Lotta ai cambiamenti climatici, Costa firma il decreto: finanziamenti per la riqualificazione energetica degli edifici

Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha firmato il decreto interministeriale che disciplina le modalità di presentazione delle domande e individua i criteri e le modalità di concessione, erogazione e rimborso dei finanziamenti agevolati per la riqualificazione energetica degli edifici di proprietà pubblica (scuole, strutture sanitarie, impianti sportivi) e per l’efficientamento e il risparmio idrico, nonché le caratteristiche di strutturazione dei fondi di investimento immobiliare e dei correlati progetti di investimento. Le risorse a disposizione, che derivano dal mancato esaurimento di quanto stanziato per il Fondo Kyoto Scuole, ammontano a 200 milioni di euro.

Gli interventi finanziati devono conseguire un miglioramento del parametro di efficienza energetica dell’edificio di almeno due classi in un periodo massimo di tre anni e garantire un risparmio dei consumi energetici di circa il 25%. Il ministero dell’Ambiente può eseguire sopralluoghi al fine di verificare la regolare esecuzione degli interventi finanziati, nonché richiedere ai soggetti beneficiari ogni chiarimento ritenuto necessario.

Osserva il ministro dell’Ambiente Sergio Costa: “Efficientare, sia dal punto di vista energetico che da quello idrico, le scuole, gli asili nido, le università, gli edifici dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e quelli adibiti a ospedali, policlinici e ai servizi socio-sanitari, così come gli impianti sportivi, significa fare un regalo all’ambiente, all’economia e all’occupazione. Con interventi come questi si incrementa la green economy, già sostenuta dall’ecobonus, e si dà un contributo anche alla grande battaglia contro i cambiamenti climatici che l’emergenza Covid non può far passare in secondo piano”.

Il decreto è stato condiviso con il ministero dell’Economia e Finanze e ha ricevuto il concerto dei ministeri dello Sviluppo economico, dell’Istruzione e dell’Università.




Ai medici di famiglia l’obbligo di fare tamponi: riflessioni di chi sta in prima linea

Un accordo tra il Ministro della Salute ed un sindacato non trova tutti d’accordo. E i motivi del dissenso sono pertinenti con chi fa il medico con serietà da anni.

A forza di rinviare i problemi di giorno in giorno si è arrivati ad aggravarli. È ben noto quali siano le categorie professionali che questo Governo ritiene non “essenziali” da chiuderle mezza giornata per vederli agonizzare ma forse non molti sono a conoscenza che giovedì scorso il ministro della Salute, Roberto Speranza, laureato in Scienze politiche, ha firmato con un sindacato di medici e pediatri l’accordo che li obbliga a fare tampone. “Molto importante- ha scritto sui social il Ministro – l’impegno a fare tamponi rapidi antigenici, negli studi o in altri spazi adeguati e l’utilizzo di nuove attrezzature per la diagnostica di primo livello.”

Dal Ministero è arrivata la garanzia delle risorse per la remunerazione dei medici, dai 12 a 18 euro lordi, mentre sarà il commissario Arcuri a fornire i tamponi rapidi antigenici (circa 2 mln) e dispositivi di protezione individuale.

C’è tuttavia più di un problema per una intesa destinata ad acuire i dissapori di una seria programmazione. Oltremodo nella Asl Roma 5 che ha il record della cronaca nera per le file di auto e la scazzottata on line tra chi era in fila e chi voleva transitare. Il primo è dove i pazienti che vorranno fare il tampone si dovranno recare ovvero nello studio del medico, se i Sindaci non sono capaci di trovare soluzioni alternative valide. Insieme agli altri pazienti, entrando in un condominio già affollato dai residenti, venendo a contatto con i pazienti generici dello stesso dottore obbligando a sanificazioni diuturne e generali sono solo alcuni dei motivi che fanno dissentire.

Nessun medico, ovviamente, non ha lo spirito di offrire un reale contributo ma certe scelte acuiscono i problemi ed il terrore che ammanta la popolazione. Sono già partite diffide di amministratori di condomini ai medici titolare di studi in popolosi palazzi conferma il presidente dei professionisti a Milano. Anche a Guidonia Montecelio seconda città d’Italia non capoluogo di provincia sono tanti i medici che stanno dedicando la vita professionale e personale agli altri che dissentono sulle modalità.

Di seguito le riflessioni della dottoressa Sofia Scopelliti medico di famiglia:

“Questa mattina – giovedì 29 ottobre 2020 Ndr. – ho avuto comunicazione dai colleghi che è alla firma un provvedimento che prevede l’effettuazione dei tamponi per Covid cosiddetti “rapidi” negli studi dei Medici di Famiglia. Le amare considerazioni di un “semplice” medico che lavora da 25 anni nel territorio, dopo 6 anni di corso di laurea e 4 di specializzazione, sono le seguenti: Delle due una: se è vero che i pazienti gravi (neoplastici, trapiantati, bronchitici severi in tutte sfumature di patologia, … e quant’altro) non devono afferire agli ospedali perchè non devono sottoporsi ad ulteriore rischio ( e sono stati organizzati servizi di TELEMEDICINA), perchè potrebbero andare senza problemi nello studio del medico di famiglia dove si effettuano tali test ? E se da noi non ci sono rischi di contagio facendo i tamponi , perchè non si ripristinano tutti i servizi ambulatoriali ospedalieri e del territorio? Vorrei interfacciarmi con un confronto scientifico con colui che ha partorito questa e diverse altre idee in ambito sanitario in epoca Covid, vorrei guardare negli occhi chi afferma tutto e il contrario di tutto (vedi quanto appena esposto) e sapere soprattutto: dove e cosa ha studiato, che esperienza ha nel campo medico , che ruolo ha nella definizione di tali provvedimenti e ,soprattutto, se fosse disposto a mandare i suoi più cari amici e parenti che abbiano gravi patologie nei nostri studi dove si effettuano questi prelievi….. Mi faccio portavoce di tutti i colleghi : ogni giorno diamo la massima disponibilità durante il servizio nei nostri studi ma anche e soprattutto mediante telefono, tengo acceso il cellulare per 18 ore al giorno, ed i miei pazienti lo possono testimoniare, fino a notte fonda. Le comunicazioni via mail le effettuiamo prevalentemente in orario extra-lavorativo perchè non c’è altra possibilità, i call-center di sorveglianza non rispondono alle richieste delle persone contagiate e noi non abbiamo un canale preferenziale con tali servizi di sorveglianza (raramente ho saputo di colleghi che hanno avuto risposta ), siamo letteralmente subissati di richieste “burocratiche”, come i numeri di protocollo dell’INPS che ci richiedono per validare la malattia Covid. Non è abbastanza per spiegare in che modo siamo costretti a lavorare ogni giorno? Come se non fosse abbastanza mi sono fratturata la rotula e da 3 settimane non mi sono fermata perchè : non si trovano sostituti ( i giovani colleghi neolaureati NON POSSONO essere in grado di sostenere un tale carico, nè hanno l’esperienza per farlo), in ogni caso debbo rispondere alle telefonate dei miei assistiti perchè HO UNA COSCIENZA conoscendoli uno ad uno. Noi medici di famiglia che volessimo sottoporci ad un tampone DOBBIAMO FARE LA FILA COME TUTTI GLI ALTRI!!! Non abbiamo una copertura assicurativa nel caso di malattia o decesso per Covid hanno fatto scalpore i casi riferiti la scorsa primavera dei colleghi contagiati, deceduti e….dimenticati né estesa ai nostri assistiti. Alle riunioni ai nostri rappresentanti viene detto, a seguito di come comportarsi nei vari casi di eccezionalità che e sono molti, non c’è solo il positivo o negativo: USATE IL BUONSENSO(!) Ecco questa è la goccia nel mare, ma non è pensabile di continuare ad accettare tutto questo! Mi sono offerta di lavorare GRATIS , ad aprile u.s., per il servizio di Sorveglianza della mia AUSL, al fine di coordinare il lavoro fra loro e noi ( cosa che non si è mai verificata): non ho nemmeno ricevuto risposta!!!!! Perchè chi ha il polso della situazione sul territorio non è mai chiamato come consulente? Anche questa “fotografia “dello stato di salute del nostro Paese sarà occultata e non ascoltata? O c’è qualcuno che ha la capacità e il coraggio di farsi carico di una risposta coerente e di mettersi a tavolino con chi sta in prima linea per definire al meglio quello che ciascuno di noi deve fare?”




Covid, ancora troppa gente in giro: verso lockdown provinciali dove necessario

“La curva epidemiologica è ancora molto alta. Mi preoccupa il dato assoluto, che mostra una curva terrificante. O la pieghiamo, o andiamo in difficoltà”. Questo quanto asserito dal ministro della Salute Roberto Speranza nel corso di un colloquio con il Corriere della Sera. “Abbiamo 48 ore per provare a dare una stretta ulteriore”, evidenzia Speranza, secondo il quale c’è ancora troppa gente in giro. Il ministro poi rassicura sulla tenuta delle terapie intensive, e sulla scuola spiega che va difesa il più possibile, ma in un contesto di epidemia “non è intangibile”.

Aumentano ancora i contagi per Covid in Italia, sono 31.758, secondo il bollettino del ministero della Salute; l’incremento delle vittime è di 297 in 24 ore.

E’ pari al 14,7% il rapporto fra casi positivi e tmponi, calcolato sulla base dei dati epidemiologici diffusi il 31 ottobre dal ministero della Salute. E’ il valore massimo finora registarto in questa seconda ondata della pandemia di Covid-19.

Nessun lockdown nazionale né regionale ma chiusure provinciali laddove è necessario. Sarebbe questa una delle indicazioni emersa nella riunione in serata del Comitato tecnico scientifico. Gli esperti avrebbero comunque sottolineato la necessità di attendere ancora qualche giorno per vedere gli effetti del dpcm del 24 ottobre e anche ribadito la necessità di rivedere le modalità del trasporto pubblico.

Una stretta a livello locale nelle zone del territorio nazionale dove l’indice Rt è più alto: è questa l’ipotesi a cui sta lavorando il governo in queste ore prima di decidere se arrivare a misure restrittive di portata nazionale. Del tema si sarebbe parlato nella riunione pomeridiana a palazzo Chigi tra Giuseppe Conte, i capi delegazione ed il Cts. Conte e la maggioranza dovrebbero tornate a riunirsi domani, domenica.

Il governo starebbe valutando di imprimere una stretta anche agli spostamenti tra le Regioni. Il tema – a quanto si apprende da fonti della maggioranza – sarebbe stato discusso nel corso della riunione a palazzo Chigi ma ancora non sarebbe stata presa nessuno una decisione. Inoltre l’esecutivo starebbe valutando anche di predisporre degli Hotel Covid dove ospitare persone che non avendo spazio a casa per isolarsi rischiano di contagiare i familiari.

“Dobbiamo fermare la curva dei contagi che in questo momento, purtroppo, continua a crescere. Se necessario, valuteremo chiusure di due o tre settimane per quelle zone che in questi giorni presentano numeri più preoccupanti”. Lo afferma in una nota il viceministro dei Trasporti, Giancarlo Cancelleri.

Aumentano i decessi che passano da 48 a 73 per un totale di 17.535 morti in regione ma per il resto sono molto simili a ieri i dati della pandemia in Lombardia: 8.919 i nuovi positivi con 46.781 tamponi effettuati, per una percentuale pari al 19%, in linea con quella di ieri (19,1%). Crescono i ricoveri sia in terapia intensiva (+22, 392 in totale) che negli altri reparti (+335, 4.033). La città metropolitana di Milano resta la zona più colpita con 3.730 nuovi positivi, di cui 1.553 a Milano città, ma continuano a crescere i contagi nelle province di Monza e Brianza (1.207) e Varese (1.202).

Il Piemonte converte 16 ospedali alla cura del Covid. “È una scelta difficile, ma inevitabile, per riuscire a fronteggiare la necessità crescente di posti Covid e dare una risposta immediata che decongestioni i nostri pronto soccorso”, spiega l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Genesio Icardi. “La conversione di questi presidi ci consente di destinare ai pazienti Covid dei percorsi ospedalieri completamente dedicati e separati da quelli dei pazienti non Covid – aggiunge -. Il sistema sanitario piemontese sta facendo lo sforzo massimo per potenziare il più possibile l’intera rete ospedaliera e territoriale, che l’evoluzione della pandemia sta mettendo a dura prova in tutto il nostro Paese”.




Emergenza Covid, Gentiloni: “Inevitabile arrivare a decisioni drastiche”

Il presidente del consiglio, Giuseppe Conte, avrebbe dato un’accelerata, anticipando a lunedì l’intervento al Parlamento sulle nuove misure contro la pandemia, per poi convocare in serata una riunione per discutere e definire un nuovo dpcm. E’ quanto si apprende da fonti di maggioranza. Nella riunione di oggi, il premier avrebbe manifestato l’esigenza di coinvolgere le opposizioni

“Per la portata di questa seconda ondata non c’è un manuale né una palla di vetro, i numeri sono molto preoccupanti in tutta Europa”, ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al Festival de Il Foglio. “I criteri sono: massima precauzione, adeguatezza e proporzionalità. Noi siamo sempre flessibili”, ha aggiunto Conte. “Stiamo lavorando per capire se si deve intervenire ancora”.

Vaccino: a primavera dosi per tutti

“Confidiamo di averlo a dicembre ma bisogna comprendere che arriveranno qualche milione di dose per Paese, quindi dovremo fare un piano condiviso a livello europeo per intervenire sulle fasce più fragili e via via per le altre categorie”, ha spiegato Conte, al Festival de Il Foglio parlando delle prime dosi di vaccino conto il Covid. Il premier però precisa che per vedere gli effetti del vaccino “dobbiamo aspettare primavera quando prevedibilmente arriveranno per tutti” le dosi.

“Ho chiamato i presidenti di Camera e Senato, ho chiesto loro se c’è la possibilità di trovare uno strumento o un luogo dove confrontarsi in tempi rapidi con il Parlamento”, ha aggiunto il premier parlando del confronto anche con le opposizioni “E’ una esigenza, quando ci sono da prendere misure in tempi rapidi, che ci sia un luogo di confronto”. Conte ha parlato nello specifico di “un tavolo di confronto. Il governo sarebbe ancora più sereno, prendendo decisioni e coinvolgendo tutti gli attori, è giusto che sia così”.

“La curva sta subendo una impennata così rapida che rischia di mettere in discussione la didattica in presenza – ha spiegato Conte –, alcuni presidenti di regione lo hanno fatto, non è il nostro obiettivo, noi continuiamo a difendere fino alla fine la didattica in presenza. Ma dobbiamo mantenerci vigili per seguire e assicurare la tutela della salute de tessuto economico“. 

 “Mi auguro che sia possibile evitare di chiudere le scuole e le attività, i luoghi di lavoro, assicurando la sicurezza”, ha detto il leader della Cgil Maurizio Landini ospite della festa del Foglio.

“La situazione non è fuori controllo in nessun Paese europeo, incluso il Belgio e tuttavia diversi Paesi a cominciare da Francia, Belgio, Inghilterra, Germania ed altri che sono meno sotto i riflettori, hanno preso decisioni drastiche. Credo sia abbastanza inevitabile arrivare a decisioni drastiche, con lo sforzo di salvaguardare alcuni aspetti della nostra vita, del lavoro e del sistema di istruzione soprattutto per i più giovani”, ha detto il commissario Ue, Paolo Gentiloni. Gentiloni ha parlato di “un percorso abbastanza scritto nei diversi Paesi europei” che avrà “le sue conseguenze sociali e sull’economia”.




Emergenza Covid, Simeone (FI): “urgente aumentare le indagini epidemiologiche sul territorio e incrementando il personale sanitario”

Emergenza Covid, ci attendono 6-7 mesi difficili? Occorre con urgenza migliorare i servizi, aumentando le indagini epidemiologiche sul territorio e incrementando il personale sanitario. 

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“Come presidente della commissione Sanità – dichiara il Consigliere regionale FI Giuseppe Simeone -sottolineo che abbiamo messo al centro dei nostri indirizzi la prevenzione ed in particolare la crescita di indagini epidemiologiche sul territorio. Ci auguriamo screening più numerosi rispetto al recente passato. Purtroppo continuiamo a registrare troppe le criticità avvenute nei nostri territori. 

Ad esempio in provincia di Latina abbiamo due casi eclatanti che meritano di ricevere risposte adeguate. Un ragazzo di terza media della scuola Manuzio di Latina Scalo lo scorso 25 settembre è risultato positivo al Covid. Ben 22 suoi compagni di classe hanno effettuato il tampone, seppure solo dopo 7 giorni. Ma ad oggi non hanno ancora ricevuto la risposta. Abbiamo quindi 22 famiglie che non sanno cosa fare e di fatto resi ‘prigionieri’ nelle loro abitazioni.

Altrettanto grave la vicenda di un ragazzo di Formia che dal 23 settembre è in isolamento domiciliare. Pensate che solo il 3 ottobre gli è stato fatto il tampone e dopo 2 giorni ha conosciuto l’esito dell’esame. Parliamo di un ragazzo che gestisce un piccolo bar di proprietà, e per ben 12 giorni gli è stato reso impossibile aprirlo. Come conseguenza più grave, la sua famiglia non ha ricevuto un centesimo, venendo penalizzata gravemente sul piano economico.

E’ ragionevole chiedersi, perché gli alunni e le famiglie di Latina ancora non conoscono l’esito dei tamponi? Perché il ragazzo di Formia deve pagare economicamente i ritardi per le diagnosi? 
Occorre comprendere questi drammi sociali e sforzarsi di trovare soluzioni concrete. Come? Aumentando il numero dei test e tamponi. Allargando possibilmente il numero dei laboratori privati che possono effettuarli. Il privato non è un nemico ma è un alleato contro il Covid.

Il modello organizzativo va migliorato urgentemente: nel Lazio in questi giorni si assiste frequentemente a file interminabili di automobili e di utenti davanti le postazioni drive in. Accade a Roma, nel suo hinterland come nelle altre province.

Cosa fare? Bisogna aggredire il problema invertendo la rotta, perchè la soluzione non può essere quella di spostare gli operatori da una parte all’altra. Semmai c’è l’esigenza di aumentare il personale sanitario, dai medici agli infermieri. Mi auguro che l’assessore D’Amato voglia potenziare gli organici, da subito e senza perdere tempo ulteriore. Ne va della vita dei nostri concittadini




ANBI e la crisi idrica, proposti 13 nuovi invasi per il Nord Italia. Vincenzi: “Puntare a efficienza senza sottovalutare i cambiamenti climatici”

“Dobbiamo essere un Paese efficiente, dove non sia necessario un decennio per realizzare opere strategiche, altrimenti destinate ad essere obsolete ancor prima dell’inaugurazione; né deve essere generalizzato il modello di commissariamenti come per il ponte di Genova, perché è sufficiente avere regole e tempi certi, nonché il minimo necessario di burocrazia.”

A richiamarlo è Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio (ANBI), intervenuto on-line alla presentazione del bilancio partecipato di “Romagna Acque – Società delle Fonti”.

“Abituati al regolare succedersi delle stagioni con il loro corollario di piogge – prosegue il Presidente di ANBI – negli anni non sono stati costruiti invasi nel Nord Italia come invece è avvenuto nel Meridione. Oggi, però, sono cambiate le condizioni climatiche e non dobbiamo dare per scontato il consueto approvvigionamento idrico. Per questo, dobbiamo incrementare la resilienza delle nostre comunità, infrastrutturando il territorio anche dal punto di vista idraulico, superando la sindrome del Vajont come andiamo dicendo dal 2017, quando lanciammo, insieme all’allora Struttura di Missione #italiasicura, l’obbiettivo ventennale di 2.000 invasi medio-piccoli. Oggi il Piano ANBI per l’efficientamento della rete idraulica comprende, nel Nord Italia, 13 progetti definitivi ed esecutivi, cioè cantierabili, per la realizzazione di altrettanti bacini per una capacità complessiva di 58.323.000 metri cubi; l’investimento previsto è di poco superiore ai 477 milioni di euro, capaci di garantire circa 2.400 posti di lavoro. Ci sono inoltre 4 invasi da completare e la necessità di liberare dall’interrimento altri 9 serbatoi, recuperando così un ulteriore capacità di accumulo idrico, pari a 4.237.500 metri cubi. Bisogna fare sinergia per ottimizzare le prossime risorse del Recovery Fund – conclude Vincenzi – Per questo, il nostro Piano prevede, nel quadro della transizione ecologica, che i futuri invasi siano ad uso plurimo e particolarmente attenti al rispetto ed alla valorizzazione del paesaggio e di fauna, flora e fiumi. Serve una nuova gestione della risorsa idrica nel segno della sostenibilità e per la quale è fondamentale il ruolo di regia, svolto dalle Autorità di Distretto Idrografico.”




Coronavirus, nuovo record di contagi per l’Italia: 26.831 positivi

Record di nuovi contagi da coronavirus nelle ultime 24 ore in Italia: i positivi sono 26.831(ieri erano stati 24.991). I morti sono 217 (ieri erano stati 205), secondo i dati del ministero della Salute. In totale i casi in Italia sono 616.595, le vittime 38.122. Tra le regioni con il maggior numero di nuovi positivi trovati svetta la Lombardia con 7.339, quindi la Campania con 3.103, il Piemonte con 2.585, il Veneto con 2.109, il Lazio con 1.995.

Sono 201.452 i tamponi per il coronavirus effettuati nelle ultime 24 ore, il nuovo record, secondo i dati del ministero della Salute. Sono 2.500 più di ieri.

Ancora un balzo dei pazienti in terapia intensiva per Covid-19 in Italia. Sono 115 in più nelle ultime 24 ore (ieri l’aumento era stato di 125), secondo i dati del ministero della Salute, per un totale di 1.651 persone in rianimazione. Nei reparti ordinari ci sono ora 15.964 pazienti, con un incremento di 983 unità. Gli attualmente positivi sono arrivati a 299.191, ben 22.734 più di ieri. Di questi, 281.576 sono le persone in isolamento domiciliare. I guariti sono 279.282, in aumento di 3.878 rispetto a ieri.

I numeri sui contagi da Covid-19 in costante crescita, oggi quasi 27mila, ed il valore dell’indice di trasmissibilità Rt proiettano presumibilmente l’Italia verso lo scenario 4, l’ultimo ed il più grave previsto nel documento ‘Prevenzione e risposta a COVID-19′ redatto dall’Iss. E’ infatti molto probabile, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, che il valore di Rt abbia superato l’1,5 registrato la scorsa settimana e riferito al periodo 12-18 ottobre. Ciò per effetto del forte aumento dei casi. Proprio Rt sopra 1,5 è uno degli elementi che delinea lo scenario più grave dell’epidemia.

Attualmente, sulla base dei 4 scenari descritti nel documento Iss, l’Italia si colloca nello scenario 3, con una situazione caratterizzata da “trasmissibilità sostenuta e diffusa” del virus con “rischi di tenuta del sistema sanitario nel medio periodo” e valori di Rt regionali prevalentemente e significativamente compresi tra 1,25 e 1,5 . L’analisi dell’andamento della curva epidemica indica, però, come l’Italia sia ormai molto vicina allo scenario 4. In questo scenario, si legge, “i valori di Rt regionali sono prevalentemente e significativamente maggiori di 1,5” ed uno scenario di questo tipo “potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l’origine dei nuovi casi”. Inoltre, “la crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l’epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani)”. A questo proposito, il documento rimarca però che “appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un’epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità”. In uno scenario nazionale di questo tipo, rilevano ancora gli esperti nel rapporto, “è presumibile che molte Regioni/PA siano classificate a rischio alto e, vista la velocità di diffusione e l’interconnessione tra le varie Regioni/PA, è improbabile che vi siano situazioni di rischio inferiore al moderato”. Ed ancora: “Se la situazione di rischio alto dovesse persistere per un periodo di più di tre settimane, si rendono molto probabilmente necessarie – avverte l’iss – misure di contenimento molto aggressive”.




Sanità, test rapidi dai medici di famiglia: raggiunto l’accordo ma non mancano le critiche

L’accordo per fare i test antigenici rapidi da medici di famiglia e pediatri di libera scelta è stato firmato ieri sera. Il ministro della Salute Roberto Speranza oggi ha ringraziato i camici bianchi per aver “sottoscritto con senso di responsabilità il nuovo accordo collettivo nazionale” e il premier Giuseppe Conte ha sottolineato che il Dl Ristori prevede 30 milioni per questa attività. Previsti fino al 31 dicembre 2020 circa 2 milioni di kit. Ci sarà la disponibilità complessiva di “circa 50mila tamponi rapidi antigenici al giorno, da qui a fine dicembre, tra i pediatri di libera scelta ed i medici di famiglia”, ha spiegato il presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), Paolo Biasci. Così, rileva, “daremo un grandissimo contributo ai dipartimenti di prevenzione territoriali che stanno affogando subissati dalle richieste di test”. L’intesa però ha sollevato un’ondata di critiche sia da parte dei sindacati che non hanno siglato l’accordo (pari al 35-50 per cento degli iscritti), sia all’interno del sindacato che invece ha firmato, la Fimmg. Tanto che gli iscritti delle diverse regioni italiane che contestano il documento hanno organizzato il No-Fimmg day per il 2 novembre, giorno in cui restituiranno la tessera sindacale, stigmatizzando anche la “mancata consultazione democratica”.

Le nuove disposizioni entrano nell’Accordo collettivo nazionale stralcio (il contratto di lavoro dei medici convenzionati), per quanto riguarda la parte economica sono previsti 18 euro al professionista per ogni tampone fatto nel suo studio e 12 euro se il test viene somministrato in un’altra struttura. Il costo dei tamponi sara’ a carico dello Stato. Ai medici di medicina generale verranno forniti i dispositivi di sicurezza da indossare ogni volta che entrerà in contatto con un caso sospetto di Covid. Nel caso in cui ne fosse sprovvisto – si legge nel testo – “il conseguente rifiuto non corrisponde ad omissione, né è motivo per l’attivazione di procedura di contestazione disciplinare”. La fornitura è assicurata dal Commissario per l’emergenza Covid-19, l’attività sarà svolta “per il periodo dell’epidemia influenzale sul territorio nazionale”. I cittadini avranno accesso al tampone rapido dal medico “su prenotazione e previo triage telefonico”. Le Regioni “possono prevedere anche forme di adesione dei medici al servizio di esecuzione del tampone al domicilio del paziente”.

Il target di assistiti affidato ai medici convenzionati riguarda “i contatti stretti asintomatici individuati dal medico di medicina generale oppure dal Dipartimento di Prevenzione; caso sospetto di contatto che il medico di medicina generale si trova a dover visitare e che decide di sottoporre a test rapido; contatti stretti asintomatici allo scadere dei 10 giorni di isolamento identificati in base ad una lista trasmessa dal Dipartimento di Sanità Pubblica”. E sarà il medico che esegue il tampone a provvedere alla comunicazione al Servizio Sanità Pubblica se il test risulta positivo oltre che a raccomandare l’isolamento in attesa del tampone molecolare. In caso di esito negativo il medico rilascia l’attestazione al paziente.

“L’accordo è irricevibile. C’è la chiara volontà di eliminare le voci di dissenso sindacale e precettare i medici loro malgrado”, ha commentato il segretario generale del Sindacato medici italiano (Smi) Pina Onotri, “la realtà è che i Servizi di Igiene e Sanità e le Usca non funzionano nella maggior parte delle regioni, quindi tutto il peso del monitoraggio domiciliare dei pazienti Covid è finito sulle spalle dei medici di famiglia.

E a questo ora si aggiunge l’ipertrofia burocratica delle comunicazioni per i tamponi. Intanto tutti gli altri malati non possono essere tralasciati”. Fp Cgil medici parla di “operazione di facciata”, mentre la Società italiana di Medicina generale e delle cure primarie (Simg) chiede che vengano definite le regole: “Chiedere uno sforzo come questo significa aggravare le condizioni di lavoro dei Medici di famiglia. Siamo disposti a farcene carico solo se tutto questo fa parte di una cambiamento radicale, irreversibile e serio delle nostre condizioni di lavoro”




Covid, per il consigliere del ministro della Salute necessario un lockdown per Napoli e Milano

‘A Milano e Napoli uno può prendere il Covid entrando al bar, al ristorante, prendendo l’autobus. Stare a contatto stretto con un positivo è facilissimo perché il virus circola tantissimo. In queste aree il lockdown è necessario, in altre aree del Paese no‘. Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, torna a chiedere dei lockdown mirati nelle zone dove il virus circola di più, perché ‘ci sono delle aree del Paese dove la trasmissione è esponenziale e le ultime restrizioni adottate, che possono essere efficaci nel resto del territorio, in quelle zone non bastano a fermare il contagio’.

Sulle critiche di Matteo Renzi per la chiusura di cinema e teatri, prevista nell’ultimo Dpcm, Ricciardi risponde: “Se sei a Milano è un luogo dove te lo puoi prendere anche al cinema. In altre città la situazione non è la stessa. A Milano e Napoli è impensabile qualsiasi attività che prevede l’avvicinarsi di persone negli spazi chiusi”. Ci troviamo, infatti, ha aggiunto, in presenza “di migliaia di soggetti asintomatici che tornano a casa, dove non si indossa la mascherina, ci si bacia e ci si abbraccia”. 

Sul tema di un possibile lockdown è tornato anche Guido Bertolini, responsabile del Coordinamento Covid-19 per i reparti dei pronto soccorso lombardi. Per Bertolini “arrivati a questo punto, con una curva di crescita esponenziale dei contagi, l’unica cosa che si può fare è chiudere tutto, un lockdown a livello nazionale. La situazione nei pronto soccorso è drammatica, non solo in Lombardia, ma ovunque a livello nazionale”.

Escludo che ci siano le condizioni per prevedere ipotesi di questo genere, anzi, tutti i nostri interventi vanno nella direzione di evitare ogni tipo di lockdown“. E’ quanto ha rimarcato il governatore Attilio Fontana, a margine della presentazione della mostra sui 50 anni della Regione Lombardia organizzata in collaborazione con ANSA a Palazzo Pirelli. Questo pomeriggio Fontana avrà un nuovo incontro con i sindaci dei capoluoghi di provincia lombardi e i capigruppo di maggioranza e opposizione per un aggiornamento sulla situazione epidemiologica. Le ultime limitazioni regionali anti-Covid saranno “ribadite” in una nuova ordinanza attesa in giornata, necessaria per allineare a livello tecnico quella attualmente in vigore con il nuovo Dpcm.

E’ verosimile che “oltre l’80% di tutti coloro che contraggono l’infezione siano asintomatici o paucisintomatici”. Lo ha affermato all’ANSA Flavia Riccardo. dell’Istituto superiore di sanità , sottolineando al contempo che cresce il numero dei soggetti postivi a sarsCov2 asintomatici rispetto ai mesi iniziali dell’epidemia: sono il 56,5% sul totale dei test molecolari effettuati nel periodo 20 luglio-20 ottobre. La percentuale era invece pari al 15,1% nei primi tre mesi dell’epidemia (20 febbraio- 20 maggio). Il dato si evince dall’ultimo Rapporto dell’Iss sull’epidemia da Covid aggiornato al 20 ottobre. L’aumento è dovuto al maggior numero di tamponi effettuati sui contatti e per attività di screening rispetto all’inizio della pandemia.




Covid, sfondato il tetto dei 20mila positivi

Nuovi record per contagi e vittime nelle ultime 24 ore in Italia. I positivi sono 21.994 a fronte di 174.398 tamponi. I morti sono 221 (ieri erano 141), secondo i dati del ministero della Salute. Balzo dei pazienti in terapia intensiva per Covid-19 in Italia. Sono 127 in più nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute, per un totale di 1.411 persone in rianimazione.

Nei reparti ordinari ci sono ora 13.955 pazienti, con un incremento di 958. Gli attualmente positivi sono arrivati a 255.090, ben 18.406 più di ieri.

“Il Dl rilancio ha previsto un incremento di 3500 posti letto in terapia intensiva e 4225 in subintensiva ma non ci sono specialisti a sufficienza per questi numerimancano ben 4mila medici, ossia 2mila rianimatori e altri 2mila tra infettivologi, pneumologi, internisti. 

Oltre a 7mila infermieri”. Il forte allarme arriva dal principale sindacato italiano dei medici ospedalieri Anaao Assomed che ha anche redatto un Rapporto. Il segretario nazionale Carlo Palermo chiarisce: “I posti in intensiva non funzionano da soli, sono strutture ad elevata intensità professionale e richiedono personale altamente qualificato. Senza medici e infermieri la crescita dei numeri resta sulla carta”. 




Sermoneta, aree verdi comunali a cittadini, associazioni e imprese: il Comune lancia un bando

Il Comune di Sermoneta vuole affidare a imprese, cooperative, cittadini e associazioni di volontariato la manutenzione di parchi, aiuole e spazi verdi di proprietà comunale. Un apposito avviso è stato pubblicato sul sito web del Comune di Sermoneta. In cambio l’amministrazione concede la visibilità pubblicitaria su cartelli collocati sull’area di intervento. Il termine ultimo per inviare le proposte di sponsorizzazione è il 13 novembre e la durata del contratto potrà essere variabile tra i 3 e i 5 anni.
L’obiettivo è quello di cercare – mediante procedura ad evidenza pubblica – soggetti esterni all’Amministrazione Comunale, pubblici o privati (persone fisiche o giuridiche, comprese le associazioni, amministrazioni di condominio, singoli cittadini) anche in forma associata, che vogliano collaborare per rendere più accogliente il nostro territorio comunale, adottando di fatto un’area verde.
Oggetto dell’affidamento saranno un totale di 13 tra aiuole e aree verdi comunali, collocati tra il centro storico (giardino degli Aranci, area via Nuova-San Sebastiano, giardino Atalanti, aiuola via Matteotti-via Sermonetana, area percorso museale, area San Nicola, Monumento ai caduti-via Marchioni-Belvedere; aiuola scuola Portella), Sermoneta Scalo (Parco Caracupa, aiuole piazza del Serbatoio, rotonda-aiuola via dei Latini, rotatoria via della Rotonda), il parco pubblico di Doganella, a Monticchio il parco pubblico e l’aiuola di via dei Faggi, a Carrara l’aiuola della rotonda di via Le Pastine, e a Pontenuovo il parco Gaia, parco Padovano, aree verdi via Papa Pio V, aiuole parcheggio chiesa, aiuola piazzale Annibaldi, aiuole via Falcone, largo Vittime di tutte le mafie e aiuole via dell’Irto. “L’iniziativa – spiega il sindaco Giuseppina Giovannoli – rientra nel più ampio progetto di valorizzazione del patrimonio ambientale, a cui si unisce la partecipazione al progetto Ossigeno della Regione Lazio per incrementare il numero di alberi presenti in ogni borgata. Per mantenere il verde, tuttavia, c’è bisogno della collaborazione di tutti: cittadini, associazioni, imprese. Solo con un lavoro di squadra potremo avere parchi accoglienti, aiuole fiorite e più in generale una Sermoneta ancora più bella”.