ora in Italia si usano antinfiammatori e antibiotici (come nelle influenze) e il numero dei ricoverati crolla. Molti morti, anche di 40 anni, avevano una storia di febbre alta per 10-15 giorni non curata adeguatamente. Qui l’infiammazione ha distrutto tutto e preparato il terreno alla formazione dei trombi. Perché il problema principale non è il virus, ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra. Infatti nei nostri reparti COVID non sono mai entrati malati di artrite reumatoide. Perché fanno il cortisone, un potente antinfiammatorio. Pertanto, in Italia ospedalizzazioni si riducono e sta diventando una malattia che si cura a casa. Curandola bene a casa eviti non solo ospedalizzazione, ma anche il rischio trombotico. Non era facile capirlo perché i segni della microembolia sono sfumati, anche all’ecocardio. Ma questo weekend ho confrontato i dati dei primi 50 pazienti tra chi respira male e chi no e la situazione è apparsa molto chiara. Per me si può tornare a giocare e riaprire l’attività commerciali. Via quarantena. Non subito. Ma il tempo di pubblicare questi dati. Vaccino può arrivare con calma. In America e altri stati che seguono la letteratura scientifica che invita a non usare antinfiammatori è un disastro. Peggio che in Italia. E sono farmaci vecchi e che costano pochi euro. In altre parole la causa del danno anche polmonare è lo svilupparsi di una coaugulopatia che va sotto il nome di coagulazione intravasale disseminata o DIC, da qui anche l’incremento caratteristico del dimero D e del LDH”.

La notizia è stata poi confermata da ulteriori studi e analisi

Il professor Alessandro Mascitelli, responsabile del centro flebologico di Villa Tirrena di Livorno, era stato il primo a decifrare l’efficacia delle terapie anticoagulanti nei trattamenti per frenare il Coronavirus: “Le statistiche lo confermano, perché gli anticoagulanti si stanno dimostrando in grado di alleggerire, almeno di un 25% (dati ricavati in ospedali Covid, ndr), i ricoveri nei reparti che accolgono pazienti affetti da Coronavirus. La premessa parte da un’osservazione clinica: nelle autopsie svolte su pazienti affetti da Covid, è stato identificato il segno di una trombosi massiva. Il che ha fornito indizi chiari sulle cause improvvise che hanno scatenato il dramma dei decessi in molti ospedali d’Italia. Quindi, da questa intuizione, ecco partire un protocollo che sta portando i primi effetti positivi in molti ospedali Covid, dalla Toscana alle zone del Nord (vedi Bergamo) martoriate dal dilagare del virus”.

Il professor Mascitelli ha aggiunto: “L’eparina, se utilizzata fin da subito su prescrizione medica, ovvero durante la comparsa dei primi sintomi, può aiutare. Ma esclusivamente sotto controllo medico. Adesso anche l’Oms ne è convinta, perché il professor Pietro Muretto dell’università di Pesaro mi ha confermato che la terapia eparinica è stata posizionata come farmaco di base nella lotta al Covid. I primi a credere nella mia intuizione e a spronarmi ad andare avanti sono stati il professor Mario Petrini, ematologo del Santa Chiara, la società scientifica Afi e il professor Mario Forzanini coordinatore area Covid Nord Italia per area Nord Est […]. E in queste ore, a dimostrazione dell’efficacia della terapia eparinica, mi arrivano testimonianze da Bergamo, dall’infettivologo Enrico Bombana, o da Padova, dove la professoressa Patrizia Pavei conferma che l’eparina è in uso da qualche giorno con una netta riduzione delle evoluzioni negative dei pazienti Covid”.
Dopo gli studi degli italiani, anche gli esperti cinesi e inglesi hanno pubblicato sul Journal of Thrombosis and Haemostasis guidato dall’ematologo Jecko Thachil del Department of Haematology del Manchester Royal Infirmary, uno studio che conferma come l’uso di eparina nei pazienti Covid-19 potrebbe avere effetti anticoagulanti, oltre che antinfiammatori e persino antivirali.

“Per sintetizzare si può dire che vi sono parecchie strade attraverso cui l’eparina potrebbe essere utile nella terapia del Covid-19 come peraltro di qualsiasi altra grave infezione. Riguardo a ciò un campo di immediato interesse è trovare la dose adatta, poiché un farmaco è efficace se si somministra in dose corretta, altrimenti può essere inutile o addirittura pericoloso“. Lo ha scritto in un articolo sul ‘Messaggero’ di oggi Antonio Rebuzzi, docente di Cardiologia dell’Università Cattolica di Roma, parlando del medicinale anti-trombotico nel trattamento del Covid-19. “Questo sarebbe sicuramente il caso della enoxeparina – evidenzia l’esperto – farmaco che, è bene ricordarlo, è efficace solo se è in atto nel sangue del paziente infetto un’alterata coagulazione, altrimenti non sembrerebbe modificare la prognosi. Peraltro se venisse data in dosi inferiori al necessario non eserciterebbe la sua azione anticoagulante. Dato invece a dosi elevate potrebbe dare origine ad emorragie gastriche, vestitali o anche cerebrali. Da notare per di più che negli anziani o in coloro con alterazioni della funzionalità renale, la dose di enoxeparina deve essere ridotta perché tale farmaco viene eliminato per via renale e potrebbe quindi accumularsi. Non ha pertanto senso, anzi sarebbe pericoloso somministrare l’enoxeparina a chiunque fosse sospettato di essere colpito dal Covid perché qualsiasi farmaco è davvero utile solo se lo diamo alle persone tra i due gruppi“.

“In questo periodo di incertezze perla nostra vita – sottolinea Rebuzzi – se ne è aggiunta una importante riguardante i farmaci utilizzati per la terapia dei pazienti Covid. Più precisamente tale incertezza è spesso determinata dalle numerose notizie sui tantissimi farmaci che sono oggetto di sperimentazione o meno, ma dei quali, attraverso internet o chat più o meno accreditate, tutti hanno informazioni. Noi medici siamo quindi subissati da richieste di spiegazioni e talora di suggerimenti terapeutici da parte dei nostri pazienti, la cui conoscenza della farmacopea è stata formata su internet. Ultimo arrivato, in ordine di tempo, è l’utilizzo delle eparine a basso peso molecolare nei pazienti adulti con Covid-19, sulla cui utilità e sicurezza (in particolare su quella di una di queste: l’enoxeparina) è iniziato uno studio multicentrico dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) su 300 pazienti in 14 centri in Italia. L’enoxeparina è un farmaco conosciuto e usato da molti anni nella profilassi sia del tromboembolismo venoso sia dopo un intervento chirurgico sia in pazienti non chirurgici ma affetti da gravi patologie quali l’infarto, lo scompenso cardiaco o l’embolia polmonare. E’ inoltre utilizzata (a dosi basse) nei pazienti che stanno a letto per parecchio tempo onde impedire la formazione di trombi nelle vene delle gambe con successive possibili embolie. Nell’ultimo mese sono stati pubblicati numerosi lavori scientifici sull’utilizzo di enoxeparina in pazienti Covid.

Sul Journal of Thrombosis and Haemostasis, Ning Tang e coll, del Tongji Hospital, Huazhong University di Wuhan (Cina), hanno studiato 449 pazienti con severa infezione da Covid-19 reclutati tra il primo gennaio e il 13 febbraio di quest’anno. Tra questi, 99 pazienti sono stati trattati con enoxeparina per almeno 7 giorni. Mentre la mortalità non differiva, se si consideravano solo i più gravi, in cui le analisi facevano intuire un aumento della coagulazione (ad esempio pazienti con livelli di D-dimero elevati) l’enoxeparina riduceva di molto la mortalità a un mese (dal 52,4% al 32,8%). In un interessante editoriale sulla stessa rivista, Jecko Thachil del Department of Haematology, Manchester Royal Hospital inglese, analizza tutti i vari meccanismi attraverso i quali l’eparina potrebbe esercitare un’azione benefica. Questi vanno dalla sua azione anticoagulante a quella anti infiammatoria, da quella di aiuto alle cellule endoteliali che rivestono le arterie a quella di inibitore dell’attacco del virus Covid alle cellule polmonari (studiato però solo in modelli sperimentali e su un virus simile al Covid)“.




Covid-19, verso la fase 2. Europa Verde Albano Laziale: ecco la proposta di piano di mobilità emergenziale per la città

La pandemia da COVID-19 ci ha abituato ad una terminologia inedita, come “distanziamento sociale” e “dispositivi di protezione individuale” (DPI). Fintantoché la gran parte della popolazione è rimasta in casa, seguendo le prescrizioni governative inerenti alla cosiddetta Fase 1 dell’emergenza, il distanziamento sociale e il ricorso ai DPI sono stati affrontati in maniera sporadica ed occasionale, ossia solo per andare a fare la spesa alimentare e solo per particolari necessità sopraggiunte durante il lockdown.

Quando l’Italia entrerà nella Fase 2 della pandemia, allora le mascherine, i disinfettanti, i guanti in lattice, le distanze di sicurezza in luoghi pubblici e privati diventeranno parte fondamentale del nostro vissuto quotidiano, domestico ed urbano. Nei prossimi mesi, non potremo fare a meno di controllare se abbiamo la mascherina in faccia e il gel igienizzante in borsa prima di lasciare il nostro appartamento.

Ma una volta fuori casa, come affronteremo la nostra mobilità cittadina ai tempi della Fase 2 del COVID-19? Come riusciremo a garantire, per noi e per gli altri, la distanza minima di sicurezza interpersonale quando molti dei nostri marciapiedi cittadini sono larghi poco più di un metro?

Europa Verde Albano Laziale: “La Fase 2 della pandemia ci porta di fronte alla necessità di immaginare oggi stesso un piano di mobilità emergenziale per le nostre città, grandi e piccole”

“Europa Verde Albano, – fanno sapere attraverso una nota i responsabili del partito – da sempre sensibile e propositiva sui temi della mobilità sostenibile, richiama oggi l’attenzione dell’Amministrazione Comunale di Albano Laziale e della cittadinanza intera di Albano, Pavona, Cecchina e Cancelliera sulla necessità di implementare un Piano di Mobilità Emergenziale per la Fase 2 della pandemia da COVID-19. Europa Verde Albano si focalizza su alcune tematiche di mobilità emergenziale più coerenti con la configurazione urbanistica della Città di Albano Laziale e delle sue Circoscrizioni: le politiche di sosta, di allargamento della pedonalità e di trasporto pubblico emergenziale”.

“Durante la Fase 1, – prosegue la nota – molti Comuni Italiani (tra cui Albano Laziale) hanno abolito le soste a pagamento, per permettere a ciascuno di raggiungere posti di necessità in un momento di necessità. Chi oggi sta portando la spesa alimentare ad una coppia di anziani che vive in centro storico non si deve preoccupare di pagare il parcheggio, perché in Fase 1 le priorità per la popolazione sono il lockdown e il funzionamento degli approvvigionamenti di base. Sebbene alcune correnti di pensiero stiano facendo pressione perché i Comuni mantengano gratuiti i parcheggi anche nella Fase 2, appare sensato ripristinare gradualmente la sosta a pagamento. Infatti, dopo il lockdown una buona parte della popolazione potrebbe essere tentata di prendere la macchina anche per spostamenti minimi allo scopo di evitare il contatto con gli altri. I parcheggi gratuiti incentiverebbero l’uso smodato della macchina, aumenterebbero lo smog, intaserebbero le vie principali verso ospedali e luoghi di lavoro e soprattutto saturerebbero le soste utili invece per il carico e lo scarico di merci fondamentali.

Alcuni marciapiedi sul territorio comunale (soprattutto in Albano, città antica) sono stretti e impropri per un adeguato distanziamento sociale. Se, per esempio, si creasse una coda di persone per entrare in una Farmacia o in una Macelleria sopra un marciapiede largo appena un metro, come sarebbe possibile garantire la distanza di sicurezza di oltre un metro tra chi sta in coda e i passanti? Appare dunque vantaggioso prevedere un allargamento della pedonalità anche sacrificando temporaneamente parcheggi e viabilità, lì dove l’attuale marciapiede sia insufficiente agli scopi della prevenzione. Un allargamento della pedonalità ha anche una ricaduta positiva sulle vendite degli esercizi commerciali che insistono su marciapiedi attualmente stretti, giacché l’aumento della pedonalità incentiva il cittadino ad acquistare in centro, a piedi o in bicicletta, invece di acquistare in periferia, con la macchina o la motocicletta.

Una buona parte della popolazione comunale (studenti, lavoratori etc.) si muove da Albano, Pavona, Cecchina e Cancelliera verso Roma tramite il treno. Il Municipio di Albano Laziale è tra i Comuni italiani più fortunati in tema di trasporto su rotaie, avendo una stazione ferroviaria in ciascuno dei quattro addensamenti. La frequenza dei transiti verso Roma e da Roma è, però, parzialmente inadeguata all’emergenza da COVID-19. Per disincentivare il ricorso alla vettura (e quindi alla vettura con solo il conducente) e garantire al cittadino la distanza di sicurezza dentro i mezzi di trasporto pubblici, è necessario sollecitare l’aumento del numero di corse dei treni verso Roma e da Roma.

La pandemia da COVID-19 ha messo a dura prova l’Italia. Dall’esperienza di dolore e minaccia è però possibile passare ad una esperienza di rinascita e cambiamento, nell’ottica della piena vivibilità della nostra cittadina. La potenziale recrudescenza della malattia si argina anche abbracciando uno stile di vita responsabile, solidale e centrato sul bene comune e sul capitale sociale. In tema di mobilità, la Fase 2 dell’epidemia da COVID-19 dovrebbe far diventare ciascun cittadino un mobility manager, cioè una cittadino capace di usare il mezzo giusto per lo spostamento giusto. Così come non usiamo la motosega per tagliare il pane, ma usiamo il coltello, così anche non dobbiamo usare la macchina per fare qualche chilometro in città, ma usiamo i piedi o la bicicletta.

A proposito di bicicletta, Europa Verde Albano stimola i concittadini a valutare l’acquisto (ove necessario) della cosiddetta bicicletta a pedalata assistita (EPAC, Electric Pedal Assisted Cycle), assai valida per spostamenti in città non pianeggianti ai tempi del coronavirus. A fronte di un certo investimento iniziale, l’impiego della EPAC riduce il numero di vetture circolanti in città, abbatte l’inquinamento, garantisce il giusto distanziamento sociale durante gli spostamenti, favorisce l’attività fisica a tutte le età.

Il Piano di Mobilità Emergenziale per il Comune di Albano è raccomandabile. Europa Verde Albano, tuttavia, – conclude la nota – è convinta che l’emergenza ben gestita potrà far nascere un durevole stile di vita individuale e collettivo, nel senso della sostenibilità ambientale e della vivibilità dei nostri centri abitati”.




Quando Conte diceva lo Stato c’e’. Associazione Vittime di Violenza Io No: “E’ ora che lo Stato ci sia veramente”

La Presidente dell’associazione “Vittime di Violenza Io No” Marina Brasiello, ha scritto al Presidente del Consiglio, per denunciare la mancata risoluzione delle problematiche riguardanti la violenza in ambito famigliare, il bonus spesa per le famiglie in difficoltà e, soprattutto, la totale assenza di controllo igienico e psicologico nelle case famiglia. “La violenza non si è mai fermata, – scrive Brasiello – anzi in questo periodo i riflettori si sono spenti su di essa, ma noi continuiamo a ricevere continuamente richieste di aiuto perché, caro Presidente i carnefici non vanno in vacanza, anzi chiusi in casa la situazione si aggrava, quindi , noi abbiamo adottato un sistema di codice SOS che per ovvie ragioni non posso spiegare, ma le chiedo di non dimenticare che donne e soprattutto i bambini quando ci sono situazioni di violenze non possono essere dimenticati.”

Brasiello entra poi nel merito del Bonus Spesa che il Governo ha stanziato per le famiglie che in questo momento si trovano in difficoltà: “Seppur ringraziando per la sua gentile collaborazione – prosegue – abbiamo riscontrato alcune lacune, le faccio un’ esempio: nelle tabelle comunali viene riportato che per un nucleo familiare di 2 persone la cifra spettante è euro 300 ad aumentare per il nucleo famigliare una Tantum, quanto riportato non corrisponde a quanto viene erogato perché per una famiglia composta da 2 persone vengono erogati 125 euro di cui 100 euro per acquisto di generi alimentari e 25 euro per medicinali da banco ( qui le porto all’attenzione una cosa fondamentale, perché non possono essere acquistati farmaci salvavita ma solo farmaci da banco? Abbiamo inoltre, riscontrato una totale assenza di controllo verso case di accoglienza per minori, per donne maltrattate con minori e per papà separati. Chiediamo a lei gentilmente chi controlla queste strutture? Questo a nostro avviso può scatenare una pandemia come già accaduto nelle case di riposo in quanto sono prive di ogni tutela e la situazione non è sotto controllo. Psicologicamente chi supporta questi bambini che ad oggi non posso uscire e privati anche di ogni contatto con le loro famiglie? Siamo certi che vengono supportati? Vi sono psicologi e psicoterapeuti che spiegano a questi bambini quello che sta’ accadendo fuori? In questo momento di assenza di denaro e soprattutto di lavoro, molte donne, famiglie e papà, nonostante il piccolo aiuto ricevuto dal Governo, come dovranno pagare le bollette Presidente? Forse con i 600 euro che avete concesso ai liberi professionisti? ” Brasiello ha poi concluso la lettera al Presidente Conte con queste parole ” La voglio lasciare con una sua frase “LO STATO C’E'” bene Presidente è ora che lo Stato ci sia veramente”




Covid-19, tamponi per tutti e tracciamento: impariamo dalla Corea del Sud che sta vincendo la guerra. Da noi “si spera” nell’adesione volontaria alla App

La Corea del Sud ha controllato l’epidemia da coronavirus in soli 20 giorni e i negozi affollati nelle varie città del Paese sono la prova che l’enorme protocollo, messo in campo dalle autorità sanitarie, di tamponi COVID-19 e la campagna di tracciamento dei contagiati – sintomatici e asintomatici – ha funzionato.

Dopo i primi casi alla fine di gennaio, la Corea del Sud non ha chiuso le attività commerciali o limitato i viaggi, come invece fatto da molte nazioni europee e dagli Stati Uniti, optando invece per testare la popolazione a un ritmo più elevato per isolare i focolai Covid-19.

Questo ha portato finora a un tasso di mortalità molto più basso da COVID-19 (pro capite) rispetto a quello che è stato visto nel resto del mondo. E anche se è troppo presto per dire che la Corea del Sud è al sicuro con la pandemia, la ripresa della nazione sembra essere iniziata nel migliore dei modi.
Dunque l’arma vincente messa in campo dalla Corea del Sud fin dall’inizio è stata quella di perseguire una massiccia campagna di tamponi su tutta la popolazione grazie a test rapidi che hanno dato il risultato in pochi minuti anziché in ore o giorni come invece succede qui da noi.

Una misura, quella di fare il tampone a tutti, che si è dimostrata fondamentale, perché chiedere alle persone che presentano sintomi lievi e di cui non si ha la certezza se sono infettate dal coronavirus solo di rimanere a casa porterà inevitabilmente a più infezioni nell’ambito famigliare e nella comunità. Mentre se testate e nel caso positive, le persone possono essere isolate in una struttura o in un rigoroso isolamento domestico a cui è più probabile che aderiscano se coscienti di avere il virus.

Diversi analisti affermano che noi occidentali, amanti della libertà non accetteremo mai di essere tracciati da App o attraverso altri sistemi in grado di fornire il dettaglio di ogni luogo visitato durante questo periodo di emergenza, come invece messo in atto dalla Corea del Sud, poiché lo riterremmo come l’invasione della nostra privacy.

E a proposito dell’applicazione per il tracciamento dei contagi il commissario all’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, ha precisato: “Anzitutto il ministro dell’Innovazione Paola Pisano ha insediato una commissione che ha individuato l’applicazione prodotta dalla Bending Spoon, società che ha donato l’app al Governo a titolo interamente gratuito, qui dunque nessuno ci guadagna. Inoltre – ha aggiunto – l’installazione di questa app sarà solo volontaria, anche se ovviamen-te noi ci aspettiamo che un numero molto alto di cittadini collabori: almeno il 70% della popolazione italiana dovrebbe installarla in modo da darle un significato importante. Infine, quando l’app arriverà sui telefoni dei nostri concittadini ne ga-rantirà completamente l’anonimato in ossequio alle normative nazionali e comu-nitarie sulla privacy: utilizzerà la tecnologia bluetooth e non la geolocalizzazione, come prevedono le norme”.

E riguardo i test per monitorare la diffusione del virus sulla popolazione lo scorso 15 aprile il Ministero della Salute ha dato indicazioni di trovare la modalità più trasparente e veloce di acquisire 150.000 test sierologici per poter fare un’impor-tante campionamento della popolazione italiana. E venerdì scorso è stata pubblicata una procedura di gara da aggiudicare entro il 29 aprile per avere presto un unico strumento utile per tutte le regioni italiane.