Abbandono incontrollato di mascherine e guanti dopo l’uso: Fare Verde lancia l’allarme

Il Presidente Greco: “Ritrovate anche in mare. Rischiamo un disastro sanitario ed ambientale “usa e getta”. Attuare sistemi di sterilizzazione e riutilizzo delle mascherine”

L’associazione ambientalista Fare Verde lancia l’allarme sul malcostume in atto in questi giorni di emergenza “coronavirus”: l’abbandono incontrollato di mascherine protettive e guanti di plastica, evidenziando sia l’aspetto sanitario che quello ambientale della questione.

“Da ogni parte d’Italia i nostri volontari segnalano episodi del genere in tutta Italia – dichiara Francesco Greco, Presidente Nazionale di Fare Verde – addirittura mascherine sono state rinvenute in mare, ripercorrendo il triste fenomeno, già verificato con “Il Mare d’Inverno”, della plastica trasportata dalle città in mare aperto.”

Fare Verde invita i cittadini a non gettare a terra le protezioni personali e a conferire mascherine e guanti, secondo le indicazioni diffuse dagli enti preposti, nel sacco dell’indifferenziato.

Anche nei prossimi mesi, per affrontare l’emergenza covid-19, ci vorranno milioni di mascherine e guanti, una “montagna” di rifiuti “usa e getta” che dovrà essere gestita responsabilmente da cittadini ed amministrazioni”.

Inoltre, “Fare Verde chiede alle Autorità di intervenire per cercare di gestire e ridurre il rifiuto “usa e getta” connesso alla prevenzione del Covid-19, ad esempio mediante la sterilizzazione delle mascherine per riutilizzarle. A tal fine Fare Verde ha scritto al Ministro dell’Ambiente – conclude Greco – chiedendo, con particolare riferimento alle mascherine che saranno prodotte dallo Stato, come comunicato nei giorni scorsi dal Presidente del Consiglio, Conte, di studiare la possibilità di lavare e sterilizzare le mascherine usate, affinché siano riutilizzabili e, quindi, ridurre l’impatto ambientale della pandemia.”




Sibylla Biotech e dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn): scoperte 35 molecole per combattere il virus SarsCoV2

Scoperte 35 molecole per combattere il virus SarsCoV2, grazie a una potenza di calcolo analoga a quella che l’Italia ha utilizzato per scoprire il bosone di Higgs; una appartiene alla famiglia dell’idrossiclorochina. Descritte sul sito ArXiv, ora potranno affrontare i test per capire se potranno diventare farmaci anti-Covid-19.

Sono state selezionate fra le 9.000 analizzate dal progetto guidato dall’azienda Sibylla Biotech e dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn).

Le molecole, che adesso potranno cominciare il percorso di test in laboratorio per capire se potranno diventare futuri farmaci anti Covid-19, agiscono impedendo al nuovo coronavirus di legarsi alla sua nelle cellule umane. Spin-off dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e delle università di Trento e Perugia, la Sibylla Biotech ha individuato due bersagli per le nuove molecole: sono due tasche che si trovano nella struttura principale porta d’ingresso utilizzata dal nuovo coronavirus per invadere le cellule umane, il recettore Ace2 che, oltre che sulle cellule dell’apparato respiratorio, si trova su quelle di molti altri organi, compresi cuore e intestino. Le tasche sono due stati intermedi che la struttura della proteina Ace2 assume ripiegandosi su stessa ed entrambe possono diventare due ‘talloni d’Achille’ per il coronavirus.

Una volta individuate grazie ai calcolatori messi a disposizione dall’Infn, le due tasche sono state confrontate con i circa 9.000 farmaci già commercialmente disponibili oppure in fase di sperimentazione clinica per verificare quali, fra questi sono state individuate le 35 molecole promettenti. Fra queste una appartiene alla famiglia chimica dell’idrossiclorochina e verrà valutata in laboratorio con altre sei molecole della stessa famiglia.

L’idrossiclorochina sembra limitare la replicazione del virus in vitro, ma le sue potenzialità contro la Covid-19 sono discusse e controverse. Nell’ipotesi, ancora da dimostrare, di una qualche efficacia clinica, l’analisi condotta da Sibylla Biotech potrebbe contribuire a spiegarne il meccanismo d’azione molecolare e alla messa a punto di protocolli clinici mirati. Su richiesta, Sibylla mette liberamente a disposizione la ricostruzione a livello atomico delle tasche di legame di ACE2, affinché chi possiede molecole proprietarie possa eseguire dei test al computer e quindi in laboratorio su questi bersagli.

Tutti i dati sulle liberamente accessibili

Sono liberamente accessibili alla comunità scientifica i dati relativi alle 35 molecole individuate dalla ricerca condotta dalla Sybilla Biotech e dall’ dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Lo rende noto Lidia Pieri, amministratore delegato di Sibylla Biotech, spin-off e delle università di Trento e Perugia. “Le informazioni che otteniamo sono liberamente al servizio della comunità. Chiunque può utilizzarle per cercare una cura. Noi intanto continuiamo a portare avanti la ricerca fin dove possiamo spingerci con i nostri mezzi”, ha rilevato.

“In questo momento storico – ha proseguito Pieri – chiunque abbia un’idea e i mezzi per poterla sviluppare, anche se solo in parte, deve scendere in campo”. Soddisfatto del risultato il presidente dell’Infn, Antonio Zoccoli, perché “testimonia le promettenti prospettive che la ricerca fondamentale in fisica può aprire in altri campi, con lo sviluppo di applicazioni spesso all’inizio inaspettate” ed “evidenzia il valore e l’efficacia dell’approccio multidisciplinare nella ricerca, ancor più quando si deve far fronte comune nelle grandi sfide scientifiche, come quella che oggi ci vede tutti coinvolti, contribuendo ognuno con le proprie competenze per contrastare la pandemia”.

Manfredi, un ‘traguardo brillante’

Un “traguardo brillante” e indica il ruolo civico della ricerca: è il commento del ministro per l’ Università e la Ricerca, Gaetano Manfredi, alla scoperta delle 35 molecole contro il nuovo coronavirus da parte di Sibylla Biotech e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). “I primi brillanti risultati ottenuti nella ricerca di terapie contro il Covid-19 – rileva Manfredi – sono, ancora una volta, la conferma che il lavoro di un ricercatore ha anche e soprattutto un ruolo civico”.

Quello che la scienza produce “non è avulso dalla realtà, anzi guarda alla società, alla salute delle persone, alle necessità intervenute”, prosegue il ministro riferendosi alla scoperta nata dalla collaborazione fra un ente pubblico di ricerca e da una spin-off di due università, quelle di Trento e Perugia, e dello stesso Infn. “L’emergenza Coronavirus ci ha imposto una sfida decisiva: dimostrare che la ricerca ha la capacità di ottenere risultati importanti anche in tempi rapidi, adattando i suoi studi alle esigenze sopravvenute. In questo processo – conclude – è fondamentale mettere in sinergia le competenze per rendere più rapida l’azione di contrasto al virus”.




Fase 2, il ministro Boccia avverte le Regioni: ordinanze coerenti con il DPCM o si va al Tar o alla Consulta

Ore decisive per il ministero della Salute che sta mettendo a punto i criteri soglia di sicurezza per affrontare la fase 2 che inizierà il 4 maggio, prevista dall’ultimo Dpcm. L’obiettivo e’ fissare i limiti di sicurezza in mancanza dei quali potrebbe scattare il ritorno alla fase 1 di lockdown.

Il ministero è al lavoro per mettere a punto i criteri di monitoraggio dell’epidemia. Tra questi il tasso di occupazione delle terapie intensive e le percentuali di positivi sui tamponi fatti. Per accompagnare la fase della riapertura sono necessari criteri di ‘soglie di allarme’ che il ministero sta mettendo a punto. Sulla base di questi criteri – si apprende – i presidenti di regione avranno potere di iniziativa. Il provvedimento è atteso entro la settimana.

Propongo un metodo: ordinanze regionali coerenti con il Dpcm”: così il ministro Francesco Boccia in videoconferenza alle Regioni, secondo quanto si apprende. “Se ci sono ordinanze non coerenti invio una diffida, una lettera con la scheda indicando le parti incoerenti e la richiesta di rimuoverle (solo in caso di allentamento delle misure) – afferma -. Se non avviene sono costretto a ricorrere all’impugnativa al Tar o alla Consulta”. “Per arrivare a una soluzione condivisa ha più senso la lettera che vi indica le violazioni dell’ordinanza rispetto alla tutela della salute e se non vengono modificate si trasformano in diffida, rispetto all’impugnativa – ha aggiunto Boccia, secondo quanto riferito -. Non impugno subito ma con grande collaborazione vi scrivo e prima ancora sollecito un confronto preventivo”. “In base al monitoraggio delle prossime settimane ci potranno essere dal 18 maggio scelte differenziate” tra le Regioni sulle riaperture di attività: così il ministro Francesco Boccia in videoconferenza con i governatori, secondo quanto si apprende. Il principio è “contagi giù uguale più aperture e viceversa – aggiunge -. Discuterete del monitoraggio con il ministro della Salute Speranza (a seguire in videoconferenza con le Regioni, ndr). Definito il monitoraggio si potrà procedere a differenziazioni”. “E’ molto importante dare un segnale di unità. Se non siamo uniti noi non possiamo chiederlo ai cittadini. Ci vogliono unità, serietà e responsabilità” avrebbe detto il ministro ai presidenti delle Regioni. “L’obiettivo è sempre quello della tutela dei cittadini”, ha affermato ancora Boccia, mentre si discute delle ordinanze regionali per la Fase 2 dell’emergenza coronavirus e della loro armonizzazione con il Decreto del presidente del Consiglio (Dpcm).

Questa mattina Luca Zaia era stato molto chiaro: “Lo dico subito e in maniera trasparente: stiamo lavorando per fissare in maniera plastica un numero di ricoverati e delle terapie intensive, perché se lo raggiungiamo si torna a chiudere“. Lo ha annunciato ai giornalisti il presidente del Veneto Luca Zaia. “Non ci sono alternative – ha aggiunto Zaia – non vorrei che qualcuno si faccia l’idea che è tutto finito”.

“E’ possibile affrontare la riapertura, ma investiamo sulla messa in sicurezza dei cittadini, e soprattutto la mascherina è imprescindibile – ha aggiunto il governatore –  perché metti in sicurezza la tua salute, metti in sicurezza la salute degli altri, e se non te la metti avremo ricadute e dovremo riprendere in mano le chiusure”.

Tamponi obbligatori per chi si ricovera o deve programmare un intervento chirurgico, visite solo a una persona per volta, mantenimento del pre-triage al pronto soccorso. Sono le linee principali del nuovo piano sanitario per gli ospedali non-Covid in Veneto, che entrerà in vigore dal 4 maggio.

Il piano, approvato dal Comitato tecnico regionale, è stato annunciato oggi dal presidente regionale Luca Zaia.

“Intanto – ha precisato – c’è l’obbligo di mascherina a tutti gli ingressi. Prego i cittadini di valutare fino in fondo il fatto che l’ospedale è il luogo nel quale i virus e i batteri sono più presenti, e così si va da soli a trovare parenti. Il luogo di cura è sacro, dobbiamo mettere in sicurezza la salute dei pazienti che sono i più esposti al virus”.

“Abbiamo un piano di rafforzamento che per la fine dell’estate ci porterà a fare 30 mila tamponi al giorno” ha detto Zaia. “Se ci riusciamo – ha aggiunto – andiamo anche oltre i 30 mila, avremo alcune sorprese”. Il governatore  ha puntualizzato che “è previsto che nel giro di 15-20 giorni vi sia un ripasso per tutti gli ospedali e le case di risposo, in alcune purtroppo la raccolta di positivi non è cessata. Il tampone ‘becca’ la positività già al sesto-settimo giorno, il test rapido dall’11/o giorno”, ha concluso.

“Girano su Whatsapp audio imbarazzanti. C’è chi dice che le pompe funebri segnano tutti i morti come Coronavirus. E’ gravissimo diffondere messaggi così, che creano inquietudine”. Lo ha affermato il presidente del Veneto Luca Zaia. “Intanto – ha precisato Zaia – le pompe funebri non fanno classificazione dei morti. Non esiste che si dica che chi muore per un incidente stradale muore di Coronavirus, le nostre classificazioni seguono parametri tecnico-legali su indicazioni dell’Oms. Siamo l’unico Paese e Regione che diffondono bollettini ogni giorno. Non mi risulta che lo facciano ovunque; non si venga a chiedere trasparenza, e poi quando ti diamo i numeri si dica che servono ‘solo per fare bollettini'”, ha concluso.

LA FASE 2 NELLE REGIONI – Nella capitale inizia oggi l’installazione della segnaletica per il distanziamento sociale su metro e bus di Roma. I marker verranno posizionati sulle sedute dei treni e degli autobus della capitale che saranno off limits per garantire il distanziamento tra passeggeri. Previsti anche cartelli e avvisi alle stazioni, sulle banchine e sui mezzi di superficie. Le operazioni di installazione termineranno entro domenica in tempo per la Fase 2.

“Continua il nostro impegno per ripartire in sicurezza. Questa mattina abbiamo deciso di stanziare altri 51,3 milioni per costruire e ammodernare le nostre scuole e per la manutenzione delle nostre strade, saranno ripartiti tra Province e Città Metropolitana. La Lombardia parla coi fatti”. Lo scrive il presidente della regione Lombardia Attilio Fontana su Facebook. Le risorse fanno parte – spiega una nota della Regione – del ‘Piano Marshall’ messo in campo dalla Lombardia, in grado di mobilitare complessivamente 3 miliardi di euro e, tra questi, 400 milioni destinati a Comuni e Province per opere cantierabili entro il 31 ottobre 2020.

Con la Fase 2 si metteranno in movimento circa 3 milioni di persone sull’intero territorio nazionale, molte delle quali utilizzeranno mezzi pubblici”. Lo ha detto la ministra delle infrastrutture e trasporti Paola De Micheli rispondendo in question time. “Occorre quindi che sia le aziende dei trasporti che l’utenza – ha aggiunto – si attengano all’osservanza di misure necessarie a garantire un regolare svolgimento di questa seconda fase, al fine di ulteriormente contenere il diffondersi del contagio”.




Terapie anti Covid-19, il mancato uso dell’eparina a domicilio: due proposte terapeutiche dal professor Salvatore Spagnolo

Ancora oggi, questa terapia proposta non è nelle linee guida dei farmaci da somministrare nei pazienti ammalati di covid-19 e l’eparina viene utilizzata solo in terapia intensiva quando i coaguli sono già presenti nel circolo polmonare: ne segue che i trombi occludono i vasi di un’estesa superficie di polmone e si ha la morte per eccessivo abbassamento della saturazione dell’ossigeno nel sangue

Due proposte terapeutiche per il Covid-19 sono state sviluppate dal cardiochirurgo professor Salvatore Spagnolo già responsabile della cardiochirurgia del Policlinico San Martino di Genova, della cardiochirurgia del Policlinico di Monza ed, attualmente, corresponsabile presso la cardiochirurgia dell’ICLAS di Rapallo (Ge).

Il cardiochirurgo, inoltre, ha eseguito come primo operatore, migliaia di interventi di cardiochirurgia, comprendenti tutte le patologie cardiovascolari dell’adulto. Per primo, nel 1986, ha sostituito l’arco aortico in età pediatrica e, per questo intervento, gli è stato conferito il premio “I numeri uno” dal Presidente della Repubblica.

Il professore ha competenza specifica nel trattamento dell’embolia polmonare massiva, patologia quest’ultima gravata da un’elevata mortalità. Se non operata, porta a morte il paziente per scompenso del cuore destro. Anche il relativo intervento chirurgico di embolectomia polmonare presentava, però, una mortalità così elevata che i cardiologi lo ritenevano eticamente non proponibile.

Quindi, Spagnolo ha ideato una tecnica nuova di inversione dei flussi nella circolazione polmonare allo scopo di eliminare sia i piccoli coaguli sia l’aria che si formavano nei vasi periferici a seguito dell’intervento classico di embolectomia polmonare per embolia acuta massiva.

Attualmente, questa tecnica introdotta dal cardiochirurgo costituisce il capitolo “Retrograde Pulmonary Perfusion for Pulmonary Thromboembolism” del testo americano di cardiochirurgia e fisiopatologia del circolo polmonare “Principles of pulmonary protection in heart surgery” (Curators: Gabriel Edmo Atique, M. D. Salerno, A. Tomas – Springer Nature Editor).

VIDEO DIMOSTRATIVO DELL’Entità dei trombi che si formano in un’embolia polmonare massiva come quella causata da Covid-19 e del perché sia necessario intervenire il più precocemente possibile con la terapia domiciliare

Le due proposte terapeutiche del professor Salvatore Spagnolo sono dunque avanzate sia in base alle caratteristiche cliniche di tale malattia sia in base alle cause che conducono il paziente alla morte.

Spagnolo ha avanzato e proposto queste terapie fin dal mese di marzo

Terapia 1: trattamento precoce a domicilio con eparina a basso peso molecolare per prevenire la formazione dei trombi, da somministrare allorquando i segni dell’influenza non tendono a migliorare dopo 3-4 giorni dall’inizio dei sintomi.

Terapia 2 nei pazienti gravissimi: utilizzo dell’ossigenatore a membrana e dell’inversione dei flussi del circolo polmonare per rimuovere i coaguli periferici.

TERAPIA 1

Dall’osservazione dell’andamento clinico dei pazienti ricoverati a Codogno, caratterizzati da una precoce desaturazione del sangue, da un’improvvisa dispnea ingravescente che necessita spesso di un supporto respiratorio e dall’insorgere di molti casi di morte improvvisa, Spagnolo ha dedotto che questo non è il decorso clinico di una polmonite ed ha ipotizzato che la principale causa di morte potesse essere un’embolia polmonare periferica diffusa.

Tale ipotesi poggia su:

  1. Quadri radiologici di processi flogistici, a vetro smerigliato, localizzati prevalentemente nei campi polmonari inferiori ed alle regioni posteriori, espressione di una verosimile azione gravitazionale con progressione della patologia in senso cranio caudale.
  2. Studi con AngioTAC polmonare, eseguiti dal dott. Pietro Spagnolo presso l’istituto radiologico di San Donato (Mi) che hanno evidenziato quadri periferici di interruzione della circolazione, specie a carico dei campi polmonari inferiori (Studio pubblicato: “Prevalence of Acute Pulmonary Embolism in SARS-CoV-2 Hospitalized Patients: A Brief Report”).
  3. Studi autoptici, eseguiti all’ospedale civile di Bergamo e, successivamente, in altri Centri, su 50 pazienti deceduti per Covid-19, che hanno descritto quadri di polmonite, dilatazione enorme dei vasi polmonari e presenza di piccoli trombi che sono indovati non solo nei vasi polmonari ma anche in altri organi come il cervello, il cuore, il fegato ed i reni.

Attualmente, si ritiene che l’embolia sia originata dai fattori infiammatori legati alla polmonite e, per favorire lo scioglimento dei coaguli, è stata introdotta l’eparina che ha migliorato il decorso clinico della patologia; purtuttavia, nella forma di embolia massiva la mortalità rimane elevata. Studi sulle proprietà dei virus hanno evidenziato un loro elevato tropismo per le strutture vascolari (arteriole e capillari alveolari).

Quando i virus raggiungono gli alveoli polmonari, oltre ad innescare un processo infiammatorio a carico della parete alveolare, penetrano all’interno dei capillari dove producono un danno endoteliale della parete vascolare (Sardu et al, 2020). Le modalità con cui i fattori della coagulazione sono alterati non sono ancora ben conosciute ma le conseguenze che ne derivano risultano drammatiche: il virus è in grado di innescare la formazione di quei piccoli trombi che sono stati riscontrati agli esami autoptici.

PURTROPPO, IL TERMINE PICCOLI TROMBI È STATO ABBINATO AL TERMINE DI PATOLOGIA EMBOLICA BENIGNA

Questo è un errore molto grave, perché l’embolia polmonare periferica è ben più severa della embolia polmonare centrale: l’ostruzione del microcircolo impedisce gli scambi gassosi tra alveoli e capillari con una progressiva desaturazione dell’ossigeno nella circolazione sanguigna. quando l’ostruzione del microcircolo interessa una porzione estesa di parenchima polmonare, la desaturazione diventa così grave da causare la morte del paziente.

Partendo dalla circostanza che sono i virus a causare la formazione dei microtrombi, Spagnolo ha proposto di somministrare a domicilio l’eparina a basso peso molecolare allorquando i segni dell’influenza non tendono a migliorare dopo 3-4 giorni dall’inizio dei sintomi.

Quest’eparina va assunta sotto pelle ed ha la proprietà di impedire la formazione dei coaguli.

L’eparina somministrata a domicilio previene la formazione dei trombi e modifica radicalmente l’andamento clinico di questa patologia.

Purtroppo, ancora oggi, questa terapia proposta non è nelle linee guida dei farmaci da somministrare nei pazienti ammalati di covid-19 e l’eparina viene utilizzata solo in terapia intensiva quando i coaguli sono già presenti nel circolo polmonare: ne segue che i trombi occludono i vasi di un’estesa superficie di polmone e si ha la morte per eccessivo abbassamento della saturazione dell’ossigeno nel sangue.

TERAPIA 2 NEI PAZIENTI GRAVISSIMI

Quando i microtrombi hanno chiuso il circolo polmonare periferico, la situazione clinica diventa drammatica. Sono impediti il passaggio dell’ossigeno dagli alveoli polmonari ai capillari e l’eliminazione dell’anidride carbonica dai capillari agli alveoli polmonari. Ciò conduce ad un progressivo abbassamento della saturazione dell’ossigeno nel sangue ed al conseguente decesso del paziente.
L’unica possibilità terapeutica che rimane è collegare il paziente ad una macchina cuore polmone e provvedere all’ossigenazione del sangue mediante un ossigenatore a membrana. Questa terapia si può attuare per una durata di 12-24 ore.

Contemporaneamente all’ossigenazione del sangue, per rimuovere i coaguli dal circolo periferico e permettere al sangue di riprendere una normale circolazione, si può utilizzare l’inversione della direzione dei flussi nella circolazione polmonare associata alla somministrazione diretta dell’eparina nel circolo polmonare. Il flusso di sangue invertito spinge i piccoli coaguli verso l’esterno.

Questa tecnica è stata ideata ed applicata dal professor Salvatore Spagnolo per rimuovere i piccoli coaguli e l’aria a fine intervento di embolectomia polmonare e ha permesso di eliminare la causa principale dell’alta mortalità che si registrava negli interventi di embolectomia polmonare.




Ricerca sul cancro, università di Torino tra le migliori al mondo: primo e unico ateneo italiano nella classifica di Nature

La prestigiosa rivista scientifica Nature, considerata una delle più autorevoli dalla comunità scientifica internazionale, ha recentemente pubblicato la classifica mondiale delle migliori 200 istituzioni accademiche impegnate nella ricerca sul cancro, la Nature Index 2020 Cancer Table. L’Università di Torino risulta essere il primo e unico Ateneo italiano presente in graduatoria, collocato alla 176° posizione a livello globale.

La presenza dell’Ateneo di Torino in questa classifica testimonia che la ricerca condotta nei suoi Dipartimenti tiene il passo, in questo settore in rapida evoluzione, con gli istituti dei Paesi a livello globale maggiormente presenti. Gli Stati Uniti guidano la classifica con l’Università di Harvard e compaiono nella graduatoria di Nature con 85 istituzioni accademiche, seguiti dalla Cina con 43 istituzioni accademiche.

La classifica Nature Index 2020 Cancer prende in considerazione la produzione di articoli scientifici sulla ricerca sul cancro scritti tra il 1° gennaio 2015 e il 31 agosto 2019 e presenti nel Nature Index, un database costantemente aggiornato relativo alle affiliazioni degli autori di articoli di ricerca pubblicati su 82 riviste scientifiche di alta qualità selezionate da un gruppo di scienziati indipendenti.

La metodologia utilizzata per la redazione di questa classifica si basa sul numero di articoli condivisi sulla ricerca sul cancro pubblicati da gennaio 2015 ad agosto 2019, denominati Share; sul numero di articoli pubblicati da ciascuna istituzione da gennaio 2015 ad agosto 2019, denominati Count, e sul numero di articoli scritti sulla base di collaborazioni internazionali pubblicati nello stesso periodo di riferimento. Nella categoria Share l’Università di Torino si colloca al 25° posto a livello globale.

La tradizione più che quarantennale nello studio dei meccanismi molecolari e cellulari che stanno alla base del cancro ha preparato l’Ateneo a raccogliere con successo la sfida della medicina di precisione, volta a garantire un uso ragionato dei nuovi farmaci anti-tumorali che aspirano a controllare un alterazione genetica ben precisa, riducendo effetti tossici e costi.

“La base di questo ottimo posizionamento nella graduatoria proposta da Nature” dichiara il Rettore Stefano Geuna “dimostra la capacità di UniTo di creare gruppi interdisciplinari (medici, oncologi molecolari, informatici, fisici, ingegneri, matematici) che affrontano a 360 gradi la patologia oncologica proponendo percorsi diagnostici e terapeutici di frontiera.”

Il piazzamento dell’Università di Torino in questa top 200 riflette altri ottimi risultati raggiunti dall’Ateneo nella ricerca sul cancro lo scorso anno. La Highly Cited Researchers list di Clarivate Analytics ha identificato gli scienziati che hanno mostrato un’influenza significativa nel mondo della ricerca oncologica attraverso la pubblicazione di articoli altamente citati (top 1% a livello mondiale) nell’ultimo decennio, tre di questi scienziati appartengono all’Università di Torino. Inoltre, sempre nel 2019, l’agenzia U.S. News & World Report ha pubblicato le classifiche delle migliori università del mondo per il 2020 ed eccellente è stata la posizione raggiunta da UniTo nella classifica della disciplina Oncology. Non solo l’Ateneo si è collocato alla 38° posizione a livello globale, ma in questa disciplina è risultato essere anche il primo Ateneo italiano.




Osservatorio Anbi sullo stato delle risorse idriche: è allarme in Veneto

Si aggrava la situazione nei campi veneti: dopo settimane climaticamente miti, le colture hanno anticipato il ciclo vegetativo, ma le loro necessità irrigue non possono essere adeguatamente soddisfatte a causa di concessioni per prelievi idrici, inadeguate alla condizione di siccità, che si sta registrando quest’anno, pregiudicando i raccolti.

“È necessario che la Regione del Veneto riveda sollecitamente la modulazione delle derivazioni irrigue per far fronte alle criticità in atto, conseguenza dei cambiamenti climatici – chiede Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI) – In questo periodo, infatti, c’è disponibilità d’acqua nei fiumi, grazie allo scioglimento delle nevi in alta quota ed i bacini montani del Veneto sono mediamente all’80% della loro capacità d’invaso. E’ un paradosso: i campi hanno sete ma, a causa di rigidità burocratiche, stiamo perdendo molta acqua dolce che, non potendo essere prelevata, dai fiumi va direttamente a mare.”

Il caso più eclatante è quello del canale L.E.B. – Lessinio Euganeo Berico, la principale asta irrigua veneta, che deriva acqua dal fiume Adige e la distribuisce su un territorio di oltre 350.000 ettari tra le province di Verona, Vicenza, Padova e Venezia.

“Il Consorzio irriguo L.E.B. – spiega Andrea Crestani, Direttore di ANBI Veneto – sta prelevando, in questi giorni, 21 metri cubi d’acqua al secondo e ad inizio Maggio potrà aumentare la derivazione fino a 25 metri cubi, ma è sempre troppo poco rispetto alle attuali necessità irrigue. In questo inizio di primavera, il bisogno d’acqua nelle campagne è pari a quello di Giugno-Luglio, quando la concessione di derivazione del Consorzio L.E.B. arriva a 34 metri cubi al secondo; stiamo dunque prelevando 13 metri cubi d’acqua in meno, rispetto a quanto previsto in un’analoga situazione, seppur in un periodo diverso dell’anno. L’acqua nell’Adige c’è, ma non possiamo prelevarne a sufficienza.”

Secondo i dati dell’Osservatorio ANBI sullo Stato delle Risorse Idriche, è lo scioglimento delle nevi a caratterizzare l’attuale situazione idrica nel Nord Italia; a beneficiarne sono soprattutto i grandi laghi: pur rimanendo sotto la media stagionale sono in ripresa il lago Maggiore (55,1% di riempimento) ed il lago di Como (36,5%), mentre il lago d’Iseo, dopo mesi di sofferenza idrica, è al 66,4% della capacità d’invaso, sopra la media stagionale così come il lago di Garda (82,9% di riempimento).

Di riflesso ne beneficia anche il fiume Po che, lasciato il Piemonte e dopo centinaia di chilometri in deficit rispetto allo scorso anno, torna in media al rilevamento di Pontelagoscuro verso il delta. Analogamente sono in ripresa idrica i fiumi piemontesi Dora Baltea, Tanaro e Stura di Lanzo.

“E’ una ricchezza però che, in assenza di bacini di stoccaggio, defluirà rapidamente verso il mare; sono risorse, che rischiamo di rimpiangere di fronte a mesi, che si preannunciano idricamente complicati – aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI – È auspicabile che i gestori idroelettrici dei laghi alpini invasino ora più acqua possibile da rilasciare, però, in caso di bisogno a valle.”

Cresce intanto la preoccupazione per la situazione dei fiumi in Emilia Romagna: sotto le medie mensili, ad eccezione di Panaro, nel modenese e Nure, nel piacentino; nelle stesse province, altresì, Secchia e Taro hanno raggiunto il minimo storico.

Sono, invece, le piogge ad aver lenito il grave deficit idrico, che si registra in Puglia e Basilicata, dove continuano a mancare rispettivamente 109 e 88 milioni di metri cubi negli invasi; a beneficiare delle precipitazioni sono stati soprattutto i bacini di Occhitto e Pertusillo (il suo livello è ora addirittura superiore all’anno scorso).

Resta largamente deficitaria la situazione idrica in Calabria e Sicilia (-62 milioni di metri cubi circa negli invasi dell’isola), mentre si conferma confortante l’accumulo idrico nei bacini della Sardegna, così come nell’Italia Centrale.




Fase 2: la montagna ha partorito un topolino

Il governo Conte ha varato quella che impropriamente ha battezzato ‘Fase 2’. In realtà, la montagna ha partorito il classico topolino, condannato agli arresti domiciliari gli anziani, con il pretesto di ‘proteggerli’, e varando norme assurde anche per un gioco da bambini, quello che facevamo con la premessa: “facciamo che io ero…”.

Con un’aria spaurita, gli occhi spalancati, il nostro verboso presidente del Consiglio ha parlato, più che altro, di quelle famose mascherine il cui uso era stato demonizzato due mesi fa, con il pretesto che avrebbero “allarmato la popolazione”, sulla scia di una OMS che per lo svarione si è platealmente scusata.

Oggi pare che lo Stato si sia trasformato – troppo tardi – in produttore e commerciante di mascherine, avendo, pare, acquisito ben 51 impianti per la produzione delle stesse, quando ognuno di noi si è già laboriosamente provveduto, anche con autofabbricazione, con tutorial sul web. Chissà cosa ne faremo! Forse le esporteremo in Cina, o nei paesi africani, dei quali non si diffondono notizie. Come non se ne diffondono a proposito del contagio fra i migranti dei barconi, che, nonostante le limitazioni imposte agli Italiani, continuano a sbarcare sulle nostre coste.

Analogamente, non si parla dei device più efficaci, come dimostrato dall’esperienza coreana, cioè i tamponi. I quali sarebbe stato più produttivo produrre, invece delle mascherine, per utilizzarli a tappeto. Ma no, quando c’è da prendere una decisione intelligente, Conte & C. si tirano indietro. Manca il coraggio, ma forse anche la capacità di comprendere, di ‘intelligere’. Come è mancato il coraggio per avviare quella che pomposamente, è stata chiamata ‘fase 2’.

Nulla di nuovo sotto il sole, come recita il bel libro de L’Ecclesiaste, cioè Salomone, noto per la grande saggezza che il Signore gli diede per governare un popolo ribelle e puntuto come quello degli Ebrei. Sarebbe il caso che anche Giuseppi ne chiedesse un po’? Bisognerebbe prima accertarsi che il Creatore lo ascolti, cosa molto improbabile.

Purtroppo anche il nostro presidente del Consiglio s’è perso in aspetti marginali, come il costo delle mascherine – pare 50 centesimi cadauna, mentre in Ferrari dal 21 di gennaio hanno risolto ogni problema, cioè quando i ‘nostri’ ancora dormivano della grossa – la quota dell’IVA, ed altre inutili ed oziose amenità consimili. La realtà è che i funerali potranno avere al massimo 15 persone che seguono il feretro, e che preferibilmente dovranno essere celebrati all’aperto: e dove sennò, visto che le chiese rimangono chiuse, sia quelle cattoliche, che quelle evangeliche? Delle moschee non abbiamo notizia, né di altre religioni. Insomma, chi ieri s’è messo davanti alla Tv per avere notizie fresche alla conferenza stampa di quello che oggi un quotidiano taccia di dittatorismo (mancava un altro ‘ismo’, eccolo qua), l’uomo dai pieni poteri, l’uomo che decide, l’uomo che ‘non deve chiedere mai’, come recitava anni fa la pubblicità di un famoso dopobarba, è rimasto non solo deluso ma anche, scusate il solito francesismo, anche ‘incazzato’.

In più abbiamo assistito alla solita manovra governativa di una certa parte politica, già messa in atto per l’ingresso dell’Italia nell’euro: il lancio della pietra e la scomparsa della mano. E mi spiego. Quando si trattò di attirare la nostra nazione nell’UE e nell’euro, fu adottata (di questo Amato ha parlato fuor dai denti in una sua intervista reperita sul web, a portata di tutti) una tattica simile. In pratica, si propone qualcosa, e se non c’è reazione, si va avanti, fino al ‘punto di non ritorno’. Questo è successo per l’euro, questo rischia di accadere con la proposta di lasciare a casa gli ultrasessantenni.

La proposta oltre ad essere indecente – anche se condita con una certa aria di protezione ‘si fa per proteggerli’ – sa tanto di Guyana francese, quella di Papillon, protagonista del famoso romanzo, ma anche della vicenda, rigorosamente autentica. È chiaro che una condizione di questo genere suscita ribellione. Dovrebbero rimanere a casa i componenti del CSM, quelli della Consulta, quelli della maggior parte del governo, oltre che lo stesso Presidente Mattarella: in pratica, è una proposta assurda. In più, essa comporterebbe l’erogazione della pensione a sessant’anni, visto che, se io non posso uscir di casa, non posso più lavorare: mentre invece si sta brigando per portare l’età pensionabile da 65 a 68 anni… Ma se in seguito l’età fosse portata a 65, 68 o 70 anni? Si tratta di impiantare una base di trattativa, e poi andare avanti basandosi sul nulla, come è costume fare da parte di chi ci governa con una semplice maggioranza parlamentare.

La verità è che se si dovesse arrivare a questo – e magari condizionare la libera uscita all’assunzione del vaccino – verrebbe violata la Costituzione in almeno due dei suoi articoli fondamentali: quello dell’uguaglianza e della non discriminazione, e quello del trattamento sanitario, rifiutato se non gradito.

Ma da questo governo pauroso, pasticcione, generatore di burocrazie non possiamo aspettarci altro, se non di peggio. Insomma, ieri Giuseppi ha confermato di essere ostaggio – vogliamo discolparlo – di coloro che manovrano all’interno delle segrete stanze, di non aver coraggio, ma soprattutto di non avere le idee chiare su nulla. E ciononostante continua a non voler accettare le proposte dell’opposizione, che almeno porterebbero una voce non più univoca su certe decisioni. Se io mi sposto nel mio comune con mascherina e guanti, non c’è differenza se io mi sposto in un’altra regione. Né c’è differenza se vado ad assistere ad un culto della mia chiesa, né se vado in pizzeria con mia moglie. Questo voler insistere sulla ‘distanza sociale’ di un metro, quando è dimostrato che è insufficiente; questo voler discriminare le varie situazioni assolutamente ‘a occhio’, senza competenze, sa tanto di pressappochismo e incompetenza.

Certo, se avessimo a disposizione i tamponi, e non, dopo due mesi, le mascherine – noi le avevamo chieste su queste pagine due mesi fa – delle quali non ci frega nulla se pagano l’IVA, e se il costo debba costituire debito d’imposta, se avessimo i tamponi ad ogni piè sospinto, così da poter avanzare in sicurezza, allora tutto sarebbe diverso.

Invece di andare avanti alla cieca in una stanza buia, avremmo uno di quegli amplificatori di luce che consentono, in uso militare, di vederci anche al buio. Ma questo sarebbe troppo intelligente per questo governo e chi lo guida, e magari l’OMS non vuole, salvo poi a scusarsi quando i tamponi non serviranno più – per qualsiasi motivo.

Del senno di poi son piene le fosse, recita un antico proverbio. Se Giorgia Meloni si fosse chiamata Giorgio, e fosse stata alta 1 metro e ottanta; se Salvini fosse laureato in una disciplina umanistica e si tagliasse quella barba; se Berlusconi avesse 20 anni di meno: allora l’Italia avrebbe un altro destino.

Non si può aver tutto. Ma almeno, di grazia, che quelli che stanno nella stanza dei bottoni abbiano un po’ d’intelligenza. Vi sembra chieder troppo?




25 aprile tra vecchi e nuovi partigiani

Passato il 25 di aprile, con le varie manifestazioni mortificate dal Coronavirus, abbiamo assistito ad un presidente Mattarella mascherato per ragioni di opportunità: in realtà il nostro ha salito quei gradini dopo aver tolto la mascherina e averla messa nella tasca interna della giacca. Volendo essere pedissequi, la distanza fra lui e i corazzieri, nel momento in cui s’è avvicinato alla corona d’alloro e l’ha toccata con entrambe le mani, non era regolamentare. Ma in un giorno come quello, in cui è stato concesso alla sinistra partigiana di riunirsi, e negato di celebrar messa, non avrebbe potuto essere diverso il trattamento per un presidente della Repubblica. Il quale, dopo aver compiuto l’atto rituale, ha tranquillamente inforcato il DPI, offrendosi alle foto che documenteranno a futura memoria la data della Liberazione 2020. Si ricorderà, così, che il presidente Mattarella in quel giorno aveva la mascherina. Insomma, tripudio di tricolori da finestre e balconi, e diffusione di ‘Bella ciao’ per le strade, con la nuova modalità che esclude la possibilità di grandi palchi in Piazza del popolo, o a S. Giovanni.

Minimo comune denominatore, ieri mattina, 25 aprile 2020, la bandiera italiana, in un’esplosione di patriottismo molto vicina a quel sovranismo che tanto fastidio da’ agli europeisti come la Bonino – ‘più Europa’ – e al suo mentore Soros, (vox populi, vox dei). Stridente il contrasto fra i ‘rossi’ del ’44 e le dichiarazioni della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che difende il diritto dell’Italia al recupero della propria sovranità nazionale. Con lei, il Centrodestra di Salvini, mentre Berlusconi ‘si smarca’, come riferisce oggi un quotidiano, riprendendo la frase di un giornalista parlamentare. Il favore del Berlusca verso il MES è quanto meno sospetto (in un certo senso), rispetto al rifiuto dei suoi compagni (?) di cordata. Insomma, sic stantibus rebus, i nuovi partigiani appartengono a quella destra che la sinistra ‘storica’, greve di azioni contro gli invasori tedeschi, di agguati, di staffette, di torture in via Tasso, di azioni eroiche (tranne quella di via Rasella, per cui 335 nostri connazionali furono trucidati barbaramente senza che nessuno dei responsabili – neanche uno – si presentasse a dichiararsi colpevole, risparmiando la vita di tanti innocenti), definisce ‘fascista’, comodamente bollando di infamia persone che democraticamente siedono in un parlamento che è l’espressione di quella Costituzione che sancì la nascita dell’Italia repubblicana nel 1948. Una sinistra, o presunta tale, ormai, anche di governo, che dimostra la sua propensione ad un europeismo che agli occhi della signora Maria – o del signor Rossi – non ha fatto poi granchè bene alla nostra nazione. Nel giro di ventiquattr’ore, con l’adozione dell’euro, ci hanno dimezzato gli stipendi e raddoppiato i prezzi. Alla faccia del marco tedesco che è rimasto al suo valore iniziale di ottocento lire, più o meno. Questo fa pensare – e non solo ai complottisti, che qualche volta hanno anche ragione – che la manovra europea, nonostante lo sbandieramento dei ‘padri’ come Altiero Spinelli e Robert Schumann, avesse ben altra impronta, come da alcuni avanzata, l’ipotesi Bilderberg. Il controllo di grandi capitali sulla politica e la vita degli Stati più scomodi, come l’Italia, non ottenibile altrimenti. Oppure sì, ricordando l’attentato a Mattei e l’assassinio di Moro. Prima dell’euro, con l’Italia fuori dallo SME – dove l’aveva spinta la manovra speculativa di Soros – la nostra esportazione andava a gonfie vele, e la Germania piangeva. Le parti si sono rapidamente invertite dopo l’euro. In più, dobbiamo pagare le spese dei nostri due palazzi del potere, Camera e Senato, che, secondo un quotidiano, nel 2013 ci costavano 1 miliardo e 500 milioni di euro. Somma fluttuante, perché quando si va a fare i conti di certe istituzioni, tante ‘piccole’ voci restano nella penna del relatore. L’Europa ha tre sedi, una a Bruxelles, una a Strasburgo, e poi il Segretariato Generale, che tre uffici, a Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo. Il Parlamento europeo ha 751 deputati, il costo annuale, nel 2019, è stato di due miliardi di euro, calcolato, come sempre, al netto di bonus, diarie e rimborsi spese. Una volta al mese alla stazione di Strasburgo, in Francia, arriva un treno speciale. I posti sono riservati, anche se molti dei passeggeri farebbero volentieri a meno di salire a bordo. Il treno parte da Bruxelles, in Belgio, dove ha sede il Parlamento Europeo ma solo per poco più di tre settimane al mese. Nei giorni che rimangono, un esercito di parlamentari, assistenti, interpreti e funzionari sale sul treno speciale per spostarsi circa cinquecento chilometri più a sud, a Strasburgo, per rimanerci circa 72 ore. Le esigenze di chi lavora al Parlamento Europeo sono le stesse, e per questo Bruxelles e Strasburgo hanno due sedi quasi identiche: ogni europarlamentare ha a disposizione due aule, due uffici, due sale per le riunioni delle commissioni parlamentari, e così via. Qualcuno lo ha definito «un circo itinerante». Funziona così da vent’anni, e a meno di sorprese continuerà a funzionare così. Il tutto, salvo imprevisti, per il ‘modico’ costo di due miliardi di euro l’anno, lira più, lira meno. Ci chiediamo, sempre guardando con gli occhi della signora Maria, quella che va a fare la spesa al mercato e che conserva i volantini del supermarket per studiare le varie offerte della settimana; quella che piuttosto che andare con il bus, va a piedi, con le borse della spesa che le pesano sulle braccia; quella che al 20 del mese ha già finito la pensione, sua e del marito, perché il totale non arriva a mille euro al mese – dopo quarant’anni di lavoro – ma si ferma molto prima. Ci chiediamo quale vantaggio possa trovare questa signora, simbolo di tutte le ‘signore Maria’ d’Italia, nell’appartenere ad un carrozzone che tutti gli anni chiede alla nostra nazione fior di miliardi, salvo poi a doverli richiedere – noi – in prestito ad interesse, quando ne abbiamo bisogno. Si chiede anche, la signora Maria, quando le capita di vedere il Tiggì, perché Angela Merkel sia quella che deve decidere delle sorti della nostra Italia in seno all’Unione Europea, coadiuvata da persone che hanno cognomi strani: Von der Leyen, Lagarde, Macron: certamente non italiani. Si chiede anche, la signora Maria, quando capita che guardi il Tiggì, perché il nostro presidente del Consiglio debba continuamente andare a chiedere il permesso a queste persone quando deve fare qualcosa per l’Italia, e perché gli vogliano appioppare un debito come alla Grecia, che s’è dovuta vendere i gioielli di famiglia. Non capisce, Maria, perché dopo settant’anni abbiamo ancora i Tedeschi che comandano in casa nostra, insieme ai Francesi. Non le è chiaro perché oggi siano ‘fascisti’ cattivi quelli che hanno alto il senso del valore della Patria, e ‘buoni’ quelli che invece sono contenti che l’Italia sia in Europa. Ma ieri, 25 aprile, è avvenuta una cosa strana: tutti si sono riuniti sotto il tricolore. Sia quelli che cantavano ‘Bella ciao’, che quelli che intonavano l’inno di Mameli. Nuovi e vecchi partigiani, uniti insieme in un sovranismo di fatto al quale le nostre istituzioni non hanno potuto che applaudire. Liberazione? Oggi, come allora, speriamo, contro chi vuol prendere il potere in casa nostra. Chiunque sia. Anche i Tedeschi. Ma non li avevamo già cacciati settant’anni fa?




Recovery found e riaperture in Lombardia: l’intervista all’on. Paolo Grimoldi

Intervista all’onorevole Paolo Grimoldi Segretario della Lega Salvini Premier Lombardia e Presidente OSCE’s parlamentary delegation sul recovery found, sulle riaperture in Lombardia.

On. qual’e’ a sua posizione in merito all’appena approvato recovery found dal Consiglio Europeo?

Per quanto riguarda gli accordi europei quello che noi vogliamo mettere in chiaro é che in questi anni. noi abbiamo contribuito all’Unione Europea molto di piu’ di quello che in termini economici é tornato indietro all’Italia. Ogni anno ci andava bene ci smenavamo 3 miliardi e se andava male ce ne smenavamo 8. Il nostro é il secondo Paese in termini di contribuzione che tiene in piedi l’ Unione Europea , abbiamo sempre dato e in un momento in cui l’Europa ha una sfida pretendiamo che questa sfida sia giocata in modo leale. Noi non chiediamo la solidarietà ma chiediamo che ci sia un equilibrio di interessi all’interno dell’Unione Europea. La Germania ha avuto un enorme vantaggio dall’ingresso dell’Italia nell’euro permettendo a una moneta molto forte come il marco tedesco di svalutarsi leggermente all’interno dell’euro e quindi permettendo alla Germania di aumentare tantissimo le esportazioni e di violare gli accordi europei attraverso un enorme surplus rispetto alle sue esportazioni e nonostante questo la Germania ha fatto come nulla fosse ed é andata avanti avvantaggiandosi di questa situazione , l’ Italia invece , che é un paese manifatturiero leggero , all’interno di una moneta molto più forte, ha sicuramente avuto maggiori difficoltà . Quindi questo nostro contributo al benessere economico dell’Europa che ha creato il surplus alla Germania va assolutamente bilanciato specialmente in un momento di difficoltà come questo dovuto al virus attraverso della liquidità che non può essere ovviamente passibile di onerosi interessi. Non esiste questo perché sennò viene meno la ragion d’essere dell’Europa , sempre che sia mai esistita perché abbiamo evidentemente sempre dato ma mai ricevuto.

É d’accordo col Governatore Fontana in merito alle riaperture in Lombardia? E sempre secondo il piano delle riaperture circa tre milioni di lavoratori si sposteranno, molti sono pendolari. Come verranno adeguati i trasporti rispettando le 4 D?

Ovviamente sono d’accordo col Governatore Fontana sulla riapertura servono però delle regole chiare, serve attenzione, servono precauzioni. Non possiamo attendere. In merito ai trasporti qui é il nodo , questa é una cosa che deve fare il Governo. Il governo fino ad ora non é riuscito a fornire i reagenti per fare gli esami sui tamponi, non é riuscito a fornire le mascherine dove ogni regione ha cercato di raccattarsele in giro perché dal Governo le mascherine che sono arrivate attraverso la Protezione Civile Nazionale sono quelle che persino il Presidente della Regione Campania De Luca. , ha definito le mascherine di Bugs Bunny dicendo che erano inutili e che hanno sollevato polemiche . Il Governo, a detta persino in queste ore del sindaco di Bergamo Gori, non sa che pesci prendere, é un enorme Babele dove ognuno dice la sua e si sanno le cose per voci. Non si capisce come , quando e perché si deve aprire, hanno messo insieme 15 task force con 450 persone in qualità di esperti e ad oggi nessun imprenditore capisce quali sono i parametri, le regole , cosa bisogna fare, bisogna mettere i separe’ bisogna disinfettare dall’oggi al domani , e se un capo d’abbigliamento viene provato che cosa si deve fare , come lo si deve lavare . Mancano tutte le linee guida e si capisce bene che queste linee guida non possono arrivare 24 – 48 ore prima della riapertura perché un’azienda normale ha bisogno di tempi tecnici per potersi mettere in carreggiata. il problema probabilmente é proprio questo che di 65 membri del governo circa che hanno provato provato a lavorare nella loro vita , non so se arriviamo a 2 , quindi il problema é che questa é gente che , non avendo mai lavorato, non si rende neanche conto. Che a pochi giorni dalla riapertura manchino le linee guida é scandaloso. Dopodiché bisogna però riaprire perché sennò quello che é un dramma sanitario che fortunatamente sta via via calando, diventerà una tragedia economica. Non possiamo rimandare l’apertura con intelligenza, precauzioni, con quello che la Lombardia suggerisce le 4 d sul digitale, il distanziamento etc con dei parametri bisogna riaprire . Speriamo che il Governo non latiti fino all’ultimo senza dare risposte esaustive come ha fatto invece per il dramma sanitario dove non c’è stato nessun tipo di aiuto se non attraverso polemiche nel cercare di sminuire il lavoro delle Regioni, in modo particolare quelle con un colore politico diverso , anche se la Regione numeri alla mano col dramma piu eclatante, da ieri, é la Regione Emilia Romagna, in particolare la provincia di Piacenza . Ovviamente il Governo se ne guarda bene però dal minacciare commissariamenti dell’Emilia-Romagna perché ovviamente sennò, il Governo stesso andrebbe a casa per ovvi motivi di carattere politico.

Un suo pensiero agli italiani in questo difficile momento storico?

Dico che c’è luce in fondo al tunnel e nei prossimi mesi ritengo che ci sarà una forte ripresa. Certo ci metteremo degli anni a risollevarci da questa tragedia del coronavirus però possiamo guardare al futuro con speranza. E soprattutto io auspico che da qui a qualche mese si possa anche avere quella stabilità politica, quella determinazione in un nuovo Governo per portare a casa gli interessi degli italiani. Perché oltre che la luce in fondo al tunnel gli italiani hanno bisogno di risposte concrete , celeri e di determinazione da parte di chi governa senza continui tentennamenti rispetto all’Europa o rispetto alle liti e agli equilibri. Io penso che il centrodestra possa dare queste risposte e siamo sicuri che un Governo alternativo a questo sia la soluzione anche se la soluzione ultima é sicuramente quella delle elezioni passando dalla volontà popolare per avere un Governo che metta al primo posto l’Italia e gli italiani.




Coronavirus, curva in discesa. Speranza: “Possiamo guardare con fiducia al futuro, ma con cautela”

“La curva si è piegata, possiamo guardare con fiducia al futuro, ma con cautela” ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza nel corso dell’inaugurazione dell’Edificio Alto Isolamento dell’Istituto Spallanzani di Roma . Ci sono le condizioni per programmare il domani ma con i piedi ben piantati nell’oggi. Il virus circola ancora nel nostro territorio, guai a pensare che la battaglia sia vinta. Abbiamo creato le condizioni ma adesso prudenza e gradualità massima, siamo davanti a un nemico difficile”.
“Dalle curve del contagio si vede oggi una situazione diversa rispetto alle settimane precedenti: questo grazie alle misure drastiche che abbiamo adottato ma anche grazie agli italiani che sono stati all’altezza della sfida drammatica”, ha detto ancora Speranzai Roma. “Ci siamo trovati tutti di fronte a un fatto epocale che sarà ricordato sui libri di storia – ha detto ancora – Uno tsunami che ha sconvolto le vite di ciascuno di noi. Lo Stato, le istituzioni, le regioni hanno risposto con forza e determinazione a questa onda anomala entrata nelle nostre vite. In poco tempo le Regioni, le comunità, i presidi sanitari hanno messo in campo una sfida nuova”.

“Le istituzioni ci sono: qui c’è stata una Regione all’altezza, che ha affrontato con coraggio una sfida tremenda, una Regione dove c’è la Capitale: ne va dato merito al presidente Zingaretti e all’assessore D’Amato”.

Conferenza stampa all’Istituto superiore di sanità sull’andamento epidemiologico del Covid-19

La situazione epidemiologica è nettamente migliorata – ha detto il presidente dell’Istituto Silvio Brusaferro -, ma c’è una circolazione del virus che continua e di cui tener conto, e ci vuole cautela nelle misure di riapertura.

Il numero dei casi di Covid-19 “si sta riducendo dappertutto, ma è ancora necessaria prudenza rispetto alle misure di riapertura perché la situazione è diversificata nel Paese”.

“La curva mostra che i sintomatici si riducono, ma ci sono ancora casi, anche questi però in riduzione. Aumenta l’utilizzo dei tamponi. Crescono gli asintomatici o coloro che hanno patologie lievi e si riducono i pazienti critici. Inoltre le età più avanzate, con più patologie, sono a maggior rischio mortalità”.

La maggiore concentrazione dei casi “si ha nelle Rsa, a livello familiare e al lavoro”, ha detto il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Brusaferro. Inoltre, ad aprile, ha detto, “sono aumentati i casi tra le donne”.




Celebrazioni del 25 aprile, Ciotti (A.N.V.M.): ““Sorpreso per autorizzazione data dal governo all’Anpi. Ricorderemo con un fiore chi subì le violenze dei liberatori.”

“Siamo sorpresi per l’autorizzazione data dal Governo all’ANPI e alle altre associazioni di partecipare alle celebrazioni del 25 aprile. Noi ricorderemo con un fiore e una canzone chi subì le violenze dei cosiddetti liberatori.”

Questo il commento di Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, dopo aver appreso che il Governo Nazionale ha autorizzato la partecipazione degli iscritti all’ANPI e ad altre associazioni alle manifestazioni per il 25 aprile.

“Questo dietro front del Governo è incomprensibile – prosegue Ciotti – inoltre, mette seriamente a rischio la salute dei cittadini, creando assembramenti che si potevano benissimo evitare. Mentre si moltiplicano gli appelli a restare a casa e gli italiani vengono multati, sono bastate le proteste di questa associazione per far cambiare repentinamente idea al Governo.

Dal canto nostro – prosegue Ciotti – non possiamo rimanere inerti di fronte a questa situazione e commemoreremo le donne e gli uomini italiani che subirono le violenze dei soldati alleati nel periodo 1943-1945.”

Gli iscritti all’ANVM, ovviamente rispettando le distanze di sicurezza, indossando guanti e mascherina si recheranno a un monumento significativo della propria città per deporre un fiore e un cartello che ricordi la memoria delle vittime delle marocchinate e i martiri delle foibe. La seconda iniziativa, già comunicata nei giorni scorsi, è quella di far risuonare sui balconi, dalle finestre e nei social, la canzone intitolata “Le marocchinate”, disponibile su Youtube, scritta e interpretata da  Ted Bee, pseudonimo di Marco Villa, in collaborazione con Paolo Brera.

“Della storia italiana fanno parte anche la vergogna delle marocchinate e il dramma delle foibe – conclude Emiliano Ciotti, presidente nazionale dell’ANVM – sabato 25 aprile ricorderemo queste pagine che qualcuno vuole nascondere o deformare a suo piacimento.”